Bee Gees - Prima parte

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Bee Gees - Prima parte
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Memento - rivista del Mensa Italia - n. 6/2008
Bee Gees - Prima parte
di Rodolfo Cardarelli
1 Il mito semisconosciuto
Per molti italiani – e non solo – anche esperti di musica pop/rock,
i Bee Gees sono semplicemente
un gruppo di tre fratelli australiani,
con capelli lunghi, barbe, e
vestiti sgargianti, che hanno allietato (e in qualche caso tediato) la
nostra gioventù con un acuto
“ah-ah-ah-staying alive”…
Superficialmente questa descrizione può anche corrispondere al
vero, almeno per una parte della
loro carriera, ma basta scavare
un po’ in profondità per rendersi
conto che non rende giustizia della loro importanza nella musica
popolare del XX secolo.
Volendo, si potrebbe dire che i
Bee Gees non sono australiani,
che non sono 3 (o almeno non lo
sono sempre stati), che non hanno sempre avuto barba e capelli
lunghi, e soprattutto che il famigerato falsetto è arrivato molto
tardi nella loro vita.
Se poi a questo aggiungiamo che
non hanno mai visto il film “Saturday Night’s Fever”, né scritto
le musiche per la sua colonna sonora, forse vale la pena di rivedere alcune considerazioni.
Prima di descrivere la loro vita e
carriera, in sintesi basti dire che
i Bee Gees sono il gruppo che ha
venduto più dischi/CD dopo
Beatles e Michael Jackson, che
hanno il record di “numeri 1”
consecutivi negli USA, e che la
colonna sonora di Saturday
Night, con 50 e passa ML di copie vendute, detiene di gran lunga il record di vendite, probabilmente insuperabile.
2 Gli inizi: UK&Australia
I tre fratelli Gibb, Barry (classe
1946) e i gemelli Robin&Maurice
(classe 1949) nascono in Inghilterra, nell’Isola di Man, ma presto
si trasferiscono con i genitori a
Manchesssster, nell’Inghilterra industriale; nonostante la differenza
di età, i tre – che hanno anche
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una sorella maggiore – crescono
insieme, e condividono le stesse
passioni, gli stessi giochi, lo stesso “sense of humour” e gli
stessi gusti musicali, tanto che
Maurice dirà scherzando: “Eravamo di fatto tre gemelli, e Barry era
quello anormale…!”.
I tre non hanno un’educazione
formale o sofisticata, vista la provenienza fortemente proletaria
della famiglia, né scolastica né
musicale.
La musica comunque è sempre
presente in casa, perché il padre
– batterista semiprofessionista –
compra i dischi dei gruppi musicali in voga negli anni 50, principalmente di artisti swing americani come Glenn Miller o Bing Crosby; inoltre i tre ascoltano la musica alla radio, e si divertono a
canticchiarla per strada; dai Mills
Brothers, un gruppo di neri americani che limitano il loro spirito
jazz e soul cantando canzonette,
i tre apprendono l’arte della partitura vocale istintivamente. Non
a caso anche i Mills Brothers sono tre fratelli (e un padre batterista!).
Quando Barry ha 9 anni e i gemelli 6, il padre si rende conto
che i tre in maniera spontanea
hanno cominciato a cantare le
canzoni dell’epoca, armonizzandole a tre voci senza alcuna conoscenza della musica, seguendo l’esempio di alcuni artisti americani.
Il padre incoraggiò immediatamente l’inclinazione dei tre, e anzi, cominciò a suonare con loro,
per dare più interesse alle esibizioni.
I tre ragazzini suscitavano l’interesse nei locali in cui si esibivano,
non tanto per le loro capacità musicali – ancora in erba – quanto
perché all’epoca tre bambini capaci di armonizzare le voci in
quel modo non si erano ancora
visti; in realtà i tre, nell’ambiente
industriale di Manchesssster, e
cresciuti in piena libertà, si stavano rapidamente trasformando in
tre piccoli delinquenti. Ad un cer-
to punto cominciarono a dare
fuoco ai cartelloni pubblicitari per
divertimento, e Barry fu segnalato per 2 anni in riformatorio.
La situazione stava sfuggendo di
mano, e ciò, unito alla disoccupazione cronica del padre, convinse i Gibbs che era il momento
per lasciare l’Inghilterra. Fu così
che nel 1958 i due genitori, e i 5
fratelli Gibb (incluso il piccolo Andy appena nato) emigrarono a
Brisbane, Australia, in cerca di fortuna.
Mentre il padre si arrangiava, i tre
avevano una discreta fortuna con
il circuito dei pub locali, tanto che
il padre a poco a poco lasciò il
suo lavoro per fare da agente ai
figli, e per accompagnarli a suonare nei locali, che erano frequentati da adulti, e spesso con
esibizioni di striptease.
Verso la fine degli anni 50/inizi
60, i tre iniziano a scrivere le prime canzoni, che riflettono un po’
la giovane età dei tre fratelli, e anche il periodo musicale.
