Promotio Iustitiae
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Promotio Iustitiae
Promotio Sei etnie indigene e il contributo Iustitiae del commercio equo e solidale Roberto Núñez e Silvia Macías. Membri della CVXMessico. n° 108, 2012/1 In questo articolo l’autore descrive la sua esperienza di volontario in Messico, dove, insieme ad altri compagni ha fondato un’associazione che tutela i diritti delle popolazioni indigene. Dalle ceneri alzarono, con dignità, i frutti del loro lavoro, per mangiare e vivire, ma i mercati d’ingiustizia li presero per ingoiarseli, e continuarono a vivere. Pedro Arriaga SJ. Dieci anni fa, in 13 volontari, per la maggior parte appartenenti a diversi gruppi della CVX (Comunità di Vita Cristiana) di Guadalajara, e del Messico, abbiamo risposto all’invito di Gonzalo Rosas SJ, che veniva da una permanenza di vari anni in Chiapas ed era alla ricerca di un modo per continuare ad aiutare i compas (i compagni) di questa regione. Ci incoraggiò a diventare distributori dei loro manufatti artigianali e del caffè biologico che iniziavano a produrre. Ci sembrò estremamente importante poter fare qualcosa per loro. Abbiamo così costituito l’associazione Manos Indígenas Trabajando (MIT), che, oggi, è anche un marchio registrato, con l’obiettivo precipuo di: • Contribuire a far sì che alcuni indigeni possano vivere con il prodotto del loro lavoro, • Sensibilizzare l’opinione pubblica al valore della cultura, delle tradizioni, e dell’arte indigene, Segretariato per la Giustizia Sociale e l’Ecologia • Promuovere la filosofia del commercio equo e solidale. Non solo ci siamo organizzati per procedere alla vendita degli articoli prodotti in Chiapas, ma abbiamo, via via, incorporato alcune delle 11 etnie (in diversi di questi gruppi vi è un gesuita che ne promuove la vita degna). In particolare, serviamo: gli indios tzotziles e tzeltales del Chiapas, che producono caffè biologico e bei tessuti con ricami dai disegni simmetrici; gli indios wirárikas che, nella sierra di Jalisco, dipingono quadri e decorano oggetti con fili di perline colorate e con i simboli ancestrali della loro mitologia; i mixtecos, migranti radicati a Guadalajara, che realizzano prodotti ornamentali con materiale ricavato dalla palma; i rarámuris, nomadi provenienti dall’impressionante Barranca del Cobre e dalle montagne circostanti, che nella produzione dei manufatti artigianali utilizzano fibre naturali ricavate dal loro habitat; e i purépechas dell’altopiano tarasco del Michoacán, specializzati nei lavori con il fango, il rame e diverse fibre naturali della regione. Tutto ciò ci consente di disporre di Compagnia di Gesù un’ampia varietà di oggetti artigianali selezionati, che è risultata essere uno dei nostri maggiori successi, per mantenerci come canale di distribuzione di questi prodotti. E’ stata una testimonianza, e una ricerca di possibili forme di risposta al richiamo silente di questi fratelli, che abitavano questo territorio molto prima di noi meticci, che ora ci comportiamo come padroni dello stesso. Due migranti indigeni sono stati il perno centrale di questo programma: Celeste, una mixteca, e Rodolfo, un chiapaneco. La prima realizza con sottili strisce di palma orecchini e miniature raffiguranti uomini e animali, e si occupa delle persone interessate ad acquistare i loro prodotti artigianali e quelli delle altre etnie che abbiamo in esposizione. A Rodolfo è stata affidata la responsabilità di stabilire e mantenere i rapporti con gli artigiani indigeni, soprattutto del Chiapas. Rappresenta anche un modesto tentativo di fare corpo apostolico organizzato e facilitatore di sinergie con laici appartenenti a diverse comunità della CVX e ad altre organizzazioni, così come con gesuiti di varie opere. Entrambi hanno sviluppato il proprio lavoro nel MIT, e vanno ora creandosi nuove opzioni di sviluppo personale: Rodolfo ha terminato il corso di laurea in Economia e Amministrazione d’Impresa presso l’ITESO, l’università gesuita locale, mentre Celeste, insieme a sua sorella, ha aperto un’attività in proprio, per la vendita dei prodotti artigianali che realizza. Manteniamo una presenza costante nelle attività del Centro Ignaziano di Spiritualità, così come in diverse istituzioni educative della zona metropolitana. Si tratta di un’azione duplice: vendere, e far sì che la mente e il cuore di quanti si avvicinano al nostro stand non dimentichino che più di 10 milioni di messicani sono indigeni e hanno gli stessi diritti di ciascuno di noi a vivere una vita degna, e a veder rispettate la loro cultura e le loro tradizioni. Sono stati superati non pochi ostacoli e sono stati investiti non pochi contributi economici. Con gli uni e con gli altri abbiamo trovato le modalità che meglio rispondono ai nostri obiettivi e ai nostri limiti di tempo e di esperienza. Non sappiamo come valutare in modo corretto l’impatto della nostra azione, ma ci è capitato con una certa frequenza di incontrare sconosciuti che hanno sentito parlare del MIT e che considerano estremamente valido il suo apporto. Senza dubbio è quello del “fa tutto come se da te dipendesse, e confida pienamente nel Signore come se tutto da Lui dipendesse”. Attraverso questo lavoro e le manifestazioni pubbliche dello stesso, altre persone si sono sentite motivate a cercare di fare qualcosa a favore degli indigeni. In un articolo pubblicato da un quotidiano a tiratura nazionale viene riportato quanto segue: il gruppo offre consigli agli indigeni in merito ai processi di qualità e propone loro progetti che prevedono l’elaborazione di ulteriori accessori moderni, come porta agende, telefoni cellulari, o computer. Promotio Justitiae, n° 108, 2012/1 2