bechtel bettis pittsburgh

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RICERCHE
La ricerca è stata coordinata da Riccardo Mercurio e Stefano Consiglio.
Alla realizzazione dello studio hanno partecipato Paolo de Vita,
Luigi Moschera e Mario Pezzillo Iacono. Si ringraziano per il puntuale
e continuo supporto l’avv. Aldo Enea Zanfagna e la dott.ssa Brunella
D’Errico dell’Unione degli Industriali della Provincia di Napoli.
Si ringraziano, infine, Barbara Marino e Riccardo Staffa del Cesit
per il supporto nella redazione del rapporto.
Unione Industriali
Napoli
CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA
ARTIGIANATO ED AGRICOLTURA
NAPOLI
Centro Studi e Ricerche Sistemi di Trasporto Collettivo
LE CAPACITÀ E LE COMPETENZE
DELL’INDUSTRIA FERROTRANVIARIA
DELLA PROVINCIA DI NAPOLI
Editoriale Scientifica
© Copyright 2005
Editoriale Scientifica s.r.l.
Via San Biagio dei Librai, 39
80138 Napoli
ISBN 88-89373-63-6
Indice sommario
Prefazione
di Gaetano Cola
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Introduzione
di Giovanni Lettieri
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PARTE I
LA RICERCA
Premessa
di Riccardo Mercurio
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1. Il settore ferrotranviario: lo scenario di riferimento
di Luigi Moschera
1.1 Premessa. La delimitazione dei confini settoriali
1.2 Il settore ferrotranviario in Italia e nel mondo
1.3 Le caratteristiche dell’industria ferrotranviaria italiana
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2. Il quadro strutturale del settore ferrotranviario
nella provincia di Napoli
di Mario Pezzillo Iacono
2.1 L’oggetto dell’indagine e la metodologia utilizzata
2.2 La dimensione complessiva del settore. Alcuni dati di sintesi
2.3 Il peso dell’industria ferrotranviaria nella provincia di Napoli
2.4 Il mercato di riferimento
2.5 Le caratteristiche generali del settore
3. Le capacità e le competenze per competere
di Luigi Moschera
3.1 Gli assetti strategico-organizzativi. Un quadro di sintesi
3.2 Le capacità e le competenze per l’innovazione e la R&S
3.3 Le capacità e le competenze commerciali e di marketing
3.4 Le relazioni interorganizzative
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4. Sintesi e conclusioni
4.1 Le caratteristiche del comparto: una visione di sintesi
di Paolo de Vita
4.2 I possibili percorsi evolutivi del comparto
di Stefano Consiglio
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PARTE II
LA TAVOLA ROTONDA
Introduzione ai lavori
Fausto Cutuli
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Vicepresidente Unione degli Industriali della Provincia di Napoli
Luigi Iavarone
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Componente Gruppo Piccola Industria Unione degli Industriali
della Provincia di Napoli
Ennio Cascetta
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Assessore ai Trasporti della Regione Campania
Luigi Nicolais
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Assessore all’Università ed alla Ricerca Scientifica
della Regione Campania
Ugo Caselli
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Vice Direttore Generale Industriale AnsaldoBreda S.p.a.
Giorgio Fiore
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Vice Presidente FIREMA Trasporti S.p.a.
Giancarlo Schisano
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Direttore Divisione Trasporto Regionale Trenitalia S.p.a.
Vincenzo Torrieri
115
Direttore Progetto Centro Regionale di Competenza sui Trasporti
Università degli Studi di Napoli Federico II
Riccardo Mercurio
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Direttore Scientifico Cesit
Conclusioni
Giovanni Lettieri
119
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Presidente dell’Unione degli Industriali della Provincia di Napoli
Bibliografia
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Prefazione
Tra i comparti della vecchia impresa a partecipazione statale
che meglio hanno retto al declino di tale modello di sviluppo produttivo meridionale, vi è di sicuro l’industria ferrotranviaria. È difficile sintetizzare in poche righe quali siano le ragioni di una simile
capacità di resistere al “mutamento di stagione”, all’avanzata del libero mercato, allo smantellamento neppure tanto graduale dell’intervento pubblico così come concepito nel secondo dopoguerra. Di
sicuro, a giocare un peso è stata la presenza di un mix virtuoso fatto
di preesistenze aziendali avanzate tecnologicamente e, ancor più, di
risorse umane qualificatissime. Fior di ingegneri e tecnici che
hanno permesso, in questo come in altri segmenti, ad esempio l’aerospaziale, di garantire quel “nocciolo duro” su cui si è potuto con
più facilità basare programmi di ristrutturazione produttiva, di ammodernamento e razionalizzazione, di adeguamento alle nuove esigenze dei mercati.
È un dato, in ogni caso, che l’industria dei trasporti in generale
trovi ancora oggi nel napoletano uno dei suoi poli di eccellenza a
livello nazionale. È un patrimonio non solo da difendere, ma da valorizzare, uno degli assi su cui costruire il futuro dell’area metropolitana di Napoli e dell’intera regione Campania.
Ciò premesso, diventa quasi pleonastico ribadire le motivazioni
per le quali la Camera di Commercio partenopea ha voluto supportare concretamente questo pregevole studio – una fotografia che al
tempo stesso è un’analisi – dell’industria ferrotranviaria locale. Al
servizio com’è degli interessi generali dell’impresa napoletana,
l’Ente contribuisce coerentemente a promuovere quelle iniziative di
approfondimento che facilitino la comprensione dei problemi e l’elaborazione delle strategie più opportune per la crescita economica
e sociale del territorio.
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A tal riguardo la Camera di Commercio opera articolatamente.
Oltre al sostegno a studi e ricerche, assicura l’informazione economica fondamentale, promuove l’internazionalizzazione dell’impresa locale, assiste le aziende e finanzia progetti di sviluppo, contribuisce alla formazione professionale, incentiva l’innovazione tecnologica come la certificazione di qualità.
La ricerca sulle capacità e le competenze dell’industria ferrotranviaria in provincia di Napoli ha, tra le altre virtù, quella di sottolineare le relazioni preziose tra le aziende leader del comparto e
le numerose pmi napoletane impegnate in un duplice confronto: all’interno, per superare dimensioni che i nuovi tempi rivelano troppo
anguste per fronteggiare esigenze produttive sempre più complesse;
all’esterno, per superare retaggi culturali e difficoltà organizzative,
sì da poter avviare processi di collaborazione sia verticali che orizzontali, ovvero verso aziende committenti come verso partner di
prodotti e processi produttivi.
La qualità e la valenza propositiva del lavoro, che parte dal monitoraggio dell’esistente per delineare le prospettive di sviluppo nel
breve e medio termine, costituisce la migliore dimostrazione della
sua validità. In tale direzione, vale a dire sostenendo simili contributi, la Camera di Commercio continuerà a operare, con risorse finanziarie e col supporto di una macchina organizzativa e scientifica
di sperimentata efficacia.
Gaetano Cola
Presidente Camera di Commercio di Napoli
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Introduzione
Come si conciliano tradizione e globalizzazione? Come si difende l’attività produttiva locale in un’epoca segnata dall’avanzata
dei competitor dei paesi di nuova industrializzazione all’interno dei
mercati occidentali? Quale evoluzione può avere in un’area come
quella napoletana il rapporto tra grande e piccola impresa in un settore strategico come quello dei trasporti e, in particolare, dell’industria ferrotranviaria?
Questo studio aiuta a rispondere efficacemente a tali domande.
Non è un testo accademico, entra nel cuore dei problemi e delinea
strategie, propone modelli di crescita, tipologie di collaborazione,
scenari per il prossimo futuro, partendo da una analisi puntuale,
condotta “sul campo”, delle realtà preesistenti.
È l’obiettivo che ci eravamo prefissi, il risultato che volevamo
cogliere allorché, come Unione Industriali di Napoli, abbiamo voluto promuovere il lavoro.
L’industria manifatturiera è un valore da non disperdere, l’ho
ribadito anche nel corso del convegno di presentazione dello studio
svoltosi all’Unione. Per poterlo salvaguardare è importante ricercare costantemente la qualità, innovare i prodotti, i processi e l’organizzazione complessiva delle aziende per stare in linea con le esigenze di una competizione ormai senza più confini. Occorrono tuttavia anche altri elementi. La ricerca di settore, gli approfondimenti
di problematiche e prospettive effettuati nell’ambito di singoli territori rientrano tra i presupposti necessari per poter elaborare opportune strategie. C’è bisogno poi di favorire la diffusione di nuove
modalità di interlocuzione tra soggetti – produttivi e di servizio –
diversi, per troppo tempo abituati a cliché, ormai non più percorribili, lontanissimi dalle moderne logiche della integrazione sistemica
e territoriale. Oggi aumento della qualità, riduzione dei costi e dei
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tempi camminano di pari passo con una maggiore fluidità e funzionalità di rapporti tra committenti e fornitori, tra produttori e subproduttori. È questa – anche – l’essenza del concorrere per territori.
È questa la strada attraverso la quale settori di grande prestigio e di
elevata qualificazione come l’industria ferrotranviaria napoletana
possono trovare spazi per ulteriori consolidamenti ed espansioni negli anni a venire. Un contributo a tracciare le linee guida, a tenere
la barra dritta verso l’approdo alle nuove mete poste all’impresa locale dai mutamenti epocali in atto può venire dal sostegno concreto
del mondo associativo. Questo lavoro ne è testimonianza. Ci ripromettiamo di aggiungerne altre, numerose, che come comune denominatore abbiano gli interessi dell’impresa napoletana e dello sviluppo economico e sociale delle nostre terre.
Giovanni Lettieri
Presidente Unione Industriali Napoli
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PARTE I
LA RICERCA
Premessa
In Campania, l’industria ferrotranviaria rappresenta da anni
una significativa realtà produttiva, con un rilievo non solo nazionale, ma anche internazionale. Nonostante la tradizionale presenza,
nel tempo la struttura industriale, sia per quel che riguarda il segmento della produzione di impianti e materiale rotabile sia per
quanto riguarda i segmenti di servizi (riparazione, manutenzione,
revamping, ecc.), ha in parte perso quella visibilità necessaria a garantire il mantenimento di crescita competitiva per l’intero comparto regionale. È sembrata pertanto di particolare rilievo un’analisi di settore finalizzata all’individuazione delle competenze generali e distintive e delle capacità progettuali, di innovazione e
produttive delle aziende dell’industria ferrotranviaria della provincia di Napoli presenti nei diversi segmenti di business. Tale analisi
può, infatti, contribuire ad una più chiara definizione di nuove strategie di sviluppo industriale allo scopo di evidenziare le opportunità
di creazione di collegamenti tra le realtà produttive esistenti, soprattutto per la realizzazione di sinergie tra operatori di diversa dimensione.
Ciò appare di notevole interesse soprattutto in una regione dove
negli ultimi anni si sono concentrate numerose risorse ed investimenti nel settore dei trasporti e, inoltre, risultano maggiormente definite le scelte di pianificazione dei soggetti regolatori.
La ricerca è stata rivolta, pertanto, allo studio dell’attuale assetto dell’industria ferrotranviaria nella provincia di Napoli con lo
sguardo attento alla verifica della struttura, delle dinamiche evolutive, nonché delle problematiche strategiche ed operative in relazione al quadro industriale e di mercato verso il quale il settore si
sta muovendo. Particolare attenzione è stata data al nuovo contesto
competitivo, caratterizzato da significative componenti innovative
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sia sul piano tecnologico, sia delle dinamiche di mercato, sia degli
assetti strategici degli industriali e delle aziende di trasporto.
La metodologia utilizzata è quella di un approccio empiricoapplicativo, difatti lo spazio più ampio è riservato al lavoro di rilevazione di dati ed informazioni raccolti presso le aziende presenti
nei diversi segmenti della filiera ferrotranviaria: produzione di materiale rotabile e impianti (prodotti finiti e componenti), riparazione
del materiale rotabile, servizi di manutenzione e revamping, armamento ferroviario.
La ricerca ha voluto operare una ricognizione di campo puntuale dell’attuale assetto strutturale e competitivo del settore; l’analisi si è svolta mediante l’identificazione delle realtà produttive operanti nei molteplici comparti industriali connessi al settore ferrotranviario e fondata sulle dimensioni quantitative (identificazione
dei profili aziendali riferiti a occupazione, capacità produttiva, fatturato, performance, ecc.) e qualitative (valutazione dei caratteri e
delle tendenze di comportamento competitivo, misurabile attraverso
parametri quali i profili delle competenze e capacità tecnologiche e
commerciali, i vincoli/opportunità di integrazione industriale, le potenzialità sui mercati extra-regione). Si è, inoltre, sviluppato l’approfondimento degli indicatori di carattere economico-finanziario
delle imprese oggetto dello studio, in base alle opportune metodologie di analisi di bilancio.
Il report di ricerca è articolato in quattro capitoli. Nel primo capitolo, dopo una breve premessa sulla delimitazione metodologica
del settore, vengono illustrate le principali caratteristiche dell’industria ferrotranviaria in uno scenario competitivo nazionale e internazionale. Vengono presentati, infatti, i principali fattori di mutamento e quelli critici di successo che caratterizzano l’attuale contesto competitivo. Il secondo capitolo è, invece, dedicato alla
presentazione e all’analisi dei risultati dell’indagine su campo effettuata. La prima parte illustra la metodologia seguita e la composizione dell’universo indagato, mentre la seconda si sofferma sull’analisi delle caratteristiche strutturali dei singoli comparti rilevati
in termini di assetto proprietario, addetti, fatturato, analisi economico-finanziaria, ecc. Il terzo capitolo illustra le caratteristiche dell’industria ferrotranviaria della provincia di Napoli dal punto di vi14
sta delle capacità e competenze possedute e degli assetti strategicoorganizzativi rilevati. Il quinto capitolo presenta, infine, una sintesi
della ricerca e le principali conclusioni in termini anche di una possibile evoluzione del distretto e dei percorsi di crescita competitiva
delle singole imprese in esso operanti.
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1.
Il settore ferrotranviario:
uno scenario di riferimento 1
1.1 Premessa. La delimitazione dei confini settoriali 2
La categoria analitica del settore ha sempre rappresentato un riferimento importante per l’identificazione dei concorrenti di un’impresa, per l’individuazione di tendenze evolutive, per la valutazione
dell’impatto di nuove tecnologie e/o nuovi prodotti, per la comprensione delle regole competitive 3.
L’estrema mobilità dei confini settoriali, la sempre maggiore
difficoltà di tracciare una chiara linea di demarcazione tra imprese
o organizzazioni che possano essere ritenute parte di uno stesso settore, la forza, la pervasività delle dinamiche di sviluppo e cambiamento economico e tecnologico, impongono di volta in volta l’individuazione di criteri definitori 4 coerenti con le dinamiche in atto
e con le finalità di ricerca.
1 Nota metodologica. Il capitolo è stato redatto attraverso analisi bibliografica, analisi report e bilanci aziendali, analisi materiale promozionale delle aziende
di produzione, report delle associazioni di categoria nazionali e internazionali,
somministrazione di questionari e schede di rilevazione alle aziende di produzione,
materiale e studi prodotti dal Cesit.
2 L’autore del presente paragrafo è Mario Pezzillo.
3 Per un approfondimento in merito si veda MERCURIO R. e TESTA F. (a cura
di), Organizzazione. Assetto e relazioni nel sistema di business, Giappichelli, Torino 2000. Si veda anche VOLPATO G., Metodologia dell’analisi settoriale, Ca’ Foscari, Venezia 1981.
4 Sulla rilevanza delle problematiche definitorie in termini generali per lo sviluppo della scienza organizzativa, si veda JENSEN M.C., “Organization Theory and
Methodology”, The Accounting Review, April, vol. 58, n. 2, pp. 319-339, 1983.
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Lo sforzo di definizione dei confini dell’industria ferrotranviaria, così come quello relativo a tutti i settori nei quali si realizzano
prodotti complessi, presenta un elevato grado di difficoltà, connesso sia alla pluralità e diversità delle tecnologie e delle aziende
che convergono nel settore, sia alla constatazione relativa al fatto
che l’ambito competitivo in cui operano le aziende considerate nella
ricerca è un sottoinsieme del più ampio business ferrotranviario.
A considerazione di ciò, il primo passo che bisogna fare al fine
di delimitare il settore ed ottenere un quadro di riferimento che faccia da sfondo all’analisi delle aziende incluse in questa ricerca, è
l’individuazione e la rappresentazione dei principali fattori che definiscono il business ferrotranviario. Questo business system 5 può
essere rappresentato in maniera schematica ricorrendo ad un noto
strumento tecnico, la matrice di Abell 6, ponendo al centro dell’analisi i bisogni dell’utilizzatore, ossia gli esercenti il trasporto, ed
utilizzando tre dimensioni: le funzioni d’uso (i bisogni), i clienti e
le tecnologie.
Sull’asse verticale della figura 1.1 sono rappresentati i bisogni
o le “funzioni” che la clientela richiede: attività di progettazione, di
consulenza, opere civili, armamento delle linee, impianti fissi (di
segnalamento, comando, controllo, telecomunicazione e alimentazione), materiale rotabile (trainante e trainato), riparazione e manutenzione. Sull’asse orizzontale sono indicati i clienti delle aziende:
gli esercenti il trasporto collettivo su rotaia in ambito urbano ed extraurbano, ossia le aziende pubbliche che gestiscono le linee ferroviarie nazionali, le ferrovie regionali in concessione, le aziende municipalizzate di trasporto, nonché le imprese private che richiedono
carri merci di tipo speciale. Sul terzo asse, infine, sono indicate le
tecnologie, ossia le modalità attraverso le quali si soddisfano le esigenze della clientela.
5 “Il
business system non rappresenta uno specifico mercato né un settore dai
confini già predeterminati, né un sistema sociale da osservare nelle sue dinamiche e trasformazioni. È piuttosto una categoria logica da applicare per evidenziare
il contesto economico e sociale su cui si sviluppa e da cui è influenzata l’azione
manageriale volta ad organizzare le risorse economiche necessarie al conseguimento di specifici obiettivi”. Si veda MERCURIO R. e TESTA F. (2000) (a cura di)
op. cit. Il riferimento tratto è a pag. 19.
6 Si veda ABELL D.F., Defining the business, Prentice Hall, 1980.
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Fig. 1.1 - Il business ferrotranviario
Proprio la dimensione “tecnologica” è uno strumento molto
utile per circoscrivere e delimitare, ed al tempo stesso rappresentare, i confini di un settore, come già sottolineato, molto ampio e
complesso.
La tecnologia alla base dei sistemi convenzionali di trasporto
ferroviario non ha subito negli ultimi cinquanta anni cambiamenti
rivoluzionari. Se si esaminano i sistemi convenzionali si può infatti
notare che tuttora il “sistema treno” è costituito da: un veicolo di
trazione (con apparecchiature per la trasformazione di energia e per
la trasmissione del movimento alle ruote) che traina veicoli non motorizzati (merci o passeggeri) su una strada ferrata sotto la tutela di
norme e strumenti per garantirne la sicurezza ed il controllo del
traffico durante la marcia. Se da un lato una tale affermazione può
sembrare semplicistica e superficiale, anche nella descrizione del
sistema, dall’altro pone in evidenza la complessità del sistema-treno
e, di conseguenza, l’importanza dei singoli “sub-sistemi tecnologici”. Sono, infatti, le innovazioni “incrementali” e “radicali” in tali
aree che hanno permesso e permettono tuttora il progresso di tale
modalità di trasporto convenzionale.
In particolare, si può osservare un duplice sviluppo tecnologico
all’interno dei singoli elementi costituenti il prodotto finito: nei
processi produttivi e negli aspetti innovativi dei singoli prodotti.
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L’offerta di prodotti finiti nel settore è scomponibile in:
A. materiale rotabile
Il materiale rotabile si suddivide a sua volta in materiale di trazione e trainato, ed in particolare:
– materiale di trazione
• materiale di trazione motore: veicoli di trazione (locomotive diesel, elettriche, diesel-elettriche, ecc.) per distanze
solitamente non urbane e destinati a trainare materiale rotabile non motorizzato;
• materiale di trazione automotore: veicoli con doppia funzione di trazione e di trasporto (elettrotreni suburbani, motrici per metropolitane, motrici per metrò leggero, tram tradizionali, elettrotreni a lungo percorso, ecc.);
– materiale trainato: veicoli passeggeri, veicoli speciali passeggeri (carrozze ristorante, carrozze letto, carrozze con
cuccette, ecc.), veicoli merci, veicoli speciali.
B. impianti fissi (e sistemi per gli impianti fissi)
– impianti di controllo/comando:
• impianti di segnalamento ferroviario 7;
• impianti di controllo del traffico 8.
– impianti di alimentazione: comprendono le apparecchiature
destinate alla fornitura di energia per veicoli a trazione elettrica e alla protezione dell’intero sistema di trazione.
– impianti di telecomunicazione.
Tale sommaria descrizione, anche se si ferma al livello dei singoli sub sistemi, a loro volta suddivisibili in più o meno numerosi
sottoassiemi (ad es.: assile, carrello, cassa, sala montata ecc.), parti
7 Per
segnalamento ferroviario si intende l’insieme di impianti (di terra e di
bordo) destinati a garantire la sicurezza del veicolo e ad evitare collisioni (con altri treni o con strutture fisse) o deragliamenti (si fa rientrare nel “segnalamento”
anche l’aspetto normativo e regolamentare per la tutela della sicurezza ferroviaria).
8 Gli impianti di controllo del traffico comprendono l’insieme di dispositivi
ed apparati per il coordinamento e la gestione del traffico dei veicoli ferroviari
lungo le linee ed i nodi, definendo le priorità secondo criteri di sicurezza ed ottimizzazione nell’uso delle linee stesse.
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e componenti (chopper, inverter ecc.), mette in evidenza la complessità del prodotto ferrotranviario; quest’ultima si riflette direttamente sulla vasta e variegata composizione del patrimonio tecnologico necessario per la realizzazione delle singole componenti del
prodotto finito.
Se si vogliono individuare le tecnologie “caratterizzanti” il settore ferrotranviario, il campo di analisi si restringe notevolmente.
Nella tavola seguente si evidenzia il carattere pervasivo delle tecnologie attualmente “caratterizzanti” il settore.
Tav. 1.1 - La pervasività delle tecnologie nel settore ferroviario
1.2 Il settore ferrotranviario in Italia e nel mondo
1.2.1 Lo scenario internazionale di riferimento. I fattori di mutamento
Il settore ferrotranviario mondiale ha vissuto nel corso degli
anni ’90 un radicale processo di trasformazione che ha modificato
in modo incisivo le sue “regole del gioco”. Schematizzando, è possibile individuare quattro principali fattori di mutamento:
– la modifica del comportamento degli organi governativi;
– la modifica della struttura e dei comportamenti degli esercenti;
– la graduale omogeneizzazione degli standard tecnici;
– i comportamenti strategici dei principali gruppi industriali
europei.
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2. La modifica del comportamento degli organi governativi
L’enorme influenza che gli organi governativi tradizionalmente
esercitavano sugli enti committenti si concretizzava, in primo luogo,
nella definizione dell’ammontare degli investimenti ed in secondo
luogo nel condizionamento delle procedure di acquisto. I mutamenti hanno riguardato la scelta da parte di numerosi paesi di investire in modo massiccio sia su nuovi sistemi di trasporto su ferro
(sistemi ad alta velocità) che sui sistemi urbani, supportando in tal
modo lo sviluppo dell’industria ferrotranviaria. I governi nazionali,
inoltre, sebbene in misura diversa, hanno progressivamente abbandonato le posizioni protezionistiche e sotto la spinta dell’Unione
Europea hanno avviato un processo di apertura delle gare nazionali
alla concorrenza straniera.
2. La modifica della struttura e dei comportamenti degli esercenti
La separazione tra gestori delle infrastrutture e gestori del servizio ha sancito una totale ridefinizione dei ruoli all’interno degli
esercenti nazionali e regionali ed ha condotto ad una profonda modifica sia delle figure coinvolte nel processo di acquisto sia negli
stessi comportamenti di acquisto.
3. La graduale omogeneizzazione degli standard tecnici
L’importanza di tale aspetto e l’esigenza di accelerare il processo di omogeneizzazione sono collegate principalmente dalla necessità di costruire una rete ad alta velocità europea per la quale la
disomogeneità tecnologica avrebbe rappresentato un vincolo al rilancio dell’intero settore ferrotranviario. Su questo fronte è necessario sottolineare ancora la spinta propulsiva e fattiva proveniente
dagli organi dell’Unione, che si è concretizzata nella realizzazione
di numerosi progetti ad hoc.
4. I comportamenti strategici dei principali gruppi industriali europei
La spinta verso la globalizzazione è stata, inoltre, accelerata da
alcuni gruppi industriali europei che hanno “forzato” le regole del
gioco e hanno anticipato e, quindi, favorito i mutamenti in atto 9.
9 Per un approfondimento si veda D’AVENI R.A., Hipercompetition: Managing the Dynamics of Strategic Maneuvering, New York: The Free Press, 1994.
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Alcuni gruppi industriali, prima tra tutti l’ABB (poi Adtranz,
oggi acquisita da Bombardier), scelgono, infatti, di abbandonare
l’approccio multidomestico in cui era privilegiata l’autonomia tra le
consociate nazionali, a favore di un loro maggiore coordinamento,
determinando interessanti novità sullo scenario competitivo 10.
Il coordinamento, infatti, ha consentito a tali gruppi di sviluppare progetti di investimento in R&S in comune, aumentare il proprio know how tecnologico grazie alla collaborazione con più
aziende di trasporto nazionali europee, sfruttare le maggiori economie di scala mediante la specializzazione nazionale delle produzioni, essere coinvolti in diversi progetti di ricerca nazionali 11.
Tale approccio ha rotto la situazione di equilibrio stabile che
caratterizzava il mercato ferrotranviario e ha aperto la strada delle
collaborazioni, delle alleanze e delle fusioni/acquisizioni.
1.2.2 I nuovi fattori critici di successo
Le mutate condizioni di mercato hanno modificato i fattori critici di successo del settored e alcuni aspetti che in passato non assumevano una rilevanza centrale sono diventati molto significativi.
1. Il rapporto prezzo/qualità
Il rapporto prezzo/qualità del prodotto tende indubbiamente a
conquistare posizioni nella scala di priorità fissate per l’assegnazione di commesse da parte dei committenti.