Incontrano anche un disc jokey
che ebbe un ruolo nella scelta del
loro nome: fino a quel momento
i fratelli Gibb avevano usato
nomi stravaganti e da ragazzini,
come ad esempio “I Rattlesnake”.Questo disc jokey, di nome
Bill Gates, si interessò a loro e cominciò a dargli consigli e a stimolarli.
Un giorno, lui che si chiamava Bill
Gates, notò che i tre Brother Gibb
erano figli di Barbara Gibb, e che
il fratello più grande si chiamava
Barry Gibb…insomma, le iniziali
“B” e “G” erano ricorrenti.
Suggerì loro di chiamarsi “The
BG’s”; più tardi il nome venne
modificato nella scrittura fonetica
“Bee Gees”.
Bill Gates cominciò a far incidere
ai Bee Gees i primi dischi e a
mandarli in onda nei suoi programmi radio. I tre fratelli cominciarono anche a comparire in
qualche programma televisivo,
anche se l’interesse era sempre
per vedere tre ragazzini cantare
come adulti. Successivamente le
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loro capacità musicali, e anche la
loro qualità di compositori per sé
stessi e per altri artisti australiani,
permise ai Bee Gees di incidere
un LP, e di avere qualche modesto successo di vendita.
Quando i Beatles, durante il loro
tour del 1965/1966, sbarcarono
in Australia, per i tre fu un vero
shock: essi capirono che cosa
volevano diventare, e cosa volevano fare della loro vita; di più,
capirono che l’Inghilterra – da dove anch’essi provenivano – era
diventata il centro della musica
mondiale, e che rimanendo in
Australia non avrebbero potuto
combinare gran che.
Con una decisione repentina, la
famiglia Gibb decise di tornare in
Inghilterra per cercare di nuovo
fortuna, ma questa volta non per
i genitori, ma per i figli musicisti.
Mentre erano sul transatlantico
durante il viaggio di ritorno, nel
Gennaio 1967, li sorprese la notizia che una loro canzone,
“Spick and Specks” era andata al
numero 1 in Australia! Tuttavia a
quei tempi essere al numero 1 in
Australia non aveva un gran valore per la musica mondiale, dominata dai Beatles e dagli altri
gruppi inglesi, e in seconda battuta da Elvis e dalle altre star
americane.
Intanto il padre, prima di partire,
aveva inviato tutto il materiale –
dischi, demo e altro – a Brian Epstein, il manager dei Beatles, che
lo aveva girato a Robert Stigwood, appena entrato nella casa di
produzione discografica di Epstein.
I Bee Gees arrivarono in Inghilter-
ra la settimana in cui usciva
“Strawberry Fields” dei Beatles,
e l’atmosfera era completamente
intrisa di Beatlemania. Fortunatamente per loro Stigwood ascoltò
i dischi e le demo, e trovò qualcosa di interessante nei tre
fratelli; li convocò per un colloquio e subito dopo decise di metterli sotto contratto.
3 Il ritorno a casa
e il successo
Contrariamente a quanto asserito
da un tristemente noto dirigente
della Decca, durante una delle
prime audizioni dei Beatles,
l’epoca dei complessini con la
chitarra non era terminata; anzi,
sulla scia dei Beatles e dei
Rolling Stones, praticamente
qualsiasi cosa venisse dall’UK era
destinata al successo. Nel biennio 1967/68 oltre ai Bee Gees
acquistano fama internazionale
tra gli altri anche i Pink Floyd, gli
Who, nascono i Genesis, e molti
altri.
Probabilmente la domanda di
rock/pop inglese era superiore all’offerta qualitativa, infatti molti
gruppi poi si persero dopo effimeri successi (vedi la triste storia del
gruppo americano Monkees,
composto da finti musicisti).
Questa situazione, unita alla voglia di Epstein di allargare il suo
impero, creò le basi per l’opportunità che Stigwood diede ai Bee
Gees.
Non che i tre – come sarebbe risultato evidente – non avessero
i numeri per sfondare, ma la ra-
pidità e dimensione del loro
successo stupì anch’essi: nell’arco di 2 anni sfornarono una
quantità di successi, quasi tutti al
top delle chart di tutto il mondo,
che sarebbero potuti bastare
per una sola vita.
Il primo brano ad emergere fu
“New York Mining Disaster of
1941”.Dietro questo titolo apparentemente ermetico si cela una
storia più o meno impegnata su
una valanga che chiude la via
d’uscita dei minatori. L’arrangiamento con tanto di violoncello è
molto beatlesiano, così come le
due voci principali e la ritmica a
base di tamburello.Il brano è interessante, ma risente degli influssi musicali dell’epoca, tanto è
vero che molti ritengono abbia
avuto successo perché sembrava una nuova release dei Beatles…
Stigwood vuole sfruttare la sua
nuova scoperta, e presenta i Bee
Gees a Otis Redding. Stigwood
promette al soul man americano
che i tre avrebbero scritto una
canzone per lui, e così fu, ma
Redding morì prima di poterla incidere.
