Un`inedita lettera relativa allo "Studium"

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Un`inedita lettera relativa allo "Studium"
ISTITUTO STORICO ITALIANO PER IL MEDIO EVO
NUOVI STUDI STORICI – 76
SCRITTI PER ISA
RACCOLTA DI STUDI OFFERTI
a
ISA LORI SANFILIPPO
a cura di
ANTONELLA MAZZON
ROMA
NELLA SEDE DELL’ISTITUTO
PALAZZO BORROMINI
2008
FULVIO DELLE DONNE
UN’INEDITA LETTERA RELATIVA ALLO STUDIUM DI NAPOLI
IN EPOCA SVEVA
Nel manoscritto 1482 della Bibliothèque Municipale di Troyes, un
codice pergamenaceo del XIV secolo che conserva lettere non ordinate
sistematicamente del cosiddetto epistolario di Pier della Vigna, nella prima
colonna della c. 34r è conservata una lettera – qui edita in appendice – che
può fornire qualche notizia ulteriore sulla storia dei primi anni di attività
dello Studium, ovvero Università di Napoli1.
Questa lettera, purtroppo, è priva della salutatio, dalla quale avremmo
potuto desumere informazioni utili a identificare mittenti e destinatario,
tuttavia dal suo contenuto e dal linguaggio usato possiamo provare a ricavare qualche indizio. Passiamo, quindi, ad analizzarla.
Nell’avvio, che potremmo considerare alla stregua di un’arenga, i mittenti, nel ringraziare Dio per il fatto che il destinatario gode di buona salute, si
esprimono in questo modo: «Omnipotenti Deo, per quem reges regnant et
principes optinent principatum, a quo solo munere defluunt bonitates...».
Tale espressione, caratterizzata da giochi di parole e da frequenti allitterazioni, richiama il passo biblico di Prov. 8, 15-16: «Per me reges regnant et legum
conditores iusta decernunt; per me principes imperant et potentes decernunt iustitiam»; ma anche uno stilema usato piuttosto spesso nelle cancellerie dell’Italia centro-meridionale del XII e XIII secolo. Esso, infatti, si trova
già nel proemio delle Assise di Ariano e in qualche altro documento di epoca
normanna2, ma anche in alcune lettere dell’epistolario di Tommaso di Capua
1 Per una descrizione dettagliata del manoscritto cfr. soprattutto H.M. Schaller,
Handschriftenverzeichnis zur Briefsammlung des Petrus de Vinea, in M.G.H., Hilfsmittel, 18,
Hannover 2002, pp. 225-230, da cui è possibile ricavare ulteriore bibliografia: la lettera che
stiamo esaminando è registrata al n. 150.
2 Cfr. G.M. Monti, Il testo e la storia esterna delle Assise Normanne, in Studi in onore
di C. Calisse, I, Milano 1940, pp. 293-348: 309; nonché Le Assise di Ariano, testo critico,
traduzione e note a cura di O. Zecchino, Cava dei Tirreni 1984, p. 22. Lo stilema è usato
anche in un documento del 1148 riportato da R. Pirro, Sicilia Sacra, Palermo 1733, p. 1109.
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e di Pier della Vigna3, tanto che l’identica espressione «per quem reges
regnant et principes optinent principatum» si trova in un editto di Federico
II databile tra la fine del 1231 e i primi mesi del 12324. Naturalmente, tale
concezione della derivazione del potere sembra risultare adatta a un sovrano, ed è per questo che la lettera, scritta da persone legate allo Studium di
Napoli, si rivolge al suo destinatario parlando della sua «personalis... maiestas, mundo et rebus valde necessaria», facendo ricorso a un altro concetto
della regalità che si incontra spesso nella produzione della cancelleria sveva5.
Dunque, il destinatario della lettera, grazie alla virtù ricevuta dall’alto e alla
pienezza della sua sapienza, è magnificato più di tutti i principi della terra.
