La torre di Hanoi (F. Fasanelli, E. Perracchione)
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La torre di Hanoi (F. Fasanelli, E. Perracchione)
Francesca Fasanelli Emma Perracchione LABORATORIO DI COMBINATORICA Tesina: - La torre di Hanoi - Il gioco del 15 -Il Cubo di Rubik - La torre di Hanoi Il gioco della torre di Hanoi è stato inventato dal matematico E. Lucas nel 1883. Lo scopo del gioco consiste nel trasferire n dischi circolari infilati in un’ asta verticale A con diametri decrescenti dal basso verso l’alto, su di un’ altra asta C nello stesso ordine di prima. Per fare ciò il giocatore deve utilizzare un’ asticella intermedia B e deve seguire le seguenti regole: i. ii. I dischi devono essere trasferiti uno alla volta. Un disco di diametro maggiore non può mai poggiare su uno di diametro minore. Pare che il gioco abbia origini indù. I sacerdoti del tempio di Brahma erano infatti costantemente impegnati a spostare, su tre colonne di diamante, 64 dischi d'oro. La leggenda voleva che nell’ istante stesso in cui il trasferimento fosse terminato vi sarebbe stata la fine del mondo. Ma la tanto temuta apocalisse non era così vicina. Infatti si prova empiricamente che con 1, 2, 3, 4 dischi è necessario fare almeno rispettivamente 1, 3, 7, 15 mosse. Dunque osservando la sequenza si può facilmente intuire che il minor numero di mosse che si possono eseguire con n dischi, per completare il gioco, è 𝑚 𝑛 = 2𝑛 − 1 Per provare la correttezza di questa formula si utilizza il principio dell’induzione. Questo principio si può applicare solo sui numeri naturali. L’insieme dei numeri naturali venne definito da Peano per mezzo di cinque assiomi: i. 0∈N (0 è un numero naturale) ii. ∀𝑥 ∈ N ⇒ S(𝑥) ∈ N (Il successore di un numero naturale è un numero naturale) iii. ∀𝑥, 𝑦 𝑠𝑒 S(𝑥)=S(𝑦) ⇒ 𝑥 = 𝑦 (Se due numeri naturali hanno successori uguali, allora sono uguali) iv. ∀𝑥 0 ≠ 𝑆𝑥 (0 non è il successore di alcun numero naturale) v. Ogni sottoinsieme U di N / a. 0 ∈ U b. ∀𝑥 ∈ U ⇒ S(𝑥) ∈ U coincide con tutto N. Quindi U≡ N (Se 0 appartiene a un insieme U e se vale che, per ogni numero naturale x, se x appartiene ad U, anche il successore di U appartiene ad U, allora U contiene l’insieme dei numeri naturali) Il principio dell’ induzione si basa proprio su questo V postulato, detto anche “Assioma di induzione matematica”. Infatti, la dimostrazione per induzione consiste in: preso un qualunque predicato P(n) i. ii. iii. iv. Base dell’ induzione: dimostrare che P(0) è vera; Passo induttivo: supporre vera P(𝑛 -1); Dimostrare P(𝑛) Per il V postulato di Peano si può concludere che P(𝑛) e vera ∀𝑛 Proviamo ora con l’induzione che il minor numero di mosse possibili per completare il gioco della torre di Hanoi è 𝑚 𝑛 = 2𝑛 − 1 Proviamola per la base 𝑛 = 0 𝑚0 = 20 − 1= 0 ed è quindi vera Se non si vuole considerare il caso banale di 0 dischi si può partire nella dimostrazione