Piccoli e medi editori: in fiera 380 agguerriti «per amore dei libri»
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Piccoli e medi editori: in fiera 380 agguerriti «per amore dei libri»
Codice cliente: 8727381 CULTURA Corriere della Sera Venerdì 13 Novembre 2015 47 # Da oggi Il festival genovese con Lagioia, Peano, Nove e un premio a Camilleri di Severino Colombo Torna, da oggi a domenica, a Genova «L’altra metà del libro. Il Festival di quelli che leggono», rassegna culturale alla quarta edizione curata da Alberto Manguel e ospitata a Palazzo Ducale. Tra i protagonisti della prima giornata il vincitore dell’ultimo premio Strega, Nicola Lagioia, che dialoga con lo scrittore Giorgio Falco sui temi della letteratura contemporanea, modera Andrea Cortellessa. Domani apre Paolo Maurensig con il nuovo romanzo Teoria delle ombre (Adelphi) e chiudono Marco Missiroli (premio SuperMondello) e Marco Peano (premio Volponi opera prima) su «Femminile, maschile e singolare»; intervento in video di Andrea Camilleri, che riceve il «Grifo», la più importante onorificenza cittadina: il papà di Montalbano ha scelto l’ambientazione genovese di Boccadasse per il personaggio di Livia, fidanzata del commissario. Carmen Pellegrino (1977) Domenica tra gli ospiti de «L’altra metà del libro» la scrittrice di polizieschi storici Ben Pastor, Maurizio Maggiani, Yasmina Khadra, Stefano Bartezzaghi con un omaggio a Italo Calvino e l’«abbandonologa» Carmen Pellegrino che dialoga con Aldo Nove a proposito di civiltà perdute. Coda della manifestazione sarà, il 27 novembre al Teatro dell’Archivolto, l’happening letterario «La Notte degli Scrittori». © RIPRODUZIONE RISERVATA A Roma dal 4 dicembre Che è ’sta storia della guida?». Insisto: «Avete mai pensato di scegliere un maestro e di convincerlo che prendersi cura di voi vale davvero la pena? Qualcuno a cui affidarvi senza paura, rinunciando a tutto pur di seguirlo? Mettendovi a disposizione giorno e notte, per una mostra, un film, una p a s s e g g i a t a , u n a p r i m a a l l ’o p e r a , u n tramonto?». Una ragazza fa una smorfia con la bocca e dice secca: «Tu!». Proprio quello che non volevo sentire. Io. Chirù ha fatto centro, è entrato nel mio inconscio e mi mette alla prova. Io? sarei capace, io? Io che ho paura di volare? Penso alla forza di Eleonora, alla sua determinazione e alla speranza di raccogliere Chirù che, all’inizio del romanzo, arriva da lei come un legno levigato e ritorto, scarto di una lunga deriva. La maestra riconosce l’allievo, entrambi combaciano, vuoto con pieno e pieno con vuoto, come incavi del corpo che sovrapponendosi colmano spazi. «Tu scegli me, ok, ma chi ti dice che io sia disposta a prenderti?». Chirù è un libro sul coraggio, e prima di leggerlo non ci pensavo che provare è più importante che riuscire. È più facile far defluire i sentimenti senza opporre resistenza, abbracciare le persone con enfasi e poi lasciarle andare, facendole scivolare via come fa la condensa sul vetro della finestra. Perché essere coraggiosi, oggi, non va più di moda. Impiegare un tempo per scoprire l’altro è una pratica antica, un rischio inutile, una perdita. Nell’arte e nella vita il maestro incontrerebbe l’allievo con troppe probabilità di fallire. Ma quest’incontro credo sia urgente, e il romanzo della Murgia lo afferma con forza. Ci ragioniamo un po’ con gli aspiranti attori, e rimandiamo il training, gli esercizi sul ritmo, la recitazione. Parlo di Chirù. Consiglio a tutti di cominciare da questo libro. La scrittura di Michela Murgia è un continuo ragionare che ti mette allegria e subito dopo ti fa soffrire come leggere un trattato sulla vita dove regna il delirio. Quando ti sembra di capire precisamente le cose e sei a un passo dalla soluzione, dalla sentenza finale, tutto scoppia