New York - Challenge 2000
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New York - Challenge 2000
La rivista di Management per l’Azienda Evolutiva Challenge 200 Fabrizio Copaloni Basilea II: l’imprenditore deve cambiare modo di pensare alla propria azienda Alessandro Chelo Dall’amore alla leadership Ylenia Balbinot SOLUZIONI PER L’IMPRESA ASP: l’accesso al mondo dell’Information Technology alla portata di tutti 22 New York: un viaggio nella memoria e dentro se stessi Federico Funaro Ponte Vecchio Golf Challenge: lo sport al servizio dello spettacolo e degli obiettivi di comunicazione d’impresa Guido Prato Previde Business giocando Challenge 2000 - Semestrale - Anno X - n. 22 del 15.09.2006 - Editore DATA CONSULT GROUP Srl - via Oberdan, 2 Pordenone (Pn) - Iscrizione al Registro degli Operatori di Comunicazione nº 7819. Direttore responsabile Danilo Balbinot - Autorizzazione Tribunale di Pordenone n. 523 del 26.11.04 - Pubblicato a Pordenone - Stampa Grafiche Tielle Srl - via Cecilia Danieli, 7 Sequals (Pn) - Pubblicazione gratuita - Tariffa R.O.C.: “Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Pordenone” l ’ e d i t o r i a l e Danilo Balbinot 22 Sistemi ERP: illusioni e delusioni - La nostra rivista compie 10 anni, esordivamo infatti con il numero –11 nell’aprile del 1996... Quel numero, –11, stava a significare che mancavano 11 numeri della rivista al fatidico traguardo del 2000, l’anno dei cambiamenti epocali! Ci siamo impegnati, come promesso sin dal primo numero, a dare il nostro contributo affinché i cambiamenti in corso, almeno per i lettori, fossero consapevoli, pianificati, strutturati e misurabili, sia sul piano economico sia su quello dei risultati attesi dall’organizzazione. A distanza di 10 anni ho l’impressione che, in generale, più che un progresso, ci sia stato un regresso, soprattutto nel “sentiment” del management delle aziende. A metà degli anni 90, in molte società si è coltivata l’illusione che la sostituzione del sistema informativo, gestionale o ERP, fosse un’operazione che da sola poteva portare ad un miglioramento nell’esecuzione dei processi aziendali, a prescindere da un lavoro costante e guidato dalle direzioni aziendali per un cambiamento della mentalità della forza lavoro, sostenuto da motivazioni forti al cambiamento e da un interesse diretto nel miglioramento delle performance aziendali. La stagnazione iniziata, si fa per dire, con l’11 settembre 2001, ha peggiorato ulteriormente la situazione, sottraendo risorse, economiche ed umane, ai processi di cambiamento avviati. Dopo cinque anni, le aziende italiane intravedono oggi una timida ripresa e contemporaneamente si rendono conto che l’organizzazione delle attività per soddisfare un mercato diventato più esigente, complesso e competitivo è rimasta al palo, anzi si sono perse spesso risorse preziose, persone con esperienza dei processi aziendali che erano in grado di mandare avanti comunque le attività in assenza di un’organizzazione formale. Numerose aziende hanno speso molto per il cambio del sistema gestionale, anzi molto più del previsto, senza ottenere i risultati attesi; i più “fortunati” si sono ritrovati con dei vecchi sistemi, in attesa di tempi migliori, ed hanno almeno il vantaggio di aver risparmiato. In entrambe le situazioni, ci si rende conto, e solamente ora, di dover fare “qualcosa” per rendere la struttura aziendale in grado di performare nel modo più efficace per ottenere i risultati che il top management richiede ed il mercato sembra disposto a concedere. Si ripresenta così una situazione molto simile a quella di 10 anni fa, ma con alcune importanti differenze: - le previsioni di crescita non sono così…esagerate, come alla fine degli anni 90, e di conseguenza i budget di spesa sono molto più contenuti; - è enormemente aumentata la diffidenza verso i sistemi informativi, non più visti come portatori in assoluto di cambiamento e miglioramento ma, all’opposto, come