programma di sala - Società del Quartetto di Milano

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programma di sala - Società del Quartetto di Milano
Sala Verdi del Conservatorio
Martedì 7 febbraio 2006, ore 20.30
S TA G I O N E 2 0 0 5 • 2 0 0 6
Leon Fleisher pianoforte
10
Consiglieri di turno
M° Mario Delli Ponti
Prof. Luciano Martini
Sponsor istituzionali
Con il patrocinio e il sostegno di
Con il sostegno di
FONDAZIONE CARIPLO
Per assicurare agli artisti la migliore accoglienza e concentrazione
e al pubblico il clima più favorevole all’ascolto, si prega di:
• spegnere i telefoni cellulari e altri apparecchi con dispositivi acustici;
• limitare qualsiasi rumore, anche involontario (fruscio di programmi, tosse ...);
• non lasciare la sala prima del congedo dell’artista.
Si ricorda inoltre che registrazioni e fotografie non sono consentite.
Leon Fleisher pianoforte
Johann Sebastian Bach
(Eisenach 1685 – Lipsia 1750)
“Schafe können sicher weiden” dalla Cantata Bwv 208
(trascrizione di Egon Petri)
Dina Koston
(Chicago 1940)
Messages I
George Perle
(Bayonne, New Jersey 1915)
Musical Offerings, for left hand alone
Leon Kirchner
(Brooklyn, New York 1919)
Music for Left Hand
Roger Sessions
(Brooklyn, New York 1896 – Princeton, N. J. 1985)
From My Diary
Johann Sebastian Bach
Ciaccona dalla Partita n. 2 per violino solo Bwv 1004
(trascrizione per la mano sinistra di Johannes Brahms)
Intervallo
Franz Schubert
(Vienna 1797 – 1828)
Sonata n. 23 in si bemolle maggiore op. post. D 960
Johann Sebastian Bach
“Schafe können sicher weiden” dalla Cantata Bwv 208
(trascrizione di Egon Petri)
Addestrare la sinistra è sempre stato un problema serio per tutti coloro che
hanno intrapreso lo studio del pianoforte non essendo nati mancini e meno
ancora ambidestri. Il problema si risolve ovviamente con la pratica, e allora sotto
con esercizi e studi per equilibrare i rapporti fra le due mani, per far cantare i
bassi, per rispondere a tono alle acrobazie della destra nei brillanti registri acuti.
Sforzi muscolari, in primo luogo, di giovani allievi su percorsi e ostacoli disposti
con sadica competenza da navigati pedagoghi. Cose che inizialmente gli
esecutori odiano, ma che finiscono per accettare, come necessaria tappa nel
proprio percorso di formazione. Mentre ci sono autori la cui fantasia è stata
eccitata proprio dalle limitazioni della fisica e dai prodigi della meccanica
applicati all’uso della sola mano sinistra. Nel caso dei grandi della storia della
musica, però l’idea nasce sempre come risposta a una situazione concreta.
Johannes Brahms, nel 1877, trascrive per la mano sinistra la grande Ciaccona di
Bach per farne regalo all’amica Clara Schumann, la cui mano destra era stata
temporaneamente bloccata dallo stiramento di un tendine. Nella prima metà del
Novecento, sono le richieste di Paul Wittgenstein, pianista mutilato di guerra, a
spingere Ravel, Stravinskij, Prokof ’ev, Hindemith a scrivere lavori importanti
per la sinistra. Più tardi è Leon Fleisher a stimolare nello stesso senso i suoi
amici. Dopo avere iniziato giovanissimo una carriera che lo aveva portato,
agl’inizi degli anni Sessanta, ad essere uno dei massimi concertisti viventi, punta
di diamante della nuova scuola di pianisti virtuosi americani, Fleisher ha
cominciato a soffrire di una distonia della mano destra che lo ha obbligato a
cambiare la propria vita. Si è dedicato di più alla direzione d’orchestra e
all’insegnamento. Come concertista, si è concentrato nell’interpretazione e
nell’ampliamento del repertorio per la sola mano sinistra, con risultati di grande
rilievo. Solo da poco ha ripreso l’uso della mano destra, ma non ha certo
dimenticato le musiche e gli amici che per oltre trent’anni gli hanno consentito
di suonare in pubblico. Come dimostra l’impaginazione del bel programma con
cui Fleisher si ripresenta dopo oltre mezzo secolo alla nostra Società. La prima
parte è interamente dedicata ad autori e a lavori con cui è cresciuto e vissuto da
protagonista nel mondo musicale da oltre settant’anni, da quando bambino
cominciò a sfiorare i tasti fino a oggi, quando la mano destra ritrovata gli sta
dando una seconda giovinezza. La prima parte inizia e finisce nel nome di Bach,
e già questa è una scelta di grande significato. La pagina di apertura è una scena
pastorale dalla giovanile cantata profana Bwv 208 detta “della caccia”, scritta nel
1713 per festeggiare il compleanno del duca di Sassonia-Weissenfels. La
trascrizione per tastiera è di Egon Petri (1882-1962), il pianista tedesco allievo
preferito di Ferruccio Busoni, vissuto e a lungo attivo come concertista e didatta
negli Stati Uniti, dove contribuì in modo determinante alla nascita della
cosiddetta scuola americana del Novecento alla quale Fleisher appunto
appartiene.
