la traduzione dei nomi propri di persona ritrovati in amintiri din

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la traduzione dei nomi propri di persona ritrovati in amintiri din
LA TRADUZIONE DEI NOMI PROPRI DI PERSONA
RITROVATI IN AMINTIRI DIN COPILĂRIE DI ION
CREANGĂ
Denisa IONESCU
Universitatea „Babeş-Bolyai”, Cluj-Napoca
La traduzione e il fattore culturale
Wilhelm von Humboldt e i suoi discepoli hanno mostrato come la lingua
determina il nostro modo di pensare ed esige un’interpretazione dell’universo.
„Ciascun sistema linguistico racchiude in sé un’analisi del mondo esterno, analisi
che gli è propria ed è diversa da quella delle altre lingue o delle altre tappe della
stessa lingua” (Ullmann 1952: 300). La stessa esperienza riguardante l’universo
viene analizzata in modo diverso in lingue diverse, di conseguenza la lingua
organizza il modo di pensare e la nostra visione del mondo.
Dunque, il processo della traduzione è un atto di cultura, è la trasmissione e
la decodifica di un messaggio da una lingua in un’altra. Si deve tener conto del
fatto che l’esistenza millenaria di ogni lingua si rispecchia nel suo modo di
organizzarsi e lo studio o la traduzione di una lingua non possono essere
estrapolati, ma essi devono essere collegati alla rispettiva società, all’eredità
culturale, ecc. “La traduzione non rispecchia soltanto la cultura della lingua di
partenza, cioè lo spirito del suo popolo, ma anche la cultura della lingua d’arrivo,
come anche il suo atteggiamento rispetto ad altre culture, idee, fenomeni” (LunguBadea 2004: 21).
Il dovere del traduttore non è solo quello di riconoscere e decodificare il
messaggio. Egli deve capire e interpretare l’informazione e, in un secondo
momento, deve rivestirla di una forma che il ricettore possa riconoscere e capire
rispettando, allo stesso tempo, l’intento dell’emittente. Quest’aspetto diventa
ancora più importante quando si tratta di una traduzione letteraria dato che “il
traduttore non traduce un testo basandosi sul dizionario, anzi basandosi sull’intera
storia delle due letterature. Di conseguenza, la traduzione non deve essere collegata
solamente alla competenza linguistica, ma anche alla competenza intertestuale,
psicologica e narrativa” (Eco 2001: 23). „Le resistenze alla traduzione si devono
soprattutto al dialogo interculturale. Più è intenso, meno si ha la tentazione dei
chiarimenti, meno tensioni ci saranno nella traduzione” (Cordonnier 1995: 178).
Quindi, più sono stretti i rapporti tra le due comunità, più facile sarà la
comunicazione grazie alle conoscenze reciproche condivise dalle rispettive
comunità.
Abbiamo tracciato, fino a questo punto, il rapporto tra cultura e traduzione.
A partire da questo punto il nostro studio verte su una traduzione particolare,
specifica che è quella della traduzione dei nomi propri di persona che troviamo
Denisa IONESCU
nelle opere letterarie. Di conseguenza, al rapporto a cui si è accennato di sopra
viene aggiunto un nuovo elemento: traduzione – cultura – antroponimo. Non si
tratta di un elemento isolato dato che fa parte, è incluso nel generoso e ampio
significato del termine cultura. Ecco in riguardo l’opinione dello studioso italiano
Edoardo Sanguineti (1987: XI): “un Nome rappresenta una somma di idee, è
Cultura incarnata in sillabe che individuano”. Non possiamo isolare un nome dalla
cultura a cui appartiene, dal suo contenuto storico. Questo vale ancora di più per
ciò che riguarda l’antroponimia letteraria per cui il nome gioca un ruolo importante
nell’architettura dell’opera. Si tratta di nomi che ritroviamo nelle creazioni popolari
ma anche colte dato che, il più delle volte, un nome nasconde un messaggio, un
significato, una chiave di lettura dell’opera.