un’invariante, costosa e quindi inutile, rispetto ai processi di miglioramento delle performance aziendali; - non è cambiato il sistema dell’offerta, che alle aziende clienti continua a proporre tre fasce di prodotti: i grandi ERP internazionali, che hanno dimostrato tutta la loro inadeguatezza nei confronti delle dinamiche delle PMI italiane; i “gestionali”, quelli per intenderci che vendono ogni anno migliaia di pacchetti, che sono strutturalmente inadatti a gestire complessità; ed infine gli ERP nazionali (molti dei quali sono scomparsi, stretti nella morsa tra grandi e piccoli) che possono soddisfare, per la loro dimensione aziendale, solo un numero limitato di aziende più attente e preparate; - a causa della crisi, sempre del lato dell’offerta, ben pochi (e DATA CONSULT fra questi, permettetemi l’autocitazione) hanno continuato ad investire nei prodotti, sfruttando al meglio quanto in questi cinque–sei anni si è consolidato come risultato delle promesse della Net Economy: java, web services, application service provisioning, object oriented analysis e programming, knowledge sharing, business process management, business intelligence, ecc. Quella che è rimasta una costante, a mio avviso, è l’incapacità del management aziendale e dell’imprenditore singolo, di approcciare in modo corretto e sensato la scelta del sistema informativo più adatto a supportare la crescita dell’azienda. Come 10 anni fa si cercano le scorciatoie, si scarica la scelta su dei tecnici senza esperienza del business, salvo poi “trattare” il prezzo di un qualcosa di totalmente sconosciuto; si “sente” il commercialista o si “imita” quello che ha fatto il concorrente più diretto, e potrei continuare a lungo con aneddoti e testimonianze che avrebbero bisogno dello spazio di un articolo o di un libro. Potrei dire che nei 10 anni di "Challenge2000" nei sistemi informativi è cambiato tutto per non cambiare nulla. Certo è che "Challenge2000" è stato un testimone attento di questi fenomeni ed una rilettura degli articoli pubblicati in questo decennio può risultare ancora stimolante e ricca di informazioni e preziosi consigli per chi vuole effettuare scelte consapevoli. Un grazie a tutti i lettori che ci hanno sostenuto in questo decennio: brindo con loro, virtualmente, al successo delle loro attività. [email protected] 3 Viaggi New York: un viaggio nella memoria e dentro se stessi Ylenia Balbinot N ew York City Such a beautiful disease... più belle, mi ha portato a realizzare un servizio di circa 200 immagini, che in questi giorni di fine agosto mi hanno riportata con forza e vivida intensità indietro nel tempo. Ecco allora che, senza alcuna pretesa, ma con il solo proposito di raccontare e condividere, per il puro piacere di farlo, mi siedo e raccolgo i pensieri... Capita di rado che scrittori senza il più adeguato pedigree si cimentino nell’impresa, tutt’altro che scontata, di raccontare una città come New York. Anche per la penna più blasonata e per l’autore più affermato infatti un confronto dialettico ad armi pari con questa incredibile città potrebbe rivelarsi un salto nel vuoto, un meraviglioso tuffo in tutto quello che è estraneo e lontano alla conoscenza, agli studi, alle letture... Perchè raccontare una città come New York semplicemente non è possibile, non fino in fondo per lo meno. C’è talmente tanto da descrivere, da tratteggiare, così tante inflessioni in un possibile racconto, così tanti punti in sospeso in un dialogo muto con se stessi che non si può non incominciare quando si cammina alla scoperta della Grande Mela... In realtà, la spinta urgente ed irresistibile di accostarmi al mio fedele portatile e raccogliere i pensieri sul viaggio realizzato di recente a New York, è nata dalla visione delle fotografie scattate nel corso di quei bellissimi dieci giorni di Aprile, così lontani apparentemente, ma così vicini e cari alla mia memoria; la mania filogiapponese ereditata da mio padre di