New York - Challenge 2000

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New York - Challenge 2000
La rivista
di Management
per l’Azienda
Evolutiva
Challenge 200
Fabrizio Copaloni
Basilea II: l’imprenditore deve cambiare modo di pensare
alla propria azienda
Alessandro Chelo
Dall’amore alla leadership
Ylenia Balbinot
SOLUZIONI PER L’IMPRESA
ASP: l’accesso al mondo
dell’Information Technology
alla portata di tutti
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New York: un viaggio nella memoria e dentro se stessi
Federico Funaro
Ponte Vecchio Golf Challenge: lo sport al servizio dello
spettacolo e degli obiettivi di comunicazione d’impresa
Guido Prato Previde
Business giocando
Challenge 2000 - Semestrale - Anno X - n. 22 del 15.09.2006 - Editore DATA CONSULT GROUP Srl - via Oberdan, 2 Pordenone (Pn) - Iscrizione
al Registro degli Operatori di Comunicazione nº 7819. Direttore responsabile Danilo Balbinot - Autorizzazione Tribunale di Pordenone n. 523 del
26.11.04 - Pubblicato a Pordenone - Stampa Grafiche Tielle Srl - via Cecilia Danieli, 7 Sequals (Pn) - Pubblicazione gratuita - Tariffa R.O.C.:
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l ’ e d i t o r i a l e
Danilo Balbinot
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Sistemi ERP: illusioni e delusioni - La nostra
rivista compie 10 anni, esordivamo infatti con il numero
–11 nell’aprile del 1996... Quel numero, –11, stava a
significare che mancavano 11 numeri della rivista al
fatidico traguardo del 2000, l’anno dei cambiamenti
epocali!
Ci siamo impegnati, come promesso sin dal primo
numero, a dare il nostro contributo affinché i cambiamenti
in corso, almeno per i lettori, fossero consapevoli,
pianificati, strutturati e misurabili, sia sul piano economico
sia su quello dei risultati attesi dall’organizzazione.
A distanza di 10 anni ho l’impressione che, in generale,
più che un progresso, ci sia stato un regresso, soprattutto
nel “sentiment” del management delle aziende.
A metà degli anni 90, in molte società si è coltivata
l’illusione che la sostituzione del sistema informativo,
gestionale o ERP, fosse un’operazione che da sola poteva
portare ad un miglioramento nell’esecuzione dei processi
aziendali, a prescindere da un lavoro costante e guidato
dalle direzioni aziendali per un cambiamento della
mentalità della forza lavoro, sostenuto da motivazioni forti
al cambiamento e da un interesse diretto nel
miglioramento delle performance aziendali.
La stagnazione iniziata, si fa per dire, con l’11 settembre
2001, ha peggiorato ulteriormente la situazione,
sottraendo risorse, economiche ed umane, ai processi di
cambiamento avviati.
Dopo cinque anni, le aziende italiane intravedono oggi una
timida ripresa e contemporaneamente si rendono conto
che l’organizzazione delle attività per soddisfare un
mercato diventato più esigente, complesso e competitivo è
rimasta al palo, anzi si sono perse spesso risorse preziose,
persone con esperienza dei processi aziendali che erano
in grado di mandare avanti comunque le attività in
assenza di un’organizzazione formale.
Numerose aziende hanno speso molto per il cambio del
sistema gestionale, anzi molto più del previsto, senza
ottenere i risultati attesi; i più “fortunati” si sono ritrovati
con dei vecchi sistemi, in attesa di tempi migliori, ed
hanno almeno il vantaggio di aver risparmiato.
In entrambe le situazioni, ci si rende conto, e solamente
ora, di dover fare “qualcosa” per rendere la struttura
aziendale in grado di performare nel modo più efficace per
ottenere i risultati che il top management richiede ed il
mercato sembra disposto a concedere.