Fu così che i Bee Gees incisero
in proprio “To Love Somebody”,
uno dei loro brani di maggior successo, ripresa tra gli altri da Joe
Cocker, Rod Stewart, Michael Bolton, Jimmy Sommerville, Nina Simone e Janis Joplin. La versione
originale è chiaramente in stile
Redding, ed è la prima dimostrazione del fatto che i Bee Gees sono stati tra i più importanti songwriter della loro epoca, con la rara capacità di adattare le loro
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composizioni allo stile del performer. Versioni più recenti di “To
Love Somebody” anche riprese
dagli stessi Bee Gees, hanno meno impatto della prima, virtuale
versione alla Otis Redding.
I Bee Gees sfondano sul mercato
americano con il loro primo “numero uno” incredibilmente con
una canzonetta modesta, “Massachussetts”, che parla vagamente del mondo degli Hippy,
con una linea musicale elementare. Eppure, nel contesto dell’epoca, arriva al #1 negli US e
consacra definitivamente i tre,
che nel frattempo sono diventati
cinque, avendo chiamato a supporto dall’Australia due amici, per
completare la band.
In pochi mesi sfornano successi
che resteranno degli evergreen,
e che anche se dal titolo possono
risultare poco noti al pubblico italiano, sono brani conosciutissimi
e ripresi da decine di altri artisti:
“Holiday”, “Words”, “First of
May”, “I Started A Joke” e “I’ve
Gotta Get A Message To You”.
Quest’ultima ebbe un clamoroso
successo anche in Italia, ripresa
da Mal con il titolo “Pensiero
d’amore”. Il testo originale parla
di un condannato a morte che
passa un messaggio alla moglie,
dopo averne ucciso l’amante. La
versione italiana è più edulcorata,
ma il successo fu enorme lo stesso, tanto che ne fu tratto un film
musicale, tipico dell’epoca.
Purtroppo per i Bee Gees “I’ve
Gotta Get A Message To You” rimase prima in classifica in UK solo una settimana, perché subito
dopo uscì “Hey Jude” dei Beatles, che ovviamente la rimpiazzò
immediatamente.
Al termine di questo periodo breve, ma intenso, il gruppo andò in
crisi.
Tre ragazzini, pieni di soldi, successo, droga, donne, che frequentano abitualmente i Beatles,
i Rolling Stones e tutta la swingin’
London dell’epoca, non hanno
gli anticorpi per gestire il successo con maturità. Robin, la seconda voce solista, entrò in competizione con Barry, e dopo la registrazione dell’album “Odessa”, lasciò la band, mentre uno degli
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amici australiani fu cacciato.Barry
e Maurice continuarono per 2 anni da soli, mandando via anche
il secondo amico australiano, e
anche Robin ebbe qualche discreto successo da solo, ma
chiaramente i tre separatamente
non funzionavano più.
Molti pensarono che i Bee Gees
fossero finiti, e anche loro cominciarono a crederlo, anche se Barry aveva solo 23 anni e i gemelli
20.
Dopo un paio d’anni Robin e Barry si riavvicinarono, e i Bee Gees
– ora nella definitiva formazione
ufficiale che comprendeva solo i
tre fratelli, a cui si univano session men per le esibizioni dal vivo – cercarono di ricreare il successo che aveva arriso loro alla
fine degli anni sessanta.
Un paio di tentativi ebbero qualche riscontro positivo: “Lonely
Day” e soprattutto “How Can You
Mend a Broken Heart”, recentemente ripresa da Michael Bublè
nel suo disco di esordio, in cui si
può chiaramente sentire Barry
che fa i cori!
Ma il periodo che va dal 1971 al
1975 è avaro di soddisfazioni per
i Bee Gees, finché nel 1975, ormai in un vicolo cieco artistico,
decidono di dare ascolto al loro
amico Eric Clapton, che consiglia
ai tre di trasferirsi a Miami, per rinnovare il loro sound.
anche Stigwood aveva cercato di
dare una svolta al sound dei Bee
Gees, affiancandoli con il producer Arif Mardin, che aveva finora
invano cercato di ridurre la tendenza dei tre a sviluppare “ballads” per inserire un po’ di soul
nel loro stile. Evidentemente a
Miami questa operazione riuscì
più facile, perché improvvisamente i loro pezzi si fanno più ritmati, e nel 1975 due canzoni segnano una prima svolta: “Jive Talking” è un pezzo basato quasi
unicamente sul ritmo, con una linea melodica ripetitiva, ma è “
Nights on Broadway” che rivela
ai 3 un nuovo universo: il pezzo
è la prima vera canzone “disco”
del loro repertorio.
Una volta completata, Mardin
chiede a Barry se è in grado di inserire qualche “urlo” nel background, e Barry sperimenta finché non trova il falsetto che da
quel momento in poi (e forse per
tutta la loro carriera) diventa il
marchio di fabbrica della band.
Barry non sa di avere questa capacità; il falsetto non è mai stato
necessario per le loro composizioni, e non lo ha mai provato.
Anzi, gran parte delle esecuzioni
di Barry sono “di gola”, di solito
Robin è quello che prende la voce “alta”, o anche Maurice. Barry
finora ha sperimentato una specie di sussurrato, come si può
sentire in “How can you mend a
broken heart”, ma il falsetto è una
novità.
