Leggi un`anteprima - Tangram Edizioni Scientifiche

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Marco Giannotta
DIRITTI FONDAMENTALI E NUOVI
DIRITTI NELLE DEMOCRAZIE
DELL’EST EUROPEO
Il Parametro Privacy
Marco Giannotta, Diritti fondamentali e nuovi diritti nelle democrazie dell’Est europeo
Copyright © 2016 Tangram Edizioni Scientifiche
via Verdi, 9/A – 38122 Trento
www.edizioni-tangram.it
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Prima edizione: luglio 2016 – Printed in EU
ISBN: 978-88-6458-148-4
Isegorìa – Collana di Scienze Politiche, Giuridiche ed Economiche – NIC 12
Collana peer review sottoposta a valutazione scientifica, fondata da Laura Lippolis
Il regolamento e la programmazione editoriale sono pubblicati sul sito dell’editore, all’indirizzo www.edizioni-tangram.it/isegoria
Direzione
Angelo Mancarella, Donato A. Limone, Anna Jellamo
Comitato scientifico editoriale
Humberto Bergmann Ávila – Universidade Federal do Rio Grande do Sul, Brazil
Saverio De Bellis – Università del Salento, Italia
Raffaele De Giorgi – Università del Salento, Italia
Jorge Douglas Price – Universidad Nacional del Comahue, Argentina
Robert Etien – Université Paris XIII, France
Anna Jellamo – Università della Calabria, Italia
Donato A. Limone – Università TELMA “La Sapienza” Roma, Italia
Angelo Mancarella – Università del Salento, Italia
Roberto Martucci – Università del Salento, Italia
Carlo Mongardini – Università “La Sapienza” Roma, Italia
Stefano Petrucciani – Università “La Sapienza” Roma, Italia
Carlos Padrós Reig – Universidad Autonoma de Barcelona, España
Teresa Serra – Università “La Sapienza” Roma, Italia
André Ramos Tavares – Pontifícia Universidade Católica de São Paulo, Brazil
Pierre Teisserenc – Université Paris XXIII, France
Anderson Vichinkeski Teixeira – Universidade do Vale do Rio dos Sinos, Brazil
Giuseppe Tinelli – Università di Roma Tre, Italia
Comitato di redazione
Josep Cañabate Pérez, Gianluigi Fioriglio, Giuseppe Gioffredi, Marco Mancarella, Manola Mazzotta, Maurizia Pierri, Gianpasquale Preite, Fabio Saponaro, M. Lucia Tarantino, Ughetta Vergari
Redazione
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a te, mia piccola Lucilla
Indice
11Introduzione
di Marco Mancarella
17 Capitolo I
Il Costituzionalismo come fondamento di libertà
I.1.
I.2.
I.3.
Il Costituzionalismo e il ruolo della Costituzione
Il costituzionalismo e la separazione dei poteri. Il dibattito tra Locke e Montesquieu.
Locke e Montesquieu tra “Limite” e “Libertà”
49 Capitolo II
Dal Costituzionalismo liberale alla costituzionalizzazione
delle libertà e dei diritti del ’900
II.1.
II.2.
II.3.
II.4.
II.5.
Il pensiero Liberale tra limiti e libertà
La costituzionalizzazione delle libertà e dei diritti fondamentali
Libertà e Diritti. Dalla rivendicazione al riconoscimento.
Nascita e affermazione dell’“individuo” e dei diritti fondamentali
La costituzionalizzazione dei diritti dell’uomo, nel secondo dopoguerra
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71 Capitolo III
Il sistema costituzionale come modello democratico
d’Europa
III.1. Il sistema costituzionale come chiave di lettura e di approfondimento delle esperienze costituzionali dell’Europa “occidentale” e
“centro‑orientale”
III.2. Premesse metodologiche in tema di transizione democratica degli
ex Paesi socialisti dell’Europa dell’Est
III.3. La transizione democratica negli ex Paesi socialisti dell’Europa
dell’Est
III.4. Le transizioni costituzionali nell’Europa centro-orientale tra differenze e assonanze
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96
III.5. Dal sistema socialista al sistema liberal‑democratico. La Costituzione come strumento di transizione democratica
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III.6. Lo Stato Costituzionale come modello di riconoscimento e tutela
dei diritti e delle libertà fondamentali
116
123 Capitolo IV
I nuovi diritti nei paesi dell’Est Europa
IV.1. Il concetto di “Diritto fondamentale” tra storicità e complessità
IV.2. L’evoluzione dei diritti fondamentali nei diversi passaggi generazionali
IV.3. Il valore della “Persona” come fondamento dei “nuovi diritti”: i
diritti di quarta generazione
IV.4. La libertà personale come valore di un nuovo modello di Costituzione
IV.5. Lo “spazio” della libertà personale come fattore di passaggio
dall’habeas corpus all’habeas data. L’esperienza italiana sul valore
della privacy
IV.6. La privacy come diritto fondamentale dell’Uomo nell’età dell’informazione
IV.7. Il diritto di privacy nelle Costituzioni dell’Europa centro‑orientale: uno strumento di passaggio dall’habeas corpus all’habeas data
IV.8. La garanzia costituzionale dell’habeas data: il “ricorso diretto”
IV.9. La costituzionalizzazione dei “nuovi diritti” è indice di compiuta
transizione?
IV.10.Le Corti Costituzionali nei processi di transizione e il ruolo della
Corte di Strasburgo
167Bibliografia
Sitografia
123
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DIRITTI FONDAMENTALI E NUOVI
DIRITTI NELLE DEMOCRAZIE
DELL’EST EUROPEO
Il Parametro Privacy
Introduzione
di Marco Mancarella
Leggere un testo in grado di affrontare uno storico argomento di filosofia del diritto, quale la disamina del concetto stesso di diritto fondamentale e la sua possibile connessione o meno, con i nuovi diritti, in
un’ottica nuova, per dimensione geografica e attenzione all’innovazione degli strumenti con i quali gli stessi diritti si palesano, non può che
essere stimolante e di particolare interesse.
L’approccio teorico dell’Autore, supportato dal riscontro dottrinale
e giurisprudenziale, lo ha condotto all’approfondimento di una pluralità di tematiche, strettamente connesse all’oggetto dell’Opera, tra
cui: i fondamenti filosofico‑giuridici del costituzionalismo (antico
e moderno); il concetto di “Diritto fondamentale” e le diverse accezioni che tale diritto ha assunto nel corso delle diverse generazioni; il
concetto di “transizione” e i processi di transizione costituzionale che
hanno interessato i Paesi dell’Europa centro‑orientale; l’emergere dei
“nuovi diritti” e la necessaria rivisitazione della distinzione tra habeas
corpus e habeas data.
