programma di sala - Società del Quartetto di Milano
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programma di sala - Società del Quartetto di Milano
S TA G I O N E 2 0 0 4 • 2 0 0 5 Yundi Li pianoforte Sala Verdi del Conservatorio Martedì 15 febbraio 2005, ore 20.30 14 Consiglieri di turno M° Mario Delli Ponti Prof. Luciano Martini Prof. Carlo Sini Sponsor istituzionali Con il patrocinio e il sostegno di Con il sostegno di FONDAZIONE CARIPLO Per assicurare agli artisti la migliore accoglienza e concentrazione e al pubblico il clima più favorevole all’ascolto, si prega di: • spegnere i telefoni cellulari e altri apparecchi con dispositivi acustici; • limitare qualsiasi rumore, anche involontario (fruscio di programmi, tosse ...); • non lasciare la sala prima del congedo dell’artista. Si ricorda inoltre che registrazioni e fotografie non sono consentite. Yundi Li pianoforte Fryderyk Chopin (Zelazowa Wola, Varsavia 1810 – Parigi 1849) Quattro Scherzi n. 1 in si minore op. 20 n. 2 in si bemolle minore op. 31 n. 3 in do diesis minore op. 39 n. 4 in mi maggiore op. 54 Intervallo Franz Liszt (Raiding 1811 - Bayreuth 1886) Sonata in si minore La serie “Rising Stars” nella stagione 2004-2005 della Società del Quartetto è sostenuta da Fryderyk Chopin Quattro Scherzi n. 1 in si minore op. 20 n. 2 in si bemolle minore op. 31 n. 3 in do diesis minore op. 39 n. 4 in mi maggiore op. 54 La completa indipendenza dello stile pianistico di Chopin rispetto ai suoi contemporanei e predecessori è un mito della storiografia musicale romantica che le più asettiche ricerche moderne sono riuscite a sfatare senza molti problemi. Senza minimamente intaccare il valore intrinseco dei capolavori chopiniani, ne sono state segnalate e catalogate le diffuse radici nella tradizione salottiera di primo Ottocento della provinciale Polonia, l’influsso del Clavicembalo ben temperato di Bach, la misura classica di Mozart, tante altre cose. È confermata invece la tendenziale autonomia dall'esperienza di Beethoven, sia nel taglio delle architetture sia nello specifico della scrittura pianistica. Chopin di rado cerca gli estesi scontri dialettici fra motivi differenti e contigui. Quando non si ferma al frammento minimo, propende per un progressivo caricamento della tensione grazie a un sapiente uso di transizioni e di volumi per alla fine tutto dissolvere in spettacolari fiammate timbriche e virtuosistiche. Ci sono naturalmente le eccezioni. In particolare la serie dei quattro scherzi è testimonianza puntuale, seppure zeppa di contraddizioni, di un'attenzione non superficiale per il linguaggio e lo stile del maestro di Bonn. La si sente benissimo soprattutto nello scherzo che apre la serie, nella tonalità di si minore e classificato come op. 20. I contrasti fra incisi elementari, le transizioni virtuosistiche, i passaggi di registro, le innovazioni della scrittura pianistica non danno mai l’impressione di tumulto e di disordine solo perché Chopin rispetta le auree leggi di simmetria dello scherzo classico beethoveniano, inteso come evoluzione estrema del minuetto rococò e barocco. Le armonie romantiche e i timbri che nascono dal nuovo pianismo di Chopin fanno la differenza, anzi fanno perfino trascurare la caratteristica più inattesa e innovativa del lavoro: la sua straordinaria estensione formale. Di regola non si fa caso alla durata, abbagliati dalle scintille che sprigiona la tastiera. Eppure l’op. 20 dura quasi dieci minuti, molto più degli “scherzi” della sinfonia “Eroica” e della sonata “Hammerklavier”, poco meno di quello della Nona sinfonia, che sono i normali riferimenti beethoveniani. Non cambia la struttura in tre sezioni, con le esterne veloci (velocissime) e quella centrale lenta (lentissima). Però cambia la loro quantità, e non solo la qualità. Le sezioni esterne si svolgono su due temi molto ampi, ben distinti, separati anzi legati da ancor più vaste transizioni che tutto fanno ampliare e respirare. La sezione cen- trale segue lo stesso schema, con altri due temi, ora melodiosissimi e