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RICERCHE La ricerca è stata coordinata da Riccardo Mercurio e Stefano Consiglio. Alla realizzazione dello studio hanno partecipato Paolo de Vita, Luigi Moschera e Mario Pezzillo Iacono. Si ringraziano per il puntuale e continuo supporto l’avv. Aldo Enea Zanfagna e la dott.ssa Brunella D’Errico dell’Unione degli Industriali della Provincia di Napoli. Si ringraziano, infine, Barbara Marino e Riccardo Staffa del Cesit per il supporto nella redazione del rapporto. Unione Industriali Napoli CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA ARTIGIANATO ED AGRICOLTURA NAPOLI Centro Studi e Ricerche Sistemi di Trasporto Collettivo LE CAPACITÀ E LE COMPETENZE DELL’INDUSTRIA FERROTRANVIARIA DELLA PROVINCIA DI NAPOLI Editoriale Scientifica © Copyright 2005 Editoriale Scientifica s.r.l. Via San Biagio dei Librai, 39 80138 Napoli ISBN 88-89373-63-6 Indice sommario Prefazione di Gaetano Cola 7 Introduzione di Giovanni Lettieri 9 PARTE I LA RICERCA Premessa di Riccardo Mercurio 13 1. Il settore ferrotranviario: lo scenario di riferimento di Luigi Moschera 1.1 Premessa. La delimitazione dei confini settoriali 1.2 Il settore ferrotranviario in Italia e nel mondo 1.3 Le caratteristiche dell’industria ferrotranviaria italiana 17 2. Il quadro strutturale del settore ferrotranviario nella provincia di Napoli di Mario Pezzillo Iacono 2.1 L’oggetto dell’indagine e la metodologia utilizzata 2.2 La dimensione complessiva del settore. Alcuni dati di sintesi 2.3 Il peso dell’industria ferrotranviaria nella provincia di Napoli 2.4 Il mercato di riferimento 2.5 Le caratteristiche generali del settore 3. Le capacità e le competenze per competere di Luigi Moschera 3.1 Gli assetti strategico-organizzativi. Un quadro di sintesi 3.2 Le capacità e le competenze per l’innovazione e la R&S 3.3 Le capacità e le competenze commerciali e di marketing 3.4 Le relazioni interorganizzative 17 21 34 39 39 42 44 46 51 69 69 71 77 79 5 4. Sintesi e conclusioni 4.1 Le caratteristiche del comparto: una visione di sintesi di Paolo de Vita 4.2 I possibili percorsi evolutivi del comparto di Stefano Consiglio 87 87 93 PARTE II LA TAVOLA ROTONDA Introduzione ai lavori Fausto Cutuli 105 105 Vicepresidente Unione degli Industriali della Provincia di Napoli Luigi Iavarone 105 Componente Gruppo Piccola Industria Unione degli Industriali della Provincia di Napoli Ennio Cascetta 106 Assessore ai Trasporti della Regione Campania Luigi Nicolais 108 Assessore all’Università ed alla Ricerca Scientifica della Regione Campania Ugo Caselli 110 Vice Direttore Generale Industriale AnsaldoBreda S.p.a. Giorgio Fiore 111 Vice Presidente FIREMA Trasporti S.p.a. Giancarlo Schisano 113 Direttore Divisione Trasporto Regionale Trenitalia S.p.a. Vincenzo Torrieri 115 Direttore Progetto Centro Regionale di Competenza sui Trasporti Università degli Studi di Napoli Federico II Riccardo Mercurio 116 Direttore Scientifico Cesit Conclusioni Giovanni Lettieri 119 119 Presidente dell’Unione degli Industriali della Provincia di Napoli Bibliografia 6 123 Prefazione Tra i comparti della vecchia impresa a partecipazione statale che meglio hanno retto al declino di tale modello di sviluppo produttivo meridionale, vi è di sicuro l’industria ferrotranviaria. È difficile sintetizzare in poche righe quali siano le ragioni di una simile capacità di resistere al “mutamento di stagione”, all’avanzata del libero mercato, allo smantellamento neppure tanto graduale dell’intervento pubblico così come concepito nel secondo dopoguerra. Di sicuro, a giocare un peso è stata la presenza di un mix virtuoso fatto di preesistenze aziendali avanzate tecnologicamente e, ancor più, di risorse umane qualificatissime. Fior di ingegneri e tecnici che hanno permesso, in questo come in altri segmenti, ad esempio l’aerospaziale, di garantire quel “nocciolo duro” su cui si è potuto con più facilità basare programmi di ristrutturazione produttiva, di ammodernamento e razionalizzazione, di adeguamento alle nuove esigenze dei mercati. È un dato, in ogni caso, che l’industria dei trasporti in generale trovi ancora oggi nel napoletano uno dei suoi poli di eccellenza a livello nazionale. È un patrimonio non solo da difendere, ma da valorizzare, uno degli assi su cui costruire il futuro dell’area metropolitana di Napoli e dell’intera regione Campania. Ciò premesso, diventa quasi pleonastico ribadire le motivazioni per le quali la Camera di Commercio partenopea ha voluto supportare concretamente questo pregevole studio – una fotografia che al tempo stesso è un’analisi – dell’industria ferrotranviaria locale. Al servizio com’è degli interessi generali dell’impresa napoletana, l’Ente contribuisce coerentemente a promuovere quelle iniziative di approfondimento che facilitino la comprensione dei problemi e l’elaborazione delle strategie più opportune per la crescita economica e sociale del territorio. 7 A tal riguardo la Camera di Commercio opera articolatamente. Oltre al sostegno a studi e ricerche, assicura l’informazione economica fondamentale, promuove l’internazionalizzazione dell’impresa locale, assiste le aziende e finanzia progetti di sviluppo, contribuisce alla formazione professionale, incentiva l’innovazione tecnologica come la certificazione di qualità. La ricerca sulle capacità e le competenze dell’industria ferrotranviaria in provincia di Napoli ha, tra le altre virtù, quella di sottolineare le relazioni preziose tra le aziende leader del comparto e le numerose pmi napoletane impegnate in un duplice confronto: all’interno, per superare dimensioni che i nuovi tempi rivelano troppo anguste per fronteggiare esigenze produttive sempre più complesse; all’esterno, per superare retaggi culturali e difficoltà organizzative, sì da poter avviare processi di collaborazione sia verticali che orizzontali, ovvero verso aziende committenti come verso partner di prodotti e processi produttivi. La qualità e la valenza propositiva del lavoro, che parte dal monitoraggio dell’esistente per delineare le prospettive di sviluppo nel breve e medio termine, costituisce la migliore dimostrazione della sua validità. In tale direzione, vale a dire sostenendo simili contributi, la Camera di Commercio continuerà a operare, con risorse finanziarie e col supporto di una macchina organizzativa e scientifica di sperimentata efficacia. Gaetano Cola Presidente Camera di Commercio di Napoli 8 Introduzione Come si conciliano tradizione e globalizzazione? Come si difende l’attività produttiva locale in un’epoca segnata dall’avanzata dei competitor dei paesi di nuova industrializzazione all’interno dei mercati occidentali? Quale evoluzione può avere in un’area come quella napoletana il rapporto tra grande e piccola impresa in un settore strategico come quello dei trasporti e, in particolare, dell’industria ferrotranviaria? Questo studio aiuta a rispondere efficacemente a tali domande. Non è un testo accademico, entra nel cuore dei problemi e delinea strategie, propone modelli di crescita, tipologie di collaborazione, scenari per il prossimo futuro, partendo da una analisi puntuale, condotta “sul campo”, delle realtà preesistenti. È l’obiettivo che ci eravamo prefissi, il risultato che volevamo cogliere allorché, come Unione Industriali di Napoli, abbiamo voluto promuovere il lavoro. L’industria manifatturiera è un valore da non disperdere, l’ho ribadito anche nel corso del convegno di presentazione dello studio svoltosi all’Unione. Per poterlo salvaguardare è importante ricercare costantemente la qualità, innovare i prodotti, i processi e l’organizzazione complessiva delle aziende per stare in linea con le esigenze di una competizione ormai senza più confini. Occorrono tuttavia anche altri elementi. La ricerca di settore, gli approfondimenti di problematiche e prospettive effettuati nell’ambito di singoli territori rientrano tra i presupposti necessari per poter elaborare opportune strategie. C’è bisogno poi di favorire la diffusione di nuove modalità di interlocuzione tra soggetti – produttivi e di servizio – diversi, per troppo tempo abituati a cliché, ormai non più percorribili, lontanissimi dalle moderne logiche della integrazione sistemica e territoriale. Oggi aumento della qualità, riduzione dei costi e dei 9 tempi camminano di pari passo con una maggiore fluidità e funzionalità di rapporti tra committenti e fornitori, tra produttori e subproduttori. È questa – anche – l’essenza del concorrere per territori. È questa la strada attraverso la quale settori di grande prestigio e di elevata qualificazione come l’industria ferrotranviaria napoletana possono trovare spazi per ulteriori consolidamenti ed espansioni negli anni a venire. Un contributo a tracciare le linee guida, a tenere la barra dritta verso l’approdo alle nuove mete poste all’impresa locale dai mutamenti epocali in atto può venire dal sostegno concreto del mondo associativo. Questo lavoro ne è testimonianza. Ci ripromettiamo di aggiungerne altre, numerose, che come comune denominatore abbiano gli interessi dell’impresa napoletana e dello sviluppo economico e sociale delle nostre terre. Giovanni Lettieri Presidente Unione Industriali Napoli 10 PARTE I LA RICERCA Premessa In Campania, l’industria ferrotranviaria rappresenta da anni una significativa realtà produttiva, con un rilievo non solo nazionale, ma anche internazionale. Nonostante la tradizionale presenza, nel tempo la struttura industriale, sia per quel che riguarda il segmento della produzione di impianti e materiale rotabile sia per quanto riguarda i segmenti di servizi (riparazione, manutenzione, revamping, ecc.), ha in parte perso quella visibilità necessaria a garantire il mantenimento di crescita competitiva per l’intero comparto regionale. È sembrata pertanto di particolare rilievo un’analisi di settore finalizzata all’individuazione delle competenze generali e distintive e delle capacità progettuali, di innovazione e produttive delle aziende dell’industria ferrotranviaria della provincia di Napoli presenti nei diversi segmenti di business. Tale analisi può, infatti, contribuire ad una più chiara definizione di nuove strategie di sviluppo industriale allo scopo di evidenziare le opportunità di creazione di collegamenti tra le realtà produttive esistenti, soprattutto per la realizzazione di sinergie tra operatori di diversa dimensione. Ciò appare di notevole interesse soprattutto in una regione dove negli ultimi anni si sono concentrate numerose risorse ed investimenti nel settore dei trasporti e, inoltre, risultano maggiormente definite le scelte di pianificazione dei soggetti regolatori. La ricerca è stata rivolta, pertanto, allo studio dell’attuale assetto dell’industria ferrotranviaria nella provincia di Napoli con lo sguardo attento alla verifica della struttura, delle dinamiche evolutive, nonché delle problematiche strategiche ed operative in relazione al quadro industriale e di mercato verso il quale il settore si sta muovendo. Particolare attenzione è stata data al nuovo contesto competitivo, caratterizzato da significative componenti innovative 13 sia sul piano tecnologico, sia delle dinamiche di mercato, sia degli assetti strategici degli industriali e delle aziende di trasporto. La metodologia utilizzata è quella di un approccio empiricoapplicativo, difatti lo spazio più ampio è riservato al lavoro di rilevazione di dati ed informazioni raccolti presso le aziende presenti nei diversi segmenti della filiera ferrotranviaria: produzione di materiale rotabile e impianti (prodotti finiti e componenti), riparazione del materiale rotabile, servizi di manutenzione e revamping, armamento ferroviario. La ricerca ha voluto operare una ricognizione di campo puntuale dell’attuale assetto strutturale e competitivo del settore; l’analisi si è svolta mediante l’identificazione delle realtà produttive operanti nei molteplici comparti industriali connessi al settore ferrotranviario e fondata sulle dimensioni quantitative (identificazione dei profili aziendali riferiti a occupazione, capacità produttiva, fatturato, performance, ecc.) e qualitative (valutazione dei caratteri e delle tendenze di comportamento competitivo, misurabile attraverso parametri quali i profili delle competenze e capacità tecnologiche e commerciali, i vincoli/opportunità di integrazione industriale, le potenzialità sui mercati extra-regione). Si è, inoltre, sviluppato l’approfondimento degli indicatori di carattere economico-finanziario delle imprese oggetto dello studio, in base alle opportune metodologie di analisi di bilancio. Il report di ricerca è articolato in quattro capitoli. Nel primo capitolo, dopo una breve premessa sulla delimitazione metodologica del settore, vengono illustrate le principali caratteristiche dell’industria ferrotranviaria in uno scenario competitivo nazionale e internazionale. Vengono presentati, infatti, i principali fattori di mutamento e quelli critici di successo che caratterizzano l’attuale contesto competitivo. Il secondo capitolo è, invece, dedicato alla presentazione e all’analisi dei risultati dell’indagine su campo effettuata. La prima parte illustra la metodologia seguita e la composizione dell’universo indagato, mentre la seconda si sofferma sull’analisi delle caratteristiche strutturali dei singoli comparti rilevati in termini di assetto proprietario, addetti, fatturato, analisi economico-finanziaria, ecc. Il terzo capitolo illustra le caratteristiche dell’industria ferrotranviaria della provincia di Napoli dal punto di vi14 sta delle capacità e competenze possedute e degli assetti strategicoorganizzativi rilevati. Il quinto capitolo presenta, infine, una sintesi della ricerca e le principali conclusioni in termini anche di una possibile evoluzione del distretto e dei percorsi di crescita competitiva delle singole imprese in esso operanti. 15 16 1. Il settore ferrotranviario: uno scenario di riferimento 1 1.1 Premessa. La delimitazione dei confini settoriali 2 La categoria analitica del settore ha sempre rappresentato un riferimento importante per l’identificazione dei concorrenti di un’impresa, per l’individuazione di tendenze evolutive, per la valutazione dell’impatto di nuove tecnologie e/o nuovi prodotti, per la comprensione delle regole competitive 3. L’estrema mobilità dei confini settoriali, la sempre maggiore difficoltà di tracciare una chiara linea di demarcazione tra imprese o organizzazioni che possano essere ritenute parte di uno stesso settore, la forza, la pervasività delle dinamiche di sviluppo e cambiamento economico e tecnologico, impongono di volta in volta l’individuazione di criteri definitori 4 coerenti con le dinamiche in atto e con le finalità di ricerca. 1 Nota metodologica. Il capitolo è stato redatto attraverso analisi bibliografica, analisi report e bilanci aziendali, analisi materiale promozionale delle aziende di produzione, report delle associazioni di categoria nazionali e internazionali, somministrazione di questionari e schede di rilevazione alle aziende di produzione, materiale e studi prodotti dal Cesit. 2 L’autore del presente paragrafo è Mario Pezzillo. 3 Per un approfondimento in merito si veda MERCURIO R. e TESTA F. (a cura di), Organizzazione. Assetto e relazioni nel sistema di business, Giappichelli, Torino 2000. Si veda anche VOLPATO G., Metodologia dell’analisi settoriale, Ca’ Foscari, Venezia 1981. 4 Sulla rilevanza delle problematiche definitorie in termini generali per lo sviluppo della scienza organizzativa, si veda JENSEN M.C., “Organization Theory and Methodology”, The Accounting Review, April, vol. 58, n. 2, pp. 319-339, 1983. 17 Lo sforzo di definizione dei confini dell’industria ferrotranviaria, così come quello relativo a tutti i settori nei quali si realizzano prodotti complessi, presenta un elevato grado di difficoltà, connesso sia alla pluralità e diversità delle tecnologie e delle aziende che convergono nel settore, sia alla constatazione relativa al fatto che l’ambito competitivo in cui operano le aziende considerate nella ricerca è un sottoinsieme del più ampio business ferrotranviario. A considerazione di ciò, il primo passo che bisogna fare al fine di delimitare il settore ed ottenere un quadro di riferimento che faccia da sfondo all’analisi delle aziende incluse in questa ricerca, è l’individuazione e la rappresentazione dei principali fattori che definiscono il business ferrotranviario. Questo business system 5 può essere rappresentato in maniera schematica ricorrendo ad un noto strumento tecnico, la matrice di Abell 6, ponendo al centro dell’analisi i bisogni dell’utilizzatore, ossia gli esercenti il trasporto, ed utilizzando tre dimensioni: le funzioni d’uso (i bisogni), i clienti e le tecnologie. Sull’asse verticale della figura 1.1 sono rappresentati i bisogni o le “funzioni” che la clientela richiede: attività di progettazione, di consulenza, opere civili, armamento delle linee, impianti fissi (di segnalamento, comando, controllo, telecomunicazione e alimentazione), materiale rotabile (trainante e trainato), riparazione e manutenzione. Sull’asse orizzontale sono indicati i clienti delle aziende: gli esercenti il trasporto collettivo su rotaia in ambito urbano ed extraurbano, ossia le aziende pubbliche che gestiscono le linee ferroviarie nazionali, le ferrovie regionali in concessione, le aziende municipalizzate di trasporto, nonché le imprese private che richiedono carri merci di tipo speciale. Sul terzo asse, infine, sono indicate le tecnologie, ossia le modalità attraverso le quali si soddisfano le esigenze della clientela. 5 “Il business system non rappresenta uno specifico mercato né un settore dai confini già predeterminati, né un sistema sociale da osservare nelle sue dinamiche e trasformazioni. È piuttosto una categoria logica da applicare per evidenziare il contesto economico e sociale su cui si sviluppa e da cui è influenzata l’azione manageriale volta ad organizzare le risorse economiche necessarie al conseguimento di specifici obiettivi”. Si veda MERCURIO R. e TESTA F. (2000) (a cura di) op. cit. Il riferimento tratto è a pag. 19. 6 Si veda ABELL D.F., Defining the business, Prentice Hall, 1980. 18 Fig. 1.1 - Il business ferrotranviario Proprio la dimensione “tecnologica” è uno strumento molto utile per circoscrivere e delimitare, ed al tempo stesso rappresentare, i confini di un settore, come già sottolineato, molto ampio e complesso. La tecnologia alla base dei sistemi convenzionali di trasporto ferroviario non ha subito negli ultimi cinquanta anni cambiamenti rivoluzionari. Se si esaminano i sistemi convenzionali si può infatti notare che tuttora il “sistema treno” è costituito da: un veicolo di trazione (con apparecchiature per la trasformazione di energia e per la trasmissione del movimento alle ruote) che traina veicoli non motorizzati (merci o passeggeri) su una strada ferrata sotto la tutela di norme e strumenti per garantirne la sicurezza ed il controllo del traffico durante la marcia. Se da un lato una tale affermazione può sembrare semplicistica e superficiale, anche nella descrizione del sistema, dall’altro pone in evidenza la complessità del sistema-treno e, di conseguenza, l’importanza dei singoli “sub-sistemi tecnologici”. Sono, infatti, le innovazioni “incrementali” e “radicali” in tali aree che hanno permesso e permettono tuttora il progresso di tale modalità di trasporto convenzionale. In particolare, si può osservare un duplice sviluppo tecnologico all’interno dei singoli elementi costituenti il prodotto finito: nei processi produttivi e negli aspetti innovativi dei singoli prodotti. 19 L’offerta di prodotti finiti nel settore è scomponibile in: A. materiale rotabile Il materiale rotabile si suddivide a sua volta in materiale di trazione e trainato, ed in particolare: – materiale di trazione • materiale di trazione motore: veicoli di trazione (locomotive diesel, elettriche, diesel-elettriche, ecc.) per distanze solitamente non urbane e destinati a trainare materiale rotabile non motorizzato; • materiale di trazione automotore: veicoli con doppia funzione di trazione e di trasporto (elettrotreni suburbani, motrici per metropolitane, motrici per metrò leggero, tram tradizionali, elettrotreni a lungo percorso, ecc.); – materiale trainato: veicoli passeggeri, veicoli speciali passeggeri (carrozze ristorante, carrozze letto, carrozze con cuccette, ecc.), veicoli merci, veicoli speciali. B. impianti fissi (e sistemi per gli impianti fissi) – impianti di controllo/comando: • impianti di segnalamento ferroviario 7; • impianti di controllo del traffico 8. – impianti di alimentazione: comprendono le apparecchiature destinate alla fornitura di energia per veicoli a trazione elettrica e alla protezione dell’intero sistema di trazione. – impianti di telecomunicazione. Tale sommaria descrizione, anche se si ferma al livello dei singoli sub sistemi, a loro volta suddivisibili in più o meno numerosi sottoassiemi (ad es.: assile, carrello, cassa, sala montata ecc.), parti 7 Per segnalamento ferroviario si intende l’insieme di impianti (di terra e di bordo) destinati a garantire la sicurezza del veicolo e ad evitare collisioni (con altri treni o con strutture fisse) o deragliamenti (si fa rientrare nel “segnalamento” anche l’aspetto normativo e regolamentare per la tutela della sicurezza ferroviaria). 8 Gli impianti di controllo del traffico comprendono l’insieme di dispositivi ed apparati per il coordinamento e la gestione del traffico dei veicoli ferroviari lungo le linee ed i nodi, definendo le priorità secondo criteri di sicurezza ed ottimizzazione nell’uso delle linee stesse. 20 e componenti (chopper, inverter ecc.), mette in evidenza la complessità del prodotto ferrotranviario; quest’ultima si riflette direttamente sulla vasta e variegata composizione del patrimonio tecnologico necessario per la realizzazione delle singole componenti del prodotto finito. Se si vogliono individuare le tecnologie “caratterizzanti” il settore ferrotranviario, il campo di analisi si restringe notevolmente. Nella tavola seguente si evidenzia il carattere pervasivo delle tecnologie attualmente “caratterizzanti” il settore. Tav. 1.1 - La pervasività delle tecnologie nel settore ferroviario 1.2 Il settore ferrotranviario in Italia e nel mondo 1.2.1 Lo scenario internazionale di riferimento. I fattori di mutamento Il settore ferrotranviario mondiale ha vissuto nel corso degli anni ’90 un radicale processo di trasformazione che ha modificato in modo incisivo le sue “regole del gioco”. Schematizzando, è possibile individuare quattro principali fattori di mutamento: – la modifica del comportamento degli organi governativi; – la modifica della struttura e dei comportamenti degli esercenti; – la graduale omogeneizzazione degli standard tecnici; – i comportamenti strategici dei principali gruppi industriali europei. 21 2. La modifica del comportamento degli organi governativi L’enorme influenza che gli organi governativi tradizionalmente esercitavano sugli enti committenti si concretizzava, in primo luogo, nella definizione dell’ammontare degli investimenti ed in secondo luogo nel condizionamento delle procedure di acquisto. I mutamenti hanno riguardato la scelta da parte di numerosi paesi di investire in modo massiccio sia su nuovi sistemi di trasporto su ferro (sistemi ad alta velocità) che sui sistemi urbani, supportando in tal modo lo sviluppo dell’industria ferrotranviaria. I governi nazionali, inoltre, sebbene in misura diversa, hanno progressivamente abbandonato le posizioni protezionistiche e sotto la spinta dell’Unione Europea hanno avviato un processo di apertura delle gare nazionali alla concorrenza straniera. 2. La modifica della struttura e dei comportamenti degli esercenti La separazione tra gestori delle infrastrutture e gestori del servizio ha sancito una totale ridefinizione dei ruoli all’interno degli esercenti nazionali e regionali ed ha condotto ad una profonda modifica sia delle figure coinvolte nel processo di acquisto sia negli stessi comportamenti di acquisto. 3. La graduale omogeneizzazione degli standard tecnici L’importanza di tale aspetto e l’esigenza di accelerare il processo di omogeneizzazione sono collegate principalmente dalla necessità di costruire una rete ad alta velocità europea per la quale la disomogeneità tecnologica avrebbe rappresentato un vincolo al rilancio dell’intero settore ferrotranviario. Su questo fronte è necessario sottolineare ancora la spinta propulsiva e fattiva proveniente dagli organi dell’Unione, che si è concretizzata nella realizzazione di numerosi progetti ad hoc. 4. I comportamenti strategici dei principali gruppi industriali europei La spinta verso la globalizzazione è stata, inoltre, accelerata da alcuni gruppi industriali europei che hanno “forzato” le regole del gioco e hanno anticipato e, quindi, favorito i mutamenti in atto 9. 9 Per un approfondimento si veda D’AVENI R.A., Hipercompetition: Managing the Dynamics of Strategic Maneuvering, New York: The Free Press, 1994. 22 Alcuni gruppi industriali, prima tra tutti l’ABB (poi Adtranz, oggi acquisita da Bombardier), scelgono, infatti, di abbandonare l’approccio multidomestico in cui era privilegiata l’autonomia tra le consociate nazionali, a favore di un loro maggiore coordinamento, determinando interessanti novità sullo scenario competitivo 10. Il coordinamento, infatti, ha consentito a tali gruppi di sviluppare progetti di investimento in R&S in comune, aumentare il proprio know how tecnologico grazie alla collaborazione con più aziende di trasporto nazionali europee, sfruttare le maggiori economie di scala mediante la specializzazione nazionale delle produzioni, essere coinvolti in diversi progetti di ricerca nazionali 11. Tale approccio ha rotto la situazione di equilibrio stabile che caratterizzava il mercato ferrotranviario e ha aperto la strada delle collaborazioni, delle alleanze e delle fusioni/acquisizioni. 