L’indagine prende le mosse dall’evoluzione concettuale del “costituzionalismo” ad opera delle elaborazioni dottrinali e giurisprudenziali
che nel tempo si sono susseguite e dalle quali sono derivate numerose accezioni e concezioni, fino a giungere a quell’idea di costituzionalismo inteso come processo di limitazione‑separazione legale del
potere che si concreta con la predisposizione di strumenti diretti a
limitare il potere. In tale direzione l’Autore ha analizzato il concetto
“separazione‑coordinamento” dei poteri ai fini del riconoscimento costituzionale delle libertà e dei diritti, nonché il concetto di “limite”
quale condizione per il riconoscimento e tutela dei primi diritti. Sul
tema della condizione del potere, si è proposto un parallelismo tra la
visione di John Locke, rappresentativa del costituzionalismo di derivazione anglosassone, identificata dal concetto di “separazione”, e quella
di Charles‑Louis de Secondat, Baron de La Brède et de Montesquieu,
rappresentativa del costituzionalismo di ispirazione giacobina e identificata dal concetto di “coordinamento”.
Identificato il ruolo che il costituzionalismo liberale ha avuto nel
processo di “costituzionalizzazzione” dei diritti e delle libertà fondamentali tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, la riflessione dell’Autore si apre poi alla natura “bidimensionale” e “bipolare”
della libertà, premessa fondamentale per la comprensione di quel
nesso procedurale – libertà “da” e libertà “di” – sul quale il pensiero
liberale promuove una organizzazione dello Stato fondato sul primato della Costituzione, cioè lo strumento di riconoscimento delle
libertà fondamentali e dei diritti, fondamentali e inviolabili, posti a
loro tutela.
Il contributo di Condorcet sul tema dei diritti posti a tutela delle
libertà rappresenta la chiave di lettura della graduale apertura del pensiero liberale verso i principi democratici; principi tesi ad assicurare
una più estesa partecipazione delle masse popolari alla vita politica,
nonché a garantire l’accoglimento del principio dell’uguaglianza giuridica tra tutti i cittadini; è proprio a partire dall’accettazione del principio di uguaglianza giuridica tra tutti i soggetti che si sviluppa il regime
delle libertà il cui carattere essenziale risiede nella Dichiarazione dei
Diritti dell’Uomo e del Cittadino del 1789 nel il proclama “Gli uomini nascono e restano liberi e uguale in diritti” che diviene l’emblema
delle libertà. Il merito che si riconosce alla Dichiarazione francese del
1789 è l’aver affermato i diritti di libertà, cioè quei diritti volti a limitare il potere dello Stato e a riservare all’individuo una sfera di libertà
dallo Stato a salvaguardia della quale vige un sistema di garanzie nei
confronti del potere politico. La libertà, dunque, non più solo “negativa”, quindi diretta a impedire tutto ciò che possa limitare o ostacolare
il libero esercizio del diritto, ma anche “positiva”, intesa a riconoscere e
a tutelare una sfera di autonomia entro la quale agire.
Con l’inizio del nuovo secolo i capisaldi del pensiero liberale iniziano a vacillare. Nel secondo dopoguerra, il problema della “libertà”
viene nuovamente collocato al centro del dibattito culturale e politico
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europeo. La tutela della “dignità della persona umana” diviene il fine
a cui lo Stato deve tendere attraverso un agire congiunto delle proprie
istituzioni e dei cittadini. Lo Stato contemporaneo, ispirato al “valore supremo della civiltà umana” e agli ideali democratici, è uno Stato
costituzionale, liberale e democratico, di diritto e pluralista, portatore
di un’idea di società “aperta” nella quale valori diversi, talvolta contrapposti, coesistono in un spirito di reciproca tolleranza. Uno Stato, quello costituzionale, fondato su quattro pilastri che interessano: la natura
e la funzione della Costituzione; il modo di operare del principio di
legalità; la configurazione della nozione di sovranità, il riconoscimento e la tutela dei diritti fondamentali.
Nella terza parte dell’Opera il concetto di “sistema costituzionale”
diviene strumento di lettura delle esperienze costituzionali dell’Europa “occidentale” e “centro‑orientale” e strumento di approfondimento
dei profili costituzionali che hanno caratterizzato la “transizione costituzionale” dei paesi dell’Est Europa dal socialismo reale al costituzionalismo democratico, pluralista, liberale e sociale.
Dopo aver fissato le premesse metodologiche per l’analisi delle esperienze costituzionali dei Paesi dell’Europa centro‑orientale, e aver
riferito al concetto di transizione il significato di passaggio da un
regime costituzionale a un altro, da una “forma di Stato” a un’altra,
l’Autore procede all’analisi delle caratteristiche che accomunerebbero
le tre esperienze transitorie (Paesi sottoposti a un processo di transizione “guidata”, quella dei Paesi nati a seguito della disgregazione
dell’U.R.S.S. e quella dell’ex Jugoslavia e Albania) realizzatesi nelle diverse aree centro‑orientali e riferibili alla forma di governo, alle Corti
Costituzionali e all’autogoverno locale.
Le transizioni costituzionali, che hanno portato nei Paesi dell’Europa centro‑orientale al superamento del modello di Stato socialista,
hanno implicato una sostanziale rifondazione del sistema costituzionale, fondato sulla assoluta centralità della Costituzione, sull’affermazione del principio del “Rule of law”, e sulla costituzionalizzazione dei
diritti fondamentali, fino alla “quarta generazione” e del loro meccanismo di tutela e garanzie costituzionali.
L’analisi e gli approfondimenti rappresentano la premessa sufficiente
e necessaria alla trattazione del tema “Diritti fondamentali”, con par-
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Capitolo I
Il Costituzionalismo come
fondamento di libertà
Sommario: I.1. Il Costituzionalismo e il ruolo della Costituzione. I.2. Il costituzionalismo e la separazione dei poteri. Il dibattito tra Locke e Montesquieu. I.2.1. John
Locke e la divisione del potere. I.2.2. Montesquieu e la tripartizione coordinata del
potere. I.3. Locke e Montesquieu tra “Limite” e “Libertà”. I.3.1 La teoria del “limite”
nella visione lockiana di libertà. I.3.2. La teoria del limite nella visione montesquiana
di libertà.
I.1.Il Costituzionalismo e il ruolo della Costituzione
Secondo la più nota definizione il Costituzionalismo è quel processo
di limitazione‑separazione legale del potere1 che si concreta con la predisposizione di strumenti miranti a limitare il potere, sia tramite freni
e contrappesi (checks and balances), sia tramite delimitazione delle
competenze dei settori del potere, sia tramite dichiarazioni dei diritti,
e più precisamente, tramite il controllo di costituzionalità2.