Egli pone «aspera in vias planas» e adequat «tam diversa quam adversa regulariter», come si dice con un’altra formula ripresa dall’elogio in onore di
Federico II scritto da Pier della Vigna probabilmente prima del 1239, in cui
si affermava che nell’imperatore l’«insita forma boni, tanquam livore carens,
elementa ligat et elementata coniungit, ut conveniant flammis frigora, iungantur arida liquidis, planis associentur aspera et directis invia maritentur»6.
3
Cfr. le arenghe delle lettere 3 e 4 del terzo libro dell’epistolario di Tommaso di Capua
e l’arenga della lettera 1 del V libro dell’epistolario di Pier della Vigna, su cui si veda E. Heller,
Zur Frage des kurialen Stileinflusses in der sizilischen Kanzlei Friedrichs II., «Deutsches Archiv
für Erforschung des Mittelalters», 19 (1963), pp. 434-450, contenente alcune aggiunte di
H.M. Schaller. Si precisa che, quando si parla, qui, dell’epistolario di Pier della Vigna, si fa
riferimento alla versione riprodotta a stampa, e in particolare, per comodità di lettura, all’edizione approntata da J.R. Iselius (Iselin), Basilea 1740 (ristampa anastatica Hildesheim 1991).
4 Constitutiones et acta publica imperatorum et regum, II, a cura di L. Weiland, in M.G.H.,
Legum sectio IV, p. 192, n. 156; cfr. Die Regesten des Kaiserreichs unter Philipp, Otto IV.,
Friedrich II., Heinrich (VII.), Conrad IV., Heinrich Raspe, Wilhelm und Richard 1198-1272,
(Reg. Imp. V, 1-3), a cura di J.F. Böhmer - J. Ficker - E. Winkelmann, Innsbruck 1881-1901,
(ristampa anastatica Hildesheim 1971), n. 1917, e i Nachträge und Ergänzungen, (Reg. Imp. V,
4), a cura di P. Zinsmaier, Köln-Wien 1983, n. 1917. Sull’uso di simili arenghe nella cancelleria di Federico II cfr. anche G. Ladner, Formularbehelfe in der Kanzlei Kaiser Friedrichs II.
und die ‘Briefe des Petrus de Vinea’, «Mitteilungen des Inst. für Österr. Geschichtsförschung»,
12 (1933), pp. 92-198: 131-132.
5 Cfr., ad es., il proemio delle Costituzioni Melfitane di Federico II: Die Konstitutionen
Friedrichs II. für das Königreich Sizilien, a cura di W. Stürner, in M.G.H., Const. II Suppl.,
München 1996, p. 147. Per una precisa contestualizzazione ideologica del proemio delle
Costituzioni cfr. W. Stürner, Rerum necessitas und Divina Provisio. Zur Interpretation des
Prooemiums der Konstitutionen von Melfi (1231), «Deutsches Archiv für Erforschung des
Mittelalters», 39 (1983), pp. 467-554.
6 L’elogio di Federico II è riportato al cap. 44 del III libro dell’epistolario di Pier della
Vigna. Sulla contestualizzazione culturale di questo testo, che in questo punto si richiama
a Boezio (Cons., metr. III 9, 6 e 10-11), e sulla sua datazione cfr. F. Delle Donne, Il potere
e la sua legittimazione: letteratura encomiastica in onore di Federico II di Svevia, Arce 2005,
pp. 59-97, dove si fornisce l’edizione del testo dell’elogio che qui viene seguito.
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Grazie alle virtù del destinatario della lettera, poi, «temporibus nostris
malicie destructis fomentis, celestis iustitie regula gaudeant universa», si
dice usando un altro passo dell’elogio di Federico II scritto da Pier della
Vigna, in cui si affermava che «sub eius namque temporibus destruuntur
fomenta malitie». E, proseguendo, ci si rivolge al destinatario in questo
modo: «Talem namque decebat orbem habere principem, qui de virtute
iustificaret in benignitate, de sapientia gubernaret, foveret subditas hominum nationes»; dove ancora una volta risulta evidente il richiamo all’elogio di Federico II scritto da Pier della Vigna: «Talem namque totus orbis
vocabat in dominum; talem requirebat iustitia defensorem, qui in potentia
strenuus, in strenuitate preclarus, in claritate benignus, in benignitate
sapiens, in sapientia providus, in providentia foret humanus»7.