viaggiare con l’inseparabile macchina fotografica digitale, per immortalare tutto ciò che mi dà emozione e che desidero trattenere, oltre che nei miei pensieri, anche nei miei quadri e nelle mie foto Quando atterro all’aeroporto JFK, dopo un viaggio British Airways lungo, ma tutto sommato confortevole, mi ritrovo, un pò spaesata, sulla navetta che collega l’aeroporto al centro città; nel trasferimento, la stanchezza ha la peggio rispetto al corso dei pensieri, debitamente stuzzicati dalla lettura della mia guida (ottima peraltro, la consiglio per accuratezza ed immediatezza informativa, la “Time Out, New York” edita da Tecniche Nuove): in realtà non so cosa aspettarmi, non sono mai stata a New York prima di oggi, se si esclude una sosta di una giornata effettuata diversi anni fa nel corso di un viaggio di lavoro tra Washington, Las Vegas, San Francisco e New York, appunto. A pensarci bene è stato del tutto casuale anche il percorso che mi ha portato a decidere di prenotare questa vacanza, e di non pianificarla affatto. 24 Raccontare un viaggio, la scoperta di una realtà, diversa ed accattivante, per condividere, per emozionare, per il solo gusto di narrare, perchè attraverso parole ed immagini si può trasferire parte di sè, e perchè a tutti, prima o poi, capita di passare per New York e di rimanerne affascinati... Mi accorgo che non ho aspettative, non ho una meta precisa, nè un tragitto ideale da percorrere. E l’idea mi piace. Sì, mi piace decisamente un sacco! Qualcuno, qualche saggio o qualche vecchio guru, non saprei con esattezza, ha detto una volta che la persona davvero libera è la persona libera dai bisogni. Credo che anche l’essere liberi dalle aspettative, l’affrancarsi completamente da queste, non sia niente male; è uno stato mentale che ti concede di apprezzare appieno tutto ciò che ti capita e che ti scivola addosso con meravigliosa leggerezza, senza che nulla sia cercato necessariamente con una particolare determinazione. stioni di questa incredibile realtà americana grazie al contributo prezioso di affabulatori, cantautori, musicisti, scrittori, registi e fotografi che ne hanno intessuto le lodi e cantato le miserie, restituendone un ritratto indistinto, ma pieno di sfaccettature. Ma la New York che si apre ai miei occhi, e che si offre generosa nella notte del mio arrivo, con la sua profusione di luci ed il ritmo serrato ed incalzante della musica che l’accompagna (ci avete mai fatto caso? c’è sempre musica a New York, nelle strade, nei locali, nei taxi, ovunque...), non è la New York magnificata da Scorsese nei suoi film (ne “Italoamericano”, in “Taxi Driver”, nel musical “New York New York”, nel trittico “New York stories” o in “Goodfellas - Quei bravi ragazzi”, nè, grazie al cielo, è la New York raccontata in “Gangs of New York” o ne “L’età dell’innocenza”...) e non è neppure la città a cui Spike Lee ha reso omaggio nei suoi “Summer of Sam - panico a New York”, “La 25ma ora” o nel più recente “Inside Man”... Non è la big city raccontata in immagini da Lou Reed nella sua mostra fotografica “Lou Reed’s New York”, e non è neppure la città iconoclasta ed irrequieta raccontata con tanto struggente disincanto da Delfina Rattazzi nel suo libro “Say Goodbye”, che pure ho amato tanto: Jackson Pollock, Bob Rafelson, Truman Capote, Bruce Springsteen, Willem De Kooning, John Beluschi e Mick Jagger non ci sono più, e chi c’e ancora ha ormai ceduto il testimone a nuovi talenti. È una città che, sì, questo posso concederlo, strizza Mentre scorro velocemente le pagine della guida, mi rendo conto d’un tratto che la mia mente non è priva del tutto di immagini che riportano a New York City. Pur senza averne avuto un’esperienza diretta infatti, realizzo che in trent’anni ho assorbito ed accolto una molteplicità di sugge- 25 Viaggi New York: un viaggio nella memoria e dentro se stessi l’occhio a “Sex & The City”, la pepata serie cult della HBO che racconta gli amori e le (dis)avventure sentimentali di quattro intraprendenti amiche di Manhattan (e non è un caso che dal successo di questa serie televisiva gli americani, grandi geni del Marketing, abbiano attinto a piene mani per organizzare delle visite guidate della città ai luoghi più hot e più cool menzionati nella serie)... Decido allora che quella che andrò a scoprire e a scandagliare con allegro e spensierato disimpegno nel corso della mia vacanza, non sarà una sintesi di questi mille volti della città raccontati da terzi, ma sarà la “Mia” città, la New York che, unica nel suo aspetto, si concederà alla mia vista... Square...La moltitudine di insegne al neon che di notte si illuminano a giorno, in quella che può sembrare una curiosa anticipazione di un paesaggio futuro alla “Blade Runner”, per commercializzare l’ultimo spettacolo teatrale, il cantante hip hop sulla cresta dell’onda, la connessione internet più veloce od il profumo più inebriante; i ragazzini che si affollano numerosi sotto le finestre della sede di MTV con la speranza di scorgere i loro cantanti preferiti; il Naked Cowboy, il cowboy in mutande, con la sua inseparabile chitarra, che non capisci cosa ci stia a fare lì, ma che in realtà sembra essere perfettamente inserito nel contesto, parte di un puzzle che combacia nel modo migliore; i taxisti nelle loro vetture gialle tirate a lucido, scontrosi ed ombrosi alcuni, ciarlieri altri, disponibili o indisponenti a seconda che tu sappia pronunciare nel modo più corretto la destinazione di interesse... E soprattutto, quel vapore indistinto che esce dai tombini, che disegna volute e forme incerte sui marciapiedi, e ti accompagna silenzioso, fantomatica ombra di Peter Pan, in tutti i tuoi spostamenti... I want to wake up in the city that never sleeps To find I’m king of the hill, top of the heap... Il cielo è velato da qualche nube nel mio primo giorno newyorkese; fa freddo, benchè, raggiungendo la strada, mi accorgo ben presto che, per qualche motivo a me non ben chiaro, la gente che affolla le vie di New York sembra ostentare un caldo incredibile, date le mise estive. Sarà l’effetto dell’aria condizionata che nei locali è sempre al massimo, o sarà che semplicemente devo ancora acclimatarmi, fatto sta che decido di non farci troppo caso e, bardata di tutto punto, lascio il mio albergo. L’Hotel QT, elegante e funzionale albergo di proprietà di Andrè Balazs (noto proprietario dei più famosi e lussuosi Chateau Marmont di Hollywood e del The Mercer di Soho, ma ai più, noto per la sua liason con Uma Thurman) è un posto davvero carino, benchè leggermente rumoroso: un prezzo che è ben giustificato dal fatto di essere situato nel cuore pulsante di Midtown, a quanti? forse 300 passi...da Times Square! Non l’avevo assolutamente realizzato prima, e mi conforta constatare che ogni tanto anche le prenotazioni online fatte alla cieca portano buoni risultati. La città mi appare in qualche modo romantica, suggestiva nel bianco e nero di una fotografia che incornicia le effusioni di una giovane coppia che si concede un giro del perimetro di Central Park su un calesse trainato dai cavalli... Il calesse arresta il mio passaggio mentre cerco di attraversare la strada per raggiungere un gruppo di aspiranti breakers che al ritmo incalzante di una musica indiavolata si contorcono come impossessati da un demone sconosciuto; sono bravi, diavolo se sono bravi, con le loro evoluzioni hanno attirato l’attenzione di un capannello di persone che si sono uniti a loro nel ballo. Solo a vederli fanno venire fame, e allora sembra naturale appoggiarsi ad una suntuosa Bentley nera parcheggiata al lato della strada per consumare, nel genuino stile americano, un gustoso hot-dog formato famiglia... Scopro ben presto che, in particolare in questo inizio di primavera, che nei giorni a seguire mi regalerà delle giornate miti e luminose, Central Park è davvero il rifugio ideale per molti; per prendere il sole e leggersi