Il concetto di “Costituzionalismo”3 è stato, nel tempo, oggetto di elaborazioni dottrinali e giurisprudenziali da cui sono derivate numerose
Cfr. P. Comanducci, Principi giuridici e indeterminazione del diritto, Bologna,
Il Mulino, 1998, pp. 106‑108. Sull’argomento anche P. Comanducci, “Forme di
(neo)costituzinalismo: una ricognizione meta teorica”, in Neocostituzionalismo e tu‑
tela (sovra)nazionale dei diritti fondamentali, a cura di T. Mazzarese, Torino, Giappichelli, 2002, pp. 71‑94. G. Bongiovanni, Costituzionalismo e Teorie del diritto.
Sistemi normativi contemporanei e modelli della razionalità giuridica, Roma‑Bari,
Laterza, 2012.
2
Cfr. S. Bozzolo, Neocostituzionalismo e positivismo giuridico, Torino, Giappichelli, 2001, p. 26.
3
Seminario internazionale “Norberto Bobbio” del 6 novembre 2009, Università
degli Studi di Torino, sul tema (Neo)costituzionalismo: un’altra rinascita del diritto
naturale? con interventi di Mario Dogliani, Manuel Atienza, Paolo Comanducci,
1
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accezioni e concezioni, come quelle di “concezione della Costituzione”4,
di “tendenza costituzionale”5 o altro ancora6, per cui è possibile trattare
di “costituzionalismo dei Greci” o “costituzionalismo dei Romani”, o,
ancora, di “costituzionalismo medievale”. Charles Howard McIlwain7,
nell’ottica di opposizione all’arbitrio, ha trattato, ad esempio, di “costiRiccardo Guastini, Pedro Salazar. Sull’argomento il Prof. Dogliani sostiene che “il
costituzionalismo può essere definito un fenomeno moderno, l’insieme degli istituti
propri del perfezionarsi dello Stato moderno, esito del lungo processo che si è avviato
nel XIV secolo e consolidato nel XVIII”, quel fenomeno che ha introdotto nel corso
della sua edificazione gli elementi qualitativi tesi a “circoscrivere il potere, a offrire e
determinare limiti e garanzie e a introdurre… l’elemento della partecipazione e del
consenso, con la progressiva costruzione delle assemblee rappresentative”. Sull’argomento, M. Fioravanti, “Il Costituzionalismo nella dimensione sovranazionale:
il caso europeo”, in Costituzionalismo. Percorsi della storia e delle tendenze attuali,
Roma‑Bari, Laterza, 2009, pp. 149 ss.
4
Cfr. G. Rebuffa, Costituzioni e Costituzionalismi, Torino, Giappichelli, 1990, pp. 59 ss.
5
Cfr. G. Rolla, “La prospettiva dei diritti della persona alla luce delle recenti tendenze
costituzionali”, in Studi in onore di L. Elia, Milano, Giuffrè, 1999, tomo II, pp. 1341 ss.
6
Y. Higuchi, Le constitutionalisme, relazione al XIII Convegno Internazionale di
diritto comparato, Montreal, 1990, p. 1. Higuchi parla del costituzionalismo come
della “supremazia della Costituzione”. Sull’argomento anche, P. Craig, “Constitution, Constitutionalism and the European Union”, in European Law Journal, 2001,
vol 7, p. 127. Sulla molteplicità dei significati del concetto “Costituzionalismo”, cfr.
G. De Burca e J. B. Aschenmbrennen, “The Development of European Constitutionalism and the Role of the EU Charter of Fundamental Rights”, in Clolumbia
Law Journal of European Law, 2003, vol. 9, p. 360.
7
Cfr. C. H. McIlwain, Costituzionalismo antico e moderno, Venezia, Neri Pozza,
1956, p. 30. Il medievista americano sostiene che l’opposto del costituzionalismo
è “il governo dispotico, il governo della volontà al di sopra della legge”. Si potrebbe
quindi individuare il nemico mortale del costituzionalismo, sul piano ideologico,
nell’asse Hobbes‑Rousseau, propugnatori di una “trasformazione della molteplicità
in unità […] solo grazie a una sottomissione assoluta e irrevocabile di ogni individuo a un unico soggetto svincolato da ogni limite” (K. M. Baker, “Sovranità”, in F.
Furet‑M. Ozouz, Dizionario critico della rivoluzione francese, Milano, Bompiani,
1994, II, p. 986). Le due citazione degli autori (Hobbes e Rosseau) in M. Fioravanti, Costituzione, Bologna, Il Mulino, 1999, pp. 78 e 84, ben rappresentano il
passaggio da una “monarchia di diritto divino” a una “monarchia del numero”, incarnata dal popolo come “sola autorità che non ha ragioni da dare per giustificare
i propri atti”, e D. Settembrini, Democrazia senza illusioni, Roma‑Bari, Laterza,
1994, pp. 44 e 21.
18
tuzionalismo degli antichi e dei moderni”, così come Benjamin Constant ha trattato di “costituzionalismo”, a proposito di libertà8.
Ci si riferisce al “costituzionalismo”, in senso generalissimo, come
all’insieme degli istituti perfezionati nel lungo processo avviato nel
XIV secolo, e consolidato nel XVIII, tendente a circoscrivere i poteri e
a offrire e determinare limiti e garanzie; o ci si riferisce al “Costituzionalismo” come a quel filone di cultura giuridico‑politica antica9, medievale10 e moderna11 che identifica il Costituzionalismo nel processo
Ricorrente è, nell’opera di B. Constant, la sottolineatura che il costituzionalismo si oppone all’arbitrio. Sull’argomento: Principles de politique (1815), cap. XVIII; Réflexions
sur les Constitutions et les Garanties, ave une Esquisse de Constitution (1814‑1818); De
la Responsabilité des Ministres (1814‑1818), capp. V e XIV; Des Réactions politiques
(1797), cap. IX; De l’Esprit de Conquete, cap. XI. Tutte queste opere sono state ripubblicate E. Laboulaye, Guillaumin (a cura di), Cours de politique constitutionelle, Paris,
1872, tomo I, pp. 146 ss., 374 ss., 403, 433 ss.; tomo II, pp. 116 ss., 222 ss.
9
È fondamentale, sotto questo aspetto, il contributo di Aristotele all’elaborazione del
“Costituzionalismo” rappresentato dal modello di “costituzione mista” finalizzato a
bilanciare i conflitti sociali e le disuguaglianze della polis e di neutralizzarli politicamente attraverso il ruolo stabilizzante degli strati intermedi. Sull’argomento cfr.
P. Carrozza, Di Giovin, G. F. Ferrari, Diritto Costituzionale Comparato, Roma‑Bari, Laterza, 2009. Per Aristotele la “politeia” era una forma temperata di democrazia nell’ambito della quale i cittadini possedevano uguali diritti, nonostante fossero differenti le possibilità di partecipazione alla vita politica e di esercizio del potere.