Abbiamo considerato necessario segnalare questi aspetti teorici che abbiamo
seguito nella nostra analisi pratica. Il corpus è rappresentato dal romanzo d’infanzia
Amintiri din copilărie di Ion Creangă, opera in cui gli elementi sopraccennati sono
essenziali nel processo di ricezione. Mostreremo, nelle righe che seguono,
l’attenzione di cui questi elementi hanno goduto da parte dei traduttori e il grado in
cui sono riusciti a trasmettere la cultura racchiusa nelle poche sillabe che formano
un antroponimo.
Amintiri din copilărie di Ion Creangă
L’obbiettivo principale di questo lavoro è quello di seguire la traduzione dei
nomi dei personaggi di Amintiri din copilărie nelle traduzioni in lingua italiana ed
inglese. Per raggiungere la nostra meta dobbiamo prima identificare l’inventario
onomastico presente nell’opera di Creangă, evidenziare le sue caratteristiche e,
finalmente, seguire il modo in cui tutti questi aspetti e queste sfumature sono state
trasmesse ai lettori non nativi. Ognuna di queste tre tappe è essenziale per
raggiungere l’obbiettivo che ci siamo proposti. Delineare l’inventario dei nomi è
necessario dato che essi fanno l’oggetto della nostra ricerca, ma non è sufficiente se
non accompagnato dall’identificazione delle caratteristiche di quest’inventario.
L’opera di Creangă è, indubbiamente, un’espressione del nostro popolo, “è la
prima espressione intuitiva per mezzo dell’arte, della coscienza di un popolo,
manifestata nel suo ambiente cosmico ed etnico” (Constantinescu 1989: 21). A
sostenere quest’affermazione ci sono innumerevoli critici letterari tra i quali
rammentiamo George Călinescu (1964: 87) che scrive: “Ion Creangă è colui che
rappresenta nel miglior modo la spiritualità millenaria del popolo romeno, capisce
e intuisce il miracolo dell’esistenza romena e diventa il suo esponente. È lui il
narratore della nostra esistenza mitica”. Così anche Gheorghe Mitrache (1997: 66):
“Amintirile fanno ricorso a degli eventi autobiografici che, oggettivandosi,
diventano simboli dell’esistenza romena”.
È proprio questo forte aggancio alla realtà romena quello che esige l’analisi
e la strutturazione dell’inventario onomastico presente nell’opera di Creangă. Il
carattere fortemente popolare, lo specifico nazionale sono trasmessi dall’autore,
ovviamente, anche tramite il nome. Anche se il nostro obbiettivo è rappresentato
dai nomi motivati e trasparenti (nomignoli, soprannomi, nomi parlanti), non
La Traduzione Dei Nomi Propri Di Persona Ritrovati In Amintiri Din Copilărie
Di Ion Creangă
possiamo soffermarci solamente su questi dato che l’autore usa un vasta galleria
onomastica rappresentativa per l’intero sistema romeno di denominazione
personale. Di conseguenza, anche se, in linea di principio, soltanto i nomignoli e i
nomi parlanti dovrebbero fare l’oggetto del presente lavoro dal momento in cui
solo questi possono essere tradotti, sarà interessante analizzare come i traduttori
sono riusciti, più o meno brillantemente, di trasmettere attraverso la traduzione
anche gli altri aspetti e le altre sfumature (come, per esempio, l’affiliazione) che
caratterizzano il nostro sistema antroponimico.