2. Le referenze tecnologiche e commerciali
Le referenze tecnologiche e commerciali hanno assunto un
ruolo centrale, poiché permettono all’impresa di qualificarsi con i
committenti attraverso sistemi-testimoni in grado di provare concretamente la propria esperienza progettuale, produttiva e tecnologica.
10 Per un approfondimento si veda BETTIS R.A. - HITT M.A., “The New Competitive Landscape”, Strategic Management Journal, vol. 16, Special Issue, Summer 1995, pp. 7-19, 1955.
11 Si veda ILINITCH A.Y., D’AVENI R.A. and LEWIN A.Y., “New Organizational Forms and Strategies for Managing in Hypercompetitive Environments”, Organization Science, vol. 7, n. 3, May - June, pp. 211-220, 1996.
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3. Le capacità di progettazione e di innovazione
La capacità di progettazione e di sviluppo dei prodotti ha assunto un peso crescente non solo nella realizzazione di nuove linee,
ma anche nello sviluppo di ampliamenti e negli acquisti di materiale rotabile. In riferimento ai diversi comparti, la progettazione risulta fattore critico di successo in particolare nei sistemi, negli impianti fissi e nelle tecnologie elettroniche, mentre è più limitato nel
sub-sistema meccanico.
4. Le competenze commerciali
In un mercato caratterizzato dalla presenza di una pluralità di
committenti nazionali e locali con comportamenti di acquisto variegati, la competenza commerciale diventa un fattore critico di successo centrale.
5. Le competenze finanziarie
La limitata disponibilità di fondi pubblici per il finanziamento
sia di grandi opere infrastrutturali sia di acquisto di nuovi veicoli ha
richiesto l’attivazione di meccanismi contrattuali e finanziari innovativi quali il project financing nelle sue diverse modalità, il project
leasing, il leasing finanziario ed operativo.
Un poco in ritardo rispetto agli USA e ai paesi asiatici (come
ad esempio la Cina), anche in Europa le aziende di produzione ferrotranviaria, principalmente grazie ad accordi trasversali, hanno
sviluppato competenze finanziarie che consentono loro di proporsi
ai diversi committenti (imprese di trasporto, enti pubblici) differenziando ulteriormente la propria offerta.
Le competenze finanziarie sono inoltre importanti per supportare gli sforzi in ricerca e sviluppo e le politiche di innovazione, oltre che per compensare gli squilibri finanziari collegati alle dilazioni dei pagamenti nella gestione delle commesse.
6. La completezza del prodotto fornito
È sempre più importante nel settore la capacità delle aziende di
fornire un prodotto/sistema completo, che comprenda materiale rotabile, apparati e sistemi di segnalamento e, soprattutto recentemente, servizi di manutenzione e fornitura ricambi. Strettamente
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collegata è la capacità di integrazione di tecnologie diverse (tecnologia meccanica e tecnologie relative agli equipaggiamenti elettronici e di telecomunicazioni).
1.2.3 Il nuovo posizionamento dei leader mondiali
La modifica delle regole del gioco del settore, del modo di segmentare il mercato e dei fattori critici di successo, hanno influenzato profondamente le strategie delle aziende di produzione, che
hanno puntato con forza ad attuare le seguenti azioni strategiche:
1. Aumentare la dimensione aziendale attraverso processi di fusione ed acquisizione
I nuovi fattori critici di successo pongono alle aziende impegnative domande in termini di innovazione tecnologica, competitività sui costi, capacità commerciali e finanziarie, a cui è possibile
dare risposte efficaci solo aumentando la soglia minima di massa
critica. Un ulteriore fattore che spinge nella stessa direzione è legato alla necessità di sostenere significativi investimenti in ricerca
e sviluppo, che tendono a svolgere un ruolo sempre più importante
per le capacità progettuali e di innovazione delle aziende. Tenendo
conto che tali investimenti, nel migliore dei casi, non superano la
soglia del 10%-12% del fatturato, solo le aziende con una rilevante
quota di mercato, sono state o saranno in grado di intraprendere significativi progetti di ricerca.
2. Operare attraverso una struttura transnazionale
La presenza transnazionale permette di prevenire eventuali manovre dei poteri pubblici tese a supportare l’industria nazionale nonostante i processi di liberalizzazione del mercato. La presenza
transnazionale favorisce, inoltre, la collaborazione con i principali
esercenti: in questo quadro sono maggiormente favorite le aziende
presenti con diverse branche nazionali, con alle spalle un rapporto
di collaborazione e fiducia con le aziende di trasporto nazionali e
locali. L’assetto transnazionale, inoltre, permette alle aziende di
sfruttare l’appoggio di più Stati sia nell’attività di ricerca e sviluppo, sia nelle esportazioni.
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Il processo di mutamento in atto ha spinto le aziende a passare
da approcci strategici multidomestici, dove protagonisti sono
aziende integrate geograficamente o gruppi multinazionali, in cui
risulta elevata l’autonomia delle varie consociate nazionali, ad approcci strategici globali, in cui ad una necessaria presenza transnazionale fa riscontro un elevato coordinamento tra le consociate. Le
aziende ferrotranviarie hanno fatto propri questi orientamenti strategici attraverso una politica di acquisizioni, fusioni ed alleanze,
principalmente di e con: a) aziende leader in altri mercati domestici,
per aumentare la presenza globale e conquistare importanti “portafogli clienti” con commesse già acquisite; b) aziende complementari e focalizzate in aree tecnologiche e di prodotto, per aumentare il livello di integrazione sistemistica.
Tav. 1.2 - Grado di specializzazione e dimensioni delle aziende del settore
Il settore ferrotranviario mondiale, a seguito delle numerosissime operazioni di merger&acquisition ha subito una fortissima
concentrazione. Molti importanti gruppi multinazionali hanno abbandonato il mercato (ad es. Asea Brown Boveri, AEG, Fiat, Daimler Benz, ecc.) o ne sono usciti. I principali competitor attuali hanno
incrementato, a volte notevolmente, la propria dimensione, la propria presenza multinazionale e la capacità di offrire prodotti globali
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e integrati (ad es. Bombardier, Alstom, Siemens, Gruppo Finmeccanica) (vedi tavola 1.2).
I player globali e integrati sono 12:
– Bombardier (canadese) che, grazie ad una politica di acquisizioni su scala globale (in particolare acquisendo Adtranz),
è divenuta l’impresa leader del mercato;
– Siemens (tedesca);
– Alstom (francese).
Tav. 1.3 - Quote di mercato complessive
Bombardier
Alstom
Siemens
Amaldobreda
GE
GM
Japan
Altri
23%
17%
14%
4%
9%
7%
13%
13%
Fonte: Alstom 2001
Per le aziende del gruppo Finmeccanica, AnsaldoBreda (veicoli), Ansaldo Segnalamento Ferroviario (segnalamento) Ansaldo
Trasporti Sistemi Ferroviari (sistemi integrati), invertendo un diseTav. 1.4 - Quota di mercato per tipologia di prodotto negli anni ’90 (%)
Alstom
Bombardier
Siemens
Italiani Giapponesi Russi Cinesi
(con Fiat Ferr.)
(con Adtranz)
High Speed
38
21
20
6
12
–
–
Metros
18
07
35
2
17
5
03
LVRs
13
26
33
5
04
6
–
EMU/DMU
19
16
31
1
13
4
–
Commuter
04
03
69
1
6
–
–
Inter-city coaches
–
01
21
–
–
7
65
Total passenger
rolling stock
15
12
29
2
08
4
18
Locomotives
06
07
11
2
–
1
47
Fonte: RGI - AOUT 2001
12 Per
player globale o global integrator si intende un’azienda in grado di
operare sia nel settore dei veicoli ferroviari e metropolitani che dei sistemi di segnalamento, sia in quello dei sistemi integrati di trasporto a guida vincolata urbani
e suburbani.
27
gno strategico originale che prevedeva la presenza di un gruppo integrato (l’Ansaldo Trasporti), è considerata possibile anche una politica stand alone, che prevede per ciascuna azienda del gruppo alleanze indipendenti e non collegate.
Il fenomeno di concentrazione non ha solo riguardato i principali competitor (sistemisti, fornitori di prodotti completi, e impiantisti), ma anche i produttori di sub-sistemi. È il caso, ad esempio, di
Westhinghouse Brakes con Knorr-Bremse nella produzione di sistemi frenanti, di Valdunes acquisita da Freedom Forge (USA) nei
sub-sistemi meccanici, di Stedef acquisita da Railtech International
e di Matériel de Voie da Corus Rail (GB), nel business del condizionamento.
1.2.4 L’evoluzione del mercato
Per quanto riguarda il nuovo sistema della domanda sviluppatosi in Italia in questi ultimi anni, anche a seguito del processo di
liberalizzazione e della riforma in atto nel trasporto pubblico locale,
è possibile individuare i seguenti soggetti (Fonte: AnsaldoTSF):
– RFI S.p.a. (ex divisione infrastruttura FS), committente principalmente di servizi di manutenzione alla rete e agli impianti;
– Italferr S.p.a., committente di opere civili e impianti tecnologici;
– TAV S.p.a., committente di sistemi per l’alta velocità (opere
civili e impianti tecnologici);
– Trenitalia S.p.a. (ex FS), committente, per il trasporto a
lunga percorrenza e per il regionale/locale, di veicoli e di
servizi di manutenzione degli stessi;
– Nuovi operatori di trasporto merci e passeggeri nazionali (es.
Ferrovie Nord Milano), regionali e locali, committenti di
veicoli e di servizi di manutenzione degli stessi;
– Nuove società di gestione delle reti regionali e locali (infrastrutture), committenti di opere civili, impianti tecnologici e
di servizi di manutenzione di reti, e nel caso di affidamento
a operatore di trasporto senza l’apporto di materiale rotabile,
anche di veicoli.
28
Il maggior committente resta il gruppo FS (Trenitalia e RFI),
ma le prospettive di Trenitalia per il materiale rotabile non sono incoraggianti. Potrebbe esservi una migliore prospettiva nel settore
regionale, sebbene il quadro del trasporto regionale non sarà chiaro
prima dell’effettuazione delle gare per i nuovi operatori. Nel settore
delle merci (Trenitalia) vi è apparentemente un eccesso di disponibilità di trazione, ma il parco locomotive è vecchio e non esistono
locomotive specializzate, né sembra vi siano progetti al riguardo.
Si è riscontrata una notevole incertezza riguardo all’applicazione dei decreti legislativi 422/1997 e 400/1999, relativi al trasferimento alle regioni del trasporto passeggeri. Non è affatto chiaro
con quali strumenti potrà avvenire la liberalizzazione del settore, a
fronte di procedure di aggiudicazione che presentano una serie di
vincoli (personale, materiale rotabile, impianti) che lasciano scarsi
margini ad un’effettiva competizione. La mancanza di nuovi attori
in quest’area potrebbe ritardare di molto il miglioramento della
qualità dei servizi e quindi la ripresa del mercato dei veicoli.
C’è concordanza sulla opportunità della presenza di società di
leasing solo se in presenza di una reale liberalizzazione.
Il mercato ferrotranviario campano 13
Nel settore ferrotranviario italiano sono in atto radicali trasformazioni istituzionali volte a modificare le “regole del gioco”, che
si manifestano anche con il trasferimento di poteri e risorse finanziarie dallo Stato centrale alle Regioni.
La Regione Campania rappresenta un caso emblematico di
questo mutamento in atto nel settore ferrotranviario italiano. In questa area, infatti, si è avviato un significativo processo di trasformazione che interessa sia gli esercenti (coinvolti in processi di liberalizzazione del mercato, di riorganizzazione interna, di ammodernamento dei propri asset di servizio, di trasformazione societaria e
proprietaria), sia gli enti locali (alle prese con impegnativi progetti
di investimento e con profonde modifiche che interessano sia l’as13 La fonte del presente paragrafo è la ricerca Cesit “Il materiale rotabile ed
il trasporto regionale: nuovi bisogni ed esigenze innovative” commissionata dalla
Regione Campania e in corso di pubblicazione.
29
setto istituzionale, sia la legislazione che regola il settore dei trasporti).
In Campania è in atto un massiccio piano di investimenti nel
settore del trasporto ferroviario, sotto l’impulso e il coordinamento
della Regione Campania che ne è anche il principale finanziatore.
La maggior parte degli investimenti sono finalizzati ad un ammodernamento e ad un ampliamento della rete infrastrutturale della
Regione. Tra i diversi progetti in cantiere un ruolo di rilievo è assunto dal progetto per la realizzazione del “Sistema di Metropolitana Regionale”.
Parallelamente, nel materiale rotabile sono numerosi i progetti
(supportati anche dalla Regione Campania) delle singole aziende di
trasporto per l’ammodernamento del parco macchine e l’acquisto di
nuovi treni.
Analizzando la previsione dei fabbisogni del progetto di Metropolitana Regionale, in termini di nuovi acquisti di materiale rotabile e di ammodernamento del materiale esistente, è possibile disegnare un quadro di sintesi sulle prospettive emergenti nel mediolungo periodo.
Per avere questo quadro di sintesi si è tenuto conto sia delle
previsioni in termini di offerta di servizi (nuove linee e linee in esercizio), sia delle caratteristiche quantitative e soprattutto qualitative
(tipologie ed età) che il parco rotabile, così come oggi costituito,
presenterà negli anni a venire: da ciò è conseguita una previsione di
fabbisogno complessivo di materiale rotabile e quindi la quantificazione del materiale da acquistare per soddisfarlo.
Le previsioni sono state articolate, oltre che per le singole linee analizzate, anche in considerazione delle diverse tipologie di rotabili richieste da ciascuna linea; a tale scopo sono state individuate
quattro grandi categorie di riferimento (servizio urbano, servizio
misto urbano e suburbano, servizio regionale ordinario, servizio regionale di media-lunga percorrenza).
La previsione si sviluppa lungo due segmenti temporali: uno a
brevissimo ed uno a medio-lungo termine (2010-2015).
Più difficile è operare una valorizzazione economica dei nuovi
acquisti. Va infatti tenuto presente che i costi dei rotabili sono soggetti ad ampie fluttuazioni dovute a fattori oggettivi (prodotti di spe30
cifici costruttori, configurazioni, composizione dei convogli, andamento dei prezzi di mercato nel tempo) e soggettivi (caratteristiche
delle singole gare in termini di dimensioni dei lotti, specifiche dotazioni richieste dal committente, altre condizioni contrattuali).
Tav. 1.5 - La previsione dei fabbisogni di materiale rotabile (nuovi acquisti e di ammodernamento del materiale esistente) nel mediolungo periodo (2010-2015)
CATEGORIA
Fabbisogno complessivo
(convogli
Nuovi acquisti*
(convogli)
A (urbano)
048
040
B (urbano+suburbano)
143
129
C (Regionale ordinario)
045
051
D (Regionale medioélunga percorrenza)
044
000
TOTALE
277
220
* Comprensivi dei convogli da acquistare entro il 2005
Entro il 2005 si stima che dovranno essere spesi circa 547,4 milioni di euro, a fronte di 115 nuovi convogli, che diventeranno 1.048
milioni a conclusione del programma (2010-2015) per un totale di
220 nuovi convogli.
Il programma di spesa in atto prevede, al momento, un ammontare di risorse finanziarie pari a 288 milioni di euro (la metà
circa del budget considerato al 2005) per l’acquisto di 55 nuovi convogli dei 115 previsti (il costo medio effettivo per convoglio in questa fase si è attestato intorno ai 5,24 milioni di euro). Tali programmi, che riguardano Trenitalia, Circumvesuviana, Sepsa, Ferrovia Alifana e Benevento-Napoli, godono al momento di una
copertura finanziaria di 238 milioni di euro, pari all’83% circa di
quanto necessario.
È possibile effettuare delle considerazioni anche sulla domanda
attesa nel comparto della riparazione e dell’ammodernamento del
parco rotabile e per gli interventi di armamento nella manutenzione.
Le risorse attualmente a disposizione della Regione Campania per
la manutenzione straordinaria fanno riferimento al Fondo Comune
di cui alla Legge n. 297/78, istituito per le ferrovie in concessione
31
Tav. 1.6 - Il programma di spesa in atto per l’acquisto di 55 convogli
N. CONVOGLI
SPESA (M€)
Trenitalia
19 “Minuetto”, 2 vetture pilota doppio 76,92
piano, 8 vetture doppio piano 2ª classe (di cui 19,77
(pari a circa 21 convogli complessivi) regione Campania)
Circumvesuviana
23 elettrotreni AnsaldoBreda/Firema
(pari a circa 15 convogli complessivi)
103,3
SEPSACircumflegrea
10 convogli
55,8
Ferrovia Alifana, 9 convogli
Benevento-Napoli
55
51,7
288*
* di cui ca. 238 con copertura finanziaria e 50 da coprire
ed in gestione governativa e dedicato ad interventi di manutenzione
straordinaria relativi a: opere d’arte; armamento; linea aerea; segnalamento; telecomunicazioni; passaggi a livello; acquisto e manutenzione straordinaria del materiale rotabile.
1.2.5 Gli sviluppi attesi e gli effetti del nuovo sistema della domanda
I possibili effetti di questo nuovo sistema di domanda di prodotti e servizi ferrotranviari saranno presumibilmente 14:
– un possibile aumento degli investimenti, in particolare per
nuovi prodotti, come conseguenza dell’approntamento di
programmi di sviluppo da parte di quelle Regioni italiane interessate al mantenimento e miglioramento delle reti locali
ad esse trasferite;
– un’elevata customizzazione dei prodotti, in conseguenza
della frantumazione/differenziazione della domanda (più decisori e committenti);
– un più elevato livello tecnologico dei prodotti e più elevato
14 Fonte:
32
AnsaldoBreda.
–
–
–
–
–
–
–
livello di specializzazione per funzioni d’uso dei prodotti, in
conseguenza di una maggiore sensibilità verso l’efficienza e
l’efficacia dei servizi di trasporto, dovuta all’adozione delle
“carte dei servizi” per l’utente, all’obbligo per gli operatori
di servizi di trasporto del rispetto della soglia minima del
35% nel rapporto ricavi/costi operativi, alle condizioni più
severe nei contratti di servizio tra concedente ed operatore di
trasporto;
un possibile ricorso a procedure di affidamento diretto, derivante dalla natura privata dell’operatore (dei nuovi operatori);
una maggiore esigenza di nuovi strumenti finanziari (project
financing, leasing), in conseguenza di una minore disponibilità finanziaria dei nuovi operatori, direttamente correlata
anche alla minore dimensione;
una richiesta di tempi di consegna dei prodotti sempre più
brevi;
una continua tensione sui prezzi;
un ricorso a Concessionari o Contraenti generali, così come
previsto per la realizzazione delle grandi infrastrutture dallo
schema di legge delega relativa alla Legge Obiettivo. Senza
entrare nel dettaglio delle rispettive caratteristiche delle due
figure, sembra che per quanto riguarda le opere ferroviarie e
metropolitane, le competenze detenute da un integratore di
sistema (system integrator), ossia di un interlocutore che abbia competenze sia nel settore degli impianti fissi che dei
veicoli, rappresenteranno un notevole vantaggio competitivo;
incremento del mercato del service, che crescerà se e quanto
i responsabili di reti e di servizi di trasporto troveranno la
convenienza e avranno l’opportunità di esternalizzare attività
oggi svolte in proprio;
un incremento del mercato dei sistemi “chiavi-in-mano”, che
crescerà se saranno disponibili combinazioni finanziarie in
grado di conciliare interessi pubblici e privati che potranno
rendere finanziabili iniziative altrimenti destinate a rimanere
sulla carta.
33
1.3 Le caratteristiche dell’industria ferrotranviaria italiana
L’industria italiana delle costruzioni ferrotranviarie rappresenta
un riferimento importante nel contesto competitivo internazionale:
le aziende italiane di produzione del materiale rotabile, e di progettazione e produzione di sistemi e impianti sono protagoniste sul
mercato mondiale, dove rappresentano da anni una realtà tecnica e
professionale riconosciuta. Le fusioni, le concentrazioni, le chiusure che hanno caratterizzato gli ultimi dieci anni, con una riduzione drastica delle capacità produttive, non hanno consentito di
creare un sistema industriale organizzato in un polo sfruttando appieno le sinergie dei diversi soggetti presenti in Italia e a proprietà
italiana.
La crescente presenza delle aziende straniere, anche attraverso
acquisizioni di imprese sul mercato italiano (come ad esempio la
Fiat Ferroviaria o la Sasib Railways), rappresenta un processo in
atto ed ormai in una fase avanzata e irreversibile.
Negli ultimi venti anni la struttura del settore italiano delle produzioni ferrotranviarie, attualmente costituito da una quarantina
aziende – con circa 8.000 addetti complessivi – è stata interessata
da un notevole processo di concentrazione e da una graduale contrazione nel numero di imprese (nel 1982 erano più di sessanta). Il
processo di concentrazione è più evidente nel comparto del materiale rotabile e interessa fondamentalmente tutti i principali competitor: fusioni, cessioni, acquisizioni e cessazioni di attività hanno
modificato profondamente nell’ultimo quinquennio la struttura dell’industria e parzialmente anche gli equilibri competitivi. Processo
analogo si è verificato anche a livello internazionale e in altre industrie nazionali straniere (Francia, Germania, Gran Bretagna): i
mutamenti internazionali accrescono la complessità della trasformazione in atto in Italia. Un ulteriore elemento che ha modificato
l’assetto del settore è da ricercarsi nelle scelte di politica industriale
pubblica legate principalmente alla dismissione della Breda Costruzioni Ferroviarie da parte dell’Efim/Aviofer e alla successiva
costituzione di AnsaldoBreda.
Alla luce di tali cambiamenti, quindi, il comparto del materiale
rotabile risulta attualmente caratterizzato dalla presenza di realtà
34
con un elevato grado di eterogeneità, non soltanto in relazione alle
tecnologie possedute o alla gamma di prodotto, ma soprattutto rispetto al profilo dimensionale e all’assetto proprietario. Al suo interno convivono, infatti, imprese di piccola dimensione produttrici
di componenti con un mercato di riferimento principalmente nazionale – rappresentato da subcommittenti o ricambisti – e grandi colossi multinazionali, che operano anche sul mercato internazionale.
Fig. 1.2 - Le quote percentuali di addetti specifici per classe dimensionale
Fonte: Nostra elaborazione su dati Databank 2003
Analizzando gli aspetti dimensionali, emerge che la maggior
parte delle aziende del settore ha un numero di addetti specifici non
superiore alle 200 unità (82,5%) e solo 7 aziende (AnsaldoBreda,
Ansaldo Segnalamento, Ansaldo Trasporti, Firema, Bombardier, Alstom Ferroviaria e Alstom Transport) hanno più di 400 addetti.
Da un’analisi più approfondita si evidenzia la forte concentrazione degli addetti specifici nelle aziende di grandi dimensioni:
nelle prime 4 aziende si concentra, infatti, il 60% degli addetti totali del settore.
A testimonianza dell’importante ruolo delle aziende campane
si rileva come le sole AnsaldoBreda e Firema occupino il 43% circa
degli addetti specifici generali del settore.
Dall’analisi delle quote di mercato nei singoli comparti emerge
35
Fig. 1.3 - Andamento del fatturato principali aziende del settore nel mercato italiano (2000-02)
Fonte: Nostra elaborazione su dati Databank 2003
il ruolo chiave giocato dai grandi player internazionali e, in particolare, dalle aziende del gruppo Ansaldo. Nel settore complessivo,
caratterizzato da un’elevata concentrazione (le prime 3 aziende da
sole raggiungono circa il 67%, le prime due più del 56%), AnsaldoBreda controlla il 31% del mercato e insieme ad Ansaldo Segnalamento ben il 42% (fonte: Databank, 2003).
Fig. 1.4 - Le quote di mercato (%) delle principali aziende italiane nel
comparto del materiale rotabile (2002)
Fonte: Nostra elaborazione su dati Databank 2003
36
Fig. 1.5 - Le quote di mercato (%) delle principali aziende italiane nel
comparto della riparazione (2002)
Fonte: Nostra elaborazione su dati Databank 2003
Nel solo segnalamento Ansaldo Segnalamento detiene il 43%
del fatturato complessivo del settore. Significativo è, invece, nella riparazione il fatturato di Firema che costituisce il 17,5% del fatturato
complessivo per l’anno 2002. Interessante è la quota del 3,3% dell’Avis, azienda napoletana presente nell’universo della ricerca realizzata, che sommato alla percentuale di Firema testimonia l’importante ruolo giocato dalle realtà campane anche in questo comparto.
Fig. 1.6 - Le quote di mercato (%) nel comparto del segnalamento ferroviario(2002)
Fonte: Nostra elaborazione su dati Databank 2003
37
2.
Il quadro strutturale del settore ferrotranviario
nella provincia di Napoli
2.1 L’oggetto dell’indagine e la metodologia utilizzata
Nell’ambito della delimitazione del settore 15 operata all’inizio
del rapporto è opportuno fare alcune considerazioni per una corretta
individuazione dell’insieme di imprese che costituiscono l’oggetto
dell’indagine della ricerca effettuata.
Il settore ferrotranviario della provincia di Napoli si caratterizza per la presenza di:
– un player globale internazionale, AnsaldoBreda, con un
ruolo di integratore di sistema e di produttore di prodotti
completi nel materiale rotabile;
– aziende di piccola e media dimensione (per addetti e fatturato), produttrici di sub-sistemi, componenti e parti, sia per
il comparto del materiale rotabile (principalmente), sia per
quello degli impianti di comunicazione e segnalamento (in
piccola parte);
– aziende di piccola e media dimensione (per addetti e fatturato), che eseguono per conto di aziende di produzione parti
della lavorazione del processo produttivo;
15 Le metodologie finalizzate all’individuazione e alla definizione dei confini di un settore sono significativamente numerose spaziando sull’approccio fondato sul grado di elasticità incrociata fino a quello della concorrenza allargata di
Porter. Sulle due metodologie citate vedi GUERCI C.M., Crisi industriale ed evoluzione del concetto di settore, Franco Angeli, Milano 1979; M.E. PORTER, Competitive Strategy. Tecnique for Analyzing Industries and Competitors, The Free Press,
New York 1980.