Dina Koston
Messages I
Seguono quattro autori americani del Novecento che hanno scritto tutti per
Fleisher e per la sua speciale condizione di esecutore e di interprete. Dina
Koston ha iniziato a studiare musica a meno di tre anni, con la madre,
perfezionandosi poi nientemeno che con Mieczyslaw Horszowski, Leon Fleisher,
Nadia Boulanger e Luciano Berio. Nel 1970 ha fondato, con Fleisher, il
complesso Theater Chamber Players e a lungo si è dedicata al concertismo
pianistico. Si è poi concentrata sulla composizione di lavori per pianoforte e varie
combinazioni strumentali. Ha accolto con entusiasmo la proposta di Fleisher di
scrivere musiche per la mano sinistra negli anni in cui il maestro era costretto a
limitare il suo repertorio a quella sola mano. Ora che la situazione è cambiata,
Dina Koston ha composto per lui un nuovo lavoro che richiede l’impiego di
entrambe la mani, Messages I, a proposito del quale scrive: «Messages può
essere ascoltato come una forma di variazioni. I messaggi vanno da un individuo
all’altro. Non sono separati da pause, ma da lunghi accordi tenuti. Crescono in
ampiezza ed espressione, alla fine decrescono, fino a ridursi a una singola nota.»
Composto nell’agosto del 2002, Messages I fu eseguito per la prima volta da
Leon Fleisher nel dicembre al Kennedy Center.
George Perle
Musical Offerings, for left hand alone
In George Perle, da sempre, Fleisher ha trovato un perfetto interlocutore, in ogni
area del sapere musicale. Perle è infatti compositore, teorico, musicologo. Ha
scritto trattati definitivi sui classici della musica del Novecento. I suoi studi sulla
dodecafonia e sulla scuola di Vienna continuano a essere fonte di idee e di nuove
interpretazioni. Più volte i suoi scritti sono stati citati in questa sede a proposito di
Schönberg, di Webern; soprattutto di Alban Berg, perché a lui si deve la scoperta
del programma segreto della Suite lirica e dunque la rivelazione del senso
profondo di un capolavoro della letteratura per quartetto di tutti i tempi. C’è da
dire che il linguaggio della Suite lirica, fatto di cromatismo allargato, di libera
serialità accanto a rigore dodecafonico, di taglio vocale delle soluzioni strumentali,
ha influenzato il modo di comporre musica di Perle ben prima che egli scoprisse il
segreto autobiografico di Berg. Ma non a caso, ora, anche in questo recente
Musical Offerings, Perle ha adottato un programma segreto, che riguarda la
dedica dei tre movimenti in cui si articola a tre amici e collaboratori di Fleisher
quando egli era direttore al Tanglewood Music Center. Il titolo, che ovviamente
richiama la famosa raccolta di Johann Sebastian Bach, non implica relazioni musicali
dirette ma è solo un ulteriore omaggio al padre della musica occidentale in tutte le
sue varianti, comprese quelle novecentesche ed estreme. La prima esecuzione fu
firmata da Leon Fleisher il 6 dicembre 1999 alla Merkin Hall di New York.
Leon Kirchner
Music for Left Hand
La musica del californiano Leon Kirchner è nata sotto il segno di Schönberg e
Stravinskij, rifugiati a Los Angeles durante gli anni del nazismo in Europa e
immensamente influenti sulla musica americana di quegli anni. Suoi maestri sono
stati anche gli altri “europei” Ernst Toch ed Ernest Bloch, con Roger Sessions a
New York che gli ha dato il tocco americano finale. La sua vita artistica si è quindi
sviluppata sotto il doppio segno del compositore e del didatta, lungo le coste
occidentali e orientali degli Stati Uniti, respirando aria cosmopolita e mantenendo
forti radici americane. Pianista egli stesso, interprete delle musiche sue, ha scritto
molto per il proprio strumento. A proposito di questa Music for Left Hand ha
detto semplicemente: «Leon Fleisher è un vecchio amico. Aveva bisogno di musica
per la mano sinistra. Ho interrotto tutto quello che stavo facendo per scrivere
subito un pezzo per lui.» La prima esecuzione ha avuto luogo il 6 dicembre 1995
alla Carnegie Hall di New York. Vale la pena di aggiungere che Kirchner ha
appena finito di riscrivere questo pezzo per due mani, dandogli maggiori connotati
virtuosistici, adatti alla bravura del giovane pianista Jonathan Biss.