un buon libro, per sfiancarsi con del sano jogging, per esercitarsi con il fresbee acrobatico o allenarsi a baseball, per portare i bambini allo zoo e...perchè no? Per sposarsi. In un’epoca storica nella quale la convivenza sembra la panacea di La zona di Midtown, quella variopinta e rutilante fetta di mondo che accoglie, tra gli altri, l’Empire State Building, il Rockefeller Center, il Grand Central Terminal, Broadway ed il Theatre District, la Carnegie Hall e Chelsea, è un crocevia di colori, suoni e odori; il paesaggio è caotico e mozzafiato e ti confonde approdare senza preavviso a Times 26 27 Viaggi New York: un viaggio nella memoria e dentro se stessi tutte le incomprensioni della coppia moderna, non si capisce per quale arcano e curioso motivo, l’amore rifiorisce a New York City nelle vesti di, quante saranno?, almeno venti coppie, per lo più giapponesi (nelle quali mi imbatto nel giro di appena un’ora), impegnate nel reportage fotografico di rito. Gli scoiattoli, le magnolie in fiore ed il suono melanconico di un sax tenore che mi hanno accompagnata nel mio giro a Central Park, cedono il passo alla brulicante folla di turisti che assiepano Fifth Avenue. Scoprirò presto che il richiamo dello shopping è una delle più temibili tentazioni della città: Ralph Lauren ed il flagship store di Abercrombie & Fitch sono una tentazione a cui, lo confesso, ho ceduto...a più riprese, ma, in particolare per Abercrombie, il richiamo commerciale del “Casual di lusso”, la semplicità di un jeans morbido e di qualche t-shirt di cotone confezionata nel packaging ammiccante di un negozio immenso e di giovani commessi solari e belli come modelle e modelli da copertina, è irresistibile. Mi domando cosa succederebbe se questo brand venisse importato anche in Europa...Meglio non pensarci! :-) La corsa agli acquisti per i più è appagata con grande soddisfazione dai vari Macy’s, Bloomingdale’s, Bergdorf Goodman, ma la mia preferenza va ai negozi curiosi e trendy di Soho, il rinomato quartiere di shopping di Downtown. Sorseggiando un ghiotto Frappuccino di Starbucks è particolarmente piacevole passeggiare per le vie acciottolate all’ombra delle caratteristiche costruzioni in ghisa che ospitano studi grafici, riviste, case discografiche, laboratori di abbigliamento e loft ad uso residenziale. La “South of Houston Street” pullula di negozietti ricercati e particolari. Dal B-Ape, a Scoop, al Lounge...impossibile non approdare nel mondo Apple dell’I-Pod Store di Prince Street. Dico impossibile perchè la fila di persone che pazientemente attende per acquistare l’ultimo modello di IPod in circolazione arriva fino in strada. Ma li regalano?!? Indago un pò, mossa dal desiderio di capire, ed effettivamente non posso non rimanere colpita dal design pulito ed elegante e dalle più recenti innovazioni dell’ultimo nato in casa Apple. Ma la sorpresa più curiosa è data dal realizzare che questo ampio e luminoso store non assolve solo alla funzione di negozio, bensì, fedele alla vocazione e all’animo artistico del quartiere, si propone come fucina delle idee, laboratorio ed incubatore di conoscenza, progetti ed estro creativo ove chiunque può recarsi per apprendere come dare corpo e forma ad un’intuizione, grazie a centinaia di workshop ed eventi dedicati. Il motto che ti accoglie all’ingresso “The place to bring your creative projects and make your ideas real” (il posto ove portare i tuoi progetti e dare realtà alle tue idee) sembra un tantino pretenzioso ed audace, ma rappresenta indubbiamente un’idea geniale: quando visito questo santuario della creatività moderna si è appena conclusa la rassegna “Meet the Tribeca Film Festival Filmmakers”, che ha portato all’incontro con i registi dell’omonimo festival voluto ed organizzato dall’intramontabile Bob De Niro, accorsi per illustrare al pubblico i loro ultimi progetti ed insegnare come utilizzare applicazioni di tipo professionale. Svolto l’angolo, ed in Spring