Quindi, tutti i nomi dalle opere di Creangă trasmettono qualcosa. I nomignoli
e i soprannomi sono motivati, trovano nella persona che designano una
giustificazione, una spiegazione. Però molto suggestivi, almeno per i nativi, sono
anche gli altri antroponimi presenti nella narrazione: i cognomi (dato che si tratta
del periodo che ha seguito l’implementazione del sistema onomastico ufficiale. Di
conseguenza, persino al livello dei cognomi ritroviamo ancora, oppure siamo in
grado di intravvedere, il significato iniziale degli appellativi da cui provengono –
es. Bordeianu – “Bordei” > tugurio) (Iordan 1983: 57). Un caso di particolare
interesse è proprio quello dell’autore chiamato dalla gente del villaggio Nic-a lui
Ştefan a Petrei ma, a scuola, viene chiamato Ion Ştefănescu, cognome costruito, a
seconda dei procedimenti dell’epoca, dal nome del padre. Una situazione simile è
quella di Zaharia lui Gâtlan chiamato a scuola Zaharia Simionescu. Siamo agli
inizi del processo di implementazione dei cognomi romeni e quest’aspetto crea
innumerevoli problemi di traduzione. Un lettore che non conosce il contesto in cui
si svolsero gli eventi narrati da Creangă non può capire il motivo per cui a scuola
un alunno viene chiamato con un altro nome che quello usato fino a quel punto. In
questo senso, nessuna delle traduzioni da noi analizzate non presenta alcun
chiarimento. Nella nostra opinione quest’aspetto sorprende la realtà romena
dell’epoca e il fatto che il traduttore l’abbia tralasciato è a sfavore del lettore e del
processo di ricezione.
Abbiamo sottolineato tramite alcuni esempi l’importanza dell’inventario
antroponimico di Creangă all’interno dell’architettura dell’opera e abbiamo
tracciato alcune linee generali essenziali nella ricreazione dell’atmosfera nella
lingua e nella cultura d’arrivo. Nella seconda parte del nostro studio faremo
un’analisi dettagliata di questa galleria onomastica estremamente ampia e sfumata
per poter sorprendere, in seguito, il modo in cui è stata trasmessa attraverso la
traduzione.
L’inventario onomastico
Una prima strutturazione è al livello dei nomi maschili rispetto a quelli
femminili. Essi sono stati analizzati separatamente, in modo differenziato e
contrastivo. I primi sono molto più numerosi e le donne vengono indicate, il più
delle volte, tramite il nome / nomignolo / soprannome del marito o del padre. Un
altro criterio che abbiamo considerato per definire le categorie che abbiamo
identificato è rappresentato dagli elementi costitutivi dei due sistemi di
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denominazione che all’epoca funzionavano parallelamente – il sistema ufficiale e
quello popolare.
Di conseguenza, i nomi maschili presenti in Amintiri si possono raggruppare
come segue:
– cognomi (provenienti da soprannomi attestati e ancora trasparenti): moş
Andrei [Ciubotaru] (il Calzolaio) – menzionato nella Statistica economica del
villaggio di Humuleşti del 1849 „Andrei sân (fiu) Cibotar” (Cristea 1995: 11) fatto
che dimostra la fase incipiente del sistema onomastico antroponimico ufficiale e il
procedimento di indicare l’individuo attraverso il nome del padre, nome
proveniente, il più delle volte, dal mestiere che egli praticava; moş Chiorpec
ciubotarul – e Valeriu Cristea (1995: 33) aggiunge: „con la c, indicando una
professione e non un nome; forse, al contrario di altre situazioni, il nome è andato
perduto lungo il tempo però il mestiere si è conservato”; MirăuŃă din Grumăzeşti –
nome considerato da Iorgu Iordan (1983: 178) in quanto proveniente da „Mir(u) o
(e) Mircea, con il suffisso composto -ăuŃ”; Nică Oşlobanu – proveniente dal
soprannome toponimico che indica la località della regione di Ardeal, Voşlăbeni;
Pavel Ciubotarul din uliŃa Rădăşenii (Pavel il Calzolaio nel vicolo Radasceni) – „è
il nome completo” aggiunge Valeriu Cristea (1995: 230) per sottolineare
l’importanza dell’indicazione tramite toponimo per un’individuazione più precisa;
si tratta di una persona reale che pratica ancora il mestiere che gli serviva già da
modalità di identificazione; Simeon Fosa – dal verbo „a fosâi = a fâsâi” (Iordan
1983: 47) (fischiare, sibillare); Neculai Şoldănescu – „Şoldănescu < Şoldan 1.
purcel (gras) de câteva luni; 2. pui de iepure de câteva luni” (Iordan 1983: 234) (da
soldan, cioè maialino grassottello oppure piccolo coniglio); Gheorghe Trăsnea –
„a trăsni, cu suf. -ea” (Iordan 1983: 296) (dal verbo fulminare più il suffisso -ea);
anche se l’autore non fa menzione nella sua opera della provenienza di questo
nome, è ovvio che si tratta di un nomignolo diventato, lungo il tempo, soprannome
e fissato, in seguito, come cognome; Vasile łandură – probabilmente una variante
del nome „łandăra: Ńandără, sfărâmătură de sticlă, de porŃelan, de lemn etc.”