Roger Sessions
From My Diary
Poco adagio
Allegro con brio Tranquillo ed espressivo - Tempo I
Larghissimo e misterioso
Allegro pesante
Altro decano dalla musica classica americana del Novecento fu Roger Sessions,
come tutti dotato di personalità polivalente, impegnato in ogni fronte musicale,
autore prolifico e maestro insigne, con rapporti diretti con tutti gli “americani”
che abbiamo incontrato finora. Compose questi Four Pieces From My Diary
negli anni 1937-39 e presentandoli direttamente in pubblico a New York nel
novembre del 1939, revisionando il secondo movimento nel 1940. Pensava
inizialmente di dare il titolo Pagine da un diario ma, anche su suggerimento
dell’editore e per evitare di suggerire inesistenti confidenze private e personali,
optò per il più asciutto e neutro Dal mio diario. Infatti si tratta di un
aggiornamento della gloriosa tradizione tedesca del “foglio d’album” utilizzata
nella letteratura pianistica di tutto l’Ottocento da Beethoven in poi. Non si tratta
di un ciclo vero e proprio, tuttavia l’omogeneità della scrittura lo fa apparire tale,
in un certo senso ristabilendo i fortissimi – ma trasversali – rapporti che legano
fra loro le estreme Sei bagattelle op. 126 appunto di Beethoven. Pur nella loro
concisione, i quatto pezzi sono costruiti e sviluppati con una forza e un impegno
che non ha nulla a che spartire con il tradizionale concetto di miniatura. Piuttosto
si tratta, come ha osservato il critico Eric Salzman, «di annotazioni brevi,
condensate, intense di idee ancora più vaste che però risultano già in sé
complete. In altre parole sono superbe e perfettamente elaborate concezioni
sinfoniche racchiuse in uno spazio minimo che mantiene le invenzioni, le ricche
tessiture cromatiche, gli impressionanti sviluppi e le sintesi risolutive che sono
proprie di tutta la produzione di Sessions.»
Johann Sebastian Bach
Ciaccona dalla Partita n. 2 per violino solo Bwv 1004
(trascrizione per la mano sinistra di Johannes Brahms)
Come già detto, il programma della prima parte si chiude circolarmente con
Bach, e il senso risulta ora ancor più evidente. Tanto più che questo Bach, oltre
che notissimo, viene riletto da Brahms con uno spirito minimalista e ascetico
insieme. Siamo all’apposto della strepitosa operazione condotta qualche anno
dopo da Busoni con la sua corrusca trascrizione che sembra richiedere un solo
pianista ma con quattro mani, tanto il segno originale di Bach è ampliato,
esaltato, glorificato. Brahms usa i limiti fisici della mano sinistra, la fatica che le
dita fanno a scorrere sulla tastiera per rendere il suono ancora più essenziale,
per scoprire le radici profonde, per spingere la sintesi perfino oltre gli angusti
confini stabiliti da Bach. In una lettera a Clara Schumann, che come sappiamo
fu una delle ragioni (non la sola) che portarono a questa trascrizione, Brahms
confessò: «… c’è un modo solo con cui posso assicurarmi un piacere infinito da
questo pezzo, sia pura su scala piccola e molto approssimata: quando lo suono
con la sola mano sinistra! Lo stesso tipo di difficoltà, la qualità della tecnica, il
fluire degli arpeggi, tutto converge a darmi l’impressione di essere un
violinista.»