I tre e il loro produttore, anche
l’appuntamento settimanale
con il Mensa Italia
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lunedì ed è articolata in sezioni (SIG e altre iniziative, eventi internazionali, giochi, interventi dei lettori, notizie regionali, informazioni anche istituzionali sulla vita associativa, approfondimenti).
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la lettura on-line (versione integrale riservata ai Soci), e contiene
l’archivio dal primo numero uscito (7 giugno 2004).
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confortati dai risultati di vendita,
capiscono che si è aperta una
nuova stagione, in cui la disco
(ma loro pensano piuttosto ad un
sano R&B) può diventare uno sviluppo musicale importante, e il
falsetto una caratteristica dominante della loro musica.
Il disco successivo vede il pieno
sfruttamento di queste nuove
possibilità: l’album “Children on
the world” è basato sul falsetto di
Barry non più come background
vocal, ma come lead vocal, e
“You Should Be Dancing” è un
successo mondiale.
La disco ha rivitalizzato la musica
dei Bee Gees, e dopo quasi 10
anni sono tornati ai fasti degli anni sessanta. Ancora giovanissimi,
eppure già con 15 anni di carriera
alle spalle.
4 La disco
È probabile che la disco sarebbe
finita molto rapidamente, senza
“Saturday Night Fever” e senza i
Bee Gees perché il film di fatto
non anticipa, bensì racconta il fenomeno, e ne rappresenta la cronaca. Ma ne amplifica anche l’effetto, e quella che era una semplice moda musicale diventa
uno stile di vita; solo ai tempi della beatlemania si era osservato
un fenomeno musicale che pervade la cultura, la moda, e che
rappresenta una frattura netta tra
generazioni.
Paradossalmente i Bee Gees sono stati alfieri di entrambe le rivoluzioni, ma se della swingin’ London erano uno dei tanti protagonisti, della disco per un periodo
di 2/3 anni sono i padroni assoluti.
Dopo “Children of the World” i
Bee Gees ebbero un altro grande
successo con un disco dal vivo,
e poi si chiusero in studio per registrare un nuovo album, mentre
contemporaneamente Stigwood
cercava il modo di lanciare un
piccolo film indipendente, con un
attore sconosciuto (John Travolta)
su un argomento di moda ma
non “mainstream”, la disco.
Il film era praticamente completato quando Stigwood chiese ai
Bee Gees se fossero interessati
a partecipare alla colonna sonora; la band aveva già del materiale pronto, e – narra la leggenda –
in un pomeriggio buttò giù le altre
canzoni necessarie, su una vaga
trama che gli aveva fornito Stigwood.
I Bee Gees prepararono la musica senza vedere il film, che era
già in post-produzione; anzi,
confessarono più tardi di non
averlo mai visto tutto; parallelamente, tutte le scene di ballo del
film furono girate su musiche di
Stevie Wonder e altri artisti, e solo
successivamente furono sostituite con i pezzi dei Bee Gees.
Nonostante questa apparentemente causale associazione, il
film ebbe un successo clamoroso, creò una star hollywoodiana,
cambiò la nostra percezione del
fenomeno disco, e la colonna sonora fu in assoluta la più venduta
della storia della musica.
Brani come “Saturday Night’s
Fever”, “Staying Alive”, “How
Deep is Your Love”, “If I can’t
Have You”, “More Than a Woman” sono tutti capolavori rimasti nella cultura pop. I Bee
Gees passarono quindi da essere una band di successo a fenomeno planetario; solo i Beatles
e Michael Jackson ebbero più
successo; i tre inanellarono
ben 6 singoli al numero 1 delle
chart USA (record dell’epoca).
Insomma, i tre ragazzi inglesi (il
più vecchio, Barry aveva appena
30 anni ai tempi di Saturday
Night!) arrivarono molto più in là
di quanto non avessero mai sperato.
Il successo non si spense, e continuò con l’album successivo,
“Spirit Having Flown”, in cui altri
brani come “Tragedy” e “Too
Much Heaven” continuarono a
dominare le chart di tutto il
mondo.
Memento - Rivista del Mensa Italia
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Menu della Vigilia
di Claudia Vasselli
Adatto alla cena del 24 Dicembre
(senza carne)
Primo piatto
Spaghetti col tonno
Ingredienti per 4-6 persone
4 cucchiai di olio extra vergine
d’oliva
1 acciuga sott’olio
Poco aglio (anche in polvere va
benissimo)
240 g tonno sott’olio in scatola
(sgocciolato 165 g) – si
preferisca quello acquistato in
gastronomia confezionato in
scatole molto grandi
1 barattolo di pelati
½ bottiglia di passata di
pomodoro
500 g di spaghetti
(preferibilmente spaghettoni –
da evitare gli spaghettini)
Sale e pepe quanto basta
Peperoncino a piacere
Attrezzatura:
una padella ampia, tipo wok
una pentola per cuocere la pasta
eventuale apriscatole
mestolo di legno
piatto per servire in tavola
posate per servire
Procedimento:
Mettere l’olio nella padella, aggiungere l’aglio (io uso quello in
polvere) e il peperoncino (a piacere, non è necessario metterlo),
mettere sul fuoco molto dolce,
preferisco usare il fuoco medio al
minimo, aggiungere l’acciuga e
schiacciarla col mestolo di legno,
quando sarà sciolta aggiungere
il tonno e lasciare cuocere alcuni
minuti, fino a che vedrete in tonno tenero, a questo punto aggiungere il pomodoro sia in scatola che in bottiglia, aggiungendo
un po’ di acqua se vedete il sugo
troppo denso, coprire con un coperchio di misura adeguata.