Dopo questa sorta di arenga, in cui viene esaltata la figura del destinatario dell’epistola, i mittenti affermano che il loro numero è stato accresciuto, passando, poi, a descrivere la felice situazione dello Studium di
Napoli – che diventa sempre più rigoglioso – in questo modo: «propaginationis scolastice vinea, quam imperialis manus plantavit, crevit in altum et
folia dilatavit». Anche quest’espressione offre un richiamo a una lettera
prodotta sempre in ambito svevo, ovvero a un altro elogio – quello di Pier
della Vigna scritto da Nicola da Rocca tra il 1245 e il 1249 – in cui il protonotaro e logoteta imperiale viene esaltato in questo modo: «Hec fuit itaque
vinea, quam philosophie manus multo sudore plantavit et coluit»8; tuttavia
l’espressione «vinea quam plantavit» riferita direttamente all’imperatore si
legge anche in una lettera, presumibilmente del 1234, in cui Federico II
viene invitato a rispondere a una profezia bolognese relativa alla dissoluzione dello Studium di Napoli9; e l’immagine del maestro che coltiva gli
allievi come fossero una vigna si trova anche in una lettera scherzosa di
Terrisio di Atina, con cui questi chiede agli studenti di offrirgli doni10.
7 Forse nella parte finale della frase («subditas hominum nationes») si può intravedere la citazione del Missale Romanum, Orationes solemnes in Passione Domini; ma simile
espressione ricorre piuttosto spesso in lettere di ambito svevo: cfr. Una silloge epistolare del
XIII secolo. I dictamina provenienti dall’Italia Meridionale del ms. Paris, BNF, Lat. 8567, a
cura di F. Delle Donne, Firenze 2007, lettere nn. 60, 88 e 188.
8 La lettera è la n. 45 del III libro dell’epistolario di Pier della Vigna, ma il testo seguito è quello pubblicato in Nicola da Rocca, Epistolae, a cura di F. Delle Donne, Firenze
2003, n. 15, p. 33.
9 Cfr. K. Hampe, Zur Gründungsgeschichte der Universität Neapel, «Sitzungsberichte
der Heidelberger Akademie der Wissenschaften. Phil.hist. Kl.», 10 (1923), pp. 1-15: 14.
10 Cfr. G. Paolucci, Documenti inediti del tempo svevo, in appendice a Il parlamento di
Foggia del 1240 e le pretese elezioni di quel tempo nel Regno di Sicilia, «Atti dell’Accademia
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Nella lettera segue, poi, un elenco delle discipline – tutte caratterizzate da
qualche attributo significativo finalizzato a dimostrarne l’utilità – che vengono insegnate presso lo Studium di Napoli: la grammatica, la logica, la fisica, la
retorica, la metrica, la geometria, l’astronomia, il diritto, la teologia11. Un elenco che può essere utile a risolvere una questione piuttosto dibattuta: ovvero
se presso lo Studium di Napoli vennero insegnate la medicina, in concorrenza con Salerno, e la teologia. Per quanto riguarda quest’ultima disciplina, il
testo sembra offrire una risposta piuttosto perentoria, almeno per il periodo
in cui la lettera fu scritta12; per quanto riguarda la medicina13, invece, si dice
che «medicinas aperit fisica», espressione da cui, forse, si può desumere che
venivano insegnate discipline propedeutiche allo studio della medicina.
Insomma, lo Studium di Napoli «viget ad plenum»14. Manca una sola
cosa: la presenza di colui a cui si scrive. Per cui lo si invita a tornare nel
Regno e a prendersi cura di maestri e alunni. E si conclude con l’augurio
che, «inter pacem et iustitiam, quas propagastis»15, la sua sapienza possa
ottenere un posto centrale.
di scienze, lettere e belle arti di Palermo», ser. III, 4 (1897), pp. 1-47: 45, doc. XV.