da 1 disco e risulta 𝑚1 = 21 − 1=1 ed è banalmente verificata La si suppone vera per 𝑛 − 1 dischi. Quindi si suppone vera 𝑚𝑛−1 = 2𝑛−1 − 1 e la si prova per n dischi. Per completare il gioco quando vi sono n anelli è necessario che, ad un certo punto, si possa trasferire l’anello più largo dal piolo A al piolo C (che deve essere sgombro). Occorre quindi che i restanti n -1 anelli siano posti ( sempre in ordine crescente dall’alto in basso) sul piolo B. Ciò significa che si sono impiegate 𝑚𝑛−1 mosse appunto per spostare gli n-1 anelli da A a B (cioè è come avere svolto il gioco ignorando l’anello più grande e usando come piolo finale B al posto di C). A questo punto si può spostare l’anello più grande dal piolo A al piolo C. Bisogna poi trasferire gli n-1 anelli da B a C (ed è come ripetere il gioco con n-1 anelli con piolo iniziale B). Dunque il minor numero di mosse che si devono fare con n dischi è 2 volte il numero delle mosse con n-1 dischi più una mossa per spostare l’ ultimo disco. 𝑚𝑛 = 2 𝑚𝑛−1 + 1 = 2 2𝑛−1 − 1 + 1 = 2𝑛 − 2 + 1 = 2𝑛 − 1 Quindi per il V postulato di Peano la formula è vera ∀𝑛. I sacerdoti dovevano compiere almeno 264 − 1 mosse. Questo fa capire quanto lontana fosse la fine del mondo! Il gioco del 15 e la truffa di S. Loyd Il gioco della tabellina del 15 consiste in un quadrato con 16 caselle. L’ ultima, la 16-esima è vuota par consentire lo spostamento delle caselle. Lo scopo del gioco è di riordinare le 15 caselle (numerate da 1 a 15) in modo crescente. 2 6 8 15 1 2 3 4 13 14 4 12 5 6 7 8 11 10 5 3 9 10 11 12 9 1 7 13 14 15 Loyd (1841-1911), celebre scacchista promise dei soldi a chiunque fosse riuscito a risolvere il gioco mettendo nell’ ultima casella il numero 14 e nella penultima il numero 15. Cerchiamo di scoprire dove sta l’ inganno. Si tratta in sostanza di costruire biiezioni tra due insiemi che hanno la medesima cardinalità. f : 𝐼15 → 𝐼15 Poiché dominio e codominio hanno la medesima cardinalità, funzioni biiettive da 𝐼15 a 𝐼15 prendono il nome di permutazioni. Teorema: le permutazioni di un insieme 𝑰𝒏 di cardinalità n sono n! Dimostrazione Per dimostrarlo si fa uso del metodo delle scelte. Sia f una biiezione. Costruiamo la biiezione f partendo dal primo elemento del dominio. Per il primo elemento si hanno n scelte per l’ immagine, per l immagine del secondo n-1 perché si esclude l’immagine del primo elemento e così via. Per l’ n-esimo elemento del dominio la scelta è unica. Quindi moltiplicando le scelte le permutazioni possibili 𝜎𝑛 saranno: 𝜎𝑛 = 𝑛 𝑛 − 1 𝑛 − 2 … … … … 1 = 𝑛! Di conseguenza per gioco del 15 si hanno 15! permutazioni possibili. Le permutazioni si esprimono come matrici 2 x n dove n è il numero degli elementi dell’ insieme. prendiamo per esempio una permutazione in 𝐼4 1 4 2 3 3 4 2 1 dove la seconda riga rappresenta le immagini degli elementi di 𝐼4 A partire da una permutazione σ si possono scrivere