struggenti, in contrasto fra la loro e con l’anello galattico esterno. E poi ci sono i tanti legami trasversali, che rendono il brano incredibilmente compatto. Sono per lo più di natura tecnica (movimento delle dita, percussione dei tasti, incrocio di armonici…), come quello strepitoso colpo di genio con cui Chopin prima zittisce la platea e poi segnala che i sogni del trio centrale sono finiti e che ricomincia la bufera: una percussione a destra e subito dopo una a sinistra, un accordo in fortissimo nell’acuto seguito da una risposta equipotente nel grave. Per capire lo Scherzo in si minore aiuta, non è indispensabile, conoscere il ruolo importante giocato dalle circostanze biografiche ed emotive. Fu infatti impostato nel 1830, durante il secondo e non molto fortunato soggiorno a Vienna, al tempo dell'insurrezione polacca e della conseguente repressione russa, quando Chopin decise di non tornare in patria e di andare in esilio a Parigi. La citazione di un canto natalizio polacco nel trio centrale forse è legata agli struggimenti e alle angosce proprie di quel tempo. Di sicuro però il ventenne Chopin sapeva già mantenere un perfetto equilibrio fra componenti esclusivamente musicali. Anche nel celeberrimo Scherzo n. 2 in si bemolle minore la dialettica beethoveniana fra slancio espressivo ed equilibrio formale ha importanza critica. Certo, la fama viene dal magnifico attacco a domanda e risposta, dall'estenuata cantabililà del secondo motivo, dal contrasto fra sezione principale e doppio trio, dal drammatico sviluppo centrale, dalla travolgente coda conclusiva. Però il perfetto equilibrio con cui sono disposte la quattro sezioni dello Scherzo si fonda su un disegno architettonico polivalente e che ancora una volta è classico e innovativo. Classiche sono le simmetrie e le relazioni tematiche all'interno di ciascuna sezione, e classici sono i rapporti reciproci. Non sono classiche invece le dimensioni. Anche questo Scherzo dura quasi dieci minuti e ha una ricchezza tematica tale da non poter essere rinchiusa entro la normale formula tripartita dello scherzo beethoveniano tradizionale. Ecco allora che Chopin espande il Trio centrale, trasforma il delicato motivo di valzer che ne costituisce il secondo elemento tematico in un inciso appassionato su cui si innestano materiali tratti dalla sezione iniziale, con effetto tanto più possente in quanto inatteso. Pure la regolare ripresa della prima parte acquista nuova valenza e la coda risulta insieme travolgente e bilanciata. Lo Scherzo segue dunque una disposizione A-B-C-A, che potrebbe essere letta anche come variante della tradizionale forma sonata, con la sezione C che sviluppa parzialmente il materiale esposto in A e B, e con A che riespone e conclude. Oppure come una moderna forma ad arco. O in altri modi ancora. Di sicuro è difficile vedervi una libera rapsodia improvvisata sullo slancio di un fuggente attimo creativo. E la piana disposizione formale contiene un Chopin romanticissimo, che ribolle di passione e che nelle prometeiche visioni beethoveniane trova le fondamenta del suo creare. Ecco allora che ci si esalta alla forza degli attriti e si riconosce nel velluto del canto solo un mezzo per amplificare la forza delle percussioni. Lo Scherzo n. 3 in do diesis minore è il più breve della serie ma ha un'architettura non meno varia e complessa dei lavori precedenti. Chopin rinuncia qui alla classica disposizione in tre (o quattro) sezioni distinte e inventa un’architettura assai compatta e innovativa, seppure ispirata alla classica forma sonata. Inizia sottovoce, con movimenti inquieti nel registro basso, forti squarci accordali nell’acuto. Per una ventina di battute si accumula la tensione che rende indimenticabile l’irruzione del motivo fatto di doppie ottave martellate in “fortissimo”. Definito il polo aggressivo del lavoro, Chopin subito e senza cesure gli affianca quello riflessivo, una specie di corale luterano fatto di brevi segmenti a domanda e risposta intercalati con un aereo disegno ornamentale discendente. Sono