Dacia Maraini scava nell`animo delle donne

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Dacia Maraini scava nell`animo delle donne
Cultura
Corriere di Como Mercoledì 29 Agosto 2012
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Manifestazioni L’Ordine degli Architetti invita a riscoprire i monumenti dell’architettura degli anni Trenta con un originale percorso
I
monumenti del Razionalismo disegnano da
oggi una città dentro
la città. Como prende
coscienza della propria
storia grazie a un’iniziativa che vede come capofila
l’Ordine degli Architetti:
tracciare un percorso culturale che leghi le testimonianze dell’architettura
che negli anni ’30 a Como ha
avuto un’occasione di sviluppo sicuramente più importante che altrove. Da
domani e fino al 9 settembre, verrà proposto un particolare itinerario urbano,
intitolato Le tracce del futuro. Il cuore razionalista di
Como.
L’itinerario si snoderà
lungo un percorso a un
tempo fisico e ideale, e inviterà a una riflessione
progettuale il cui elemento catalizzatore è il patrimonio razionalista del
’900. Questa rete di luoghi che comprende la Casa del
Fascio (o meglio l’Isola del
Razionalismo, ossia Casa
del Fascio ed ex Uli), il lungolago, i giardini, lo stadio, la proto-città razionalista, la passeggiata
Gelpi, Villa Olmo, sino ad
aprirsi ed essere alimentata dall’idea anticipatrice del “chilometro della
conoscenza” - costituisce
una straordinaria sedimentazione della storia.
Lungo questo percorso, gli
edifici prescelti sono segnalati già da qualche
giorno da lettere di grande
formato, che tutte insieme compongono la scritta
«Razionalismo».
Ieri con l’idrovolante
dell’Aero Club Como di
viale Puecher abbiamo
sorvolato la città evidenziando ogni lettera. Tutte
insieme, creano una sorta
di “caccia al tesoro” per riscoprire la storia urbana
di Como. L’iniziativa è accompagnata da numerosi
eventi:
all’Hangar
dell’Aero Club, è possibile
assistere alla proiezione
di documentari, filmati
d’epoca e alla presentazione, in anteprima, di una
parte del progetto multimediale dedicato all’opera di Antonio Sant’Elia,
ideato e donato dal Rotary
Como alla città.
A Como batte un cuore razionalista
La Casa del Fascio di Giuseppe
Terragni, del 1932-1936
Il Monumento ai Caduti di
Terragni è del 1931-1933
L’Aero Club Como di Carlo Ponci
e Giuseppe Terragni è del 1931-34
»
Dopo essersi guardata
dentro e avere ripercorso
la sua vita nel toccante libro autobiografico La
grande festa, Dacia Maraini volge lo sguardo al “fuori” e con la raccolta di racconti L’amore rubato (Rizzoli, 15 euro), da oggi in libreria, scava nell’animo
delle donne che subiscono
violenza offrendo otto dolorose emblematiche storie.
Nel volume - che l’autrice presenterà a Villa Olmo
domenica 2 settembre alle
21 per la rassegna “Parolario” - troviamo donne che
per amore continuano a
cadere dalle scale, bambine adorate dai genitori che
un giorno scompaiono, ragazze che scelgono con sofferta consapevolezza di
non far nascere il frutto di
uno stupro.
Vite accomunate dalla
relazione con uomini che
confondono l’amore con il
possesso, storie che in
molti casi richiamano fatti realmente accaduti ma
che, una volta spente le luci della cronaca, vengono
In piazza Duomo nel 1930
Terragni firmò il negozio “Vitrum”
Il Novocomum di Terragni è del
1927 e fu la sua prima opera
La passeggiata Gelpi porta alla
riva delle ville più prestigiose
L’Hotel Metropole conserva uno
dei primi lavori di Terragni
I giardini a lago sono il cuore
della cittadella razionalista
La Canottieri Lario di Giovanni
Mantero è del 1930-1931
Lo Stadio Sinigaglia di Giovanni
Greppi è del 1927
Villa Olmo è al centro del
“chilometro della conoscenza”
Villa del Grumello è l’apice del
nuovo percorso culturale
La narratrice ospite a Como domenica alle 21
Dacia Maraini scava nell’animo delle donne oppresse
d
La vocazione
La scrittura non può
cambiare il mondo
ma è fondamentale
perché permette
di prendere coscienza
dimenticate o rimosse.
Qualcuna delle protagoniste arriva a recuperare dignità, ma spesso è la violenza a prevalere.
Proseguendo nell’indagine sul femminile di Donna in guerra e Buio, Dacia
Maraini scrive di un mondo «visto con gli occhi delle donne ma che alle donne
sembra non appartenere»,
un mondo «diviso fra coloro che vedono nell’altro
una persona da rispettare
e coloro che, con antica testardaggine, considerano
l’altro un oggetto da possedere e schiavizzare».
Maraini, dai racconti di
“Buio” a quelli de “L’amore
rubato” sono passati tredici
anni ma le cose per le donne
sono peggiorate.
«Sì, purtroppo. Tengo a
ribadire che non è una guerra di generi ma una contrapposizione culturale.
Da un lato gli uomini
che storicamente,
non
biologicamente s’intende,
vogliono mantenere privilegi e
potere («Il potere è un istinto
primordiale»,
scrive la Maraini
ne La grande festa
riportando le parole dell’amica filosofa Josepha,
ndr), dall’altro il
mondo femminile che vive un
periodo
di
grandi cambiamenti».
I dati sul cosiddetto “femminicidio” in Italia sono
sempre più allarmanti. Lei
viaggia molto e conosce il
mondo: pensa che il nostro
sia un caso eccezionale?
«No, è così dappertutto.
È un fenomeno che riguarda tutto il mondo, anche i Paesi più democratici e civilizzati dove la
donna è libera
e lavora quanto l’uomo e,
forse proprio per quello,
subisce più violenza.
Spesso l’uomo vive la libertà della donna come un
attentato alla virilità: a
volte, vuole semplicemente sbarazzarsi di un problema. Penso alla povera
Melania Rea del cui omicidio è accusato il marito
Salvatore Parolisi, il quale semplicemente, stando
all’indagine, voleva levarsela di torno. Spesso, invece, gli uomini che uccidono le donne poi si uccidono
a loro volta portando con
sé i figli. Pare che perdano
completamente la loro
identità».
Quali sono i ruoli della
scrittura e della letteratura
in tutto ciò?
«La scrittura non può
cambiare il mondo ma è
fondamentale perché permette di prendere coscienza di certe tragiche situazioni e del fatto che le cose si possono cambiare».
A quale dei personaggi de
“L’amore rubato” è più affezionata?
«Penso subito a Venezia,
la piccola che viene dirottata dal padre verso il
mondo della moda e delle
passerelle a soli sei anni.
L’amore che diventa possesso assoluto, pretesa di
plasmare totalmente la figlia adorata sulle proprie
aspettative».
Iaia Caputo in un recente
saggio afferma che è ora che
gli uomini «rompano il silenzio», che parlino del loro dolore e del loro disagio, un silenzio che è «condizione tragica del maschile»; da un lato
padri amorevoli che vogliono
esserlo pienamente, dall’altro uomini che non accettano
la libertà delle donne.
«Sì, sono d’accordo. Uomini e donne devono lavorare insieme per combattere questa cultura sbagliata. Ma ci vorrà tempo,
forse le generazioni a venire... Sono cambiamenti
lenti e difficili. La cultura
maschile è ancora profondamente radicata».
Katia Trinca Colonel