1.2.2 I nuovi fattori critici di successo Le mutate condizioni di mercato hanno modificato i fattori critici di successo del settored e alcuni aspetti che in passato non assumevano una rilevanza centrale sono diventati molto significativi. 1. Il rapporto prezzo/qualità Il rapporto prezzo/qualità del prodotto tende indubbiamente a conquistare posizioni nella scala di priorità fissate per l’assegnazione di commesse da parte dei committenti. 2. Le referenze tecnologiche e commerciali Le referenze tecnologiche e commerciali hanno assunto un ruolo centrale, poiché permettono all’impresa di qualificarsi con i committenti attraverso sistemi-testimoni in grado di provare concretamente la propria esperienza progettuale, produttiva e tecnologica. 10 Per un approfondimento si veda BETTIS R.A. - HITT M.A., “The New Competitive Landscape”, Strategic Management Journal, vol. 16, Special Issue, Summer 1995, pp. 7-19, 1955. 11 Si veda ILINITCH A.Y., D’AVENI R.A. and LEWIN A.Y., “New Organizational Forms and Strategies for Managing in Hypercompetitive Environments”, Organization Science, vol. 7, n. 3, May - June, pp. 211-220, 1996. 23 3. Le capacità di progettazione e di innovazione La capacità di progettazione e di sviluppo dei prodotti ha assunto un peso crescente non solo nella realizzazione di nuove linee, ma anche nello sviluppo di ampliamenti e negli acquisti di materiale rotabile. In riferimento ai diversi comparti, la progettazione risulta fattore critico di successo in particolare nei sistemi, negli impianti fissi e nelle tecnologie elettroniche, mentre è più limitato nel sub-sistema meccanico. 4. Le competenze commerciali In un mercato caratterizzato dalla presenza di una pluralità di committenti nazionali e locali con comportamenti di acquisto variegati, la competenza commerciale diventa un fattore critico di successo centrale. 5. Le competenze finanziarie La limitata disponibilità di fondi pubblici per il finanziamento sia di grandi opere infrastrutturali sia di acquisto di nuovi veicoli ha richiesto l’attivazione di meccanismi contrattuali e finanziari innovativi quali il project financing nelle sue diverse modalità, il project leasing, il leasing finanziario ed operativo. Un poco in ritardo rispetto agli USA e ai paesi asiatici (come ad esempio la Cina), anche in Europa le aziende di produzione ferrotranviaria, principalmente grazie ad accordi trasversali, hanno sviluppato competenze finanziarie che consentono loro di proporsi ai diversi committenti (imprese di trasporto, enti pubblici) differenziando ulteriormente la propria offerta. Le competenze finanziarie sono inoltre importanti per supportare gli sforzi in ricerca e sviluppo e le politiche di innovazione, oltre che per compensare gli squilibri finanziari collegati alle dilazioni dei pagamenti nella gestione delle commesse. 6. La completezza del prodotto fornito È sempre più importante nel settore la capacità delle aziende di fornire un prodotto/sistema completo, che comprenda materiale rotabile, apparati e sistemi di segnalamento e, soprattutto recentemente, servizi di manutenzione e fornitura ricambi. Strettamente 24 collegata è la capacità di integrazione di tecnologie diverse (tecnologia meccanica e tecnologie relative agli equipaggiamenti elettronici e di telecomunicazioni). 1.2.3 Il nuovo posizionamento dei leader mondiali La modifica delle regole del gioco del settore, del modo di segmentare il mercato e dei fattori critici di successo, hanno influenzato profondamente le strategie delle aziende di produzione, che hanno puntato con forza ad attuare le seguenti azioni strategiche: 1. Aumentare la dimensione aziendale attraverso processi di fusione ed acquisizione I nuovi fattori critici di successo pongono alle aziende impegnative domande in termini di innovazione tecnologica, competitività sui costi, capacità commerciali e finanziarie, a cui è possibile dare risposte efficaci solo aumentando la soglia minima di massa critica. Un ulteriore fattore che spinge nella stessa direzione è legato alla necessità di sostenere significativi investimenti in ricerca e sviluppo, che tendono a svolgere un ruolo sempre più importante per le capacità progettuali e di innovazione delle aziende. Tenendo conto che tali investimenti, nel migliore dei casi, non superano la soglia del 10%-12% del fatturato, solo le aziende con una rilevante quota di mercato, sono state o saranno in grado di intraprendere significativi progetti di ricerca. 2. Operare attraverso una struttura transnazionale La presenza transnazionale permette di prevenire eventuali manovre dei poteri pubblici tese a supportare l’industria nazionale nonostante i processi di liberalizzazione del mercato. La presenza transnazionale favorisce, inoltre, la collaborazione con i principali esercenti: in questo quadro sono maggiormente favorite le aziende presenti con diverse branche nazionali, con alle spalle un rapporto di collaborazione e fiducia con le aziende di trasporto nazionali e locali. L’assetto transnazionale, inoltre, permette alle aziende di sfruttare l’appoggio di più Stati sia nell’attività di ricerca e sviluppo, sia nelle esportazioni. 25 Il processo di mutamento in atto ha spinto le aziende a passare da approcci strategici multidomestici, dove protagonisti sono aziende integrate geograficamente o gruppi multinazionali, in cui risulta elevata l’autonomia delle varie consociate nazionali, ad approcci strategici globali, in cui ad una necessaria presenza transnazionale fa riscontro un elevato coordinamento tra le consociate. Le aziende ferrotranviarie hanno fatto propri questi orientamenti strategici attraverso una politica di acquisizioni, fusioni ed alleanze, principalmente di e con: a) aziende leader in altri mercati domestici, per aumentare la presenza globale e conquistare importanti “portafogli clienti” con commesse già acquisite; b) aziende complementari e focalizzate in aree tecnologiche e di prodotto, per aumentare il livello di integrazione sistemistica. Tav. 1.2 - Grado di specializzazione e dimensioni delle aziende del settore Il settore ferrotranviario mondiale, a seguito delle numerosissime operazioni di merger&acquisition ha subito una fortissima concentrazione. Molti importanti gruppi multinazionali hanno abbandonato il mercato (ad es. Asea Brown Boveri, AEG, Fiat, Daimler Benz, ecc.) o ne sono usciti. I principali competitor attuali hanno incrementato, a volte notevolmente, la propria dimensione, la propria presenza multinazionale e la capacità di offrire prodotti globali 26 e integrati (ad es. Bombardier, Alstom, Siemens, Gruppo Finmeccanica) (vedi tavola 1.2). I player globali e integrati sono 12: – Bombardier (canadese) che, grazie ad una politica di acquisizioni su scala globale (in particolare acquisendo Adtranz), è divenuta l’impresa leader del mercato; – Siemens (tedesca); – Alstom (francese). Tav. 1.3 - Quote di mercato complessive Bombardier Alstom Siemens Amaldobreda GE GM Japan Altri 23% 17% 14% 4% 9% 7% 13% 13% Fonte: Alstom 2001 Per le aziende del gruppo Finmeccanica, AnsaldoBreda (veicoli), Ansaldo Segnalamento Ferroviario (segnalamento) Ansaldo Trasporti Sistemi Ferroviari (sistemi integrati), invertendo un diseTav. 1.4 - Quota di mercato per tipologia di prodotto negli anni ’90 (%) Alstom Bombardier Siemens Italiani Giapponesi Russi Cinesi (con Fiat Ferr.) (con Adtranz) High Speed 38 21 20 6 12 – – Metros 18 07 35 2 17 5 03 LVRs 13 26 33 5 04 6 – EMU/DMU 19 16 31 1 13 4 – Commuter 04 03 69 1 6 – – Inter-city coaches – 01 21 – – 7 65 Total passenger rolling stock 15 12 29 2 08 4 18 Locomotives 06 07 11 2 – 1 47 Fonte: RGI - AOUT 2001 12 Per player globale o global integrator si intende un’azienda in grado di operare sia nel settore dei veicoli ferroviari e metropolitani che dei sistemi di segnalamento, sia in quello dei sistemi integrati di trasporto a guida vincolata urbani e suburbani. 27 gno strategico originale che prevedeva la presenza di un gruppo integrato (l’Ansaldo Trasporti), è considerata possibile anche una politica stand alone, che prevede per ciascuna azienda del gruppo alleanze indipendenti e non collegate. Il fenomeno di concentrazione non ha solo riguardato i principali competitor (sistemisti, fornitori di prodotti completi, e impiantisti), ma anche i produttori di sub-sistemi. È il caso, ad esempio, di Westhinghouse Brakes con Knorr-Bremse nella produzione di sistemi frenanti, di Valdunes acquisita da Freedom Forge (USA) nei sub-sistemi meccanici, di Stedef acquisita da Railtech International e di Matériel de Voie da Corus Rail (GB), nel business del condizionamento. 1.2.4 L’evoluzione del mercato Per quanto riguarda il nuovo sistema della domanda sviluppatosi in Italia in questi ultimi anni, anche a seguito del processo di liberalizzazione e della riforma in atto nel trasporto pubblico locale, è possibile individuare i seguenti soggetti (Fonte: AnsaldoTSF): – RFI S.p.a. (ex divisione infrastruttura FS), committente principalmente di servizi di manutenzione alla rete e agli impianti; – Italferr S.p.a., committente di opere civili e impianti tecnologici; – TAV S.p.a., committente di sistemi per l’alta velocità (opere civili e impianti tecnologici); – Trenitalia S.p.a. (ex FS), committente, per il trasporto a lunga percorrenza e per il regionale/locale, di veicoli e di servizi di manutenzione degli stessi; – Nuovi operatori di trasporto merci e passeggeri nazionali (es. Ferrovie Nord Milano), regionali e locali, committenti di veicoli e di servizi di manutenzione degli stessi; – Nuove società di gestione delle reti regionali e locali (infrastrutture), committenti di opere civili, impianti tecnologici e di servizi di manutenzione di reti, e nel caso di affidamento a operatore di trasporto senza l’apporto di materiale rotabile, anche di veicoli. 28 Il maggior committente resta il gruppo FS (Trenitalia e RFI), ma le prospettive di Trenitalia per il materiale rotabile non sono incoraggianti. Potrebbe esservi una migliore prospettiva nel settore regionale, sebbene il quadro del trasporto regionale non sarà chiaro prima dell’effettuazione delle gare per i nuovi operatori. Nel settore delle merci (Trenitalia) vi è apparentemente un eccesso di disponibilità di trazione, ma il parco locomotive è vecchio e non esistono locomotive specializzate, né sembra vi siano progetti al riguardo. Si è riscontrata una notevole incertezza riguardo all’applicazione dei decreti legislativi 422/1997 e 400/1999, relativi al trasferimento alle regioni del trasporto passeggeri. Non è affatto chiaro con quali strumenti potrà avvenire la liberalizzazione del settore, a fronte di procedure di aggiudicazione che presentano una serie di vincoli (personale, materiale rotabile, impianti) che lasciano scarsi margini ad un’effettiva competizione. La mancanza di nuovi attori in quest’area potrebbe ritardare di molto il miglioramento della qualità dei servizi e quindi la ripresa del mercato dei veicoli. C’è concordanza sulla opportunità della presenza di società di leasing solo se in presenza di una reale liberalizzazione. Il mercato ferrotranviario campano 13 Nel settore ferrotranviario italiano sono in atto radicali trasformazioni istituzionali volte a modificare le “regole del gioco”, che si manifestano anche con il trasferimento di poteri e risorse finanziarie dallo Stato centrale alle Regioni. La Regione Campania rappresenta un caso emblematico di questo mutamento in atto nel settore ferrotranviario italiano. In questa area, infatti, si è avviato un significativo processo di trasformazione che interessa sia gli esercenti (coinvolti in processi di liberalizzazione del mercato, di riorganizzazione interna, di ammodernamento dei propri asset di servizio, di trasformazione societaria e proprietaria), sia gli enti locali (alle prese con impegnativi progetti di investimento e con profonde modifiche che interessano sia l’as13 La fonte del presente paragrafo è la ricerca Cesit “Il materiale rotabile ed il trasporto regionale: nuovi bisogni ed esigenze innovative” commissionata dalla Regione Campania e in corso di pubblicazione. 29 setto istituzionale, sia la legislazione che regola il settore dei trasporti). In Campania è in atto un massiccio piano di investimenti nel settore del trasporto ferroviario, sotto l’impulso e il coordinamento della Regione Campania che ne è anche il principale finanziatore. La maggior parte degli investimenti sono finalizzati ad un ammodernamento e ad un ampliamento della rete infrastrutturale della Regione. Tra i diversi progetti in cantiere un ruolo di rilievo è assunto dal progetto per la realizzazione del “Sistema di Metropolitana Regionale”. Parallelamente, nel materiale rotabile sono numerosi i progetti (supportati anche dalla Regione Campania) delle singole aziende di trasporto per l’ammodernamento del parco macchine e l’acquisto di nuovi treni. Analizzando la previsione dei fabbisogni del progetto di Metropolitana Regionale, in termini di nuovi acquisti di materiale rotabile e di ammodernamento del materiale esistente, è possibile disegnare un quadro di sintesi sulle prospettive emergenti nel mediolungo periodo. Per avere questo quadro di sintesi si è tenuto conto sia delle previsioni in termini di offerta di servizi (nuove linee e linee in esercizio), sia delle caratteristiche quantitative e soprattutto qualitative (tipologie ed età) che il parco rotabile, così come oggi costituito, presenterà negli anni a venire: da ciò è conseguita una previsione di fabbisogno complessivo di materiale rotabile e quindi la quantificazione del materiale da acquistare per soddisfarlo. Le previsioni sono state articolate, oltre che per le singole linee analizzate, anche in considerazione delle diverse tipologie di rotabili richieste da ciascuna linea; a tale scopo sono state individuate quattro grandi categorie di riferimento (servizio urbano, servizio misto urbano e suburbano, servizio regionale ordinario, servizio regionale di media-lunga percorrenza). La previsione si sviluppa lungo due segmenti temporali: uno a brevissimo ed uno a medio-lungo termine (2010-2015). Più difficile è operare una valorizzazione economica dei nuovi acquisti. Va infatti tenuto presente che i costi dei rotabili sono soggetti ad ampie fluttuazioni dovute a fattori oggettivi (prodotti di spe30 cifici costruttori, configurazioni, composizione dei convogli, andamento dei prezzi di mercato nel tempo) e soggettivi (caratteristiche delle singole gare in termini di dimensioni dei lotti, specifiche dotazioni richieste dal committente, altre condizioni contrattuali). Tav. 1.5 - La previsione dei fabbisogni di materiale rotabile (nuovi acquisti e di ammodernamento del materiale esistente) nel mediolungo periodo (2010-2015) CATEGORIA Fabbisogno complessivo (convogli Nuovi acquisti* (convogli) A (urbano) 048 040 B (urbano+suburbano) 143 129 C (Regionale ordinario) 045 051 D (Regionale medioélunga percorrenza) 044 000 TOTALE 277 220 * Comprensivi dei convogli da acquistare entro il 2005 Entro il 2005 si stima che dovranno essere spesi circa 547,4 milioni di euro, a fronte di 115 nuovi convogli, che diventeranno 1.048 milioni a conclusione del programma (2010-2015) per un totale di 220 nuovi convogli. Il programma di spesa in atto prevede, al momento, un ammontare di risorse finanziarie pari a 288 milioni di euro (la metà circa del budget considerato al 2005) per l’acquisto di 55 nuovi convogli dei 115 previsti (il costo medio effettivo per convoglio in questa fase si è attestato intorno ai 5,24 milioni di euro). Tali programmi, che riguardano Trenitalia, Circumvesuviana, Sepsa, Ferrovia Alifana e Benevento-Napoli, godono al momento di una copertura finanziaria di 238 milioni di euro, pari all’83% circa di quanto necessario. È possibile effettuare delle considerazioni anche sulla domanda attesa nel comparto della riparazione e dell’ammodernamento del parco rotabile e per gli interventi di armamento nella manutenzione. Le risorse attualmente a disposizione della Regione Campania per la manutenzione straordinaria fanno riferimento al Fondo Comune di cui alla Legge n. 297/78, istituito per le ferrovie in concessione 31 Tav. 1.6 - Il programma di spesa in atto per l’acquisto di 55 convogli N. CONVOGLI SPESA (M€) Trenitalia 19 “Minuetto”, 2 vetture pilota doppio 76,92 piano, 8 vetture doppio piano 2ª classe (di cui 19,77 (pari a circa 21 convogli complessivi) regione Campania) Circumvesuviana 23 elettrotreni AnsaldoBreda/Firema (pari a circa 15 convogli complessivi) 103,3 SEPSACircumflegrea 10 convogli 55,8 Ferrovia Alifana, 9 convogli Benevento-Napoli 55 51,7 288* * di cui ca. 238 con copertura finanziaria e 50 da coprire ed in gestione governativa e dedicato ad interventi di manutenzione straordinaria relativi a: opere d’arte; armamento; linea aerea; segnalamento; telecomunicazioni; passaggi a livello; acquisto e manutenzione straordinaria del materiale rotabile. 1.2.5 Gli sviluppi attesi e gli effetti del nuovo sistema della domanda I possibili effetti di questo nuovo sistema di domanda di prodotti e servizi ferrotranviari saranno presumibilmente 14: – un possibile aumento degli investimenti, in particolare per nuovi prodotti, come conseguenza dell’approntamento di programmi di sviluppo da parte di quelle Regioni italiane interessate al mantenimento e miglioramento delle reti locali ad esse trasferite; – un’elevata customizzazione dei prodotti, in conseguenza della frantumazione/differenziazione della domanda (più decisori e committenti); – un più elevato livello tecnologico dei prodotti e più elevato 14 Fonte: 32 AnsaldoBreda. – – – – – – – livello di specializzazione per funzioni d’uso dei prodotti, in conseguenza di una maggiore sensibilità verso l’efficienza e l’efficacia dei servizi di trasporto, dovuta all’adozione delle “carte dei servizi” per l’utente, all’obbligo per gli operatori di servizi di trasporto del rispetto della soglia minima del 35% nel rapporto ricavi/costi operativi, alle condizioni più severe nei contratti di servizio tra concedente ed operatore di trasporto; un possibile ricorso a procedure di affidamento diretto, derivante dalla natura privata dell’operatore (dei nuovi operatori); una maggiore esigenza di nuovi strumenti finanziari (project financing, leasing), in conseguenza di una minore disponibilità finanziaria dei nuovi operatori, direttamente correlata anche alla minore dimensione; una richiesta di tempi di consegna dei prodotti sempre più brevi; una continua tensione sui prezzi; un ricorso a Concessionari o Contraenti generali, così come previsto per la realizzazione delle grandi infrastrutture dallo schema di legge delega relativa alla Legge Obiettivo. Senza entrare nel dettaglio delle rispettive caratteristiche delle due figure, sembra che per quanto riguarda le opere ferroviarie e metropolitane, le competenze detenute da un integratore di sistema (system integrator), ossia di un interlocutore che abbia competenze sia nel settore degli impianti fissi che dei veicoli, rappresenteranno un notevole vantaggio competitivo; incremento del mercato del service, che crescerà se e quanto i responsabili di reti e di servizi di trasporto troveranno la convenienza e avranno l’opportunità di esternalizzare attività oggi svolte in proprio; un incremento del mercato dei sistemi “chiavi-in-mano”, che crescerà se saranno disponibili combinazioni finanziarie in grado di conciliare interessi pubblici e privati che potranno rendere finanziabili iniziative altrimenti destinate a rimanere sulla carta. 33 1.3 Le caratteristiche dell’industria ferrotranviaria italiana L’industria italiana delle costruzioni ferrotranviarie rappresenta un riferimento importante nel contesto competitivo internazionale: le aziende italiane di produzione del materiale rotabile, e di progettazione e produzione di sistemi e impianti sono protagoniste sul mercato mondiale, dove rappresentano da anni una realtà tecnica e professionale riconosciuta. Le fusioni, le concentrazioni, le chiusure che hanno caratterizzato gli ultimi dieci anni, con una riduzione drastica delle capacità produttive, non hanno consentito di creare un sistema industriale organizzato in un polo sfruttando appieno le sinergie dei diversi soggetti presenti in Italia e a proprietà italiana. La crescente presenza delle aziende straniere, anche attraverso acquisizioni di imprese sul mercato italiano (come ad esempio la Fiat Ferroviaria o la Sasib Railways), rappresenta un processo in atto ed ormai in una fase avanzata e irreversibile. Negli ultimi venti anni la struttura del settore italiano delle produzioni ferrotranviarie, attualmente costituito da una quarantina aziende – con circa 8.000 addetti complessivi – è stata interessata da un notevole processo di concentrazione e da una graduale contrazione nel numero di imprese (nel 1982 erano più di sessanta). Il processo di concentrazione è più evidente nel comparto del materiale rotabile e interessa fondamentalmente tutti i principali competitor: fusioni, cessioni, acquisizioni e cessazioni di attività hanno modificato profondamente nell’ultimo quinquennio la struttura dell’industria e parzialmente anche gli equilibri competitivi. Processo analogo si è verificato anche a livello internazionale e in altre industrie nazionali straniere (Francia, Germania, Gran Bretagna): i mutamenti internazionali accrescono la complessità della trasformazione in atto in Italia. Un ulteriore elemento che ha modificato l’assetto del settore è da ricercarsi nelle scelte di politica industriale pubblica legate principalmente alla dismissione della Breda Costruzioni Ferroviarie da parte dell’Efim/Aviofer e alla successiva costituzione di AnsaldoBreda. Alla luce di tali cambiamenti, quindi, il comparto del materiale rotabile risulta attualmente caratterizzato dalla presenza di realtà 34 con un elevato grado di eterogeneità, non soltanto in relazione alle tecnologie possedute o alla gamma di prodotto, ma soprattutto rispetto al profilo dimensionale e all’assetto proprietario. Al suo interno convivono, infatti, imprese di piccola dimensione produttrici di componenti con un mercato di riferimento principalmente nazionale – rappresentato da subcommittenti o ricambisti – e grandi colossi multinazionali, che operano anche sul mercato internazionale. Fig. 1.2 - Le quote percentuali di addetti specifici per classe dimensionale Fonte: Nostra elaborazione su dati Databank 2003 Analizzando gli aspetti dimensionali, emerge che la maggior parte delle aziende del settore ha un numero di addetti specifici non superiore alle 200 unità (82,5%) e solo 7 aziende (AnsaldoBreda, Ansaldo Segnalamento, Ansaldo Trasporti, Firema, Bombardier, Alstom Ferroviaria e Alstom Transport) hanno più di 400 addetti. Da un’analisi più approfondita si evidenzia la forte concentrazione degli addetti specifici nelle aziende di grandi dimensioni: nelle prime 4 aziende si concentra, infatti, il 60% degli addetti totali del settore. A testimonianza dell’importante ruolo delle aziende campane si rileva come le sole AnsaldoBreda e Firema occupino il 43% circa degli addetti specifici generali del settore. Dall’analisi delle quote di mercato nei singoli comparti emerge 35 Fig. 1.3 - Andamento del fatturato principali aziende del settore nel mercato italiano (2000-02) Fonte: Nostra elaborazione su dati Databank 2003 il ruolo chiave giocato dai grandi player internazionali e, in particolare, dalle aziende del gruppo Ansaldo. Nel settore complessivo, caratterizzato da un’elevata concentrazione (le prime 3 aziende da sole raggiungono circa il 67%, le prime due più del 56%), AnsaldoBreda controlla il 31% del mercato e insieme ad Ansaldo Segnalamento ben il 42% (fonte: Databank, 2003). Fig. 1.4 - Le quote di mercato (%) delle principali aziende italiane nel comparto del materiale rotabile (2002) Fonte: Nostra elaborazione su dati Databank 2003 36 Fig. 1.5 - Le quote di mercato (%) delle principali aziende italiane nel comparto della riparazione (2002) Fonte: Nostra elaborazione su dati Databank 2003 Nel solo segnalamento Ansaldo Segnalamento detiene il 43% del fatturato complessivo del settore. Significativo è, invece, nella riparazione il fatturato di Firema che costituisce il 17,5% del fatturato complessivo per l’anno 2002. Interessante è la quota del 3,3% dell’Avis, azienda napoletana presente nell’universo della ricerca realizzata, che sommato alla percentuale di Firema testimonia l’importante ruolo giocato dalle realtà campane anche in questo comparto. Fig. 1.6 - Le quote di mercato (%) nel comparto del segnalamento ferroviario(2002) Fonte: Nostra elaborazione su dati Databank 2003 37 2. Il quadro strutturale del settore ferrotranviario nella provincia di Napoli 2.1 L’oggetto dell’indagine e la metodologia utilizzata Nell’ambito della delimitazione del settore 15 operata all’inizio del rapporto è opportuno fare alcune considerazioni per una corretta individuazione dell’insieme di imprese che costituiscono l’oggetto dell’indagine della ricerca effettuata. Il settore ferrotranviario della provincia di Napoli si caratterizza per la presenza di: – un player globale internazionale, AnsaldoBreda, con un ruolo di integratore di sistema e di produttore di prodotti completi nel materiale rotabile; – aziende di piccola e media dimensione (per addetti e fatturato), produttrici di sub-sistemi, componenti e parti, sia per il comparto del materiale rotabile (principalmente), sia per quello degli impianti di comunicazione e segnalamento (in piccola parte); – aziende di piccola e media dimensione (per addetti e fatturato), che eseguono per conto di aziende di produzione parti della lavorazione del processo produttivo; 15 Le metodologie finalizzate all’individuazione e alla definizione dei confini di un settore sono significativamente numerose spaziando sull’approccio fondato sul grado di elasticità incrociata fino a quello della concorrenza allargata di Porter. Sulle due metodologie citate vedi GUERCI C.M., Crisi industriale ed evoluzione del concetto di settore, Franco Angeli, Milano 1979; M.E. PORTER, Competitive Strategy. Tecnique for Analyzing Industries and Competitors, The Free Press, New York 1980. 