mezzi musicali poco usati da Chopin, ma forse proprio per questo l'effetto è tanto travolgente. Il naturale contrasto dialettico che nasce fra due poli tanto distanti viene quindi esaltato (o addolcito) da aeree figurazioni decorative fino a quando una temeraria valanga di note porta a uno dei finali più efficaci, e clamorosamente virtuosistici, dell’intera letteratura pianistica. Pensando ai tanti passaggi di bravura e soprattutto alla rischiosissime ottave, Chopin dedicò il lavoro all'allievo Adolf Gutman, dotato - si dice - di forza erculea. Lo Scherzo fu iniziato nel gennaio del 1839 durante lo sfortunato soggiorno a Majorca e terminato nell’estate dello stesso anno nella dimora estiva di Georges Sand a Nohant. Cambia ancora, radicalmente, la forma nel quarto e ultimo Scherzo, l’op. 54. Chopin sembra voler tornare all’antico, alla semplicità di una disposizione in tre parti, con un unico e ben riconoscibile trio centrale cantabile, incastonato fra due più veloci sezioni laterali. Solo che le sezioni laterali hanno una scrittura del tutto imprevista, con quel loro continuo cambiare di velocità e di spessore, con quel saliscendi a piramide di grandi blocchi accordali posti accanto a lunghe note tenute o a imprevedibili guizzi di velocissime crome. Mancano i grandi contrasti che abbiamo sentito negli scherzi precedenti. Addirittura mancano le melodie, sostituite da brevi incisi che appena emergono dal supporto accompagnante e più spesso ne sono assorbite. Prevale la ricerca timbrica, la sperimentazione armonica. Senza apparente sistematicità però, lasciandosi guidare dall’intuito e della fantasia. Così gettando le basi del futuro pianismo impressionista di Debussy e Ravel, non a caso grandi estimatori del quarto Scherzo. Il tutto serve magnificamente a preparare ed esaltare la gran melodia che regge la sezione centrale, costruita alla maniera di un grande notturno, ancora una volta di taglio vocale, operistico. Forse non è melodia originalissima, però è disposta tanto bene nel registro centrale del pianoforte da risultare indimenticabile. Riprende poi il flusso informale con cui tutto era iniziato, integrato da nuove idee che porta- no alla coda conclusiva, sempre brillante, però più leggera e meno concitata rispetto alle tre che la precedono. Inutile dire che il quarto Scherzo, scritto nel 1842, è un capolavoro assoluto dell’estrema maturità di Chopin, degno di stare accanto alle contemporanee quarta Ballata op. 52, Berceuse op. 57, terza Sonata op. 58, Barcarola op. 60, Polacca Fantasia op. 61. Così come i tre scherzi precedenti bene rappresentano altrettante tappe fondamentali nell’evoluzione dello stile chopiniano. Resta il problema del “genere” ovvero del “significato”, perché, giunti alla fine del ciclo, ci troviamo – imbarazzati – a chiederci cosa si nasconda davvero dietro il titolo di “Scherzo” che Chopin ha voluto dare a quattro lavori così diversi fra loro e così distanti dai modelli di chi quel genere musicale aveva inventato, cioè Beethoven. Non c’è risposta in termini puramente analitici. Possiamo solo azzardare ipotesi, sbandando verso il (sempre valido) luogo comune che legge la scelta chopiniana di un titolo “classico” come semplice modo di far rientrare nella terminologia corrente e di dare una patina di normalità a quattro creazioni artistiche che nascono nel futuro. Franz Liszt Sonata in si minore L’unica (e non poteva essere altrimenti) sonata per pianoforte di Liszt è una vera e propria enciclopedia del pianismo romantico. E come tale vi si può cercare e trovare di tutto. C’è, tanto per cominciare, un omaggio allo stile di Schumann, cui la sonata è dedicata. Per esempio nell'episodio “Andante sostenuto” in fa diesis maggiore che serve da momento lirico centrale; e anche nelle poche battute in “pianissimo, dolce con grazia” che bilanciano il “Grandioso” a piene mani e in “fortissimo” posto a chiusura della fase espositiva. Numerosi altri tributi a Schumann si colgono facilmente nel gran spartito e sono più spesso involontari in quanto patrimonio