Si ripresenta così una situazione molto simile a quella di
10 anni fa, ma con alcune importanti differenze:
- le previsioni di crescita non sono così…esagerate, come
alla fine degli anni 90, e di conseguenza i budget di spesa
sono molto più contenuti;
- è enormemente aumentata la diffidenza verso i sistemi
informativi, non più visti come portatori in assoluto di
cambiamento e miglioramento ma, all’opposto, come
un’invariante, costosa e quindi inutile, rispetto ai processi
di miglioramento delle performance aziendali;
- non è cambiato il sistema dell’offerta, che alle aziende
clienti continua a proporre tre fasce di prodotti: i grandi
ERP internazionali, che hanno dimostrato tutta la loro
inadeguatezza nei confronti delle dinamiche delle PMI
italiane; i “gestionali”, quelli per intenderci che vendono
ogni anno migliaia di pacchetti, che sono strutturalmente
inadatti a gestire complessità; ed infine gli ERP nazionali
(molti dei quali sono scomparsi, stretti nella morsa tra
grandi e piccoli) che possono soddisfare, per la loro
dimensione aziendale, solo un numero limitato di aziende
più attente e preparate;
- a causa della crisi, sempre del lato dell’offerta, ben pochi
(e DATA CONSULT fra questi, permettetemi
l’autocitazione) hanno continuato ad investire nei prodotti,
sfruttando al meglio quanto in questi cinque–sei anni si è
consolidato come risultato delle promesse della Net
Economy: java, web services, application service
provisioning, object oriented analysis e programming,
knowledge sharing, business process management,
business intelligence, ecc.
Quella che è rimasta una costante, a mio avviso, è
l’incapacità del management aziendale e dell’imprenditore
singolo, di approcciare in modo corretto e sensato la scelta
del sistema informativo più adatto a supportare la crescita
dell’azienda.
Come 10 anni fa si cercano le scorciatoie, si scarica la
scelta su dei tecnici senza esperienza del business, salvo
poi “trattare” il prezzo di un qualcosa di totalmente
sconosciuto; si “sente” il commercialista o si “imita” quello
che ha fatto il concorrente più diretto, e potrei continuare
a lungo con aneddoti e testimonianze che avrebbero
bisogno dello spazio di un articolo o di un libro.
Potrei dire che nei 10 anni di "Challenge2000" nei sistemi
informativi è cambiato tutto per non cambiare nulla.
Certo è che "Challenge2000" è stato un testimone attento
di questi fenomeni ed una rilettura degli articoli pubblicati
in questo decennio può risultare ancora stimolante e ricca
di informazioni e preziosi consigli per chi vuole effettuare
scelte consapevoli.
Un grazie a tutti i lettori che ci hanno sostenuto in questo
decennio: brindo con loro, virtualmente, al successo delle
loro attività.
[email protected]
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Viaggi
New York: un viaggio nella
memoria e dentro se stessi
Ylenia Balbinot
N
ew York City
Such a beautiful disease...
più belle, mi ha portato a realizzare un servizio di
circa 200 immagini, che in questi giorni di fine agosto mi hanno riportata con forza e vivida intensità
indietro nel tempo.
Ecco allora che, senza alcuna pretesa, ma con il
solo proposito di raccontare e condividere,
per il puro piacere di farlo, mi siedo e raccolgo i
pensieri...
Capita di rado che scrittori senza il più adeguato
pedigree si cimentino nell’impresa, tutt’altro che
scontata, di raccontare una città come New York.
Anche per la penna più blasonata e per l’autore più
affermato infatti un confronto dialettico ad armi pari
con questa incredibile città potrebbe rivelarsi un
salto nel vuoto, un meraviglioso tuffo in tutto quello
che è estraneo e lontano alla conoscenza, agli studi,
alle letture...
Perchè raccontare una città come New York semplicemente non è possibile, non fino in fondo per lo
meno.
C’è talmente tanto da descrivere, da tratteggiare,
così tante inflessioni in un possibile racconto, così
tanti punti in sospeso in un dialogo muto con se
stessi che non si può non incominciare quando si
cammina alla scoperta della Grande Mela...