39 – aziende di piccola e media dimensione (per addetti e fatturato), fornitori di ricambi per le aziende di trasporto; – aziende di armamento ferroviario; – aziende di manutenzione, riparazione e revamping di materiale rotabile. AnsaldoBreda è stata esclusa dall’indagine per la evidente disomogeneità con le altre realtà presenti sul territorio, sia per gli aspetti dimensionali, che avrebbero alterato i valori generali, sia per le caratteristiche del settore stesso, che vede il gruppo Ansaldo come uno dei principali clienti delle aziende presenti nel distretto napoletano 16. In particolare si è operata una suddivisione delle aziende presenti in tre sub comparti: – i fornitori e i subfornitori, ossia l’insieme di aziende che forniscono prodotti e/o servizi ai produttori e/o agli operatori esercenti. All’interno di questo segmento è possibile operare un’ulteriore distinzione di massima tra le aziende che utilizzano un tipo di tecnologia prevalentemente meccanica e le aziende che utilizzano prevalentemente tecnologie elettriche e/o elettroniche; – aziende che svolgono attività di manutenzione, riparazione e revamping del materiale rotabile 17; – aziende di armamento ferroviario. Una volta costruiti i confini metodologici 18 si è proceduto all’individuazione delle aziende che potenzialmente potevano rien16 L’indagine non comprende, inoltre, l’azienda Firema che, comunque, sebbene localizzata nella provincia di Caserta, rappresenta un’altra importante realtà imprenditoriale del polo ferrotranviario campano. 17 L’area della riparazione e di manutenzione del materiale rotabile comprendente anche la decoinbentazione dei mezzi svolta da aziende specializzate che lavorano conto terzi. In quest’area non viene considerata l’attività svolta in proprio dalle società di gestione del servizio ferroviario presso le proprie officine. 18 Si veda per un esame approfondito dei diversi livelli di analisi cui può essere rapportato lo studio dell’azione organizzativa, il contributo di De Vita. In particolare, DE VITA P. (2000), I confini dell’azione organizzativa, in R. MERCURIO e F. TESTA (a cura di), op. cit. 40 trare nell’universo da considerare. A tal fine sono state utilizzate diverse fonti: – associazioni di categoria (generaliste e specialiste); – albi dei fornitori di aziende di trasporto e di imprese di produzione; – riviste specializzate (analisi pubblicità e articoli); – precedenti report e database di ricerca del Cesit; – pagine bianche e gialle; – internet. Successivamente si è proceduto all’invio di una lettera di presentazione a tutte le aziende individuate (circa 70), nella quale sono state illustrate le finalità della ricerca e le esigenze d’indagine. È seguita una fase di primo contatto telefonico, con lo scopo di operare una prima scrematura delle aziende individuate. È stato necessario operare, infatti, un’ulteriore delimitazione che, tenuto conto del criterio oggettivo delle tecnologie impiegate e dei prodotti realizzati, ha permesso di evidenziare, come fattore discriminante tra le diverse aziende, la loro effettiva presenza nel settore, valutabile attraverso criteri di tipo economico-gestionale. In particolare si è fatto riferimento a due criteri fondamentali, utilizzati come strumento di “scrematura”: – la realizzazione di prodotti specificamente destinati al settore; criterio che ha permesso di escludere dall’area di studio tutte quelle aziende che, sebbene in possesso di tecnologie potenzialmente idonee alla realizzazione di prodotti ferrotranviari, di fatto risultano impegnate in produzioni differenti; – la rilevanza strategica del settore per l’azienda e dell’azienda per il settore; il parametro utilizzato in riferimento a questo criterio è il valore medio dell’incidenza percentuale del fatturato realizzato per produzioni ferrotranviarie, rispetto a quello totale realizzato nel triennio 2001-2003; di fatto sono state escluse dall’analisi tutte le aziende con una quota percentuale di fatturato ferrotranviario inferiore al 10% e/o con un fatturato nel settore inferiore a Euro 250.000. 41 Sono state pertanto individuate 46 aziende e successivamente si è iniziata l’analisi di campo diretta attraverso: – effettuazione di interviste presso le sedi delle aziende; – raccolta e analisi materiale informativo (report, brochure di presentazione, siti internet, ecc.); – raccolta e analisi dei bilanci (circa nel 50% dei casi). Soltanto in 10 casi non è stato possibile effettuare interviste dirette: tali aziende seppure contattate, infatti, non sono state disponibili ad un incontro con gli intervistatori; in questi casi sono state utilizzate esclusivamente fonti indotte. Il complesso dell’analisi strutturale, gestionale ed economica di seguito esposta si riferisce pertanto ad un insieme di 46 aziende (vedi tavola 2.1). Tav. 2.1 - Grado di copertura dell’analisi Fonti Dirette Indotte Totale Numero Aziende Bilanci 36 10 46 22 2.2 La dimensione complessiva del settore. Alcuni dati di sintesi Sulla base delle considerazioni esposte relative alla delimitazione dei confini settoriali dell’industria ferrotranviaria e ai criteri utilizzati per la definizione dell’insieme di aziende oggetto di indagine, sono state individuate nella provincia di Napoli 46 aziende (vedi tavola 2.2) distinte nei tre sub-comparti in funzione delle differenti famiglie di prodotti e servizi destinati al settore ferrotranviario (vedi tavola 2.3). 42 Tav. 2.2 - Universo aziende industria ferrotranviaria nella provincia di Napoli AEROSOFT S.P.A. AVIS – IND. STABIENSI MEE. E NAV. S.P.A. BOLT DI STEFANO PALMESE CARAFA GIOVANNI & C CESPA CMC S.R.L. COMAF DI FARAONE VITO PIETRO COMEFI S.R.L. CO.ME.TA.V. S.C.A.R.L. COPROM COSTRUZIONI MECCANICHE S.A.S COMEP S.R.L. DAMIANO MOTOR’S S.P.A. DIERRETTÌ S.R.L. EL. CA. ELETTROM. CAMPANA S.P.A. EMIL GEN S.N.C. EUROS S.R.L. FUTURA S.R.L. GEVEN S.R.L. G.M.G. ELETTROMECCANICA S.N.C. GRIMALDI CARPENTERIA MECCANICA S.R.L. IB ITALIAN BRAKES S.P.A. I.C.T. S.R.L. IMPRESA SIMEONE & FIGLI S.R.L. IMPRESA GEOM. FRANANCESCO CUCUMILE I.T.A. S.R.L. IZZO S.R.L. L.C. SERVICE S.R.L. MAECONSULT S.R.L. ME.ROV. S.R.L. METAL 2000 S.N.C. O.M.C.V. DI VOLLERO EMILIANO OFFICINE CAMPANE S.R.L. OFFICINE LEONE S.R.L. O.PRE. MECCANICA S.R.L. POMI SERVICE S.R.L. POWER ELETTRONICS RESEARCH. S.R.L. PROMEC S.R.L. S.C.E. S.R.L. SEAP COSTRUZIONI GENERALI S.R.L. S.I.M.M.I. S.R.L. STOPFIRE S.P.A. SUD ENGENEERING TADDEO VUOLO S.R.L. T.E.C.A. S.R.L. TEC. MECM. S.R.L. VOLLERO ANTIMO MECCANICA E CARPENTERIA Tav. 2.3 - Universo aziende distinto per comparto FORNITORI E SUB FORNITORI “MECCANICI” • BOLT DI STEFANO PALMESE • C.E.S.P.A. • CMC S.R.L. • COMEFI S.R.L. • COPROM COSTRUZIONI MECCANICHE S.A.S • COMEP S.R.L. • DIERRETTÌ S.R.L. • EMIL GEN S.N • FUTURA S.R.L. • GEVEN S.R.L. • IB ITALIAN BRAKES S.P.A. • IZZO S.R.L. • L.C. SERVICE S.R.L. • ME.ROV. S.R.L. • METAL 2000 S.N.C. • O.M.C.V. DI VOLLERO EMILIANO • OFFICINE CAMPANE S.R.L. • OFFICINE LEONE S.R.L. • O.PRE. MECCANICA S.R.L. • POMI SERVICE S.R.L. • PROMEC S.R.L. • S.I.M.M.I. S.R.L. • TEC. MEC. S.R.L. • VOLLERO ANTIMO MECCANICA E CARPENTERIA FORNITORI E SUB FORNITORI “ELETTRICI” E/O ELETTRONICI • AEROSOFT S.P.A. • CARAFA GIOVANNI & C • EUROS S.R.L. • I.C.T. S.R.L. • I.T.A. S.R.L. • MAECONSULT S.R.L. • POWER ELETTRONICS RESEARCH. S.R.L. • S.C.E S.R.L. • STOPFIRE S.P.A. COMPARTO RIPARAZIONE E MANUTENZIONE • AVIS - IND. STABIENSI MEC E NAV. S.P.A. • CO.ME.TA.V. S.C.A.R.L. • DAMIANO MOTOR’S S.P.A. • EL. CA. ELETTROM. CAMPANA S.P.A. • G.M.G. ELETTROMECCANICA S.N.C. • GRIMALDI CARPENTERIA MECCANICA S.R.L. • SUD ENGENEERING • TADDEO VUOLO S.R.L. • T.E.C.A. S.R.L. ARMAMENTO FERROVIARIO • COMAF DI FARAONE VITO PIETRO • IMPRESA SIMEONE E FIGLI • IMPRESA GEOM. FRANANCESCO CUCUMILE • SEAP COSTRUZIONI GENERALI S.R.L. 43 Tav. 2.4 - Principali indicatori del settore ferrotranviario in Campania, 2004 Numero di imprese 46 Numero di addetti 1810 Addetti medi per impresa 39,35 Fatturato, 2003 (mln Euro) 183,3 Fatturato ferrotranviario (mln Euro) 97,5 Grado di specializzazione ferrotranviaria (% su fatturato 2001-2002-2003) 49,81 Variazione del fatturato 2003/2002 (%) + 8% Variazione del fatturato ferrotranviario 2003/2002 (%) Fatturato per addetto, 2003(‘000 Euro) + 17% 101,1 Quota di fatturato ferrotranviario delle prime 4 imprese 37,43% Quota di fatturato ferrotranviario delle prime 8 imprese 51,38% Prima di proseguire l’analisi tematica di dettaglio, si fornisce un quadro di sintesi di alcuni dei principali indicatori del settore emersi dalla presente indagine (tavola 2.4). 2.3 Il peso dell’industria ferrotranviaria della provincia di Napoli Dai dati di sintesi riportati nella tavola precedente emerge l’importanza assunta dal distretto 19 napoletano ferrotranviario sia a livello locale, sia a livello nazionale. 19 “Il distretto è un’entità socio-territoriale caratterizzata dalla compresenza attiva in un’area territoriale circoscritta naturalisticamente e storicamente determinata, di una comunità di persone e di una popolazione di imprese industriali”. Becattini G., I distretti industriali meritano protezione, Il Sole 24 ore, 1992. “Il disretto è un sistema produttivo composto da popolazioni di imprese di piccole e medie dimensione aggregate su uno stesso territorio e che assegnano all’attività economica dell’area geografica di appartenenza una configurazione omogenea, in quanto legate le une alle altre da interdipendenze di scambio, interdipendenze da complementarietà di risorse tecniche, professionali e culturali, e da interdipendenze competitive o orizzontali” [MERCURIO - TESTA, 2000, op. cit., pp. 297]. Sull’argomento vedi anche ALBERTI F., “Industrial District, inter-firm 44 Se si guardano i dati degli addetti del più generale e ampio settore dei trasporti e delle comunicazioni nella regione Campania si può osservare come le aziende della ricerca contribuiscano per il 2% all’occupazione totale (dati Istat al 2001). Ancora più interessante è il confronto con le altre realtà distrettuali e/o agglomerazioni di piccole e medie imprese presenti in Campania (dati Istat al 2001): il peso dell’industria ferrotranviaria, misurato in termini di occupati, è pari al settore delle conserve alimentari dell’agro nocerino-sarnese (1.973 occupati), mentre risulta essere superiore sia a quello dei gioielli di Torre del Greco e Marcianise (1.117 occupati) sia a quello delle piastrelle di Cava dei Tirreni e Vietri (815 occupati). Se si guardano invece le agglomerazioni che vedono la presenza anche di aziende di grandi dimensioni appare rilevante il confronto con il settore della carta e degli imballaggi in carta che occupa 1.327 addetti o con quello dell’elettronica che ne occupa 4.600. Giustificabile, infine, sempre in questo segmento, la più grande dimensione del settore complessivo dei mezzi di trasporto che occupa circa 9.500 addetti: bisogna, infatti, evidenziare in questo settore la presenza di grandi realtà come AnsaldoBreda e Firema che da sole contribuiscono per la gran parte all’occupazione settoriale (dati Istat al 2001). Ancora più interessante è il confronto con la realtà settoriale nazionale, che permette di evidenziare l’importante ruolo e la forza strutturale del settore napoletano. I dati riportati nei paragrafi precedenti riguardano le grandi aziende di produzione e riparazione, collocate con numerosi stabilimenti su tutto il territorio italiano, che occupano circa 8.000 addetti: è positivo, pertanto, il confronto con la realtà napoletana che a parità circa di numero di imprese (di micro, piccola e media dimensione) riesce a occupare 1.810 addetti. Cluster 20 simili, composti da subfornitori delle principali aziende, networks”, Guerini Scientifica, 2002 e GRANDORI A. - SODA G., “Interfirm Networks: Antecedents, Mechanism and Forms” Organization Studies, 1995,16/2 e Harrison B., Industrial districts: old wine in new bottles? Regional Studies, 26, 5, 1992. 20 “Il cluster è un insieme geograficamente prossimo ed economicamente interconeesso di attori ed istituzioni”, PORTER M., “Regions and new economics of competitions” in Global city regions: trends theory policy, Oxford University 45 sono presenti anche in altre realtà territoriali (Toscana, Liguria, Lombardia), ma raramente si osserva una concentrazione così forte come quella presente nell’area napoletana. Un altro dato interessante emerge dall’analisi del trend di fatturato che ha caratterizzato l’industria napoletana negli ultimi anni: rispetto a una rilevazione effettuata dal Cesit nel 2000 su un campione di aziende del settore e operando le opportune stime si registra, infatti, un notevole incremento (la base di aziende su cui si effettua il confronto temporale è la stessa). Il fatturato complessivo del settore si stima sia aumentato del 59%, mentre il fatturato specifico ferrotranviario fa registrare un aumento di ben il 115% in più dal 2000 al 2003. Ne deriva un aumento anche nel grado di focalizzazione nel settore ferrotranviario che passa dal 34,2% al 46% (in media su tutte le aziende dell’universo). 2.4 Il mercato di riferimento 2.4.1 Le aziende clienti Una delle caratteristiche chiave delle imprese ferrotranviarie operanti in Campania va rinvenuta proprio nella struttura del loro portafoglio clienti – particolarmente ristretto nel numero – e nella differenziazione delle imprese committenti. Queste aziende dimostrano, quindi, una forte dipendenza non solo tecnico-economica, ma anche strategica e “culturale”, da pochissimi o addirittura da un unico cliente. Tale condizione, molto diffusa nel settore ferrotranviario non solo nazionale, mostra in Campania un particolare grado di rigidità e radicamento, che, se da un lato costituisce una barriera 21 protettiva per i piccoli fornitori locali, dall’altra li espone ad un livello di rischiosità molto accentuata (limitatezza dei riferimenti Press, 1998. Sull’argomento vedi anche PORTER M., “Location, Clusters and Company Strategy”, in the Oxford Handbook of Economic Geography, Oxford University Press, 2000 e PORTER M., Clusters and the new economics of competition, Harvard Business Review, /Dec 1998 (a). 21 Sul concetto di barriera si veda DEL MONTE A., “Manuale di Organizzazione e politica industriale”, UTET, Torino, 2000 46 competitivi, scarsa capacità di muoversi autonomamente su un mercato più ampio, appiattimento ai sistemi organizzativi e gestionali del cliente, ecc.), soprattutto quando è più elevata la focalizzazione nel ferrotranviario. La tipologia della clientela può essere distinta comunque in due grandi gruppi: – le aziende industriali ferrotranviarie; – le aziende di trasporto ferrotranviario. Nel primo caso le industrie campane sono fornitrici o subfornitrici (di parti e componenti meccaniche od elettriche) di imprese industriali di maggiori dimensioni. Nel secondo, si pongono come ricambisti o riparatori di esercenti ferroviari sia nazionali che locali. Per quanto riguarda la clientela industriale, la struttura qualitativa e quantitativa del mercato di sbocco delle aziende del settore evidenzia il forte ruolo centrale di organizzazione focale 22 rivestito principalmente da AnsaldoBreda e più in generale dal gruppo Ansaldo (comprendente Ansaldo Segnalamento Ferroviario e Ansaldo Sistemi). Le aziende sono impegnate prevalentemente nella componentistica meccanica e in attività di carpenteria; vi si aggiungono alcuni fornitori di parti elettriche ed elettroniche. Sono presenti, inoltre, i riparatori, che in tali casi intervengono nelle attività di service svolte dal committente AnsaldoBreda su materiale rotabile in esercizio. Da sola AnsaldoBreda è cliente del 71% delle imprese del settore e, limitando l’osservazione del segmento delle imprese operanti nella fornitura, della quasi totalità di esse. Altro importante attore per il comparto è Firema Trasporti che acquista i prodotti del 43% delle aziende napoletane. Anche in questo caso si tratta sia di componentistica meccanica che elettrica ed elettronica. Relazioni di 22 Sul concetto di Organizzazione focale vedi PERRONE V., La rete, 1997, in COSTA G. - NACAMULLI R.C.D. (a cura di), Manuale di Organizzazione Aziendale, vol. 2, La Progettazione organizzativa, Utet, Torino, 1997. Vedi anche EVAN W.M., The Organization set: Toward a Theoryof Interorganizational Relations, in THOMPSON J.D., Approaches to Organizational Design, University of Pittsburgh Press, Pittsburgh, PA, 1966 47 fornitura di gran lunga meno rilevanti sono intrattenute con Alstom e Bombardier. Nell’ambito degli esercenti, significativa è la presenza di Trenitalia e RFI, che si riforniscono presso il 43% delle aziende napoletane sia per quanto riguarda le riparazioni, sia per i ricambi, sia infine per gli interventi di armamento. Altri attori locali interessati principalmente al comparto della riparazione e della ricambistica sono Sepsa e Alifana. Degna di nota è, infine, la presenza della Deutsche Bahn (principale azienda di trasporto ferroviario tedesca) che ha un fornitore campano nel comparto dei sub componenti meccanici. La quasi totalità delle aziende risulta essere iscritta nell’albo fornitori dei principali clienti; anche in questo caso spicca il ruolo di AnsaldoBreda, seguita da Firema e Trenitalia. Andando ad esaminare la struttura della clientela si osserva come il 14% delle aziende del settore sono legate ad un unico cliente e il 23% ha solo due clienti. In generale, solo il 37% delle imprese ha più di cinque aziende nel portafoglio prodotti. Tale struttura, caratteristica del settore anche in altre realtà territoriali, testimonia l’importanza delle aziende traenti 23 e soprattutto di quelle presenti sul territorio ai fini dell’andamento competitivo dell’industria ferrotranviaria della provincia di Napoli. Anche guardando le capacità delle aziende di acquisire nuovi clienti si conferma questa peculiarità del settore: il 40% delle aziende non ha, infatti, acquisito nuovi clienti negli ultimi due anni e solo l’11% ne ha acquisiti più di tre. La struttura e la dinamica del portafoglio commerciale, entrambe estremamente compresse, testimoniano, come avviene in altre realtà industriali, l’importanza delle aziende traenti e soprattutto di quelle presenti sul territorio nel determinare l’assetto strutturale e l’andamento economico e competitivo dell’industria ferrotranvia23 Su questo tema vedi MERCURIO R., L’azienda traente, Cedam, Padova, 1983. Vedi anche LORENZONI G., Accordi reti e vantaggio competitivo, Etas, Milano, 1992. 48 ria della provincia di Napoli. Allo stesso tempo esse stanno anche a spiegare i motivi di una limitata dinamica imprenditoriale e in qualche caso di un atteggiamento di attesa, che si manifesta, ad esempio, nella scarsa propensione allo sviluppo autonomo, o nella contenuta capacità di destinare risorse verso propri obiettivi di innovazione e cambiamento 24. In questo scenario non va pertanto trascurato il ruolo esercitato dalla grande industria committente e dagli esercenti nazionali e locali per il mantenimento e lo sviluppo dell’indotto dell’area napoletana, ruolo che però non può che essere disegnato all’interno di un quadro di convenienze ed opportunità reciproche che vadano al di là della dell’immediata valutazione di breve periodo e possano essere inserite in uno o più progetti condivisi e chiari di più ampio respiro strategico. A titolo esemplificativo si possono citare i consistenti piani di ammodernamento ed ampliamento delle flotte rotabili sia dell’esercente nazionale sia di molti operatori locali, sulla spinta di programmi regionali di rafforzamento del trasporto ferroviario locale (es. Sistema di Metropolitana Regionale della Campania). Tali progetti possono costituire, a cascata, una opportunità di notevole portata anche per il piccolo polo 25 ferroviario napoletano, in termini di occasioni di collaborazione e di accentuazione delle innovazioni di prodotto richieste al nuovo materiale rotabile. Tav. 2.5 - I principali clienti Le principali aziende clienti % fornitori nel settore Gruppo Ansaldo (AnsaldoBreda, Ansaldo Sistemi, Ansaldo Segnalamento Ferroviario) 71% Firema 43% Trenitalia e RFI 43% Alstom 11% Sepsa 11% Alifana 8% Bombardier 8% 24 Sul concetto di cambiamento organizzativo si veda Consiglio S., Il cambiamento organizzativo, in MERCURIO R. e TESTA F. (a cura di), op. cit., 2000. 25 Sul concetto di “polo” vedi PERROUX F., “ L’espace et le temps dans la théorie générale des unites actives ”, Ecomomie Appliquee, n. 2, 1987. 49 2.4.2 La presenza sul mercato locale e sui mercati extra-regionali L’analisi dei dati testimonia una limitata propensione del cluster a fornire mercati localizzati al di fuori dell’ambito regionale. Sebbene sia solo dell’11% circa la percentuale di aziende che colloca i propri prodotti servizi sul mercato esclusivamente regionale, se si guarda al fatturato complessivo tale percentuale arriva a circa il 38%; il 43% delle aziende, inoltre, produce più della metà del proprio fatturato in regione. Analogamente, nonostante sia alta la percentuale delle aziende che dichiarano di operare anche sul mercato internazionale (34%), il fatturato da esportazioni è pari ad appena il 5% del fatturato complessivo del settore (dati sul fatturato totale 2003). Andando ad esaminare la composizione percentuale del fatturato delle singole aziende, si nota che sono pochi i casi (il 6% circa) di imprese che esportano più del 20% del fatturato. Tav. 2.6 - La ripartizione del fatturato per aree geografiche Campania Altre regioni italiane Estero Sul num. di aziende 11,43% 54,29% 34,29% Sul fatturato 37,01% 57,66% 5,33% 2.4.3 Il mercato di sbocco: lo scenario di riferimento. L’industria ferrotranviaria napoletana, come si è visto, ha i due suoi principali referenti nelle aziende di produzione ferrotranviaria e nelle aziende di trasporto. Andando ad esaminare la situazione competitiva e lo scenario evolutivo della domanda e degli investimenti di queste due tipologie di attori si possono osservare le forti potenzialità di crescita per il mercato delle aziende ferrotranviarie napoletane. Il forte ruolo di coordinamento, pianificazione e erogazione di finanziamenti giocato dalla Regione Campania ha innescato un trend favorevole di crescita, sia per quanto riguarda i forti investimenti infrastrutturali, sia per i relativi fabbisogni di materiale rotabile in termini di nuovi treni e/o di ammodernamenti del parco esistente. Essendo le aziende dell’universo molto legate a uno o pochi 50 produttori, le previsioni di crescita saranno influenzate dalle capacità progettuali, produttive e commerciali di AnsaldoBreda e di Firema. Diversa è la situazione per le imprese di armamento ferroviario: in questo caso saranno le imprese stesse che dovranno attivarsi direttamente per l’aggiudicazione di gare direttamente o in sub-appalto. Un ulteriore elemento di stimolo alla domanda è rinvenibile nel comparto della riparazione: le aziende di trasporto ferroviario (sia a livello nazionale sia regionale) stanno operando una politica di esternalizzazione di molte delle attività di service, precedentemente, in molti casi, interamente gestite in via diretta. Questa situazione positiva che caratterizza lo scenario non toglie però che sarà compito delle singole aziende (da sole o in partnership) attivarsi anche nel tentativo di ampliare il proprio mercato di sbocco, di rafforzare gli isolati legami commerciali con altre aziende produttrici o di trasporto collocate al di fuori del territorio campano e soprattutto di cercare nuovi clienti anche all’estero. 2.5 Le caratteristiche generali del settore 2.5.1 L’età delle imprese e la forma giuridica Quasi l’80% delle imprese dell’universo considerato è di costituzione successiva al 1980, e circa il 48% si è costituita dopo il 1990; la massima natalità si concentra tra il 1982 e il 1989 (circa il 34%); di poco inferiore è il numero delle imprese costituite tra il 1992 e il 1999 (il 28%); soltanto il 5% delle aziende è nato negli ultimi 3 anni. La forma giuridica prevalente è quella delle società di capitali, con un’incidenza vicina al 70% del totale dell’universo delle imprese considerato. In particolare, la forma di società a responsabilità limitata è quella di gran lunga più diffusa (il 73% tra le società di capitali e il 50% del complesso delle aziende); il 20% del totale delle aziende sono società per azioni; il restante 30% si compone di società di persone, in particolare: ditte individuali (11%), società in accomandita semplice (8%), società in nome collettivo (8%) e società cooperative a responsabilità limitata (3%). È da sottolineare che la costituzione sotto forma di società di 51 Tav. 2.7 - L’età delle imprese Costituzione precedente al 1980 21% Costituzione tra il 1981 e 1989 38% Costituzione tra il 1990 e il 1999 33% Costituzione successiva al 2000 8% capitale è utilizzata, nell’universo di riferimento, dal 100% delle imprese con più di 50 addetti e che il 65% delle società di persone hanno un numero di addetti minore o uguale di 20 unità 26. Tav. 2.8 - Forma giuridica delle imprese Società a responsabilità limitata 50% Società per azioni 20% Società in accomandita semplice 8% Società in nome collettivo 8% Società cooperative a responsabilità limitata 3% Ditte individuali 11% 2.5.2 La localizzazione La distribuzione geografica delle sedi operative principali appare sostanzialmente equidistribuita in tutto il territorio provinciale, anche se è possibile evidenziare una certa concentrazione attorno a sei “micro-poli” che raggruppano la maggior parte delle unità produttive. Il primo di questi, in ordine di numerosità, è rappresentato dall’area flegrea (Pozzuoli, Quarto), dove è localizzato poco più di un quarto (circa il 28%) degli stabilimenti produttivi; la seconda area nevralgica è identificabile nel territorio che si estende tra Castellammare di Stabia, Torre Annunziata e Striano, dove si concentrano 26 Le classi dimensionali in cui si è scelto di distinguere le aziende nell’analisi sono 3: aziende con un numero di dipendenti minore o uguale a 20 unità, aziende con un numero di dipendenti compreso tra 21 e 50 unità, aziende con più di 50 addetti. 