tecnico ormai consolidato. Allo stesso modo sono tributari del Beethoven dell’ultima maniera (e in particolare dalla Sonata op. 111 che Liszt suonava spesso) i due incisi che formano l’ossatura della composizione e che sono esposti come “Allegro energico” dopo l’insolito attacco con quel tema fatto di rintocchi gravi separati da pause e seguiti da un enigmatico motivo cromatico discendente (e pre-wagneriano). In fondo la dedica a Schumann fu forse solo un atto di cortesia, perché i due musicisti si stimavano ma non divennero mai amici. Anzi Clara Schumann detestava il “trombone” Liszt e di sicuro istigò in tal senso il marito che pure quattordici anni prima a lui aveva dedicato quel suo gran capolavoro che è la Fantasia op. 17. E chi vuole può scoprire numerose analogie formali fra Fantasia di Schumann e Sonata di Liszt. Entrambe sono costruite elaborando ed espandendo un materiale strutturale di base. Nel caso della Sonata però il gioco combinatorio è assai più ricco e articolato. Tanto da renderne l’analisi un’esercitazione intellettuale fra le più affascinanti e complesse dell'intera storia della musica. A prima vista, la Sonata potrebbe essere intesa (e non a torto) come un’enorme struttura tripartita A-B-A sostanzialmente libera da costrizioni formali. Osservando con più attenzione, si scopre però che molte regole della forma sonata sono rispettate. Poche battute di “Lento assai” introducono una specie di cellula germinale. Nell’ “Allegro energico” viene esposto il primo tema (“beethoveniano”) fatto di due incisi distinti e complementari. C'è una prima elaborazione. Un “ponte” virtuosistico porta a un nuovo tema (“Grandioso”), tutto lisztiano e magnificamente plateale. La nuova e più lunga sezione di collegamento porta a una cadenza dopo la quale, su un nuovo tema (“Andante sostenuto” in fa diesis maggiore) inizia lo sviluppo vero e proprio, coronato poi da un robusto fugato. Con la ripresa, tornano i temi nelle versioni originali (o poco modificate) e dopo un terrificante scoppio di virtuosismo esecutivo, la Sonata si conclude con una coda in tempo lento (“Andante sostenuto”) e con sonorità rarefatte, al limite del silenzio. Portando l'analisi ancora più a fondo, appare un terzo livello di organizzazione, coerente con una struttura di sonata in quattro movimenti. Si riconosce nella prima parte un “allegro di sonata” con ridotta sezione di sviluppo. L’ “Andante sostenuto” in fa diesis diventa movimento lento. Il fugato funge da “Scherzo” sul quale si innesta direttamente il Finale mentre l’ “Andante sostenuto” ribadisce la concezione ciclica dell’intera Sonata. In fondo anche la Wanderer-Fantasie di Schubert (1824), che Liszt amava moltissimo, ha questo tipo di struttura. La Sonata in si minore appare dunque come una geniale trasposizione musicale del principio delle scatole cinesi. Tanto geniale che capita talvolta di non voler andare oltre la prima scatola, quella più esterna, fatta di abbaglianti invenzioni timbriche e di appassionanti acrobazie virtuosistiche e che contiene il contributo musicale più importante e personale di Franz Liszt. Enzo Beacco YUNDI LI pianoforte Nato nel 1982 a Chongqing, nella Repubblica Popolare Cinese, Yundi Li ha dimostrato fin dai primi anni di vita una spiccata sensibilità musicale. All’età di quattro anni ha iniziato a suonare la fisarmonica, a cinque anni ha vinto la “Chongqing Children’s Accordion Competition” e a sette ha iniziato lo studio del pianoforte. Ha studiato con Dan Zhao Yi, uno tra i più rinomati insegnanti di pianoforte in Cina e nel 1994 è stato ammesso alla Sichuan Music Academy. Attualmente studia con Arie Vardi alla Musikhochschule di Hannover. Premiato in numerosi concorsi quali “Stravinskij International Youth Piano Competition” (1995) e “South Missouri International Youth Piano Competition” (1998) negli Stati Uniti, “Franz Liszt” a Utrecht e “China International Piano Competition” (1999), nell’ottobre del 2000 ha vinto, primo cinese a meritare il premio e più giovane vincitore nella storia del concorso, il