39
– aziende di piccola e media dimensione (per addetti e fatturato), fornitori di ricambi per le aziende di trasporto;
– aziende di armamento ferroviario;
– aziende di manutenzione, riparazione e revamping di materiale rotabile.
AnsaldoBreda è stata esclusa dall’indagine per la evidente disomogeneità con le altre realtà presenti sul territorio, sia per gli
aspetti dimensionali, che avrebbero alterato i valori generali, sia per
le caratteristiche del settore stesso, che vede il gruppo Ansaldo
come uno dei principali clienti delle aziende presenti nel distretto
napoletano 16.
In particolare si è operata una suddivisione delle aziende presenti in tre sub comparti:
– i fornitori e i subfornitori, ossia l’insieme di aziende che forniscono prodotti e/o servizi ai produttori e/o agli operatori
esercenti. All’interno di questo segmento è possibile operare
un’ulteriore distinzione di massima tra le aziende che utilizzano un tipo di tecnologia prevalentemente meccanica e le
aziende che utilizzano prevalentemente tecnologie elettriche
e/o elettroniche;
– aziende che svolgono attività di manutenzione, riparazione e
revamping del materiale rotabile 17;
– aziende di armamento ferroviario.
Una volta costruiti i confini metodologici 18 si è proceduto all’individuazione delle aziende che potenzialmente potevano rien16 L’indagine non comprende, inoltre, l’azienda Firema che, comunque, sebbene localizzata nella provincia di Caserta, rappresenta un’altra importante realtà
imprenditoriale del polo ferrotranviario campano.
17 L’area della riparazione e di manutenzione del materiale rotabile comprendente anche la decoinbentazione dei mezzi svolta da aziende specializzate che lavorano conto terzi. In quest’area non viene considerata l’attività svolta in proprio
dalle società di gestione del servizio ferroviario presso le proprie officine.
18 Si veda per un esame approfondito dei diversi livelli di analisi cui può essere rapportato lo studio dell’azione organizzativa, il contributo di De Vita. In particolare, DE VITA P. (2000), I confini dell’azione organizzativa, in R. MERCURIO e
F. TESTA (a cura di), op. cit.
40
trare nell’universo da considerare. A tal fine sono state utilizzate diverse fonti:
– associazioni di categoria (generaliste e specialiste);
– albi dei fornitori di aziende di trasporto e di imprese di produzione;
– riviste specializzate (analisi pubblicità e articoli);
– precedenti report e database di ricerca del Cesit;
– pagine bianche e gialle;
– internet.
Successivamente si è proceduto all’invio di una lettera di presentazione a tutte le aziende individuate (circa 70), nella quale sono
state illustrate le finalità della ricerca e le esigenze d’indagine.
È seguita una fase di primo contatto telefonico, con lo scopo di
operare una prima scrematura delle aziende individuate. È stato necessario operare, infatti, un’ulteriore delimitazione che, tenuto
conto del criterio oggettivo delle tecnologie impiegate e dei prodotti
realizzati, ha permesso di evidenziare, come fattore discriminante
tra le diverse aziende, la loro effettiva presenza nel settore, valutabile attraverso criteri di tipo economico-gestionale.
In particolare si è fatto riferimento a due criteri fondamentali,
utilizzati come strumento di “scrematura”:
– la realizzazione di prodotti specificamente destinati al settore; criterio che ha permesso di escludere dall’area di studio
tutte quelle aziende che, sebbene in possesso di tecnologie
potenzialmente idonee alla realizzazione di prodotti ferrotranviari, di fatto risultano impegnate in produzioni differenti;
– la rilevanza strategica del settore per l’azienda e dell’azienda
per il settore; il parametro utilizzato in riferimento a questo
criterio è il valore medio dell’incidenza percentuale del fatturato realizzato per produzioni ferrotranviarie, rispetto a
quello totale realizzato nel triennio 2001-2003; di fatto sono
state escluse dall’analisi tutte le aziende con una quota percentuale di fatturato ferrotranviario inferiore al 10% e/o con
un fatturato nel settore inferiore a Euro 250.000.
41
Sono state pertanto individuate 46 aziende e successivamente
si è iniziata l’analisi di campo diretta attraverso:
– effettuazione di interviste presso le sedi delle aziende;
– raccolta e analisi materiale informativo (report, brochure di
presentazione, siti internet, ecc.);
– raccolta e analisi dei bilanci (circa nel 50% dei casi).
Soltanto in 10 casi non è stato possibile effettuare interviste dirette: tali aziende seppure contattate, infatti, non sono state disponibili ad un incontro con gli intervistatori; in questi casi sono state
utilizzate esclusivamente fonti indotte.
Il complesso dell’analisi strutturale, gestionale ed economica
di seguito esposta si riferisce pertanto ad un insieme di 46 aziende
(vedi tavola 2.1).
Tav. 2.1 - Grado di copertura dell’analisi
Fonti
Dirette
Indotte
Totale
Numero Aziende
Bilanci
36
10
46
22
2.2 La dimensione complessiva del settore. Alcuni dati di sintesi
Sulla base delle considerazioni esposte relative alla delimitazione dei confini settoriali dell’industria ferrotranviaria e ai criteri
utilizzati per la definizione dell’insieme di aziende oggetto di indagine, sono state individuate nella provincia di Napoli 46 aziende
(vedi tavola 2.2) distinte nei tre sub-comparti in funzione delle differenti famiglie di prodotti e servizi destinati al settore ferrotranviario (vedi tavola 2.3).
42
Tav. 2.2 - Universo aziende industria ferrotranviaria nella provincia di
Napoli
AEROSOFT S.P.A.
AVIS – IND. STABIENSI MEE. E NAV. S.P.A.
BOLT DI STEFANO PALMESE
CARAFA GIOVANNI & C
CESPA
CMC S.R.L.
COMAF DI FARAONE VITO PIETRO
COMEFI S.R.L.
CO.ME.TA.V. S.C.A.R.L.
COPROM COSTRUZIONI MECCANICHE S.A.S
COMEP S.R.L.
DAMIANO MOTOR’S S.P.A.
DIERRETTÌ S.R.L.
EL. CA. ELETTROM. CAMPANA S.P.A.
EMIL GEN S.N.C.
EUROS S.R.L.
FUTURA S.R.L.
GEVEN S.R.L.
G.M.G. ELETTROMECCANICA S.N.C.
GRIMALDI CARPENTERIA MECCANICA S.R.L.
IB ITALIAN BRAKES S.P.A.
I.C.T. S.R.L.
IMPRESA SIMEONE & FIGLI S.R.L.
IMPRESA GEOM. FRANANCESCO CUCUMILE
I.T.A. S.R.L.
IZZO S.R.L.
L.C. SERVICE S.R.L.
MAECONSULT S.R.L.
ME.ROV. S.R.L.
METAL 2000 S.N.C.
O.M.C.V. DI VOLLERO EMILIANO
OFFICINE CAMPANE S.R.L.
OFFICINE LEONE S.R.L.
O.PRE. MECCANICA S.R.L.
POMI SERVICE S.R.L.
POWER ELETTRONICS RESEARCH. S.R.L.
PROMEC S.R.L.
S.C.E. S.R.L.
SEAP COSTRUZIONI GENERALI S.R.L.
S.I.M.M.I. S.R.L.
STOPFIRE S.P.A.
SUD ENGENEERING
TADDEO VUOLO S.R.L.
T.E.C.A. S.R.L.
TEC. MECM. S.R.L.
VOLLERO ANTIMO MECCANICA E CARPENTERIA
Tav. 2.3 - Universo aziende distinto per comparto
FORNITORI E SUB FORNITORI “MECCANICI”
• BOLT DI STEFANO PALMESE
• C.E.S.P.A.
• CMC S.R.L.
• COMEFI S.R.L.
• COPROM COSTRUZIONI MECCANICHE S.A.S
• COMEP S.R.L.
• DIERRETTÌ S.R.L.
• EMIL GEN S.N
• FUTURA S.R.L.
• GEVEN S.R.L.
• IB ITALIAN BRAKES S.P.A.
• IZZO S.R.L.
• L.C. SERVICE S.R.L.
• ME.ROV. S.R.L.
• METAL 2000 S.N.C.
• O.M.C.V. DI VOLLERO EMILIANO
• OFFICINE CAMPANE S.R.L.
• OFFICINE LEONE S.R.L.
• O.PRE. MECCANICA S.R.L.
• POMI SERVICE S.R.L.
• PROMEC S.R.L.
• S.I.M.M.I. S.R.L.
• TEC. MEC. S.R.L.
• VOLLERO ANTIMO MECCANICA E CARPENTERIA
FORNITORI E SUB FORNITORI “ELETTRICI”
E/O ELETTRONICI
• AEROSOFT S.P.A.
• CARAFA GIOVANNI & C
• EUROS S.R.L.
• I.C.T. S.R.L.
• I.T.A. S.R.L.
• MAECONSULT S.R.L.
• POWER ELETTRONICS RESEARCH. S.R.L.
• S.C.E S.R.L.
• STOPFIRE S.P.A.
COMPARTO RIPARAZIONE E MANUTENZIONE
• AVIS - IND. STABIENSI MEC E NAV. S.P.A.
• CO.ME.TA.V. S.C.A.R.L.
• DAMIANO MOTOR’S S.P.A.
• EL. CA. ELETTROM. CAMPANA S.P.A.
• G.M.G. ELETTROMECCANICA S.N.C.
• GRIMALDI CARPENTERIA MECCANICA S.R.L.
• SUD ENGENEERING
• TADDEO VUOLO S.R.L.
• T.E.C.A. S.R.L.
ARMAMENTO FERROVIARIO
• COMAF DI FARAONE VITO PIETRO
• IMPRESA SIMEONE E FIGLI
• IMPRESA GEOM. FRANANCESCO CUCUMILE
• SEAP COSTRUZIONI GENERALI S.R.L.
43
Tav. 2.4 - Principali indicatori del settore ferrotranviario in Campania,
2004
Numero di imprese
46
Numero di addetti
1810
Addetti medi per impresa
39,35
Fatturato, 2003 (mln Euro)
183,3
Fatturato ferrotranviario (mln Euro)
97,5
Grado di specializzazione ferrotranviaria
(% su fatturato 2001-2002-2003)
49,81
Variazione del fatturato 2003/2002 (%)
+ 8%
Variazione del fatturato ferrotranviario 2003/2002 (%)
Fatturato per addetto, 2003(‘000 Euro)
+ 17%
101,1
Quota di fatturato ferrotranviario delle prime 4 imprese
37,43%
Quota di fatturato ferrotranviario delle prime 8 imprese
51,38%
Prima di proseguire l’analisi tematica di dettaglio, si fornisce
un quadro di sintesi di alcuni dei principali indicatori del settore
emersi dalla presente indagine (tavola 2.4).
2.3 Il peso dell’industria ferrotranviaria della provincia di
Napoli
Dai dati di sintesi riportati nella tavola precedente emerge l’importanza assunta dal distretto 19 napoletano ferrotranviario sia a livello locale, sia a livello nazionale.
19 “Il distretto è un’entità socio-territoriale caratterizzata dalla compresenza
attiva in un’area territoriale circoscritta naturalisticamente e storicamente determinata, di una comunità di persone e di una popolazione di imprese industriali”.
Becattini G., I distretti industriali meritano protezione, Il Sole 24 ore, 1992. “Il disretto è un sistema produttivo composto da popolazioni di imprese di piccole e medie dimensione aggregate su uno stesso territorio e che assegnano all’attività economica dell’area geografica di appartenenza una configurazione omogenea, in
quanto legate le une alle altre da interdipendenze di scambio, interdipendenze da
complementarietà di risorse tecniche, professionali e culturali, e da interdipendenze competitive o orizzontali” [MERCURIO - TESTA, 2000, op. cit., pp. 297].
Sull’argomento vedi anche ALBERTI F., “Industrial District, inter-firm
44
Se si guardano i dati degli addetti del più generale e ampio settore dei trasporti e delle comunicazioni nella regione Campania si
può osservare come le aziende della ricerca contribuiscano per il
2% all’occupazione totale (dati Istat al 2001). Ancora più interessante è il confronto con le altre realtà distrettuali e/o agglomerazioni di piccole e medie imprese presenti in Campania (dati Istat al
2001): il peso dell’industria ferrotranviaria, misurato in termini di
occupati, è pari al settore delle conserve alimentari dell’agro nocerino-sarnese (1.973 occupati), mentre risulta essere superiore sia a
quello dei gioielli di Torre del Greco e Marcianise (1.117 occupati)
sia a quello delle piastrelle di Cava dei Tirreni e Vietri (815 occupati). Se si guardano invece le agglomerazioni che vedono la presenza anche di aziende di grandi dimensioni appare rilevante il confronto con il settore della carta e degli imballaggi in carta che occupa 1.327 addetti o con quello dell’elettronica che ne occupa
4.600. Giustificabile, infine, sempre in questo segmento, la più
grande dimensione del settore complessivo dei mezzi di trasporto
che occupa circa 9.500 addetti: bisogna, infatti, evidenziare in questo settore la presenza di grandi realtà come AnsaldoBreda e Firema
che da sole contribuiscono per la gran parte all’occupazione settoriale (dati Istat al 2001).
Ancora più interessante è il confronto con la realtà settoriale
nazionale, che permette di evidenziare l’importante ruolo e la forza
strutturale del settore napoletano. I dati riportati nei paragrafi precedenti riguardano le grandi aziende di produzione e riparazione,
collocate con numerosi stabilimenti su tutto il territorio italiano, che
occupano circa 8.000 addetti: è positivo, pertanto, il confronto con
la realtà napoletana che a parità circa di numero di imprese (di micro, piccola e media dimensione) riesce a occupare 1.810 addetti.
Cluster 20 simili, composti da subfornitori delle principali aziende,
networks”, Guerini Scientifica, 2002 e GRANDORI A. - SODA G., “Interfirm
Networks: Antecedents, Mechanism and Forms” Organization Studies, 1995,16/2 e
Harrison B., Industrial districts: old wine in new bottles? Regional Studies, 26, 5,
1992.
20 “Il cluster è un insieme geograficamente prossimo ed economicamente interconeesso di attori ed istituzioni”, PORTER M., “Regions and new economics of
competitions” in Global city regions: trends theory policy, Oxford University
45
sono presenti anche in altre realtà territoriali (Toscana, Liguria,
Lombardia), ma raramente si osserva una concentrazione così forte
come quella presente nell’area napoletana.
Un altro dato interessante emerge dall’analisi del trend di fatturato che ha caratterizzato l’industria napoletana negli ultimi anni:
rispetto a una rilevazione effettuata dal Cesit nel 2000 su un campione di aziende del settore e operando le opportune stime si registra, infatti, un notevole incremento (la base di aziende su cui si effettua il confronto temporale è la stessa). Il fatturato complessivo
del settore si stima sia aumentato del 59%, mentre il fatturato specifico ferrotranviario fa registrare un aumento di ben il 115% in più
dal 2000 al 2003. Ne deriva un aumento anche nel grado di focalizzazione nel settore ferrotranviario che passa dal 34,2% al 46% (in
media su tutte le aziende dell’universo).
2.4 Il mercato di riferimento
2.4.1 Le aziende clienti
Una delle caratteristiche chiave delle imprese ferrotranviarie
operanti in Campania va rinvenuta proprio nella struttura del loro
portafoglio clienti – particolarmente ristretto nel numero – e nella
differenziazione delle imprese committenti. Queste aziende dimostrano, quindi, una forte dipendenza non solo tecnico-economica,
ma anche strategica e “culturale”, da pochissimi o addirittura da un
unico cliente. Tale condizione, molto diffusa nel settore ferrotranviario non solo nazionale, mostra in Campania un particolare grado
di rigidità e radicamento, che, se da un lato costituisce una barriera 21 protettiva per i piccoli fornitori locali, dall’altra li espone ad
un livello di rischiosità molto accentuata (limitatezza dei riferimenti
Press, 1998. Sull’argomento vedi anche PORTER M., “Location, Clusters and Company Strategy”, in the Oxford Handbook of Economic Geography, Oxford University Press, 2000 e PORTER M., Clusters and the new economics of competition,
Harvard Business Review, /Dec 1998 (a).
21 Sul concetto di barriera si veda DEL MONTE A., “Manuale di Organizzazione e politica industriale”, UTET, Torino, 2000
46
competitivi, scarsa capacità di muoversi autonomamente su un mercato più ampio, appiattimento ai sistemi organizzativi e gestionali
del cliente, ecc.), soprattutto quando è più elevata la focalizzazione
nel ferrotranviario.
La tipologia della clientela può essere distinta comunque in due
grandi gruppi:
– le aziende industriali ferrotranviarie;
– le aziende di trasporto ferrotranviario.
Nel primo caso le industrie campane sono fornitrici o subfornitrici (di parti e componenti meccaniche od elettriche) di imprese
industriali di maggiori dimensioni. Nel secondo, si pongono come
ricambisti o riparatori di esercenti ferroviari sia nazionali che locali.
Per quanto riguarda la clientela industriale, la struttura qualitativa e quantitativa del mercato di sbocco delle aziende del settore
evidenzia il forte ruolo centrale di organizzazione focale 22 rivestito
principalmente da AnsaldoBreda e più in generale dal gruppo Ansaldo (comprendente Ansaldo Segnalamento Ferroviario e Ansaldo
Sistemi). Le aziende sono impegnate prevalentemente nella componentistica meccanica e in attività di carpenteria; vi si aggiungono alcuni fornitori di parti elettriche ed elettroniche. Sono presenti, inoltre, i riparatori, che in tali casi intervengono nelle attività di service
svolte dal committente AnsaldoBreda su materiale rotabile in esercizio. Da sola AnsaldoBreda è cliente del 71% delle imprese del settore e, limitando l’osservazione del segmento delle imprese operanti nella fornitura, della quasi totalità di esse. Altro importante attore per il comparto è Firema Trasporti che acquista i prodotti del
43% delle aziende napoletane. Anche in questo caso si tratta sia di
componentistica meccanica che elettrica ed elettronica. Relazioni di
22 Sul concetto di Organizzazione focale vedi PERRONE V., La rete, 1997, in
COSTA G. - NACAMULLI R.C.D. (a cura di), Manuale di Organizzazione Aziendale,
vol. 2, La Progettazione organizzativa, Utet, Torino, 1997. Vedi anche EVAN W.M.,
The Organization set: Toward a Theoryof Interorganizational Relations, in THOMPSON J.D., Approaches to Organizational Design, University of Pittsburgh Press,
Pittsburgh, PA, 1966
47
fornitura di gran lunga meno rilevanti sono intrattenute con Alstom
e Bombardier.
Nell’ambito degli esercenti, significativa è la presenza di Trenitalia e RFI, che si riforniscono presso il 43% delle aziende napoletane sia per quanto riguarda le riparazioni, sia per i ricambi, sia
infine per gli interventi di armamento. Altri attori locali interessati
principalmente al comparto della riparazione e della ricambistica
sono Sepsa e Alifana. Degna di nota è, infine, la presenza della
Deutsche Bahn (principale azienda di trasporto ferroviario tedesca)
che ha un fornitore campano nel comparto dei sub componenti meccanici.
La quasi totalità delle aziende risulta essere iscritta nell’albo
fornitori dei principali clienti; anche in questo caso spicca il ruolo
di AnsaldoBreda, seguita da Firema e Trenitalia.
Andando ad esaminare la struttura della clientela si osserva
come il 14% delle aziende del settore sono legate ad un unico
cliente e il 23% ha solo due clienti. In generale, solo il 37% delle
imprese ha più di cinque aziende nel portafoglio prodotti. Tale struttura, caratteristica del settore anche in altre realtà territoriali, testimonia l’importanza delle aziende traenti 23 e soprattutto di quelle
presenti sul territorio ai fini dell’andamento competitivo dell’industria ferrotranviaria della provincia di Napoli. Anche guardando le
capacità delle aziende di acquisire nuovi clienti si conferma questa
peculiarità del settore: il 40% delle aziende non ha, infatti, acquisito nuovi clienti negli ultimi due anni e solo l’11% ne ha acquisiti
più di tre.
La struttura e la dinamica del portafoglio commerciale, entrambe estremamente compresse, testimoniano, come avviene in altre realtà industriali, l’importanza delle aziende traenti e soprattutto
di quelle presenti sul territorio nel determinare l’assetto strutturale
e l’andamento economico e competitivo dell’industria ferrotranvia23 Su questo tema vedi MERCURIO R., L’azienda traente, Cedam, Padova,
1983. Vedi anche LORENZONI G., Accordi reti e vantaggio competitivo, Etas, Milano, 1992.
48
ria della provincia di Napoli. Allo stesso tempo esse stanno anche a
spiegare i motivi di una limitata dinamica imprenditoriale e in qualche caso di un atteggiamento di attesa, che si manifesta, ad esempio, nella scarsa propensione allo sviluppo autonomo, o nella contenuta capacità di destinare risorse verso propri obiettivi di innovazione e cambiamento 24. In questo scenario non va pertanto
trascurato il ruolo esercitato dalla grande industria committente e
dagli esercenti nazionali e locali per il mantenimento e lo sviluppo
dell’indotto dell’area napoletana, ruolo che però non può che essere
disegnato all’interno di un quadro di convenienze ed opportunità reciproche che vadano al di là della dell’immediata valutazione di
breve periodo e possano essere inserite in uno o più progetti condivisi e chiari di più ampio respiro strategico. A titolo esemplificativo
si possono citare i consistenti piani di ammodernamento ed ampliamento delle flotte rotabili sia dell’esercente nazionale sia di
molti operatori locali, sulla spinta di programmi regionali di rafforzamento del trasporto ferroviario locale (es. Sistema di Metropolitana Regionale della Campania). Tali progetti possono costituire, a
cascata, una opportunità di notevole portata anche per il piccolo
polo 25 ferroviario napoletano, in termini di occasioni di collaborazione e di accentuazione delle innovazioni di prodotto richieste al
nuovo materiale rotabile.
Tav. 2.5 - I principali clienti
Le principali aziende clienti
% fornitori nel settore
Gruppo Ansaldo (AnsaldoBreda, Ansaldo Sistemi,
Ansaldo Segnalamento Ferroviario)
71%
Firema
43%
Trenitalia e RFI
43%
Alstom
11%
Sepsa
11%
Alifana
8%
Bombardier
8%
24 Sul
concetto di cambiamento organizzativo si veda Consiglio S., Il cambiamento organizzativo, in MERCURIO R. e TESTA F. (a cura di), op. cit., 2000.
25 Sul concetto di “polo” vedi PERROUX F., “ L’espace et le temps dans la
théorie générale des unites actives ”, Ecomomie Appliquee, n. 2, 1987.
49
2.4.2 La presenza sul mercato locale e sui mercati extra-regionali
L’analisi dei dati testimonia una limitata propensione del cluster a fornire mercati localizzati al di fuori dell’ambito regionale.
Sebbene sia solo dell’11% circa la percentuale di aziende che colloca i propri prodotti servizi sul mercato esclusivamente regionale,
se si guarda al fatturato complessivo tale percentuale arriva a circa
il 38%; il 43% delle aziende, inoltre, produce più della metà del
proprio fatturato in regione. Analogamente, nonostante sia alta la
percentuale delle aziende che dichiarano di operare anche sul mercato internazionale (34%), il fatturato da esportazioni è pari ad appena il 5% del fatturato complessivo del settore (dati sul fatturato
totale 2003).
Andando ad esaminare la composizione percentuale del fatturato delle singole aziende, si nota che sono pochi i casi (il 6% circa)
di imprese che esportano più del 20% del fatturato.
Tav. 2.6 - La ripartizione del fatturato per aree geografiche
Campania
Altre regioni italiane
Estero
Sul num. di aziende
11,43%
54,29%
34,29%
Sul fatturato
37,01%
57,66%
5,33%
2.4.3 Il mercato di sbocco: lo scenario di riferimento.
L’industria ferrotranviaria napoletana, come si è visto, ha i due
suoi principali referenti nelle aziende di produzione ferrotranviaria
e nelle aziende di trasporto.
Andando ad esaminare la situazione competitiva e lo scenario
evolutivo della domanda e degli investimenti di queste due tipologie di attori si possono osservare le forti potenzialità di crescita per
il mercato delle aziende ferrotranviarie napoletane.
Il forte ruolo di coordinamento, pianificazione e erogazione di
finanziamenti giocato dalla Regione Campania ha innescato un
trend favorevole di crescita, sia per quanto riguarda i forti investimenti infrastrutturali, sia per i relativi fabbisogni di materiale rotabile in termini di nuovi treni e/o di ammodernamenti del parco esistente. Essendo le aziende dell’universo molto legate a uno o pochi
50
produttori, le previsioni di crescita saranno influenzate dalle capacità progettuali, produttive e commerciali di AnsaldoBreda e di
Firema. Diversa è la situazione per le imprese di armamento ferroviario: in questo caso saranno le imprese stesse che dovranno attivarsi direttamente per l’aggiudicazione di gare direttamente o in
sub-appalto. Un ulteriore elemento di stimolo alla domanda è rinvenibile nel comparto della riparazione: le aziende di trasporto ferroviario (sia a livello nazionale sia regionale) stanno operando una
politica di esternalizzazione di molte delle attività di service, precedentemente, in molti casi, interamente gestite in via diretta.
Questa situazione positiva che caratterizza lo scenario non toglie però che sarà compito delle singole aziende (da sole o in partnership) attivarsi anche nel tentativo di ampliare il proprio mercato
di sbocco, di rafforzare gli isolati legami commerciali con altre
aziende produttrici o di trasporto collocate al di fuori del territorio
campano e soprattutto di cercare nuovi clienti anche all’estero.
2.5 Le caratteristiche generali del settore
2.5.1 L’età delle imprese e la forma giuridica
Quasi l’80% delle imprese dell’universo considerato è di costituzione successiva al 1980, e circa il 48% si è costituita dopo il
1990; la massima natalità si concentra tra il 1982 e il 1989 (circa il
34%); di poco inferiore è il numero delle imprese costituite tra il
1992 e il 1999 (il 28%); soltanto il 5% delle aziende è nato negli
ultimi 3 anni.