e ti fai male, ricominci a girare il coltello nella piaga, ricominci a ridere confine tra il mistero della morte e quello della natura ciclica, passando le proprie arti alla figlia adottiva. Qui invece, in questo nuovo libro, lo spazio oscuro è riservato al ricordo, al cono d’ombra del passato familiare, al trauma emotivo del potere paterno e del mutismo materno. Mentre la narrazione del presente disegna i contorni di una donna affermata in grado di osservarsi anche con ironia, da «infelice elegante», e conduce attraverso tutte le lezioni della vita — in «lezioni» e non in capitoli è diviso il libro — : l’amicizia, la capacità di osservare gli altri e se stessi, la delusione e soprattutto la passione. © RIPRODUZIONE RISERVATA per il solletico che ti fa il dolore. Chirù è un libro che mi ha messo di fronte al pregiudizio di mio padre e alla morte di mia madre. Lasciandomi orfana. Fino a quando non ho capito che Chirù ero io, io che entravo nelle parole di carne, nei ricordi sbiaditi dell’infanzia, io, la lettrice che chiedeva al romanzo un’adozione. Ho letto Chirù come ho guardato Mommy di Xavier Dolan, in cui un ragazzo dal carattere ribelle convive con la madre, single nevrotica piena di problemi. Il modo di guardare Mommy è scomodo, per quasi tutto il film lo schermo si riduce a un quadratino e lo sguardo è costretto ad adeguarsi stringendo gli occhi in una fessura per entrare nella storia. La madre lo ama alla follia, lui ricambia. Si insultano e poi si perdonano, si picchiano ma si giurano amore eterno. Lui dice: «Ma noi ci amiamo ancora, vero?» e lei risponde: «Certo, è la cosa che ci riesce meglio». Solo nei pochi attimi di felicità il ragazzo allarga lo schermo con un gesto delle mani, permettendo ai miei occhi di entrare interamente nella storia. Chirù fa lo stesso, mi allarga e mi restringe lo sguardo, mi attrae e mi respinge, obbligandomi a stare aggrappata alla sedia per non cadere. «Io faccio teatro comico e ho due maestri, Piccoli e medi editori: in fiera 380 agguerriti «per amore dei libri» Rassegna «Più libri più liberi», XIV edizione della fiera della piccola e media editoria, si svolgerà a Roma dal 4 all’8 dicembre nel Palazzo dei Congressi dell’Eur (www.plpl.it) di Edoardo Sassi S i definiscono «agguerriti, competenti e dinamici». Ma soprattutto «pronti ad affrontare i nuovi scenari». Ovvero non tanto o non solo la grave crisi del settore — oltre il venti per cento di perdite negli ultimi cinque anni per il mercato del libro — quanto la recente acquisizione di Rizzoli libri da parte del colosso Mondadori. E proprio lo scenario «Mondazzoli» — termine più volte ricorrente ieri nei discorsi dei relatori — ha fatto da convitato di pietra durante la conferenza di presentazione della quattordicesima Regista L’autrice di questo articolo è la regista teatrale, attrice e drammaturga siciliana Emma Dante (Palermo, 1967). Sua la regia della Carmen di Bizet per l’apertura della stagione scaligera 2009-2010 uno per la scrittura e uno per la recitazione», dice una bionda cogliendomi di sorpresa. Mi metto a ridere: «Probabilmente non mi sono spiegata, non intendevo quel tipo di maestro, Chirù parla di un altro genere di insegnamento. Vi ricordate quel verso della Prospettiva Nevskij di Battiato? “E il mio maestro m’insegnò com’è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire”. L’attimo che precede la scomparsa del sole è identico all’attimo che precede la sua nascita. La stessa luce. Per una frazione di secondo l’alba coincide col tramonto, in una fusione straordinaria in cui l’inizio si perde nella fine. Scegliere qualcuno non significa chiedergli di intercettare questo confine ma riconoscere nei suoi occhi la stessa luce. È difficile, faticoso, frustrante, un modo speciale di essere infelici». Guardo