Street mi imbatto, non a caso, devo ammetterlo, ma grazie alla preziosa segnalazione di un caro amico, in una deliziosa, piccola boutique del cioccolato, il Vosges Haut Chocolate, il Tiffany dei truffles, minuscole opere d’arte e di golosità, speziate, al liquore, al profumo di fiori, da gustare in religioso silenzio come possibile seguito di un non meno apprezzato pranzo consumato al bancone di Dean & Deluca, il Peck newyorkese collocato sulla Broadway. NEW YORK, NEW KING, SAME KINGDOM Quando approdo nella chiassosa Little Italy è questo il cartellone pubblicitario che mi accoglie: “New York, New King, Same Kingdom”. Ed è curioso, ma tutto sommato credo che questo messaggio, assolutamente generico e privo di informazioni supplementari, rispecchi bene il mio stato d’animo mentre proseguo la mia esplorazione dei posti più caratteristici di Downtown. Mi diverte passeggiare lungo le stradine strette di questa zona dove l’orgoglio etnico sembra più forte di ogni altra cosa, ed essere “italiano” (pronunciato alla maniera di Marlon Brando ne “Il Padrino”) è un valore indiscusso (anche se sarei curiosa di contare i veri italiani doc in circolazione!). Come mi giro è tutto un “John Jovino”, “La mela ristorante”, “Casabella”, “Da Nico”...Sembra di 28 Some folks like to get away Take a holiday from the neighborhood Hop a flight to Miami Beach Or to Hollywood But I’m taking a Greyhound On the Hudson River Line I’m in a New York state of mind I’ve seen all the movie stars In their fancy cars and their limousines Been high in the Rockies under the evergreens But I know what I’m needing And I don’t want to waste more time I’m in a New York state of mind It was so easy living day by day Out of touch with the rhythm and blues But now I need a little give and take The New York Times, The Daily News It comes down to reality And it’s fine with me ‘cause I’ve let it slide Don’t care if it’s Chinatown or on Riverside I don’t have any reasons I’ve left them all behind I’m in a New York state of mind It was so easy living day by day Out of touch with the rhythm and blues But now I need a little give and take The New York Times, The Daily News N ew York State of Mind Billy Joel It comes down to reality And it’s fine with me ‘cause I’ve let it slide Don’t care if it’s Chinatown or on Riverside I don’t have any reasons I’ve left them all behind I’m in a New York state of mind I’m just taking a Greyhound on the Hudson River Line ‘Cause I’m in a New York state of mind 29 Viaggi New York: un viaggio nella memoria e dentro se stessi essere sul set di qualche film tutto “pizza, mafia e mandolino”, e non mi stupirebbe veder uscire da uno dei tanti ristorantini di Mulberry Street qualche azzimato boss con al braccetto la propria pupa, ed il buon Buscaglione o il buon Sinatra in sottofondo... l’estate del 2004: il monito “No history is without its heartache” cementa il dolore di un popolo nel desiderio di ricominciare... Non ci sono parole per descrivere la strana emozione che ti prende a Ground Zero, e ad Oliver Stone non invidio davvero l’arduo compito di restituire in immagini, nel suo film di prossima uscita, i frammenti di questo episodio epocale, la cui eco continua a riverberarsi negli attentati più recenti, in quelli riusciti ed in quelli miracolosamente scampati... Nell’attiguo ed operoso Financial District, Wall Street ed il New York Stock Exchange (la Borsa, ora chiusa al pubblico per ragioni di sicurezza), simboli di un capitalismo moderno che non conosce battute d’arresto, continuano ad essere visitati da orde di turisti e di curiosi, come a rassicurazione di un mondo e di un insieme di valori che, pur minati alla base, rimangono comunque saldi agli occhi del mondo. E se i colori e gli odori di Chinatown, sede della più grande comunità cinese al di fuori dell’Asia, così come i suoi mercatini di falsi d’autore, hanno il privilegio di uno sguardo veloce, è la visita a Ground Zero a lasciarmi