La forma giuridica prevalente è quella delle società di capitali,
con un’incidenza vicina al 70% del totale dell’universo delle imprese considerato. In particolare, la forma di società a responsabilità limitata è quella di gran lunga più diffusa (il 73% tra le società
di capitali e il 50% del complesso delle aziende); il 20% del totale
delle aziende sono società per azioni; il restante 30% si compone di
società di persone, in particolare: ditte individuali (11%), società in
accomandita semplice (8%), società in nome collettivo (8%) e società cooperative a responsabilità limitata (3%).
È da sottolineare che la costituzione sotto forma di società di
51
Tav. 2.7 - L’età delle imprese
Costituzione precedente al 1980
21%
Costituzione tra il 1981 e 1989
38%
Costituzione tra il 1990 e il 1999
33%
Costituzione successiva al 2000
8%
capitale è utilizzata, nell’universo di riferimento, dal 100% delle
imprese con più di 50 addetti e che il 65% delle società di persone
hanno un numero di addetti minore o uguale di 20 unità 26.
Tav. 2.8 - Forma giuridica delle imprese
Società a responsabilità limitata
50%
Società per azioni
20%
Società in accomandita semplice
8%
Società in nome collettivo
8%
Società cooperative a responsabilità limitata
3%
Ditte individuali
11%
2.5.2 La localizzazione
La distribuzione geografica delle sedi operative principali appare sostanzialmente equidistribuita in tutto il territorio provinciale,
anche se è possibile evidenziare una certa concentrazione attorno a
sei “micro-poli” che raggruppano la maggior parte delle unità produttive.
Il primo di questi, in ordine di numerosità, è rappresentato dall’area flegrea (Pozzuoli, Quarto), dove è localizzato poco più di un
quarto (circa il 28%) degli stabilimenti produttivi; la seconda area
nevralgica è identificabile nel territorio che si estende tra Castellammare di Stabia, Torre Annunziata e Striano, dove si concentrano
26 Le
classi dimensionali in cui si è scelto di distinguere le aziende nell’analisi sono 3: aziende con un numero di dipendenti minore o uguale a 20 unità,
aziende con un numero di dipendenti compreso tra 21 e 50 unità, aziende con più
di 50 addetti.
52
Fig. 2.1 - La localizzazione delle aziende del settore nella provincia di
Napoli
il 21% circa degli stabilimenti; il terzo polo è rappresentato dall’area territoriale delimitata dai paesi vesuviani (Somma Vesuviana,
Pomigliano D’Arco, Sant’Anastasia) dove si localizza il 17% delle
sedi; il quarto polo si sviluppa nella zona nord-est, idealmente delimitata dai comuni di Casoria, Casalnuovo, Casavatore e Caivano
(13%); il quinto polo è identificabile nel complesso delle aziende
che hanno la sede operativa principale a Napoli e a Marano di Napoli (12%); infine la sesta zona in cui è rilevabile una certa concentrazione delle aziende del settore, è l’area occidentale di Napoli
(Barra, San Giovanni), dove ha sede il 9% delle imprese.
2.5.3 L’assetto proprietario
Nella grande maggioranza dei casi la proprietà delle imprese
dell’universo considerato è detenuta da persone fisiche residenti in
Campania. In particolare il 91% dei soggetti che detengono la proprietà e/o il controllo diretto dell’impresa sono persone fisiche re53
sidenti in Campania, il 6% è rappresentato da società che svolgono
la loro attività principale nell’ambito della regione, solo nel 3% dei
casi la proprietà è detenuta da soci che operano al di fuori del territorio campano.
Per il 31% delle aziende il capitale sociale si concentra per una
percentuale maggiore o uguale al 90% nelle mani di un unico soggetto.
Tra le persone fisiche che condividono il controllo diretto delle
società sussistono dei legami di parentela nel 51% delle imprese.
In questo contesto, per il 20% delle imprese i legami familiari
coinvolgono solo alcuni soggetti, mentre per il 30% dei casi tali vincoli riguardano tutte le persone fisiche che esercitano il controllo.
Considerando questi dati e tenuto conto che l’11% delle aziende
sono ditte individuali e che, nel complesso, nel 20% dei casi è un
unico soggetto a detenerne il controllo, si delinea una struttura proprietaria d’impresa a carattere prevalentemente imprenditoriale-familiare che contiene in sé i tipici limiti ma anche alcuni elementi di
forza propri di tale tipologia di impresa: scarsa managerializzazione, accentramento decisionale, rischi connessi ai cicli evolutivi e
di successione imprenditoriale da un lato; flessibilità 27, snellezza
organizzativa, relativa rapidità di risposta dall’altro 28. Questi elementi risultano altresì coerenti con i caratteri dimensionali ed organizzativi delle imprese in analisi.
2.5.4 La focalizzazione nel settore
È doveroso sottolineare, in linea con le caratteristiche distintive
dell’industria ferrotranviaria (e dunque con le finalità di questa ricerca), che l’insieme di aziende dell’universo si caratterizza per una
27 Si
veda, RULLANI E., Flessibilità esterna, virtualità, imprenditorialità, interazione, in Atti del Convegno da Economia e Management, Etas Libri, Milano,
1995.
28 Sulle caratteristiche organizzative dell’impresa familiare vedi MINTZBERG
H., La progettazione dell’organizzazione aziendale, Il Mulino, Bologna, 1985.
Vedi anche PADRONI G., Le risorse umane nell’organizzazione e lo sviluppo della
“piccola e media impresa”, in AA.VV., L’eccellenza nella gestione delle risorse
umane, CEDAM, Padova, 1988.
54
Tav. 2.9 - Posizionamento delle aziende in relazione alla dimensione e al
grado di focalizzazione nel settore
eterogeneità relativa non solo al fatturato o al numero dei dipendenti, ma anche al grado di specializzazione nel settore ferrotranviario.
Incrociando l’indicatore del grado di focalizzazione delle
aziende, ossia il rapporto tra fatturato ferrotranviario e fatturato totale (vd. infra) con un indicatore della dimensione delle aziende
stesse (numero complessivo di dipendenti) 29 è stata costruita una
mappa di posizionamento (tavola 2.9) delle diverse aziende.
Il grado di focalizzazione non appare fortemente correlato con
la dimensione aziendale: sia nel segmento delle aziende focalizzate
nel ferrotranviario sia in quello delle aziende meno specializzate, il
comparto campano presenta operatori di svariate dimensioni, da
meno di dieci fino ad oltre 150 addetti. In ogni caso, ci si trova di
fronte ad un universo di aziende piccole e medie.
29 È
importante sottolineare che l’indicatore del grado di focalizzazione è
stato calcolato come media dei dati di fatturato ferrotranviario / fatturato totale degli anni 2001, 2002 e 2003; il numero dei dipendenti complessivi è invece riferito
all’anno 2003.
55
2.5.5 Addetti e composizione organico
La struttura occupazionale dell’universo delle aziende considerate nella ricerca è pari complessivamente a 1.810 addetti, di cui
l’80,3% sono operai, il 15,9% impiegati e il 4% dirigenti. Questi
dati e, soprattutto, la loro articolazione, si prestano ad una duplice
lettura: la prima nell’ambito dei singoli comparti produttivi, la seconda rispetto alla categoria.
A livello di sub-comparto, le aziende di costruzione e fornitura
“coprono”, in termini occupazionali, il 51,6% delle unità lavorative,
i riparatori il 36,9% e le aziende di armamento ferroviario l’11,6%.
Decisamente differente risulta l’articolazione di questi dati percentuali se si prendono in considerazione soltanto gli addetti focalizzati nel settore ferrotranviario: in questa prospettiva, le frazioni
di unità occupate dai riparatori (54%) sono significativamente superiori a quelle dei costruttori/fornitori e diventa sensibilmente più
consistente la percentuale di occupati nell’armamento (18,3%).
Ciò è determinato, evidentemente, dalla diversa incidenza degli addetti ferrotranviari nei tre subcomparti ferrotranviari.
Tav. 2.10 - Distribuzione degli addetti per comparto produttivo
Fornitori Riparatori Armamento
Addetti totali
Addetti ferrotranviari
Incidenza addetti ferrotranviari
Totale
51,6%
36,9%
11,5%
100%
27%
54%
19%
100%
30,53%
91%
100%
53,1%
L’incidenza media degli addetti ferrotranviari sugli addetti totali a livello settoriale si stima essere intorno al 53,1%; decisamente
sopra questa media è il dato relativo sia alle aziende di armamento
(100%), sia a quelle di riparazione (91%), per le quali è evidente il
più che significativo grado di focalizzazione nel settore. Al contrario, ben sotto la media è l’incidenza degli occupati “specifici” sugli occupati totali nelle aziende di costruzione/fornitura a matrice
meccanica ed elettrica (30,5%), a testimonianza del maggior grado
di diversificazione settoriale che caratterizza queste imprese (vedi
tavola 2.10).
56
Passando all’analisi relativa all’articolazione degli occupati per
categoria, va innanzitutto sottolineato che la ripartizione degli operai nei diversi comparti risulta essere sostanzialmente omogenea:
nel comparto meccanico/elettrico/elettronico della costruzione e
subfornitura la percentuale è del 77,7%, in quello della riparazione
dell’83,4%, mentre sale all’84,6% nell’armamento.
L’analisi della suddivisione degli impiegati, pur rilevando dati
sostanzialmente simili nei tre comparti, mette in evidenza una maggiore presenza di questa categoria nelle aziende di costruzione e di
subfornitura (18,2%), rispetto ai riparatori (12,7%) e alle aziende di
armamento dei binari (11,4%). Omogenee sono, infine, le percentuali relative al livello dirigenziale, che si assestano in tutti i segmenti attorno al 4% (vedi tabella 2.11).
Tav. 2.11 - Distribuzione addetti totale per categoria nei comparti produttivi
Fornitori
Riparatori
Armamento
Industria
ferrotranviaria
Dirigenti
4,1%
3,9%
4%
4%
Impiegati
18,2%
12,7%
11,4%
15,9%
Operai
77,7%
83,4%
84,6%
80,3%
Totale
100%
100%
100%
100%
L’ultima parte dell’analisi in essere è dedicata all’esame delle
classi dimensionali delle aziende del settore. Le imprese con un numero di dipendenti minore o uguale a 20 sono il 33%, di cui il 75%
appartengono al sub-comparto della fornitura/subfornitura di prodotti e/o servizi destinati ai produttori e/o agli operatori esercenti,
il 17% a quello della riparazione (il 5% circa del totale) e l’8% a
quello dell’armamento ferroviario. Le “micro-imprese”, ossia le
aziende con un numero di dipendenti minore o uguale a 10 costituiscono l’8% circa del totale delle aziende considerate e il 25%
delle aziende con meno di venti dipendenti.
Le maggior parte delle aziende considerate nella ricerca si concentra nella classe dimensionale intermedia (con un numero di dipendenti compreso tra 21 e 50 unità) che comprende il 44% circa
57
Tav. 2.12 - Dati di struttura: classe di dipendenti per numerosità aziende
suddivise per comparto
Dipendenti
Comparto
Fornitori
Riparatori
Armamento
Totale
≤ 20
25%
5%
3%
33%
21-50
30%
11%
3%
44%
> 50
11%
9%
3%
23%
Totale
66%
25%
9%
100%
delle aziende. Di queste, il 62% appartiene al comparto dei fornitori e subfornitori (il 27% circa del totale delle aziende considerate
nell’analisi), il 25% a quello dei riparatori (11% del totale) e il 13%
circa a quello dell’armamento ferroviario (3% del totale).
Infine, sono soltanto il 23% del totale le aziende con più di 50
dipendenti e l’11% quelle con un numero di addetti superiori a 100;
la metà di queste aziende sono fornitori di prodotti e/o servizi destinati ai produttori e/o agli operatori esercenti, il 37% sono aziende
di riparazione di materiale rotabile e il 13% si occupano di armamento ferroviario (3% del totale) (vedi tabella 2.12).
2.5.6 Il fatturato
L’analisi del fatturato estesa ad un arco temporale sufficientemente ampio (2001-2003) dà un ulteriore contributo alla valutazione dell’assetto strutturale dell’industria ferrotranviaria nella provincia di Napoli ed offre alcuni spunti di carattere congiunturale
L’arco temporale compreso tra il 2002 e il 2003 ha fatto registrare, nel complesso, un andamento positivo della produzione settoriale.
Il fatturato totale delle 46 aziende del settore (comprese le attività diversificate) si stima sia stato, in media, di circa 168 milioni
di euro negli ultimi tre esercizi. Durante questo periodo, il giro d’affari complessivo ha registrato un progressivo incremento pari
all’11,9% tra il 2001 e il 2002 e all’8% tra il 2002 e il 2003, con
un aumento complessivo tra il 2001 e il 2003 pari al 21,2%.
Il fatturato destinato, in particolare, al mercato ferrotranviario
58
(che mediamente nei tre anni considerati si è attestato intorno agli
84 milioni di euro) presenta un andamento ancora più brillante, con
tassi di crescita superiori rispetto al fatturato totale. Tra il 2001 e il
2002 ha fatto registrare un aumento del 16,9% e tra il 2002 e il 2003
del 17%, totalizzando una crescita complessiva tra il 2001 e il 2003
del 36,5%.
Il peso delle attività ferrotranviarie incide in termini di fatturato
intorno alla metà del totale; tuttavia, nei tre anni esaminati emerge
una tendenza espansiva, che, seppur lieve, può essere ritenuta indicativa di una fase positiva vissuta ultimamente dal comparto, anche
per la sua progressione non interrotta. Più precisamente, si passa da
una incidenza del 47,21% del 2001, al 49,15% del 2002 e al 53,1%
del 2003 (vedi tavola 2.13). L’andamento del tasso di incidenza dei
ricavi ferrotranviari testimonia il buon andamento del settore, tenuto conto del mercato e del periodo di riferimento, anche alla luce
dell’andamento del giro d’affari dei principali committenti delle
aziende campane non particolarmente brillante (v. infra).
Tav. 2.13 - Andamento del fatturato del settore (dati espressi in migliaia
di euro)
2001
2002
2003
Fatturato totale
151.220
169.484
183.368
Fatturato ferrotranviario
71.419
83.315
97.505
Incidenza fatturato
ferrotranviario (%)
47,2%
49,15%
53,1%
L’andamento del fatturato del complesso delle aziende del settore, nonché l’ammontare e l’evoluzione della sua quota “ferrotranviaria”, devono essere letti parallelamente all’articolazione di
questi dati nei singoli comparti produttivi; questa considerazione
appare tanto più vera se si tiene conto della forte eterogeneità delle
aziende relativa al grado di specializzazione nel settore (vedi supra).
La dinamica dei singoli comparti produttivi mostra andamenti
abbastanza differenti. In particolare, va evidenziato che il comparto
che ha fatto registrare il maggior incremento, sia in termini di fatturato che in relazione al fatturato specifico del settore, è quello
della riparazione, con aumenti percentuali tra il 2001 e il 2003, ri59
spettivamente, del 67% e del 64%, contro una media del settore del
20,2% e del 36,5%. Più contenuti, ma pur sempre positivi, gli incrementi dei due dati negli altri comparti con riferimento allo stesso
arco temporale: nell’armamento il fatturato totale e quello ferrotranviario sono cresciuti del 46% (ben al di sopra, dunque, della media del settore); mentre per quel che riguarda i costruttori/fornitori,
gli aumenti si sono collocati significativamente al di sotto della media del settore e precisamente intorno al 9,7% il primo e al 20% il
secondo.
Questo dettaglio dell’analisi consente di dedurre che, se è vero
che nel complesso il settore mostra evidenti e positivi segnali di crescita, questi non possono essere generalizzati, anzi suggeriscono la
conclusione che sono principalmente i comparti delle riparazioni (e
di fornitura alle attività di service svolte dai principali committenti
in misura crescente negli ultimi anni) piuttosto che quelle legate direttamente alla produzione di materiale rotabile a fare da traino al
settore: viceversa le attività industriali in senso stretto denotano minore vivacità e in alcuni casi una certa stasi.
Il tasso di incidenza media del fatturato ferrotranviario su
quello totale varia in maniera significativa nei diversi comparti:
Tav. 2.14 - Andamento del fatturato nel comparto della fornitura (dati
espressi in milioni di euro)
2001
2002
2003
Fatturato totale
113.305
121.000
124.470
Fatturato ferrotranviario
35.200
37.500
42.040
Incidenza fatturato ferrotranviario (%)
26,65%
31,13%
33,8%
Fatturato totale
22.665
31.615
37.000
Fatturato ferrotranviario
20.969
28.790
33.575
Incidenza fatturato ferrotranviario (%)
92,5%
91,06%
90,8%
Fornitori
Riparazione
Armamento
2001
2002
2003
Fatturato totale
15.250
16.860
21.900
Fatturato ferrotranviario
15.250
16.860
21.900
Incidenza fatturato ferrotranviario (%)
100%
100%
100%
60
mentre le aziende di armamento e di riparazione / manutenzione
sono infatti logicamente fortemente specializzate (il tasso in questione è, rispettivamente, il 100% e il 91%), le aziende di costruzione e fornitura sono caratterizzate da una spiccata diversificazione settoriale e il grado di focalizzazione nell’industria ferrotranviaria si colloca solo intorno al 30,6%.
L’andamento del dato assoluto delle vendite del settore, se confrontato con la dimensione dell’occupazione, offre utili spunti di riflessione in ordine al tema della produttività delle aziende oggetto
di rilevazione; il rapporto fatturato / addetti è, infatti, un immediato
indicatore (inverso) del peso della risorsa umana nella struttura dei
processi tipici di produzione dei vari comparti e nell’ambito delle
diverse classi dimensionali e può rappresentare (se disaggregato per
singola azienda) un’utile informazione in chiave di competitività
delle imprese.
In media, il dato di fatturato per addetto risulta, nel 2003, pari
a circa 101.000 euro, valore pari a circa la metà di quello registrato
in media presso il campione Databank di 27 imprese nazionali
(204.000 euro al 2002), e comprensivo però dei maggiori produttori
e sistemisti.
Tav. 2.15 - Fatturato per addetto nei diversi comparti (dati espressi in
euro riferiti al 2003)
Comparto
Fatturato/addetto
Media settore
Fornitori
Riparatori
Armamento
102.000
68.500
110.000
101.000
Questo risultato si presenta decisamente disomogeneo nei tre
comparti produttivi: dai 68.500 euro per addetto nelle riparazioni si
passa ai 102.000 euro nella fornitura ai 110.000 nell’armamento.
Tali divari, pur dipendendo da numerosi elementi, indicano un diverso “valore” intrinseco dei prodotti realizzati nei tre comparti
(vedi tavola 2.15) ed un diverso peso della componente lavoro nei
processi produttivi del settore. Un’osservazione particolare va fatta
riguardo al comparto dell’armamento di linee ferroviarie: il dato di
fatturato per addetto tanto elevato va letto anche tenendo conto che
61
Tav. 2.16 - Fatturato per addetto per classe di dipendenti (dati espressi in
euro riferiti al 2003)
Classe di dipendenti
Fatturato/addetto
Media settore
≤ 20
21-50
> 50
101.600
117.400
59.000
101.100
le imprese del comparto, in linea con la loro matrice “edile”, spesso
fanno ricorso a rapporti sub-contrattuali, che pertanto non si riflettono direttamente sul numero di dipendenti diretti, gonfiando in
qualche misura il rapporto fatturato/addetti.
Altro spunto interessante offerto da questo tipo di analisi è la
verifica del livello di produttività relativo alle tre classi dimensionali in cui sono state distinte le aziende: il dato che si rileva con
maggiore evidenza è la differenza significativa tra le aziende con un
numero di addetti inferiori a 20 unità o tra 21 e 50 unità e le aziende
di dimensioni maggiori (con più di 50 addetti), dove la minore produttività espressa da un rapporto fatturato/addetti di 59.000 euro,
indica livelli di efficienza decisamente inferiori (vedi tabella 2.16).
2.5.7 La capacità produttiva
Il tasso di utilizzo medio della capacità produttiva delle imprese oggetto dell’analisi si aggira intorno al 77%. Si evidenzia una
forte omogeneità di questo dato percentuale in riferimento sia al
complesso delle imprese sia alle diverse classi dimensionali che caratterizzano questa analisi, sia in relazione alle caratteristiche della
tecnologia prevalentemente utilizzata (meccanica o elettrica/elettronica). Soltanto nel 5% dei casi il tasso di utilizzo medio della capacità produttiva è inferiore al 30%: si tratta di imprese in fase di
start-up oppure in fase di ristrutturazione produttiva, riprogettazione organizzativa o ampliamento.
Un altro dato che può offrire indicazioni nel merito è la percentuale di utilizzazione dell’area produttiva dello stabilimento
principale: secondo quanto dichiarato dalle aziende, il tasso medio
di utilizzo di tale area è di circa l’80%, stima che risulta in linea con
quella relativa alla capacità produttiva effettivamente utilizzata.
62
2.5.8 Analisi economico-finanziaria
L’analisi degli indicatori economici e finanziari del settore offre ulteriori contributi e spunti di riflessioni sia sugli aspetti di tipo
strutturale che caratterizzano le imprese interessate, sia sui fenomeni più propriamente congiunturali e sulle relative ripercussioni in
termini di performance aziendali.
Appare quasi superfluo sottolineare come, nel complesso, gli
indicatori di struttura e di performance economica siano influenzati
non solo dalle politiche e dalle strategie delle imprese ma anche
dall’andamento del business system di riferimento e più in generale
dal ciclo economico.
L’analisi dei dati di bilancio della presente indagine si riferisce
ad un campione di 22 imprese delle 46 che sono oggetto della ricerca. Il campione è stato disaggregato (per dimensione e per comparto produttivo) per offrire ulteriori elementi di interpretazione dei
dati.
In relazione alle finalità appena chiarite, sono stati considerati
alcuni indicatori: il costo del lavoro rapportato al numero di addetti
e al valore della produzione, il tasso di incidenza del risultato operativo sul fatturato, gli investimenti complessivi realizzati dall’azienda
per addetto 30 (l’analisi del fatturato per addetto condotta nelle pagine precedenti deve essere letta parallelamente alla presente). Di
questi dati viene presentata un’analisi puntuale, “fissata” al 2002.
Sono stati considerati, inoltre, alcuni indicatori classici di redditività: l’indice di redditività del capitale proprio (ROE - Return
On Equity), capace di sintetizzare la situazione patrimoniale dell’impresa 31 e l’indice di redditività del capitale investito (ROI - Return On Investment).
30 Gli investimenti complessivi realizzati dall’azienda sono calcolati come
somma del capitale fisso (immobilizzazioni materiali e immateriali) con il capitale
circolante (rimanenze più crediti commerciali meno debiti commerciali).
31 Il ROE è il rapporto tra utile netto d’esercizio e il patrimonio netto. Esso
esprime la capacità dell’impresa di remunerare il capitale di rischio investito nell’impresa dal proprietario e dagli altri azionisti o, più in generale la capacità dell’impresa di coprire i costi e di conseguire un utile. Questo indice è influenzato da
tre elementi: la redditività della gestione operativa (ROI), il grado di indebitamento
e l’incidenza della gestione non caratteristica.
63
Infine, si considerano due indicatori relativi alla struttura dello
stato patrimoniale delle imprese: l’indice di copertura delle immobilizzazioni 32 e l’indice di indipendenza finanziaria 33.
Per questi indici si è condotta un’indagine di tipo dinamico, riferita agli anni 2001 e 2002.
Tav. 2.17 - Indici di struttura e performance aziendale al 2002 riferiti al
settore e ai singoli comparti (dati espressi euro)
Comparto
Indici
Fornitori
Riparatori
Media settore
Armamento
Fatturato/addetto
110.000
45.000
84.000
101.000
Investimenti/addetto
50.000
52.000
53.000
51.000
Costo del lavoro / Addetti
22.000
19.000
21.500
21.100
Costo del lavoro /
Valore produz. (%)
32%
35,5%
33%
33%
Risultato operativo /
Valore produz. (%)
21,4%
23,3%
5%
18,4%
L’incidenza del costo del lavoro sul valore della produzione si
presenta sostanzialmente omogenea all’interno del settore. Rispetto
alla media del 33%, sia la disaggregazione per comparto, sia quella
Tav. 2.18 - Indici di struttura e performance aziendale al 2002 riferiti al
settore e alle diverse classi dimensionali (dati espressi in euro)
Classi dimensionali
Indici
Media settore
≤ 20
21-50
Fatturato/addetto
101.600
117.400
59.000
101.000
Investimenti/addetto
51.000
48.000
54.000
51.000
Costo del lavoro / Addetti
> 50
18.000
21.000
24.500
21.100
Costo del lavoro /
Valore produz. (%)
28%
32%
34%
33%
Risultato operativo /
Valore produz. (%)
14%
24%
9%
18,4%
32 L’indice
di copertura delle immobilizzazioni è il rapporto tra la somma dei
debiti a medio lungo termine e il patrimonio netto con le immobilizzazioni nette.
33 L’indice di indipendenza finanziaria è il rapporto tra il patrimonio netto e
il totale attivo.
64
per classe dimensionale mostrano oscillazioni piuttosto contenute:
uno scarto più marcato (5 punti in meno) viene evidenziato dal
gruppo delle imprese con meno di 20 addetti e l’andamento appare
crescente all’aumentare delle dimensioni dell’impresa. Ciò sottolinea l’ancor elevato contenuto di manualità delle imprese minori e
per converso il maggior peso dei costi esterni (materiali, servizi) a
carico delle organizzazioni di più grande dimensione.
Il costo del lavoro per addetto è, al contrario, crescente con
l’aumentare della dimensione aziendale, rispettando una tendenza
tipica della realtà industriale. Le principali motivazioni di tali disomogeneità sono da ascriversi principalmente alla presenza di maggiori quote di personale più qualificato, sia a livello operaio, sia (in
misura minore) a livello intermedio e dirigenziale nelle strutture più
grandi. Ciò porta ad un dato non trascurabile del valore medio del
costo per addetto nelle imprese con meno di 20 dipendent,i di un
quarto inferiore a quello delle aziende con oltre 50 addetti.
A livello di comparto, viceversa, non si rilevano disomogeneità
sistematiche di rilievo: un costo del lavoro per addetto leggermente
più basso (-10% rispetto alla media) si registra nel comparto dei riparatori, dove il livello relativo di qualificazione del personale è generalmente più modesto rispetto ai costruttori.
