APPRENDERE DALL`ESPERIENZA W.R. Bion (1972) Questo libro

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APPRENDERE DALL`ESPERIENZA W.R. Bion (1972) Questo libro
APPRENDERE DALL'ESPERIENZA
W.R. Bion (1972)
Questo libro può essere considerato un contributo allo studio dei primi sviluppi dell'Io
attraverso l'indagine dello sviluppo intellettuale normale e patologico. L'argomento discusso
riguarda le esperienze emotive che sono in stretto rapporto sia con le teorie della conoscenza
che con la psicoanalisi clinica.
Secondo Bion, il pensare ed il sentire si sviluppano in stretta connessione come aspetti
funzionali dello stesso insieme. Nella personalità sono presenti fattori che si combinano tra
loro in entità stabili che possono essere definite funzioni della personalità. Con il termine
“funzione”, Bion vuole indicare l'attività mentale tipica di una certa quantità di fattori che
operano tra loro in concordanza. Questi fattori, però, non possono essere dedotti direttamente,
ma solo attraverso l'osservazione delle funzioni.
In questa pubblicazione non viene studiato il “pensiero”, ma una funzione della
personalità che tradizionalmente è chiamata “pensare”: Bion la chiama funzione alfa. Egli ci
tiene a sottolineare che questo termine è in origine privo di significato e che lui ha deciso di
utilizzarlo solo per mettere a disposizione dell'indagine psicoanalitica l'equivalente della
variabile usata in matematica, cioè un'incognita a cui può essere dato un qualsiasi valore in
base al suo uso. La funzione alfa elabora le percezioni di un'esperienza emotiva (sia che si
verifichino nel sogno o durante la veglia) producendo elementi alfa, detti anche ricordi. La
funzione alfa è la normale funzione del “comprendere” e produce del materiale utile al
“pensare”: questi elementi sono immagazzinati ed usati come pensieri. Se una persona, da
sveglia o nel sonno, ha un'esperienza emotiva ed è capace di convertirla in elementi alfa, ha
successivamente la possibilità di restare inconsapevole di quest’esperienza o di diventarne
cosciente.
Gli elementi alfa partecipano alla formazione di una barriera di contatto fra ciò che è
conscio e ciò che è inconscio. La presenza di questa barriera permette l'esistenza di una
relazione realistica dell'individuo normale con il mondo esterno e proprio per questo motivo
essa è in continua formazione. La trasformazione degli elementi che la compongono, da
consci ad inconsci o viceversa, dipenderà dalla natura di questa barriera ed esercita una diretta
influenza sulla memoria. La sua natura dipende dalla relazione presente tra gli elementi: essi
possono condensarsi, possono essere ordinati sequenzialmente come in una narrazione,
possono essere ordinati logicamente od ordinati geometricamente. Inoltre, la funzione alfa
permette il trasferimento di determinati ricordi nella parte inconscia quando è necessario
liberare parte della coscienza ai fini dell'apprendimento.
Questo processo non accade se le esperienze immediate sono caratterizzate dalla
paura. In questo caso, esse rimangono vive come “corpi estranei” contro i quali si origina un
bisogno di protezione. Inoltre, la funzione alfa è attaccata dall'invidia e dall'odio, vale a dire
da quegli aspetti che distruggono nel paziente la possibilità di un contatto consapevole con se
stesso e con gli altri nella loro qualità vivente. Quando la funzione alfa è disturbata, le
impressioni immediate, che siano emozioni e/o sensazioni, non vengono trasformate (o
digerite) in ricordi, ma danno origine a quelli che Bion ha denominato elementi beta. Le
impressioni sensoriali coscienti e le emozioni provate dal paziente restano quindi
immodificate e non possono essere utilizzate per il “pensare” perché non sono simili ai
pensieri, ma sono “cose in sé” (cioè oggetti che l'uomo non può conoscere, con cui non può
entrare in contatto). Il destino di questi oggetti è quello di essere evacuati o utilizzati da un
tipo di pensiero che si fonda sul manipolare le parole e le idee attraverso le identificazioni
proiettive e l'acting-out. Anche gli elementi beta vengono immagazzinati, ma non hanno la
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capacità di unirsi l'uno all'altro.