l’orologio, la prima ora è volata via. I n v i to g l i a t to r i a s a l i re s u l p a l co p e r cominciare il training. Penso a Chirù, ai suoi insegnamenti, al modo in cui descrive Eleonora: «Ti annoia la gente. Non guardi le vetrine, non osservi chi ti passa accanto, non ti diverte quasi nulla. Quando sorridi tutto questo scompare, ma poi torna appena smetti. Sei infelice, ma in un modo che uno potrebbe pensare che ti stia bene addosso. Sei infelice con classe, diciamo». © RIPRODUZIONE RISERVATA In scena le proposte di 380 marchi editoriali e un programma con 330 tra presentazioni di volumi e tavole rotonde. La kermesse è organizzata dall’Aie (Associazione italiana editori) Lo slogan di quest’anno è «Per amore dei libri». Ingresso al pubblico e 7. Foto in alto: uno scatto dell’edizione del 2014 edizione di «Più libri più liberi», fiera della piccola e media editoria che si svolgerà come sempre a Roma nel Palazzo dei Congressi dell’Eur, dal 4 all’8 dicembre. Cinque giorni di programmazione con un fitto calendario di eventi e incontri (330), ma soprattutto le proposte editoriali sugli stand dei 337 espositori (146 dei quali provenienti da Roma e Lazio) che, è stato detto, avrebbero potuto essere tanti di più. Almeno una quarantina di marchi sono infatti rimasti fuori per mancanza di spazi. E anche per questo in futuro, forse già dal 2017, si sta pensando a un trasferimento della kermesse nella nuova «Nuvola» (soprannome con cui è noto l’erigendo Palacongressi, progetto dell’architetto Massimiliano Fuksas avviato nell’anno 2000), se e quando mai l’opera pubblica sarà completata e funzionante. Forte di circa cinquantamila visitatori annui, la fiera della piccola e media editoria vanta comunque, come è stato sottolineato ieri, alcuni «suoi» numeri in crescita: un più 1,7 per cento di occupazione nel 2014 e un identico incremento percentuale dei titoli pubblicati, con un totale che oggi rappresenta la metà circa della produzione nazionale (un libro su due di quelli che escono in Italia). E da questi numeri — sempre ponendo l’accento sulla «diversità culturale» e sulla «non omologazione» — la fiera, promossa e organizzata dall’Associazione italiana editori (Aie) e dunque anche dai grandi editori, riparte. Riparte nonostante una netta contrazione dei fondi pubblici (sia Comune di Roma sia Regione Lazio hanno ridotto il contributo) affiancando all’offerta di vendita delle 380 case editrici presenti (numero superiore a quello degli stand dovuto al fatto che più marchi si suddividono lo spazio) la presenza di nomi di rilievo dello scenario culturale, a partire da colui che è un po’ l’autore-simbolo della piccola e media editoria, Andrea Camilleri, che anche quest’anno tornerà in fiera (6 dicembre) per un incontro con il suo pubblico. Tanti e diversi i protagonisti annunciati all’Eur, italiani o stranieri, autori o semplici ospiti di una rassegna che per questa edizione ha scelto come slogan «Per amore dei libri»: da Dacia Maraini a Raffaele La Capria, da Niccolò Ammaniti a Erri De Luca, da Nicola Lagioia a Goffredo Fofi, da Giorgo Agamben a Marcello Fois, da Massimo Carlotto a Giancarlo De Cataldo, dal sociologo Marc Lazar — protagonista dell’incontro Italia e Francia due democrazie in crisi. Quali rimedi? — alla sua connazionale Annie Ernaux, dallo sloveno Boris Pahor al camerunese Yvan Sagnet, classe 1985, leader del primo sciopero di braccianti immigrati in Italia, da lui raccontato in Ama il tuo sogno. Emergenza Siria, Isis (un incontro in memoria di Khaled al-Asaad, archeologo assassinato perché difendeva i tesori di Palmira), migranti, mafie, passando per il quarantennale della morte di Pasolini, Vatileaks 2 o i giovanissimi youtubers: non c’è praticamente tema della contemporaneità che «Più libri» (www.plpl.it) non sfiori