Si trattava infatti di un modello che alla democrazia di assemblea, derivata dal principio democratico e praticata a lungo in Atene, contrapponeva l’elezione delle cariche pubbliche secondo il principio aristocratico, ritenuto il più idoneo alla scelta
dei governanti virtuosi, esperti e capaci. È proprio su questa contrapposizione che è
possibile ricondurre la “politeia” di Aristotele al momento fondativo del costituzionalismo moderno: cittadinanza attiva e limitazione del potere sono le due istanze
costitutive dell’assetto ordinato di comunità politica.
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Nell’età medievale il problema del potere e dei suoi limiti resta incapsulato in assetti
politici caratterizzati dalla coesistenza di centri di potere con pretese di universalità,
come l’Impero e il Papato, con la struttura particolaristica della società e l’organizzazione feudale. È in questa cornice che si profilano gli elementi del costituzionalismo
medievale come la tendenza a dare forma scritta agli assetti costituzionali delle variegate componenti di una società ordinata e pluralistica, da un lato, e, dall’altro, quella
alla differenziazione e all’articolazione di procedimenti decisionali.
11
In età moderna, l’ideale del governo delle leggi (in particolare il principio del governo limitato) si salda con l’idea dei diritti fondamentali (l’idea che gli esseri umani,
8
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di “limitazione legale del governo” e “antitesi del governo arbitrario”,
nonché in quella tecnica di libertà attraverso la quale si garantisce ai
cittadini, per il tramite di una legge che ponga limiti a chi detiene di
fatto il monopolio della forza12, l’esercizio dei loro diritti individuali e,
contemporaneamente, si impedisce allo Stato di poterli violare.
“La regola, o legge, al di sopra di tutto” è un principio che ritroviamo
alla base sia del concetto di nomos basìleus13 – risalente al pensiero politico greco –, secondo cui il governo migliore non è il “governo degli
uomini”, ma il “governo delle leggi”14, sia in quello del “rule of law” – risalente alla cultura anglo‑americana – che indica la supremazia del diritto, la soggezione del sovrano alla legge, nonché il primo strumento
di difesa che il cittadino ha per contenere il potere punitivo dello Stato; un potere che non può essere esercitato indiscriminatamente, ma
deve trovare i suoi limiti nella legge, a cui il governante è sottoposto15.
in quanto tali, siano titolari di diritti inviolabili, inalienabili, imprescindibili), generando così una particolare versione del modello costituzionalistico nei confronti dei
e contro i poteri pubblici. Nasce, così, il “costituzionalismo dei diritti”, che si riassume
nella duplice tesi elaborata da Bruno Celano secondo il quale “il rispetto dei diritti
fondamentali è condizione necessaria di legittimità del potere pubblico statale”, e “il
fine dell’associazione politica è la conservazione e la protezione dei diritti fondamentali dei consociati. Quando il governo non rispetta i diritti, non li assicura, il popolo
ha il diritto di resistere; se del caso, di abbatterlo e di costituire, al suo posto, un governo designato in maniera da rispettare e garantire i diritti”. Il costituzionalismo moderno, dunque, si caratterizza per il riconoscimento e l’esigenza di tutela dei diritti.
12
Cfr. I. Pernice, “Multilevel Constitutionalism in the European Union”, in Euro‑
pean Law Review, n. 27, ottobre‑Dicembre 2002.
13
V. Baldini (a cura di), “Il Nomos costituente di fronte al pensare radicale. Stato costituzionale, culture e laicità”, in Multiculturalismo, Padova, CEDAM, 2012,
pp. 29‑48. Sull’argomento “Nomos basileus”, l’autore afferma: “nomos basileus, quella
legge che non ha altra legge al di sopra di sé e alla quale sottostanno tutte le leggi degli uomini, che non possono per questo né controllarla né manipolarla… È la legge…
la fonte stessa dell’Essere”.
14
Sulla contrapposizione “governo degli uomini” vs. “governo delle leggi”, che costituisce un autentico topos del pensiero politico antico, medievale e moderno, cfr.
N. Bobbio, Il futuro e democrazia. Una difesa delle regole del gioco, Torino, Einaudi,
1984.
15
Cfr. F. M. De Sanctis, “La voce antica del diritto oltre‑moderno”, in Rivista di
filosofia del diritto, 1/2015, pp. 76‑77. De Sanctis afferma: “…il costituzionalismo
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Capitolo II
Dal Costituzionalismo liberale
alla costituzionalizzazione delle
libertà e dei diritti del ’900
Sommario: II.1. Il pensiero Liberale tra limiti e libertà. II.2. La costituzionalizzazione
delle libertà e dei diritti fondamentali. II.3. Libertà e Diritti. Dalla rivendicazione al
riconoscimento. II.4. Nascita e affermazione dell’“individuo” e dei diritti fondamentali. II.5. La costituzionalizzazione dei diritti dell’uomo nel secondo dopoguerra.
II.1. Il pensiero Liberale tra limiti e libertà
Il pensiero liberale, definito come la cultura del limite e dell’autolimitazione1, arte di porre limiti al potere altrui e al proprio, si muove attorno
alla dicotomia “limite‑libertà”; è proprio su questo concetto dicotomico che si incardinano i contenuti del pensiero liberale in materia
di “libertà”, che possono essere riassunti nella difesa della libertà degli
individui e nel riconoscimento della libertà come valore prioritario.
Trattare di “libertà” significa innanzitutto declinare le libertà sulla
base della loro natura “interiore” – cosiddetta “libertà della volontà” –
che risiede nel “foro interno” della coscienza di ciascuno, e della sua
natura “esteriore”, per cui le libertà vivono nel rapporto con gli altri e si
estrinsecano nelle libertà di fare e di agire. Afferma Sartori che “si può
essere liberi interiormente anche se in catene, anche se in prigione; ma
non si può essere liberi esteriormente se in prigione, perché in prigione
non si ha libertà di fare, non si ha la libertà di agire”2.
Cfr. C. Ocone, La Libertà e i suoi limiti. Antologia del pensiero liberale da Filangeri
a Bobbio, Roma‑Bari, Laterza, 2006, p. 3.
2
G. Sartori, “Liberalismo e costituzionalismo”, in La libertà dei moderni tra libe‑
ralismo e democrazia, Atti del convegno di Società Libera, Milano 15‑16‑17 ottobre
1999, cit., p. 55. Sull’argomento, cfr. G. Paoletti (a cura di), “Profilo del libera1
49
Da questa distinzione è possibile rilevare non solo un’essenza “bidimensionale” di libertà, in quanto è portatrice di una dimensione interiore e di una dimensione esteriore, ma anche una natura “bipolare”
(negativa‑positiva): se da un lato la libertà (negativa) è tesa all’emancipazione dagli ostacoli che limitano la realizzazione della volontà degli
individui, dall’altro la libertà (positiva) afferma l’idea di “perseguire il
proprio bene con i mezzi liberamente scelti con l’unico limite di non
interferire nella analoga sfera degli altri”3.