(Iordan 1983: 302) (dall’appellativo scheggia); come ultimo ma non meno
importante il cognome dello stesso autore, Creangă, che indica molti personaggi
nell’opera appartenenti alla famiglia della madre dello scrittore, nome che, scrive
Iorgu Iordan (1983: 46), si è formato dall’appellativo creangă (ramo). I nomi che
fanno parte di questa categoria non sono rilevanti per capire il messaggio del testo
però sono rilevanti per completare l’atmosfera di quei tempi e dei posti presentati,
per trasmettere il colore locale e per poter essere giustamente collocati in un
contesto storico; sono rappresentativi per il nostro popolo e portano il loro
contributo al valore dell’opera. Sfortunatamente, come già accennato, le traduzioni
analizzate hanno preferito ignorare questi aspetti lasciando alla competenza del
lettore la possibilità di osservarli o no;
– cognomi (altre provenienze): părintele Vasile Arbore, Vasile Bordeianu –
„n. top. Bordei” (Iordan 1983: 57) (tugurio); Neculai Conta – nome di origine
greca, „Conta < gr. Konta” (Iordan 1983: 71), viene indicato solo tramite un
calembour; părintele Chirilaş – probabilmente formato dal nome Chiril, il nome in
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Di Ion Creangă
questione non è molto suggestivo, però la sua forma diminutivale è in armonia con
la persona che individua: „la terminazione tenera, molle del nome suggerisce che il
padre Chirilaş non rifiuta di assaggiare la dolcezza della vita monacale ed era
soprannominato padre Chirilaş ’Vita-Facile’” (Cristea 1995: 37); questa sfumatura
discreta suggerita dall’uso del diminutivo può essere notata o no dal lettore nativo
però, sicuramente, è in armonia e giustifica il nomignolo che viene a completare
questo nome; sfortunatamente, non si può dire la stessa cosa del lettore non nativo
il quale, privo di una spiegazione addizionale, non potrà anticipare né collegare il
nome del prete al suo nomignolo; moş Dediu – „bg. Dejdu” (Iordan 1983: 31); moş
Fotea – „Fota sau / şi fotă, cu suf. -ea (dall’appellativo gonna) (Iordan 1983: 54);
Niculai Nanu – „bg. Nanu sau (şi) gr. Nan(n)os, Nan(n)u” (Iordan 1983: 147);
– soprannomi: moş Luca o Luca Moşneagul – in entrambi i casi il
soprannome si forma intorno al nome biblico e abbiamo incontrato persino la
variante Luca Diaconul (il Diacono) che viene ad indicare il ruolo che egli occupa
all’interno della chiesa; „părintele Dumitru de la pârâul Cârjei” (padre Dumitru
del torrente di Cârja), soprannome formato da un toponimo con ruolo di
identificazione come anche nel caso di „părintele Ioan de sub deal” (padre
Giovanni di sotto il colle); da questa categoria fanno parte pure soprannomi
specifici del sistema popolare di denominazione, la maggior parte formati dal nome
/ diminutivo del nome del padre (Nic-a lui Costache, Nic-a Petricăi, Petre
Todosiicăi, Ştefan a Petrei) e persino del nonno (Grigore a lui Petre Lucăi, Nic-a
lui Constantin a Cosmei, Nic-a lui Ştefan a Petrei) mirando, questi ultimi, ad
un’individuazione ancora più precisa; un caso speciale è rappresentato dal modo di
designare tre personaggi – Vasile-AniŃei, Toader a Catincăi e Vasile a Ilioaiei
oppure a Vasilcăi / Vasiichii; si tratta di un modo particolare dato che raramente un
uomo viene indicato tramite un nome femminile (in questo caso, il nome della
madre);
