La sindrome metabolica nelle malattie reumatiche

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La sindrome metabolica nelle malattie reumatiche
Reumatismo, 2006; 58(3):169-176
EDITORIALE
La sindrome metabolica
nelle malattie reumatiche infiammatorie
Metabolic syndrome in inflammatory rheumatic diseases
D. Malesci, G. Valentini, G. La Montagna
Unità di Reumatologia, Dipartimento di Internistica Clinica e Sperimentale “F Magrassi e A Lanzara”,
Seconda Università degli Studi di Napoli
SUMMARY
Toward the end of the last century a better knowledge of cardiovascular (CV) risk factors and their associations led
investigators to propose the existence of a unique pathophysiological condition called “metabolic” or “insulin resistance syndrome”. Among all, insulin-resistance and compensatory hyperinsulinemia are considered its most important treatment targets. Different definitions have been provided by World Health Organization (WHO) and by The Third
Report of The National Cholesterol Education Program’s Adult Treatment Panel (NCEP-ATP III). In particular, abdominal obesity, hypertension, low HDL cholesterol and hyperglicemia are the most common items used for its definition. The presence of MetS is effective in predicting the future risk of diabetes and coronaropathies.
The evidence of a higher CV risk rate among different rheumatic inflammatory diseases has recently been associated
with high prevalence of MetS in some cases. Rheumatoid or psoriatic arthritis have the large series among arthritis,
whereas systemic lupus erythematosus among connective tissue disorders.
This review analyses all most important studies about the evidence of MetS in rheumatic patients and the main clinical and prognostic significance of this relation.
Reumatismo, 2006; 58(3):169-176
PREMESSA
el 1988 Reaven (1) avanzò l’ipotesi che alcuni
fattori di rischio cardiovascolare (CV) (ipertensione arteriosa, ipertrigliceridemia, ridotta tolleranza al glucosio) fossero correlati ad una condizione di insulinoresistenza (deviazione verso destra della curva dose risposta all’insulina per crescenti concentrazioni di glucosio e riduzione della
risposta insulinica massimale) e chiamò sindrome
X l’associazione di diabete tipo II, dislipidemia ed
ipertensione arteriosa. Recentemente è stata confermata l’associazione tra i suddetti fattori di rischio e ne è stato valutato il rapporto con l’iperinsulinemia. È stata chiamata sindrome metabolica
N
Indirizzo per la corrispondenza:
Dott Domenico Malesci
Unità Operativa di Reumatologia
Seconda Università degli Studi di Napoli,
Policlinico via Pansini 5, I-80131 Napoli
E-mail: [email protected]
(MetS) una condizione caratterizzata da obesità androide, ipertensione arteriosa, iperglicemia, riduzione dei livelli di colesterolo HDL e ipertrigliceridemia.
Sul piano classificativo sono stati proposti due ordini di criteri: quelli dell’OMS (2) e quelli del NCEPATP III (3) (Tab. I). Essi differiscono in alcuni aspetti: i diversi cut-off points di alcuni parametri simili
come la circonferenza addominale e la dislipidemia
(elevati trigliceridi, Apo-B ed LDL colesterolo, riduzione di HDL colesterolo) e la presenza solo nella classificazione dell’OMS di alcuni parametri come la microalbuminuria e l’insulinoresistenza. Una
tale differenza si traduce in valutazioni diverse della prevalenza di MetS (15-24% fra i due gruppi) nello stesso campione (4, 5). I più, comunque considerano i criteri del NCEP-ATP III parimenti accurati,
rispetto a quelli dell’OMS, più facilmente utilizzabili nella pratica clinica e maggiormente predittivi di
morbilità e mortalità CV (5, 6).
La MetS, ancorché variamente definita, è stata di-
170
D. Malesci et al.
Tabella I - Criteri di definizione della sindrome metabolica MetS secondo secondo l’OMS (2) e il NCEP-ATP III (3).
Criteri MetS dell’OMS
Diabete mellito tipo 2 or
Impaired glucose tolerance or
Insulinoresistenza (clump studies)
+
almeno due dei seguenti criteri
Criteri MetS del NCEP-ATP III
Per la diagnosi è necessaria la positività
di almeno 3 dei seguenti 5 criteri
BMI ≥30Kg/m2 or
Rapporto addome/fianchi >0,9 in M
>0,85 in F
Circonferenza addominale
>102 cm in M
>88 cm in F
*Trigliceridi ≥150mg/dl or
*Clesterolo HDL <35mg/dl in M
<39mg/dl in F
*Trigliceridi
≥150mg/dl
*Ipertensione arteriosa ≥140/90 mmHg
*Colesterolo HDL
<40mg/dl in M
<50mg/dl in F
Rapporto microalbumina/creatinina
>2,5mg/mmol in M
>3,5mg/mmol in F
*Ipertensiona arteriosa
PAs ≥130 mmHg or
PAd ≥85 mmHg
*Glicemia ≥100mg/dl
M: uomini, F: donne; PAs: pressione arteriosa sistolica, PAd: pressione arteriosa diastolica, *vengono considerati positivi i criteri in presenza dell’uso di farmaci per la cura del
difetto metabolico considerato.