tutte le sue potenze 𝜎 𝑘 ad esponenti interi. Sia r il minimo intero tale che 𝜎 𝑟 =id, dove id indica la biiezione identica. Tale intero è l’ ordine o periodo della permutazione σ. Calcoliamo per esempio il periodo della permutazione: 𝜎= Le varie potenze di σ sono: 123456 234651 𝜎2 = 123456 ≠ 𝑖𝑑 346152 𝜎4 = 123456 ≠ 𝑖𝑑 612354 𝜎3 = 123456 ≠ 𝑖𝑑 461253 𝜎5 = 123456 = 𝑖𝑑 123456 Quindi l’ ordine di σ è 5. Le permutazioni si possono anche esprimere mediante cicli Definizione: un ciclo di 𝜎 è l’ insieme ordinato: 𝑥, 𝜎 𝑥 , 𝜎 2 𝑥 , … … , 𝜎 𝑚 −1 𝑥 L’ intero m dicesi lunghezza del ciclo. Consideriamo la permutazione: 𝜎= 123456 3 1 25 6 4 e scriviamo i cicli. Allora patendo dall’ elemento 1 fino al terzo elemento ciclo di 𝜎 è: (1,3,2) che significa Ma la notazione in cicli non è unica, infatti: (1,3,2)=(3,2,1)=(2,1,3) ma (1,3,2)≠(1,2,3) poiché 𝑓 1 = 2, 𝑓 2 = 3 Così si può esprimere anche un secondo ciclo partendo dall’ elemento 5 (5,6,4)=(6,4,5)=(4,5,6) 𝑓 1 = 3, 𝑓 3 = 2 Si noti che ciascuno dei cicli (1,3,2), (5,6,4) rappresenta una permutazione, precisamente quella che manda ogni elemento del ciclo nel successivo e l’ ultimo nel primo e lascia fissi tutti gli altri elementi. Ma il fatto notevole è che la permutazione originaria σ risulta uguale al prodotto dei due cicli 𝛾1 𝛾2 𝜎= 123456 312564 = 𝛾1 𝛾2 = 1,3,2 , (5,6,4) Teorema: Ogni permutazione σ è prodotto dei suoi cicli. I cicli sono disgiunti (ossia non hanno elementi in comune) Dimostrazione Indicati con 𝛾1 , 𝛾2 … 𝛾𝑘 i cicli disgiunti di 𝜎, per provare che 𝜎 = 𝛾1 ∙ 𝛾2 ∙ … .∙ 𝛾𝑘 occorre provare che ∀ 𝑥 ∈ 𝑋 = {1,2, … , 𝑛} si ha : 𝜎 𝑥 = 𝛾1 , 𝛾2 … 𝛾𝑘 𝑥 Ora, ogni 𝑥 ∈ 𝑋 compare nella scrittura di uno solo dei cicli 𝛾1 ∙ 𝛾2 ∙ … .∙ 𝛾𝑘 . Sia questo il ciclo 𝛾𝑖 = 𝑥, 𝜎 𝑥 , … 𝜎 𝑚 −1 𝑥 . Inoltre ∀ 𝑖 ≠ 𝑗, e ∀ 𝑦 = 𝜎 ℎ (𝑥) (cioè per ogni y che compare nella scrittura di 𝛾𝑖 ) risulta 𝛾𝑖 𝑦 = 𝑦 E allora ∀ 𝑥 ∈ 𝑋 𝛾1 , 𝛾2 … 𝛾𝑘 𝑥 = 𝛾1 , 𝛾2 … 𝛾𝑖 𝑥 = 𝛾1 , 𝛾2 … 𝛾𝑖−1 𝜎 𝑥 = 𝜎 𝑥 Quindi necessariamente 𝜎 = 𝛾1 , 𝛾2 … 𝛾𝑘 Proposizione: il periodo di una permutazione σ e il minimo comune multiplo delle lunghezze dei suoi cicli. Dimostrazione Se 𝜎 = 𝛾1 , 𝛾2 … 𝛾𝑘 , indicato con 𝑚𝑖 l’ ordine del ciclo i-esimo, con 𝑀 = 𝑚𝑐𝑚 𝑚1 , 𝑚2 , … , 𝑚𝑘 si tratta di provare che M uguaglia il periodo N di 𝜎. Infatti 𝜎 𝑀 = 𝛾1 , 𝛾2 … 𝛾𝑖 𝑀 = 𝛾1𝑀 𝛾2𝑀 … . . 𝛾𝑘𝑀 = 𝑖𝑑 Quindi N/M. Inoltre: 𝑖𝑑 = 𝜎 𝑁=𝛾1𝑁 𝛾2𝑁 … . 𝛾𝑘𝑁 = 𝑖𝑑 ∙ 𝑖𝑑 ∙ 𝑖𝑑 ∙ … . .∙ 𝑖𝑑 Ma allora 𝑚𝑖 /N ∀ 𝑖 = 1, … , 𝑘 da cui M/N e come conclusione quindi M=N Proposizione: ogni permutazione si può scrivere come prodotto di trasposizioni (scambi). Dimostrazione Ogni ciclo si può scrivere come prodotto di trasposizioni Ad esempio 1,2,3, … . , 𝑚 = 1, 𝑚 1, 𝑚 − 1 1, 𝑚 − 2 … . . (1,3)(1,2) Ma poiché ogni permutazione è prodotto di cicli la proposizione è provata. Ad esempio scriviamo 𝜎 come prodotto di trasposizioni 𝜎 = 2,3,4 1,6,5 = 2,4 2,3 1,5 (16) ma non si srive in modo unico, infatti 𝜎 = 3,2 3,4 5,6 5,1 E’ da