– nomignoli: moş Bodrângă – nome che ci fa pensare al suono del violino; si
tratta probabilmente di un nomignolo dato che non si fa menzione di nessun altro
parente con questo nome; popa Buligă, ce-i ziceau şi Ciucălău” (dall’appellativo
panocchia) – „nell’opinione di Mihail Sadoveanu, il quale nell’articolo UliŃa
Rădăşenilor del 1920 evoca alcuni personaggi dal romanzo Amintiri, Buligă era
sempre un nomignolo, come anche Ciucalău (Panocchia), dato che il nome reale
del prete era Neculai Şoldănescu” (Cristea 1995: 24); „Ciubuc Clopotarul” (il
Campanaro) – non risulta in modo chiaro dal testo se si tratta di un nomignolo o di
un nome già fissato in quanto cognome però viene rammentata la sua fama di
artigiano in questo mestiere; Mihai scripcariul / Mihai lăutariul / Mihai din
Humuleşti – deve il suo nomignolo al suo mestiere; Ion Mogorogea – „il cugino
Giovanni, detto Mogorogea” dal verbo a mogorogi (brontolare); părintele Isaia
Duhu [Teodorescu] – nomignolo molto suggestivo formato dall’appellativo spirito,
dovuto, da una parte, al suo carattere inquisitivo e irrequieto, dall’altra parte alle
tante cose che è riuscito a trasmettere ed a insegnare ai suoi alunni; Ion Torcalău –
è uno zingaro da un villaggio vicino però, con lo stesso nomignolo viene chiamato
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anche l’autore a causa dell’abitudine, in un inverno della sua infanzia, di stare
vicino alla madre e di aiutarla a filare.
Per ciò che riguarda i nomi che si possono incontrare nel romanzo, si nota
facilmente che si tratta dei nomi che gli studiosi hanno identificato in quanto
caratteristici e i più frequenti del nostro sistema di denominazione personale. Si
tratta soprattutto di nomi maschili come Neculai / Niculai e Ion / Ioan (con la
variante ipocoristica Nică), Vasile, Gheorghe ma anche tanti nomi biblici: Luca,
David, Simeon, Pavel.
Si è già accennato alla ridotta frequenza dei nomi femminili. Infatti, ci sono
tre modalità principali di indicare le donne (tratto caratteristico del sistema
popolare di denominazione) tramite:
– il proprio nome: Catrina, Nastasia, Smaranda; sono tanti anche i
diminutivi capaci di distinguere due persone dallo stesso nome: mătuşa Măriuca e
mătuşa Mărioara come anche il diminutivo Irinuca, contradditorio
all’atteggiamento di Creangă nei suoi confronti; così anche mătuşa AnghiliŃa,
NataliŃa, SmarandiŃa, però è difficile rendersi conto se si tratta di diminutivi già
fissati nel sistema ufficiale, quindi presenti nei documenti ufficiali, o se si tratta
solamente del linguaggio colloquiale della gente del villaggio;
– il nome del marito: si tratta di nomi diminutivali identici; di conseguenza,
per distinguere le due persone si ricorre al nome del marito: Măriuca lui Onofreiu,
Măriuca Săvucului, Ruşta lui Valică;
– il nome del padre: c’è una sola presenza femminile indicata tramite il
nome del padre: „Ioana lui Grigoraş Roşu è impaziente di diventare tua moglie” lo
zio Vasile dice all’autore durante la sua visita a Fălticeni.
Abbiamo considerato necessaria, anzi fondamentale quest’analisi dei nomi di
cui il romanzo ne è sparso dato che tanti aspetti e tante sfumature che un nome
racchiude in sé si perdono nel processo di traduzione. Si perde, dunque, anche una
parte del messaggio dell’autore e del valore stesso dell’opera.