Mettere abbondante acqua nella
pentola per la pasta, salare l’acqua quando bolle con una bella
presa di sale grosso, attenzione
ala sale marino che sala di più.
Lasciare cuocere ancora, circa 1018
15 minuti, fino a che il sugo sarà
della consistenza giusta, cioè cremoso, aggiustare si sale e pepe.
Quando gli spaghetti saranno cotti al dente scolarli ed unirli al sugo, servire caldissimo.
Secondo Piatto
Baccalà in umido
Ingredienti per 4-6 persone
1 pezzo di baccalà da circa
500 – 600 g
6 cucchiai di olio extra vergine
d’oliva
Una grossa cipolla
Una costa di sedano
Una carota
Conserva in bottiglia
Poco sale
Peperoncino a piacere
Cipolline, molto piccole, tipo
quelle da fare in agrodolce
Attrezzatura:
un’ampia padella per friggere
un tegame, basso e largo
un mestolo di legno
un ampio piatto o vassoio per
scolare il fritto
carta assorbente
un coltello ben affilato
un coltello scortichino
piatto da portata
cucchiaione per servire
Procedimento:
dissalare il baccalà, come da
istruzioni di chi lo vende, tagliarlo
in cubi di circa 3 -4 cm di lato,
scottarlo in una padella antiaderente senza olio, girare a metà
cottura, quando lo vedrete asciutto sarà pronto, e si staccherà da
solo.
Nel tegame basso e largo mettere olio e le cipolline, lasciare andare a fuoco dolce per cuocere
le cipolline, aggiungere la cipolla,
il sedano e la carota tritati finemente, mescolare bene e lasciare cuocere. Quando sarà tutto
ben rosolato aggiungere il pomodoro in bottiglia, amalgamare col
soffritto e adagiare delicatamente
i bezzi di baccalà arrostito, lasciare cuocere fino a che il sugo non
sarà pronto (la salsa dovrà essere
cotta), aggiustare di pepe (il sale
non serve). Servire caldissimo.
Intermezzo:
Frittelle miste
Ingredienti per 4-6 persone
½ litro di acqua gassata fredda
di frigorifero
Farina quanto basta
2 uova
200-300 g di baccalà
½ cavolfiore
4 carciofi
3 mele
Frutta secca mista
Attrezzatura:
una padella ampia per friggere
piatti dove far asciugare il fritto
carta assorbente
ciotola per la pastella
schiumarola
pinze per chi le preferisce
Procedimento:
Dissalare il baccalà, come da
istruzioni di chi lo vende, tagliarlo
in cubi di circa 3 -4 cm di lato; pulire il cavolfiore e prepararlo in
pezzi da circa 2 cm di diametro;
sbucciare le mele e tagliarle in fettine sottili; pulire i carciofi e tagliarli in 4 o 6 parti. Riporre questi ingredienti in contenitori separati
per non confondere i sapori.
Preparare la pastella, unendo l’acqua ben fredda, la farina e le uova, la consistenza finale dovrà essere abbastanza lenta, tipo la
panna da cucina. Scaldare abbondante olio per friggere nella
padella e procedere a impastellare (immergere l’ingrediente nella
pastella e poi tirarlo su con una
forchetta, facendo ben attenzione
che sia coperto di pastella su tutti
i lati, potete aiutarvi anche con le
mani) le fettine di mela, per poi
friggerle, facendo attenzione che
siano ben separate; terminate le
mele impastellare e friggere i carciofi, poi il cavolfiore ed infine il
baccalà, a questo punto avrete
della pastella che avanzerà, quindi aggiungete la frutta secca
nella pastella e fate delle frittelle,
aiutandovi con un cucchiaio.
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Un menu festivo bolognese
di Cecilia Deni
La mia buona conoscente Elena
Tagliavini vive stretta tra due implacabili nemici: la gola e il
diabete mellito. Ahi, che di una lotta disperata si tratta, combattuta
però a colpi di buonumore e nella
fedeltà ad una sola bandiera: l’antico ricettario di famiglia, vero tesoro di cucina bolognese che ho
avuto il piacere di sfogliare appena pubblicato ed il permesso di
condividere coi lettori di Memento.
Le dosi sono per 4 Tagliavini, oppure per sei persone di appetito
medio. Ma vi assicuro che tutti i
vostri ospiti si dimostreranno, davanti a questi piatti, dei Tagliavini
onorari.
Una delle prime perle che ho notato risplendere è la ricetta dei
passatelli di carne. Due le varianti
tramandate dai Tagliavini, tra cui
ho scelto la seconda.