In quanto “bipolare”, la libertà si estrinseca in una dimensione negativa nel momento in cui pone il divieto dell’ingerenza dello Stato,
in primis, e degli altri membri della società rispetto alla sfera privata
(cioè rispetto alla libertà dell’individuo di possedere cose e scegliere di
disporre e usare ciò che possiede come meglio crede senza interferenze
da parte della legge e degli altri) e in una dimensione positiva nel momento in cui “riconosce” all’individuo il diritto a partecipare alla gestione degli affari pubblici, e quindi riconosce a lui la libertà politica4.
L’aver trattato di “libertà” in termini bi‑dimensionali e bi‑polari e,
pertanto, l’aver identificato le parti che compongono l’unità (libertà)
non rappresenta, e non deve rappresentare, la premessa di un’analisi valismo”, in B. Constant, La libertà degli antichi, paragonata a quella dei moderni,
Torino, Einaudi, 2001, pp. 55 ss. L’autore afferma che: “Libero è nel mondo antico
colui che ha uno status distinto dallo schiavo” e “il non schiavo è libero non solo e non
tanto nel senso cha ha facoltà di fare o non fare ma anche e soprattutto nel senso che
dispone di reali poteri”. Si tratta di “un’accezione positiva di libertà come appartenenza che conferisce riconoscimento e sicurezza e che abilita all’esercizio dei diritti politici. In questo contesto libertà è un concetto politico, che non può essere pensato al di
fuori della cittadinanza. L’uomo greco o romano è libero nella polis, nella respublica”.
3
L. Aguzzi, Il liberalismo classico, cit. p. 4, in www.istitutocalvino.gov.it/cms/
wp‑content/.../05/liberal.pdf.
4
Ibidem, Sull’argomento “Libertà politica”, Sartori afferma: “E forse non è un paradosso se chi per primo ha definito la libertà politica sia stato il teorizzatore del
Leviatano, del despota assoluto: Hobbes”. Hobbes proprio perché si intendeva di despotismo, capiva anche che cosa era la libertà. La famosa definizione di Hobbes della
libertà è che “liberty isobsence of impediments of motion”, assenza di impedimenti di
muoversi. Hobbes diceva “motion” perché parlava nel contesto della libertà naturale;
ma poi trasmette questa definizione anche nel contesto della libertà civile. Quindi la
libertà politica si definisce, hobbesianamente, come “assenza di impedimenti”.
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lutativa e/o classificatoria dei termini dimensionali e polari; discuterne sarebbe come ammettere l’esistenza di una importanza maggiore o
minore di una dimensione o di una polarità rispetto all’altra, o, peggio,
dichiarare quale siano le libertà maggiori e quali siano le libertà minori.
Ciò che è necessario rilevare è un rapporto, un nesso procedurale, sul
quale si incardina la libertà nella sua dimensione interiore e polarità negativa, cioè la libertà “da”, e nella sua dimensione esteriore e polarità positiva, cioè la libertà “di” e dal quale risulta che la libertà “da” precede la
libertà “di”; del resto se non si è liberi “da”, non si può essere liberi “di”.
A supporto di una siffatta impostazione di “libertà”, il pensiero
liberale promuove un’organizzazione dello Stato (c.d. Stato Costituzionale) fondato sul primato della Costituzione, cioè di un patto
scritto, rigido e articolato, che riconosca i valori fondanti della società, garantisca l’esercizio del potere (limitato dalla legge in virtù della
volontà popolare c.d. “sovranità” e subordinato a essa), impedisca la
riunione del potere in un unico organo e favorisca il bilanciamento
e il controllo reciproco dei poteri istituzionali (legislativo, esecutivo
e giudiziario)5, avendo come fine ultimo quello di non consentire la
trasformazione del potere costituzionale in potere dispotico6.
II.2. La costituzionalizzazione delle libertà e dei diritti fondamentali
L’affermazione del principio secondo il quale il potere pubblico può
essere controllato strutturalmente sia da un sistema di checks and ba‑
Cfr. A. Martinelli, “Nascita ed evoluzione della tradizione Liberale e di quella
Democratica”, in La libertà dei Moderni tra liberismo e democrazia, Atti del Convegno di Società Libera, Milano 15‑16‑17 ottobre 1999. p. 9. Sull’argomento “Limite
al potere”, l’autore afferma: “Si pone naturalmente l’esigenza di controllare il potere
di chi governa, il problema delle garanzie costituzionali, dei limiti al potere dello
Stato. Una prima grande caratteristica della tradizione liberale: il limite al potere del
Governo, i limiti ai poteri dello Stato”.
6
Sul primato della Costituzione e sulla “rigidità” della stessa, cfr. L. Di Carlo, “Tra
costituzionalismo garantista e costituzionalismo principalista”, in Diritti fondamen‑
tali e legittimazione democratica della giustizia Costituzionale, Rivista di Filosofia del
diritto, vol. 1/2015, Bologna, Il Mulino, 2015, pp. 7‑19.
5
51
lances, di pesi e contrappesi, sia da un sistema di divisione del potere, in
base al quale nessun potente, mai, potrà detenere l’intero potere nelle
proprie mani, rappresenta il primo limite che il costituzionalismo impone all’esercizio del potere.
A questo ne segue un secondo che eleva la “Costituzione” a legge più
alta (superiore alle leggi ordinarie), a strumento di libertà per l’uomo7.
Se i due principi sopra enunciati rappresentano l’infrastruttura del
costituzionalismo8, tesa a limitare l’esercizio del potere, l’esaltazione
del carattere individualistico delle libertà degli individui (c.d. libertà positiva), la necessità di garantire il libero sviluppo della persona
umana contro le interferenze preventive da parte dei pubblici poteri9
(c.d. libertà negativa), nonché l’esigenza di una tutela costituzionale
dei diritti dei singoli per un pieno e autonomo sviluppo della persona
umana, contraddistinguono il Costituzionalismo liberale.
L’esigenza di riconoscimento e di tutela delle libertà attraverso la positivizzazione dei diritti, derivanti da tali libertà, emerge in maniera
sempre più pressante da parte di coloro che, in contrapposizione all’assolutismo, invocano la protezione (anche del singolo) dalle interferenze del potere politico. Di qui la qualificazione dei diritti posti a tutela
delle libertà della persona in fondamentali e inviolabili10, la definizione di un obbligo giuridico di astensione da parte dello Stato e l’affermazione della c.d. Libertà negativa che sancisce la “non interferenza”
e/o, il “non impedimento”, da parte del potere politico, nei confronti
dell’individuo a godere di uno spazio riservato e inaccessibile a qualunque altro soggetto, sia esso pubblico, sia esso privato11.