mostrata conferire un incremento del rischio di sviluppare diabete mellito (RR=5), del rischio di morbilità CV (RR=2) (7) e di mortalità per coronaropatia (RR=2,9-4,9) (8). In particolare Solymoss et
al. (9) hanno trovato che quanto maggiore è il numero di items NCEP-ATP III alterati in un paziente, maggiore è la gravità della dislipidemia non tradizionale (riduzione del colesterolo HDL, incremento dei trigliceridi e di Apo-B), maggiore l’insulinoresistenza e l’iperglicemia, maggiore il grado di sovrappeso/obesità espresso come indice di
massa corporea (BMI), maggiore la gravità degli
score angiografici per coronaropatia.
È noto che nell’artrite reumatoide (AR) la prevalenza di eventi per malattia cardiovascolare (CVD)
è del 49% (21), con un’incidenza 4 volte superiore (16) ed una mortalità 1,3-2,4 volte quella della
popolazione generale (22).
Nell’artrite psoriasica (AP) Wong et al riportano
una mortalità per CVD di circa il 36%, con una tasso incidenza di circa 1,3 volte superiore alla popolazione generale (23).
Alcuni studi hanno messo in evidenza che nella
spondilite anchilosante (SA) vi sia un tasso di mortalità superiore rispetto alla popolazione generale
(24) ed in particolare le cause di CVD rappresentano circa il 30% del totale (25).
Infine i pazienti affetti da lupus eritematoso sistemico (SLE) hanno un maggiore rischio (RR=5-6)
di CVD rispetto alla popolazione generale, una
maggiore mortalità per coronaropatia (RR=17) e
circa il 30% di tali pazienti hanno un’aterosclerosi subclinica (26).
LA SINDROME METABOLICA NELLE
MALATTIE REUMATICHE INFIAMMATORIE
Nelle artropatie infiammatorie è frequente ritrovare l’insulinoresistenza (10, 11), maggiormente dipendente da alterazioni enzimatiche muscolari
piuttosto che epatiche (12) e di solito associata ad
elevato BMI, alterati indici di flogosi, alterata funzione dell’endotelio (13), ridotta responsività
dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (14) ed ipotiroidismo subclinico (15).
Dessein et al. (10) hanno segnalato, in un gruppo
eterogeneo di pazienti affetti da artriti diverse rispetto a soggetti controllo, significative differenze
per quanto riguarda una maggiore insulino-resistenza (HOMA) ed una minore insulinosensibilità
(QUICKI), una riduzione del colesterolo HDL, una
riduzione del rapporto colesterolo totale/HDL ed
un aumento dei trigliceridi.
MetS e malattie reumatiche infiammatorie
È stato evidenziato che, nell’AR, la percentuale di
pazienti con diabete mellito è superiore a quella dei
soggetti controllo (16,1% vs 9,5% rispettivamente) (16) e che l’insulinoresistenza correla con l’IMT
(17), in assenza di influenze farmacologiche (terapia steroidea) (18).
Recentemente nella SA la glicemia a digiuno, l’insulinemia e la secrezione insulinica al IVGTT (HOMA2) sono risultate simili a quelle messe in evidenza nei controlli; al contrario la risposta tardiva
della secrezione insulinica è risultata più bassa
(37%) ed inversamente proporzionale ai livelli di
IL-6, suggerendo un maggiore rischio di diabete tipo II in tali pazienti (19).
Nel lupus eritematoso sistemico (SLE) Magadmi
et al hanno messo in evidenza una minore insulinosensibilità (HOMA-S) rispetto ai controlli sani (20).
Tali osservazioni inducono a ritenere che alcune
alterazioni metaboliche, come quelle della MetS,
possano giocare un ruolo nell’aumento del rischio
di morbilità e mortalità CV registrato in pazienti
con malattie reumatiche infiammatorie.
Considerando la relazione tra insulinoresistenza,
mortalità CV e MetS, vari autori hanno valutato la
prevalenza di quest’ultima nei malati reumatici.