11 Potrebbe essere possibile che nell’elenco fosse compresa anche la metafisica. Infatti,
nella lettera, dopo «theologia aperit celum» segue una parola abbreviata di difficile interpretazione («mtedeni» con una c un po’ obliqua posta sulla m) che si è sciolta come «mentem denique», ma potrebbe anche essere sciolta come «metaphisica denique», pensando
alla trascrizione sbagliata di un’abbreviazione che il copista non aveva capito.
12 Sulla questione relativa all’insegnamento della teologia presso lo Studium di Napoli,
che forse venne sospeso solo per breve tempo dopo il 1240, cfr. soprattutto G.M. Monti,
Per la storia dell’università di Napoli. Ricerche e documenti, Napoli - Genova - Firenze Città di Castello 1924, p. 78; G. Arnaldi, Fondazione e rifondazioni dello studio di Napoli in
età sveva, in La fondazione fridericiana dell’Università di Napoli, Napoli 1988, p. 38 (il saggio è stato pubblicato per la prima volta in Università e società nei secoli XII-XVI, Pistoia
1982, pp. 81-105, e poi in Il Pragmatismo degli intellettuali. Origini e primi sviluppi dell’istituzione universitaria, a cura di R. Greci, Torino 1996, pp. 109-123); G. Cremascoli, La facoltà di teologia, in Luoghi e metodi di insegnamento nell’Italia medievale (secoli XII-XIV), Atti
del convegno di studi (Lecce-Otranto, 6-8 ottobre 1986), a cura di L. Gargan - O. Limone,
Galatina 1989, pp. 179-200: 181; e da ultimo, F. Violante, Federico II e la fondazione dello
‘Studium’ napoletano, «Quaderni Medievali», 54 (dic. 2002), pp. 16-85: 29-33.
13 Sulla questione relativa all’insegnamento della medicina presso lo Studium di Napoli
cfr. soprattutto A. De Stefano, La cultura alla corte di Federico II imperatore, Palermo 1938,
p. 298, e, da ultimo, Violante, Federico II cit., p. 33.
14 Il verbo vigere usato a proposito dello Studium di Napoli si trova anche in una lettera, probabilmente del 1226, in cui Federico II vieta a tutti i sudditi dell’impero e del regno
di recarsi a Bologna per studiare o per insegnare e ricorda, al contempo, le vantaggiose condizioni di vita garantite per chi frequenta lo Studium di Napoli. Cfr. A. Gaudenzi, La costituzione che interdice lo studio Bolognese, «Archivio Storico italiano», ser. V, 42 (1908), pp.
352-363: 357.
15 Il riferimento alla pax e alla iustitia come reciprocamente imprescindibili si trova nel
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Purtroppo, da questa lettera, di cui abbiamo appena esaminato il contenuto, non possiamo ricavare molti dati certi. Infatti, come abbiamo già
detto, mancano le formule di saluto, da cui avremmo potuto ricavare i
nomi dei mittenti e del destinatario. Tuttavia, in base all’esame delle
espressioni usate, si potrebbe giungere alla conclusione che la lettera sia
stata inviata all’imperatore Federico II. Infatti, in essa si fa riferimento alla
vigna scolastica piantata dalla imperialis manus, e, poco dopo, quando si
parla di Napoli, la si definisce civitas Cesaris: attributi, questi, che mal si
adatterebbero a qualcuno che fosse soltanto re e non anche imperatore,
come i figli di Federico II, Corrado IV o Manfredi. Certo, potrebbe essere possibile anche che il manoscritto di Troyes – in cui la lettera è conservata all’interno di una raccolta di dictamina destinata a maestri o a studenti di retorica – presenti una versione ritoccata di quella lettera, trasformando i riferimenti alla dignità regale di Corrado IV o di Manfredi in riferimenti alla dignità imperiale, più adatti a loro padre Federico II. Una simile situazione si riscontra, infatti, in una lettera inviata, probabilmente nel
1263, da Manfredi all’università di Parigi, che, nella redazione tràdita dall’epistolario di Pier della Vigna, risulta inviata da Federico II e i riferimenti alla dignità regia vengono trasformati, appunto, in riferimenti alla dignità imperiale16. Ma la lettera che stiamo esaminando è conservata solo nel
manoscritto di Troyes, e non è riportata anche da una delle redazioni sistematicamente organizzate dell’epistolario di Pier della Vigna17: per cui non
sarebbe ravvisabile la necessità di modificare il testo per renderlo congruente con un arco cronologico delimitabile entro gli anni di impero di
Federico II. Dunque, va considerata come accettabile l’ipotesi che il destinatario sia l’imperatore Federico II.