100 grammi di filetto di manzo
macinato almeno due volte
100 grammi di pangrattato
50 grammi di parmigiano grattugiato
50 grammi di burro a temperatura ambiente
4 rossi d’uovo
Sale
Brodo di carne per cuocere i passatelli
Unire il filetto agli altri ingredienti
e lavorare con cura in modo da
ottenere un impasto compatto e
uniforme. La grana e la compattezza dell’impasto sono importanti per la buona riuscita della
minestra.
Mettete delle porzioni di impasto
nello schiacciapatate e schiacciando fatene uscire dei vermicelli che lascerete cadere nel brodo
bollente. Fateli cuocere per dieci
minuti, indi lasciateli coperti a riposare per altri due o tre minuti
prima di servirli a tavola.
Il secondo suggeritomi dalla signora Elena è il polpettone di vitello
dello zio Dànton. Si tratta veramente di un falso magro, ma con
una preparazione particolarissima.
1 fetta di vitello da circa 600
grammi
Una fetta di prosciutto crudo da
circa 100 grammi
2 carote
Un gambo di sedano
2 uova sode
Aceto finissimo di vino
Per la salsa:
La mollica di un panino
2 acciughe sotto sale
100 grammi di tonno sott’olio
200 grammi di pinoli
Olio extravergine d’oliva abbondante
Il succo di un limone
Per decorare: spicchi di limone e
capperi
Disponete sulla fetta di vitello ben
spianata il prosciutto a strisce, le
verdure pulite e tagliate a filetti e
le uova sode tagliate a fettine: fate uno strato per ogni ingrediente
alternandoli e salando ognuno di
essi. Arrotolate la fetta su se stessa e legatela accuratamente con
lo spago da cucina. Se non siete
molto bravi potete utilizzare l’apposita rete elasticizzata.
Mettetela in tegame e copritela
completamente con una mistura
di acqua ed aceto in parti uguali
nella quale la farete bollire lentamente per tre ore. Lasciatela raffreddare e solo quando è completamente fredda tagliatela a fette e mettetela a marinare nella
salsa che avrete preparato come
segue.
Mettete a bagno i pinoli per due
ore, asciugateli e pestateli finissimi
nel mortaio. Mettete a bagno nel
brodo di cottura del vitello il panino, strizzatelo e passatelo al setaccio con le acciughe, il tono e i pinoli. A questo punto si lavora bene il composto con olio d’oliva extravergine e succo di limone a piacere. Coprite le fette del polpettone, già disposte sul piatto da portata, con la salsa e guarnite con gli
spicchi di limone e i capperi.
Il dolce propostomi da Elena è un
po’ speciale, come si conviene
ad una vera festa, e deve essere
preparato il giorno prima. Il suo
nome è Semifreddo ai sette peccati. L’ha inventato lei stessa per
poter commettere in una volta
sola tutti i suoi sette peccati di go-
torta al
cioccolato
di Claudia Vasselli
Ingredienti per l’impasto:
350 gr. Farina
200 gr. Zucchero
100 gr. Burro fuso
100 gr. Cioccolato fondente
sminuzzato a cubettini
1 bicchiere di latte
1 pizzico di sale
2 rossi d’uovo
2 albumi montati a neve
1 bustina di lievito per dolci
Ingredienti per la crema:
250 gr. Mascarpone
Marsala qb
Zucchero qb
Mischiare tutti gli ingredienti
dell’impasto in una terrina
avendo cura di aggiungere gli
albumi montati a neve e lo
lievito per ultimi.
Cuocere per 30 min. a 210°C
(il forno deve essere preriscaldato).
Tirare fuori dal forno e lasciar
raffreddare molto bene prima
di tagliare.
Preparare la crema e farcire.
la: i savoiardi, le mandorle, il
rhum, lo zabaione, il cioccolato
fondente, il caffè e la panna montata. Insomma, se uno deve finire
nel girone di Ciacco, che sia per
qualcosa che ne vale la pena!
250 grammi di savoiardi
Caffè per inzuppare bene i savoiardi (almeno una moka da 3 tazze)
Cioccolato in codette, chicchi di
caffè e ¼ di panna montata per
le decorazione.
Per il ripieno di mandorla:
150 grammi di mandorle (130 per
l’impasto e 20 per la decorazione)
150 grammi di zucchero
170 grammi di burro
½ bicchiere di rhum
Per il ripieno di zabaione e panna:
3 uova
3 cucchiai di zucchero
3 cucchiai di marsala secco
¼ di panna montata
Per il ripieno di cioccolato:
150 grammi di burro
19
relax
150 grammi di cioccolato fondente
100 grammi di zucchero a velo
2 rossi d’uovo
2 cucchiai di latte.
Foderate il fondo e le pareti di
uno stampo con i savoiardi imbevuti di caffè freddo e leggermene
zuccherato, quindi preparare i tre
ripieni.
Ripieno alle mandorle: togliete la
buccia alle mandorle scottandole
in acqua bollente. Fatele asciugare su un foglio di carta assorbente o su un telo di spugna.
Tritatele finemente. Montate lo
zucchero con il burro, quando il
composto sarà gonfio e spumoso aggiungetevi le mandorle e il
rhum.