La quota di investimento per addetto è, in media nel settore, di
51.000 euro; non si rilevano sensibili disomogeneità di questo dato
sia avendo a riferimento la classe dimensionale sia il comparto produttivo; pur tuttavia si deve sottolineare che detto rapporto risulta
più elevato di circa il 5% nelle imprese con più di 50 dipendenti,
evidenziando una minore efficienza del capitale investito in questa
classe di aziende.
Variazioni sensibili si registrano nella distribuzione del risultato operativo rispetto al valore della produzione: a fronte di una
media del 18,4%, una performance migliore viene fatta registrare
dal comparto dei riparatori (23,3%) e della classe dimensionale intermedia (21-50 addetti).
Risultati fortemente penalizzanti sono invece quelli delle im65
prese di armamento, che non riescono a superare il 5% del margine
di profitto operativo sul valore della produzione; dal punto di vista
dimensionale, le imprese con oltre 50 addetti denunciano un valore
medio pari a circa la metà di quello del settore.
Gli indici di redditività considerati nell’analisi sono il ROI e il
ROE. Il ROI, dato dal rapporto tra il reddito operativo e il capitale
investito netto, ha un andamento piuttosto stabile nel periodo di riferimento e si attesta su valori ampiamente superiori al costo del denaro (9,5% nel 2001 e 9,3% nel 2003). Non si rilevano disomogeneità sistematiche di rilievo di quest’indice né a livello di comparto
né in riferimento alla classe dimensionale.
Tav. 2.19 - Indici di struttura e performance aziendale riferiti all’intero
settore: anni 2001-2002 (%)
Indici
2001
2002
ROI
Totale aziende
Fornitura
Riparazione
Armamento
9,5%
9,7%
8,6%
3,2%
9,3%
9,5%
8,5%
3,1%
ROE
Totale aziende
Fornitura
Riparazione
Armamento
16,3%
18,6%
12,5%
4,1%
4,6%
3,8%
7,8%
13,6%
Indice di copertura delle immobilizzazioni
Totale aziende
Fornitura
Riparazione
Armamento
4,4
4
4,5
10,9
Indice di indipendenza finanziaria
Totale aziende
Fornitura
Riparazione
Armamento
31,9%
33%
26,5%
2%
66
2,9
2,5
2,9
5,5
36,1%
38,1%
34,3%
3%
Tra il 2001 e il 2002 il ROE, l’indice di redditività del capitale
proprio dato dal rapporto tra utile netto e capitale proprio, ha registrato una decisa riduzione, passando da 16,3% al 4,6%; anche il
valore del 2002 risulta tuttavia soddisfacente essendo superiore al
tasso di interesse riconosciuto in investimenti privi di rischio. In
controtendenza rispetto al settore, l’andamento dell’indice nel comparto dell’armamento registra un incremento di circa il 9,5% tra il
2001 e il 2002.
L’indice di copertura delle immobilizzazioni raffronta il capitale permanente (mezzi propri e mezzi di terzi a medio e lungo termine) con le immobilizzazioni tecniche e finanziarie. Esprime dunque la capacità dei capitali apportati dai soci o dai terzi creditori di
coprire le necessità di investimenti in immobilizzazioni. Esso si presenta decisamente positivo per il complesso delle aziende del settore (l’indice è positivo quando è superiore all’unità) pur riducendosi significativamente nei due esercizi considerati (si passa da 4,4
nel 2001 a 2,9 del 2002).
L’incidenza di indipendenza finanziaria, dato dal rapporto tra il
patrimonio netto e il totale attivo, stabilisce il grado di capitalizzazione aziendale, cioè la capacita dell’azienda di finanziarsi maggiormente con capitale di rischio. La costruzione di questo indice a
livello aggregato per le aziende del settore, mostra un dato positivo
in riferimento alla solidità e all’equilibrio patrimoniale, attestandosi
al 31,9% nel 2001e al 36,1% nel 2002 (in condizioni di normalità
tale indice deve essere compreso tra il 30% e il 66%).
67
3.
Le capacità e le competenze per competere
3.1 Gli assetti strategico-organizzativi. Un quadro di sintesi
Nel settore considerato, pur a fronte di una certa numerosità
delle entità industriali presenti, sono rinvenibili i sintomi di un sostanziale isomorfismo organizzativo negli assetti e nei meccanismi
di relazione utilizzati dalle aziende. La “somiglianza“ strategico-organizzativa è sicuramente imputabile ad una serie di elementi:
– la dimensione delle aziende, che nella maggior parte dei casi
è piccola;
– la sovrapposizione istituzionale tra proprietà e management
nella quasi totalità dei casi;
– la tipologia tecnologico-produttiva utilizzata;
– la presenza su uno stesso territorio e la logica distrettuale
che caratterizza il settore;
– le caratteristiche della domanda finale (forte concentrazione,
pochi grandi clienti uguali per tutti).
Si rileva, infatti, una struttura organizzativa elementare con un
basso – e in alcuni casi nullo – grado di articolazione organizzativa
sia nella dimensione verticale sia in quella orizzontale. La bassa
complessità organizzativa si evidenzia nella dimensione verticale
con un limitato decentramento decisionale, con strutture molto
piatte che spesso vedono partecipare alla vita organizzativa – quasi
sempre nelle politiche commerciali, ma spesso anche nelle fasi di
progettazione e nella produzione – l’imprenditore in prima persona,
con le evidenti conseguenze di compressione e spesso deviazione
del ruolo originario proprio.
69
Nei casi di maggiore complessità si nota la presenza di una
struttura funzionale con una marcata separazione della funzione di
produzione dalle altrefunzioni, accentrate solitamente nella direzione
generale (es. commerciale-marketing) o assenti (es. R&S). Limitato
è il grado di formalizzazione delle procedure, che è presente principalmente nelle fasi di produzione e risponde solitamente a logiche “formali”, derivanti dalle esigenze di certificazione di qualità.
Limitato è anche il ricorso ad organi di integrazione: unica eccezione è rappresentata dalla presenza di manager integratori di
processo e di prodotto collegati, nella maggior parte dei casi, al monitoraggio delle commesse.
I rapporti con le risorse umane sono gestiti con una logica amministrativa e poco orientata in senso strategico è la leva della formazione.
Un’altra delle caratteristiche comuni al settore è quella della
forte partecipazione di membri della famiglia alla vita organizzativa
delle aziende: nel 60% dei casi, infatti, nelle realtà esaminate lavoTav. 3.1 - Origini imprenditoriali del socio fondatore
Il socio fondatore:
è un ex dipendente di un’impresa dello stesso settore
34,3%
ha rilevato un’attività gestita da altri membri della famiglia (es. padre)
22,9%
ha rilevato un’impresa già costituita
14,3%
ha ottenuto un finanziamento per l’avvio dell’iniziativa imprenditoriale
8,6%
era/è attivo con un’altra impresa in un altro settore (diversificazione)
5,7%
è un ex dipendente di un’impresa di altro settore
altro
2,9%
11,4%
rano anche familiari dell’imprenditore. Anche l’origine imprenditoriale testimonia l’importanza dei legami familiari: il 23% circa degli imprenditori del settore ha rilevato l’attività attraverso un processo di successione imprenditoriale nella proprietà.
Sempre sull’origine imprenditoriale, è interessante notare
come ben il 37% dell’universo sia composto da aziende nate da processi di spin off operati da dipendenti di imprese delle stesso settore
(34,3%) o di altro settore (2,9%). Il 14,3% degli imprenditori ha,
70
invece, rilevato un’impresa già costituita, mentre il 5,7% era già attivo nello stesso settore con un’altra impresa.
3.2 Le capacità e le competenze per l’innovazione e la R&S
Il segmento industriale ferrotranviario campano è rappresentato quasi totalmente da imprese che sono prevalentemente in rapporto con gli operatori industriali leader (dei quali sono fornitori a
vario titolo) e poco con il mercato finale degli acquirenti di prodotti
ferrotranviari.
La presenza di questo “filtro” quasi istituzionale non è irrilevante nella spiegazione di molti aspetti riguardanti sia la struttura
imprenditoriale sia le caratteristiche organizzative sia, infine, i
comportamenti competitivi delle imprese stesse.
È indubbio, infatti, che ci si trova di fronte ad una realtà industriale fortemente condizionata da scelte e dinamiche competitive
non direttamente controllabili in prima persona dalle aziende nei
loro aspetti più critici, ma che viceversa si maturano e si concretizzano su scenari di business “lontani” (sia geograficamente, ma principalmente dal punto di vista decisionale) da quelli dei manager locali impegnati prevalentemente nella gestione operativa dei rapporti
di fornitura.
Va inoltre rilevato (come più avanti approfondito in dettaglio)
che il raggio di visuale che tali imprese hanno è ulteriormente ridotto dal fatto che, data la loro modesta dimensione, i rapporti col
settore sono mediati da un numero molto esiguo di interlocutori
(imprese clienti) posti al livello superiore della filiera (non sono pochi i casi di imprese monoclienti).
Tutto ciò si riflette evidentemente sulla capacità di lettura delle
esigenze di innovazione e di sviluppo che queste imprese generalmente mostrano di avere, e soprattutto sulla qualità e frequenza di
iniziative concrete in questo senso, perché, per così dire, manca un
nodo essenziale nel percorso strategico dell’innovazione, che è appunto la percezione e la valutazione diretta, analitica e sistematica
delle esigenze e delle opportunità che il mercato continuamente
presenta.
La rilevazione effettuata presso il campione di aziende cam71
pane concorre a confermare tale ipotesi e ad aprire comunque una
riflessione sul tema delle modalità di innesto di percorsi innovativi
e di sviluppo in questo contesto industriale di rilievo per l’economia regionale.
Una prima considerazione sulle politiche di innovazione e di ricerca e sviluppo operate all’interno del settore è da farsi sull’importanza attribuita dagli intervistati a tale leva all’interno del comparto
di riferimento. La totalità degli intervistati ha attribuito un’importanza superiore alla media della scala di valutazione (scala da 1 a 6)
e ben il 74% riconosce un’elevata importanza all’innovazione: in
media il punteggio attribuito a questo tema è stato di 5,6 su 6.
Nonostante questa impostazione di fondo, se si guardano i dati
di dettaglio la realtà contraddice parzialmente le opinioni degli intervistati. Ciò a testimoniare una comune difficoltà delle aziende
del settore a operare sistematici investimenti per l’innovazione e la
ricerca. Si rileva, di fatto, una non trascurabile carenza su diversi livelli del rapporto con il tema dell’innovazione:
– uno, più immediato, è quello della valutazione oggettiva degli sforzi effettuati anche sul piano economico-finanziario;
– uno, indiretto, è sul significato di innovazione attribuito dai
soggetti intervistati;
– uno, infine, è sulla identificazione di contenuti e percorsi
strategici e modalità da dare a tali orientamenti.
Il 20% delle imprese non ha operato investimenti in innovazione e R&S negli ultimi 3 anni. In generale, l’incidenza media degli investimenti in innovazione effettuati a livello di settore è pari al
10% circa del fatturato; il dato ad una prima lettura appare molto
elevato, con una percentuale simile a quella di realtà industriali di
grandi dimensioni. Da una lettura qualitativa del tipo di investimenti effettuati emerge, invece, che nella stragrande maggioranza
dei casi si tratta di investimenti per acquisto di nuovi macchinari e/o
attrezzature e nell’acquisto di immobili.
Ciò induce a riflettere, non senza qualche allarme, sullo stesso
significato del concetto di “innovazione”: la sostituzione di un macchinario o l’ampliamento di una parte dello stabilimento non sembrano, infatti, costituire di per sé frutti di innovazione tecnologica
72
(di prodotto o di processo), a meno di non presentare al proprio interno anche specifici contenuti.
Circa in un caso su due le aziende hanno usufruito di finanziamenti e/o agevolazioni pubbliche per operare tali ammodernamenti. Lo strumento più utilizzato è stato quello legato alla L.
488/92; anche questo elemento non appare significativo, in quanto
il provvedimento citato è alquanto generale, con richiami piuttosto
labili all’obiettivo dell’innovazione.
Un ulteriore indicatore della scarsa dimestichezza con processi
complessi di innovazione è anche la quasi totale assenza di brevetti
posseduti, come limitati sono gli accordi di licensing: le aziende che
hanno brevetti o licenze corrispondono all’11,5% del totale.
Per quanto concerne le risorse umane, è stata effettuata la rilevazione del personale specificamente impiegato nella ricerca e sviluppo. L’esito è alquanto deludente, dal momento che soltanto in
due casi si registra la presenza di addetti dedicati esclusivamente ad
attività di ricerca e sviluppo e solo una delle due aziende è focalizzata al 100% nel settore.
Un certo fermento si comincia ad intravedere sul piano degli stimoli suscitati dall’esterno sui percorsi innovativi delle aziende ferrotranviarie campane. Un buon numero di imprese (circa il 35%) dichiara, infatti, di intrattenere rapporti di collaborazione con soggetti
terzi a tale scopo: nella quasi totalità dei casi si tratta di collaborazioni
con le università locali, in qualche caso con centri di ricerca privati
e molto raramente con altri soggetti, come ad esempio il CNR.
Andando, infine, a guardare le aree in cui si concentrano le politiche di innovazione e di ricerca e sviluppo si nota una focalizzazione dell’attenzione sulle tematiche dell’innovazione di processo
legata soprattutto al recupero di efficienza dei processi produttivi
(comunque consolidati) e alla possibilità di compressione dei costi.
Meno diffusa appare la consapevolezza della centralità dei temi
della qualità e della capacità di upgrading tecnologico, così come
assenti risultano esperienze relative a nuovi prodotti o nuovi materiali, nonostante il 42% degli intervistati abbia dichiarato di effettuare ricerche su nuovi prodotti e il 13% su nuovi materiali.
Un’ultima considerazione può essere fatta in merito alla diffusione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (tavola 3.3). È consolidato nel settore l’utilizzo della posta elettronica
73
Tav. 3.2 - Le aree di focalizzazione dell’innovazione
Ricerca di nuovi materiali
13%
Ricerche sull’innovazione dei processi
90%
Ricerche sull’innovazione delle componenti
Valutazione delle innovazioni prodotte da altre aziende
Ricerche di nuovi prodotti
Altra tipologia di innovazione
31,5%
6%
42%
3%
come mezzo di comunicazione e ben un’azienda su due dispone di
un sito internet, anche se spesso con una o poche pagine web. Internet è utilizzato principalmente per la ricerca di fornitori (65% dei
casi), ma anche per effettuare ricerche di mercato (48%). Solo il 5%
delle aziende dispone di una rete intranet o extranet: ciò appare giustificabile soprattutto in merito alla dimensione limitata delle
aziende coinvolte nella ricerca. Diffusa è, infine la presenza di sistemi di ausilio computerizzato alla progettazione e alla produzione
quali l’Autocad (43%) e il Cam (37%).
Tav. 3.3 - Tecnologie dell’informazione e programmi software utilizzati
dalle aziende
Posta elettronica
100%
Sito web aziendale
51%
Ricerca di fornitori in internet
65%
Ricerche di mercato in internet
48%
Intranet aziendale
5%
Extranet fornitori
5%
Extranet clienti
5%
AUTOCAD
43%
CAM
37%
3.2.1 La certificazione di qualità
Significativa è l’attenzione prestata dalle aziende alla certificazione di qualità. L’86% delle aziende è, infatti, dotata di certificazione e nei comparti dell’armamento e della riparazione si arriva
74
Tav. 3.4 - Le certificazioni di qualità nei diversi comparti produttivi
Fornitori Riparatori Armamento
Certificazioni di qualità
Settore
78,3%
100%
100%
86%
ISO 9001
73%
88%
100%
79%
ISO 9002
9%
22,2%
33%
11%
ISO 14001
9%
22,2%
0%
11%
al 100%. La diffusione della certificazione è ascrivibile principalmente all’importanza da essa rivestita per i clienti finali, oltre che
alla sensibilità delle singole aziende.
La certificazione più diffusa è la ISO 9001, posseduta da tutte
le aziende certificate. Più rara sono la ISO 9002 presente in 4
aziende e la 14001 presente in altre 4 aziende. Otto sono, invece, le
aziende che possiedono più di una certificazione.
3.2.2 Le risorse umane
Una prima considerazione in merito alle capacità e competenze
presenti nel settore nel campo dell’innovazione e della ricerca e sviluppo è da farsi in merito alla composizione qualitativa degli organici aziendali in generale e nei diversi comparti. A livello complessivo il settore si caratterizza per la forte prevalenza del numero degli operai, pari all’80,3%. Simile è la ripartizione nei diversi
comparti: nel comparto meccanico/elettrico/elettronico della costruzione e subfornitura la percentuale è del 77,7%, in quello della
riparazione dell’83,4%, mentre sale all’84,6% nell’armamento.
Leggermente diversa è l’articolazione degli impiegati: si assiste, infatti, a una maggiore presenza di questa categoria nel comparto
della costruzione e della subfornitura (18,2%), rispetto alla media
generale pari al 15,9%.
Ciò testimonia la maggiore articolazione organizzativa, verticale ma anche orizzontale, delle aziende di questo comparto: anche
se non vi è una rilevante complessità organizzativa è comunque superiore rispetto alle strutture piatte che caratterizzano gli altri comparti.
Simili sono, infine, le percentuali sul livello dirigenziale, che
si assestano in tutti i segmenti attorno al 4%.
75
Differenze più marcate si notano, invece, analizzando i dati riguardanti il livello formativo degli addetti del settore.
Complessivamente gli occupati sono per il 4,4% laureati, per il
39% diplomati, mentre il 56,6% ha terminato esclusivamente la
scuola dell’obbligo. Se le percentuali riguardanti i laureati nei diversi comparti sono abbastanza simili, notevoli differenze si riscontrano per i diplomati e per coloro che hanno un minimo bagaglio formativo istituzionale. La percentuale dei diplomati è molto
forte nel comparto dell’armamento ferroviario (73%), mentre è in
media in quello della subfornitura (40%) e scende notevolmente
nella riparazione (20%). È proprio in quest’ultimo comparto, infatti, che si registra il più alto numero di addetti in possesso solo
dell’obbligo formativo con una percentuale del 75%. Molto rari
sono, infine, gli addetti che hanno nel loro bagaglio formativo istituzionale un titolo di studio superiore alla laurea come il dottorato
o la partecipazione a master. Per lo più tali eccezioni sono rinvenibili in poche aziende specializzate nella progettazione e che non
sono focalizzate nel ferrotranviario: ad esempio la Aerosoft che ha,
tra l’altro, la quasi totalità degli addetti in possesso di un diploma
di laurea.
Per quanto riguarda la formazione operata all’interno delle
aziende, ben il 73% degli intervistati ha dichiarato di avere svolto
negli ultimi 3 anni corsi di formazione.
Tav. 3.5 - Livello formativo degli addetti del settore
Fornitori Riparatori Armamento
Settore
Scuola dell’obbligo
55%
75%
23%
56,6%
Diplomati
40%
20%
73%
39%
Laureati
5%
5%
4%
4,4%
È molto frequente l’addestramento on the job, mentre raramente sono stati rilevati corsi di formazione specialistici. I casi di
formazione mirata specialistica riguardano principalmente l’utilizzo di pacchetti software (specialmente tecnologie CAD e CAM).
In molti casi si registrano corsi di formazione legati a obblighi
normativi sulla legge 626/96 sulla sicurezza sul posto di lavoro.
76
3.3 Le capacità e le competenze commerciali e di marketing
L’organizzazione della funzione commerciale rispecchia le caratteristiche dell’assetto societario e organizzativo prevalente nel
settore, e allo stesso tempo i caratteri quantitativi e qualitativi del
loro portafoglio clienti e del loro approccio al mercato
La struttura piatta e poco sviluppata sia in senso orizzontale
che nell’articolazione verticale, accompagnata da una costante presenza gestionale, nella stragrande maggioranza dei casi, dell’imprenditore si rispecchia anche in una organizzazione della funzione
commerciale poco sviluppata. Nel 74% dei casi viene, infatti, curata direttamente dalla proprietà con contatti e rapporti diretti con i
clienti. Pochi (17,1%) sono i casi di aziende che hanno una maggiore articolazione della funzione; tale assetto che vede un ufficio
alle dirette dipendenze della direzione generale è rinvenibile nelle
aziende di dimensioni maggiori e/o in quelle che hanno una maggiore propensione alla presenza anche in mercati extra-regionali e
internazionali. Limitato è, infine, il ricorso ad agenti che si riscontra solo nell’8,6% delle aziende.
Tav. 3.6 - L’organizzazione della funzione commerciale
%
È curata direttamente dall’imprenditore/proprietà
74,3%
Ufficio alle dirette dipendenze della DG o dell’amministratore
17,1%
È delegata ad agenti
8,6%
È svolta dall’azienda capogruppo
0
È svolta dalla struttura consortile
0
È delegata a un consulente
0
La funzione commerciale occupa il 5,1% del totale degli addetti del settore. Tale percentuale comprende, però anche la presenza nella funzione degli imprenditori, che non figurano nel numero complessivo degli addetti. La limitata strutturazione della funzione commerciale si evince anche andando ad esaminare il numero
degli addetti che stabilmente si occupano delle attività ad essa collegata. Solo nel 5,7% dei casi la funzione occupa più di tre addetti,
77
Tav. 3.7 - Gli addetti della funzione commerciale
%
Un solo addetto
31,4%
Due addetti
42,9%
Tre addetti
20,0%
Più di tre addetti
5,7%
ma in nessuna azienda sono più di cinque. Nel 31,4% dei casi viene
curata dal solo imprenditore, che nel 42,9% delle aziende viene affiancato da un assistente.
Per quanto riguarda, invece, gli strumenti della leva commerciale e del marketing, in particolare, si nota un utilizzo principale
della sponsorizzazione e della partecipazione a fiere e convegni per
promuovere l’azienda e i prodotti/servizi ed anche generiche attività
di pubbliche relazioni. Anche in questo caso solo nelle aziende di
maggiori dimensioni è presente il ricorso a forme più dirette come
la pubblicità. Ben il 42% delle aziende intervistate ha dichiarato di
non ricorrere a nessuna attività promozionale.
Tav. 3.8 - Attività promozionali svolte dalle aziende
Pubblicità
8,5%
Sponsorizzazioni
22%
Pubbliche relazioni
40%
Partecipazioni a fiere convegni
31%
Altra forma promozionale
Nessuna attività promozionale
5%
42%
Le peculiarità del settore ferrotranviario si rispecchiano anche
nell’organizzazione del coordinamento operativo tra la gestione dei
rapporti con la clientela e l’assetto della funzione di produzione: nel
57% dei casi è, infatti, presente un responsabile di commessa, mentre il 25,7% delle aziende ha un responsabile di cliente o prodotto.
Solo il restante 17,3% delle aziende non ha previsto nel suo assetto organizzativo alcuna figura professionale di integrazione per
prodotto, cliente o commessa.
78
3.4 Le relazioni interorganizzative
All’interno del settore industriale ferrotranviario possono essere individuati diverse tipologie e livelli di relazioni tra gli attori
del sistema.
Tali tipologie possono distinguersi, ad esempio, in:
– relazioni contrattuali di fornitura (sub-fornitori-fornitoriesercenti committenti);
– relazioni contrattuali di collaborazione non di fornitura
(forme consortili di supporto a programmi di sviluppo);
– relazioni di collaborazione contrattuale di fornitura (ATI);
– relazioni non contrattuali (informali) di collaborazione (tra
imprese o tra esercenti ed imprese o tra imprese, esercenti ed
attori pubblici);
– relazioni interorganizzative di gruppo (reti burocratiche
forti).
Nella realtà locale napoletana queste forme di relazione sono
presenti un po’ tutte, anche se con forti divari di intensità, solidità
e continuità nel tempo.
Va in primo luogo evidenziato che il polo ferroviario napoletano risente fortemente della presenza del leader nazionale industriale, il quale a sua volta rappresenta l’attualizzazione di un consolidato tessuto produttivo ferrotranviario che ha avuto nella regione Campania una sede di sviluppo di grande rilievo fin dalla fine
dell’800 e via via nel corso di tutto il secolo passato.
Oggi l’assetto interorganizzativo dell’industria ferrotranviaria
della provincia di Napoli si caratterizza per la presenza di un’organization set 34, un insieme di organizzazioni collegate con un’organizzazione focale; quest’ultima assume un ruolo di guida 35 nel set34 L’Organization
set è definito dall’insieme (set) dall’insieme di tutti gli attori che hanno relazioni di scambio di risorse con una organizzazione focale collocata in una posizione centrale. L’organizzazione focale si riconosce perché è caratterizzata da un’elevata centralità di grado, un elevato indice di interposizione e
da un elevato grado di prossimità o vicinanza. Si veda MERCURIO R. e TESTA F.
(2000), op. cit. Vedi anche EVAN W.M. (1966), op. cit.
35 Si veda Lorenzoni G. (a cura di), Accordi, reti e vantaggio competitivo,
ETAS, Milano, 1992.
79
tore ed è caratterizzata un elevati indici di interposizione e di centralità 36.
L’organizzazione focale è rappresentata da AnsaldoBreda che
gioca questo ruolo traente 37 in maniera principalmente indiretta, attraverso acquisizioni di commesse in sub-fornitura.
La politica degli acquisti di AnsaldoBreda coinvolge, infatti, il
71% delle aziende del settore e la quasi totalità di quelle del comparto della componentistica meccanica e elettrica/elettronica. In
particolare, AnsaldoBreda acquista lavorazioni (ad es. costruzione
di casse per locomotive, di strutture e carrelli, di apparecchiature
elettriche ed elettroniche, lavorazioni di leghe leggere e pesanti) e
componenti (ad esempio porte, impianti di condizionamento, sedili,
convertitori, parti di arredamento).
Tale tipologia di relazione è caratterizzata da una considerevole
stabilità temporale (molti rapporti di sub-fornitura sono ormai in essere da diversi anni) e soprattutto in alcuni casi, a testimoniare l’importanza della relazione, AnsaldoBreda rappresenta l’unico cliente.
L’unico caso di una relazione più strutturata con l’organizzazione focale è rappresentato da un’associazione temporanea di imprese stipulata da AVIS, finalizzata all’acquisizione nuove commesse.
Altra forma significativa di strumento interorganizzativo è costituita dal consorzio, che lega in maniera formale e secondo regole
di comportamento esplicite due o più soggetti. Tale forma relazionale è altresì fondata su prospettive di durata temporale lunga, e testimonia ulteriormente la volontà dei partecipanti di strutturare stabilmente un tessuto di relazioni solido.