In realtà, la spinta urgente ed irresistibile di accostarmi al mio fedele portatile e raccogliere i pensieri
sul viaggio realizzato di recente a New York, è nata
dalla visione delle fotografie scattate nel corso di
quei bellissimi dieci giorni di Aprile, così lontani
apparentemente, ma così vicini e cari alla mia
memoria; la mania filogiapponese ereditata da mio
padre di viaggiare con l’inseparabile macchina fotografica digitale, per immortalare tutto ciò che mi dà
emozione e che desidero trattenere, oltre che nei
miei pensieri, anche nei miei quadri e nelle mie foto
Quando atterro all’aeroporto
JFK, dopo un viaggio British
Airways lungo, ma tutto sommato confortevole, mi ritrovo,
un pò spaesata, sulla navetta
che collega l’aeroporto al centro
città; nel trasferimento, la stanchezza ha la peggio rispetto al corso dei
pensieri, debitamente stuzzicati dalla lettura della mia guida (ottima peraltro, la consiglio
per accuratezza ed immediatezza informativa, la
“Time Out, New York” edita da Tecniche Nuove): in
realtà non so cosa aspettarmi, non sono mai stata a
New York prima di oggi, se si esclude una sosta di
una giornata effettuata diversi anni fa nel corso
di un viaggio di lavoro tra Washington, Las
Vegas, San Francisco e New York,
appunto. A pensarci bene è stato del
tutto casuale anche il percorso che mi ha
portato a decidere di prenotare questa vacanza, e di non pianificarla affatto.
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Raccontare un viaggio, la scoperta di una realtà,
diversa ed accattivante, per condividere, per
emozionare, per il solo gusto di narrare, perchè
attraverso parole ed immagini si può trasferire parte di
sè, e perchè a tutti, prima o poi, capita di passare per
New York e di rimanerne affascinati...
Mi accorgo che non ho
aspettative, non ho una
meta precisa, nè un tragitto ideale da percorrere. E l’idea mi piace.
Sì, mi piace decisamente un sacco!
Qualcuno, qualche saggio o qualche vecchio guru,
non saprei con esattezza, ha detto una volta
che la persona davvero libera è la persona libera dai bisogni. Credo che
anche l’essere
liberi dalle aspettative, l’affrancarsi completamente da queste, non
sia niente male; è uno stato mentale che ti concede di apprezzare
appieno tutto ciò che ti capita e che ti scivola addosso con meravigliosa leggerezza,
senza che nulla sia cercato necessariamente con
una particolare determinazione.
stioni di questa incredibile realtà americana grazie
al contributo prezioso di affabulatori, cantautori,
musicisti, scrittori, registi e fotografi che ne hanno
intessuto le lodi e cantato le miserie, restituendone
un ritratto indistinto, ma pieno di sfaccettature.
Ma la New York che si apre ai miei occhi, e che si
offre generosa nella notte del mio arrivo, con la sua
profusione di luci ed il ritmo serrato ed incalzante
della musica che l’accompagna (ci avete mai fatto
caso? c’è sempre musica a New York, nelle strade,
nei locali, nei taxi, ovunque...), non è la New York
magnificata da Scorsese nei suoi film (ne “Italoamericano”, in “Taxi Driver”, nel musical “New York
New York”, nel trittico “New York stories” o in
“Goodfellas - Quei bravi ragazzi”, nè, grazie al cielo,
è la New York raccontata in “Gangs of New York” o
ne “L’età dell’innocenza”...) e non è neppure la città
a cui Spike Lee ha reso omaggio nei suoi “Summer
of Sam - panico a New York”, “La 25ma ora” o nel
più recente “Inside Man”...
Non è la big city raccontata in immagini da Lou
Reed nella sua mostra fotografica “Lou Reed’s New
York”, e non è neppure la città iconoclasta ed irrequieta raccontata con tanto struggente disincanto
da Delfina Rattazzi nel suo libro “Say Goodbye”,
che pure ho amato tanto: Jackson Pollock, Bob
Rafelson, Truman Capote, Bruce Springsteen,
Willem De Kooning, John Beluschi e Mick Jagger
non ci sono più, e chi c’e ancora ha ormai ceduto il
testimone a nuovi talenti.
È una città che, sì, questo posso concederlo, strizza
Mentre scorro velocemente le pagine della
guida, mi rendo conto d’un tratto che la mia
mente non è priva del tutto di immagini
che riportano a New York City.
Pur senza averne avuto un’esperienza diretta infatti, realizzo
che in trent’anni ho assorbito ed accolto una molteplicità di sugge-
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Viaggi
New York: un viaggio
nella memoria e
dentro se stessi
l’occhio a “Sex & The City”, la pepata serie cult
della HBO che racconta gli amori e le (dis)avventure sentimentali di quattro intraprendenti amiche di
Manhattan (e non è un caso che dal successo di
questa serie televisiva gli americani, grandi geni del
Marketing, abbiano attinto a piene mani per organizzare delle visite guidate della città ai luoghi più
hot e più cool menzionati nella serie)...