52 Fig. 2.1 - La localizzazione delle aziende del settore nella provincia di Napoli il 21% circa degli stabilimenti; il terzo polo è rappresentato dall’area territoriale delimitata dai paesi vesuviani (Somma Vesuviana, Pomigliano D’Arco, Sant’Anastasia) dove si localizza il 17% delle sedi; il quarto polo si sviluppa nella zona nord-est, idealmente delimitata dai comuni di Casoria, Casalnuovo, Casavatore e Caivano (13%); il quinto polo è identificabile nel complesso delle aziende che hanno la sede operativa principale a Napoli e a Marano di Napoli (12%); infine la sesta zona in cui è rilevabile una certa concentrazione delle aziende del settore, è l’area occidentale di Napoli (Barra, San Giovanni), dove ha sede il 9% delle imprese. 2.5.3 L’assetto proprietario Nella grande maggioranza dei casi la proprietà delle imprese dell’universo considerato è detenuta da persone fisiche residenti in Campania. In particolare il 91% dei soggetti che detengono la proprietà e/o il controllo diretto dell’impresa sono persone fisiche re53 sidenti in Campania, il 6% è rappresentato da società che svolgono la loro attività principale nell’ambito della regione, solo nel 3% dei casi la proprietà è detenuta da soci che operano al di fuori del territorio campano. Per il 31% delle aziende il capitale sociale si concentra per una percentuale maggiore o uguale al 90% nelle mani di un unico soggetto. Tra le persone fisiche che condividono il controllo diretto delle società sussistono dei legami di parentela nel 51% delle imprese. In questo contesto, per il 20% delle imprese i legami familiari coinvolgono solo alcuni soggetti, mentre per il 30% dei casi tali vincoli riguardano tutte le persone fisiche che esercitano il controllo. Considerando questi dati e tenuto conto che l’11% delle aziende sono ditte individuali e che, nel complesso, nel 20% dei casi è un unico soggetto a detenerne il controllo, si delinea una struttura proprietaria d’impresa a carattere prevalentemente imprenditoriale-familiare che contiene in sé i tipici limiti ma anche alcuni elementi di forza propri di tale tipologia di impresa: scarsa managerializzazione, accentramento decisionale, rischi connessi ai cicli evolutivi e di successione imprenditoriale da un lato; flessibilità 27, snellezza organizzativa, relativa rapidità di risposta dall’altro 28. Questi elementi risultano altresì coerenti con i caratteri dimensionali ed organizzativi delle imprese in analisi. 2.5.4 La focalizzazione nel settore È doveroso sottolineare, in linea con le caratteristiche distintive dell’industria ferrotranviaria (e dunque con le finalità di questa ricerca), che l’insieme di aziende dell’universo si caratterizza per una 27 Si veda, RULLANI E., Flessibilità esterna, virtualità, imprenditorialità, interazione, in Atti del Convegno da Economia e Management, Etas Libri, Milano, 1995. 28 Sulle caratteristiche organizzative dell’impresa familiare vedi MINTZBERG H., La progettazione dell’organizzazione aziendale, Il Mulino, Bologna, 1985. Vedi anche PADRONI G., Le risorse umane nell’organizzazione e lo sviluppo della “piccola e media impresa”, in AA.VV., L’eccellenza nella gestione delle risorse umane, CEDAM, Padova, 1988. 54 Tav. 2.9 - Posizionamento delle aziende in relazione alla dimensione e al grado di focalizzazione nel settore eterogeneità relativa non solo al fatturato o al numero dei dipendenti, ma anche al grado di specializzazione nel settore ferrotranviario. Incrociando l’indicatore del grado di focalizzazione delle aziende, ossia il rapporto tra fatturato ferrotranviario e fatturato totale (vd. infra) con un indicatore della dimensione delle aziende stesse (numero complessivo di dipendenti) 29 è stata costruita una mappa di posizionamento (tavola 2.9) delle diverse aziende. Il grado di focalizzazione non appare fortemente correlato con la dimensione aziendale: sia nel segmento delle aziende focalizzate nel ferrotranviario sia in quello delle aziende meno specializzate, il comparto campano presenta operatori di svariate dimensioni, da meno di dieci fino ad oltre 150 addetti. In ogni caso, ci si trova di fronte ad un universo di aziende piccole e medie. 29 È importante sottolineare che l’indicatore del grado di focalizzazione è stato calcolato come media dei dati di fatturato ferrotranviario / fatturato totale degli anni 2001, 2002 e 2003; il numero dei dipendenti complessivi è invece riferito all’anno 2003. 55 2.5.5 Addetti e composizione organico La struttura occupazionale dell’universo delle aziende considerate nella ricerca è pari complessivamente a 1.810 addetti, di cui l’80,3% sono operai, il 15,9% impiegati e il 4% dirigenti. Questi dati e, soprattutto, la loro articolazione, si prestano ad una duplice lettura: la prima nell’ambito dei singoli comparti produttivi, la seconda rispetto alla categoria. A livello di sub-comparto, le aziende di costruzione e fornitura “coprono”, in termini occupazionali, il 51,6% delle unità lavorative, i riparatori il 36,9% e le aziende di armamento ferroviario l’11,6%. Decisamente differente risulta l’articolazione di questi dati percentuali se si prendono in considerazione soltanto gli addetti focalizzati nel settore ferrotranviario: in questa prospettiva, le frazioni di unità occupate dai riparatori (54%) sono significativamente superiori a quelle dei costruttori/fornitori e diventa sensibilmente più consistente la percentuale di occupati nell’armamento (18,3%). Ciò è determinato, evidentemente, dalla diversa incidenza degli addetti ferrotranviari nei tre subcomparti ferrotranviari. Tav. 2.10 - Distribuzione degli addetti per comparto produttivo Fornitori Riparatori Armamento Addetti totali Addetti ferrotranviari Incidenza addetti ferrotranviari Totale 51,6% 36,9% 11,5% 100% 27% 54% 19% 100% 30,53% 91% 100% 53,1% L’incidenza media degli addetti ferrotranviari sugli addetti totali a livello settoriale si stima essere intorno al 53,1%; decisamente sopra questa media è il dato relativo sia alle aziende di armamento (100%), sia a quelle di riparazione (91%), per le quali è evidente il più che significativo grado di focalizzazione nel settore. Al contrario, ben sotto la media è l’incidenza degli occupati “specifici” sugli occupati totali nelle aziende di costruzione/fornitura a matrice meccanica ed elettrica (30,5%), a testimonianza del maggior grado di diversificazione settoriale che caratterizza queste imprese (vedi tavola 2.10). 56 Passando all’analisi relativa all’articolazione degli occupati per categoria, va innanzitutto sottolineato che la ripartizione degli operai nei diversi comparti risulta essere sostanzialmente omogenea: nel comparto meccanico/elettrico/elettronico della costruzione e subfornitura la percentuale è del 77,7%, in quello della riparazione dell’83,4%, mentre sale all’84,6% nell’armamento. L’analisi della suddivisione degli impiegati, pur rilevando dati sostanzialmente simili nei tre comparti, mette in evidenza una maggiore presenza di questa categoria nelle aziende di costruzione e di subfornitura (18,2%), rispetto ai riparatori (12,7%) e alle aziende di armamento dei binari (11,4%). Omogenee sono, infine, le percentuali relative al livello dirigenziale, che si assestano in tutti i segmenti attorno al 4% (vedi tabella 2.11). Tav. 2.11 - Distribuzione addetti totale per categoria nei comparti produttivi Fornitori Riparatori Armamento Industria ferrotranviaria Dirigenti 4,1% 3,9% 4% 4% Impiegati 18,2% 12,7% 11,4% 15,9% Operai 77,7% 83,4% 84,6% 80,3% Totale 100% 100% 100% 100% L’ultima parte dell’analisi in essere è dedicata all’esame delle classi dimensionali delle aziende del settore. Le imprese con un numero di dipendenti minore o uguale a 20 sono il 33%, di cui il 75% appartengono al sub-comparto della fornitura/subfornitura di prodotti e/o servizi destinati ai produttori e/o agli operatori esercenti, il 17% a quello della riparazione (il 5% circa del totale) e l’8% a quello dell’armamento ferroviario. Le “micro-imprese”, ossia le aziende con un numero di dipendenti minore o uguale a 10 costituiscono l’8% circa del totale delle aziende considerate e il 25% delle aziende con meno di venti dipendenti. Le maggior parte delle aziende considerate nella ricerca si concentra nella classe dimensionale intermedia (con un numero di dipendenti compreso tra 21 e 50 unità) che comprende il 44% circa 57 Tav. 2.12 - Dati di struttura: classe di dipendenti per numerosità aziende suddivise per comparto Dipendenti Comparto Fornitori Riparatori Armamento Totale ≤ 20 25% 5% 3% 33% 21-50 30% 11% 3% 44% > 50 11% 9% 3% 23% Totale 66% 25% 9% 100% delle aziende. Di queste, il 62% appartiene al comparto dei fornitori e subfornitori (il 27% circa del totale delle aziende considerate nell’analisi), il 25% a quello dei riparatori (11% del totale) e il 13% circa a quello dell’armamento ferroviario (3% del totale). Infine, sono soltanto il 23% del totale le aziende con più di 50 dipendenti e l’11% quelle con un numero di addetti superiori a 100; la metà di queste aziende sono fornitori di prodotti e/o servizi destinati ai produttori e/o agli operatori esercenti, il 37% sono aziende di riparazione di materiale rotabile e il 13% si occupano di armamento ferroviario (3% del totale) (vedi tabella 2.12). 2.5.6 Il fatturato L’analisi del fatturato estesa ad un arco temporale sufficientemente ampio (2001-2003) dà un ulteriore contributo alla valutazione dell’assetto strutturale dell’industria ferrotranviaria nella provincia di Napoli ed offre alcuni spunti di carattere congiunturale L’arco temporale compreso tra il 2002 e il 2003 ha fatto registrare, nel complesso, un andamento positivo della produzione settoriale. Il fatturato totale delle 46 aziende del settore (comprese le attività diversificate) si stima sia stato, in media, di circa 168 milioni di euro negli ultimi tre esercizi. Durante questo periodo, il giro d’affari complessivo ha registrato un progressivo incremento pari all’11,9% tra il 2001 e il 2002 e all’8% tra il 2002 e il 2003, con un aumento complessivo tra il 2001 e il 2003 pari al 21,2%. Il fatturato destinato, in particolare, al mercato ferrotranviario 58 (che mediamente nei tre anni considerati si è attestato intorno agli 84 milioni di euro) presenta un andamento ancora più brillante, con tassi di crescita superiori rispetto al fatturato totale. Tra il 2001 e il 2002 ha fatto registrare un aumento del 16,9% e tra il 2002 e il 2003 del 17%, totalizzando una crescita complessiva tra il 2001 e il 2003 del 36,5%. Il peso delle attività ferrotranviarie incide in termini di fatturato intorno alla metà del totale; tuttavia, nei tre anni esaminati emerge una tendenza espansiva, che, seppur lieve, può essere ritenuta indicativa di una fase positiva vissuta ultimamente dal comparto, anche per la sua progressione non interrotta. Più precisamente, si passa da una incidenza del 47,21% del 2001, al 49,15% del 2002 e al 53,1% del 2003 (vedi tavola 2.13). L’andamento del tasso di incidenza dei ricavi ferrotranviari testimonia il buon andamento del settore, tenuto conto del mercato e del periodo di riferimento, anche alla luce dell’andamento del giro d’affari dei principali committenti delle aziende campane non particolarmente brillante (v. infra). Tav. 2.13 - Andamento del fatturato del settore (dati espressi in migliaia di euro) 2001 2002 2003 Fatturato totale 151.220 169.484 183.368 Fatturato ferrotranviario 71.419 83.315 97.505 Incidenza fatturato ferrotranviario (%) 47,2% 49,15% 53,1% L’andamento del fatturato del complesso delle aziende del settore, nonché l’ammontare e l’evoluzione della sua quota “ferrotranviaria”, devono essere letti parallelamente all’articolazione di questi dati nei singoli comparti produttivi; questa considerazione appare tanto più vera se si tiene conto della forte eterogeneità delle aziende relativa al grado di specializzazione nel settore (vedi supra). La dinamica dei singoli comparti produttivi mostra andamenti abbastanza differenti. In particolare, va evidenziato che il comparto che ha fatto registrare il maggior incremento, sia in termini di fatturato che in relazione al fatturato specifico del settore, è quello della riparazione, con aumenti percentuali tra il 2001 e il 2003, ri59 spettivamente, del 67% e del 64%, contro una media del settore del 20,2% e del 36,5%. Più contenuti, ma pur sempre positivi, gli incrementi dei due dati negli altri comparti con riferimento allo stesso arco temporale: nell’armamento il fatturato totale e quello ferrotranviario sono cresciuti del 46% (ben al di sopra, dunque, della media del settore); mentre per quel che riguarda i costruttori/fornitori, gli aumenti si sono collocati significativamente al di sotto della media del settore e precisamente intorno al 9,7% il primo e al 20% il secondo. Questo dettaglio dell’analisi consente di dedurre che, se è vero che nel complesso il settore mostra evidenti e positivi segnali di crescita, questi non possono essere generalizzati, anzi suggeriscono la conclusione che sono principalmente i comparti delle riparazioni (e di fornitura alle attività di service svolte dai principali committenti in misura crescente negli ultimi anni) piuttosto che quelle legate direttamente alla produzione di materiale rotabile a fare da traino al settore: viceversa le attività industriali in senso stretto denotano minore vivacità e in alcuni casi una certa stasi. Il tasso di incidenza media del fatturato ferrotranviario su quello totale varia in maniera significativa nei diversi comparti: Tav. 2.14 - Andamento del fatturato nel comparto della fornitura (dati espressi in milioni di euro) 2001 2002 2003 Fatturato totale 113.305 121.000 124.470 Fatturato ferrotranviario 35.200 37.500 42.040 Incidenza fatturato ferrotranviario (%) 26,65% 31,13% 33,8% Fatturato totale 22.665 31.615 37.000 Fatturato ferrotranviario 20.969 28.790 33.575 Incidenza fatturato ferrotranviario (%) 92,5% 91,06% 90,8% Fornitori Riparazione Armamento 2001 2002 2003 Fatturato totale 15.250 16.860 21.900 Fatturato ferrotranviario 15.250 16.860 21.900 Incidenza fatturato ferrotranviario (%) 100% 100% 100% 60 mentre le aziende di armamento e di riparazione / manutenzione sono infatti logicamente fortemente specializzate (il tasso in questione è, rispettivamente, il 100% e il 91%), le aziende di costruzione e fornitura sono caratterizzate da una spiccata diversificazione settoriale e il grado di focalizzazione nell’industria ferrotranviaria si colloca solo intorno al 30,6%. L’andamento del dato assoluto delle vendite del settore, se confrontato con la dimensione dell’occupazione, offre utili spunti di riflessione in ordine al tema della produttività delle aziende oggetto di rilevazione; il rapporto fatturato / addetti è, infatti, un immediato indicatore (inverso) del peso della risorsa umana nella struttura dei processi tipici di produzione dei vari comparti e nell’ambito delle diverse classi dimensionali e può rappresentare (se disaggregato per singola azienda) un’utile informazione in chiave di competitività delle imprese. In media, il dato di fatturato per addetto risulta, nel 2003, pari a circa 101.000 euro, valore pari a circa la metà di quello registrato in media presso il campione Databank di 27 imprese nazionali (204.000 euro al 2002), e comprensivo però dei maggiori produttori e sistemisti. Tav. 2.15 - Fatturato per addetto nei diversi comparti (dati espressi in euro riferiti al 2003) Comparto Fatturato/addetto Media settore Fornitori Riparatori Armamento 102.000 68.500 110.000 101.000 Questo risultato si presenta decisamente disomogeneo nei tre comparti produttivi: dai 68.500 euro per addetto nelle riparazioni si passa ai 102.000 euro nella fornitura ai 110.000 nell’armamento. Tali divari, pur dipendendo da numerosi elementi, indicano un diverso “valore” intrinseco dei prodotti realizzati nei tre comparti (vedi tavola 2.15) ed un diverso peso della componente lavoro nei processi produttivi del settore. Un’osservazione particolare va fatta riguardo al comparto dell’armamento di linee ferroviarie: il dato di fatturato per addetto tanto elevato va letto anche tenendo conto che 61 Tav. 2.16 - Fatturato per addetto per classe di dipendenti (dati espressi in euro riferiti al 2003) Classe di dipendenti Fatturato/addetto Media settore ≤ 20 21-50 > 50 101.600 117.400 59.000 101.100 le imprese del comparto, in linea con la loro matrice “edile”, spesso fanno ricorso a rapporti sub-contrattuali, che pertanto non si riflettono direttamente sul numero di dipendenti diretti, gonfiando in qualche misura il rapporto fatturato/addetti. Altro spunto interessante offerto da questo tipo di analisi è la verifica del livello di produttività relativo alle tre classi dimensionali in cui sono state distinte le aziende: il dato che si rileva con maggiore evidenza è la differenza significativa tra le aziende con un numero di addetti inferiori a 20 unità o tra 21 e 50 unità e le aziende di dimensioni maggiori (con più di 50 addetti), dove la minore produttività espressa da un rapporto fatturato/addetti di 59.000 euro, indica livelli di efficienza decisamente inferiori (vedi tabella 2.16). 2.5.7 La capacità produttiva Il tasso di utilizzo medio della capacità produttiva delle imprese oggetto dell’analisi si aggira intorno al 77%. Si evidenzia una forte omogeneità di questo dato percentuale in riferimento sia al complesso delle imprese sia alle diverse classi dimensionali che caratterizzano questa analisi, sia in relazione alle caratteristiche della tecnologia prevalentemente utilizzata (meccanica o elettrica/elettronica). Soltanto nel 5% dei casi il tasso di utilizzo medio della capacità produttiva è inferiore al 30%: si tratta di imprese in fase di start-up oppure in fase di ristrutturazione produttiva, riprogettazione organizzativa o ampliamento. Un altro dato che può offrire indicazioni nel merito è la percentuale di utilizzazione dell’area produttiva dello stabilimento principale: secondo quanto dichiarato dalle aziende, il tasso medio di utilizzo di tale area è di circa l’80%, stima che risulta in linea con quella relativa alla capacità produttiva effettivamente utilizzata. 62 2.5.8 Analisi economico-finanziaria L’analisi degli indicatori economici e finanziari del settore offre ulteriori contributi e spunti di riflessioni sia sugli aspetti di tipo strutturale che caratterizzano le imprese interessate, sia sui fenomeni più propriamente congiunturali e sulle relative ripercussioni in termini di performance aziendali. Appare quasi superfluo sottolineare come, nel complesso, gli indicatori di struttura e di performance economica siano influenzati non solo dalle politiche e dalle strategie delle imprese ma anche dall’andamento del business system di riferimento e più in generale dal ciclo economico. L’analisi dei dati di bilancio della presente indagine si riferisce ad un campione di 22 imprese delle 46 che sono oggetto della ricerca. Il campione è stato disaggregato (per dimensione e per comparto produttivo) per offrire ulteriori elementi di interpretazione dei dati. In relazione alle finalità appena chiarite, sono stati considerati alcuni indicatori: il costo del lavoro rapportato al numero di addetti e al valore della produzione, il tasso di incidenza del risultato operativo sul fatturato, gli investimenti complessivi realizzati dall’azienda per addetto 30 (l’analisi del fatturato per addetto condotta nelle pagine precedenti deve essere letta parallelamente alla presente). Di questi dati viene presentata un’analisi puntuale, “fissata” al 2002. Sono stati considerati, inoltre, alcuni indicatori classici di redditività: l’indice di redditività del capitale proprio (ROE - Return On Equity), capace di sintetizzare la situazione patrimoniale dell’impresa 31 e l’indice di redditività del capitale investito (ROI - Return On Investment). 30 Gli investimenti complessivi realizzati dall’azienda sono calcolati come somma del capitale fisso (immobilizzazioni materiali e immateriali) con il capitale circolante (rimanenze più crediti commerciali meno debiti commerciali). 31 Il ROE è il rapporto tra utile netto d’esercizio e il patrimonio netto. Esso esprime la capacità dell’impresa di remunerare il capitale di rischio investito nell’impresa dal proprietario e dagli altri azionisti o, più in generale la capacità dell’impresa di coprire i costi e di conseguire un utile. Questo indice è influenzato da tre elementi: la redditività della gestione operativa (ROI), il grado di indebitamento e l’incidenza della gestione non caratteristica. 63 Infine, si considerano due indicatori relativi alla struttura dello stato patrimoniale delle imprese: l’indice di copertura delle immobilizzazioni 32 e l’indice di indipendenza finanziaria 33. Per questi indici si è condotta un’indagine di tipo dinamico, riferita agli anni 2001 e 2002. Tav. 2.17 - Indici di struttura e performance aziendale al 2002 riferiti al settore e ai singoli comparti (dati espressi euro) Comparto Indici Fornitori Riparatori Media settore Armamento Fatturato/addetto 110.000 45.000 84.000 101.000 Investimenti/addetto 50.000 52.000 53.000 51.000 Costo del lavoro / Addetti 22.000 19.000 21.500 21.100 Costo del lavoro / Valore produz. (%) 32% 35,5% 33% 33% Risultato operativo / Valore produz. (%) 21,4% 23,3% 5% 18,4% L’incidenza del costo del lavoro sul valore della produzione si presenta sostanzialmente omogenea all’interno del settore. Rispetto alla media del 33%, sia la disaggregazione per comparto, sia quella Tav. 2.18 - Indici di struttura e performance aziendale al 2002 riferiti al settore e alle diverse classi dimensionali (dati espressi in euro) Classi dimensionali Indici Media settore ≤ 20 21-50 Fatturato/addetto 101.600 117.400 59.000 101.000 Investimenti/addetto 51.000 48.000 54.000 51.000 Costo del lavoro / Addetti > 50 18.000 21.000 24.500 21.100 Costo del lavoro / Valore produz. (%) 28% 32% 34% 33% Risultato operativo / Valore produz. (%) 14% 24% 9% 18,4% 32 L’indice di copertura delle immobilizzazioni è il rapporto tra la somma dei debiti a medio lungo termine e il patrimonio netto con le immobilizzazioni nette. 33 L’indice di indipendenza finanziaria è il rapporto tra il patrimonio netto e il totale attivo. 64 per classe dimensionale mostrano oscillazioni piuttosto contenute: uno scarto più marcato (5 punti in meno) viene evidenziato dal gruppo delle imprese con meno di 20 addetti e l’andamento appare crescente all’aumentare delle dimensioni dell’impresa. Ciò sottolinea l’ancor elevato contenuto di manualità delle imprese minori e per converso il maggior peso dei costi esterni (materiali, servizi) a carico delle organizzazioni di più grande dimensione. Il costo del lavoro per addetto è, al contrario, crescente con l’aumentare della dimensione aziendale, rispettando una tendenza tipica della realtà industriale. Le principali motivazioni di tali disomogeneità sono da ascriversi principalmente alla presenza di maggiori quote di personale più qualificato, sia a livello operaio, sia (in misura minore) a livello intermedio e dirigenziale nelle strutture più grandi. Ciò porta ad un dato non trascurabile del valore medio del costo per addetto nelle imprese con meno di 20 dipendent,i di un quarto inferiore a quello delle aziende con oltre 50 addetti. A livello di comparto, viceversa, non si rilevano disomogeneità sistematiche di rilievo: un costo del lavoro per addetto leggermente più basso (-10% rispetto alla media) si registra nel comparto dei riparatori, dove il livello relativo di qualificazione del personale è generalmente più modesto rispetto ai costruttori. La quota di investimento per addetto è, in media nel settore, di 51.000 euro; non si rilevano sensibili disomogeneità di questo dato sia avendo a riferimento la classe dimensionale sia il comparto produttivo; pur tuttavia si deve sottolineare che detto rapporto risulta più elevato di circa il 5% nelle imprese con più di 50 dipendenti, evidenziando una minore efficienza del capitale investito in questa classe di aziende. Variazioni sensibili si registrano nella distribuzione del risultato operativo rispetto al valore della produzione: a fronte di una media del 18,4%, una performance migliore viene fatta registrare dal comparto dei riparatori (23,3%) e della classe dimensionale intermedia (21-50 addetti). Risultati fortemente penalizzanti sono invece quelli delle im65 prese di armamento, che non riescono a superare il 5% del margine di profitto operativo sul valore della produzione; dal punto di vista dimensionale, le imprese con oltre 50 addetti denunciano un valore medio pari a circa la metà di quello del settore. Gli indici di redditività considerati nell’analisi sono il ROI e il ROE. Il ROI, dato dal rapporto tra il reddito operativo e il capitale investito netto, ha un andamento piuttosto stabile nel periodo di riferimento e si attesta su valori ampiamente superiori al costo del denaro (9,5% nel 2001 e 9,3% nel 2003). Non si rilevano disomogeneità sistematiche di rilievo di quest’indice né a livello di comparto né in riferimento alla classe dimensionale. Tav. 2.19 - Indici di struttura e performance aziendale riferiti all’intero settore: anni 2001-2002 (%) Indici 2001 2002 ROI Totale aziende Fornitura Riparazione Armamento 9,5% 9,7% 8,6% 3,2% 9,3% 9,5% 8,5% 3,1% ROE Totale aziende Fornitura Riparazione Armamento 16,3% 18,6% 12,5% 4,1% 4,6% 3,8% 7,8% 13,6% Indice di copertura delle immobilizzazioni Totale aziende Fornitura Riparazione Armamento 4,4 4 4,5 10,9 Indice di indipendenza finanziaria Totale aziende Fornitura Riparazione Armamento 31,9% 33% 26,5% 2% 66 2,9 2,5 2,9 5,5 36,1% 38,1% 34,3% 3% Tra il 2001 e il 2002 il ROE, l’indice di redditività del capitale proprio dato dal rapporto tra utile netto e capitale proprio, ha registrato una decisa riduzione, passando da 16,3% al 4,6%; anche il valore del 2002 risulta tuttavia soddisfacente essendo superiore al tasso di interesse riconosciuto in investimenti privi di rischio. In controtendenza rispetto al settore, l’andamento dell’indice nel comparto dell’armamento registra un incremento di circa il 9,5% tra il 2001 e il 2002. L’indice di copertura delle immobilizzazioni raffronta il capitale permanente (mezzi propri e mezzi di terzi a medio e lungo termine) con le immobilizzazioni tecniche e finanziarie. Esprime dunque la capacità dei capitali apportati dai soci o dai terzi creditori di coprire le necessità di investimenti in immobilizzazioni. Esso si presenta decisamente positivo per il complesso delle aziende del settore (l’indice è positivo quando è superiore all’unità) pur riducendosi significativamente nei due esercizi considerati (si passa da 4,4 nel 2001 a 2,9 del 2002). L’incidenza di indipendenza finanziaria, dato dal rapporto tra il patrimonio netto e il totale attivo, stabilisce il grado di capitalizzazione aziendale, cioè la capacita dell’azienda di finanziarsi maggiormente con capitale di rischio. La costruzione di questo indice a livello aggregato per le aziende del settore, mostra un dato positivo in riferimento alla solidità e all’equilibrio patrimoniale, attestandosi al 31,9% nel 2001e al 36,1% nel 2002 (in condizioni di normalità tale indice deve essere compreso tra il 30% e il 66%). 