Dessein at al. (18) hanno dimostrato che nell’AR
rispetto all’artrosi, livelli anormali di proteina C
reattiva (PCR) si associano in modo interdipendente ad insulinoresistenza, riduzione del colesterolo HDL, ipertrigliceridemia, obesità addominale, ipertensione arteriosa, che sono considerati parametri chiave della MetS.
Herron et al. (27) nella popolazione della studio
“Utah Psoriasis Iniziative” (UPI) hanno registrato
che i pazienti affetti da psoriasi sono più frequentemente obesi rispetto alla popolazione generale
(34% Vs 18% rispettivamente). Jones et al. (28)
hanno trovato, nell’AP rispetto a soggetti controllo, una riduzione del colesterolo HDL, un aumentato shift del colesterolo LDL verso la particelle più
dense e più facilmente ossidabili LDL3, un trend
non significativo della Lp(a). Questi parametri sono correlabili all’attività di malattia ma non al grado di interessamento cutaneo (PASI) e sono patogeneticamente compatibili con la MetS ed un maggiore rischio CV.
Non è completamente definito se nella SA vi sia
una maggiore prevalenza di diabete mellito, ipercolesterolemia, obesità, aterosclerosi accelerata. Il
nostro gruppo ha recentemente evidenziato in 24
spondilitici una maggiore pressione arteriosa sistolica, una maggiore circonferenza addominale,
un più basso livello di colesterolo HDL ed un più
171
alto livello di colesterolo LDL rispetto a pazienti
affetti da reumatismi extraarticolari (29). Inoltre la
MetS, definita in base ai criteri NCEP-ATP III, è
risultata significativamente più frequente (46% Vs
11% rispettivamente). La maggiore frequenza
di MetS osservata nei nostri pazienti non è risultata correlata all’età, alla durata e all’attività di
malattia, né al rischio CV (%; 10 anni) valutato in
accordo ai criteri del Progetto Cuore (www.cuore.iss.it).
È stata descritta in soggetti gottosi un’alta prevalenza di MetS (30) ed insulinoresistenza (31) rispetto a soggetti controllo (43,6% vs 5,2%). Inoltre alcuni autori hanno proposto che, in tali pazienti, l’iperuricemia sia un marker surrogato di
insulinoresistenza (32).
Magadmi et al. (20) hanno registrato in pazienti
affette da SLE un minore colesterolo HDL ed una
maggiore trigliceridemia rispetto ai controlli; il
18% di tali pazienti presentava la MetS secondo i
criteri NCEP-ATP III. Tali alterazioni metaboliche
correlavano con alti valori di LDL ossidate ed non
erano associate alla terapia steroidea.
SINDROME METABOLICA
ED INFIAMMAZIONE
La maggior parte dei soggetti con la MetS presentano insulinoresistenza/iperinsulinemia. È quindi
ipotizzabile che altri meccanismi fisiopatologici
quali obesità addominale, stato protrombotico,
stress ossidativi, flogosi e adipochine ne siano responsabili (33).
L’evidenza che l’infiammazione sia alla base del
processo aterosclerotico (34) e che la PCR sia un
fattore indipendente di rischio CV (35), correlato
all’insulino-resistenza (36), ha spinto alla dimostrazione della sua alta predittività di CVD, simile
a quella della MetS (37). Alcune evidenze supportano l’esistenza di rapporti fra infiammazione e
MetS e potrebbero giustificare l’inserimento della
PCR come un item aggiuntivo nei prossimi up-date dei suoi criteri di definizione (38). Infatti Ridker
et al hanno dimostrato una relazione positiva tra il
numero di criteri NCEP-ATP III soddisfatti e le alterazioni della PCR (39).
Salmenienni et al. (40) mediante un’analisi fattoriale hanno dimostrato in 119 soggetti con familiarità per diabete mellito tipo II, che la MetS si associa ad una significativa maggiore espressione di
PCR, IL-1beta, IL-1RA, IL-6, IL-8, di molecole di
adesione come P-selectina e ICAM-1, elevati li-
172
D. Malesci et al.
velli di insulinemia e di massa adiposa, minori livelli di adiponectina. In altri studi i livelli di TNFalfa sono risultati correlare positivamente con il BMI,
negativamente con l’attività della lipoprotein lipasi (LPL) (41) e con l’espressione del GLUT-4 (carrier del glucosio nel muscolo scheletrico) (42). Tali risultati possono essere in relazione con l’induzione di ipertrigliceridemia nell’animale e nell’uomo, conseguenza sia dell’incrementata sintesi di
acidi grassi de novo nel fegato con loro rapida esterificazione, sia della ridotta attività della LPL (43).