Un recente esempio di tale più articolata e strutturata azione di
networking 38 è rappresentato dalla costituzione di Campaniaferr.
36 Si veda in particolare JARRILLO J.C., “On Strategic Network”, Strategic
Management Journal, vol. 9, pp. 31-41, 1988.
37 Si veda MERCURIO R. (1983), op. cit.
38 Per network si intende una rete di aziende legate tra di loro da particolari
relazioni di interdipendenza e da particolari meccanismi di coordinamento. Rispetto a questa definizione è opportuno distinguere due dimensioni di analisi: la
prima è quella dell’assetto strutturale con cui si intende il sistema composto dagli
80
Campaniaferr è un consorzio, nato principalmente con l’obiettivo
della realizzazione di un contratto di programma finalizzato alla
realizzazione di un “polo ferrotranviario avanzato” nel territorio
della regione Campania. Il contratto di programma è finalizzato
principalmente all’ottenimento di finanziamenti per l’ammodernamento dei siti produttivi e la realizzazione di nuovi impianti. Il consorzio, che coinvolge anche imprese localizzate al di fuori della provincia di Napoli, è visto favorevolmente anche da AnsaldoBreda,
che vi identifica opportunità per un upgrading tecnologico e un aumento del livello di innovazione nel comparto. Per quanto riguarda
l’universo di riferimento della ricerca, circa l’80% delle imprese
hanno aderito al consorzio; considerando la non inclusione nel polo
delle imprese di armamento, tale dato testimonia come la quasi totalità delle aziende dei comparti della fornitura e della riparazione
sia ormai di fatto inserito nell’iniziativa.
La forma di networking sicuramente più interessante nel settore è rinvenibile nel comparto della riparazione, con la presenza di
due consorzi. Nel 2002 è stato, infatti, costituito il consorzio
De.Vu.Se. che coinvolge 5 aziende (Damiano Motor’s, El.Ca. elettromeccanica, Cometav, Sud Engineering e Taddeo Vuolo). Il consorzio è nato principalmente con l’obiettivo di creare sinergie tra le
differenti competenze delle cinque aziende, espressione, di fatto, di
due diverse realtà imprenditoriali locali di media dimensione. Ha
permesso, inoltre, di raggiungere una maggiore dimensione critica
per acquisire commesse più impegnative (nel 2003 il fatturato ferrotranviario delle aziende partner superava abbondantemente la
quota del 15% sul fatturato complessivo del polo ferrotranviario naattori, ossia aziende e insiemi di aziende selezionati all’interno del business system; la seconda dimensione è, invece rappresentata dalle relazioni di interdipendenza che legano gli attori coinvolti.
Per ogni approfondimento relativo al concetto di network si veda quanto
scritto da Martinez M. in MERCURIO R. e TESTA F. (2000) (a cura di), op. cit. Si
veda in particolare il Capitolo 6. Si veda inoltre BAKER W., The Network Organization in Theory and Practice, in NOHRIA N., ECCLES E., Networks and Organizations¸ Cambridge, Harvard University Press, 1992. Si veda inoltre BARTLETT
C.A. e GHOSHAL S., Managing across Borders, Harvard Business School Press,
Boston, 1989.
81
poletano), con la potenziale realizzazione di maggiori economie.
De.Vu.Se. ha realizzato anche un’integrazione delle politiche commerciali di comunicazione e marketing: le aziende si presentano
unite all’esterno rafforzando la scelta di collaborazione.
Con finalità simili è nato nel 2002 nel comparto del materiale
rotabile, il consorzio Costruzioni Meccaniche Puteolane che coinvolge la Coprom, la Comefi e la Grimaldi Carpenteria (per un fatturato ferrotranviario di poco meno di 2 milioni di euro) e copre i
segmenti della carpenteria e delle riparazioni.
Nel settore sono rinvenibili anche numerose associazioni temporanee di imprese, che coinvolgono circa il 30% delle imprese. Le
ATI sono uno strumento utilizzato dalla quasi totalità delle imprese
di armamento ferroviario (che le finalizzano all’acquisizione delle
commesse) e da un discreto numero di imprese fornitrici. Naturalmente il grado di stabilità di tali rapporti è molto meno accentuato
ed è fortemente legato ad opportunità di lavoro, di volta in volta recepite dai rispettivi partecipanti. Si tratta, comunque, di un canale
di trasmissione importante per quel che riguarda lo scambio di competenze ed esperienze e, in termini generali, funge da meccanismo
di equilibrio all’interno del sistema.
Molto forti nel settore e importanti per le potenzialità di
networking ancora inespresse sono le relazioni sociali rinvenibili.
Rapporti di amicizia, conoscenze personali, legami di parentela tra
i soci delle aziende sono molto diffusi e riflettono la natura distrettuale del cluster di aziende analizzato. Nel 94% dei casi, gli intervistati dichiarano di conoscere personalmente fornitori, concorrenti
e clienti e nel 17% dei casi esistono legami familiari tra i soci delle
aziende del settore.
Numerosi sono i rapporti di collaborazione con istituzioni e
centri di ricerca pubblici e privati nel campo della ricerca e sviluppo: circa il 35% delle aziende vanta, infatti, collaborazioni in tal
senso. Anche se è da sottolineare come questi accordi siano realizzati principalmente da aziende di maggiori dimensioni.
Circa il 40% delle aziende è partner di un’associazione di categoria (Unione degli industriali, API, Aniaf, Confia), per ottenere
informazioni e come occasione per creare nuove relazioni.
82
Tav. 3.9 - Relazioni di collaborazione con il mondo della ricerca
Rapporti di collaborazione con agenzie di sviluppo
5,7%
Rapporti di collaborazione con università o centri di ricerca
28,6%
Nessun rapporto di collaborazione
65,7%
È interessante sottolineare come la quasi totalità delle aziende
(circa il 90%) ritiene fondamentale allacciare rapporti di collaborazione e di partnership: a testimonianza di ciò si può osservare il
punteggio molto alto (5,1 in una scala da 1 a 6) attribuito all’importanza nell’allacciare relazioni di collaborazione con altre
aziende della filiera industriale. Più nel dettaglio assumono importanza soprattutto le relazioni con i fornitori (5,6) e con i clienti
(5,6), mentre una significativa rilevanza viene attribuita anche ai legami con università e centri di ricerca presenti sul territorio (4,%).
Tav. 3.10 - Importanza delle relazioni di collaborazione con gli attori della
filiera (a giudizio delle aziende, con punteggi da 1 - poco importante - a
6 - fondamentale)
Rapporti collaborativi con fornitori
5,6
Rapporti collaborativi con i clienti
5,6
Rapporti collaborativi università e centri di ricerca
4,5
Rapporti collaborativi con i concorrenti
4,1
Rapporti collaborativi con le associazioni di categoria
3,5
Rapporti collaborativi con agenzie di sviluppo locale
3
Esaminando le motivazioni che spingono le aziende a realizzare in generale accordi di collaborazione, si può notare come nella
maggior parte dei casi queste siano rappresentate dall’esigenza di
innalzare la massa critica necessaria per assicurarsi nuove commesse e garantire al mercato dimensioni produttive maggiori.
Seguono i casi di collaborazioni nate con l’esigenza di entrare
in nuovi settori e quelli finalizzati al tentativo di ingresso in nuovi
mercati geografici o all’internazionalizzazione del mercato di
sbocco.
83
In questa fase, quindi, la molla per l’apertura di forme costruttive di dialogo con la micro realtà distrettuale circostante è ancora
orientata esclusivamente verso obiettivi di tipo non strategico e di
breve-medio periodo. Probabilmente le condizioni per l’instaurarsi
di più solidi rapporti di ampio respiro richiedono condizioni non ancora pienamente soddisfatte nella realtà produttiva locale.
Tav. 3.11 - Le motivazioni che hanno spinto le aziende a realizzare forme
di collaborazione con altre imprese (da 1 - poco importante a 6 - fondamentale)
Maggiori probabilità di vincere gare d’appalto
Possibilità di ampliare il mercato di sbocco e/o entrare
in nuovi mercati geografici
5,71
4,95
Accesso a nuovi settori
4,95
Accesso a risorse e competenze non possedute
4,18
Miglioramento della qualità
3,65
Miglioramento del servizio
3,38
Innovazione dei prodotti offerti
3,27
Riduzione dei costi
2,85
Innovazione dei processi produttivi
2,47
Riduzione dei tempi per lo sviluppo di nuovi prodotti
2,41
Si tratta, da un lato, di condizioni interne al tessuto industriale,
e incentrate soprattutto su alcune dimensioni critiche: evoluzione
della cultura d’impresa, capacità di percepire opportunità innovative
basate sulla fiducia 39 e maggior e capacità di gestire strategicamente le incertezze del settore. Sul piano esterno, condizioni per fa39 Numerosi sono in letteratura organizzativa gli studi che hanno affrontato il
tema del rapporto tra intensità relazionale, fiducia e competitività di un network.
A tal proposito si veda GRANOVETTER M., Economic Action and Social Structure:
The Problem of Embeddedness, American Journal of Sociology, vol. 91/3, 1985; si
veda anche COLEMAN J.S., Foundations of Social Theory, Harvard University Press,
Cambridge, 1990. Per comprendere il significato e il ruolo della reputazione e
della fiducia si veda inoltre MILGROM P. e ROBERT J., Economics, Organization and
Management, Prentice Hall Internetional, Hemel Hampstead, 1992; ed. it., Economia, Organizzazione e Management, Il Mulino, Bologna, 1992.
84
vorire i processi di consolidamento distrettuale si possono individuare nei comportamenti delle strutture industriali trainanti, sia a livello di gestione del sistema relazionale (politiche di selettività, razionalizzazione e incentivazione tra le imprese del distretto), sia
nella partecipazione attiva ad iniziative specifiche di promozione o
di sostegno pubblico volte a questo obiettivo. In questo alveo andrebbe rafforzato, altresì il ruolo di altri soggetti rilevanti: aziende
locali di trasporto, centri di ricerca ed organi istituzionali preposti
al governo del sistema industriale e dei trasporti della regione.
Analoga è l’analisi delle motivazioni che invece spingerebbero
le aziende che non hanno sperimentato alcuna forma di collaborazione a instaurare rapporti di partnership (tavola 3.12). Unico elemento significativo di differenza è nella maggiore importanza attribuita alle collaborazioni finalizzate alla riduzione dei costi.
Tav. 3.12 - Gli incentivi a sviluppare relazioni di collaborazione con altre
imprese del settore (a giudizio delle aziende che non hanno
sperimentato forme di collaborazione, con punteggi da 1 poco importante - a 6 - fondamentale)
Possibilità di ampliare il mercato di sbocco e/o entrare
in nuovi mercati geografici
5
Maggiori probabilità di vincere gare d’appalto
5
Accesso a nuovi settori
Riduzione dei costi
4,8
4
Creazione di nuove risorse e competenze
3,9
Accesso a risorse e competenze non possedute
3,7
Miglioramento del servizio
3,4
Innovazione dei prodotti offerti
3,4
Innovazione dei processi produttivi
3,4
Miglioramento della qualità
3,3
Riduzione dei tempi per lo sviluppo di nuovi prodotti
2,9
Analizzando, infine, i legami con il territorio viene rilevata
l’importanza di una prossimità geografica con fornitori (4,3), con i
85
clienti (4,2) e con università e centri di ricerca (4,1). Poco importante è, a detta degli intervistati, la vicinanza di altri attori del contesto competitivo (tavola 3.13).
Tav. 3.13 - Importanza della prossimità geografica tra gli attori della filiera (a giudizio delle aziende con punteggi da 1 - poco importante - a 6 - fondamentale)
Prossimità geografica con fornitori
4,3
Prossimità geografica con i clienti
4,2
Prossimità geografica con università e centri di ricerca
4,1
Prossimità geografica con le associazioni di categoria
3
Prossimità geografica con i concorrenti
2,8
Prossimità geografica con agenzie di sviluppo locale
2,6
86
4.
Sintesi e conclusioni
4.1 Le caratteristiche del comparto: una visione di sintesi
Le piccole e medie industrie ferrotranviarie dell’area napoletana danno vita ad un piccolo polo distrettuale, caratterizzato da elementi di sfondo sostanzialmente omogenei, cui si accompagnano
tuttavia indicatori più marcati di differenziazione tra gli attori del
sistema.
Il quadro emerso dall’analisi dei caratteri strutturali, imprenditoriali, tecnologici, commerciali e relazionali delle imprese presenti consente di delinearne un profilo abbastanza indicativo – sia
a livello di singola entità aziendale sia a livello di sistema distrettuale – di una realtà in cui coesistono luci ed ombre.
Il polo ferrotranviario napoletano presenta, infatti, alcuni degli
elementi tipicamente ritenuti necessari per identificare un distretto:
omogeneità di business, ambito territoriale delimitato, isomorfismo
organizzativo e strategico, spiccato orientamento baricentrato verso
un’impresa focale. Allo stesso tempo, tuttavia, l’aggregato in esame
non appare pienamente integrato internamente, lasciando irrisolte
alcune tematiche rilevanti, che evidenziano la presenza di aspetti
critici rispetto all’espressione di più forti potenzialità sia nelle linee
strategico-commeciali sia in quelle organizzative dell’entità distrettuale.
È opportuno, per disegnare un quadro complessivo di sintesi,
fare dunque riferimento:
a) agli aspetti attinenti alle singole imprese del distretto;
b) ai caratteri afferenti al sistema distrettuale in quanto tale.
La lettura di questi due livelli consente di identificare e distin87
guere più chiaramente tra loro gli elementi di forza e di debolezza
del settore considerato, soprattutto in riferimento alla loro origine e
natura (interna alle imprese o proprie del sistema), sia per motivi di
correttezza metodologica e chiarezza di analisi, sia per meglio inquadrare e finalizzare eventuali ipotesi di intervento o iniziative migliorative.
Il profilo delle imprese del distretto
Tra i fattori rilevabili a livello individuale (singole imprese osservate), emergono elementi variamente collocabili tra le forze e debolezze che concorrono a strutturare il sistema nel suo complesso.
Tali fattori, come si è visto, non possono prescindere dal dato
morfologico di fondo che è la dimensione imprenditoriale e strutturale delle imprese, da considerarsi necessariamente come punto di
partenza per una analisi critica e realistica della situazione.
La piccola (o media in alcuni casi) dimensione delle imprese,
sia sotto l’aspetto dell’occupazione, ma anche sotto quello della capacità produttiva, nonché della struttura imprenditoriale e finanziaria, genera effetti alquanto prevedibili e tipici su elementi sia strutturali che strategici delle imprese:
– limitate economie di scala;
– potere contrattuale basso;
– modesta articolazione organizzativa (soprattutto in alcune
funzioni e nei livelli intermedi e alti);
– raggio d’azione commerciale circoscritto;
– scarsa propensione per gli investimenti in innovazione, ricerca e sviluppo.
Tali elementi impediscono in particolare alla piccola e media
impresa locale, di accumulare quote rilevanti di valore aggiunto da
destinare a linee di sviluppo e di trasformazione (imprenditoriale,
manageriale e strategica) significative.
La dimensione limitata è sicuramente espressione di una “debolezza” (accompagnata tuttavia anche da vantaggi), che si rende
soprattutto evidente in un settore in cui è particolarmente forte e
consolidato il dominio di grandi organizzazioni (sia industriali sia
88
di servizio) che costituiscono i referenti di mercato chiave ed in cui
la complessità tecnologica non offre grandi spazi di manovra alla
piccola organizzazione indipendente.
Ed infatti, proseguendo ad esaminare le aree deboli delle imprese, l’altro elemento che emerge in modo netto è quello dell’approccio al mercato. Le imprese dell’area evidenziano infatti una dipendenza dall’impresa focale particolarmente accentuata, espressa
sia da dati quantitativi (es. quota di fatturato per committente), sia
da elementi descrittivi che risalgono all’origine stessa di molte
aziende (spin off manageriali) o alla storia di rapporti in molti casi
fortemente radicati. Anche l’indicatore della capacità di produrre
nuova clientela sta a dimostrare questo tipo di limitazione, che d’altra parte testimonia una certa solidità dei rapporti privilegiati, ponendo in secondo piano l’interesse a costruire condizioni di difesa
o di riduzione di rischi futuri volti a ridurre l’eccessiva dipendenza.
Va detto che, pur se il rapporto con l’impresa focale resta sostanzialmente quello più diffuso e forte, è rilevante la presenza di
relazioni di fornitura alquanto stabilizzate anche con altri soggetti
(imprese industriali locali ed esercenti ferroviari locali e nazionale),
mentre è quasi inesistente la presenza delle aziende sullo scenario
internazionale.
Bassa è la propensione all’investimento in innovazione, testimoniata dall’assenza di strutture organizzative dedicate all’interno
delle imprese e di rapporti intensi con centri di ricerca pubblici e
privati.
Il profilo a livello distrettuale
L’esame dei connotati condotto a livello distrettuale (assetto e
funzionamento dei sistemi di relazione interni al distretto) portano,
come accennato, all’individuazione di elementi di profilo positivi e
negativi del sistema industriale ferrotranviario napoletano ed aiutano a fornire una indicazione tipologica del distretto in esame.
Tra le forze rilevabili nell’aggregato di imprese emerge in
primo luogo, sotto l’aspetto tecnico-produttivo, la discreta varietà
delle competenze e delle specializzazioni presenti nelle imprese del
distretto, soprattutto nell’ambito della filiera delle forniture mecca89
niche ed elettroniche,-elettromeccaniche. Ciò è un indicatore di dinamicità del contesto distrettuale, e allo stesso tempo di condizioni
piuttosto consistenti di potenziale flessibilità e di capacità di adattamento del distretto come “soggetto interlocutore”.
Elevato appare anche il livello di integrazione “sociale” tra gli
attori del distretto (imprenditori in primo luogo, ma anche manager)
di carattere spontaneo (relazioni di conoscenza, amicizia, parentela
in molti casi alquanto dense e diffuse), che favoriscono la costruzione e il mantenimento di un “clima” complessivo positivo. Questo fattore costituisce un elemento di sfondo non trascurabile nell’economia organizzativa del distretto, perché può giocare come requisito sia di carattere “difensivo” (appoggio implicito o esplicito
dei pari in caso di minacce emergenti), sia come fattore di facilitazione (pur se non definitivo) in occasione di ipotesi di intervento di
coordinamento concertato da parte di entità terze (soggetti regolatori o promoter, altre imprese guida, ecc.).
A tale elemento si aggiunge l’elevata e diffusa consapevolezza
della utilità e necessità di creazione o rafforzamento delle relazioni
intradistrettuali tra gli attori “pari” del distretto, che percepiscono
la non ancora ampia e soddisfacente trama di relazioni orizzontali
di rete (tra le piccole e medie imprese del sistema), finalizzate ad
acquisire spazi di forza contrattuale, di efficienza (divisione del lavoro tra imprese), negoziali e politici rispetto ai clienti ed al sistema
locale in generale. La percezione di tale bisogno è in verità presente
in molte imprese, e ciò sembra costituire una premessa importante
rispetto ad ipotesi evolutive del sistema distrettuale locale, come
pure può rappresentare una condizione favorevole importante per
introdurre nuovi elementi di coordinamento intradistrettuale più decisi e visibili (iniziative guidate dall’interno o dall’esterno), che sarebbero probabilmente accolti positivamente.
Un ulteriore aspetto che caratterizza l’aggregato industriale napoletano del ferrotranviario è l’interessante livello di produttività
degli investimenti mediamente rilevati in termini di occupazione
generata. L’indice di investimento per addetto è infatti sensibilmente al di sotto dei parametri medi dell’industria ferrotranviaria
medio-grande nazionale, e ciò pone le imprese del settore in una
posizione di vantaggio anche nel quadro più complessivo dell’as90
setto industriale napoletano e delle condizioni per partecipare a processi di politica industriale locale.
Gli elementi di forza citati non possono tuttavia porre in secondo piano gli ancora numerosi e rilevanti aspetti problematici che
vengono rilevati sul piano dell’analisi distrettuale del sistema ferrotranviario dell’area napoletana.
Un dato che contribuisce a delineare un aspetto morfologicodescrittivo a riguardo è dato dalle dimensioni strutturali dell’aggregato distrettuale: la densità in termini numerici (unità produttive,
occupazione) ed economici (fatturato, investimento cumulato) è
piuttosto modesta e, nell’insieme, non si raggiungono soglie di
massa critica particolarmente rilevanti. Tale condizione di fondo determina l’elevato grado di “asimmetria” nel controllo economicogestionale del distretto, asimmetria misurabile nel basso numero di
imprese guida (una o due al massimo), e nella trascurabile consistenza di forme o iniziative di regolazione interna (consorzi, centri
di ricerca, ecc.). Ciò si traduce concretamente nella concentrazione
della base di leadership molto accentuata a favore di un nucleo
molto ristretto di soggetti (imprese guida e in parte esercenti).
La tipologia riconosciuta applicabile a tale realtà è quella del
“distretto gerarchico” 40, in cui appunto l’elemento portante è costituito dalla leadership di una o più imprese focali o guida, e nel quale
il ruolo dei partecipanti è fortemente centrato sulle strategie di mercato ed organizzative di tali entità centrali.
Il ruolo di leadership riconosciuto alla/alle imprese guida, tuttavia, non si riflette in alcuni parametri caratteristici dell’apparato
distrettuale, che mostrano viceversa caratteri di debolezza.
La divisione del lavoro “tra le imprese” del distretto, che rappresenta un elemento distintivo di questa tipologia di organizzazione industriale, non appare come il risultato di un processo coordinato e definito, con molte lacune o sovrapposizioni di capacità e
40 In letteratura si fa riferimento ad alcune tipologie caratteristiche della
forma distrettuale: distretto gerarchico (impresa focale), distretto canonico (molte
micro imprese), distretto policentrico (imprese piccole, medie e grandi con forte
ruolo di centri di governo istituzionali) (cfr. SAMMARRA A., Lo sviluppo dei distretti
industriali, Carocci, Roma), 2003.
91
Tav. 4.1 - Quadro di sintesi: profilo a livello di impresa e a livello di distretto
DEBOLEZZE
Dimensioni strutturali contenute e limitati potenziali di
economie di scala interne
Forte dipendenza dall’impresa
focale e scarsa capacità di superamento dei confini del distretto
Rara propensione e capacità
nello sviluppo di nuova clientela (approccio conservativo)
Dinamica innovativa limitata e
circoscritta prevalentemente ad
aspetti operativi dei processi di
produzione
FORZE
Elevato livello di “focalizzazione” nel business ferrotranviario
Consolidata esperienza imprenditoriale ed operativa nel
settore specifico
Performance e dinamiche economiche correnti incoraggianti
Buoni livelli di adattabilità e
flessibilità produttiva ed organizzativa
Qualità delle maestranze e rapporti industriali non particolarmente problematici
del DISTRETTO Struttura distrettuale caratterizzata da limitate densità e massa
critica “di sistema”
Prevalente concentrazione su
fasi produttivo-esecutive della
filiera
Basso grado di integrazione intradistrettuale tra le imprese
Assenza di formule e ruoli di
guida e coordinamento all’interno delle piccole imprese del
distretto
Significativa “asimmetria” nel
controllo economico ed istituzionale del distretto (poche
“guida”, pochi consorzi…)
Divisione del lavoro tra le imprese non programmata o coordinata
Scarsa diffusione di esperienze
congiunte tra le imprese del distretto
Apprendimento
distrettuale
non coordinato, legato prevalentemente allo scambio a due
con l’impresa focale
Scarsa dinamica di trasmissione e combinazione dell’apprendimento
Buona varietà di competenze
nella filiera delle forniture
Diffuse occasioni di integrazione “sociale” tra gli attori imprenditoriali del distretto (relazioni personali dense e positive)
Alto potenziale di “coordinabilità” del distretto, pur se al momento non sfruttato
Diffusa consapevolezza della
utilità del rafforzamento delle
relazioni orizzontali di rete
(“tra pari”)
Accumulo di patrimoni di conoscenza “applicata/imprenditoriale” non supportata da R&S
Elevato impatto occupazionale
degli investimenti
delle IMPRESE
competenze; ciò può essere il prodotto di politiche di decentramento dei committenti prevalentemente rivolte alla ricerca di flessibilità operativa ed al contenimento di taluni costi di produzione.
92
Altresì limitato è l’orientamento alla integrazione tra le unità distrettuali, che presentano un forte grado di autonomia reciproca e
scarse occasioni di confronto e collaborazione (significativa è ad
esempio l’assenza di collegamenti extranet), pur in una cornice di
relazioni sociali positiva.
Non esistono, di fatto, uno o più ruoli guida tra il novero dei
fornitori, essendo questo riservato esclusivamente al limitato
gruppo di grandi imprese committenti, e le esperienze congiunte tra
le aziende del distretto appaiono scarsamente diffuse.
Questo elemento, che coinvolge anche la dimensione culturale
delle imprese e le dinamiche di apprendimento, aspetti questi che
giocano ruoli decisivi nei processi di innovazione e di sviluppo
competitivo, si inserisce in un modello di apprendimento poco o per
nulla coordinato, legato prevalentemente ai meccanismi di scambio
“one-to-one”, poco condivisi con gli altri attori distrettuali e sostanzialmente caratterizzati da scarsa dinamica di trasmissione e ricombinazione dei loro contenuti. La conoscenza come patrimonio
distrettuale ha il carattere prevalente di conoscenza applicata/imprenditoriale, tipico di molte realtà distrettuali, in cui, a dispetto di
una mancanza quasi totale di un’azione programmata e sistematica
di ricerca e sviluppo, si assiste ad accumulo di conoscenza anche
“pregiata” ma scarsamente codificabile e soprattutto trasmissibile e
riproducibile in altri punti dell’apparato 41.
4.2 I possibili percorsi evolutivi del comparto
Dopo aver tratteggiato le caratteristiche del comparto in esame,
attraverso una lettura a livello di azienda e di distretto, è necessario, mantenendo questo duplice punto di vista, delineare i possibili
41 Sul tema dell’apprendimento e della conoscenza nei cluster e nei distretti
industriali vedi ALBU M., Technological Learning and Innovation in Industrial
Clusters in the South, SPRU Electronic Working Papers Series, n. 7, 1997; ed anche LAWSON C. and LORENZ E., Collective learning, tacit knowledge and regional
innovative capacity, Regional Studies, Jun 1999; nonché LONGI C., Networks, Collective learning and technology development in innovative high technology regions: The case of Sophia-Antipolis, Regional studies, Jun 1999.