67 3. Le capacità e le competenze per competere 3.1 Gli assetti strategico-organizzativi. Un quadro di sintesi Nel settore considerato, pur a fronte di una certa numerosità delle entità industriali presenti, sono rinvenibili i sintomi di un sostanziale isomorfismo organizzativo negli assetti e nei meccanismi di relazione utilizzati dalle aziende. La “somiglianza“ strategico-organizzativa è sicuramente imputabile ad una serie di elementi: – la dimensione delle aziende, che nella maggior parte dei casi è piccola; – la sovrapposizione istituzionale tra proprietà e management nella quasi totalità dei casi; – la tipologia tecnologico-produttiva utilizzata; – la presenza su uno stesso territorio e la logica distrettuale che caratterizza il settore; – le caratteristiche della domanda finale (forte concentrazione, pochi grandi clienti uguali per tutti). Si rileva, infatti, una struttura organizzativa elementare con un basso – e in alcuni casi nullo – grado di articolazione organizzativa sia nella dimensione verticale sia in quella orizzontale. La bassa complessità organizzativa si evidenzia nella dimensione verticale con un limitato decentramento decisionale, con strutture molto piatte che spesso vedono partecipare alla vita organizzativa – quasi sempre nelle politiche commerciali, ma spesso anche nelle fasi di progettazione e nella produzione – l’imprenditore in prima persona, con le evidenti conseguenze di compressione e spesso deviazione del ruolo originario proprio. 69 Nei casi di maggiore complessità si nota la presenza di una struttura funzionale con una marcata separazione della funzione di produzione dalle altrefunzioni, accentrate solitamente nella direzione generale (es. commerciale-marketing) o assenti (es. R&S). Limitato è il grado di formalizzazione delle procedure, che è presente principalmente nelle fasi di produzione e risponde solitamente a logiche “formali”, derivanti dalle esigenze di certificazione di qualità. Limitato è anche il ricorso ad organi di integrazione: unica eccezione è rappresentata dalla presenza di manager integratori di processo e di prodotto collegati, nella maggior parte dei casi, al monitoraggio delle commesse. I rapporti con le risorse umane sono gestiti con una logica amministrativa e poco orientata in senso strategico è la leva della formazione. Un’altra delle caratteristiche comuni al settore è quella della forte partecipazione di membri della famiglia alla vita organizzativa delle aziende: nel 60% dei casi, infatti, nelle realtà esaminate lavoTav. 3.1 - Origini imprenditoriali del socio fondatore Il socio fondatore: è un ex dipendente di un’impresa dello stesso settore 34,3% ha rilevato un’attività gestita da altri membri della famiglia (es. padre) 22,9% ha rilevato un’impresa già costituita 14,3% ha ottenuto un finanziamento per l’avvio dell’iniziativa imprenditoriale 8,6% era/è attivo con un’altra impresa in un altro settore (diversificazione) 5,7% è un ex dipendente di un’impresa di altro settore altro 2,9% 11,4% rano anche familiari dell’imprenditore. Anche l’origine imprenditoriale testimonia l’importanza dei legami familiari: il 23% circa degli imprenditori del settore ha rilevato l’attività attraverso un processo di successione imprenditoriale nella proprietà. Sempre sull’origine imprenditoriale, è interessante notare come ben il 37% dell’universo sia composto da aziende nate da processi di spin off operati da dipendenti di imprese delle stesso settore (34,3%) o di altro settore (2,9%). Il 14,3% degli imprenditori ha, 70 invece, rilevato un’impresa già costituita, mentre il 5,7% era già attivo nello stesso settore con un’altra impresa. 3.2 Le capacità e le competenze per l’innovazione e la R&S Il segmento industriale ferrotranviario campano è rappresentato quasi totalmente da imprese che sono prevalentemente in rapporto con gli operatori industriali leader (dei quali sono fornitori a vario titolo) e poco con il mercato finale degli acquirenti di prodotti ferrotranviari. La presenza di questo “filtro” quasi istituzionale non è irrilevante nella spiegazione di molti aspetti riguardanti sia la struttura imprenditoriale sia le caratteristiche organizzative sia, infine, i comportamenti competitivi delle imprese stesse. È indubbio, infatti, che ci si trova di fronte ad una realtà industriale fortemente condizionata da scelte e dinamiche competitive non direttamente controllabili in prima persona dalle aziende nei loro aspetti più critici, ma che viceversa si maturano e si concretizzano su scenari di business “lontani” (sia geograficamente, ma principalmente dal punto di vista decisionale) da quelli dei manager locali impegnati prevalentemente nella gestione operativa dei rapporti di fornitura. Va inoltre rilevato (come più avanti approfondito in dettaglio) che il raggio di visuale che tali imprese hanno è ulteriormente ridotto dal fatto che, data la loro modesta dimensione, i rapporti col settore sono mediati da un numero molto esiguo di interlocutori (imprese clienti) posti al livello superiore della filiera (non sono pochi i casi di imprese monoclienti). Tutto ciò si riflette evidentemente sulla capacità di lettura delle esigenze di innovazione e di sviluppo che queste imprese generalmente mostrano di avere, e soprattutto sulla qualità e frequenza di iniziative concrete in questo senso, perché, per così dire, manca un nodo essenziale nel percorso strategico dell’innovazione, che è appunto la percezione e la valutazione diretta, analitica e sistematica delle esigenze e delle opportunità che il mercato continuamente presenta. La rilevazione effettuata presso il campione di aziende cam71 pane concorre a confermare tale ipotesi e ad aprire comunque una riflessione sul tema delle modalità di innesto di percorsi innovativi e di sviluppo in questo contesto industriale di rilievo per l’economia regionale. Una prima considerazione sulle politiche di innovazione e di ricerca e sviluppo operate all’interno del settore è da farsi sull’importanza attribuita dagli intervistati a tale leva all’interno del comparto di riferimento. La totalità degli intervistati ha attribuito un’importanza superiore alla media della scala di valutazione (scala da 1 a 6) e ben il 74% riconosce un’elevata importanza all’innovazione: in media il punteggio attribuito a questo tema è stato di 5,6 su 6. Nonostante questa impostazione di fondo, se si guardano i dati di dettaglio la realtà contraddice parzialmente le opinioni degli intervistati. Ciò a testimoniare una comune difficoltà delle aziende del settore a operare sistematici investimenti per l’innovazione e la ricerca. Si rileva, di fatto, una non trascurabile carenza su diversi livelli del rapporto con il tema dell’innovazione: – uno, più immediato, è quello della valutazione oggettiva degli sforzi effettuati anche sul piano economico-finanziario; – uno, indiretto, è sul significato di innovazione attribuito dai soggetti intervistati; – uno, infine, è sulla identificazione di contenuti e percorsi strategici e modalità da dare a tali orientamenti. Il 20% delle imprese non ha operato investimenti in innovazione e R&S negli ultimi 3 anni. In generale, l’incidenza media degli investimenti in innovazione effettuati a livello di settore è pari al 10% circa del fatturato; il dato ad una prima lettura appare molto elevato, con una percentuale simile a quella di realtà industriali di grandi dimensioni. Da una lettura qualitativa del tipo di investimenti effettuati emerge, invece, che nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di investimenti per acquisto di nuovi macchinari e/o attrezzature e nell’acquisto di immobili. Ciò induce a riflettere, non senza qualche allarme, sullo stesso significato del concetto di “innovazione”: la sostituzione di un macchinario o l’ampliamento di una parte dello stabilimento non sembrano, infatti, costituire di per sé frutti di innovazione tecnologica 72 (di prodotto o di processo), a meno di non presentare al proprio interno anche specifici contenuti. Circa in un caso su due le aziende hanno usufruito di finanziamenti e/o agevolazioni pubbliche per operare tali ammodernamenti. Lo strumento più utilizzato è stato quello legato alla L. 488/92; anche questo elemento non appare significativo, in quanto il provvedimento citato è alquanto generale, con richiami piuttosto labili all’obiettivo dell’innovazione. Un ulteriore indicatore della scarsa dimestichezza con processi complessi di innovazione è anche la quasi totale assenza di brevetti posseduti, come limitati sono gli accordi di licensing: le aziende che hanno brevetti o licenze corrispondono all’11,5% del totale. Per quanto concerne le risorse umane, è stata effettuata la rilevazione del personale specificamente impiegato nella ricerca e sviluppo. L’esito è alquanto deludente, dal momento che soltanto in due casi si registra la presenza di addetti dedicati esclusivamente ad attività di ricerca e sviluppo e solo una delle due aziende è focalizzata al 100% nel settore. Un certo fermento si comincia ad intravedere sul piano degli stimoli suscitati dall’esterno sui percorsi innovativi delle aziende ferrotranviarie campane. Un buon numero di imprese (circa il 35%) dichiara, infatti, di intrattenere rapporti di collaborazione con soggetti terzi a tale scopo: nella quasi totalità dei casi si tratta di collaborazioni con le università locali, in qualche caso con centri di ricerca privati e molto raramente con altri soggetti, come ad esempio il CNR. Andando, infine, a guardare le aree in cui si concentrano le politiche di innovazione e di ricerca e sviluppo si nota una focalizzazione dell’attenzione sulle tematiche dell’innovazione di processo legata soprattutto al recupero di efficienza dei processi produttivi (comunque consolidati) e alla possibilità di compressione dei costi. Meno diffusa appare la consapevolezza della centralità dei temi della qualità e della capacità di upgrading tecnologico, così come assenti risultano esperienze relative a nuovi prodotti o nuovi materiali, nonostante il 42% degli intervistati abbia dichiarato di effettuare ricerche su nuovi prodotti e il 13% su nuovi materiali. Un’ultima considerazione può essere fatta in merito alla diffusione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (tavola 3.3). È consolidato nel settore l’utilizzo della posta elettronica 73 Tav. 3.2 - Le aree di focalizzazione dell’innovazione Ricerca di nuovi materiali 13% Ricerche sull’innovazione dei processi 90% Ricerche sull’innovazione delle componenti Valutazione delle innovazioni prodotte da altre aziende Ricerche di nuovi prodotti Altra tipologia di innovazione 31,5% 6% 42% 3% come mezzo di comunicazione e ben un’azienda su due dispone di un sito internet, anche se spesso con una o poche pagine web. Internet è utilizzato principalmente per la ricerca di fornitori (65% dei casi), ma anche per effettuare ricerche di mercato (48%). Solo il 5% delle aziende dispone di una rete intranet o extranet: ciò appare giustificabile soprattutto in merito alla dimensione limitata delle aziende coinvolte nella ricerca. Diffusa è, infine la presenza di sistemi di ausilio computerizzato alla progettazione e alla produzione quali l’Autocad (43%) e il Cam (37%). Tav. 3.3 - Tecnologie dell’informazione e programmi software utilizzati dalle aziende Posta elettronica 100% Sito web aziendale 51% Ricerca di fornitori in internet 65% Ricerche di mercato in internet 48% Intranet aziendale 5% Extranet fornitori 5% Extranet clienti 5% AUTOCAD 43% CAM 37% 3.2.1 La certificazione di qualità Significativa è l’attenzione prestata dalle aziende alla certificazione di qualità. L’86% delle aziende è, infatti, dotata di certificazione e nei comparti dell’armamento e della riparazione si arriva 74 Tav. 3.4 - Le certificazioni di qualità nei diversi comparti produttivi Fornitori Riparatori Armamento Certificazioni di qualità Settore 78,3% 100% 100% 86% ISO 9001 73% 88% 100% 79% ISO 9002 9% 22,2% 33% 11% ISO 14001 9% 22,2% 0% 11% al 100%. La diffusione della certificazione è ascrivibile principalmente all’importanza da essa rivestita per i clienti finali, oltre che alla sensibilità delle singole aziende. La certificazione più diffusa è la ISO 9001, posseduta da tutte le aziende certificate. Più rara sono la ISO 9002 presente in 4 aziende e la 14001 presente in altre 4 aziende. Otto sono, invece, le aziende che possiedono più di una certificazione. 3.2.2 Le risorse umane Una prima considerazione in merito alle capacità e competenze presenti nel settore nel campo dell’innovazione e della ricerca e sviluppo è da farsi in merito alla composizione qualitativa degli organici aziendali in generale e nei diversi comparti. A livello complessivo il settore si caratterizza per la forte prevalenza del numero degli operai, pari all’80,3%. Simile è la ripartizione nei diversi comparti: nel comparto meccanico/elettrico/elettronico della costruzione e subfornitura la percentuale è del 77,7%, in quello della riparazione dell’83,4%, mentre sale all’84,6% nell’armamento. Leggermente diversa è l’articolazione degli impiegati: si assiste, infatti, a una maggiore presenza di questa categoria nel comparto della costruzione e della subfornitura (18,2%), rispetto alla media generale pari al 15,9%. Ciò testimonia la maggiore articolazione organizzativa, verticale ma anche orizzontale, delle aziende di questo comparto: anche se non vi è una rilevante complessità organizzativa è comunque superiore rispetto alle strutture piatte che caratterizzano gli altri comparti. Simili sono, infine, le percentuali sul livello dirigenziale, che si assestano in tutti i segmenti attorno al 4%. 75 Differenze più marcate si notano, invece, analizzando i dati riguardanti il livello formativo degli addetti del settore. Complessivamente gli occupati sono per il 4,4% laureati, per il 39% diplomati, mentre il 56,6% ha terminato esclusivamente la scuola dell’obbligo. Se le percentuali riguardanti i laureati nei diversi comparti sono abbastanza simili, notevoli differenze si riscontrano per i diplomati e per coloro che hanno un minimo bagaglio formativo istituzionale. La percentuale dei diplomati è molto forte nel comparto dell’armamento ferroviario (73%), mentre è in media in quello della subfornitura (40%) e scende notevolmente nella riparazione (20%). È proprio in quest’ultimo comparto, infatti, che si registra il più alto numero di addetti in possesso solo dell’obbligo formativo con una percentuale del 75%. Molto rari sono, infine, gli addetti che hanno nel loro bagaglio formativo istituzionale un titolo di studio superiore alla laurea come il dottorato o la partecipazione a master. Per lo più tali eccezioni sono rinvenibili in poche aziende specializzate nella progettazione e che non sono focalizzate nel ferrotranviario: ad esempio la Aerosoft che ha, tra l’altro, la quasi totalità degli addetti in possesso di un diploma di laurea. Per quanto riguarda la formazione operata all’interno delle aziende, ben il 73% degli intervistati ha dichiarato di avere svolto negli ultimi 3 anni corsi di formazione. Tav. 3.5 - Livello formativo degli addetti del settore Fornitori Riparatori Armamento Settore Scuola dell’obbligo 55% 75% 23% 56,6% Diplomati 40% 20% 73% 39% Laureati 5% 5% 4% 4,4% È molto frequente l’addestramento on the job, mentre raramente sono stati rilevati corsi di formazione specialistici. I casi di formazione mirata specialistica riguardano principalmente l’utilizzo di pacchetti software (specialmente tecnologie CAD e CAM). In molti casi si registrano corsi di formazione legati a obblighi normativi sulla legge 626/96 sulla sicurezza sul posto di lavoro. 76 3.3 Le capacità e le competenze commerciali e di marketing L’organizzazione della funzione commerciale rispecchia le caratteristiche dell’assetto societario e organizzativo prevalente nel settore, e allo stesso tempo i caratteri quantitativi e qualitativi del loro portafoglio clienti e del loro approccio al mercato La struttura piatta e poco sviluppata sia in senso orizzontale che nell’articolazione verticale, accompagnata da una costante presenza gestionale, nella stragrande maggioranza dei casi, dell’imprenditore si rispecchia anche in una organizzazione della funzione commerciale poco sviluppata. Nel 74% dei casi viene, infatti, curata direttamente dalla proprietà con contatti e rapporti diretti con i clienti. Pochi (17,1%) sono i casi di aziende che hanno una maggiore articolazione della funzione; tale assetto che vede un ufficio alle dirette dipendenze della direzione generale è rinvenibile nelle aziende di dimensioni maggiori e/o in quelle che hanno una maggiore propensione alla presenza anche in mercati extra-regionali e internazionali. Limitato è, infine, il ricorso ad agenti che si riscontra solo nell’8,6% delle aziende. Tav. 3.6 - L’organizzazione della funzione commerciale % È curata direttamente dall’imprenditore/proprietà 74,3% Ufficio alle dirette dipendenze della DG o dell’amministratore 17,1% È delegata ad agenti 8,6% È svolta dall’azienda capogruppo 0 È svolta dalla struttura consortile 0 È delegata a un consulente 0 La funzione commerciale occupa il 5,1% del totale degli addetti del settore. Tale percentuale comprende, però anche la presenza nella funzione degli imprenditori, che non figurano nel numero complessivo degli addetti. La limitata strutturazione della funzione commerciale si evince anche andando ad esaminare il numero degli addetti che stabilmente si occupano delle attività ad essa collegata. Solo nel 5,7% dei casi la funzione occupa più di tre addetti, 77 Tav. 3.7 - Gli addetti della funzione commerciale % Un solo addetto 31,4% Due addetti 42,9% Tre addetti 20,0% Più di tre addetti 5,7% ma in nessuna azienda sono più di cinque. Nel 31,4% dei casi viene curata dal solo imprenditore, che nel 42,9% delle aziende viene affiancato da un assistente. Per quanto riguarda, invece, gli strumenti della leva commerciale e del marketing, in particolare, si nota un utilizzo principale della sponsorizzazione e della partecipazione a fiere e convegni per promuovere l’azienda e i prodotti/servizi ed anche generiche attività di pubbliche relazioni. Anche in questo caso solo nelle aziende di maggiori dimensioni è presente il ricorso a forme più dirette come la pubblicità. Ben il 42% delle aziende intervistate ha dichiarato di non ricorrere a nessuna attività promozionale. Tav. 3.8 - Attività promozionali svolte dalle aziende Pubblicità 8,5% Sponsorizzazioni 22% Pubbliche relazioni 40% Partecipazioni a fiere convegni 31% Altra forma promozionale Nessuna attività promozionale 5% 42% Le peculiarità del settore ferrotranviario si rispecchiano anche nell’organizzazione del coordinamento operativo tra la gestione dei rapporti con la clientela e l’assetto della funzione di produzione: nel 57% dei casi è, infatti, presente un responsabile di commessa, mentre il 25,7% delle aziende ha un responsabile di cliente o prodotto. Solo il restante 17,3% delle aziende non ha previsto nel suo assetto organizzativo alcuna figura professionale di integrazione per prodotto, cliente o commessa. 78 3.4 Le relazioni interorganizzative All’interno del settore industriale ferrotranviario possono essere individuati diverse tipologie e livelli di relazioni tra gli attori del sistema. Tali tipologie possono distinguersi, ad esempio, in: – relazioni contrattuali di fornitura (sub-fornitori-fornitoriesercenti committenti); – relazioni contrattuali di collaborazione non di fornitura (forme consortili di supporto a programmi di sviluppo); – relazioni di collaborazione contrattuale di fornitura (ATI); – relazioni non contrattuali (informali) di collaborazione (tra imprese o tra esercenti ed imprese o tra imprese, esercenti ed attori pubblici); – relazioni interorganizzative di gruppo (reti burocratiche forti). Nella realtà locale napoletana queste forme di relazione sono presenti un po’ tutte, anche se con forti divari di intensità, solidità e continuità nel tempo. Va in primo luogo evidenziato che il polo ferroviario napoletano risente fortemente della presenza del leader nazionale industriale, il quale a sua volta rappresenta l’attualizzazione di un consolidato tessuto produttivo ferrotranviario che ha avuto nella regione Campania una sede di sviluppo di grande rilievo fin dalla fine dell’800 e via via nel corso di tutto il secolo passato. Oggi l’assetto interorganizzativo dell’industria ferrotranviaria della provincia di Napoli si caratterizza per la presenza di un’organization set 34, un insieme di organizzazioni collegate con un’organizzazione focale; quest’ultima assume un ruolo di guida 35 nel set34 L’Organization set è definito dall’insieme (set) dall’insieme di tutti gli attori che hanno relazioni di scambio di risorse con una organizzazione focale collocata in una posizione centrale. L’organizzazione focale si riconosce perché è caratterizzata da un’elevata centralità di grado, un elevato indice di interposizione e da un elevato grado di prossimità o vicinanza. Si veda MERCURIO R. e TESTA F. (2000), op. cit. Vedi anche EVAN W.M. (1966), op. cit. 35 Si veda Lorenzoni G. (a cura di), Accordi, reti e vantaggio competitivo, ETAS, Milano, 1992. 79 tore ed è caratterizzata un elevati indici di interposizione e di centralità 36. L’organizzazione focale è rappresentata da AnsaldoBreda che gioca questo ruolo traente 37 in maniera principalmente indiretta, attraverso acquisizioni di commesse in sub-fornitura. La politica degli acquisti di AnsaldoBreda coinvolge, infatti, il 71% delle aziende del settore e la quasi totalità di quelle del comparto della componentistica meccanica e elettrica/elettronica. In particolare, AnsaldoBreda acquista lavorazioni (ad es. costruzione di casse per locomotive, di strutture e carrelli, di apparecchiature elettriche ed elettroniche, lavorazioni di leghe leggere e pesanti) e componenti (ad esempio porte, impianti di condizionamento, sedili, convertitori, parti di arredamento). Tale tipologia di relazione è caratterizzata da una considerevole stabilità temporale (molti rapporti di sub-fornitura sono ormai in essere da diversi anni) e soprattutto in alcuni casi, a testimoniare l’importanza della relazione, AnsaldoBreda rappresenta l’unico cliente. L’unico caso di una relazione più strutturata con l’organizzazione focale è rappresentato da un’associazione temporanea di imprese stipulata da AVIS, finalizzata all’acquisizione nuove commesse. Altra forma significativa di strumento interorganizzativo è costituita dal consorzio, che lega in maniera formale e secondo regole di comportamento esplicite due o più soggetti. Tale forma relazionale è altresì fondata su prospettive di durata temporale lunga, e testimonia ulteriormente la volontà dei partecipanti di strutturare stabilmente un tessuto di relazioni solido. Un recente esempio di tale più articolata e strutturata azione di networking 38 è rappresentato dalla costituzione di Campaniaferr. 36 Si veda in particolare JARRILLO J.C., “On Strategic Network”, Strategic Management Journal, vol. 9, pp. 31-41, 1988. 37 Si veda MERCURIO R. (1983), op. cit. 38 Per network si intende una rete di aziende legate tra di loro da particolari relazioni di interdipendenza e da particolari meccanismi di coordinamento. Rispetto a questa definizione è opportuno distinguere due dimensioni di analisi: la prima è quella dell’assetto strutturale con cui si intende il sistema composto dagli 80 Campaniaferr è un consorzio, nato principalmente con l’obiettivo della realizzazione di un contratto di programma finalizzato alla realizzazione di un “polo ferrotranviario avanzato” nel territorio della regione Campania. Il contratto di programma è finalizzato principalmente all’ottenimento di finanziamenti per l’ammodernamento dei siti produttivi e la realizzazione di nuovi impianti. Il consorzio, che coinvolge anche imprese localizzate al di fuori della provincia di Napoli, è visto favorevolmente anche da AnsaldoBreda, che vi identifica opportunità per un upgrading tecnologico e un aumento del livello di innovazione nel comparto. Per quanto riguarda l’universo di riferimento della ricerca, circa l’80% delle imprese hanno aderito al consorzio; considerando la non inclusione nel polo delle imprese di armamento, tale dato testimonia come la quasi totalità delle aziende dei comparti della fornitura e della riparazione sia ormai di fatto inserito nell’iniziativa. La forma di networking sicuramente più interessante nel settore è rinvenibile nel comparto della riparazione, con la presenza di due consorzi. Nel 2002 è stato, infatti, costituito il consorzio De.Vu.Se. che coinvolge 5 aziende (Damiano Motor’s, El.Ca. elettromeccanica, Cometav, Sud Engineering e Taddeo Vuolo). Il consorzio è nato principalmente con l’obiettivo di creare sinergie tra le differenti competenze delle cinque aziende, espressione, di fatto, di due diverse realtà imprenditoriali locali di media dimensione. Ha permesso, inoltre, di raggiungere una maggiore dimensione critica per acquisire commesse più impegnative (nel 2003 il fatturato ferrotranviario delle aziende partner superava abbondantemente la quota del 15% sul fatturato complessivo del polo ferrotranviario naattori, ossia aziende e insiemi di aziende selezionati all’interno del business system; la seconda dimensione è, invece rappresentata dalle relazioni di interdipendenza che legano gli attori coinvolti. Per ogni approfondimento relativo al concetto di network si veda quanto scritto da Martinez M. in MERCURIO R. e TESTA F. (2000) (a cura di), op. cit. Si veda in particolare il Capitolo 6. Si veda inoltre BAKER W., The Network Organization in Theory and Practice, in NOHRIA N., ECCLES E., Networks and Organizations¸ Cambridge, Harvard University Press, 1992. Si veda inoltre BARTLETT C.A. e GHOSHAL S., Managing across Borders, Harvard Business School Press, Boston, 1989. 