Cfr. G. Sartori, Democrazia cosa è, Milano, Rizzoli, 2007, pp. 32 ss. Sartori afferma: “Siamo liberi perché siamo sottoposti soltanto a leggi, a regole impersonali e
non alla volontà arbitraria di altri uomini”.
8
G. Sartori, “Liberalismo e Costituzionalismo”, in Libertà dei moderni tra libera‑
lismo e democrazia, Atti del convegno di Società Libera, cit., p. 58.
9
Cfr. M. S. Giannini, “Le relazioni tra gli elementi degli ordinamenti giuridici”, in
Rivista trimestrale di Diritto Pubblico, 1990, n. 4, p. 1009.
10
Cfr. A. Baldassarre, voce Diritti inviolabili, Roma, EG, XI, 1989, pp. 37 ss.
11
Cfr. L. Ferrajoli, “Diritti fondamentali e democrazia. Due obiezioni a Robert
Alexy”, in Rivista di Filosofia del Diritto, vol. 1/2015, Il Mulino, 2015, p. 37. Ferrajoli, nel definire i lineamenti del costituzionalismo secondo il “suo” modello garantista
7
52
Capitolo III
Il sistema costituzionale come
modello democratico d’Europa
Sommario: III.1. Il sistema costituzionale come chiave di lettura e di approfondimento delle esperienze costituzionali dell’Europa “occidentale” e “centro‑orientale”.
III.1.1 Il sistema costituzionale nelle esperienze democratiche dell’Europa occidentale. III.1.2. Il “sistema costituzionale” nelle esperienze socialiste dell’Europa
centro‑orientale. III.2. Premesse metodologiche in tema di transizione democratica
degli ex Paesi socialisti dell’Est europeo. III.3. La transizione democratica negli ex
Paesi socialisti dell’Europa dell’Est. III.4. Le transizioni costituzionali nell’Europa
centro‑orientale tra differenze e assonanze. III.4.1. La forma di governo semipresidenziale: elemento comune alle esperienze transitorie dell’Est europea. III.4.2. La
Corte costituzionale a garanzia del sistema democratico. III.4.3. L’autogoverno
locale e l’esercizio delle funzioni statali. III.5. Dal sistema socialista al sistema liberal‑democratico. La Costituzione come strumento di transizione democratica. III.6.
Lo Stato Costituzionale come modello di riconoscimento e tutela dei diritti e delle
libertà fondamentali.
III.1. Il sistema costituzionale come chiave di lettura e
di approfondimento delle esperienze costituzionali dell’Europa “occidentale” e “centro‑orientale”
Al fine di evitare di rimanere intrappolati nel dibattito giuspubblicistico esistente intorno al concetto di Costituzioni e alle sue declinazioni, si intende orientare l’indagine sul nucleo essenziale del “sistema
costituzionale”1.
Questa scelta è giustificata dalla volontà di estendere l’indagine a
quelle esperienze costituzionali che si distinguono dalle classiche esperienze costituzionali di matrice liberal‑democratica, perché fondate
G. Zagrebelsky, Il diritto mite, Milano, Einaudi, 1992, pp. 8 e 9; Sull’argomento
“Sistema costituzionale”, cfr. G. Berti, Interpretazione costituzionale, Padova, CEDAM, 1987, passim.
1
71
su sistemi che perseguono un obiettivo qualitativamente distinto in
termini di razionalizzazione del potere, di contenuto essenziale dei
diritti, di principi posti a presidio dei diritti come il principio di uguaglianza, pluralismo sociale e politico e democrazia.
Una definizione sintetica del comune nucleo essenziale dei sistemi
costituzionali, ispirati ai principi propri del costituzionalismo occidentale, può identificarli in una “struttura”: predeterminata alla tutela dei
diritti fondamentali e ai principi ad essa correlati2; edificata su assetto
normativo informato ai principi di uguaglianza (anche sostanziale), di
razionalizzazione del potere; destinata a sancire, attraverso un impianto di regole, in maniera tendenzialmente stabile, certa e completa, la
legittimazione del potere alle istituzioni; diretta a limitare l’esercizio
delle potestà assegnate alle istituzioni di vertice dell’ordinamento, nella prospettiva di una coerente e ordinata gestione delle relazioni con la
comunità e con i consociati3.
III.1.1. Il sistema costituzionale nelle esperienze democratiche dell’Eu‑
ropa occidentale
Il sistema costituzionale, fondato sui capisaldi del costituzionalismo
occidentale, è un sistema incardinato, per quanto concerne il riconoscimento e la tutela dei diritti, sull’articolo 16 della Dichiarazione del
1789. In effetti l’impianto ideologico sul quale poggiano le prima carte
costituzionali d’occidente è quello espresso da quell’immagine di società raffigurata nella Dichiarazione di diritti dell’Uomo e del Cittadino attraverso le parole “Toute société dans lequelle la garantie des
droits n’est pas assurée, ni la separation des pouvoirs determinée, n’a
point de constitution”4.
T. Groppi, L’Europa dei diritti, Commento alla Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione europea, Bologna, Il Mulino, 2005, pp. 355 e ss.;
3
L. M. Friedman, The Legal System. A Social Science Perspective, New York, 1975,
pp. 14 e ss.
4
Trad. It. articolo 16 della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino del
1789: “Ogni società in cui la garanzia dei diritti non è assicurata, né la separazione
dei poteri stabilita, non ha una costituzione”.
2
72
L’impronta liberale del costituzionalismo, come abbiamo evidenziato nel secondo capitolo, enfatizza la primazia dei diritti fondamentali
dell’individuo, cioè quei diritti che possono considerarsi come “un fascio di pretese, facoltà, immunità e poteri preordinato al soddisfacimento di un interesse giuridicamente rilevante”5.
Sempre all’articolo 16 della Dichiarazione sono da ricondurre i diritti emergenti con l’affermazione dello Stato liberale di diritto. L’originaria impronta liberale del costituzionalismo aveva tenuto i diritti
sociali al di fuori del modello costituzionale disegnato dall’art. 16. Si
riteneva, in effetti, che lo Stato non potesse farsi carico dei nuovi bisogni dei cittadini connessi, soprattutto, alla esigenza di ridimensionare
il divario esistente tra le classi sociali. Dallo Stato di diritto si assiste
progressivamente alla transizione verso lo Stato sociale, che immette
nel sistema costituzionale situazioni giuridiche, non immaginabili nel
1789, e ridefinisce la funzione dei principi posti a loro tutela. Si pensi, ad esempio, al principio della separazione dei poteri la cui rigidità
viene scalfita dal continuo intervento dello Stato nei rapporti economici e sociali. La rigorosa separazione viene attenuata dalle emergenti
esigenze di concertazione, a soddisfazione delle quali si richiede un
maggiore ed efficiente intervento dello Stato, in contrapposizione a
quella visione originaria di “divisione dei poteri” tesa a perseguire finalità opposte6.