più colpita. Teatro dolente dell’attacco del 2001 al World Trade Center, questa zona esprime, meglio di ogni altra probabilmente, la voglia di riscatto e l’animosità, il desiderio di non abbattersi di un paese fiero che, nel doveroso tributo alle 2800 vittime dell’11 settembre, piange e non dimentica. C’è un rispettoso silenzio carico di tensione di fronte alla recinzione che tutela le operazioni di ricostruzione, avviate nel- 30 Ed è a Battery Park che tutte queste impressioni si cristallizzano in un’unica immagine lontana, quella della Statua della Libertà, Ellis Island e Staten Island sullo sfondo, un’icona lontana accarezzata dalla brezza dell’Oceano Atlantico... dopo l’operosità senza sosta di una giornata di lavoro, sembra risvegliarsi al nuovo ritmo della notte che avanza. Dopo aver appagato il mio desiderio di cultura con una visita allo splendido MoMA The Museum Of Modern Art (affascinante il gioco di rimandi tra le opere esposte di Matisse, Warhol, Giacometti e Picasso e quell’opera d’arte che è la città, riflessa nelle ampie vetrate della nuova sede del museo), e dopo essermi divertita a giocare a golf al Chelsea Piers presso il New York Golf Center, sono pronta per gustare la Grande Mela by night... È oggettivamente difficile tracciare una mappa dei locali più trendy della città, visto che le mode cambiano a ritmo serrato e le tendenze sono in continua evoluzione. Una notte brava può costare una fortuna oppure pochi dollari (bhè, pensandoci non sono mai proprio “pochi”!). Dipende dal locale che si sceglie (il Meatpacking District ne sfoggia diversi Seguendo il ritmo di una canzone che continua a sfuggirmi, che mi accompagna ma che non riesco propriamente ad afferrare - avete presente quel motivetto che ti fa compagnia in un lungo viaggio, e che si ripete con ossessiva familiarità mentre distratto guardi le vetrine dei negozi o accarezzi con lo sguardo le vette dei grattacieli? - ripiombo nel cuore pulsante e più vivo di Manhattan. Il sole sta tramontando e l’azzurro metallico che si riflette sulla Trump Tower, così come il bagliore abbacinante che lambisce il profilo della St.Patrick’s Cathedral, creano nuovi giochi di luce e suggestioni inedite per questa città, che, paradossalmente, 31 Viaggi New York: un viaggio nella memoria e dentro se stessi alquanto rinomati), dalle conoscenze che si possono sfoderare, dal giorno della settimana; ma, salvo una piacevolissima incursione nel locale del The Bryant Park Hotel, dove sembra che ai più fortunati possa capitare di incappare in Gisele Bundchen, Leonardo Di Caprio o Jessica Alba, magari dopo una cena sontuosa al Koi Restaurant, il ristorante dell’albergo, la mia preferenza va nettamente ad uno spettacolo teatrale a Broadway o ad una partita del NBA al Madison Square Garden. Quella dei Milwaukee Bucks contro i New York Knicks, benchè non emozionante come quella degli Orlando Magic contro i Philadelphia 76ers vista ad Orlando qualche mese prima, è comunque uno spettacolo che vale i soldi del biglietto. Perdo per un soffio il concerto di R Kelly, suadente voce nera del R&B, al Radio City Music Hall, ma in fondo non si può avere tutto: una cena al DEL FRISCO’S o una serata al ‘‘Tao Asian Bistro‘‘, il ristoran- te in stile etno-chic dall’ambientazione raffinata e dalla cucina japo, costituiscono davvero una piacevole ed apprezzata alternativa... Ma la tua scelta a New York è solamente una delle tante, infinite scelte possibili: perchè, proprio come in un teatro a cielo aperto, questa città diventa il palcoscenico ideale della personale rappresentazione di ciascuno. Perfino la colonna sonora è “up to you”, è parte della tua scelta: dopo aver lasciato vagare la mente, incerta tra una miriade di canzoni possibili, decido che la colonna sonora di questa mia incursione nella città di New York sarà la melodia suadente e vagamente jazz della canzone “New York City” modulata dalla voce piena e femminile della giovane Norah