Decido allora che quella che andrò a scoprire e a
scandagliare con allegro e spensierato disimpegno
nel corso della mia vacanza, non sarà una sintesi di
questi mille volti della città raccontati da terzi, ma
sarà la “Mia” città, la New York che, unica nel suo
aspetto, si concederà alla mia vista...
Square...La moltitudine di insegne al neon che di
notte si illuminano a giorno, in quella che può sembrare una curiosa anticipazione di un paesaggio
futuro alla “Blade Runner”, per commercializzare
l’ultimo spettacolo teatrale, il cantante hip hop sulla
cresta dell’onda, la connessione internet più veloce
od il profumo più inebriante; i ragazzini che si affollano numerosi sotto le finestre della sede di MTV
con la speranza di scorgere i loro cantanti preferiti;
il Naked Cowboy, il cowboy in mutande, con la sua
inseparabile chitarra, che non capisci cosa ci stia a
fare lì, ma che in realtà sembra essere perfettamente inserito nel contesto, parte di un puzzle che combacia nel modo migliore; i taxisti nelle loro vetture
gialle tirate a lucido, scontrosi ed ombrosi alcuni,
ciarlieri altri, disponibili o indisponenti a seconda
che tu sappia pronunciare nel modo più corretto la
destinazione di interesse... E soprattutto, quel vapore indistinto che esce dai tombini, che disegna volute e forme incerte sui marciapiedi, e ti accompagna
silenzioso, fantomatica ombra di Peter Pan, in tutti i
tuoi spostamenti...
I want to wake up in the city that never sleeps
To find I’m king of the hill, top of the heap...
Il cielo è velato da qualche nube nel mio primo giorno newyorkese; fa freddo, benchè, raggiungendo la
strada, mi accorgo ben presto che, per qualche
motivo a me non ben chiaro, la gente che affolla le
vie di New York sembra ostentare un caldo incredibile, date le mise estive. Sarà l’effetto dell’aria condizionata che nei locali è sempre al massimo, o sarà
che semplicemente devo ancora acclimatarmi, fatto
sta che decido di non farci troppo caso e, bardata
di tutto punto, lascio il mio albergo. L’Hotel QT, elegante e funzionale albergo di proprietà di Andrè
Balazs (noto proprietario dei più famosi e lussuosi
Chateau Marmont di Hollywood e del The Mercer di
Soho, ma ai più, noto per la sua liason con Uma
Thurman) è un posto davvero carino, benchè leggermente rumoroso: un prezzo che è ben giustificato dal fatto di essere situato nel cuore pulsante di
Midtown, a quanti? forse 300 passi...da Times
Square! Non l’avevo assolutamente realizzato prima,
e mi conforta constatare che ogni tanto anche le
prenotazioni online fatte alla cieca portano buoni
risultati.
La città mi appare in qualche modo romantica, suggestiva nel bianco e nero di una fotografia che incornicia le effusioni di una giovane coppia che si concede un giro del perimetro di Central Park su un calesse trainato dai cavalli... Il calesse arresta il mio passaggio mentre cerco di attraversare la strada per raggiungere un gruppo di aspiranti breakers che al ritmo
incalzante di una musica indiavolata si contorcono
come impossessati da un demone sconosciuto; sono
bravi, diavolo se sono bravi, con le loro evoluzioni
hanno attirato l’attenzione di un capannello di persone che si sono uniti a loro nel ballo. Solo a vederli
fanno venire fame, e allora sembra naturale appoggiarsi ad una suntuosa Bentley nera parcheggiata al
lato della strada per consumare, nel genuino stile
americano, un gustoso hot-dog formato famiglia...