Ripieno di zabaione e panna:
montate con una frusta i 3 tuorli
d’uovo con i 3 cucchiai di zucchero. Proseguendo nella miscelazione aggiungete 3 cucchiai di
marsala. Cuocete lo zabaione a
bagnomaria sempre sbattendolo
con la frusta: il composto deve risultare gonfio e spumoso, il che
accadrà due o tre minuti da quando l’acqua sottostante bolle. Lasciatelo raffreddare e unitelo delicatamente alla panna montata.
Ripieno di cioccolato: lavorate il
burro con lo zucchero e i rossi
d’uovo. Mettete sul fuoco il cioccolato fondente a pezzetti con il
latte e fatelo sciogliere sempre
mescolando. Toglietelo dal fuoco
e lasciate intiepidire. Solo quando
sarà freddo lo unirete al composto di burro uova e zucchero,
sempre mescolando molto bene.
Riempite lo stampo prima col ripieno alle mandorle, poi con quello di
zabaione e panna e infine con
quello di cioccolato. Chiudete lo
stampo con altri savoiardi imbevuti
di caffè. Lasciate riposare nella parte più fredda del frigo (non nel freezer) per almeno dodici ore. Sformate su di un piatto da portata e decorate con ciuffi di panna montata
e le codette di cioccolato, i chicchi
di caffè e le mandorle, meglio se
leggermente tostate.
Se dovete trasportarlo potete farlo
gelare, come fanno nelle pasticcerie, ma sinceratevi che si sia
scongelato prima di servirlo ai vostri commensali.
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Memento - rivista del Mensa Italia - n. 6/2008
Le rame di Napoli
di Cecilia Deni
Per parecchi anni ho frequentato il gruppo di appassionate di cucina
che si ritrovava attorno alla rivista Cucina Italiana. Da lì sono germogliate varie comunità in rete, soprattutto dopo che la Redazione
del giornale ha deciso di riservare il forum ai soli abbonati. Uno di
questi siti si chiama Gennarino e in esso ho conosciuto questa bella
ricetta. Nel 2006 eravamo tutti impazziti per le Rame, che ci erano
state presentate dalla signora Giusy. La ricetta originale prevede come agente lievitante l’ammoniaca, ma i miei non sopportano l’odore
che riempie la casa mentre le Rame cuociono. Così ho
sperimentato una variante che prevede la “dose” da panone, ovvero
un misto di cremore di tartaro e bicarbonato in parti uguali. Ma ritengo che qualunque lievito chimico vada bene, se si ha l’accortezza
di usare una doppia dose, ovvero la dose da un kg. Nel 2006 ognuno dei cuochi compulsivi aveva proposto una variazione, nel rivestimento con cioccolato da copertura e granella, o codette, o pistacchi, o nocciole, o nell’aggiunta di mandorle, buccia d’arancia, e via
dicendo.
Questa è una versione semplificata, di riuscita infallibile.
Per 500 grammi di farina: 75 grammi di burro, 200 di zucchero extrafino, 50 di miele (tiglio, acacia, millefiori, arancia. Non castagno,
non erba medica), 100 di cacao amaro in polvere, 20 di cannella
in polvere, 300 ml di latte. Agente lievitante chimico: dose per un
kg di farina. In alternativa 15 grammi di ammoniaca per dolci sciolta
in poco latte : l’ammoniaca, come ho detto, è il lievitante originale:
garantisce una grande morbidezza e soprattutto la lunga conservazione, ma rimane un leggero odore nei dolcetti per un paio di giorni, quindi usandola si deve prevedere di non consumarli subito.
Per questa preparazione potete usare un cucchiaio di legno e moltissimo olio di gomito, oppure munirvi di un robot da cucina, meglio
una impastatrice. Montate nell’impastatrice la frusta K o equivalente
e mettete nella ciotola lo zucchero, il miele intiepidito appena e 75
grammi di burro morbido, praticamente pomata. Non usatelo appena tolto dal frigo: vi renderebbe il lavoro più difficile e la riuscita
meno buona.
Lavorate insieme questi tre ingredienti facendoli spumeggiare, quindi
cominciate ad aggiungere il cacao, e qualche goccio di latte, la cannella in polvere, il resto del latte e infine la farina con il lievito. A questo punto lasciate andare l’impastatrice per dieci minuti ad una velocità media. L’impasto, incorporando aria, si schiarirà leggermente,
passando da un color “cioccolato fondente” ad un coloro “cioccolato
al latte”. Avrà una consistenza collosa, ma non dura. Se fosse troppo
compatto aggiungete pure qualche cucchiaio di latte.
Accendete il forno a 180 gradi, mettete un foglio di carta da forno
sul fondo di tre placche o teglie, e disponeteci sopra l’impasto a
cucchiaiate. Usando due cucchiai potete cercare di dare ai dolcetti
una forma regolare, ovale e senza bitorzoli, La grandezza la sceglierete secondo le vostre preferenze. Un cucchiaio pieno di impasto
darà un dolcetto decisamente grande, da sportivo praticante; mezzo
cucchiaio basta per una dimensione più adatta a personaggi contemplativi.