Jones. Ecco, è questa la canzone giusta... “New York City, such a beautiful disease...” [email protected] I can’t remember what I planned tomorrow I can’t remember when it’s time to go When I look in the mirror Tracing lines with a pencil I remember what came before I wanted to think there was endless love Until I saw the light dim in your eyes In the dead of the night I found out Sometimes there’s love that won’t survive New York City Such a beautiful disease New York City Such a beautiful, Such a beautiful disease We all told her things could get better When you just say goodbye I’ll lay awake one more night Caught in a vision I want to deny Laura kept all her disappointments Locked up in a box behind her closet door She pulled the blinds and listened to the thunder With no way out from the family store New York City Such a beautiful disease New York City Such a beautiful, Such a beautiful disease N ew York City Norah Jones 33 Viaggi New York: un viaggio nella memoria e dentro se stessi INDIRIZZI & WEB SITE: guida destrutturata alla scoperta della Grande Mela HOTEL THE ALEX 205 East 45th Street at Third Avenue, New York, New York 10017 USA Tel: (1-212) 867-5100 Fax: (1-212) 867-7878 www.lhw.com/property.aspx?propertyid=6 14&ext=GAlex LE SOUK Northern African Cuisine 47 Ave. B between 3rd & 4th st. NYC 212.777.5454 www.lesoukny.com HOTEL THE MERCER www.mercerhotel.com DEL FRISCO’S Double Eagle Steak House 1221 Avenue of the Americas, NY 10020 Tel 212 575 5129 Fax 212 575 4837 www.delfriscos.com HOTEL QT 125 West 45th Street, NY 10036 Tel 212 354 2323 Fax 212 302 8585 www.hotelqt.com BLT BISTRO LAURENT TOURONDEL 106 E 57th St, NY 10022 Tel 212 752 7470 Fax 212 752 7420 www.bltrestaurants.com THE BRYANT PARK HOTEL 40West 40th Street, NY 10018 www.bryantparkhotel.com Tel 212 869 0100 Fax 212 869 4446 KOI RESTAURANT 40 West 40th Street, NY 10018 Tel 212 921 3330 Fax 212 921 3360 www.koirestaurant.com FREDERICK’S Restaurant, 768 Madison Avenue, NY 10021 Tel 212 737 7300 Lounge, 8 West 58th Street, NY 10019 Tel 212 752 6200 DEAN & DELUCA - Soho, 560 Broadway, NY 10012 Tel 212 226 6800 -1150 Madison Ave., NY 10028 Tel 212 717 0800 www.deandeluca.com TAO - Asian Bistro 42 East 58th Street, NYC 10022 Tel 212 888 2288 Fax 212 888 4148 www.taorestaurant.com THE PALM - West Side 250 West 50th Street, NY 10019 Tel 212 333 7256 www.thepalm.com YAMA JAPANESE RESTAURANT 92 West Houston Street NY 10012 Tel 212 674 0935 CHELSEA PIERS New York’s Playground 23rd Street & Hudson River Park Tel 212 336 6666 www.chelseapiers.com NEW YORK GOLF CENTER 62 N. River Pier 59, NY 10011 Tel 212 242 8899 www.nygolfcenter.com MOMA, THE MUSEUM OF MODERN ART 11 West 53 Street, NY 10019-5497 www.moma.org B-APE STORE www.bape.com APPLE STORE, SOHO 103 Prince Street, NY 10012 Tel 212 226 3126 www.apple.com/retail/soho ABERCROMBIE & FITCH 720 Fifth Avenue New York, NY 10019 212-381-0110 www.abercrombie.com LOUNGE 593 Broadway, NYC 10012 Tel 212 226 7585 Fax 212 226 4066 VOSGES HAUT CHOCOLAT Soho, 132 Spring Street, NY 10012 Tel 212 625 2929 www.vosgeschocolate.com TRIBECA FILM FESTIVAL www.tribecafilmfestival.org 34 RALPH LAUREN 888 Madison Avenue, New York, NY 10021 WWW.XPLORENEWYORK.IT N ew York New York Start spreading the news I’m leaving today I want to be a part of it, New York, New York These vagabond shoes Are longing to stray And make a brand new start of it New York, New York I want to wake up in the city that never sleeps To find I’m king of the hill, top of the heap These little town blues Are melting away I’ll make a brand new start of it In old New York If I can make it there I’ll make it anywhere It’s up to you, New York, New York. I want to wake up in the city that never sleeps To find I’m king of the hill, top of the heap These little town blues Are melting away I’ll make a brand new start of it In old New York If I can make it there I’ll make it anywhere It’s up to you, New York, New York. 35