Scopro ben presto che, in particolare in questo inizio di primavera, che nei giorni a seguire mi regalerà delle giornate miti e luminose, Central Park è
davvero il rifugio ideale per molti; per prendere il
sole e leggersi un buon libro, per sfiancarsi con del
sano jogging, per esercitarsi con il fresbee acrobatico o allenarsi a baseball, per portare i bambini allo
zoo e...perchè no? Per sposarsi. In un’epoca storica
nella quale la convivenza sembra la panacea di
La zona di Midtown, quella variopinta e rutilante
fetta di mondo che accoglie, tra gli altri, l’Empire
State Building, il Rockefeller Center, il Grand Central
Terminal, Broadway ed il Theatre District, la
Carnegie Hall e Chelsea, è un crocevia di colori,
suoni e odori; il paesaggio è caotico e mozzafiato e
ti confonde approdare senza preavviso a Times
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Viaggi
New York: un viaggio
nella memoria e
dentro se stessi
tutte le incomprensioni della coppia moderna, non
si capisce per quale arcano e curioso motivo, l’amore rifiorisce a New York City nelle vesti di, quante
saranno?, almeno venti coppie, per lo più giapponesi (nelle quali mi imbatto nel giro di appena un’ora),
impegnate nel reportage fotografico di rito.
Gli scoiattoli, le magnolie in fiore ed il suono melanconico di un sax tenore che mi hanno accompagnata nel mio giro a Central Park, cedono il passo alla
brulicante folla di turisti che assiepano Fifth
Avenue. Scoprirò presto che il richiamo dello shopping è una delle più temibili tentazioni della città:
Ralph Lauren ed il flagship store di Abercrombie &
Fitch sono una tentazione a cui, lo confesso, ho
ceduto...a più riprese, ma, in particolare per
Abercrombie, il richiamo commerciale del “Casual
di lusso”, la semplicità di un jeans morbido e di
qualche t-shirt di cotone confezionata nel packaging ammiccante di un negozio immenso e di giovani commessi solari e belli come modelle e modelli
da copertina, è irresistibile.
Mi domando cosa succederebbe se questo brand
venisse importato anche in Europa...Meglio non
pensarci! :-)
La corsa agli acquisti per i più è appagata con grande soddisfazione dai vari Macy’s, Bloomingdale’s,
Bergdorf Goodman, ma la mia preferenza va ai
negozi curiosi e trendy di Soho, il rinomato quartiere
di shopping di Downtown.
Sorseggiando un ghiotto Frappuccino di Starbucks
è particolarmente piacevole passeggiare per le vie
acciottolate all’ombra delle caratteristiche costruzioni in ghisa che ospitano studi grafici, riviste, case
discografiche, laboratori di abbigliamento e loft ad
uso residenziale. La “South of Houston Street” pullula di negozietti ricercati e particolari. Dal B-Ape, a
Scoop, al Lounge...impossibile non approdare nel
mondo Apple dell’I-Pod Store di Prince Street. Dico
impossibile perchè la fila di persone che pazientemente attende per acquistare l’ultimo modello di IPod in circolazione arriva fino in strada. Ma li regalano?!? Indago un pò, mossa dal desiderio di capire,
ed effettivamente non posso non rimanere colpita
dal design pulito ed elegante e dalle più recenti
innovazioni dell’ultimo nato in casa Apple. Ma la
sorpresa più curiosa è data dal realizzare che questo ampio e luminoso store non assolve solo alla
funzione di negozio, bensì, fedele alla vocazione e
all’animo artistico del quartiere, si propone come
fucina delle idee, laboratorio ed incubatore di conoscenza, progetti ed estro creativo ove chiunque può
recarsi per apprendere come dare corpo e forma ad
un’intuizione, grazie a centinaia di workshop ed
eventi dedicati.
Il motto che ti accoglie all’ingresso “The place to
bring your creative projects and make your ideas
real” (il posto ove portare i tuoi progetti e dare realtà
alle tue idee) sembra un tantino pretenzioso ed
audace, ma rappresenta indubbiamente un’idea
geniale: quando visito questo santuario della creatività moderna si è appena conclusa la rassegna
“Meet the Tribeca Film Festival Filmmakers”, che
ha portato all’incontro con i registi dell’omonimo
festival voluto ed organizzato dall’intramontabile
Bob De Niro, accorsi per illustrare al pubblico i loro
ultimi progetti ed insegnare come utilizzare applicazioni di tipo professionale.
Svolto l’angolo, ed in Spring Street mi imbatto, non
a caso, devo ammetterlo, ma grazie alla preziosa
segnalazione di un caro amico, in una deliziosa,
piccola boutique del cioccolato, il Vosges Haut
Chocolate, il Tiffany dei truffles, minuscole opere
d’arte e di golosità, speziate, al liquore, al profumo
di fiori, da gustare in religioso silenzio come possibile seguito di un non meno apprezzato pranzo consumato al bancone di Dean & Deluca, il Peck
newyorkese collocato sulla Broadway.