almeno, senza tralasciare grandi protagonisti dello spettacolo tipo Paolo Poli — una sua lettura dei Promessi Sposi l’8 dicembre — o Ornella Vanoni, che presenterà in fiera Piccole storie di Ornella V. © RIPRODUZIONE RISERVATA Le riflessioni di Stefano Zecchi (Mondadori) sulla «naturale aspirazione alla bellezza rara» Altro che sperpero e vanità, il vero lusso non è mai cafone di Pierluigi Panza I l vero lusso non è la vuota esibizione di ciò che ha valore monetario, bensì «la naturale aspirazione a una forma di bellezza rara». Il senso del lusso non è quello maturato osservando i suoi aspetti degenerativi (come l’ostentazione di qualcosa di costoso), bensì la ricerca del massimo valore estetico, che è anche morale. Questa la tesi contenuta in Il lusso. Eterno desiderio di voluttà e bellezza (Mondadori, pp. 130, e 18), il nuovo libro del filosofo Stefano Zecchi. Quello di Zecchi non è un elogio del lusso o il tentativo di sottrarlo all’infernale condanna in cui le religioni e l’egualitarismo l’hanno cacciato, ma un’analisi del suo senso che porta a vederlo in un’altra dimensione. Nella storia del pensiero filosofico il duplice volto del lusso, inteso come vanitosa rincorsa al superfluo oppure come traguardo di un ideale di bellezza, si è più volte ripresentato. Lo troviamo negli antichi, per i quali il lusso è un dono, ma è anche uno sperpero da condannare (in Seneca, Cicerone e Catone) e lo ritroviamo nelle dispute settecentesche, che oppongono i pensieri di Mandeville agli strali di Rousseau contro lusso e ornamento. Riscopriamo questo dualismo persino nel Raffinatezza Avere buon gusto richiede tanta educazione estetica per opporsi al totalitarismo della società tecnocratica cristianesimo medievale, quando l’arte è strumento al servizio di Dio. Bernardo di Chiaravalle condanna la presenza di qualsiasi ornamento nella casa del Signore poiché fa difetto alla sua dottrina: «Risplende la chiesa nelle sue mura ed è misera nei suoi poveri». Ma a lui risponde l’abate Suger, fondatore della cattedrale di St.Denis, per il quale lo splendore dell’arte riflette quello divino e la casa di Dio dev’essere bella per indurre alla fede. Per far comprendere quanto i veri cultori del lusso detestino il vano esibizionismo, Zecchi ripropone alla lettura la figura dell’orafo Cardillac del racconto La signorina von Scudéry di E.T.A.Hoffmann. Cardillac, artefice di spettacolari monili che i ricchi si contendono, mal sopporta a tal punto chi acquista i suoi pezzi per esibire la propria vanità che prende ad assassinare Radio3 a Perugia Tutto sulla Grecia Poesia, musica, teatro. Tutto dedicato alla Grecia, alla sua grande storia e al suo difficile presente. Da oggi a domenica a Perugia «Radioeuropa. Un weekend con Radio3 » è all’interno della rassegna «Umbria libri». Il programma comprende incontri con studiosi e narratori come Eva Cantarella, Matteo Nucci, Mario Torelli, Massimo Cacciari. Ma ci saranno anche concerti e spettacoli teatrali come la Medea di Øystein Stene. a uno a uno i propri clienti. Un’autentica ricerca di lusso deve riflettere oggi la volontà di una vita nella bellezza, lontana dall’ostentazione e vicina al significato prezioso del bello. Oggi, aspirare al lusso significa lasciarsi alle spalle la quotidianità per migliorare sé e gli altri: un lusso è mandare i figli all’università, permettersi un viaggio intelligente, aspirare a un cibo scelto senza confondersi con le dozzinali ricette proposte dai media, selezionare i propri oggetti rifuggendo dal kitsch (in coda al libro c’è anche un piccolo «Breviario»). Anche avere buon gusto è un lusso, perché richiede tanta educazione estetica. E questa si oppone al totalitarismo della società digitale e tecnocratica che genera «quel lusso cafone» ovunque presente. © RIPRODUZIONE RISERVATA