81 poletano), con la potenziale realizzazione di maggiori economie. De.Vu.Se. ha realizzato anche un’integrazione delle politiche commerciali di comunicazione e marketing: le aziende si presentano unite all’esterno rafforzando la scelta di collaborazione. Con finalità simili è nato nel 2002 nel comparto del materiale rotabile, il consorzio Costruzioni Meccaniche Puteolane che coinvolge la Coprom, la Comefi e la Grimaldi Carpenteria (per un fatturato ferrotranviario di poco meno di 2 milioni di euro) e copre i segmenti della carpenteria e delle riparazioni. Nel settore sono rinvenibili anche numerose associazioni temporanee di imprese, che coinvolgono circa il 30% delle imprese. Le ATI sono uno strumento utilizzato dalla quasi totalità delle imprese di armamento ferroviario (che le finalizzano all’acquisizione delle commesse) e da un discreto numero di imprese fornitrici. Naturalmente il grado di stabilità di tali rapporti è molto meno accentuato ed è fortemente legato ad opportunità di lavoro, di volta in volta recepite dai rispettivi partecipanti. Si tratta, comunque, di un canale di trasmissione importante per quel che riguarda lo scambio di competenze ed esperienze e, in termini generali, funge da meccanismo di equilibrio all’interno del sistema. Molto forti nel settore e importanti per le potenzialità di networking ancora inespresse sono le relazioni sociali rinvenibili. Rapporti di amicizia, conoscenze personali, legami di parentela tra i soci delle aziende sono molto diffusi e riflettono la natura distrettuale del cluster di aziende analizzato. Nel 94% dei casi, gli intervistati dichiarano di conoscere personalmente fornitori, concorrenti e clienti e nel 17% dei casi esistono legami familiari tra i soci delle aziende del settore. Numerosi sono i rapporti di collaborazione con istituzioni e centri di ricerca pubblici e privati nel campo della ricerca e sviluppo: circa il 35% delle aziende vanta, infatti, collaborazioni in tal senso. Anche se è da sottolineare come questi accordi siano realizzati principalmente da aziende di maggiori dimensioni. Circa il 40% delle aziende è partner di un’associazione di categoria (Unione degli industriali, API, Aniaf, Confia), per ottenere informazioni e come occasione per creare nuove relazioni. 82 Tav. 3.9 - Relazioni di collaborazione con il mondo della ricerca Rapporti di collaborazione con agenzie di sviluppo 5,7% Rapporti di collaborazione con università o centri di ricerca 28,6% Nessun rapporto di collaborazione 65,7% È interessante sottolineare come la quasi totalità delle aziende (circa il 90%) ritiene fondamentale allacciare rapporti di collaborazione e di partnership: a testimonianza di ciò si può osservare il punteggio molto alto (5,1 in una scala da 1 a 6) attribuito all’importanza nell’allacciare relazioni di collaborazione con altre aziende della filiera industriale. Più nel dettaglio assumono importanza soprattutto le relazioni con i fornitori (5,6) e con i clienti (5,6), mentre una significativa rilevanza viene attribuita anche ai legami con università e centri di ricerca presenti sul territorio (4,%). Tav. 3.10 - Importanza delle relazioni di collaborazione con gli attori della filiera (a giudizio delle aziende, con punteggi da 1 - poco importante - a 6 - fondamentale) Rapporti collaborativi con fornitori 5,6 Rapporti collaborativi con i clienti 5,6 Rapporti collaborativi università e centri di ricerca 4,5 Rapporti collaborativi con i concorrenti 4,1 Rapporti collaborativi con le associazioni di categoria 3,5 Rapporti collaborativi con agenzie di sviluppo locale 3 Esaminando le motivazioni che spingono le aziende a realizzare in generale accordi di collaborazione, si può notare come nella maggior parte dei casi queste siano rappresentate dall’esigenza di innalzare la massa critica necessaria per assicurarsi nuove commesse e garantire al mercato dimensioni produttive maggiori. Seguono i casi di collaborazioni nate con l’esigenza di entrare in nuovi settori e quelli finalizzati al tentativo di ingresso in nuovi mercati geografici o all’internazionalizzazione del mercato di sbocco. 83 In questa fase, quindi, la molla per l’apertura di forme costruttive di dialogo con la micro realtà distrettuale circostante è ancora orientata esclusivamente verso obiettivi di tipo non strategico e di breve-medio periodo. Probabilmente le condizioni per l’instaurarsi di più solidi rapporti di ampio respiro richiedono condizioni non ancora pienamente soddisfatte nella realtà produttiva locale. Tav. 3.11 - Le motivazioni che hanno spinto le aziende a realizzare forme di collaborazione con altre imprese (da 1 - poco importante a 6 - fondamentale) Maggiori probabilità di vincere gare d’appalto Possibilità di ampliare il mercato di sbocco e/o entrare in nuovi mercati geografici 5,71 4,95 Accesso a nuovi settori 4,95 Accesso a risorse e competenze non possedute 4,18 Miglioramento della qualità 3,65 Miglioramento del servizio 3,38 Innovazione dei prodotti offerti 3,27 Riduzione dei costi 2,85 Innovazione dei processi produttivi 2,47 Riduzione dei tempi per lo sviluppo di nuovi prodotti 2,41 Si tratta, da un lato, di condizioni interne al tessuto industriale, e incentrate soprattutto su alcune dimensioni critiche: evoluzione della cultura d’impresa, capacità di percepire opportunità innovative basate sulla fiducia 39 e maggior e capacità di gestire strategicamente le incertezze del settore. Sul piano esterno, condizioni per fa39 Numerosi sono in letteratura organizzativa gli studi che hanno affrontato il tema del rapporto tra intensità relazionale, fiducia e competitività di un network. A tal proposito si veda GRANOVETTER M., Economic Action and Social Structure: The Problem of Embeddedness, American Journal of Sociology, vol. 91/3, 1985; si veda anche COLEMAN J.S., Foundations of Social Theory, Harvard University Press, Cambridge, 1990. Per comprendere il significato e il ruolo della reputazione e della fiducia si veda inoltre MILGROM P. e ROBERT J., Economics, Organization and Management, Prentice Hall Internetional, Hemel Hampstead, 1992; ed. it., Economia, Organizzazione e Management, Il Mulino, Bologna, 1992. 84 vorire i processi di consolidamento distrettuale si possono individuare nei comportamenti delle strutture industriali trainanti, sia a livello di gestione del sistema relazionale (politiche di selettività, razionalizzazione e incentivazione tra le imprese del distretto), sia nella partecipazione attiva ad iniziative specifiche di promozione o di sostegno pubblico volte a questo obiettivo. In questo alveo andrebbe rafforzato, altresì il ruolo di altri soggetti rilevanti: aziende locali di trasporto, centri di ricerca ed organi istituzionali preposti al governo del sistema industriale e dei trasporti della regione. Analoga è l’analisi delle motivazioni che invece spingerebbero le aziende che non hanno sperimentato alcuna forma di collaborazione a instaurare rapporti di partnership (tavola 3.12). Unico elemento significativo di differenza è nella maggiore importanza attribuita alle collaborazioni finalizzate alla riduzione dei costi. Tav. 3.12 - Gli incentivi a sviluppare relazioni di collaborazione con altre imprese del settore (a giudizio delle aziende che non hanno sperimentato forme di collaborazione, con punteggi da 1 poco importante - a 6 - fondamentale) Possibilità di ampliare il mercato di sbocco e/o entrare in nuovi mercati geografici 5 Maggiori probabilità di vincere gare d’appalto 5 Accesso a nuovi settori Riduzione dei costi 4,8 4 Creazione di nuove risorse e competenze 3,9 Accesso a risorse e competenze non possedute 3,7 Miglioramento del servizio 3,4 Innovazione dei prodotti offerti 3,4 Innovazione dei processi produttivi 3,4 Miglioramento della qualità 3,3 Riduzione dei tempi per lo sviluppo di nuovi prodotti 2,9 Analizzando, infine, i legami con il territorio viene rilevata l’importanza di una prossimità geografica con fornitori (4,3), con i 85 clienti (4,2) e con università e centri di ricerca (4,1). Poco importante è, a detta degli intervistati, la vicinanza di altri attori del contesto competitivo (tavola 3.13). Tav. 3.13 - Importanza della prossimità geografica tra gli attori della filiera (a giudizio delle aziende con punteggi da 1 - poco importante - a 6 - fondamentale) Prossimità geografica con fornitori 4,3 Prossimità geografica con i clienti 4,2 Prossimità geografica con università e centri di ricerca 4,1 Prossimità geografica con le associazioni di categoria 3 Prossimità geografica con i concorrenti 2,8 Prossimità geografica con agenzie di sviluppo locale 2,6 86 4. Sintesi e conclusioni 4.1 Le caratteristiche del comparto: una visione di sintesi Le piccole e medie industrie ferrotranviarie dell’area napoletana danno vita ad un piccolo polo distrettuale, caratterizzato da elementi di sfondo sostanzialmente omogenei, cui si accompagnano tuttavia indicatori più marcati di differenziazione tra gli attori del sistema. Il quadro emerso dall’analisi dei caratteri strutturali, imprenditoriali, tecnologici, commerciali e relazionali delle imprese presenti consente di delinearne un profilo abbastanza indicativo – sia a livello di singola entità aziendale sia a livello di sistema distrettuale – di una realtà in cui coesistono luci ed ombre. Il polo ferrotranviario napoletano presenta, infatti, alcuni degli elementi tipicamente ritenuti necessari per identificare un distretto: omogeneità di business, ambito territoriale delimitato, isomorfismo organizzativo e strategico, spiccato orientamento baricentrato verso un’impresa focale. Allo stesso tempo, tuttavia, l’aggregato in esame non appare pienamente integrato internamente, lasciando irrisolte alcune tematiche rilevanti, che evidenziano la presenza di aspetti critici rispetto all’espressione di più forti potenzialità sia nelle linee strategico-commeciali sia in quelle organizzative dell’entità distrettuale. È opportuno, per disegnare un quadro complessivo di sintesi, fare dunque riferimento: a) agli aspetti attinenti alle singole imprese del distretto; b) ai caratteri afferenti al sistema distrettuale in quanto tale. La lettura di questi due livelli consente di identificare e distin87 guere più chiaramente tra loro gli elementi di forza e di debolezza del settore considerato, soprattutto in riferimento alla loro origine e natura (interna alle imprese o proprie del sistema), sia per motivi di correttezza metodologica e chiarezza di analisi, sia per meglio inquadrare e finalizzare eventuali ipotesi di intervento o iniziative migliorative. Il profilo delle imprese del distretto Tra i fattori rilevabili a livello individuale (singole imprese osservate), emergono elementi variamente collocabili tra le forze e debolezze che concorrono a strutturare il sistema nel suo complesso. Tali fattori, come si è visto, non possono prescindere dal dato morfologico di fondo che è la dimensione imprenditoriale e strutturale delle imprese, da considerarsi necessariamente come punto di partenza per una analisi critica e realistica della situazione. La piccola (o media in alcuni casi) dimensione delle imprese, sia sotto l’aspetto dell’occupazione, ma anche sotto quello della capacità produttiva, nonché della struttura imprenditoriale e finanziaria, genera effetti alquanto prevedibili e tipici su elementi sia strutturali che strategici delle imprese: – limitate economie di scala; – potere contrattuale basso; – modesta articolazione organizzativa (soprattutto in alcune funzioni e nei livelli intermedi e alti); – raggio d’azione commerciale circoscritto; – scarsa propensione per gli investimenti in innovazione, ricerca e sviluppo. Tali elementi impediscono in particolare alla piccola e media impresa locale, di accumulare quote rilevanti di valore aggiunto da destinare a linee di sviluppo e di trasformazione (imprenditoriale, manageriale e strategica) significative. La dimensione limitata è sicuramente espressione di una “debolezza” (accompagnata tuttavia anche da vantaggi), che si rende soprattutto evidente in un settore in cui è particolarmente forte e consolidato il dominio di grandi organizzazioni (sia industriali sia 88 di servizio) che costituiscono i referenti di mercato chiave ed in cui la complessità tecnologica non offre grandi spazi di manovra alla piccola organizzazione indipendente. Ed infatti, proseguendo ad esaminare le aree deboli delle imprese, l’altro elemento che emerge in modo netto è quello dell’approccio al mercato. Le imprese dell’area evidenziano infatti una dipendenza dall’impresa focale particolarmente accentuata, espressa sia da dati quantitativi (es. quota di fatturato per committente), sia da elementi descrittivi che risalgono all’origine stessa di molte aziende (spin off manageriali) o alla storia di rapporti in molti casi fortemente radicati. Anche l’indicatore della capacità di produrre nuova clientela sta a dimostrare questo tipo di limitazione, che d’altra parte testimonia una certa solidità dei rapporti privilegiati, ponendo in secondo piano l’interesse a costruire condizioni di difesa o di riduzione di rischi futuri volti a ridurre l’eccessiva dipendenza. Va detto che, pur se il rapporto con l’impresa focale resta sostanzialmente quello più diffuso e forte, è rilevante la presenza di relazioni di fornitura alquanto stabilizzate anche con altri soggetti (imprese industriali locali ed esercenti ferroviari locali e nazionale), mentre è quasi inesistente la presenza delle aziende sullo scenario internazionale. Bassa è la propensione all’investimento in innovazione, testimoniata dall’assenza di strutture organizzative dedicate all’interno delle imprese e di rapporti intensi con centri di ricerca pubblici e privati. Il profilo a livello distrettuale L’esame dei connotati condotto a livello distrettuale (assetto e funzionamento dei sistemi di relazione interni al distretto) portano, come accennato, all’individuazione di elementi di profilo positivi e negativi del sistema industriale ferrotranviario napoletano ed aiutano a fornire una indicazione tipologica del distretto in esame. Tra le forze rilevabili nell’aggregato di imprese emerge in primo luogo, sotto l’aspetto tecnico-produttivo, la discreta varietà delle competenze e delle specializzazioni presenti nelle imprese del distretto, soprattutto nell’ambito della filiera delle forniture mecca89 niche ed elettroniche,-elettromeccaniche. Ciò è un indicatore di dinamicità del contesto distrettuale, e allo stesso tempo di condizioni piuttosto consistenti di potenziale flessibilità e di capacità di adattamento del distretto come “soggetto interlocutore”. Elevato appare anche il livello di integrazione “sociale” tra gli attori del distretto (imprenditori in primo luogo, ma anche manager) di carattere spontaneo (relazioni di conoscenza, amicizia, parentela in molti casi alquanto dense e diffuse), che favoriscono la costruzione e il mantenimento di un “clima” complessivo positivo. Questo fattore costituisce un elemento di sfondo non trascurabile nell’economia organizzativa del distretto, perché può giocare come requisito sia di carattere “difensivo” (appoggio implicito o esplicito dei pari in caso di minacce emergenti), sia come fattore di facilitazione (pur se non definitivo) in occasione di ipotesi di intervento di coordinamento concertato da parte di entità terze (soggetti regolatori o promoter, altre imprese guida, ecc.). A tale elemento si aggiunge l’elevata e diffusa consapevolezza della utilità e necessità di creazione o rafforzamento delle relazioni intradistrettuali tra gli attori “pari” del distretto, che percepiscono la non ancora ampia e soddisfacente trama di relazioni orizzontali di rete (tra le piccole e medie imprese del sistema), finalizzate ad acquisire spazi di forza contrattuale, di efficienza (divisione del lavoro tra imprese), negoziali e politici rispetto ai clienti ed al sistema locale in generale. La percezione di tale bisogno è in verità presente in molte imprese, e ciò sembra costituire una premessa importante rispetto ad ipotesi evolutive del sistema distrettuale locale, come pure può rappresentare una condizione favorevole importante per introdurre nuovi elementi di coordinamento intradistrettuale più decisi e visibili (iniziative guidate dall’interno o dall’esterno), che sarebbero probabilmente accolti positivamente. Un ulteriore aspetto che caratterizza l’aggregato industriale napoletano del ferrotranviario è l’interessante livello di produttività degli investimenti mediamente rilevati in termini di occupazione generata. L’indice di investimento per addetto è infatti sensibilmente al di sotto dei parametri medi dell’industria ferrotranviaria medio-grande nazionale, e ciò pone le imprese del settore in una posizione di vantaggio anche nel quadro più complessivo dell’as90 setto industriale napoletano e delle condizioni per partecipare a processi di politica industriale locale. Gli elementi di forza citati non possono tuttavia porre in secondo piano gli ancora numerosi e rilevanti aspetti problematici che vengono rilevati sul piano dell’analisi distrettuale del sistema ferrotranviario dell’area napoletana. Un dato che contribuisce a delineare un aspetto morfologicodescrittivo a riguardo è dato dalle dimensioni strutturali dell’aggregato distrettuale: la densità in termini numerici (unità produttive, occupazione) ed economici (fatturato, investimento cumulato) è piuttosto modesta e, nell’insieme, non si raggiungono soglie di massa critica particolarmente rilevanti. Tale condizione di fondo determina l’elevato grado di “asimmetria” nel controllo economicogestionale del distretto, asimmetria misurabile nel basso numero di imprese guida (una o due al massimo), e nella trascurabile consistenza di forme o iniziative di regolazione interna (consorzi, centri di ricerca, ecc.). Ciò si traduce concretamente nella concentrazione della base di leadership molto accentuata a favore di un nucleo molto ristretto di soggetti (imprese guida e in parte esercenti). La tipologia riconosciuta applicabile a tale realtà è quella del “distretto gerarchico” 40, in cui appunto l’elemento portante è costituito dalla leadership di una o più imprese focali o guida, e nel quale il ruolo dei partecipanti è fortemente centrato sulle strategie di mercato ed organizzative di tali entità centrali. Il ruolo di leadership riconosciuto alla/alle imprese guida, tuttavia, non si riflette in alcuni parametri caratteristici dell’apparato distrettuale, che mostrano viceversa caratteri di debolezza. La divisione del lavoro “tra le imprese” del distretto, che rappresenta un elemento distintivo di questa tipologia di organizzazione industriale, non appare come il risultato di un processo coordinato e definito, con molte lacune o sovrapposizioni di capacità e 40 In letteratura si fa riferimento ad alcune tipologie caratteristiche della forma distrettuale: distretto gerarchico (impresa focale), distretto canonico (molte micro imprese), distretto policentrico (imprese piccole, medie e grandi con forte ruolo di centri di governo istituzionali) (cfr. SAMMARRA A., Lo sviluppo dei distretti industriali, Carocci, Roma), 2003. 91 Tav. 4.1 - Quadro di sintesi: profilo a livello di impresa e a livello di distretto DEBOLEZZE Dimensioni strutturali contenute e limitati potenziali di economie di scala interne Forte dipendenza dall’impresa focale e scarsa capacità di superamento dei confini del distretto Rara propensione e capacità nello sviluppo di nuova clientela (approccio conservativo) Dinamica innovativa limitata e circoscritta prevalentemente ad aspetti operativi dei processi di produzione FORZE Elevato livello di “focalizzazione” nel business ferrotranviario Consolidata esperienza imprenditoriale ed operativa nel settore specifico Performance e dinamiche economiche correnti incoraggianti Buoni livelli di adattabilità e flessibilità produttiva ed organizzativa Qualità delle maestranze e rapporti industriali non particolarmente problematici del DISTRETTO Struttura distrettuale caratterizzata da limitate densità e massa critica “di sistema” Prevalente concentrazione su fasi produttivo-esecutive della filiera Basso grado di integrazione intradistrettuale tra le imprese Assenza di formule e ruoli di guida e coordinamento all’interno delle piccole imprese del distretto Significativa “asimmetria” nel controllo economico ed istituzionale del distretto (poche “guida”, pochi consorzi…) Divisione del lavoro tra le imprese non programmata o coordinata Scarsa diffusione di esperienze congiunte tra le imprese del distretto Apprendimento distrettuale non coordinato, legato prevalentemente allo scambio a due con l’impresa focale Scarsa dinamica di trasmissione e combinazione dell’apprendimento Buona varietà di competenze nella filiera delle forniture Diffuse occasioni di integrazione “sociale” tra gli attori imprenditoriali del distretto (relazioni personali dense e positive) Alto potenziale di “coordinabilità” del distretto, pur se al momento non sfruttato Diffusa consapevolezza della utilità del rafforzamento delle relazioni orizzontali di rete (“tra pari”) Accumulo di patrimoni di conoscenza “applicata/imprenditoriale” non supportata da R&S Elevato impatto occupazionale degli investimenti delle IMPRESE competenze; ciò può essere il prodotto di politiche di decentramento dei committenti prevalentemente rivolte alla ricerca di flessibilità operativa ed al contenimento di taluni costi di produzione. 92 Altresì limitato è l’orientamento alla integrazione tra le unità distrettuali, che presentano un forte grado di autonomia reciproca e scarse occasioni di confronto e collaborazione (significativa è ad esempio l’assenza di collegamenti extranet), pur in una cornice di relazioni sociali positiva. Non esistono, di fatto, uno o più ruoli guida tra il novero dei fornitori, essendo questo riservato esclusivamente al limitato gruppo di grandi imprese committenti, e le esperienze congiunte tra le aziende del distretto appaiono scarsamente diffuse. Questo elemento, che coinvolge anche la dimensione culturale delle imprese e le dinamiche di apprendimento, aspetti questi che giocano ruoli decisivi nei processi di innovazione e di sviluppo competitivo, si inserisce in un modello di apprendimento poco o per nulla coordinato, legato prevalentemente ai meccanismi di scambio “one-to-one”, poco condivisi con gli altri attori distrettuali e sostanzialmente caratterizzati da scarsa dinamica di trasmissione e ricombinazione dei loro contenuti. La conoscenza come patrimonio distrettuale ha il carattere prevalente di conoscenza applicata/imprenditoriale, tipico di molte realtà distrettuali, in cui, a dispetto di una mancanza quasi totale di un’azione programmata e sistematica di ricerca e sviluppo, si assiste ad accumulo di conoscenza anche “pregiata” ma scarsamente codificabile e soprattutto trasmissibile e riproducibile in altri punti dell’apparato 41. 4.2 I possibili percorsi evolutivi del comparto Dopo aver tratteggiato le caratteristiche del comparto in esame, attraverso una lettura a livello di azienda e di distretto, è necessario, mantenendo questo duplice punto di vista, delineare i possibili 41 Sul tema dell’apprendimento e della conoscenza nei cluster e nei distretti industriali vedi ALBU M., Technological Learning and Innovation in Industrial Clusters in the South, SPRU Electronic Working Papers Series, n. 7, 1997; ed anche LAWSON C. and LORENZ E., Collective learning, tacit knowledge and regional innovative capacity, Regional Studies, Jun 1999; nonché LONGI C., Networks, Collective learning and technology development in innovative high technology regions: The case of Sophia-Antipolis, Regional studies, Jun 1999. 