primo premio e il premio speciale “Polonaise” al Concorso Internazionale “Fryderyk Chopin” di Varsavia la cui giuria non assegnava il primo premio da 15 anni. L’ agenda di Yundi Li è già molto intensa e prevede concerti con le più importanti orchestre negli Stati Uniti, in Europa e in Estremo Oriente oltre a recital per istituzioni musicali di primo piano (Philharmonie di Colonia, Tonhalle di Zurigo, Salle Gaveau a Parigi, Hong Kong, Shangai, Tokyo, Amsterdam, Madrid, Berlino, Amburgo) e festival quali Primavera di Praga, La Roque d’Anthéron, Rheingau e Verbier. Nel 2003 ha debuttato negli Stati Uniti con la Philadelphia Orchestra (Concerto n. 1 di Chopin) e in recital alla Carnegie Hall e al Festival di Salisburgo. Nel 2004 è stato protagonista di tournée in Giappone (San Francisco Symphony diretta da Stefan Sanderling) e in Germania (Orchestra Filarmonica di Mosca e Yuri Simonov), e di recital a Boston, San Francisco, New York e Washington. Nella stagione in corso eseguirà il Concerto di Grieg con Wolfgang Sawallisch e la Philadelphia Orchestra, il Concerto n. 1 di Chopin con la American Youth Symphony (Carnegie Hall) e si esibirà in recital alla Wigmore Hall di Londra e a New York (Alice Tully Hall). Nel 2002 ha pubblicato il suo primo disco dedicato a Chopin, seguito nel 2003 da una raccolta di brani di Liszt che comprende anche la Sonata in si minore, e nel settembre 2004 dalla registrazione degli Scherzi e Improvvisi di Chopin. È per la prima volta ospite della nostra Società. Prossimo concerto: martedì 1° marzo 2005, ore 20.30 Sala Verdi del Conservatorio Quartetto Alban Berg Mario Brunello violoncello Tornano, per il prossimo concerto, due fra i più graditi e assidui nostri ospiti negli ultimi decenni. Del Quartetto Alban Berg restano infatti indimenticabili le recenti interpretazioni del repertorio classico e di quello moderno e contemporaneo. Di Brunello è appena il caso di ricordare non solo la sua bravura di violoncellista, ma anche quella di direttore e animatore della “sua” orchestra d’archi. La grande novità sta nel fatto che, per la prima volta alla nostra Società, suoneranno insieme, impegnati in quel capolavoro degli ultimi mesi di vita Schubert che è il Quintetto con secondo violoncello, con le sue sublimi melodie e le divine dilatazioni formali. Prima ascolteremo il solo Alban Berg impegnato in due suoi cavalli di battaglia: il Quartettsatz che rappresenta il primo, seppur incompleto, frutto importante scritto da Schubert nel genere quartetto; la Suite lirica di Berg, cioè quella inarrivabile trasposizione nel linguaggio del Novecento dello spirito tutto del quartetto classico viennese, di Schubert e dei suoi illustri predecessori Beethoven, Mozart, Haydn… Programma (Discografia minima) F. Schubert Quartettsatz n. 12 in do minore D 703 (Quartetto A. Berg EMI 567 556 471-2) A. Berg Lyrische Suite (Quartetto A. Berg EMI 567 555 190-2) F. Schubert Quintetto in do maggiore op. 163 D 956 (H. Schiff, Quartetto A. Berg EMI 545 566 890-2) Società del Quartetto di Milano, via Durini 24 - 20122 Milano tel. 02.795.393 – fax 02.7601.4281 www.quartettomilano.it – e-mail: [email protected] “Giovane Europa in Musica”, biglietti omaggio per i Soci La Società del Quartetto e la Fondazione Giancarlo ed Etta Rusconi invitano i Soci ai concerti di “Giovane Europa in Musica”, il ciclo di concerti dedicato a giovani musicisti emergenti, ospite per questa stagione del Teatro Litta. I biglietti omaggio riservati possono essere ritirati, fino ad esaurimento, in sede da sei giorni prima di ogni concerto (ore 13.30 - 17.30). Il prossimo appuntamento è previsto per lunedì 21 febbraio, ore 20.30 con Jan Schulte-Bunert al sassofono e Stanislav Unland-Boianov al pianoforte, presentati in collaborazione con il Goethe-Institut Mailand. Triology: 12 aprile 2005 Segnaliamo ai Soci e agli Abbonati che, per esigenze degli artisti, il concerto del complesso Triology in origine previsto per il 19 aprile è stato anticipato a martedì 12 aprile 2005. Preghiamo sin d'ora di prenderne nota.