proemio delle Costituzioni Melfitane di Federico II: cfr. Die Konstitutionen Friedrichs II.
cit., p. 147. L’espressione, tuttavia, lì è probabilmente derivata da Psal., 84, 11, «iustitia et
pax osculatae sunt», che viene ripreso dal Normanno Alexander Telesinus, Ystoria Rogerii
regis Sicilie Calabrie atque Apulie, a cura di L. De Nava, con commento di D. Clementi,
IV/4, Roma 1991, p. 83.
16 La lettera è tràdita come inviata da Federico II dal cap. 67 del III libro dell’epistolario di Pier della Vigna. Essa, tuttavia, è trasmessa, come inviata da Manfredi, anche dal
ms. Lat. 8567 della Bibliothèque Nationale di Parigi, un codice che riporta una redazione
estravagante e spesso affidabile di molte lettere che costituiscono il cosiddetto epistolario
di Pier della Vigna. Sulla questione cfr. R.A. Gauthier, Notes sur les débuts (1225-1240) du
premier “averroïsme”, «Revue des Sciences Philosophiques et théologiques», 66 (1982), pp.
323-330; e F. Delle Donne, Un’inedita epistola sulla morte di Guglielmo de Luna, maestro
presso lo ‘Studium’ di Napoli e le traduzioni prodotte alla corte di Manfredi di Svevia,
«Recherches de théologie et philosophie médiévales», 74 (2007), pp. 225-245.
17 Sui problemi relativi alla redazione di questo epistolario cfr. soprattutto H.M.
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Per quanto riguarda la datazione, neppure possiamo giungere a conclusioni certe. Tuttavia, è possibile, anzi doveroso, avanzare qualche ipotesi. Innanzitutto, abbiamo visto che l’epistola cita in maniera precisa alcuni
passi dell’encomio scritto da Pier della Vigna in onore di Federico II, che,
come abbiamo detto, è databile poco anteriormente al 1239. Già questo riferimento può essere utile a fornire indicazioni utili. Ma la lettera, forse, ci
fornisce anche qualche ulteriore indizio. Infatti, essa accenna al fatto che il
numero di coloro che scrivono (plausibilmente i maestri o gli studenti
dello Studium) è aumentato, così che la vigna scolastica è cresciuta: per
questo essi gioiscono. Ciò potrebbe far pensare a una concessione recente
dell’imperatore, tanto più che i mittenti si dicono «nova gens vestri operis». Perciò, può essere lecito pensare che la lettera sia stata scritta in occasione della costituzione, o meglio di una riforma o di una riapertura dello
Studium di Napoli, che, fondato da Federico II nel 1224, venne chiuso più
volte, e più volte riformato: nel 1234, nel 1239, nel 1254 e nel 125818. E,
continuando su questa strada, va tenuto conto anche del fatto che, stando
a quello che si ricava dalla lettera, il destinatario si trovava lontano dal
Regno, perché viene espressa la speranza che egli «ad emisperium dulcis
Apulie brevi circuitu revolvatur»19.