93 percorsi evolutivi delle PMI presenti all’interno del settore delle costruzioni ferrotranviarie nella Provincia di Napoli. L’indagine realizzata permette, infatti, di delineare una serie di possibili scenari evolutivi in relazione al quadro industriale e di mercato descritto nella prima parte dello studio, evidenziando in primo luogo i percorsi di sviluppo del distretto, in secondo luogo i possibili comportamenti strategici delle imprese analizzate ed in terzo luogo fornire alcuni spunti di riflessione sul futuro del polo ferrotranviario napoletano. Le possibili dinamiche evolutive del distretto Nel complesso il profilo del distretto napoletano dell’industria ferrotranviaria se da un lato appare possedere i connotati di base di una entità di questo genere, dall’altro presenta diverse zone d’ombra, che possono in qualche maniera essere collegate anche al suo tracciato evolutivo. Un apparato produttivo sorto intorno ad un contesto tradizionalmente forte e consolidato, ma fino ad un recente passato discretamente protetto, legato ad esigenze prevalentemente di decentramento di fase di grandi aziende, le quali solo recentemente hanno sviluppato effettive capacità di mercato e caratteristiche di competitività e innovazione, che cominciano a trasferirsi anche al mondo della fornitura 42. Escludendo pertanto le epoche pregresse poco significative sotto l’aspetto delle dinamiche competitive industriali, il distretto napoletano si trova in realtà in una fase del proprio ciclo di vita poco più che introduttiva, in cui all’obiettivo di fondo di entrare e stare nel distretto si affianca la condizione di saper garantire condizioni di specializzazione adeguate sotto il profilo delle esigenze 42 È importante tenere presente che l’analisi delle condizioni di contesto rappresenta un aspetto fondamentale nella gestione del continuo processo di cambiamento che tutte le imprese e tutte le organizzazioni devono affrontare. Si veda in tal senso CONSIGLIO S. (2000), Il cambiamento organizzativo, in R. MERCURIO e F. TESTA (a cura di), op. cit. CONSIGLIO S., Azione manageriale e cambiamento organizzativo, Sviluppo&Organizzazione, n. 155, Maggio-Giugno, 1996. 94 Tav. 4.2 - Il ciclo di vita distrettuale nel distretto “gerarchico” CONDIZIONI RISULTATI OBIETTIVI FORMAZIONE Presenza Accumulo di soggetti trainanti. di esperienze Sviluppo di specializzazioni e di legami relazionali di fase ENTRARE NEL DISTRETTO SVILUPPO Capacità di coordinamento dell’impresa focale RIMANERE NEL DISTRETTO MATURITÀ/ Condivisione/separazione RIVITALIZZAZIONE dei ruoli di gestione del distretto Avvio del processo di selezione Graduale integrazione di sistema Sviluppo di entità AVERE UN di coordinamento UN RUOLO orizzontale NEL DISTRETTO Acquisizione di maggior autonomia delle unità di esternalizzazione esecutiva espresse dai committenti principali. In questa fase si vanno accumulando significativi legami relazionali, anche se non sempre in maniera programmata e coordinata a livello di distretto, ma tali da avviare un graduale processo di selezione delle imprese presenti, in sintonia con i fabbisogni di volta in volta espressi dai committenti (focus sui costi, sulla qualità, sulla capacità di co-progettazione), benché prevalentemente giocati sul piano dei rapporti “bilaterali” committente-fornitore. Tali processi di selezione tendono a costituire l’aspetto saliente della fase successiva, che ancora non pare manifestarsi oggi in maniera piena, e che potrà essere definita di “sviluppo” del distretto. Tale fase dovrebbe essere orientata allo stesso tempo verso una azione graduale di integrazione di “sistema” riguardante sia il livello funzionale di specializzazione aziendale, sia il modello complessivo di governance che si va a costituire nella rete. Al suo interno il ruolo guida dell’impresa leader andrebbe a spostarsi dal piano della condotta operativa a quello della riorganizzazione del sistema di business complessivo, anche eventualmente in sintonia con altri attori istituzionali presenti nel contesto locale e capaci di dare al sistema connotati di maggior equilibrio e simmetria. L’obiettivo di “restare”, ovvero di appropriarsi dei benefici derivanti dagli scambi non solo bilaterali ma multidirezionali, costituirà probabil95 mente l’obiettivo primario delle aziende selezionate, destinate a restare ancora circoscritte prevalentemente nel loro ruolo esecutivo, pur beneficiando dei vantaggi dell’integrazione e del coordinamento di sistema. È solo in una fase ulteriormente più avanzata (nel tempo e nei contenuti), che si potranno delineare i caratteri di un distretto sviluppato e maturo, nel quale i processi di integrazione tra i diversi attori condurranno anche ad una selezione e separazione dei ruoli di governo del distretto stesso: ad esempio quelli di coordinamento “verticale” (probabilmente sempre sbilanciati a favore delle imprese guida) e “orizzontale” (tra le imprese del distretto), particolarmente importanti nell’ottica della autonomia interna al sistema dei fornitori, autonomia che potrà così estendersi sia sul piano commerciale (capacità di entrare in nuovi mercati e segmenti) sia su quello tecnologico e produttivo (capacità di innovazione). I percorsi evolutivi delle imprese del comparto e l’impatto sui processi di sviluppo del distretto In questo quadro i possibili percorsi di sviluppo del distretto sono fortemente condizionati dai comportamenti delle aziende presenti nel comparto, dalle scelte dell’impresa focale e dal ruolo svolto dai soggetti regolatori di sistema (enti di governo locale). In particolare, focalizzando l’attenzione sulle imprese oggetto della presente indagine, emerge che per poter tracciare i possibili percorsi di sviluppo è possibile ricorrere ad una matrice che differenzia le diverse opzioni strategiche sulla base di due dimensioni: – la propensione a sviluppare percorsi di autonomia dall’azienda focale; – la propensione alla collaborazione. Relativamente alla prima dimensione è possibile immaginare due possibili opzioni strategiche alternative: la prima consiste nel confermare la tendenza da parte delle imprese a mantenere il rapporto privilegiato (e quasi esclusivo) con l’azienda focale presente sul territorio; la seconda alternativa consiste, invece, nell’intraprendere strategie di sviluppo commerciale, produttivo e tecnologico finalizzate ad incrementare il proprio grado di autonomia gestionale, 96 accentando di investire risorse e attenzione per supportare tale scelta. La seconda dimensione differenzia i possibili percorsi strategici in base alla disponibilità ad avviare processi di sviluppo incentrati sulla collaborazione piuttosto che sulla crescita interna. Dall’incrocio delle due dimensioni identificate è possibile identificare quattro possibili scenari alternativi per le imprese presenti nel comparto: – lo “status quo”; – lo sviluppo dimensionale; – la “collaborazione guidata”; – la “collaborazione proattiva”. Lo scenario dello “status quo” identifica l’opzione strategica delle imprese che intendono mantenere, in prospettiva, il rapporto di stretta dipendenza dall’azienda focale, limitando al massimo i riTav. 4.3 - I percorsi evolutivi Bassa Strategie di sviluppo dimensionale Strategie di collaborazione proattiva Status quo Strategie di collaborazione concertata Propensione a sviluppare percorsi in autonomia rispetto all’organizzazione focale Alta Bassa Alta Propensione alla collaborazione schi e gli investimenti connessi a possibili percorsi alternativi. Dall’analisi svolta emerge che questa opzione strategica è quella che le imprese intervistate valutano con minore interesse; la stragrande maggioranza, infatti, ha evidenziato un forte propensione ad avviare e consolidare processi di collaborazione e partnership per superare l’attuale modello di business. D’altro canto però è necessario segnalare le difficoltà connesse ad “uscire” da un modus operandi che 97 per tanti anni ha caratterizzato l’attività imprenditoriale di numerose aziende del comparto. Laddove dovesse prevalere tale scenario il distretto si ritroverebbe in una situazione di stallo e di incapacità a costruire dinamiche virtuose e di sviluppo. Lo scenario dello “sviluppo dimensionale” evidenzia, invece, un possibile percorso di cambiamento per le aziende intenzionate ad incrementare o consolidare il proprio grado di autonomia dell’azienda focale attraverso strategie di crescita dimensionale finalizzate a rafforzare le proprie competenze produttive, commerciali e tecnologiche, necessarie per ampliare il proprio mercato di sbocco. Anche questo scenario appare poco verosimile sulla scorta dell’analisi svolta presso le aziende. Le incertezze legate allo sviluppo del mercato ferrotranviario e la forte competizione globale ha spinto progressivamente le imprese ad avviare processi di diversificazione piuttosto che processi di crescita dimensionale. Anche tale scenario comporterebbe un allentamento da un modello distrettuale più competitivo, in quanto rafforzerebbe il comportamento autonomo delle singole imprese a discapito dello sviluppo di forti potenziali sinergie rinvenibili nel tessuto produttivo distrettuale, comportando esclusivamente una maggiore eterogeneità del cluster. Lo scenario della “collaborazione concertata” è l’opzione strategica delle imprese propense ad implementare processi di collaborazione e partnership promosse ed attivate dall’azienda focale, finalizzate a riposizionarsi e a giocare un nuovo ruolo sul mercato dei fornitori dell’azienda traente. Lo scenario della collaborazione guidata è ovviamente condizionata dalle scelte di approvvigionamento dell’azienda focale e dalla sua volontà di ridefinire i suoi rapporti con i sub-fornitori. In parte l’esperienza avviata con Campaniaferr è in linea con tale scenario. La costituzione del consorzio è, infatti, il frutto di un’azione innescata dall’azienda guida, piuttosto che dalle PMI presenti nella provincia, ed è legata alla decisione di avviare un processo di upgrading tecnologico di alcuni subfornitori presenti in Campania. Si tratta in pratica di un percorso evolutivo in 98 cui il ruolo strategico ed operativo dell’azienda focale rimane molto forte ed in cui le PMI non dimostrano autonome capacità strategiche di tipo proattivo. Laddove si dovesse consolidare tale scenario il distretto subirebbe un’indubbia modificazione, cambierebbero infatti le sue potenzialità, ma non sarebbe messa in discussione la sua conformazione strutturale di tipo gerarchico. Lo scenario della “collaborazione proattiva” è, infine, l’opzione strategica delle imprese intenzionate ad incrementare il proprio grado di autonomia dall’azienda traente attraverso processi di alleanza e di collaborazione con altri soggetti presenti nel distretto o al di fuori di esso (altre imprese, PMI e non, e centri di ricerca) allo scopo di rafforzare le proprie competenze produttive, di innovazione e commerciali. Dall’analisi svolta emerge che alcune imprese già hanno iniziato a muoversi in tale direzione. La creazione di alcune strutture consortili dimostra che tra le aziende intervistate ce ne sono alcune che, oltre ad aver percepito l’esigenza di un cambiamento, hanno avviato ed implementato processi di collaborazione in autonomia dall’azienda focale. Indubbiamente questo è il percorso che sarebbe in grado di mutare in maniera più profonda l’assetto organizzativo del comparto e permetterebbe di innescare un processo di costituzione di un distretto meno gerarchizzato e meno dipendente dall’azienda focale. Spunti di riflessione sul futuro del polo ferrotranviario napoletano Il polo ferrotranviario napoletano rappresenta una importante realtà del sistema industriale regionale e l’indagine sviluppata evidenzia, nonostante alcuni fattori di criticità, la presenza di un settore strategico per l’economia regionale. Nel polo convivono e operano realtà diverse: imprese di grandi dimensioni (AnsaldoBreda, Ansaldo Segnalamento, Ansaldo Sistemi e Firema) ed un tessuto di piccole e medie imprese che evidenziano significative capacità produttive ed imprenditoriali. Il ruolo strategico svolto da tale comparto è riconosciuto dal governo regionale che lo ha identificato come uno di quelli su cui puntare per favorire lo sviluppo economico della regione Campa99 nia. Il patrimonio di competenze manageriali, tecnologiche e commerciali presenti nel polo richiede però azioni di politica industriale che siano in grado di salvaguardare il sistema industriale attuale e favorire processi di sviluppo virtuosi. Per raggiungere tale obiettivo è necessario porre in essere politiche selettive in grado di innescare e consolidare processi evolutivi finalizzati al rafforzamento del polo attraverso iniziative mirate allo sviluppo sia delle aziende focali che delle piccole e medie imprese. In particolare, per ciò che concerne le imprese focali è necessario stimolare e rafforzare i processi di innovazione e miglioramento tecnologico. La presenza nel polo di aziende focali innovative e competitive sui mercati internazionali rappresenta, infatti, per le piccole e medie imprese locali una opportunità per maturare esperienze utili e necessarie per allargare ed ampliare il proprio mercato di sbocco e le proprie competenze tecnologiche. Da questo punto di vista risulta rilevante la scelta assunta dal governo regionale di avviare un ambizioso programma di rinnovo ed ammodernamento del parco rotabile delle imprese ferroviarie presenti in Campania identificando con chiarezza le quantità, l’ammontare di risorse finanziarie, ma soprattutto le caratteristiche qualitative e innovative richieste. Ciò al fine di stimolare le imprese a realizzare prodotti con caratteristiche innovative in linea con le nuove esigenze della clientela e degli esercenti ferroviari emergenti a livello internazionale. Per promuovere lo sviluppo del polo, però, è necessario prioritariamente agire sulle piccole e medie imprese disposte ad implementare strategie di sviluppo e collaborazione nei campi dell’innovazione e del miglioramento tecnologico e dell’allargamento dei mercati di sbocco. Per superare lo status quo ed andare oltre il modello distrettuale gerarchico bisogna ideare iniziative tese a valorizzare i comportamenti virtuosi. In particolare, è necessario mettere in pratica azioni tese a consolidare una serie di condizioni di contesto in grado di supportare le imprese in questo complesso processo. Da questo punto di vista assumono un ruolo importante soggetti regolatori di sistema: enti di governo locale, centri di ricerca, università. La possibilità di progettare, finanziare ed implementare processi di collaborazione e sviluppo tecnologico, produttivo e 100 commerciale da parte di piccole e medie imprese è, infatti, favorito dalla presenza di alcune condizioni ‘facilitanti’ che sono sotto il controllo di tali soggetti istituzionali. Da questo punto di vista è necessario evidenziare che nella Regione Campania negli ultimi anni si sono manifestate una serie di modifiche di contesto che potenzialmente possono aiutare le imprese intenzionate a percorrere tale opzione strategica 43. In particolare sul fronte dello sviluppo tecnologico ed innovativo la creazione dei Centri di Competenza, di cui uno specifico sui trasporti, cerca di rimuovere uno dei principali ostacoli alla collaborazione impresa/università/centri di ricerca. La costituzione di tali strutture, promosse dall’Assessorato alla Ricerca della Regione Campania è, infatti, finalizzata alla creazione di interfacce tra il mondo delle ricerca e quello delle imprese che siano in grado di favorire il dialogo tra queste due realtà. La presenza di tale struttura potrebbe facilitare, pertanto, la collaborazione tra PMI e centri di ricerca nello sviluppo di iniziative di trasferimento tecnologico e di progetti di ricerca applicata. Per favorire tale dialogo un ruolo importante potrebbe essere inoltre svolto dalle associazioni imprenditoriali e di categoria che sono in grado di mettere in campo un’attività di animazione e di stimolazione nei confronti del tessuto imprenditoriale locale. Il futuro del polo ferrotranviario regionale è, quindi, legato alla capacità di costruire e innescare sinergie positive tra PMI presenti nel comparto, aziende focali, centri di ricerca e attori istituzionali locali. Lo sviluppo e l’evoluzione del polo ferrotranviario è infatti condizionato dalle scelte di una pluralità di attori: grandi imprese, piccole e medie imprese, centri di ricerca, enti locali. Ma per innescare un percorso di crescita duraturo emerge forte l’esigenza di un’azione di politica industriale regionale che sia in grado di creare una cornice di fondo che permetta a tutti i soggetti di svolgere il proprio ruolo in maniera più efficace ed utile nell’interesse complessivo dell’economia regionale. 43 In particolare sull’interpretazione del ruolo di un attore istituzionale come metaorganizzatore vedi ANTONELLI G., Organizzare l’innovazione. Spin off da ricerca, metaorganizzazioni e ambiente relazionale, Franco Angeli, Milano, 2004. 101 PARTE II LA TAVOLA ROTONDA Introduzione ai lavori Fausto Cutuli Vicepresidente Unione degli Industriali della Provincia di Napoli Dò il benvenuto a tutti. Questo convegno si inquadra nell’ambito delle attività che l’Unione degli Industriali ha inteso promuovere per lo sviluppo del settore ferrotranviario in un’area, come quella napoletana, che ospita Ansaldo, Firema ed altri numerosi operatori che stanno sviluppando una crescente attenzione al comparto. È però necessario non cedere né ai facili ottimismi, né alle generalizzazioni. Dobbiamo cercare, tutti insieme, di costruire un sistema che sia in grado di reggere i processi di evoluzione in atto nel mercato ferrotranviario e non un gruppo di imprese che svolgono il loro lavoro solo nell’ambito dell’indotto delle grandi imprese. L’incontro di oggi, con l’analisi critica dei risultati emersi da questa interessante ricerca condotta dal Cesit e voluta dall’Unione degli Industriali e dalla Camera di Commercio della provincia di Napoli ed il confronto tra i tanti ed importanti rappresentanti del comparto qui presenti, vuole essere un significativo momento di riflessione volto a costruire un settore capace di reggersi sulle proprie gambe ed in grado di cogliere le opportunità di supporto e sviluppo che nella nostra regione si stanno delineando. Luigi Iavarone Componente Gruppo Piccola Industria Unione degli Industriali della Provincia di Napoli La prima verifica da fare è relativa al livello nazionale, nel quale si rileva una situazione un poco strana, perché vengono ancora conservati sostanzialmente in mano allo Stato due dei settori 105 più ricchi e con forti prospettive di innovazione e di crescita. Mi riferisco al Gruppo Finmeccanica ed ai settori dell’aeronautica e del ferroviario. Questi due settori sono di fatto governati dal sistema statale, pur essendo quotati in borsa. Ci deve far riflettere sul concetto della privatizzazione, che non ha avuto un’evoluzione in questi comparti industriali. Nonostante tale circostanza non abbia avuto risvolti negativi. Va considerato che si tratta di due settori ad alto valore aggiunto, con grandi opportunità di sviluppo, che, sebbene regolati e sostenuti da una politica industriale statale, avrebbero, cosa che non sempre avviene, la necessità di essere sostenuti ed incentivati. A livello regionale, sono stati avviati grandi programmi per l’adeguamento ed il potenziamento del sistema infrastrutturale ferroviario regionale, ma non si è assunto lo stesso impegno per l’industria ferrotranviaria, intesa, in questo caso, come realizzazione di mezzi e di sistemi. È evidente che un’azione che attiva prevalentemente, se non esclusivamente, interventi per lo sviluppo infrastrutturale, non accompagnandosi ad azioni di sostegno per l’industria, comporta il rischio di farci trovare nella situazione di poter disporre di un ottimo sistema di infrastrutture civili, senza avere i prodotti da far circolare e per governarle. Pertanto, se le due attività sono partite in modo sfalsato, dobbiamo fare in modo di recuperare il gap. Bisogna cominciare a parlare seriamente di partnership, di come si possono realizzare e supportare. È ovvio che le capacità finanziarie e tecnologiche tra la grande impresa e le piccole e medie sono diverse e l’obiettivo deve essere quello di creare un legame continuativo per colmare queste distanze, attraverso la crescita delle piccole e medie imprese con un programma di integrazioni successive. Ennio Cascetta Assessore ai Trasporti della Regione Campania Sono fermamente convinto del profondo ruolo e significato dell’adozione di strategie di politica industriale, che è un obiettivo legittimo, anzi auspicabile. 106 Credo che il nostro Paese, indipendentemente dai colori della politica, non ha fatto o ha fatto poco e male per il settore ferrotranviario. Si può fare di più come è successo in altri paesi – come Germania e Francia – e credo che l’industria ferrotranviaria, non solo quella regionale, ma nazionale, sia un patrimonio che va conservato, non in termini protezionistici, ma fornendo gli strumenti per competere in un mercato globale. È quello che stiamo cercando di fare nella nostra regione: una politica industriale sana. In primo luogo, gioca un ruolo fondamentale lo stimolo del sistema nel suo complesso, utilizzando la domanda esistente che deve essere incrementata e chiaramente delineata per orientare l’offerta della filiera produttiva. La Regione sta compiendo grandi sforzi per la realizzazione della Metropolitana Regionale: basti pensare che per il 2005 fattureremo 260 milioni di euro per opere infrastrutturali. Questo accade da diversi anni ed ha consentito l’incremento del PIL regionale in una misura pari a circa il 2,5-3%. Fin dall’inizio, abbiamo inteso il progetto della Metropolitana Regionale come uno strumento di politica industriale. Abbiamo stipulato un protocollo di intesa con le due maggiori aziende regionali e con gli Assessorati ai Trasporti e Ricerca Scientifica, con il quale ci siamo prefissi l’obiettivo di costituire un quadro di riferimento della domanda di materiale ferrotranviario per il sistema regionale per i prossimi 10 anni, in termini di qualità e di quantità. Quindi, treni regionali, treni metropolitani, urbani e tram da commissionare al mercato mondiale sulla base di valutazioni di carattere tecnologico e di corrispondenza alle nuove esigenze di qualità del servizio, aspetto quest’ultimo che può consentire di riequilibrare le modalità di utilizzo del trasporto pubblico e privato. Fino ad ora la Regione ha acquistato circa 300 milioni di euro di materiale rotabile, in parte con Trenitalia, cofinanziando l’acquisto di treni regionali che svolgono servizio in Campania; in parte con aziende come la Circumvesuviana, che ha acquistato 23 treni interamente finanziati, mentre per l’ex Alifana e la Sepsa sono state bandite le gare. A questi acquisti va aggiunto l’arrivo dei nuovi treni, dei filobus e di nuove vetture per la Linea 1 della Metropolitana. Quindi un sistema di domanda quantitativamente significa107 tivo: non mi risulta che nessuna regione italiana abbia un portafoglio acquisti così ampio. Inoltre, non si sono comunque persi di vista importanti aspetti legati all’innovazione tecnologica. Dopo questa fase, se ne intravede un’altra, che si ricollega ai risultati della ricerca oggi presentata ed alla collaborazione di tutti gli attori del sistema: lo sforzo di amplificare lungo la filiera questo impulso di innovazione che abbiamo dato come domanda qualificata alla produzione di materiale rotabile. In altre parole, il prodotto nuovo, con servizi nuovi, per i prodotti nuovi. Da adesso, infatti, non si parla di treni, ma di treni/km, il che significa una riorganizzazione di competenze tra esercenti e industria e quindi la rivisitazione dell’intera filiera. Questo sforzo vede coinvolte in primo luogo la piccola e media impresa. Ciò vuol dire specializzarsi e studiare attentamente tutti i tasselli della filiera al fine di comprendere in quali comparti esistono opportunità produttive. È inutile che tutti facciano la stessa cosa, quando per altri prodotti non c’è nessun produttore. In questa seconda fase è fondamentale l’impegno delle Associazioni per la riorganizzazione imprenditoriale, anche perché è difficile che la singola impresa riesca a farlo autonomamente. Ci deve allora essere un forte impegno delle Associazioni – provinciali, regionali e territoriali – delle imprese per la verifica del proprio potenziale produttivo da indirizzare verso prodotti innovativi ed in linea con le esigenze del mercato. Mi auguro che questo avvenga anche e soprattutto nella filiera ferrotranviaria per la nostra regione, dove è fortemente radicata, e che possa diventare un motore di sviluppo di un settore dell’industria manifatturiera particolarmente importante. Luigi Nicolais Assessore all’Università ed alla Ricerca Scientifica della Regione Campania Grazie per avermi dato l’opportunità di partecipare a questo convegno sull’industria ferrotranviaria in Campania con l’Unione degli Industriali ed il Cesit. Qualche anno fa, quando sono stati elaborati i piani strategici 108 per lo sviluppo dell’innovazione nella nostra regione, abbiamo fatto un’analisi attenta di quali fossero i punti di forza e tra questi c’è sicuramente l’industria ferrotranviaria e, più in generale, dei trasporti. Questo comparto emergeva tra i pochi nei quali era possibile individuare realtà di eccellenza e per il quale valeva la pena di investire in innovazione e ricerca, sia di tipo accademico che industriale. Oggi ci troviamo di fronte ad una situazione abbastanza interessante, in un contesto che sta evolvendo in maniera continua e sta dando sempre più un forte ruolo alle piccole e medie imprese, le quali si stanno trasformando da attori di un sistema di subcommittenza che in genere lavorava su una commessa ben specifica in cui tutta la componente di conoscenza veniva dalla grande impresa, ad un aggregato più attivo, che evidenzia un crescente ruolo di partnership tecnologica e non di semplice subfornitura. Proprio in questa prospettiva, la presenza dei Centri di Competenza che sono stati avviati in Campania è un punto di forza per la piccola e media impresa; poiché la grande impresa riesce già ad interloquire con il mondo della ricerca, mentre la piccola impresa ha maggiori difficoltà. I Centri di competenza, che rappresentano delle strutture virtuali, oggi possono offrire alle piccole e medie imprese la possibilità di offrire prodotti con maggiore contenuto di innovazione ed immaterialità e quindi più competitivi. Per tutta la Campania e più in generale per l’Italia c’è una crescente necessità di incrementare il contenuto innovativo dei prodotti, per competere in un mondo in cui sono ormai scomparse delle leve competitive prima utilizzabili: la possibilità di svalutare la moneta è scomparsa ed il costo del lavoro ha un livello che in molti casi non è comparabile con quelli di altri