Con questa dose a me ne vengono una quarantina di dimensioni
contenute.
Cuocete in forno per una decina di minuti più o meno. Indicativamente sono pronti non appena si sono completamente gonfiati, raddoppiando circa di volume. Non devono cuocere troppo per restare
tenerissimi.
Esistono altre versioni che prevedono l’uso delle uova, ma risultano
meno teneri.
relax
Memento - rivista del Mensa Italia - n. 6/2008
I rompicapo di Emma la pasticcera
Una data speciale, di Lorenzo Pescini
I
l tempo passa ma Emma sembra essere inchiodata lì, in quella
pasticceria di Via Ponte alle Mosse. Le stagioni scorrono come il
vento ma la nostra eroina è sempre dietro l’alto bancone, a fare
cappuccini, a preparare la pasta
sfoglia, a rimettere a posto e più
in generale a dare relazione alla
numerosa e variegata clientela.
Emma è ormai un icona del quartiere. Non c’è persona della
zona che non abbia gustato almeno una volta una delle sue
tante leccornie, o “capolavori
dell’arte pasticcera”, come usa dire Loreto Scorfanì uno dei clienti
più estrosi e stravaganti.
E la mattina di quel venerdì 29
febbraio, nel negozio c’era proprio lui che, ancora con i baffi imbiancati dalla schiuma del cappuccino appena sorseggiato,
stava addentando un succulento
cornetto carico di straripante
crema.
“Uhm…che prelibatezza…Emma
Emma…se non fossi single ti
sposerei!”
“Non dire sciocchezze Loreto e
pulisciti la bocca che sei tutto
sporco…” disse Emma guardando sorniona quel curioso
soggetto, un po’ musicista e un
pò filosofo.
“Sai, sto costruendo una pagina
virtuale sulla rete…dove poter mettere i miei brani, le mie poesie, le
mie riflessioni…che ne pensi?”
“Interessante. È bello poter far conoscere al mondo la propria arte,
il proprio pensiero, le proprie sensazioni.”
“È esattamente così. Prima di tutto ho deciso di cambiare il mio
orribile nome da Loreto a Lorenzo e poi il mio improponibile cognome Scorfanì diventerà Pescini. Un falso diminutivo. Come
Pollini il famoso pianista…”
“Loreto Scorfanì non mi sembrava così pessimo. Forse un po’
curioso ma il nome desueto a
molti artisti ha porta fortuna…”
disse Emma con un tono evidentemente canzonatorio.
“Insomma ho già deciso. E
aprirò la mia pagina su Myspace.
L’indirizzo sarà www.myspace.
com/lorenzopescini Una bella
idea. Vero?”
“Boh…se lo dici tu…” sbiascicò
tra i denti con tono di sufficienza.
Il giovane si stava scaldando. È
vero che voleva essere simpatico
a tutti i costi ma odiava quando
l’interlocutore non dava la giusta
considerazione a ciò che stava
dicendo.
“Il giorno dell’inaugurazione del
mio spazio virtuale sarà sommariamente unico. Come d’altronde
lo sono io. Hai già capito mio geniaccio quando tutto ciò accadrà…vero?”
“Ma che stai dicendo Loreto? Che
cosa intendi per sommariamente
unico?”. Emma lo fulminò con
una occhiata perplessa.
“Semplice! Che la somma di quel
giorno della settimana (lunedì vale 1, martedì 2, etc.), con il giorno
del mese e con il mese stesso
(gennaio vale 1, febbraio 2, etc.)
è unica nell’anno. Per esempio la
somma di oggi è 36 (5+29+2)
ma sarebbe comune ad altri giorni (es. giovedì 31 gennaio).”
Emma lo guardò stralunata. Riflettette un attimo. Poi andò al calendario e lo sfogliò ripetutamente.
“Dimenticavo…per questa data
il sito sarà già on line…” sentenziò
Loreto con un fare molto formale
mentre indicava un giorno dell’anno.
Loreto sorrideva sapendo di
aver lanciato la sfida al mito. Sperava, senza crederci fino in fondo, di averla messa in difficoltà.
“Ok…quest’ultima informazione
era necessaria per poterti dare la
soluzione!” disse poco dopo
Emma cerchiando di rosso il giorno dell’inaugurazione.
Loreto guardò stralunato il calendario. Fece un applauso. Le
mandò un bacio con la mano e
girandosi di scatto salutando
scomparì nella nebbia mattutina.
Domanda 1: In quale giorno
dell’anno sarà inaugurato
www.myspace.com/lorenzopescini?
A tutti coloro che invieranno almeno una risposta esatta, di
questo o di episodi precedenti all’indirizzo “personale” della nostra pasticcera ([email protected]), sarà data l’opportunità di
entrare nel club “I risolutori di Emma”… Partecipate numerosi!
SIG - Special Interest Groups
I SIG attivi del Mensa Italia sono: Accademia Alighieri, Borsa, Calcio, Cinema, Cucina,
Domandedaporci, Donazioni, Eros, Fotografia, Giochi, Giovani, Informatica, Job, Libri, MLab, M-obilita,
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