Le traduzioni in italiano ed inglese
Dato che Amintiri din copilarie ha goduto di una sola traduzione in italiano,
abbiamo considerato a favore di uno studio più dettagliato e completo, l’analisi di
una seconda traduzione, questa volta in inglese. In seguito allo studio comparativo
dei due testi abbiamo raggruppato gli elementi del sistema onomastico presente e,
in un secondo momento, abbiamo seguito, all’interno di ogni categoria, le strategie
traduttive usate dai traduttori. Dunque, la classifica degli antroponimi presenti nei
testi è la seguente:
1. Cognomi – si è già accennato al fatto che i cognomi la cui origine e
significato non sono più così evidenti come nel momento della loro fissazione, non
creano difficoltà al traduttore. Anche se si sceglie di conservare la loro forma nella
lingua d’origine, in teoria questa scelta non dovrebbe avere un impatto negativo
sulla loro ricezione nella lingua d’arrivo. Comunque, nella nostra opinione, questi
nomi hanno una forte carica popolare, pure nazionale, godono di una specificità di
cui il lettore non ne dovrebbe essere privato. Si tratta di nomi come łandură (ro) /
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Di Ion Creangă
Zandura (it) / old łandură (ingl.), Trăsnea (ro) / Trasnea (it) / Trăsnea (ingl.),
MirăuŃă (ro) / Mirauza (it) / MirăuŃă (ingl.), Chirilaş (ro) / Chirilas (it) / Kirilaş
(ingl.). Ognuno di questi nomi trasmette qualcosa al lettore nativo: i primi due
provengono, ovviamente, da due soprannomi, gli ultimi due hanno un suffisso
diminutivale che, almeno per ciò che riguarda padre Chirilaş, è rilevante e in
armonia con la persona che designa. In questo senso la traduzione in italiano ha
scelto di avvicinarsi il più possibile alla pronuncia dei nomi nella lingua d’origine
usando come strategia traduttiva la trascrizione fonetica. Questo interesse per la
pronuncia manca nella traduzione inglese che preferisce prestare dal romeno la
forma originale anche se sarà difficile per un lettore anglofono riprodurre questo
nome. È anche il caso dei nomi Oşlobanu, Ştefănescu, i quali conservano i segni
diacritici dal romeno. Viene fatta una sola eccezione per ciò che riguarda il nome
Chirilaş che, nel processo traduttivo, abbina la strategia fonetica a quella del
prestito dato che mantiene la lettera -ş dalla lingua d’origine. Anche se il lettore
apprezza in modo più o meno positivo il risultato di questa doppia strategia, nella
nostra opinione il traduttore si dimostra essere inconseguente dato che, così come
faremo vedere anche più avanti, le sue scelte variano tra i due metodi senza una
chiara giustificazione di quest’indecisione. La traduzione in italiano segue il
criterio fonetico naturalizzando, in un certo modo, nomi come Oşlobanu,
Ştefănescu, e facendo sparire le difficoltà di pronuncia. Per ciò che riguarda i
cognomi accompagnati da nomi, si sceglie di tradurre, il più delle volte, i nomi che
hanno un corrispondente in italiano, anche se il cognome mantiene una forma
vicina a quella proveniente dalla lingua d’origine: Basilio Bordeianu, Basilio
Roibu, Simeone di Fosa, Ciubuc, Dediu, Chiorpec. Abbiamo trovato, comunque,
un caso in cui la scelta dei traduttori varia tra italiano e romeno – David Creangă
viene chiamato dalla moglie anche Davide. Un caso interessante è anche quello di
Simion Fosa la cui traduzione è Simeone Fosa, ignorando, a causa della
conservazione della forma originale Fosa, proprio il principio fonetico seguito in
precedenza. Per poter essere pronunciato come in romeno, il cognome dovrebbe
essere scritto Fossa.