paesi del mondo. Questo ci deve spingere a trovare nuovi spazi e per mantenere la competitività non possiamo che arricchire i nostri prodotti di conoscenza. Per ottenere questo obiettivo dobbiamo però lavorare assieme. L’inaugurazione del Laboratorio costituito da Firema ed il Centro di Competenze sui Trasporti rappresenta un valido percorso per sostenere lo sviluppo dell’innovazione ed è il modello attorno al quale la Regione si sta muovendo per costruire un nuovo sistema, in cui la 109 piccola e media impresa rappresenta una nodo focale; perché è su di essa che noi dobbiamo cercare di incidere per cambiare il modo di produrre e per cambiare il modo di essere subcommittenti. Questo vale per l’industria ferroviaria, per l’aeronautica, per il navale; in poche parole, per tutto il settore dei trasporti, nel quale la Campania ha competenze ed esperienze sufficienti per poter diventare leader nazionale ed europeo. Per raggiungere l’obiettivo è però necessario che questa strategia sia accolta da tutti gli interlocutori; che ognuno si assuma le proprie responsabilità e abbia la volontà di portare avanti il processo. La Regione Campania ha già colto le opportunità del Quadro Comunitario di Sostegno 2000-2006 e molto di più faremo con il prossimo, contando di poter impegnare il 30% in azioni di sostegno alla ricerca ed all’innovazione, ritenendo che la Campania abbia ampie possibilità per poter competere anche a livello internazionale. Abbiamo constatato che le Università hanno già cominciato ha svolgere con successo il loro ruolo in questo nuovo modello di sviluppo, così come le imprese e ciò rappresenta un ottimo passo in avanti. Ugo Caselli Vice Direttore Generale Industriale AnsaldoBreda S.p.a. Per competere sui mercati è evidente che è una nostra necessità ristrutturare e rendere più vivo il sistema dell’indotto delle grandi imprese. Va sottolineato, in verità, che l’indotto sta già crescendo, ma lo sta facendo a salti e solo in specifiche aree, senza che vi sia una chiara e completa strategia. L’AnsaldoBreda sta puntando al conseguimento di una maggiore efficienza del sistema dei costi, concentrando la sua attenzione sulla progettazione industriale e sul controllo di processo, ottimizzando i costi esterni e interni. I successi dell’azienda sui mercati esteri stanno dimostrando la bontà di questa scelta strategica. Vorrei dare alcuni numeri: il 75% del valore dei nostri veicoli viene acquistato dall’esterno. Il nostro fatturato è di circa 500 milioni di euro ed ha permesso 110 il radicamento intorno agli stabilimenti di Napoli, Pistoia e Reggio Calabria delle forze produttive del luogo. Occorre anche ricordare che il 65% è ancora appannaggio di fornitori di respiro internazionale, che operano in regime di oligopolio e che forniscono componentistica, quali porte, freni e condizionamento. Solo il 15% dei componenti possono essere facilmente reperiti sul mercato e il 20% sono prodotti che i nostri fornitori possono adeguare giorno per giorno alle nostre esigenze, quali carpenteria, schede elettroniche, cablaggi elettrici. Lo scorso anno abbiamo avviato una azione di progressivo spostamento di una considerevole quota della componentistica pregiata, attualmente appannaggio dei fornitori internazionali, verso i nostri fornitori domestici. Nel corso di quest’ultimo anno abbiamo fatto una serie di esperimenti – non tutti riusciti – che rappresentano stimolo ed opportunità di lavoro ulteriori. Abbiamo, ad esempio, messo a punto il progetto per la realizzazione di un convertitore e carrelli per veicoli pesanti, spostando il baricentro produttivo verso l’esterno e trasferendo, quindi buona parte delle lavorazioni verso il nostro indotto. Lo stesso stiamo facendo per altri componenti, ma ci risulta ancora difficile convincere i produttori internazionali a scegliere partner locali, ma non desistiamo. Del resto, l’apparato produttivo locale è diffuso e siamo pienamente convinti in grado di realizzare i prodotti a noi necessari. Giorgio Fiore Vice Presidente FIREMA Trasporti S.p.a. Il mercato italiano si è completamente trasformato. Siamo passati da un mercato protezionistico – frazionato tra tante aziende che producevano sulla base dei progetti elaborati dalla Ferrovie dello Stato, dove venivano ripartite le commesse per quote storiche e tutti vivevano – ad un mercato in cui la libera concorrenza è il punto centrale. Nel contesto europeo l’Italia ha, molto più di altri paesi, come Francia e Germania che non lo hanno fatto per nulla, aperto completamente il suo mercato, pur possedendo un sistema industriale che non era affatto pronto a fare questo passo. Il risultato è 111 che sono falliti quasi tutti. Alla fine, su decine di aziende ne sono rimaste solo due: AnsaldoBreda e Firema. Nel momento più alto della crisi abbiamo corso il rischio della Gran Bretagna, che non ha più nessuna azienda. Firema ultimamente ha fatto alcune scelte importanti: abbiamo eliminato alcuni partner privati; con Ansaldo abbiamo trovato la formula di cessione di ulteriori quote di capitale ed abbiamo portato tutta l’azienda nel Mezzogiorno. Di fatto, attualmente, Firema ha una presenza radicata nel sud in termini di stabilimenti ed ha un centro progetti a Milano che si sta trasferendo a Napoli. Anche l’ufficio commerciale si sta trasferendo a Napoli, nell’ottica della creazione di un sistema locale. Nel 2004, il 24% del nostro indotto è stato locale, per un importo di oltre 13 milioni di euro. Potrebbe sembrare un dato interessante, però, se lo rapportiamo al sistema in generale, abbiamo un dato di 54 milioni di euro affidati all’esterno; è evidente che c’è ancora da pescare in questo serbatoio. Per il 2005 intendiamo acquisire all’esterno circa 74 milioni di euro, augurandoci che l’indotto locale possa acquisire questi ordini. Cosa si può fare? Noi ci siamo attrezzati, ma non siamo ancora pronti a vedercela con competitor come Bombardier, Alstom, Siemens, che non solo sono grandi aziende, ma se le confrontiamo con i nostri fatturati sono molto lontane ed a ciò si aggiunge che si tratta di aziende appoggiate dai governi nazionali, cosa che non succede in Italia. Solo attraverso la proposta di sistemi completi possiamo sviluppare un’offerta in grado di competere con i grandi operatori internazionali e capace di sostenere lo sviluppo dell’indotto. A fronte di questo quadro complesso, cosa possiamo fare noi operatori industriali del settore per competere? Innanzitutto, a mio parere, investire in progettazione, perché c’è bisogno di nuovi prodotti; ma il nostro sforzo deve essere seguito anche dai fornitori, altrimenti i prodotti non saranno quelli richiesti dal mercato. A tale proposito, voglio citare un esempio in relazione all’attività di Firema: la progettazione di una locomotiva idraulica: lo abbiamo fatto a nostro rischio, perseguendo l’obiettivo prima esposto. L’ultima considerazione da fare è che oggi si parla sempre più 112 di offerta di “sistemi di trasporto”, non di mezzi di trasporto. Anche se la Campania, ben dotata di aziende e di indotto, è tra le regioni italiane quella che ha il più alto coefficiente di investimenti nel settore, sconta comunque un difetto di origine, a causa della frammentazione delle competenze che non permette di creare il sistema. Giancarlo Schisano Direttore Divisione Trasporto Regionale Trenitalia S.p.a. Concordo pienamente con i precedenti oratori, quando parlano del cambio dell’aspettativa sui prodotti e di come sia mutata la struttura della filiera. Quando FS è nata, cento anni fa, era certamente un motore di sviluppo, avendo tecnologia e competenza. Poi si è cercato di mantenere il know-how, la competenza e la tecnologia; che però si cominciavano a perdere, perché le aziende produttrici che nel frattempo si erano sviluppate ne avevano di più. Perciò, fino ad una decina di anni fa, le Ferrovie dello Stato sono state succubi dei fornitori di materiale rotabile, pur avendo una struttura ingegneristica interna molto forte, che in realtà, però, dipendeva dal fornitore. Peraltro, non c’è stato un occhio attento al mercato, con una valutazione delle esigenze dei consumatori. Le FS hanno accettato di acquistare prodotti proposti dai fornitori e ciò ha comportato, ad esempio, l’acquisto di un numero complessivo di 5.000 carrozze, delle quali non più di 500 sono uguali; l’acquisto di 8.000 locomotive di tutti i tipi, ma poiché il produttore ne proponeva ogni anno una di tipo diverso, non esiste un magazzino ricambi accettabile e non ci sono sufficienti competenze per garantire chiari standard per la manutenzione. Questa situazione è abbastanza cambiata negli ultimi anni, anche in considerazione di quello che è avvenuto in Inghilterra, dove non c’è più una ferrovia nazionale. Gli inglesi, infatti, hanno “spacchettato” le attività delle ferrovie ed hanno creato una serie di società di manutenzione, di società di leasing di materiale rotabile e hanno messo a gara la gestione dei servizi. Lo scenario, dunque, è completamente mutato e coloro che hanno assistito al processo hanno dovuto adeguarsi. Per quel che ri113 guarda le FS, questo processo non è ancora evidente, ma qualcosa si sta muovendo. Abbiamo cercato di uniformare la flotta; solo così facendo c’è la possibilità di avere un magazzino ricambi, più o meno unico; lo stesso dicasi per la manutenzione. Abbiamo un piano di acquisto e di revamping, solo per il trasporto locale, di 4,3 miliardi di euro negli anni 2005-2008. Per ogni anno abbiamo programmato acquisti di nuovo materiale rotabile per circa un miliardo. Questo piano proseguirà fino al 2015 e speriamo di adeguare il 40% della flotta. Ovviamente, per il materiale rotabile abbiamo bisogno di fornitori “forti”. Ci aspettiamo però che i fornitori abbiano un atteggiamento diverso dal passato, e cioè quello del partenariato. È molto facile a dirsi, ben più difficile a farsi, anche se nel settore produttivo del materiale rotabile è più semplice creare forme di partenariato, perché di fatto parliamo di una serie di oggetti concreti, i cui requisiti ci sono chiari. Tuttavia, all’interno di FS non c’è quasi più la competenza ingegneristica e quella che c’è è il frutto della nostra storia. Dove, invece, abbiamo una grande competenza è nella coscienza di ciò che vuole il mercato, o meglio, di ciò che non vuole. Abbiamo quindi la necessità di adeguare le nostre scelte al mercato, che è profondamente mutato. Su questo aspetto, Trenitalia ha sviluppato competenze che consentono di dialogare con i fornitori di materiale rotabile. Ci aspettiamo, però, l’acquisizione di competenze anche da parte dei fornitori. Una parte considerevole del piano di investimenti è destinata al revamping, per recuperare un patrimonio di carrozze (5.500) esistenti. È chiaro, quindi, che il dialogo che si deve stabilire con i fornitori deve essere improntato alle necessità della domanda, anche per il revamping. Per soddisfare le esigenze di risistemazione dei veicoli, occorre che i fornitori siano capaci di offrire un prodotto completo, che gli consentirà, oltre tutto, di affacciarsi sui nuovi mercati emergenti. Quindi diventa indispensabile che si creino sinergie produttive per poter adeguare l’offerta alle necessità del mercato. 114 Vincenzo Torrieri Direttore Progetto Centro Regionale di Competenza sui Trasporti Università degli Studi di Napoli Federico II Per tutti i cambiamenti che sono avvenuti nel settore, diventa sempre più indispensabile avere una “casa” per la ricerca, perché se si ragiona per prodotti apparentemente insignificanti, ma che si innestano in un prodotto più grande. C’è bisogno che fornitori, domanda ed esercenti dialoghino. Come Centro di Competenza, abbiamo elaborato la “Carta delle Università”. In questo processo, cioè la collaborazione ad un piano comune, abbiamo fatto un altro passo avanti per dotare il Centro di infrastrutture materiali per la ricerca. Il mondo accademico si è mosso verso quella che riteniamo sia la giusta direzione. Attualmente, il Centro di Competenza raccoglie essenzialmente l’Università ed ha quindi una natura pubblica; manca ancora un tassello, le imprese private, affinché sia possibile la creazione della casa comune. Questo tavolo di oggi può essere l’inizio della costruzione dell’intero mosaico: Università, ricerca, imprenditori ed Associazioni di categoria che dialogano con il Centro. Quest’ultimo è uno strumento pensato in modo lungimirante dalla Regione Campania. Allo stato attuale, sono stati progettati 12 laboratori di ricerca per lo sviluppo del materiale rotabile e per i veicoli di piccola dimensione. Non esistono paragoni in Italia di una struttura così fatta per il settore. La Regione Campania ha varato per prima un bando per raccogliere la manifestazione di interesse per la realizzazione di centri di competenza destinati a soggetti pubblici. Lo Stato solo adesso ha varato un piano per la realizzazione di centri di competenza con la formula pubblico/privato, ovviamente anche noi parteciperemo, potendo contare su di una sede, sull’Università e sugli strumenti per la ricerca nel settore. Occorre però l’impegno delle imprese e soprattutto degli esercenti, cioè i soggetti che realizzano i prodotti e quelli che verificano l’esigenza della domanda di trasporto. Le imprese dovranno entrare nell’ordine di idee che per fare innovazione di prodotto c’è bisogno di investire in ricerca. Esistono 115 anche i contributi per il settore, con finanziamenti agevolati, per creare un sistema all’interno del quale le competenze regionali del comparto abbiano la possibilità di esprimersi anche a livello nazionale. Il primo passo è stato fatto, vale a dire la realizzazione, a livello locale, di una struttura di ricerca pubblica che però ragiona ed opera come un’impresa che produce ricerca, in grado di dialogare con i produttori e con gli esercenti per un fine comune: sviluppare innovazione. Riccardo Mercurio Direttore Scientifico Cesit Ringrazio tutti i partecipanti a questo incontro che, nel corso della discussione, si è trasformato in quella “casa comune” necessaria all’approfondimento degli argomenti che riguardano il settore ferrotranviario. È emersa con chiarezza l’esigenza di avere un mercato conosciuto e trasparente, perché le aziende vivono sulla conoscenza e previsione della domanda del futuro e se c’è totale incertezza non c’è azienda. Questo è un punto centrale: non si possono fare investimenti se il rischio imprenditoriale diventa troppo elevato, mancando la possibilità di conoscere i comportamenti dei committenti e la reale consistenza del mercato futuro. In questo senso, l’Assessore Ennio Cascetta ci ha assicurato che l’elemento della certezza diventerà sempre più un impegno nelle scelte delle aziende regionali e delle istituzioni. Anche il Direttore Giancarlo Schisano ha dichiarato che sono stati definiti con precisione i percorsi dello sviluppo. Vorrei aggiungere, però, che nel passato non sempre è stato così. Adesso sappiamo – e me ne rallegro – delle esigenze specifiche, in primo luogo, di Trenitalia, ma anche delle altre componenti del sistema, che possono consentire di fare progetti di sviluppo e di avere una opportunità e un riferimento per interpretare il futuro. Colgo, inoltre, che le considerazioni fatte lasciano intendere che il mercato sta crescendo e che ha raggiunto dimensioni interessanti per le aziende produttrici. Un problema importante, che non va perso di vista, sono i 116 tempi. Quando si prevede uno sviluppo di dimensioni estremamente elevate della domanda bisogna preoccuparsi: l’annuncio di investire 500 milioni ogni anno è spesso preferibile a quello che indica 4 miliardi. L’esperienza del passato ci dice, infatti, che le elevate previsioni di spesa fornite dai committenti nazionali e locali (FS, Ferrovie concesse, ecc.) si sono trasformate in ordini solo per una quota decisamente limitata. Altro elemento da affrontare è quello relativo ai servizi afferenti il trasporto ferroviario. Non si può fare un ragionamento solo in relazione al materiale rotabile, poiché al prodotto manifatturiero sono legati molti altri sistemi immateriali e di servizio, che spesso sono quelli che creano valore e fanno la differenza tra i competitors. In questo senso, c’è ancora spazio per fare proposte. Come è stato ben illustrato, innovare è possibile, ma occorre un cambio di rotta nella mentalità degli operatori del settore: è indispensabile creare “gruppo”, cosa che oggi è solo in parte possibile perché per dar vita ad un unico gruppo c’è bisogno di avere chiarezza sui tempi di realizzazione dei progetti e dei tempi di ritorno degli investimenti. Inoltre, è stata sottolineata la questione dei rapporti tra produttori ed esercenti, aspetto di grande rilievo, perché tutti facciamo parte del “Sistema Italia” e dobbiamo costruire un sistema competitivo per potere affrontare il resto del mondo. Dobbiamo essere convinti che, nell’ambito del mercato e della competizione, è il sistema nazionale che va sostenuto per creare valore per l’intero Paese. Voglio fare un esempio: se va in crisi il settore automobilistico ci si preoccupa e ci si muove per cercare soluzioni; nella consapevolezza che la perdita del settore significa perdita di ricchezza per il Paese. Questo non è vero per l’industria ferrotranviaria; eppure questo settore – occorre dirlo – non ha ancora “perso” peso sul mercato e rappresenta un patrimonio di risorse e conoscenze particolarmente significativo per l’Italia. C’è la questione legata alla creazione di una rete di rapporti ispirati alla trasparenza. A tale proposito, ritengo che il ruolo dell’Unione degli Industriali sia di fondamentale importanza, poiché è il luogo dove le diverse componenti possono definire la strategia comune nell’ambito dei diversi ruoli e delle diverse competenze. 117 Un ulteriore elemento da non trascurare è quello relativo alla disponibilità di fonti finanziarie, specialmente in termini di continuità e certezza dei tempi di erogazione. Anche in questo caso non si può navigare a vista. Vorrei fare riferimento anche alle necessità di sviluppo delle competenze tecnologiche e progettuali. Sono tante le aziende medio-piccole che stanno affrontando con impegno questo processo, ma è necessario che questo percorso sia sostenuto anche dalle grandi imprese, al di là degli interessi specifici, ponendosi davanti uno scenario di medio-lungo periodo e di sviluppo della filiera. In tal senso, esiste un’opportunità legata al Centro di Competenza. Come sapete, sono stati emanati il 14 maggio i decreti di finanziamento per la costituzione di un Laboratorio pubblico/privato per l’elaborazione di progetti finalizzati allo studio ed alla progettazione di nuovi materiali per i rotabili ferroviari. Dove, se non in Campania, si deve cogliere questa opportunità? Occorre, inoltre, individuare chi può gestire i rapporti di integrazione e aggregazione tra i soggetti del settore. È chiaro che il sistema della filiera nasce per queste tipologie di attività manifatturiere normalmente dall’azienda più grande e focale che crea innovazione e domanda, ma è anche vero che questa funzione genera spesso preoccupazione, poiché è facile che il leader possa trasformarsi da aggregatore di competenze in “sostenitore” di aziende. Bisogna quindi individuare chiaramente ruoli e funzioni dei diversi attori di questo sistema, in cui anche la Regione Campania può e deve assumere una sua specifica funzione. È infine necessario comprendere come formulare una politica pubblica da innestare all’interno di un network. La politica di network è un elemento noto ed attorno ad esso si connettono tutti gli aspetti oggi discussi. La Regione Campania si è già mossa in questo senso, dando incarico a TESS di sviluppare un progetto di fattibilità orientato in questa direzione ed i cui risultati dovrebbero far sì che le sollecitazioni emerse attorno a questo tavolo possano avere concrete e rapide prospettive di “realizzabilità”. Sarà poi impegno di tutti credere nel progetto e fornire un concreto contributo di disponibilità, nell’ambito di un processo di miglioramento qualitativo e di sviluppo di prodotti. 118 Conclusioni Giovanni Lettieri Presidente dell’Unione degli Industriali della Provincia di Napoli Lo studio oggi presentato è stato realizzato in collaborazione con la Camera di Commercio, e vi anticipo la prossima pubblicazione di un’altra importante analisi sulle diseconomie delle imprese nel nostro territorio, rispetto a quelle che operano al Nord. Il vero problema non è tanto il costo del lavoro che noi subiamo rispetto ai paesi emergenti, che comunque è un fatto importante. “Se si prende un prodotto nostro e si prende un prodotto cinese o di un altro paese emergente, l’India ad esempio” (dove io ho avuto uno stabilimento fino ad un anno fa) “e si toglie il costo del lavoro”, diceva prima il prof. Ennio Cascetta “si vede che il loro è inferiore del 50-60% ed è normale che si acquista questo prodotto in un paese che non sia l’Italia”. Se il problema è veramente il costo del lavoro, non mi torna questo 50-60%. Quando noi avevamo uno stabilimento in India, facevamo i conti e dicevamo: “ma come è, non mi trovo, più o meno abbiamo gli stessi costi”; perché è vero che il costo del lavoro è più basso, però c’è una minore resa dei dipendenti, c’è il 20% di interessi passivi, c’è una diseconomia del territorio, lo stabilimento è al centro del Paese, per cui alla fine, facendo i conti, non c’era convenienza. Da quando abbiamo venduto questo stabilimento, gli stessi prodotti sono sul mercato ad un prezzo sensibilmente più basso e se noi estrapoliamo il costo del lavoro, si vede che i nostri concorrenti hanno costi del 20-30% più bassi dei nostri. Questo perché succede? Perché non c’è reciprocità. Noi, in Italia o in Europa, siamo costretti ad esser “liberal”, ma se vogliamo esportare i nostri prodotti in Cina, c’è il 35% di dazio. 119 Loro, per esportare i loro prodotti in Europa, pagano l’8,5% di dazio, in più hanno il 13% di contributo all’esportazione. Se noi continuiamo a competere su questi livelli, prima o poi arriveremo a problematiche che riguarderanno un po’ tutti i settori. L’unica possibilità per difenderci è fare ricerca, fare innovazione, come giustamente diceva anche il prof. Luigi Nicolais. Lui dice “che le imprese locali si sono buttate a pesce sui fondi messi a disposizione dal San Paolo di Torino”. Non è che ci siamo buttati a pesce. Nelle nostre aziende campane, meridionali, abbiamo sempre fatto innovazione, abbiamo sempre fatto ricerca, l’unica differenze è che non era strutturata; cioè lo facevamo tutti i giorni, ma non conoscevamo i finanziamenti e le risorse di cui potevamo beneficiare, mentre invece al nord del Paese già lo facevano. Con il fatto che sono stati messi a disposizione questi fondi, alcuni di noi hanno cominciato a pensare di utilizzarli ed abbiamo strutturato all’interno delle nostre aziende il sistema di ricerca. Tutti quanti in maniera non strutturata abbiamo fatto ricerca, altrimenti non saremmo potuti sopravvivere fino ad oggi; ora c’è la necessità di fare ricerca in stretta collaborazione con l’Università. La prima ferrovia è stata la Napoli-Portici, fattore che indica che qui già allora era presente un tessuto industriale in grado di svolgere questo tipo di attività. Anche se con l’Unità d’Italia le imprese sono state dirottate su altri territori del Paese, il fatto che sia sopravvissuto in quest’area un comparto ferrotranviario come quello che abbiamo ed anche quello aeronautico, indica che c’è qualcosa di diverso e di fondamentale che dobbiamo salvaguardare. L’importante è che il Paese si ponga un interrogativo: l’industria manifatturiera in Italia, la vogliamo mantenere o deve scomparire? Perché se continuiamo così, tra 10-15 anni in Italia l’industria manifatturiera sarà finita. Se invece si prende coscienza che è una cosa importante del Paese e che non si può vivere solamente di terziario e servizi, e che deve purtroppo esistere anche l’industria manifatturiera, allora dobbiamo sviluppare le reti di contatti e sostenere i settori, come quello ferrotranviario, che funzionano. Il tessile, ad esempio, è un settore con 900.000 addetti, il 17% della forza lavoro del Paese, e non si riesce a comprendere che è un comparto importante, da salvaguardare, e si continua a trascurarlo. 120 In una riunione dei maggiori produttori europei del settore tessile a Parigi, tra gli altri punti all’ordine del giorno, tra cui quello delle importazioni cinesi, si è parlato anche del costo dell’energia elettrica. In Italia paghiamo 85 cent a kilowatt, in Francia solo 40 cent, un dato che chiarisce quali siano i reali problemi di competitività che dobbiamo affrontare. L’unica possibilità è fare “sistema”, per continuare a crescere e per salvaguardare una di quelle poche attività che funzionano come il ferrotranviario. È importante che questi incontri avvengano con sempre maggiore frequenza e che abbiano continui follow-up, per costruire una idonea metodologia di lavoro e di sviluppo. L’Unione degli Industriali della Provincia di Napoli ha creato una commissione per il settore aeronautico ed io propongo di fare la stessa cosa per il ferrotranviario: creiamo una commissione che segua i lavori e l’evoluzione del comparto, perché così facendo strutturiamo il sistema. Ognuno, nell’ambito delle proprie funzioni e competenze deve fare la propria parte – l’Unione Industriali, le grandi e le piccole imprese, i dipendenti, le istituzioni locali e nazionali – per raggiungere l’obiettivo della crescita e della competitività. Sono convinto che con l’impegno di tutti possiamo farcela. 121 Bibliografia ABELL D.F. (1980), Defining the business, Prentice Hall. ALBU M. (1997), Technological Learning and Innovation in Industrial Clusters in the South, SPRU Electronic Working Papers Series, n. 7. ALBERTI F. (2002), “Industrial District, inter-firm networks”, Guerini Scientifica. ANTONELLI G. (2004), Organizzare l’innovazione. 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