93
percorsi evolutivi delle PMI presenti all’interno del settore delle costruzioni ferrotranviarie nella Provincia di Napoli.
L’indagine realizzata permette, infatti, di delineare una serie di
possibili scenari evolutivi in relazione al quadro industriale e di
mercato descritto nella prima parte dello studio, evidenziando in
primo luogo i percorsi di sviluppo del distretto, in secondo luogo i
possibili comportamenti strategici delle imprese analizzate ed in
terzo luogo fornire alcuni spunti di riflessione sul futuro del polo
ferrotranviario napoletano.
Le possibili dinamiche evolutive del distretto
Nel complesso il profilo del distretto napoletano dell’industria
ferrotranviaria se da un lato appare possedere i connotati di base di
una entità di questo genere, dall’altro presenta diverse zone d’ombra, che possono in qualche maniera essere collegate anche al suo
tracciato evolutivo.
Un apparato produttivo sorto intorno ad un contesto tradizionalmente forte e consolidato, ma fino ad un recente passato discretamente protetto, legato ad esigenze prevalentemente di decentramento di fase di grandi aziende, le quali solo recentemente hanno
sviluppato effettive capacità di mercato e caratteristiche di competitività e innovazione, che cominciano a trasferirsi anche al mondo
della fornitura 42.
Escludendo pertanto le epoche pregresse poco significative
sotto l’aspetto delle dinamiche competitive industriali, il distretto
napoletano si trova in realtà in una fase del proprio ciclo di vita
poco più che introduttiva, in cui all’obiettivo di fondo di entrare e
stare nel distretto si affianca la condizione di saper garantire condizioni di specializzazione adeguate sotto il profilo delle esigenze
42 È importante tenere presente che l’analisi delle condizioni di contesto rappresenta un aspetto fondamentale nella gestione del continuo processo di cambiamento che tutte le imprese e tutte le organizzazioni devono affrontare. Si veda in
tal senso CONSIGLIO S. (2000), Il cambiamento organizzativo, in R. MERCURIO e F.
TESTA (a cura di), op. cit. CONSIGLIO S., Azione manageriale e cambiamento organizzativo, Sviluppo&Organizzazione, n. 155, Maggio-Giugno, 1996.
94
Tav. 4.2 - Il ciclo di vita distrettuale nel distretto “gerarchico”
CONDIZIONI
RISULTATI
OBIETTIVI
FORMAZIONE
Presenza
Accumulo
di soggetti trainanti.
di esperienze
Sviluppo di specializzazioni e di legami relazionali
di fase
ENTRARE
NEL DISTRETTO
SVILUPPO
Capacità di coordinamento
dell’impresa focale
RIMANERE
NEL DISTRETTO
MATURITÀ/
Condivisione/separazione
RIVITALIZZAZIONE dei ruoli di gestione
del distretto
Avvio del processo
di selezione
Graduale integrazione
di sistema
Sviluppo di entità
AVERE UN
di coordinamento
UN RUOLO
orizzontale
NEL DISTRETTO
Acquisizione di maggior
autonomia delle unità
di esternalizzazione esecutiva espresse dai committenti principali.
In questa fase si vanno accumulando significativi legami relazionali, anche se non sempre in maniera programmata e coordinata a
livello di distretto, ma tali da avviare un graduale processo di selezione delle imprese presenti, in sintonia con i fabbisogni di volta in
volta espressi dai committenti (focus sui costi, sulla qualità, sulla
capacità di co-progettazione), benché prevalentemente giocati sul
piano dei rapporti “bilaterali” committente-fornitore.
Tali processi di selezione tendono a costituire l’aspetto saliente
della fase successiva, che ancora non pare manifestarsi oggi in maniera piena, e che potrà essere definita di “sviluppo” del distretto.
Tale fase dovrebbe essere orientata allo stesso tempo verso una
azione graduale di integrazione di “sistema” riguardante sia il livello funzionale di specializzazione aziendale, sia il modello complessivo di governance che si va a costituire nella rete. Al suo interno il ruolo guida dell’impresa leader andrebbe a spostarsi dal
piano della condotta operativa a quello della riorganizzazione del sistema di business complessivo, anche eventualmente in sintonia con
altri attori istituzionali presenti nel contesto locale e capaci di dare
al sistema connotati di maggior equilibrio e simmetria. L’obiettivo
di “restare”, ovvero di appropriarsi dei benefici derivanti dagli
scambi non solo bilaterali ma multidirezionali, costituirà probabil95
mente l’obiettivo primario delle aziende selezionate, destinate a restare ancora circoscritte prevalentemente nel loro ruolo esecutivo,
pur beneficiando dei vantaggi dell’integrazione e del coordinamento di sistema.
È solo in una fase ulteriormente più avanzata (nel tempo e nei
contenuti), che si potranno delineare i caratteri di un distretto sviluppato e maturo, nel quale i processi di integrazione tra i diversi
attori condurranno anche ad una selezione e separazione dei ruoli
di governo del distretto stesso: ad esempio quelli di coordinamento
“verticale” (probabilmente sempre sbilanciati a favore delle imprese guida) e “orizzontale” (tra le imprese del distretto), particolarmente importanti nell’ottica della autonomia interna al sistema
dei fornitori, autonomia che potrà così estendersi sia sul piano commerciale (capacità di entrare in nuovi mercati e segmenti) sia su
quello tecnologico e produttivo (capacità di innovazione).
I percorsi evolutivi delle imprese del comparto e l’impatto sui processi di sviluppo del distretto
In questo quadro i possibili percorsi di sviluppo del distretto
sono fortemente condizionati dai comportamenti delle aziende presenti nel comparto, dalle scelte dell’impresa focale e dal ruolo
svolto dai soggetti regolatori di sistema (enti di governo locale).
In particolare, focalizzando l’attenzione sulle imprese oggetto
della presente indagine, emerge che per poter tracciare i possibili
percorsi di sviluppo è possibile ricorrere ad una matrice che differenzia le diverse opzioni strategiche sulla base di due dimensioni:
– la propensione a sviluppare percorsi di autonomia dall’azienda focale;
– la propensione alla collaborazione.
Relativamente alla prima dimensione è possibile immaginare
due possibili opzioni strategiche alternative: la prima consiste nel
confermare la tendenza da parte delle imprese a mantenere il rapporto privilegiato (e quasi esclusivo) con l’azienda focale presente
sul territorio; la seconda alternativa consiste, invece, nell’intraprendere strategie di sviluppo commerciale, produttivo e tecnologico finalizzate ad incrementare il proprio grado di autonomia gestionale,
96
accentando di investire risorse e attenzione per supportare tale
scelta.
La seconda dimensione differenzia i possibili percorsi strategici in base alla disponibilità ad avviare processi di sviluppo incentrati sulla collaborazione piuttosto che sulla crescita interna.
Dall’incrocio delle due dimensioni identificate è possibile
identificare quattro possibili scenari alternativi per le imprese presenti nel comparto:
– lo “status quo”;
– lo sviluppo dimensionale;
– la “collaborazione guidata”;
– la “collaborazione proattiva”.
Lo scenario dello “status quo” identifica l’opzione strategica
delle imprese che intendono mantenere, in prospettiva, il rapporto
di stretta dipendenza dall’azienda focale, limitando al massimo i riTav. 4.3 - I percorsi evolutivi
Bassa
Strategie di sviluppo
dimensionale
Strategie
di collaborazione
proattiva
Status quo
Strategie
di collaborazione
concertata
Propensione a sviluppare
percorsi in autonomia rispetto
all’organizzazione focale
Alta
Bassa
Alta
Propensione alla collaborazione
schi e gli investimenti connessi a possibili percorsi alternativi. Dall’analisi svolta emerge che questa opzione strategica è quella che le
imprese intervistate valutano con minore interesse; la stragrande
maggioranza, infatti, ha evidenziato un forte propensione ad avviare
e consolidare processi di collaborazione e partnership per superare
l’attuale modello di business. D’altro canto però è necessario segnalare le difficoltà connesse ad “uscire” da un modus operandi che
97
per tanti anni ha caratterizzato l’attività imprenditoriale di numerose aziende del comparto.
Laddove dovesse prevalere tale scenario il distretto si ritroverebbe in una situazione di stallo e di incapacità a costruire dinamiche virtuose e di sviluppo.
Lo scenario dello “sviluppo dimensionale” evidenzia, invece,
un possibile percorso di cambiamento per le aziende intenzionate
ad incrementare o consolidare il proprio grado di autonomia dell’azienda focale attraverso strategie di crescita dimensionale finalizzate a rafforzare le proprie competenze produttive, commerciali e
tecnologiche, necessarie per ampliare il proprio mercato di sbocco.
Anche questo scenario appare poco verosimile sulla scorta dell’analisi svolta presso le aziende. Le incertezze legate allo sviluppo del
mercato ferrotranviario e la forte competizione globale ha spinto
progressivamente le imprese ad avviare processi di diversificazione
piuttosto che processi di crescita dimensionale.
Anche tale scenario comporterebbe un allentamento da un modello distrettuale più competitivo, in quanto rafforzerebbe il comportamento autonomo delle singole imprese a discapito dello sviluppo di forti potenziali sinergie rinvenibili nel tessuto produttivo
distrettuale, comportando esclusivamente una maggiore eterogeneità del cluster.
Lo scenario della “collaborazione concertata” è l’opzione strategica delle imprese propense ad implementare processi di collaborazione e partnership promosse ed attivate dall’azienda focale, finalizzate a riposizionarsi e a giocare un nuovo ruolo sul mercato dei
fornitori dell’azienda traente. Lo scenario della collaborazione guidata è ovviamente condizionata dalle scelte di approvvigionamento
dell’azienda focale e dalla sua volontà di ridefinire i suoi rapporti
con i sub-fornitori. In parte l’esperienza avviata con Campaniaferr
è in linea con tale scenario. La costituzione del consorzio è, infatti,
il frutto di un’azione innescata dall’azienda guida, piuttosto che
dalle PMI presenti nella provincia, ed è legata alla decisione di avviare un processo di upgrading tecnologico di alcuni subfornitori
presenti in Campania. Si tratta in pratica di un percorso evolutivo in
98
cui il ruolo strategico ed operativo dell’azienda focale rimane molto
forte ed in cui le PMI non dimostrano autonome capacità strategiche di tipo proattivo. Laddove si dovesse consolidare tale scenario
il distretto subirebbe un’indubbia modificazione, cambierebbero infatti le sue potenzialità, ma non sarebbe messa in discussione la sua
conformazione strutturale di tipo gerarchico.
Lo scenario della “collaborazione proattiva” è, infine, l’opzione strategica delle imprese intenzionate ad incrementare il proprio grado di autonomia dall’azienda traente attraverso processi di
alleanza e di collaborazione con altri soggetti presenti nel distretto
o al di fuori di esso (altre imprese, PMI e non, e centri di ricerca)
allo scopo di rafforzare le proprie competenze produttive, di innovazione e commerciali. Dall’analisi svolta emerge che alcune imprese già hanno iniziato a muoversi in tale direzione. La creazione
di alcune strutture consortili dimostra che tra le aziende intervistate
ce ne sono alcune che, oltre ad aver percepito l’esigenza di un cambiamento, hanno avviato ed implementato processi di collaborazione in autonomia dall’azienda focale. Indubbiamente questo è il
percorso che sarebbe in grado di mutare in maniera più profonda
l’assetto organizzativo del comparto e permetterebbe di innescare
un processo di costituzione di un distretto meno gerarchizzato e
meno dipendente dall’azienda focale.
Spunti di riflessione sul futuro del polo ferrotranviario napoletano
Il polo ferrotranviario napoletano rappresenta una importante
realtà del sistema industriale regionale e l’indagine sviluppata evidenzia, nonostante alcuni fattori di criticità, la presenza di un settore strategico per l’economia regionale. Nel polo convivono e operano realtà diverse: imprese di grandi dimensioni (AnsaldoBreda,
Ansaldo Segnalamento, Ansaldo Sistemi e Firema) ed un tessuto di
piccole e medie imprese che evidenziano significative capacità produttive ed imprenditoriali.
Il ruolo strategico svolto da tale comparto è riconosciuto dal
governo regionale che lo ha identificato come uno di quelli su cui
puntare per favorire lo sviluppo economico della regione Campa99
nia. Il patrimonio di competenze manageriali, tecnologiche e commerciali presenti nel polo richiede però azioni di politica industriale
che siano in grado di salvaguardare il sistema industriale attuale e
favorire processi di sviluppo virtuosi. Per raggiungere tale obiettivo
è necessario porre in essere politiche selettive in grado di innescare
e consolidare processi evolutivi finalizzati al rafforzamento del polo
attraverso iniziative mirate allo sviluppo sia delle aziende focali che
delle piccole e medie imprese.
In particolare, per ciò che concerne le imprese focali è necessario stimolare e rafforzare i processi di innovazione e miglioramento tecnologico. La presenza nel polo di aziende focali innovative e competitive sui mercati internazionali rappresenta, infatti, per
le piccole e medie imprese locali una opportunità per maturare
esperienze utili e necessarie per allargare ed ampliare il proprio
mercato di sbocco e le proprie competenze tecnologiche. Da questo
punto di vista risulta rilevante la scelta assunta dal governo regionale di avviare un ambizioso programma di rinnovo ed ammodernamento del parco rotabile delle imprese ferroviarie presenti in
Campania identificando con chiarezza le quantità, l’ammontare di
risorse finanziarie, ma soprattutto le caratteristiche qualitative e innovative richieste. Ciò al fine di stimolare le imprese a realizzare
prodotti con caratteristiche innovative in linea con le nuove esigenze della clientela e degli esercenti ferroviari emergenti a livello
internazionale.
Per promuovere lo sviluppo del polo, però, è necessario prioritariamente agire sulle piccole e medie imprese disposte ad implementare strategie di sviluppo e collaborazione nei campi dell’innovazione e del miglioramento tecnologico e dell’allargamento dei
mercati di sbocco. Per superare lo status quo ed andare oltre il modello distrettuale gerarchico bisogna ideare iniziative tese a valorizzare i comportamenti virtuosi. In particolare, è necessario mettere
in pratica azioni tese a consolidare una serie di condizioni di contesto in grado di supportare le imprese in questo complesso processo. Da questo punto di vista assumono un ruolo importante soggetti regolatori di sistema: enti di governo locale, centri di ricerca,
università. La possibilità di progettare, finanziare ed implementare
processi di collaborazione e sviluppo tecnologico, produttivo e
100
commerciale da parte di piccole e medie imprese è, infatti, favorito
dalla presenza di alcune condizioni ‘facilitanti’ che sono sotto il
controllo di tali soggetti istituzionali.
Da questo punto di vista è necessario evidenziare che nella Regione Campania negli ultimi anni si sono manifestate una serie di
modifiche di contesto che potenzialmente possono aiutare le imprese intenzionate a percorrere tale opzione strategica 43.
In particolare sul fronte dello sviluppo tecnologico ed innovativo la creazione dei Centri di Competenza, di cui uno specifico sui
trasporti, cerca di rimuovere uno dei principali ostacoli alla collaborazione impresa/università/centri di ricerca. La costituzione di
tali strutture, promosse dall’Assessorato alla Ricerca della Regione
Campania è, infatti, finalizzata alla creazione di interfacce tra il
mondo delle ricerca e quello delle imprese che siano in grado di favorire il dialogo tra queste due realtà. La presenza di tale struttura
potrebbe facilitare, pertanto, la collaborazione tra PMI e centri di
ricerca nello sviluppo di iniziative di trasferimento tecnologico e di
progetti di ricerca applicata. Per favorire tale dialogo un ruolo importante potrebbe essere inoltre svolto dalle associazioni imprenditoriali e di categoria che sono in grado di mettere in campo un’attività di animazione e di stimolazione nei confronti del tessuto imprenditoriale locale.
Il futuro del polo ferrotranviario regionale è, quindi, legato alla
capacità di costruire e innescare sinergie positive tra PMI presenti
nel comparto, aziende focali, centri di ricerca e attori istituzionali
locali. Lo sviluppo e l’evoluzione del polo ferrotranviario è infatti
condizionato dalle scelte di una pluralità di attori: grandi imprese,
piccole e medie imprese, centri di ricerca, enti locali. Ma per innescare un percorso di crescita duraturo emerge forte l’esigenza di
un’azione di politica industriale regionale che sia in grado di creare
una cornice di fondo che permetta a tutti i soggetti di svolgere il
proprio ruolo in maniera più efficace ed utile nell’interesse complessivo dell’economia regionale.
43 In particolare sull’interpretazione del ruolo di un attore istituzionale come
metaorganizzatore vedi ANTONELLI G., Organizzare l’innovazione. Spin off da ricerca, metaorganizzazioni e ambiente relazionale, Franco Angeli, Milano, 2004.
101
PARTE II
LA TAVOLA ROTONDA
Introduzione ai lavori
Fausto Cutuli
Vicepresidente Unione degli Industriali della Provincia di Napoli
Dò il benvenuto a tutti. Questo convegno si inquadra nell’ambito delle attività che l’Unione degli Industriali ha inteso promuovere per lo sviluppo del settore ferrotranviario in un’area, come
quella napoletana, che ospita Ansaldo, Firema ed altri numerosi
operatori che stanno sviluppando una crescente attenzione al comparto. È però necessario non cedere né ai facili ottimismi, né alle
generalizzazioni. Dobbiamo cercare, tutti insieme, di costruire un
sistema che sia in grado di reggere i processi di evoluzione in atto
nel mercato ferrotranviario e non un gruppo di imprese che svolgono il loro lavoro solo nell’ambito dell’indotto delle grandi imprese. L’incontro di oggi, con l’analisi critica dei risultati emersi da
questa interessante ricerca condotta dal Cesit e voluta dall’Unione
degli Industriali e dalla Camera di Commercio della provincia di
Napoli ed il confronto tra i tanti ed importanti rappresentanti del
comparto qui presenti, vuole essere un significativo momento di riflessione volto a costruire un settore capace di reggersi sulle proprie gambe ed in grado di cogliere le opportunità di supporto e sviluppo che nella nostra regione si stanno delineando.
Luigi Iavarone
Componente Gruppo Piccola Industria
Unione degli Industriali della Provincia di Napoli
La prima verifica da fare è relativa al livello nazionale, nel
quale si rileva una situazione un poco strana, perché vengono ancora conservati sostanzialmente in mano allo Stato due dei settori
105
più ricchi e con forti prospettive di innovazione e di crescita. Mi riferisco al Gruppo Finmeccanica ed ai settori dell’aeronautica e del
ferroviario. Questi due settori sono di fatto governati dal sistema
statale, pur essendo quotati in borsa. Ci deve far riflettere sul concetto della privatizzazione, che non ha avuto un’evoluzione in questi comparti industriali. Nonostante tale circostanza non abbia avuto
risvolti negativi. Va considerato che si tratta di due settori ad alto
valore aggiunto, con grandi opportunità di sviluppo, che, sebbene
regolati e sostenuti da una politica industriale statale, avrebbero,
cosa che non sempre avviene, la necessità di essere sostenuti ed incentivati.
A livello regionale, sono stati avviati grandi programmi per l’adeguamento ed il potenziamento del sistema infrastrutturale ferroviario regionale, ma non si è assunto lo stesso impegno per l’industria ferrotranviaria, intesa, in questo caso, come realizzazione di
mezzi e di sistemi.
È evidente che un’azione che attiva prevalentemente, se non
esclusivamente, interventi per lo sviluppo infrastrutturale, non accompagnandosi ad azioni di sostegno per l’industria, comporta il rischio di farci trovare nella situazione di poter disporre di un ottimo
sistema di infrastrutture civili, senza avere i prodotti da far circolare
e per governarle.
Pertanto, se le due attività sono partite in modo sfalsato, dobbiamo fare in modo di recuperare il gap. Bisogna cominciare a parlare seriamente di partnership, di come si possono realizzare e supportare. È ovvio che le capacità finanziarie e tecnologiche tra la
grande impresa e le piccole e medie sono diverse e l’obiettivo deve
essere quello di creare un legame continuativo per colmare queste
distanze, attraverso la crescita delle piccole e medie imprese con un
programma di integrazioni successive.
Ennio Cascetta
Assessore ai Trasporti della Regione Campania
Sono fermamente convinto del profondo ruolo e significato
dell’adozione di strategie di politica industriale, che è un obiettivo
legittimo, anzi auspicabile.
106
Credo che il nostro Paese, indipendentemente dai colori della
politica, non ha fatto o ha fatto poco e male per il settore ferrotranviario. Si può fare di più come è successo in altri paesi – come
Germania e Francia – e credo che l’industria ferrotranviaria, non
solo quella regionale, ma nazionale, sia un patrimonio che va conservato, non in termini protezionistici, ma fornendo gli strumenti
per competere in un mercato globale. È quello che stiamo cercando
di fare nella nostra regione: una politica industriale sana.
In primo luogo, gioca un ruolo fondamentale lo stimolo del sistema nel suo complesso, utilizzando la domanda esistente che deve
essere incrementata e chiaramente delineata per orientare l’offerta
della filiera produttiva.
La Regione sta compiendo grandi sforzi per la realizzazione
della Metropolitana Regionale: basti pensare che per il 2005 fattureremo 260 milioni di euro per opere infrastrutturali. Questo accade
da diversi anni ed ha consentito l’incremento del PIL regionale in
una misura pari a circa il 2,5-3%.
Fin dall’inizio, abbiamo inteso il progetto della Metropolitana
Regionale come uno strumento di politica industriale. Abbiamo stipulato un protocollo di intesa con le due maggiori aziende regionali
e con gli Assessorati ai Trasporti e Ricerca Scientifica, con il quale
ci siamo prefissi l’obiettivo di costituire un quadro di riferimento
della domanda di materiale ferrotranviario per il sistema regionale
per i prossimi 10 anni, in termini di qualità e di quantità.
Quindi, treni regionali, treni metropolitani, urbani e tram da
commissionare al mercato mondiale sulla base di valutazioni di carattere tecnologico e di corrispondenza alle nuove esigenze di qualità del servizio, aspetto quest’ultimo che può consentire di riequilibrare le modalità di utilizzo del trasporto pubblico e privato. Fino
ad ora la Regione ha acquistato circa 300 milioni di euro di materiale rotabile, in parte con Trenitalia, cofinanziando l’acquisto di
treni regionali che svolgono servizio in Campania; in parte con
aziende come la Circumvesuviana, che ha acquistato 23 treni interamente finanziati, mentre per l’ex Alifana e la Sepsa sono state
bandite le gare. A questi acquisti va aggiunto l’arrivo dei nuovi
treni, dei filobus e di nuove vetture per la Linea 1 della Metropolitana. Quindi un sistema di domanda quantitativamente significa107
tivo: non mi risulta che nessuna regione italiana abbia un portafoglio acquisti così ampio. Inoltre, non si sono comunque persi di vista importanti aspetti legati all’innovazione tecnologica.
Dopo questa fase, se ne intravede un’altra, che si ricollega ai
risultati della ricerca oggi presentata ed alla collaborazione di tutti
gli attori del sistema: lo sforzo di amplificare lungo la filiera questo impulso di innovazione che abbiamo dato come domanda qualificata alla produzione di materiale rotabile.
In altre parole, il prodotto nuovo, con servizi nuovi, per i prodotti nuovi. Da adesso, infatti, non si parla di treni, ma di treni/km,
il che significa una riorganizzazione di competenze tra esercenti e
industria e quindi la rivisitazione dell’intera filiera. Questo sforzo
vede coinvolte in primo luogo la piccola e media impresa. Ciò vuol
dire specializzarsi e studiare attentamente tutti i tasselli della filiera
al fine di comprendere in quali comparti esistono opportunità produttive. È inutile che tutti facciano la stessa cosa, quando per altri
prodotti non c’è nessun produttore.
In questa seconda fase è fondamentale l’impegno delle Associazioni per la riorganizzazione imprenditoriale, anche perché è difficile che la singola impresa riesca a farlo autonomamente. Ci deve
allora essere un forte impegno delle Associazioni – provinciali, regionali e territoriali – delle imprese per la verifica del proprio potenziale produttivo da indirizzare verso prodotti innovativi ed in linea con le esigenze del mercato.
Mi auguro che questo avvenga anche e soprattutto nella filiera
ferrotranviaria per la nostra regione, dove è fortemente radicata, e
che possa diventare un motore di sviluppo di un settore dell’industria manifatturiera particolarmente importante.
Luigi Nicolais
Assessore all’Università ed alla Ricerca Scientifica
della Regione Campania
Grazie per avermi dato l’opportunità di partecipare a questo
convegno sull’industria ferrotranviaria in Campania con l’Unione
degli Industriali ed il Cesit.
Qualche anno fa, quando sono stati elaborati i piani strategici
108
per lo sviluppo dell’innovazione nella nostra regione, abbiamo fatto
un’analisi attenta di quali fossero i punti di forza e tra questi c’è sicuramente l’industria ferrotranviaria e, più in generale, dei trasporti.
Questo comparto emergeva tra i pochi nei quali era possibile
individuare realtà di eccellenza e per il quale valeva la pena di investire in innovazione e ricerca, sia di tipo accademico che industriale.
Oggi ci troviamo di fronte ad una situazione abbastanza interessante, in un contesto che sta evolvendo in maniera continua e sta
dando sempre più un forte ruolo alle piccole e medie imprese, le
quali si stanno trasformando da attori di un sistema di subcommittenza che in genere lavorava su una commessa ben specifica in cui
tutta la componente di conoscenza veniva dalla grande impresa, ad
un aggregato più attivo, che evidenzia un crescente ruolo di partnership tecnologica e non di semplice subfornitura. Proprio in questa prospettiva, la presenza dei Centri di Competenza che sono stati
avviati in Campania è un punto di forza per la piccola e media impresa; poiché la grande impresa riesce già ad interloquire con il
mondo della ricerca, mentre la piccola impresa ha maggiori difficoltà. I Centri di competenza, che rappresentano delle strutture virtuali, oggi possono offrire alle piccole e medie imprese la possibilità di offrire prodotti con maggiore contenuto di innovazione ed
immaterialità e quindi più competitivi.