NEW YORK, NEW KING, SAME KINGDOM
Quando approdo nella chiassosa Little Italy è questo
il cartellone pubblicitario che mi accoglie: “New
York, New King, Same Kingdom”.
Ed è curioso, ma tutto sommato credo che questo
messaggio, assolutamente generico e privo di informazioni supplementari, rispecchi bene il mio stato
d’animo mentre proseguo la mia esplorazione dei
posti più caratteristici di Downtown. Mi diverte passeggiare lungo le stradine strette di questa zona
dove l’orgoglio etnico sembra più forte di ogni altra
cosa, ed essere “italiano” (pronunciato alla maniera
di Marlon Brando ne “Il Padrino”) è un valore indiscusso (anche se sarei curiosa di contare i veri italiani doc in circolazione!).
Come mi giro è tutto un “John Jovino”, “La mela
ristorante”, “Casabella”, “Da Nico”...Sembra di
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Some folks like to get away
Take a holiday from the neighborhood
Hop a flight to Miami Beach
Or to Hollywood
But I’m taking a Greyhound
On the Hudson River Line
I’m in a New York state of mind
I’ve seen all the movie stars
In their fancy cars and their limousines
Been high in the Rockies under the evergreens
But I know what I’m needing
And I don’t want to waste more time
I’m in a New York state of mind
It was so easy living day by day
Out of touch with the rhythm and blues
But now I need a little give and take
The New York Times, The Daily News
It comes down to reality
And it’s fine with me ‘cause I’ve let it slide
Don’t care if it’s Chinatown or on Riverside
I don’t have any reasons
I’ve left them all behind
I’m in a New York state of mind
It was so easy living day by day
Out of touch with the rhythm and blues
But now I need a little give and take
The New York Times, The Daily News
N
ew York State of Mind
Billy Joel
It comes down to reality
And it’s fine with me ‘cause I’ve let it slide
Don’t care if it’s Chinatown or on Riverside
I don’t have any reasons
I’ve left them all behind
I’m in a New York state of mind
I’m just taking a Greyhound on the Hudson River
Line
‘Cause I’m in a New York state of mind
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Viaggi
New York: un viaggio
nella memoria e
dentro se stessi
essere sul set di qualche film tutto “pizza, mafia e
mandolino”, e non mi stupirebbe veder uscire da
uno dei tanti ristorantini di Mulberry Street qualche
azzimato boss con al braccetto la propria pupa, ed il
buon Buscaglione o il buon Sinatra in sottofondo...
l’estate del 2004: il monito “No history is without its
heartache” cementa il dolore di un popolo nel desiderio di ricominciare...
Non ci sono parole per descrivere la strana emozione che ti prende a Ground Zero, e ad Oliver Stone
non invidio davvero l’arduo compito di restituire in
immagini, nel suo film di prossima uscita, i frammenti di questo episodio epocale, la cui eco continua a riverberarsi negli attentati più recenti, in quelli
riusciti ed in quelli miracolosamente scampati...
Nell’attiguo ed operoso Financial District, Wall Street
ed il New York Stock Exchange (la Borsa, ora chiusa al pubblico per ragioni di sicurezza), simboli di
un capitalismo moderno che non conosce battute
d’arresto, continuano ad essere visitati da orde di
turisti e di curiosi, come a rassicurazione di un
mondo e di un insieme di valori che, pur minati alla
base, rimangono comunque saldi agli occhi del
mondo.
E se i colori e gli odori di Chinatown, sede della più
grande comunità cinese al di fuori dell’Asia, così
come i suoi mercatini di falsi d’autore, hanno il privilegio di uno sguardo veloce, è la visita a Ground
Zero a lasciarmi più colpita.
Teatro dolente dell’attacco del 2001 al World Trade
Center, questa zona esprime, meglio di ogni altra
probabilmente, la voglia di riscatto e l’animosità, il
desiderio di non abbattersi di un paese fiero che,
nel doveroso tributo alle 2800 vittime dell’11 settembre, piange e non dimentica. C’è un rispettoso
silenzio carico di tensione di fronte alla recinzione
che tutela le operazioni di ricostruzione, avviate nel-
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Ed è a Battery Park che tutte queste impressioni si
cristallizzano in un’unica immagine lontana, quella
della Statua della Libertà, Ellis Island e Staten Island
sullo sfondo, un’icona lontana accarezzata dalla
brezza dell’Oceano Atlantico...
dopo l’operosità senza sosta di una giornata di lavoro, sembra risvegliarsi al nuovo ritmo della notte che
avanza.