Proviamo a mettere assieme tutti i dati che abbiamo ricavato. Abbiamo
detto, innanzitutto, che nella lettera ci sono citazioni tratte dall’elogio di
Federico II, scritto da Pier della Vigna poco prima del 1239. Già questo ci
Schaller, Zur Entstehung der sogenannten Briefsammlung des Petrus de Vinea, in H.M.
Schaller, Stauferzeit. Ausgewählte Aufsätze, in M.G.H., Schriften, 38, Hannover 1993, pp.
225-270 (pubblicato originariamente in «Deutsches Archiv für Erforschung des
Mittelalters», 12 (1956), pp. 114-159); H.M. Schaller, L’epistolario di Pier della Vigna, in
Politica e cultura nell’Italia di Federico II, a cura di S. Gensini, Pisa 1986, pp. 95-111
(ristampato in tedesco in Schaller, Stauferzeit cit., pp. 463-478).
18 Cfr. soprattutto F. Torraca, Le origini - L’età sveva, in Storia dell’Università di Napoli,
Napoli 1924, pp. 7-13; Arnaldi, Fondazione e rifondazioni cit., p. 27; G. Arnaldi, Studio di
Napoli, in Federico II. Enciclopedia fridericiana, II, Roma 2005, pp. 803-808; L. Capo, Federico
II e lo Studium di Napoli, in Studi sul Medioevo per Girolamo Arnaldi, a cura di G. Barone L. Capo - S. Gasparri, Roma 2001, pp. 25-54: 42; e Violante, Federico II cit., pp. 77 ss.
19 Questo augurio, dal tono alquanto confidenziale, mi aveva fatto pensare, in un
primo momento, che la lettera, in qualche modo, potesse essere interpretata come inviata a
un altro maestro, e che essa, con l’uso di espressioni parossisticamente elogiative, fosse
impostata in maniera tale da parodiare il linguaggio cancelleresco, per sortire un effetto
umoristico. A questo proposito, mi era venuta in mente una lettera – in cui pure sarebbe
possibile riconoscere un velato registro umoristico – inviata dai notai della riformata cancelleria di Corrado IV di Svevia a Nicola da Rocca, perché torni a lavorare nuovamente con
loro: cfr. Nicola da Rocca, Epistolae cit., n. 24, p. 44. Tuttavia, nella lettera che stiamo analizzando, i riferimenti alla dignità imperiale appaiono troppo precisi e circostanziati.
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spinge a scartare le ipotesi che la lettera sia da mettere in connessione con
la fondazione dello Studium, avvenuta nel 1224, o con la sua riapertura del
1234: tanto più che in quelle occasioni Federico II si trovava nel Regno, e
non lontano da esso20. Anche le rifondazioni del 1254 e del 1258 possono
essere scartate, perché sono opera di Corrado IV e di Manfredi, e abbiamo visto che la lettera che stiamo esaminando non sembra possa riferirsi a
loro, perché non portarono il titolo imperiale.
Dunque, scartate le altre ipotesi, resta in piedi solo quella che la lettera sia stata scritta in occasione della rifondazione dello Studium di Napoli
del novembre 1239, quando Federico II si trovava effettivamente lontano
dal Regno, e precisamente a Lodi21. È questa, infatti, l’unica data possibile che sia coerente anche con le puntuali citazioni tratte dall’elogio di Pier
della Vigna in onore di Federico II, scritto, appunto, poco prima di quell’anno.