Ulteriore supporto alla patogenesi flogistica della
MetS è la dimostrazione del ruolo antinfiammatorio delle HDL, la cui riduzione è il suo fondamentale parametro dislipidemico. Le HDL-apoAI hanno la capacità di bloccare il contatto tra linfociti T
attivati e monociti, inibendo in tal modo la produzione di TNFalfa e IL-1beta (44). Inoltre riducono
l’espressione di VCAM-1 (vascular cell adhesion
molecole-1) e di ICAM-1 (intercellular adhesion
molecole-1) nelle cellule endoteliali (HUVEC) stimolate da TNFalfa o da LPS (45). È stato ipotizzato che la riduzione di HDL conseguente ad una flogosi acuta da un potenziale agente infettivo, faciliterebbe, in soggetti predisposti, l’interazione linfociti-monociti che poi successivamente potrebbe cronicizzare (46). Infine è stato osservato, in modelli
animali, che le HDL legano il TNFalfa come un
“biological buffer” aumentandone le clearance (47).
È noto che nell’AR si riscontrato bassi livelli plasmatici di HDL ed Apo-AI (48); al contrario i livelli di Apo-AI sono aumentati nella sinovia (49)
così come la proteina amiloide A (SAA). L’aumento di quest’ultima nelle fasi acute di malattia
porterebbe ad un suo maggiore legame con le HDL
spiazzando le Apo-AI, così da ridurne l’effetto antinfiammatorio (50).
Ad oggi non è stato ancora definito quale dei processi finora descritti (MetS, flogosi) abbia un ruolo di causa e quale di effetto. Dessein et al hanno
riportato in pazienti affetti da artropatie infiammatorie croniche rispetto a soggetti controllo, che la
correlazione tra indici di flogosi e insulinosensibilità viene perduta correggendo tali risultati per la
VES e il BMI, mentre persiste quella della dislipidemia, a dimostrazione che la risposta di fase acuta non è l’unica chiave fisiopatologica per giustificare le alterazioni della MetS (10). Infatti in tale
complesso cluster fisiopatologico sono anche da
considerare le relazioni tra citochine proinfiammatorie, adipochine e alterazioni metaboliche. In
particolare le principali alterazioni metaboliche
della MetS nei soggetti obesi (insulinoresistenza,
dislipidemia ed ipertensione arteriosa) correlano
con una maggiore produzione nel tessuto adiposo
di TNFalfa, IL-6 e leptina ed una minore di adiponectina (51, 52). Tenuto conto che nel tessuto adiposo è attiva una bilancia regolatoria sulla pathway
del NF-kB derivante da effetti opposti soprattutto
di due citokine quali il TNFalfa e adiponectina, la
riduzione di quest’ultima causerebbe uno squilibrio metabolico conseguente nelle manifestazioni
cliniche della MetS e nell’aumentata morbilità e
mortalità CV (53, 54).
PROSPETTIVE
Le evidenze sperimentali permettono di ipotizzare
che nelle malattie reumatiche una terapia cosiddetta “disease modifying” possa ridurre la flogosi, migliorando l’attività di malattia, il rischio CV, la prevalenza di MetS (55) e limitare gli effetti indesiderati dell’uso cronico di steroidi ad alte dosi osservati soprattutto in AR e SLE (56, 57). Infatti nelle
artriti croniche è stato osservato che una corretta terapia con “DMARDs” riducendo l’infiammazione
(quale è espressa da valori di PCR) migliori contemporaneamente elementi cardini della sindrome
come la dislipidemia (aumento di HDL e riduzione
dei trigliceridi) e l’insulino-resistenza (11, 58). Choi
et al. (59) hanno messo in evidenza in uno studio
prospettico di AR, che in pazienti responsivi al methotrexate la mortalità CV si riduce fino al 70% dei
casi. È stato dimostrato che l’idrossiclorochina
nell’AR e nello SLE ha un effetto antitrombotico
(60) e migliora la dislipidemia (61). Roman et al
(62) hanno messo in evidenza che l’uso della ciclofosfamide, in pazienti affeti da SLE, riduce il rischio di aterosclerosi subclinica (OR=0,3).
Studi recenti in AR hanno dimostrato che pazienti sotto terapia con anti-TNFalfa (63, 64) hanno un
aumento del colesterolo HDL ed una riduzione del
rapporto LDL/HDL colesterolo già nelle prime due
settimane di trattamento, così come una riduzione
di fattori aterogeni quali PCR e IL-6. Una riduzione dei livelli di insulinemia e dell’indice insulina/glucosio, quale espressione di un miglioramento dell’insulino-sensibilità e dell’insulino-resistenza, è stato messo in evidenza in risposta all’infusione di una dose di Infliximab in pazienti di AR
(65). Tali evidenze potrebbero in futuro avvalorare l’ipotesi che agenti biologici come gli inibitori
del TNFalfa, migliorando l’attività di malattia e le
disfunzioni endoteliali, possano ridurre il rischio
CV nei malati reumatici (66).