notare che però in entrambi i casi si decompone in un numero pari di trasposizioni. Definizione: una permutazione si definisce se è il prodotto di un numero pari di trasposizioni, viceversa si dice dispari. Teorema: se una permutazione si scrive come prodotto di un numero pari (dispari) di trasposizioni, ogni altra sua scrittura come prodotto di trasposizioni è ancora costituita da un numero pari (dispari) di trasposizioni. Nel caso del gioco del 15, se il quadratino vuoto viene mosso verso l’ alto un certo numero di volte, un analogo numero di volte deve essere mosso verso il basso, se viene mosso verso sinistra di un certo numero di mosse deve essere spostato verso destra lo stesso numero di caselle. Quindi le permutazioni per soddisfare il gioco devono necessariamente essere pari. La truffa di Loyd sta nel fatto che per arrivare alla configurazione finale con 15 e 14 nell’ ultima casella è chiaramente necessaria una permutazione dispari che contraddice il teorema precedente! Il Cubo di Rubik Introduzione Il Cubo di Rubik è un cubo composto da 27 cubetti della stessa dimensione. Ogni faccia del cubo è suddivisa in 9 quadratini per un totale di 54 quadratini di 6 colori diversi: bianco (W), blu (B), rosso(R), verde (G), giallo (Y), arancione (O). Lo scopo del gioco è quello di raggruppare su ogni lato i quadratini dello stesso colore, manovrando i blocchi di cubetti che costituiscono ogni faccia e che possono ruotare intorno al centro della faccia stessa. Per il fatto che sono possibili solo le rotazioni, il quadratino centrale, non può essere spostato; quindi al centro di ogni faccia c’è un quadratino rappresentante il colore di essa. Quando il cubo ha per ogni faccia quadratini dello stesso colore, allora si dice risolto. Fra i cubetti, 8 hanno 3 facce visibili, e sono posizionati sui vertici del Cubo; saranno indicati dalle terne con i tre colori delle tre facce: (O,Y,B), (B,Y,R), (R,Y,G), (G,Y,O), (O,B,G), (G,W,R), (R,W,B), (B,W,O). 12 cubetti hanno 2 facce visibili e sono posizionati fra i vertici, lungo gli spigoli del Cubo; saranno indicati dalle coppie (O,V), (V,R), (R,B), (B,O), (Y,O), (O,W), (W,R), (G,Y), (Y,O), (G,W), (W,B), (B,Y). I 6 quadratini posizionati al centro di ogni faccia del cubo sono i quadratini rappresentanti, sono di sei colori diversi e non possono essere spostati. Il ventisettesimo cubetto, centrale nel Cubo, non ha nessuna faccia visibile ed è infatti quello che tiene la struttura portante e che è collegato ad ogni quadratino rappresentante. Mossa base Chiamiamo mossa base le rotazione di ogni lato di 90° in senso orario (guardando la faccia da ruotare); le mosse base in tutto sono 6, a cui vanno aggiunte le mosse inverse ovvero le rotazioni in senso antiorario. Queste mosse base, permettono di muovere l’insieme Γ costituito dai 20 cubetti con più di una faccia visibile. Γ = {(O,Y,B), (B,Y,R), (R,Y,G), (G,Y,O), (O,B,G), (G,W,R), (R,W,B), (B,W,O), (O,V), (V,R), (R,B), (B,O), (Y,O), (O,W), (W,R), (G,Y), (Y,O), (G,W), (W,B), (B,Y)}. Ogni mossa base non è nient’altro che una funzione che va dall’insieme £ in se stesso. Chiamiamo le sei rotazioni di ogni faccia con il nome del colore della faccia: CR = {W,B,R,G,O,Y} i cui elementi corrispondono rispettivamente alla rotazione in senso orario della faccia bianca, blu, rossa, verde, arancione e gialla. Oppure possiamo chiamare le rotazioni con il nome della posizione della faccia; CR allora diventa: CR’ = {U,D,R,L,F,B} i cui elementi corrispondono rispettivamente alla rotazione in senso orario della faccia superiore, inferiore, destra, sinistra, frontale, e antipodale alla frontale. Le funzioni opposte sono rotazioni in senso antiorario. La composizione di quattro mosse base della stessa faccia, così come una rotazione composta con la sua inversa, restituisce il Cubo nella posizione iniziale. Una sequenza di mosse base è una composizione funzionale. Ad esempio la sequenza di mosse base -1 -1 data da D ⊗ R ⊗ D ⊗ R consiste nel ruotare la faccia destra in senso antiorario, la faccia inferiore in senso antiorario, la faccia destra in senso orario e per ultima la faccia inferiore in senso orario. La struttura algebrica (CR, ⊗ ) definita come l’insieme delle mosse base CR = {W,B,R,,G,O,Y} unita alla composizione di funzione gode delle seguenti proprietà: Associativa (X ⊗ Y) ⊗ Z = X ⊗ (Y ⊗ Z) Esistenza dell’elemento neutro X⊗Y⊗Y⊗Y⊗Y=X ∀ X,Y ∈ CR ∀ X,Y ∈ CR dato che Y ⊗ Y ⊗ Y ⊗ Y = id dove id è la funzione identità Esistenza dell’elemento opposto -1 X ⊗ X = id ∀ X ∈ CR La struttura algebrica (CR, ⊗ ) per le precedenti conclusioni è un gruppo detto Gruppo di Rubik. Il Gruppo di Rubik non è abeliano; infatti B⊗R dal cubo risolto sposta lo spigolo (Y B) fra la faccia rossa R e la faccia blu B, invece R⊗B sposta (Y B) fra la faccia gialla Y e la faccia rossa R. Ad ogni mossa base o composizione di mosse base, corrispondono delle permutazioni dei cubetti e dei quadretti del cubo. Ovviamente spigoli possono essere permutati in spigoli e gli angoli possono essere permutati in angoli; questo ci suggerisce l’esistenza di almeno due sottogruppi di permutazioni del Gruppo di Rubik. Poiché l’argomento è abbastanza complesso ci limitiamo a dire che uno di questi sottogruppi è “il sottogruppo di una singola faccia”: in altre parole se consideriamo i movimenti possibili di una sola delle sei facce, otteniamo un sottogruppo finito di ordine quattro. Per la risoluzione del Cubo ci sono molti metodi, ma quello più usato è il cosiddetto metodo a strati che consiste nel risolvere in successione lo strato inferiore, superiore e intermedio del Cubo. Bibliografia: Giulia Maria Piacentini Cattaneo,” Algebra”, 1996, edizioni Decibel Enciclopedia Treccani “Il quaderno “di Daniela Romagnoli Andre Warusfel, “Il Cubo di Rubik”, Oscar Mondadori 1982