Del resto, il tono della lettera sembra ben conciliarsi con questa conclusione, in quanto nel 1239 non ci fu una vera e propria rifondazione, ma
una sorta di riforma o ristrutturazione, peraltro richiesta dai docenti e
dagli scolari di Napoli. Infatti, nella lettera di riforma del 14 novembre
1239, indirizzata ai maestri e agli scolari di Napoli, si legge: «Cumque nuper nos in Italia circa depopulationes nostrorum rebellium magnifice
moraremur, in castris nuncios vestros magistrum G. de Antiochia et T. de
Cremona fideles nostros ad nostram presentiam destinatos benigne recepimus et peticiones vestras in sinu clementie nostre clementer admisimus et
inter tot occupationum genera, quibus nostra munificencia trahebatur, non
inspecta presentis temporis qualitate, set tamquam studii et virtutum quarumlibet zelatores ad ordinacionem et cultum Neapolitani studii direximus
aciem mentis nostre»22. E, accogliendo la richiesta che gli era pervenuta da
Napoli, Federico II dispone la libera ammissione allo Studium di tutti i
sudditi del Regno, nonché – ecco la novità – di tutti coloro che provenivano dagli altri territori (compresi quelli ultramontani), con l’eccezione dei
cittadini delle città ribelli e dei sudditi del papa. Così che, conclude l’im20
Cfr. Die Regesten des Kaiserreichs cit., e i Nachträge und Ergänzungen cit., nn. 1537
e 2044. Sulle due lettere del 1224 e del 1234 cfr. anche F. Delle Donne, La fondazione dello
Studium di Napoli: note sulle circolari del 1224 e del 1234, «Atti dell’Accademia Pontaniana», n. ser., 42 (1993), pp. 179-197.
21 Le lettere relative alla riforma dello Studium del 1239, datate al 14 novembre, sono
state edite, da ultimo, in Il registro della cancelleria di Federico II del 1239-40, a cura di C.
Carbonetti Vendittelli, (Fonti dell’Italia Medievale, Antiquitates 19), I, Roma 2002, nn.
156-159, pp. 145-151.
22 Ibid., n. 156, p. 146.
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peratore, «et vobis cedat ad commodum et profectum voti, quod geritis, et
nos tam de fide vestra erga nostram excellentiam, quam etiam de processu
ac incremento studii per effectum operis et exhibitionem devotionis et
fidei merito gaudeamus»23.
A questo punto, possiamo concludere che la lettera contenuta nel
manoscritto di Troyes sia databile, innanzitutto, entro la metà del marzo
1240, quando Federico II rientrò nel Regno24; e, inoltre, che essa sia stata
scritta da maestri e scolari – magari proprio il maestro G. de Antiochia e T.
de Cremona (forse uno scolaro) inviati come messi dello Studium all’imperatore nel novembre del 1239 – per esprimere la propria gratitudine all’imperatore e dimostrare, al contempo, che la ristrutturazione dello Studium
aveva sortito effetti positivi. In questo modo, del resto, acquistano più preciso significato i riferimenti fatti dai mittenti all’incremento del loro numero e alla dilatazione delle foglie della vigna piantata dalla mano imperiale.
Cosa, questa, che era stata resa possibile dal permesso di frequentare lo
Studium, esteso anche agli stranieri e non più limitato solo a coloro che
erano sudditi del Regno; e, magari, dall’incremento del corpo docente.
Incremento, che riguardò certamente il diritto, perché, in quell’occasione,
sappiamo che venne chiamato a insegnarlo Bartolomeo Pignatello di
Brindisi25, ma che, forse, riguardò anche altre materie, come la filosofia, dal
momento che, nella lettera che abbiamo esaminato, tale disciplina viene
messa particolarmente in rilievo, sia quando, prima di fare l’elenco delle
materie insegnate presso lo Studium, si dice specificamente che a Napoli
«sonant iugiter philosophorum organa»; sia quando, più oltre, si dice che
«in omni parte philosophie Neapolis perfectioni reperitur»26.
23
24
25
Ibid., n. 156, p. 147.
Cfr. Die Regesten des Kaiserreichs cit., n. 2925a.
Così risulta attestato da un altro mandato di Federico II, sempre del 14 novembre
1239: cfr. Il registro della cancelleria cit., n. 159, p. 151.