Dopo aver appagato il mio desiderio di cultura con
una visita allo splendido MoMA The Museum Of
Modern Art (affascinante il gioco di rimandi tra le
opere esposte di Matisse, Warhol, Giacometti e
Picasso e quell’opera d’arte che è la città, riflessa
nelle ampie vetrate della nuova sede del museo), e
dopo essermi divertita a giocare a golf al Chelsea
Piers presso il New York Golf Center, sono pronta
per gustare la Grande Mela by night...
È oggettivamente difficile tracciare una mappa dei
locali più trendy della città, visto che le mode cambiano a ritmo serrato e le tendenze sono in continua
evoluzione. Una notte brava può costare una fortuna oppure pochi dollari (bhè, pensandoci non sono
mai proprio “pochi”!). Dipende dal locale che si
sceglie (il Meatpacking District ne sfoggia diversi
Seguendo il ritmo di una canzone che continua a
sfuggirmi, che mi accompagna ma che non riesco
propriamente ad afferrare - avete presente quel
motivetto che ti fa compagnia in un lungo viaggio, e
che si ripete con ossessiva familiarità mentre
distratto guardi le vetrine dei negozi o accarezzi con
lo sguardo le vette dei grattacieli? - ripiombo nel
cuore pulsante e più vivo di Manhattan.
Il sole sta tramontando e l’azzurro metallico che si
riflette sulla Trump Tower, così come il bagliore
abbacinante che lambisce il profilo della St.Patrick’s
Cathedral, creano nuovi giochi di luce e suggestioni
inedite per questa città, che, paradossalmente,
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Viaggi
New York: un viaggio
nella memoria e
dentro se stessi
alquanto rinomati), dalle conoscenze che si possono sfoderare, dal giorno della settimana; ma, salvo
una piacevolissima incursione nel locale del The
Bryant Park Hotel, dove sembra che ai più fortunati
possa capitare di incappare in Gisele Bundchen,
Leonardo Di Caprio o Jessica Alba, magari dopo
una cena sontuosa al Koi Restaurant, il ristorante
dell’albergo, la mia preferenza va nettamente ad
uno spettacolo teatrale a Broadway o ad una partita
del NBA al Madison Square Garden.
Quella dei Milwaukee Bucks contro i New York
Knicks, benchè non emozionante come quella degli
Orlando Magic contro i Philadelphia 76ers vista ad
Orlando qualche mese prima, è comunque uno
spettacolo che vale i soldi del biglietto.
Perdo per un soffio il concerto di R Kelly, suadente
voce nera del R&B, al Radio City Music Hall, ma in
fondo non si può avere tutto: una cena al DEL FRISCO’S o una serata al ‘‘Tao Asian Bistro‘‘, il ristoran-
te in stile etno-chic dall’ambientazione raffinata e
dalla cucina japo, costituiscono davvero una piacevole ed apprezzata alternativa...
Ma la tua scelta a New York è solamente una delle
tante, infinite scelte possibili: perchè, proprio come
in un teatro a cielo aperto, questa città diventa il
palcoscenico ideale della personale rappresentazione di ciascuno.
Perfino la colonna sonora è “up to you”, è parte
della tua scelta: dopo aver lasciato vagare la mente,
incerta tra una miriade di canzoni possibili, decido
che la colonna sonora di questa mia incursione
nella città di New York sarà la melodia suadente e
vagamente jazz della canzone “New York City”
modulata dalla voce piena e femminile della giovane Norah Jones. Ecco, è questa la canzone giusta...
“New York City, such a beautiful disease...”