Franz Schubert
Sonata n. 23 in si bemolle maggiore
op. post. D 960
Molto moderato
Andante sostenuto
Scherzo(Allegro vivace con
delicatezza)
Allegro ma non troppo
Con la seconda parte, Fleisher torna sul grande repertorio, per le due mani e sul
più prezioso testo pianistico di Schubert. La Sonata in si bemolle è un
capolavoro che conosciamo benissimo, che amiamo da sempre, che non ci
stanchiamo di ascoltare. È musica allo stato puro. Si innesta direttamente sul
modello di sonata classica come l’intendeva Mozart. Salta, anzi rimuove il
modello beethoveniano, evitandone le tensioni e le sfide dialettiche e quel che
può apparire contaminazione con sistemi extramusicali. Tutto, in Schubert, è
soffice. Le angosce esistono, ma sono solo accennate, e con pudore, senza alzare
la voce o scatenare drammi. Resta il modello costruttivo della forma sonata, ma
solo come lontano archetipo rispettosamente disposto sullo sfondo. È costruito
cosi l’immenso primo movimento della Sonata in si bemolle, l’ultima in assoluto
scritta da Schubert, nel settembre del fatale 1828. Non se ne tenterà ora una
descrizione analitica condensata in poche righe. Anche perché questo “Molto
moderato” si svela da sé, con la naturalezza istintiva delle cose scritte di getto in
un meraviglioso momento creativo. Per capire basterà seguire il gran tema
principale con le sue pause e quel trillo nel registro grave che scandiscono come
segni d’interpunzione; cedere al fascino delle lunghe sezioni di sviluppo che
sembrano improvvisate e che modulano verso regioni sempre più lontane prima
di disperdersi nella misteriosa conclusione. Questo “Molto moderato” è il più
lungo movimento di sonata mai scritto da Schubert e sta all’origine della fortuna
relativa che la Sonata in si bemolle ha sempre avuto in sala da concerto, anche
nell’Ottocento (Liszt la suonava spesso, sia pure a modo suo). Gli altri tre
movimenti però non sono da sottovalutare. Il secondo, “Andante sostenuto”, è
organizzato nella consueta forma tripartita A-B-A. Nelle due parti laterali si
esprime una dolcissima melodia, quasi una ninna nanna, cui il mutare del
disegno di accompagnamento conferisce di volta in volta colori e timbri diversi.
La sezione centrale espone un altro motivo, che ha analogia col tema principale
del primo movimento; ed è condotta con la tecnica del tema con variazioni. Dello
“Scherzo”, che è uno dei più fantastici mai immaginati da Schubert, si segnala il
“Trio” centrale, con le sue sincopi, il canto che sembra venire da lontano, la
malinconia infinita. Il lungo movimento finale fluisce con eleganza sovrana, solo
in parte mossa dai robusti scrolloni della sezione centrale.
Enzo Beacco
LEON FLEISHER
Pianista, direttore e maestro, Leon Fleisher è di fronte al pubblico da oltre
sessant’anni. Nato nel 1928 a San Francisco ha iniziato lo studio del
pianoforte a quattro anni. A cinque anni ha iniziato le lezioni con Arthur
Schnabel e a 16 ha debuttato con la New York Philharmonic diretta da Bruno
Walter. Nel 1952 ha vinto il concorso “Regina Elisabetta” a Bruxelles, dando il
via alla carriera internazionale che lo ha visto protagonista di concerti con
orchestre e direttori di primo piano, recital e incisioni discografiche
straordinarie. A soli 37 anni è stato costretto per un problema neurologico alle
dita della mano destra a sospendere la sua attività. Solo dopo molti anni di
cure ha ricominciato a suonare con le due mani e ha pubblicato in CD una
speciale “biografia musicale” dal titolo “Two Hands”. Nei quasi quarant’anni
di malattia, si è dedicato alle carriere parallele di didatta e direttore
d’orchestra oltre all’approfondimento del repertorio per la mano sinistra.
Ha iniziato a dirigire nel 1967 senza abbandonare mai l’idea di ritornare a
suonare con entrambe le mani. Nel 1970 ha fondato l’ensemble Theater
Chamber Players al Kennedy Center di Washington. Nello stesso anno è
diventato direttore musicale della Annapolis Symphony e ha debuttato al
festival Mostly Mozart di New York. Nel 1973 ha iniziato la sua collaborazione
con la Baltimore Symphony. Direttore ospite della Cleveland Orchestra e delle
orchestre sinfoniche di Boston, Chicago, San Francisco, Montreal e Detroit, è
stato direttore ospite principale della New Japan Philharmonic, della
Chamber Music Orchestra of Europe e della Gustav Mahler Chamber
Orchestra.
In campo didattico è stato docente al Peabody Conservatory of Music, Curtis
Institute of Music di Philadelphia e al Royal Conservatory of Music di
Toronto. Dal 1986 al 1997 è stato direttore artistico del Tanglewood Music
Center. Ha inoltre insegnato ai festival di Aspen, Lucerna, Ravinia e Verbier
venendo a contatto con studenti di tutto il mondo. Ha tenuto master class al
Mozarteum di Salisburgo, al Conservatorio di Parigi, alla Academie Ravel di
St. Jean de Luz, alla scuola “Reina Sofia” di Madrid, al Mishkenot di
Gerusalemme e al Metropolitan Museum of Art di New York.