26 Non possiamo offrire conferme documentarie riguardo a questa ipotesi. Del resto,
non conosciamo neanche con precisione quali furono i maestri che insegnarono quella
materia. Secondo un elenco stilato da E. Kantorowicz, Federico II imperatore, Milano 1976
(ed. or. Berlin 1927-1930), pp. 714-717, maestri di filosofia e scienze affini, come logica e
teologia, furono Pietro di Ibernia, Arnaldo Catalano, Erasmo di Montecassino, maestro
Martino. A questi nomi, va aggiunto, poi, almeno quello di Guglielmo de Luna: cfr. Delle
Donne, Un’inedita epistola sulla morte di Guglielmo de Luna cit.
UN’INEDITA LETTERA
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Appendice
Alcuni maestri o studenti comunicano, forse a Federico II, che lo Studium di
Napoli è divenuto florido e rigoglioso. Probabilmente la lettera è da datare tra la
fine del 1239 e l’inizio del 1240.
Cod.: Troyes, Bibliothèque Municipale, 1482, c. 34r (a), (siglato T)
Omnipotenti Deo, per quem reges regnant et principes optinent principatum,
a quo solo munere defluunt bonitates, universi et singuli pronis vultibus toto
corde gratias agimus, quod personalis vestra maiestas, mundo et rebus valde
necessaria, potitur desiderabili sospitate, quod succedentibus prosperis felicia
vobis(a) tempora diriguntur, qui per virtutem quam accepistis ex alto et sapientie
plenitudinem qua pre cuntis terre principibus magnificamini, benignitatis cooperante gratia, ponentes aspera in vias planas, et tam diversa quam adversa regulariter adequatis, ut temporibus nostris malicie destructis fomentis, celestis iustitie
regula gaudeant universa. Talem namque(b) decebat orbem habere principem, qui
de virtute iustificaret, in benignitate de sapientia gubernaret, foveret subditas
hominum nationes.
Verum quod nos, vestre acquisitionis populus, ut nova gens vestri operis, vero
non infima felicitati connectimur, letari debet augeri, quod suorum numerus est
adauctus, et quod propaginationis scolastice vinea, quam imperialis manus plantavit, crevit in altum et folia dilatavit, quod Neapoli celebre studium viget ad plenum in omnibus, ita quod nunc dici potest in civitate Cesaris(c) sonant iugiter philosophorum organa. Nam ibi gramatica sufficienter sua rudimenta premittit,
logica silogismos discutit, medicinas aperit fisica, emittit dulces suadelas rethorica,
colligit ars metrica numeros, distinguit spatia geometria, celestes format musica
sonos, astrorum astronomia cursus edocet, lites leges dirimunt, dubia decreta
decernunt, theologia aperit celum, mentem denique(d) tollit in altum, et, ut breviter concludamus, in omni parte philosophie Neapolis perfectioni reperitur.
Unum tamen et solum defectum patitur, quod vestri solum ad tempus caremus presentia, ut ad emisperium(e) dulcis Apulie brevi circuitu revolvatur.
Ceterum cum sub umbra respiremus protectionis imperatorie maiestatis et status
noster existat incolumis, magistros et scolares habere dignemini(f) comendatos
operi vestre de solita clementia, favorabilem gratiam impendentes, ut in diebus
illis, quos Ille multiplicet, qui diem fecit et noctem, tanti boni novitas nulli moritura per Eum sub tali et tanto augusto feliciter augeatur, et inter pacem et iustitiam, quas propagastis vestris, sapientia medium locum teneat, sine qua nichil perfectum est, nichil rationabiliter(g) gubernatur.
(a) vobis] nobis T: emend.@@@(b) namque] naque T: emend.@@@(c) Cesaris] cosaris T: emend.
(d) mentem denique] mtedeni con una c un po’ obliqua posta sulla m scrive T: si è pensato che sia la trascrizione sbagliata di un’abbreviazione che il copista non aveva capito@@@(e) emisperium] emusperium
T: emend.@@@(f) dignemini] nel ms. è scritto dig’: si è pensato di sciogliere così, anche se l’abbreviazione sembra quella usata per dignus@@@(g) rationabiliter] irrationabiliter T: emend.