Dal punto di vista della garanzia dei diritti fondamentali, il sistema
costituzionale, di “matrice occidentale”, aspira a legittimare il potere
pubblico e, al contempo, a limitarne le modalità espressive al fine di
preservare i diritti fondamentali contro abusi o illegittime violazioni;
finalità, questa, perseguita attraverso regole poste a limitazione dei diritti stessi: ogni limitazione, infatti, deve essere contemplata a priori
dalla legge cui spetta il compito di fissare i casi e i modi attraverso i
quali operare simili restrizioni; sarà poi il principio della legalità e l’istituto della riserva di legge, corredati dal principio della certezza del
P. Trimarchi, Istituzioni di diritto privato, Milano, Giuffrè, 1991, cit., p. 45.
Cfr. R. Bin, Lo Stato di diritto, Bologna, Il Mulino, 2004. Sul tema “separazione
dei poteri”, Bin sottolinea come la dimensione collaborativa fosse presente già nella
costruzione teorica eretta da Montesquieu.
5
6
73
diritto, ad attribuire legittimità normativa al vincolo posto a ciascun
diritto7.
Per quanto concerne la sfera penale il “vincolo” posto alle limitazioni
dei diritti è rappresentato dalla cosiddetta “riserva di giurisdizione”8,
che introduce la regola secondo la quale le limitazioni dei diritti non
possono prescindere da un atto motivato dell’autorità giudiziaria, salvo i casi straordinari di necessità e urgenza.
Si può osservare come un sistema informato al canone generale della
divisione dei poteri, come quello costituzionale, debba assicurare una
corretta applicazione del diritto positivo, sia ai fini della preventiva limitazione delle libertà, sia allo scopo di dirimere le controversie sul
punto.
Da qui discende la natura indipendente e autonoma del giudice naturale, rispetto agli altri poteri, e di neutralità ed equidistanza, rispetto
alle posizioni giuridiche fatte valere in sede processuale9.
Sempre in termini di precondizioni, fissate a garanzia e tutela dei diritti e delle libertà fondamentali, il principio di uguaglianza (formale)
può considerarsi, appunto, una precondizione, atteso che le libertà e
il canone dell’uguaglianza formale “si fondono perfettamente in una
visione di insieme”10. Per dimostrare le perfetta coesione tra libertà
e uguaglianza occorre sottolineare come né la libertà né l’uguaglianza
possono essere assolute, bensì relative. In effetti, se è vero che l’esercizio
dei diritti riconosciuti e tutelati dall’ordinamento è diretto alla soddisfazione di un bisogno o perseguimento di un interesse, è altrettanto
vero che il soddisfacimento del bisogno o il perseguimento dell’interesse è strettamente connesso alla disponibilità di beni (materiali e/o
Cfr. Q. Camerlengo, Contributo a una teoria del diritto costituzionale cosmopoli‑
tico, Milano, Giuffrè, 2007, p. 124‑125. L’autore afferma: “Il principio di legalità e la
riserva di legge, postulanti la supremazia della legge rispetto alle altre manifestazioni
di pubblica potestà, possono dispiegare le proprie potenzialità solo in un contesto
istituzionale fondato sulla separazione dei poteri”.
8
Cfr. V. Angelini, Riserva di giurisdizione e libertà costituzionali, Padova, CEDAM, 1992, pp. 32 ss.
9
Cfr. L. Paladin, Diritto Costituzionale, Padova, CEDAM, 1998, p. 493.
10
Cfr. R. Bin, Lo Stato di diritto, Bologna, Il Mulino, 2004, cit., p. 21.
7
74
Capitolo IV
I nuovi diritti nei paesi dell’Est Europa
Sommario: IV. 1. Il concetto di “Diritto fondamentale” tra storicità e complessità. IV.2.
L’evoluzione dei diritti fondamentali nei diversi passaggi generazionali. IV.3. Il valore
della “Persona” come fondamento dei “nuovi diritti”: i diritti di quarta generazione.
IV.4. La libertà personale come valore di un nuovo modello di Costituzione. IV.5. Lo
“spazio” della libertà personale come fattore di passaggio dall’habeas corpus all’habeas
data. L’esperienza italiana sul valore della privacy. IV. 6. La privacy come diritto fondamentale dell’Uomo nell’età dell’informazione. IV.7. Il diritto di privacy nelle Costituzioni dell’Europa centro‑orientale: uno strumento di passaggio dall’habeas corpus all’habeas data. IV. 8. La garanzia costituzionale dell’habeas data: il “ricorso diretto”. IV. 9.
La costituzionalizzazione dei “nuovi diritti” è indice di compiuta transizione?. IV. 10.
Le Corti Costituzionali nei processi di transizione e il ruolo della Corte di Strasburgo.
IV.1. Il concetto di “Diritto fondamentale” tra storicità e complessità
A partire dalla fine del XVIII secolo, la tendenza a una sempre maggiore specificazione dei diritti rispetto a situazione ed eventi generati
da un “sistema” a elevato livello di complessità, variabilità e differenziazione funzionale ha rappresentato uno dei tratti caratteristici delle
moderne società occidentali. Alla questione del fondamento di tali diritti, si affianca una semantica di “Diritti fondamentali”1 secondo la
quale tali diritti trovano connessione in quei diritti che la cultura giuridica e politica contemporanea definisce “Diritti Umani” e, quindi, necessariamente riconosciuti a ogni individuo in quanto essere umano,
ma che a partire dalla seconda metà del Novecento, necessitano anche
di un riconoscimento dall’ordinamento giuridico2.
Cfr. G. Palombella, L. Pannarale, “Introduzione all’edizione italiana”, in N.
Luhmann, I diritti fondamentali come istituzione, trad. it., Bari, Dedalo, 2002, pp. 13‑14.
2
G. Peces‑Barba, Teoria dei diritti fondamentali, Milano, Giuffrè, 1993, cit.,
p. 9, secondo Peces‑Barbas “non è scorretto sostenere che l’idea comune dei diritti
1
123
Se agli occhi del giurista la costituzionalizzazione di suddetti diritti
li rende “eterni”, cioè destinatari del più alto livello di tutela e oggetto
di garanzia da parte di norme sovraordinate e orientati a valori condivisi, nella realtà essi rimangono “istituzioni”, cioè un complesso di reali
aspettative di comportamento3, che, in quanto “sociali”, si generano
nell’ambiente dei sistemi sociali; essi, infatti, si affermano e si sviluppano in un dato momento dell’evoluzione sociale come risposta a specifici interessi, precise ideologie e posizioni scientifiche, riscontrabili
in un dato momento storico4 e come tali non rappresentano “Diritti
Umani eterni”, validi in qualsiasi luogo e in qualsiasi tempo.