MetS e malattie reumatiche infiammatorie
È da considerare inoltre che la correzione dei fattori di rischio CV potrebbe a sua volta avere anche
un effetto antinfiammatorio. La dieta mediterannea è risultata ridurre indici di flogosi come PCR
e IL-6 parimenti al tasso di morbilità e mortalità
CV (67). In particolare Skoldstam et al. hanno dimostrato che l’aggiunta della dieta mediterranea
alla terapia standard migliora il DAS28, l’HAQ e
la PCR in pazienti affetti da AR (68).
È noto che le statine svolgono una funzione di immunomodulazione (69). In vitro la simvastatina
riduce la proliferazione, la produzione di IFNgamma e di TNFalfa da parte dei macrofagi (70).
Lo studio TARA ha dimostrato che l’uso di atorvastatina nell’AR migliora il DAS28 rispetto al
placebo e riduce i livelli plasmatici di PCR,
ICAM-1, e IL-6 (71).
Un ruolo di modulatore sul processo ateroclerotico
è svolto anche dagli ACE-I per gli effetti antinfiammatori conseguenti al blocco della produzione di angiotensina II e/o alla ridotta attivazione del recettore AT1 (72). Queste osservazioni possono essere rilevanti nell’AR in cui è stata dimostrata un’elevata
attività ACE in monociti, noduli, liquido e tessuto sinoviale, concomitantemente ad un’iperespressione
dei recettori AT1 nella sinovia (73).
Le considerazioni fin qui espresse suggeriscono
che nel paziente reumatico si debbano seriamente
173
ponderare la varie comorbidità, in quanto esse possono peggiorare l’attività di malattia e la qualità di
vita, compromettendo il risultato di un piano terapeutico (classicamente disease modifying) ben
concepito. A tale proposito, sulla scorta delle note
categorie di rischio CV, Hall et al. hanno proposto
un algoritmo di valutazione del malato reumatico
considerando interventi terapeutici più aggressivi a
seconda del numero di fattori di rischio presenti
(55). Più semplicemente, alla luce di quanto riportato in letteratura, è ipotizzabile che la sola positività dei criteri per la MetS possa garantire al clinico un adeguato cut-off di attenzione, per proporre
un più completo piano terapeutico (74).
CONCLUSIONI
La MetS appare essere una condizione clinica frequente nella popolazione generale ed un ulteriore
strumento di valutazione del rischio CV. Varie osservazioni inducono a ritenere che essa sia direttamente correlata alla flogosi cronica e quindi all’attività di malattia.
Una sempre più corretta definizione della MetS appare auspicabile nelle patologie infiammatorie croniche come una potenziale misura di outcome clinico oltre che di rischio CV.
RIASSUNTO
Alla fine del secolo scorso una più corretta definizione dei fattori di rischio cardiovascolare (CV) ha fatto ipotizzare
che un unico substrato patologico ne potesse permettere la frequente associazione. Tale condizione fu chiamata sindrome metabolica (MetS). I suoi elementi fisiopatologici principali sono l’insulinoresistenza e l’iperinsulinemia. Le
definizioni della MetS più comunemente utilizzate nella pratica clinica sono state proposte dall’OMS e dal NCEP-ATP
III. Tra la varie differenze in esse riscontrabili, alcuni parametri rimangono universalmente riconosciuti come l’obesità androide, l’ipertensione arteriosa, la riduzione del colesterolo HDL e l’iperglicemia. La corretta definizione della
MetS permette di predire il rischio di diabete mellito e la mortalità per coronaropatia. L’evidenza di un alto rischio CV
nelle malattie reumatiche infiammatorie è stata associata di recente ad un’alta prevalenza di MetS in molti casi. In particolare la MetS è stata rilevata più frequentemente nell’artrite reumatoide, nell’artrite psoriasica e nel lupus eritematoso sistemico.
È definita l’esistenza di una correlazione tra flogosi e MetS, per cui è ipotizzabile che l’attività di malattie reumatiche
possa risentire di tale comorbidità. Un’adeguata definizione della MetS e la sua inclusione nell’assessment clinico potrebbe permettere un miglioramento della prognosi dei malati reumatici.
Parole chiave - Fattori di rischio cardiovascolare, sindrome metabolica, IMT.
Key words - Cardiovascular disease, metabolic syndrome, IMT.
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