È stato ospite della nostra Società nel 1954.
Prossimi concerti:
martedì 14 febbraio 2006, ore 19.30
Sala Verdi del Conservatorio
Pieter Wispelwey violoncello
Continuano i nostri appuntamenti con le Settimane Bach e con la musica
strumentale da camera del nostro grande autore. Avremo un’altra integrale,
quella delle sei suites per violoncello solo, in una sola serata e
nell’interpretazione di un solista di eccezione. Poco più che quarantenne, Pieter
Wispelwey si è imposto come uno dei massimi violoncellisti del nostro tempo, a
suo agio con tutti i tipi di strumenti (barocchi e moderni), con tutte le musiche
(classiche e contemporanee). Ed è proprio la sua incredibile versatilità, il suo
passare senza sforzo da Šostakovič a Schnittke a Kagel a Carter, che gli
permette di leggere il grande Bach con straordinaria freschezza e originalità.
Programma (Discografia minima)
J.S. Bach
Integrale delle Sei Suites
per violoncello solo
(P. Wiespelwey, Channel Classics
CCS 12298)
martedì 21 febbraio 2006, ore 20.30
Quintetto Bibiena
Mozart, Nova, Milhaud, Respighi, Barber, Borodin
martedì 7 marzo 2006, ore 20.30
Quintetto Artemis
Mozart, Ligeti
I SOCI DELLA SOCIETÀ DEL QUARTETTO
AL FESTIVAL DI LUCERNA
Un accordo privilegiato consentirà ai nostri Soci di accedere a tre concerti
straordinari nell’ambito del prestigioso Festival di Lucerna.
10 agosto 2006
Mozart – Aria “Ch’io mi scordi di te?” K 505
– Aria “Parto, parto, ma tu ben mio” dalla Clemenza di Tito
– Exsultate, jubilate K 165
Mahler – Sinfonia n. 6 in la minore
Claudio Abbado direttore, Cecilia Bartoli mezzosoprano
Lucerne Festival Orchestra
11 agosto 2006
Martin – Sei monologhi da Jedermann di Hugo von Hoffmansthal (1943)
Mahler – Sinfonia n. 6 in la minore
Claudio Abbado direttore, Thomas Quasthoff baritono
Lucerne Festival Orchestra
16 agosto 2006
Battistelli – Experimentum Mundi (Opera di musica immaginistica, 1981)
Berlioz – Marche funèbre da Tristia
Mozart – Aria “Vorrei spiegarvi, oh Dio” K 418
– Aria “Mia speranza adorata!” K 416
– Aria “Nehmt meinen Dank, ihr holden Gönner” K 383
Verdi – Te Deum dai Quattro pezzi sacri
Claudio Abbado direttore, Rachel Harnisch soprano
Lucerne Festival Orchestra
Coro dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia
Dato il prestigio dell’iniziativa è necessario prenotare con grande anticipo
rispetto alla data del concerto. I posti sono limitati e saranno assegnati entro
venerdì 3 marzo rispettando la priorità di prenotazione.
Per informazioni rivolgersi alla segreteria della Società del Quartetto.
MASTER CLASS CON PIETER WISPELWEY
E IL QUINTETTO BIBIENA
Lunedì 13 febbraio dalle ore 14.30 alle ore 18 nella Sala Verdi del
Conservatorio Pieter Wispelwey sarà protagonista, con alcuni dei migliori allievi del Conservatorio, del prossimo incontro di approfondimento
musicale coordinato dalla nostra Società su proposta del Conservatorio.
Società del Quartetto di Milano - via Durini 24 - 20122 Milano
tel. 02.795.393 - fax 02.7601.4281
www.quartettomilano.it - e-mail: [email protected]
Mercoledì 22 febbraio dalle ore 9.30 alle ore 13.30 sempre nella Sala
Verdi del Conservatorio sarà la volta di quattro dei componenti del
Quintetto Bibiena: Giampaolo Pretto (flauto), Paolo Grazia (oboe), Roberto
Giaccaglia (fagotto) e Stefano Pignatelli (corno).
L’interessante esperienza musicale offerta da queste lezioni è stata resa
possibile anche dalla Fondazione Sergio Dragoni che si dedica da oltre vent’anni a sostenere i giovani musicisti.
Tutti i Soci del Quartetto sono cordialmente invitati.