2. Soprannomi – rendere i soprannomi nella lingua d’arrivo non è un
incarico facile per il traduttore dato che essi rappresentano l’incarnazione del
sistema popolare di denominazione romeno e deve essere collocato in quello spazio
specifico che gli studiosi chiamano “realia”. Consideriamo necessario, in questo
riguardo, illustrare questo sistema nella premessa oppure in una nota a piè di
pagina. Nelle traduzioni da noi analizzate non abbiamo trovato tale chiarimento. I
soprannomi possono essere raggruppati come segue:
– paterni: Nica di Petrica / Nică, son of Petrică, Nica di Costache / Nică,
Costache’s son, Chiriac di Goian / Kiriac, son of Goian, Zaccaria di Gâtlan /
Zaharia, son of Bâtlan. Per ciò che riguarda l’ultimo nome, si nota l’uso
dell’equivalente italiano mentre nella traduzione inglese si conserva la forma
originale. In entrambi i casi, il significato del soprannome Gâtlan (airone) viene
ignorato. Inoltre, come si è gia accennato, per illustrare la discendenza la
denominazione popolare va indietro nel tempo fino al nonno o anche al bisnonno:
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Nica di Stefano di Pietro / Nică, Ştefan’s son and Petre’s grandson, Gregorio di
Pietro di Luca / Grigore, son of Petre and grandson of Luca, Nica di Costantino di
Cosma / Nică, son of Constantin, son of Cosma;
– materni: Vasile a Ilioaiei oppure a Vasilcăi viene ripreso in italiano con
Basilio di Ilie / di Vasilca, ma viene tralasciato, nella prima variante, il fatto che
Vasile è indicato tramite il nome della madre, nome costruito con un suffisso
tipicamente femminile. In inglese è ripreso come Vasile, son of Ilioaia / Vasilca.
Lo stesso vale anche per Pietro di Teodosia / Petre, son of Todosică. Incontriamo
anche: Teodoro di Catinca / Toader, Catinca’ son, Basilio di Aniza / Vasile-AniŃei.
Nella variante inglese del nome Vasile AniŃei non viene ripreso il genitivo dal
romeno per cui, probabilmente, il lettore non nativo riterrà di aver a che fare con un
nome composto. Ancora una volta, il traduttore si dimostra essere inconseguente
dato che questo è l’unico nome materno ripreso esclusivamente nella forma della
lingua d’origine;
– femminili (designando una donna tramite il nome del marito): Arusca di
Valica / Rusca, Valică’s wife, Mariuca di Onofrio / Onofrei’s Măriuca;
– toponimi: alcuni personaggi vengono individuati attraverso un elemento
con ruolo localizzatore: il reverendo Giovanni di sotto il colle / Father Ion, who
lived at the foot of the hill, il calzolaio Paolo nel vicolo Radasceni / Pavel the
cobbler, in Rădăuşeni Street, Davidica di Farcasa / David of Fîrcaşa, Mirauza di
Grumăzesti / MirăuŃă of Grozăveşti. Un caso particolare è quello di Luca
Moşneagu che viene ripreso dal traduttore con minima trasparenza sotto la forma
Luca Mosneagu, mentre nella traduzione inglese abbiamo la variante molto più
adatta old Luca.
3. Nomignoli – più di ogni altra categoria già accennata, i nomignoli sono,
nella nostra opinione, i nomi che il traduttore deve rendere il più efficacemente
possibile nella lingua d’arrivo. Se nel caso dei cognomi già fissati o dei
soprannomi, la loro motivazione originaria non è più trasparente, i nomignoli
devono la loro esistenza proprio a questo significato e a questa motivazione.
Dunque, soprattutto per ciò che riguarda i nomignoli presenti nelle opere letterarie,
la loro esistenza è una motivata. Essi rappresentano una chiave di lettura e di
interpretazione del testo, una modalità di caratterizzare il personaggio, una forma
concisa tramite la quale l’autore ci trasmette il suo messaggio. Di conseguenza,
riteniamo che la riproduzione dei nomignoli in seguito al processo di traduzione sia
una tappa estremamente importante in vista dell’ulteriore ricezione dell’opera.