“I diritti nascono quando devono e possono nascere”5, afferma
Bobbio, cioè quando il progresso (tecnologico) fomenta nuove richieste rispetto alle quali nasce la discussione dei diritti di “ultima generazione”, ovvero quando si formano nuove pretese in vari ambiti tra cui
quello della ricerca medica e biologica, e che a titolo esemplificativo
possono essere rappresentati dagli studi sul patrimonio genetico.
Dunque, garanzie, protezione e tutela definite assolute, in realtà,
sono strettamente connesse all’evoluzione sociale ed, in particolare, ai
bisogni che gli individui (anche quando sono organizzati in gruppi)
esprimono, in quanto persone, in un dato momento storico6.
umani possiede un significato simile a quello che possedeva l’idea del diritto naturale
nel periodo che va dal XVII al XVIII secolo. Data la loro funzione di regolamentazione della legittimità dei sistemi politici e degli ordinamenti giuridici, oltre alla diffusa convinzione che tali diritti rappresentino una garanzia per la dignità dell’uomo
in termini di libertà e uguaglianza, una congrua e adeguata comprensione dei diritti
umani implica un notevole sforzo teorico e un concreto impegno pratico”.
3
G. Palombella, L. Pannarale, “Introduzione all’edizione italiana”, in N. Luhmann,
I diritti fondamentali come istituzione, trad. it., Editore Bari, Dedalo, 2002, cit., p. 11.
4
Ibidem.
5
N. Bobbio, L’età dei diritti, Torino, Einaudi, 1990, 3° ed. 1997, cit., p. 13.
6
Cfr. N. Bobbio, L’età dei diritti, Torino, Einaudi, 1990; Norberto Bobbio sostiene
che ciò che sembra fondamentale in una determinata epoca storica non lo è in un’altra e sia difficile dare un fondamento assoluto a diritti storicamente relativi; queste,
sono le premesse per concludere che il fondamento assoluto dei diritti oltre a essere
un’illusione può divenire un alibi per difendere posizioni conservatrici ed evitare il
riconoscimento di nuovi diritti che potrebbero pregiudicare quelli già esistenti.
124
I diritti fondamentali rappresentano una realtà intrinsecamente
complessa in cui si concentrano questioni “vitali”, ovvero istanze esterne al “sistema”, ma operazionalizzate, come sostiene Luhmann, per
“affrontare la complessità sociale, consentendo ai sistemi di mante‑
nere in primo piano e di tutelare aspettative di comportamento che
hanno radici altrove”7.
Quanto teorizzato da Luhmann e sostenuto da Bobbio in quel suo dire
“I diritti nascono quando devono e possono nascere” rappresenta un
punto di osservazione che ridefinisce approcci e posizionamenti; se si
assume come parametro di giudizio l’evoluzione sociale si avrà che il
valore assoluto assegnato a determinati diritti si degrada a relativo, per
cui ciò che sembra fondamentale in una determinata epoca storica non
è in un’altra, pertanto sarebbe un’illusione assegnare un fondamento
assoluto a diritti storicamente relativi8.
IV.2. L’evoluzione dei diritti fondamentali nei diversi
passaggi generazionali
Quando si tratta di diritti fondamentali, o “diritti e libertà fondamentali”, ci si riferisce a una nozione ampia9 che include oltre ai diritti ciG. Palombella, L. Pannarale, “Introduzione all’edizione italiana”, in N.
Luhmann, I diritti fondamentali come istituzione, cit., p. 12.
8
Cfr. N. Bobbio, L’età dei diritti, Torino, Einaudi, 1990, pp. 5‑16.
9
Più esattamente, essa coesiste con sinonimi, come “libertà individuali”, “libertà pubbliche”, “libertà fondamentali”, “diritti della persona”, “diritti civili” (civilrights), “diritti umani” (derechoshumanos), “diritti fondamentali”; senza contare le combinazioni,
come “diritti dell’uomo e libertà fondamentali” (oggetto della ben nota Convenzione
europea) o ‘diritti e libertà fondamentali’. Queste differenti nozioni, che sembrerebbero
sovrapporsi, non sono del tutto identiche. Alcune di esse sono specifiche di un dato ordinamento giuridico nazionale. ad esempio, le ‘libertà pubbliche’ sono inseparabili dalla
concezione tipica del diritto francese, in cui prevale la tutela delle libertà da parte della
giustizia amministrativa nei confronti del potere esecutivo, in virtù della legge e non del7
125
vili e politici, anche quelli economici e sociali, affiancati da un triplice
livello di tutela giudiziaria accordato ovunque e in ogni circostanza:
ordinario, costituzionale e internazionale.
Un’altra questione di cui si è dibattuto a lungo riguarda la ripartizione generazionale dei diritti, dove nel termine “generazioni” si ravvisa
un linguaggio tecnologico desunto dall’informatica, quasi a indicare
anche per i diritti un processo in continuo sviluppo, sempre più specializzato e perfezionato.
Secondo la prevalente dottrina, i diritti fondamentali, o diritti
dell’uomo, sono il prodotto della civiltà umana più che il prodotto
della natura, in quanto sono diritti storici (o che diventeranno storici)
e quindi mutevoli; questi continuano a evolversi, nonostante si sia cercato di delimitarli e inserirli in “generazioni” e poi in “categorie”. Si è
soliti distinguere tre generazioni di diritti fondamentali, anche se tale
classificazione, così come la nozione stessa di “generazione”, non è la
classificazione universalmente accettata.
Tra le motivazione che inducono parte della dottrina a prendere le
distanze dalla classificazione dei diritti fondamentali in “generazioni
di diritti” vi è l’impossibilità di relegare un diritto fondamentale entro
i margini definitori e classificatori fissati in risposta a una mera esigenza di semplificazione: vi sono, infatti, diritti la cui evoluzione ha
determinato la presenza degli stessi in tutte le “generazioni”. Il diritto
delle minoranze ne è un esempio. Il diritto delle minoranze, in quanto
manifestazione degli ordinamenti democratici contemporanei10 e in
quanto diritto riconducibile al principio pluralistico11, trova tutela
giuridica nel contesto dei diritti di prima generazione, assumendo la
forma tipica della protezione da discriminazioni. L’individuo può,
con mezzi giuridici, tutelarsi contro gli atti discriminatori da parte
la Costituzione; i ‘diritti della persona’ sono invece caratteristici dell’ordinamento giuridico canadese; quanto ai ‘diritti civili’ (civilrights), la Costituzione americana evidenzia
che si tratta unicamente dei diritti classici, o diritti della cosiddetta ‘prima generazione’.
10
Cfr. C. Haberle, Costituzione e identità culturale. Tra Europa e Stati nazionali,
Milano, Giuffré, 2006.
11
Cfr. A. Pizzorusso, Le minoranze nel diritto pubblico interno, Milano, Giuffré,
1967, pp. 176 ss.
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