[email protected]
I can’t remember what I planned tomorrow
I can’t
remember when it’s time to go
When I look in the
mirror
Tracing lines with a pencil
I remember what
came before
I wanted to think there was endless
love
Until I saw the light dim in your eyes
In the
dead of the night I found out
Sometimes there’s love
that won’t survive
New York City
Such a
beautiful disease
New York City
Such a beautiful,
Such a beautiful disease
We all told
her things could get better
When you just say goodbye
I’ll lay awake one more night
Caught in a vision I
want to deny
Laura kept all her
disappointments
Locked up in a box behind her closet
door
She pulled the blinds and listened to the thunder
With no way out from the family store
New York City
Such a
beautiful disease
New York City
Such a beautiful,
Such a beautiful disease
N
ew York City
Norah Jones
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Viaggi
New York: un viaggio
nella memoria e
dentro se stessi
INDIRIZZI & WEB SITE:
guida destrutturata alla scoperta della Grande Mela
HOTEL THE ALEX
205 East 45th Street at Third Avenue,
New York, New York 10017 USA
Tel: (1-212) 867-5100
Fax: (1-212) 867-7878
www.lhw.com/property.aspx?propertyid=6
14&ext=GAlex
LE SOUK Northern African Cuisine
47 Ave. B between 3rd & 4th st. NYC
212.777.5454
www.lesoukny.com
HOTEL THE MERCER
www.mercerhotel.com
DEL FRISCO’S Double Eagle Steak House
1221 Avenue of the Americas, NY 10020
Tel 212 575 5129
Fax 212 575 4837
www.delfriscos.com
HOTEL QT
125 West 45th Street, NY 10036
Tel 212 354 2323
Fax 212 302 8585
www.hotelqt.com
BLT BISTRO LAURENT TOURONDEL
106 E 57th St, NY 10022
Tel 212 752 7470
Fax 212 752 7420
www.bltrestaurants.com
THE BRYANT PARK HOTEL
40West 40th Street, NY 10018
www.bryantparkhotel.com
Tel 212 869 0100
Fax 212 869 4446
KOI RESTAURANT
40 West 40th Street, NY 10018
Tel 212 921 3330
Fax 212 921 3360
www.koirestaurant.com
FREDERICK’S
Restaurant, 768 Madison Avenue,
NY 10021
Tel 212 737 7300
Lounge, 8 West 58th Street, NY 10019
Tel 212 752 6200
DEAN & DELUCA
- Soho, 560 Broadway, NY 10012
Tel 212 226 6800
-1150 Madison Ave., NY 10028
Tel 212 717 0800
www.deandeluca.com
TAO - Asian Bistro
42 East 58th Street, NYC 10022
Tel 212 888 2288
Fax 212 888 4148
www.taorestaurant.com
THE PALM - West Side
250 West 50th Street, NY 10019
Tel 212 333 7256
www.thepalm.com
YAMA JAPANESE RESTAURANT
92 West Houston Street NY 10012
Tel 212 674 0935
CHELSEA PIERS
New York’s Playground
23rd Street & Hudson River Park
Tel 212 336 6666
www.chelseapiers.com
NEW YORK GOLF CENTER
62 N. River Pier 59, NY 10011
Tel 212 242 8899
www.nygolfcenter.com
MOMA, THE MUSEUM OF MODERN ART
11 West 53 Street, NY 10019-5497
www.moma.org
B-APE STORE
www.bape.com
APPLE STORE, SOHO
103 Prince Street, NY 10012
Tel 212 226 3126
www.apple.com/retail/soho
ABERCROMBIE & FITCH
720 Fifth Avenue
New York, NY 10019
212-381-0110
www.abercrombie.com
LOUNGE
593 Broadway, NYC 10012
Tel 212 226 7585
Fax 212 226 4066
VOSGES HAUT CHOCOLAT
Soho, 132 Spring Street, NY 10012
Tel 212 625 2929
www.vosgeschocolate.com
TRIBECA FILM FESTIVAL
www.tribecafilmfestival.org
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RALPH LAUREN
888 Madison Avenue, New York,
NY 10021
WWW.XPLORENEWYORK.IT
N
ew York New York
Start spreading the news
I’m leaving today
I want to be a part of it, New York, New York
These vagabond shoes
Are longing to stray
And make a brand new start of it
New York, New York
I want to wake up in the city that never sleeps
To find I’m king of the hill, top of the heap
These little town blues
Are melting away
I’ll make a brand new start of it
In old New York
If I can make it there
I’ll make it anywhere
It’s up to you, New York, New York.
I want to wake up in the city that never sleeps
To find I’m king of the hill, top of the heap
These little town blues
Are melting away
I’ll make a brand new start of it
In old New York
If I can make it there
I’ll make it anywhere
It’s up to you, New York, New York.
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