Per tutta la Campania e più in generale per l’Italia c’è una crescente necessità di incrementare il contenuto innovativo dei prodotti, per competere in un mondo in cui sono ormai scomparse delle
leve competitive prima utilizzabili: la possibilità di svalutare la moneta è scomparsa ed il costo del lavoro ha un livello che in molti
casi non è comparabile con quelli di altri paesi del mondo.
Questo ci deve spingere a trovare nuovi spazi e per mantenere
la competitività non possiamo che arricchire i nostri prodotti di conoscenza.
Per ottenere questo obiettivo dobbiamo però lavorare assieme.
L’inaugurazione del Laboratorio costituito da Firema ed il Centro di
Competenze sui Trasporti rappresenta un valido percorso per sostenere lo sviluppo dell’innovazione ed è il modello attorno al quale la
Regione si sta muovendo per costruire un nuovo sistema, in cui la
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piccola e media impresa rappresenta una nodo focale; perché è su
di essa che noi dobbiamo cercare di incidere per cambiare il modo
di produrre e per cambiare il modo di essere subcommittenti. Questo vale per l’industria ferroviaria, per l’aeronautica, per il navale;
in poche parole, per tutto il settore dei trasporti, nel quale la Campania ha competenze ed esperienze sufficienti per poter diventare
leader nazionale ed europeo.
Per raggiungere l’obiettivo è però necessario che questa strategia sia accolta da tutti gli interlocutori; che ognuno si assuma le proprie responsabilità e abbia la volontà di portare avanti il processo.
La Regione Campania ha già colto le opportunità del Quadro
Comunitario di Sostegno 2000-2006 e molto di più faremo con il
prossimo, contando di poter impegnare il 30% in azioni di sostegno
alla ricerca ed all’innovazione, ritenendo che la Campania abbia
ampie possibilità per poter competere anche a livello internazionale.
Abbiamo constatato che le Università hanno già cominciato ha
svolgere con successo il loro ruolo in questo nuovo modello di sviluppo, così come le imprese e ciò rappresenta un ottimo passo in
avanti.
Ugo Caselli
Vice Direttore Generale Industriale AnsaldoBreda S.p.a.
Per competere sui mercati è evidente che è una nostra necessità
ristrutturare e rendere più vivo il sistema dell’indotto delle grandi
imprese. Va sottolineato, in verità, che l’indotto sta già crescendo,
ma lo sta facendo a salti e solo in specifiche aree, senza che vi sia
una chiara e completa strategia.
L’AnsaldoBreda sta puntando al conseguimento di una maggiore efficienza del sistema dei costi, concentrando la sua attenzione sulla progettazione industriale e sul controllo di processo, ottimizzando i costi esterni e interni. I successi dell’azienda sui mercati esteri stanno dimostrando la bontà di questa scelta strategica.
Vorrei dare alcuni numeri: il 75% del valore dei nostri veicoli
viene acquistato dall’esterno.
Il nostro fatturato è di circa 500 milioni di euro ed ha permesso
110
il radicamento intorno agli stabilimenti di Napoli, Pistoia e Reggio
Calabria delle forze produttive del luogo. Occorre anche ricordare
che il 65% è ancora appannaggio di fornitori di respiro internazionale, che operano in regime di oligopolio e che forniscono componentistica, quali porte, freni e condizionamento.
Solo il 15% dei componenti possono essere facilmente reperiti
sul mercato e il 20% sono prodotti che i nostri fornitori possono
adeguare giorno per giorno alle nostre esigenze, quali carpenteria,
schede elettroniche, cablaggi elettrici.
Lo scorso anno abbiamo avviato una azione di progressivo spostamento di una considerevole quota della componentistica pregiata, attualmente appannaggio dei fornitori internazionali, verso i
nostri fornitori domestici. Nel corso di quest’ultimo anno abbiamo
fatto una serie di esperimenti – non tutti riusciti – che rappresentano stimolo ed opportunità di lavoro ulteriori. Abbiamo, ad esempio, messo a punto il progetto per la realizzazione di un convertitore e carrelli per veicoli pesanti, spostando il baricentro produttivo
verso l’esterno e trasferendo, quindi buona parte delle lavorazioni
verso il nostro indotto.
Lo stesso stiamo facendo per altri componenti, ma ci risulta ancora difficile convincere i produttori internazionali a scegliere partner locali, ma non desistiamo. Del resto, l’apparato produttivo locale è diffuso e siamo pienamente convinti in grado di realizzare i
prodotti a noi necessari.
Giorgio Fiore
Vice Presidente FIREMA Trasporti S.p.a.
Il mercato italiano si è completamente trasformato. Siamo passati da un mercato protezionistico – frazionato tra tante aziende che
producevano sulla base dei progetti elaborati dalla Ferrovie dello
Stato, dove venivano ripartite le commesse per quote storiche e tutti
vivevano – ad un mercato in cui la libera concorrenza è il punto
centrale. Nel contesto europeo l’Italia ha, molto più di altri paesi,
come Francia e Germania che non lo hanno fatto per nulla, aperto
completamente il suo mercato, pur possedendo un sistema industriale che non era affatto pronto a fare questo passo. Il risultato è
111
che sono falliti quasi tutti. Alla fine, su decine di aziende ne sono
rimaste solo due: AnsaldoBreda e Firema. Nel momento più alto
della crisi abbiamo corso il rischio della Gran Bretagna, che non ha
più nessuna azienda.
Firema ultimamente ha fatto alcune scelte importanti: abbiamo
eliminato alcuni partner privati; con Ansaldo abbiamo trovato la
formula di cessione di ulteriori quote di capitale ed abbiamo portato tutta l’azienda nel Mezzogiorno. Di fatto, attualmente, Firema
ha una presenza radicata nel sud in termini di stabilimenti ed ha un
centro progetti a Milano che si sta trasferendo a Napoli.
Anche l’ufficio commerciale si sta trasferendo a Napoli, nell’ottica della creazione di un sistema locale.
Nel 2004, il 24% del nostro indotto è stato locale, per un importo di oltre 13 milioni di euro. Potrebbe sembrare un dato interessante, però, se lo rapportiamo al sistema in generale, abbiamo un
dato di 54 milioni di euro affidati all’esterno; è evidente che c’è ancora da pescare in questo serbatoio. Per il 2005 intendiamo acquisire all’esterno circa 74 milioni di euro, augurandoci che l’indotto
locale possa acquisire questi ordini. Cosa si può fare?
Noi ci siamo attrezzati, ma non siamo ancora pronti a vedercela con competitor come Bombardier, Alstom, Siemens, che non
solo sono grandi aziende, ma se le confrontiamo con i nostri fatturati sono molto lontane ed a ciò si aggiunge che si tratta di aziende
appoggiate dai governi nazionali, cosa che non succede in Italia.
Solo attraverso la proposta di sistemi completi possiamo sviluppare un’offerta in grado di competere con i grandi operatori internazionali e capace di sostenere lo sviluppo dell’indotto.
A fronte di questo quadro complesso, cosa possiamo fare noi
operatori industriali del settore per competere?
Innanzitutto, a mio parere, investire in progettazione, perché
c’è bisogno di nuovi prodotti; ma il nostro sforzo deve essere seguito anche dai fornitori, altrimenti i prodotti non saranno quelli richiesti dal mercato. A tale proposito, voglio citare un esempio in relazione all’attività di Firema: la progettazione di una locomotiva
idraulica: lo abbiamo fatto a nostro rischio, perseguendo l’obiettivo
prima esposto.
L’ultima considerazione da fare è che oggi si parla sempre più
112
di offerta di “sistemi di trasporto”, non di mezzi di trasporto. Anche
se la Campania, ben dotata di aziende e di indotto, è tra le regioni
italiane quella che ha il più alto coefficiente di investimenti nel settore, sconta comunque un difetto di origine, a causa della frammentazione delle competenze che non permette di creare il sistema.
Giancarlo Schisano
Direttore Divisione Trasporto Regionale Trenitalia S.p.a.
Concordo pienamente con i precedenti oratori, quando parlano
del cambio dell’aspettativa sui prodotti e di come sia mutata la
struttura della filiera.
Quando FS è nata, cento anni fa, era certamente un motore di
sviluppo, avendo tecnologia e competenza. Poi si è cercato di mantenere il know-how, la competenza e la tecnologia; che però si cominciavano a perdere, perché le aziende produttrici che nel frattempo si erano sviluppate ne avevano di più.
Perciò, fino ad una decina di anni fa, le Ferrovie dello Stato
sono state succubi dei fornitori di materiale rotabile, pur avendo una
struttura ingegneristica interna molto forte, che in realtà, però, dipendeva dal fornitore. Peraltro, non c’è stato un occhio attento al
mercato, con una valutazione delle esigenze dei consumatori. Le FS
hanno accettato di acquistare prodotti proposti dai fornitori e ciò ha
comportato, ad esempio, l’acquisto di un numero complessivo di
5.000 carrozze, delle quali non più di 500 sono uguali; l’acquisto di
8.000 locomotive di tutti i tipi, ma poiché il produttore ne proponeva ogni anno una di tipo diverso, non esiste un magazzino ricambi
accettabile e non ci sono sufficienti competenze per garantire chiari
standard per la manutenzione.
Questa situazione è abbastanza cambiata negli ultimi anni, anche in considerazione di quello che è avvenuto in Inghilterra, dove
non c’è più una ferrovia nazionale. Gli inglesi, infatti, hanno “spacchettato” le attività delle ferrovie ed hanno creato una serie di società di manutenzione, di società di leasing di materiale rotabile e
hanno messo a gara la gestione dei servizi.
Lo scenario, dunque, è completamente mutato e coloro che
hanno assistito al processo hanno dovuto adeguarsi. Per quel che ri113
guarda le FS, questo processo non è ancora evidente, ma qualcosa
si sta muovendo.
Abbiamo cercato di uniformare la flotta; solo così facendo c’è
la possibilità di avere un magazzino ricambi, più o meno unico; lo
stesso dicasi per la manutenzione.
Abbiamo un piano di acquisto e di revamping, solo per il trasporto locale, di 4,3 miliardi di euro negli anni 2005-2008. Per ogni
anno abbiamo programmato acquisti di nuovo materiale rotabile per
circa un miliardo. Questo piano proseguirà fino al 2015 e speriamo
di adeguare il 40% della flotta.
Ovviamente, per il materiale rotabile abbiamo bisogno di fornitori “forti”. Ci aspettiamo però che i fornitori abbiano un atteggiamento diverso dal passato, e cioè quello del partenariato. È
molto facile a dirsi, ben più difficile a farsi, anche se nel settore
produttivo del materiale rotabile è più semplice creare forme di partenariato, perché di fatto parliamo di una serie di oggetti concreti, i
cui requisiti ci sono chiari.
Tuttavia, all’interno di FS non c’è quasi più la competenza ingegneristica e quella che c’è è il frutto della nostra storia. Dove, invece, abbiamo una grande competenza è nella coscienza di ciò che
vuole il mercato, o meglio, di ciò che non vuole.
Abbiamo quindi la necessità di adeguare le nostre scelte al
mercato, che è profondamente mutato. Su questo aspetto, Trenitalia
ha sviluppato competenze che consentono di dialogare con i fornitori di materiale rotabile. Ci aspettiamo, però, l’acquisizione di
competenze anche da parte dei fornitori.
Una parte considerevole del piano di investimenti è destinata al
revamping, per recuperare un patrimonio di carrozze (5.500) esistenti. È chiaro, quindi, che il dialogo che si deve stabilire con i fornitori deve essere improntato alle necessità della domanda, anche
per il revamping.
Per soddisfare le esigenze di risistemazione dei veicoli, occorre
che i fornitori siano capaci di offrire un prodotto completo, che gli
consentirà, oltre tutto, di affacciarsi sui nuovi mercati emergenti.
Quindi diventa indispensabile che si creino sinergie produttive
per poter adeguare l’offerta alle necessità del mercato.
114
Vincenzo Torrieri
Direttore Progetto Centro Regionale di Competenza sui Trasporti
Università degli Studi di Napoli Federico II
Per tutti i cambiamenti che sono avvenuti nel settore, diventa
sempre più indispensabile avere una “casa” per la ricerca, perché se
si ragiona per prodotti apparentemente insignificanti, ma che si innestano in un prodotto più grande. C’è bisogno che fornitori, domanda ed esercenti dialoghino.
Come Centro di Competenza, abbiamo elaborato la “Carta
delle Università”. In questo processo, cioè la collaborazione ad un
piano comune, abbiamo fatto un altro passo avanti per dotare il
Centro di infrastrutture materiali per la ricerca.
Il mondo accademico si è mosso verso quella che riteniamo sia
la giusta direzione.
Attualmente, il Centro di Competenza raccoglie essenzialmente l’Università ed ha quindi una natura pubblica; manca ancora
un tassello, le imprese private, affinché sia possibile la creazione
della casa comune. Questo tavolo di oggi può essere l’inizio della
costruzione dell’intero mosaico: Università, ricerca, imprenditori ed
Associazioni di categoria che dialogano con il Centro.
Quest’ultimo è uno strumento pensato in modo lungimirante
dalla Regione Campania. Allo stato attuale, sono stati progettati 12
laboratori di ricerca per lo sviluppo del materiale rotabile e per i
veicoli di piccola dimensione. Non esistono paragoni in Italia di una
struttura così fatta per il settore. La Regione Campania ha varato
per prima un bando per raccogliere la manifestazione di interesse
per la realizzazione di centri di competenza destinati a soggetti pubblici.
Lo Stato solo adesso ha varato un piano per la realizzazione di
centri di competenza con la formula pubblico/privato, ovviamente
anche noi parteciperemo, potendo contare su di una sede, sull’Università e sugli strumenti per la ricerca nel settore.
Occorre però l’impegno delle imprese e soprattutto degli esercenti, cioè i soggetti che realizzano i prodotti e quelli che verificano
l’esigenza della domanda di trasporto.
Le imprese dovranno entrare nell’ordine di idee che per fare innovazione di prodotto c’è bisogno di investire in ricerca. Esistono
115
anche i contributi per il settore, con finanziamenti agevolati, per
creare un sistema all’interno del quale le competenze regionali del
comparto abbiano la possibilità di esprimersi anche a livello nazionale. Il primo passo è stato fatto, vale a dire la realizzazione, a livello locale, di una struttura di ricerca pubblica che però ragiona ed
opera come un’impresa che produce ricerca, in grado di dialogare
con i produttori e con gli esercenti per un fine comune: sviluppare
innovazione.
Riccardo Mercurio
Direttore Scientifico Cesit
Ringrazio tutti i partecipanti a questo incontro che, nel corso
della discussione, si è trasformato in quella “casa comune” necessaria all’approfondimento degli argomenti che riguardano il settore
ferrotranviario.
È emersa con chiarezza l’esigenza di avere un mercato conosciuto e trasparente, perché le aziende vivono sulla conoscenza e
previsione della domanda del futuro e se c’è totale incertezza non
c’è azienda. Questo è un punto centrale: non si possono fare investimenti se il rischio imprenditoriale diventa troppo elevato, mancando la possibilità di conoscere i comportamenti dei committenti
e la reale consistenza del mercato futuro.
In questo senso, l’Assessore Ennio Cascetta ci ha assicurato
che l’elemento della certezza diventerà sempre più un impegno
nelle scelte delle aziende regionali e delle istituzioni. Anche il Direttore Giancarlo Schisano ha dichiarato che sono stati definiti con
precisione i percorsi dello sviluppo.
Vorrei aggiungere, però, che nel passato non sempre è stato
così. Adesso sappiamo – e me ne rallegro – delle esigenze specifiche, in primo luogo, di Trenitalia, ma anche delle altre componenti
del sistema, che possono consentire di fare progetti di sviluppo e di
avere una opportunità e un riferimento per interpretare il futuro.
Colgo, inoltre, che le considerazioni fatte lasciano intendere
che il mercato sta crescendo e che ha raggiunto dimensioni interessanti per le aziende produttrici.
Un problema importante, che non va perso di vista, sono i
116
tempi. Quando si prevede uno sviluppo di dimensioni estremamente
elevate della domanda bisogna preoccuparsi: l’annuncio di investire
500 milioni ogni anno è spesso preferibile a quello che indica 4 miliardi. L’esperienza del passato ci dice, infatti, che le elevate previsioni di spesa fornite dai committenti nazionali e locali (FS, Ferrovie concesse, ecc.) si sono trasformate in ordini solo per una quota
decisamente limitata.
Altro elemento da affrontare è quello relativo ai servizi afferenti il trasporto ferroviario. Non si può fare un ragionamento solo
in relazione al materiale rotabile, poiché al prodotto manifatturiero
sono legati molti altri sistemi immateriali e di servizio, che spesso
sono quelli che creano valore e fanno la differenza tra i competitors. In questo senso, c’è ancora spazio per fare proposte.
Come è stato ben illustrato, innovare è possibile, ma occorre un
cambio di rotta nella mentalità degli operatori del settore: è indispensabile creare “gruppo”, cosa che oggi è solo in parte possibile
perché per dar vita ad un unico gruppo c’è bisogno di avere chiarezza sui tempi di realizzazione dei progetti e dei tempi di ritorno
degli investimenti.
Inoltre, è stata sottolineata la questione dei rapporti tra produttori ed esercenti, aspetto di grande rilievo, perché tutti facciamo
parte del “Sistema Italia” e dobbiamo costruire un sistema competitivo per potere affrontare il resto del mondo.
Dobbiamo essere convinti che, nell’ambito del mercato e della
competizione, è il sistema nazionale che va sostenuto per creare valore per l’intero Paese. Voglio fare un esempio: se va in crisi il settore automobilistico ci si preoccupa e ci si muove per cercare soluzioni; nella consapevolezza che la perdita del settore significa perdita di ricchezza per il Paese. Questo non è vero per l’industria
ferrotranviaria; eppure questo settore – occorre dirlo – non ha ancora “perso” peso sul mercato e rappresenta un patrimonio di risorse e conoscenze particolarmente significativo per l’Italia.
C’è la questione legata alla creazione di una rete di rapporti
ispirati alla trasparenza. A tale proposito, ritengo che il ruolo dell’Unione degli Industriali sia di fondamentale importanza, poiché è
il luogo dove le diverse componenti possono definire la strategia comune nell’ambito dei diversi ruoli e delle diverse competenze.
117
Un ulteriore elemento da non trascurare è quello relativo alla
disponibilità di fonti finanziarie, specialmente in termini di continuità e certezza dei tempi di erogazione. Anche in questo caso non
si può navigare a vista.
Vorrei fare riferimento anche alle necessità di sviluppo delle
competenze tecnologiche e progettuali. Sono tante le aziende medio-piccole che stanno affrontando con impegno questo processo,
ma è necessario che questo percorso sia sostenuto anche dalle
grandi imprese, al di là degli interessi specifici, ponendosi davanti
uno scenario di medio-lungo periodo e di sviluppo della filiera. In
tal senso, esiste un’opportunità legata al Centro di Competenza.
Come sapete, sono stati emanati il 14 maggio i decreti di finanziamento per la costituzione di un Laboratorio pubblico/privato per l’elaborazione di progetti finalizzati allo studio ed alla progettazione
di nuovi materiali per i rotabili ferroviari. Dove, se non in Campania, si deve cogliere questa opportunità?
Occorre, inoltre, individuare chi può gestire i rapporti di integrazione e aggregazione tra i soggetti del settore. È chiaro che il sistema della filiera nasce per queste tipologie di attività manifatturiere normalmente dall’azienda più grande e focale che crea innovazione e domanda, ma è anche vero che questa funzione genera
spesso preoccupazione, poiché è facile che il leader possa trasformarsi da aggregatore di competenze in “sostenitore” di aziende. Bisogna quindi individuare chiaramente ruoli e funzioni dei diversi attori di questo sistema, in cui anche la Regione Campania può e deve
assumere una sua specifica funzione.
È infine necessario comprendere come formulare una politica
pubblica da innestare all’interno di un network. La politica di
network è un elemento noto ed attorno ad esso si connettono tutti
gli aspetti oggi discussi. La Regione Campania si è già mossa in
questo senso, dando incarico a TESS di sviluppare un progetto di
fattibilità orientato in questa direzione ed i cui risultati dovrebbero
far sì che le sollecitazioni emerse attorno a questo tavolo possano
avere concrete e rapide prospettive di “realizzabilità”. Sarà poi impegno di tutti credere nel progetto e fornire un concreto contributo
di disponibilità, nell’ambito di un processo di miglioramento qualitativo e di sviluppo di prodotti.
118
Conclusioni
Giovanni Lettieri
Presidente dell’Unione degli Industriali della Provincia di Napoli
Lo studio oggi presentato è stato realizzato in collaborazione
con la Camera di Commercio, e vi anticipo la prossima pubblicazione di un’altra importante analisi sulle diseconomie delle imprese
nel nostro territorio, rispetto a quelle che operano al Nord.
Il vero problema non è tanto il costo del lavoro che noi subiamo
rispetto ai paesi emergenti, che comunque è un fatto importante.
“Se si prende un prodotto nostro e si prende un prodotto cinese o di
un altro paese emergente, l’India ad esempio” (dove io ho avuto uno
stabilimento fino ad un anno fa) “e si toglie il costo del lavoro”, diceva prima il prof. Ennio Cascetta “si vede che il loro è inferiore
del 50-60% ed è normale che si acquista questo prodotto in un
paese che non sia l’Italia”. Se il problema è veramente il costo del
lavoro, non mi torna questo 50-60%. Quando noi avevamo uno stabilimento in India, facevamo i conti e dicevamo: “ma come è, non
mi trovo, più o meno abbiamo gli stessi costi”; perché è vero che il
costo del lavoro è più basso, però c’è una minore resa dei dipendenti, c’è il 20% di interessi passivi, c’è una diseconomia del territorio, lo stabilimento è al centro del Paese, per cui alla fine, facendo
i conti, non c’era convenienza.
Da quando abbiamo venduto questo stabilimento, gli stessi prodotti sono sul mercato ad un prezzo sensibilmente più basso e se noi
estrapoliamo il costo del lavoro, si vede che i nostri concorrenti
hanno costi del 20-30% più bassi dei nostri. Questo perché succede? Perché non c’è reciprocità.
Noi, in Italia o in Europa, siamo costretti ad esser “liberal”, ma
se vogliamo esportare i nostri prodotti in Cina, c’è il 35% di dazio.
119
Loro, per esportare i loro prodotti in Europa, pagano l’8,5% di dazio, in più hanno il 13% di contributo all’esportazione. Se noi continuiamo a competere su questi livelli, prima o poi arriveremo a problematiche che riguarderanno un po’ tutti i settori.
L’unica possibilità per difenderci è fare ricerca, fare innovazione, come giustamente diceva anche il prof. Luigi Nicolais. Lui
dice “che le imprese locali si sono buttate a pesce sui fondi messi
a disposizione dal San Paolo di Torino”. Non è che ci siamo buttati
a pesce. Nelle nostre aziende campane, meridionali, abbiamo sempre fatto innovazione, abbiamo sempre fatto ricerca, l’unica differenze è che non era strutturata; cioè lo facevamo tutti i giorni, ma
non conoscevamo i finanziamenti e le risorse di cui potevamo beneficiare, mentre invece al nord del Paese già lo facevano. Con il
fatto che sono stati messi a disposizione questi fondi, alcuni di noi
hanno cominciato a pensare di utilizzarli ed abbiamo strutturato all’interno delle nostre aziende il sistema di ricerca.
Tutti quanti in maniera non strutturata abbiamo fatto ricerca,
altrimenti non saremmo potuti sopravvivere fino ad oggi; ora c’è la
necessità di fare ricerca in stretta collaborazione con l’Università.
La prima ferrovia è stata la Napoli-Portici, fattore che indica
che qui già allora era presente un tessuto industriale in grado di
svolgere questo tipo di attività. Anche se con l’Unità d’Italia le imprese sono state dirottate su altri territori del Paese, il fatto che sia
sopravvissuto in quest’area un comparto ferrotranviario come
quello che abbiamo ed anche quello aeronautico, indica che c’è
qualcosa di diverso e di fondamentale che dobbiamo salvaguardare.
L’importante è che il Paese si ponga un interrogativo: l’industria manifatturiera in Italia, la vogliamo mantenere o deve scomparire? Perché se continuiamo così, tra 10-15 anni in Italia l’industria manifatturiera sarà finita. Se invece si prende coscienza che è
una cosa importante del Paese e che non si può vivere solamente di
terziario e servizi, e che deve purtroppo esistere anche l’industria
manifatturiera, allora dobbiamo sviluppare le reti di contatti e sostenere i settori, come quello ferrotranviario, che funzionano.
Il tessile, ad esempio, è un settore con 900.000 addetti, il 17%
della forza lavoro del Paese, e non si riesce a comprendere che è un
comparto importante, da salvaguardare, e si continua a trascurarlo.
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In una riunione dei maggiori produttori europei del settore tessile a
Parigi, tra gli altri punti all’ordine del giorno, tra cui quello delle
importazioni cinesi, si è parlato anche del costo dell’energia elettrica. In Italia paghiamo 85 cent a kilowatt, in Francia solo 40 cent,
un dato che chiarisce quali siano i reali problemi di competitività
che dobbiamo affrontare.
L’unica possibilità è fare “sistema”, per continuare a crescere e
per salvaguardare una di quelle poche attività che funzionano come
il ferrotranviario. È importante che questi incontri avvengano con
sempre maggiore frequenza e che abbiano continui follow-up, per
costruire una idonea metodologia di lavoro e di sviluppo. L’Unione
degli Industriali della Provincia di Napoli ha creato una commissione per il settore aeronautico ed io propongo di fare la stessa cosa
per il ferrotranviario: creiamo una commissione che segua i lavori
e l’evoluzione del comparto, perché così facendo strutturiamo il sistema.
Ognuno, nell’ambito delle proprie funzioni e competenze deve
fare la propria parte – l’Unione Industriali, le grandi e le piccole
imprese, i dipendenti, le istituzioni locali e nazionali – per raggiungere l’obiettivo della crescita e della competitività.
Sono convinto che con l’impegno di tutti possiamo farcela.
121
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nel mese di novembre 2005
da Cangiano Grafica - Napoli