Per Bion, se un paziente non è in grado di trasformare la propria esperienza emotiva in
elementi alfa, non può neanche sognare poiché la funzione alfa trasforma le impressioni
sensoriali in immagini visive, il linguaggio caratteristico dei sogni. La capacità di sognare
preserva la personalità da uno stato virtualmente psicotico ed è per questo motivo che il
paziente psicotico si trova in un “particolare stato mentale” dal quale sembra che non si possa
né svegliare, né addormentare. Inoltre, gli elementi beta non possono essere resi inconsci e
non può esistere né rimozione, né repressione o apprendimento. E' tipico riscontrare in questa
tipologia di pazienti l'impressione che siano incapaci di discriminare. Nel momento in cui, le
paure primitive hanno dato origine al tentativo di evitare l'esperienza del contatto con gli
oggetti viventi, l'individuo si trova in possesso solo di uno schermo beta che è la base della
relazione psicotica che l'individuo ha con il mondo esterno.
Inoltre, Bion avanza l'ipotesi che il “pensiero” sia un qualcosa che è stato imposto
dalla realtà, e che questo apparato abbia dovuto e debba ancora modificarsi per adattarsi alle
nuove richieste dell'ambiente esterno. Secondo Melanie Klein, l'originaria funzione del
“pensiero” consisteva nel servire a liberare la psiche dall'accumularsi degli stimoli in base a
quel meccanismo che lei ha chiamato identificazione proiettiva. Questa teoria afferma che
esiste una fantasia onnipotente che fa credere che sia possibile distaccare in un determinato
momento alcune parti di personalità non desiderate e riporle dentro un oggetto. L'abilità del
paziente di inserire nella realtà la propria onnipotente fantasia d'identificazione proiettiva è
direttamente proporzionale alla sua capacità di tollerare la frustrazione: se non è in grado di
tollerarla, la sua fantasia troverà nella realtà delle rispondenze. L'intolleranza alla frustrazione
può raggiungere un grado così elevato da originare un'evacuazione immediata di elementi
beta ed un'esclusione della funzione alfa. Solo un bambino capace di tollerare la frustrazione
può permettersi di avere un senso di realtà e di essere dominato dal principio di realtà. La
conclusione di Bion è che gli elementi beta sono cronologicamente anteriori agli elementi alfa
e che la componente psichica (l'amore, la sicurezza e l'angoscia) richiede, come quella
somatica, un processo analogo alla digestione. Il “pensiero” permette, infatti, di costruire
un'autoconoscenza: esso libera la psiche dagli stimoli che vi si erano accumulati avendo però
la possibilità nello stesso tempo o di evadere dalla frustrazione o di modificarla.
Grazie all'esperienza clinica, Bion si è accorto che lo schermo degli elementi beta è
dotato di una speciale proprietà. La molteplicità degli elementi disconnessi tra loro che il
paziente porta all'analista rappresenta una situazione dinamica in evoluzione e in questo
processo affiora un aspetto di coerenza, cioè quello di provocare le risposte desiderate dal
paziente, ovvero indurre nell'analista una reazione fortemente carica di controtransfert. E' una
situazione simile a quella che si riscontra nel bambino all'inizio della sua vita, che ha con la
realtà il contatto che gli basta per comportarsi in modo da suscitare nella madre la presenza di
quelle sensazioni che egli non intende avere o che comunque desidera che la madre abbia.
La cura psicoanalitica deve necessariamente provvedere a sostituire lo schermo beta
con la barriera di contatto: questo è un processo vitale perché la barriera di contatto permette
lo stabilirsi di una relazione. Questa barriera permette di continuare a credere che la relazione
sia un evento reale soggetto alle leggi della natura ed impedisce sia che questa credenza sia
sommersa da emozioni e fantasie di origine endopsichica, sia che le emozioni endopsichiche
vengano sopraffatte dal punto di vista della realtà. Per Bion, il senso della realtà ha per
l'individuo la stessa importanza del cibo, dell'acqua e dell'aria e quindi il non far uso
dell'esperienza emotiva produce effetti disastrosi sullo sviluppo della personalità. Per lui, i
deterioramenti psicotici sono come una “morte della personalità”.
La funzione alfa esiste quando determinati fattori operano in concordanza. Se per
qualche motivo essi non lo fanno, l'incapacità che si crea è grave perché oltre agli svantaggi
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derivanti da un'incapacità di apprendere dall'esperienza rimane insoddisfatto anche il bisogno
di essere consapevoli di un'esperienza emotiva: per Bion questo bisogno è simile a quello di
essere consapevole dell'esistenza degli oggetti concreti attraverso le impressioni sensoriali.
Bion scrive che tutto questo implica una carenza di verità e per lui la verità sembra essere
qualcosa di essenziale per la salute psichica. Se il paziente non può pensare i propri pensieri,
cioè se non ha l'apparato del “pensare” (la funzione alfa), vive conseguentemente
un'intensificazione della frustrazione e si viene a trovare proprio in quel punto che desiderava
evitare: si trova cioè a confronto con una tensione e frustrazione che non può essere alleviata
dalla capacità di pensare.
Secondo me, il fine ultimo di questa pubblicazione è di rendere evidente come nessun
modello teorico combaci perfettamente con la rappresentazione della realtà. Bion sostiene
che, coloro che non hanno la capacità di tollerare la frustrazione di non comprendere, credono
nell'esistenza di una condizione in cui tutto è noto e sono stimolati ad astrarre ulteriormente
costruendo nuovi modelli. Per Bion:
“La capacità di ricordare quanto ha detto il paziente deve andare di pari passo con la capacità
di dimenticare, sì che ogni seduta sia una seduta nuova, vale a dire una situazione ignota, da
indagare psicoanaliticamente, senza essere troppo offuscata da preconcetti e concetti erronei.
D'altro canto, l'analista ha pure bisogno di tutta la conoscenza del paziente e di tutte le
scoperte ed il lavoro dei propri predecessori. Ciò rende più urgente l'esigenza di una struttura
solida, di un tessuto teoretico che possa però venire usato con flessibilità e che renda più
facile scorgere le deviazioni dalla teoria dovute al bisogno di alleviare la rigidità della
struttura teoretica.” (Bion, 1972, pp.79)
Bion ha provato quindi a costruire uno strumento di lavoro, cioè un sistema di annotazione
che permetta di registrare il lavoro psicoanalitico allo stesso modo in cui il sistema di
annotazione matematico registra i fatti. Bion è consapevole dell'imperfezione di qualsiasi
strumento che descriva la complessità della realtà, ma esso è pur sempre un punto di partenza
utile al lavoro analitico. Ha deciso, quindi, di prendere in considerazione le emozioni
fondamentali (amore e odio) ed ha individuato tre relazioni che giudica tipiche del legame
presente tra due oggetti, perché un'esperienza emotiva avulsa da una relazione è, per lui,
inconcepibile. Le relazioni che possono esistere sono le seguenti:
 X ama Y
questo legame viene definito con il segno L (love)
 X odia Y
questo legame viene definito con il segno H (hate)
 X conosce Y questo legame viene definito con il segno K (knowledge)
Lo scopo a cui tende la scelta tra L, H e K è di formulare una proposizione che per l'analista
sia vera. Bion ha notato che L ed H pur esercitando una certa influenza non sono in grado di
condurre da soli a K. Quindi, ha scelto di studiare attentamente il legame K per l'importanza
che riveste nell'apprendimento dall'esperienza. Egli si è domandato: come può X conoscere
qualcosa? Per lui la risposta a questa domanda esprime un sentimento che si manifesta con
caratteri dolorosi. Un'esperienza emotiva dotata di caratteri dolorosi (rabbia, paura) può dare
inizio o al tentativo di modificare la realtà oppure a quello di fuggire da quella realtà dolorosa.
La scelta tra queste due possibilità dipende da quanto la personalità è in grado di sopportare la
frustrazione. Fuggendo dal dolore non vi è l'appropriazione della conoscenza di Y ed invece di
un'esperienza emotiva dolorosa vi è la rappresentazione di un'altra che è immaginata non
dolorosa: in pratica non si tende ad affermare, ma si tende a negare la realtà. Così facendo,
l’esperienza emotiva non viene rappresentata correttamente, ma viene falsata.
Per Bion, l'analista, dovendo trattare con la complessità della mente umana, deve
diffidare di ogni metodo scientifico anche nei casi in cui questo sia accettato da tutti.
Attraverso l'osservazione delle funzioni e la conseguente individuazione dei fattori che le
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costituiscono, è possibile evitare la costruzione di nuove teorie, considerate utili da Bion solo
a colmare la distanza tra la teoria e l'osservazione clinica. Egli è convinto della scientificità
della pratica psicoanalitica e ritiene una psicoanalisi una esperienza formativa indispensabile
per lo psicoanalista in quanto rende possibile la correlazione tra conscio ed inconscio. Per lui
è però importante anche studiare le conseguenze delle costruzioni teoriche errate e le
conseguenze che si creano nel non disporre di un sistema di annotazione delle sedute
analitiche e di una forma di controllo costante nei confronti degli strumenti psicoanalitici. Per
Bion, la forza della psicoanalisi non risiede nelle tante teorie di cui dispone, ma al contrario
nel fatto che si possa far fronte ad ogni circostanza che si presenta servendosi di una quantità
ridotta di teorie.
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