Forse il più suggestivo e plastico nomignolo ritrovato lungo le pagine del romanzo
è quello del cugino Ion Mogorogea, ripreso eloquentemente in italiano con
Giovanni Musolungo. Sfortunatamente, la traduzione inglese ha ignorato questa
stupenda descrizione del personaggio e ha reso questo nome nella sua forma
originale, Ion Mogorogea. Questo vale anche per il nome del prete Isaia Duhu che
in italiano è stato reso semplicemente don Isaia, mentre in inglese abbiamo
l’alternanza Father Isaia / Isaiah. Nessuna della traduzioni riesce a sorprendere un
nomignolo assai carico di sfumature e connotazioni. L’unico nomignolo tradotto in
entrambe le lingue è quello di padre Buliga: il pope Buliga, quello che chiamavano
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Di Ion Creangă
anche „Panocchia” / Father Buliga, nicknamed maize-stalk. Il nome Bodrângă
viene reso in italiano attraverso l’alternanza Bodrângă / Bodringa, mentre in
inglese si continua con la conservazione della forma nella lingua d’origine,
Bodrângă, come si è notato anche in altri casi. Ci si deve soffermare anche sul
nomignolo Ion Torcalău con cui, a volte, viene chiamato anche l’autore. Entrambe
le traduzioni scelgono di spiegare questo nome in una nota a piè di pagina: (it.)
Giovanni Filace, (ingl.) «could be rendered by „John Spinster” or „Spinster
John”».
4. Nomi – come sopraccennato, la traduzione italiana ha scelto di riprendere
l’equivalente di ogni nome nella lingua d’arrivo: Giovanni, Basilio, Zaccaria,
Pietro, Demetrio, Giorgio, Onofrio, Nicola. Si nota, però, il fatto che nessuna delle
due traduzioni ha chiarito l’uso estremamente frequente dell’ipocoristico Nică,
sostituito talvolta dalla forma ufficiale Ion. Per un lettore nativo il fatto che Nică e
Ion siano la stessa persona è più che ovvio. Il rapporto tra le due forme non è
altrettanto chiaro per i lettori di altre nazionalità. La traduzione inglese conserva
tutti i nomi nella forma della lingua d’origine.
5. Diminutivi – l’uso dei diminutivi antroponimici nel linguaggio comune è
una caratteristica del sistema onomastico popolare della Moldavia, essendo questa
probabilmente una delle spiegazioni della ricca presenza dei diminutivi nell’opera
di Creangă. Ci sono tante le situazioni in cui ci si trova più di una sola forma
diminutivale dello stesso antroponimo, ciò che contribuisce alla distinzione delle
persone dallo stesso nome. È il caso delle zie dell’autore – Marioara e Mariuca
(it.), Măriuca e Marioara (ingl.). Si ritrovano anche altri diminutivi però tutti sono
stati ripresi nella forma originale (nella traduzione italiana si è rispettata la
trascrizione fonetica) e, di conseguenza, è andata persa la loro carica affettiva o
ironica: Angheliza (it.) / AngheliŃa (ingl.), Aniza (it.) / AniŃa (ingl.), Irinuca (it.) /
Irinuca (ingl.), Nataliza (it.) / Natalia (ingl.), Davidica (it.) / David (ingl.). Come si
può notare, sono due le situazioni in cui la traduzione inglese preferisce la forma
ufficiale del nome a sfavore del diminutivo. Sfortunatamente, non siamo riusciti a
identificare nessuna motivazione o giustificazione in questo senso. Un caso
particolare è quello dei diminutivi provenienti dal nome Smaranda: nel testo
troviamo le forme SmărăndiŃa e Smărănduca le quali vengono riprese nelle due
traduzioni sotto le forme Smarandiza e Smarandina, little Smaranda e
Smărănduca. Riteniamo la variante più adatta quella italiana di Smarandina, una
naturalizzazione con il suffisso specifico italiano -ino. Non possono essere
tralasciate nemmeno le varianti diminutivali dal nome dell’autore. Alla fine della
seconda parte del romanzo, la madre si rivolge allo scrittore „Ionică, dragul
mamei”, ripreso nella traduzione italiana con Giovannino, mentre in inglese con
Ionică, my darling. Ancora una volta la versione italiana si dimostra essere più
interessata di trasmettere le sfumature e le connotazioni, in questo caso la carica
affettiva, facendo uso dello sopraccennato suffisso diminutivale.
Conclusioni
Denisa IONESCU
Si è reso già ovvio il fatto che la traduzione italiana verte più sull’importanza
di trasmettere il messaggio, e su quella del lettore che sulla conservazione fedele
del testo originale. In altre parole, si tratta di un traduttore interessato dal lettore, un
traduttore che fa una traduzione libera, meno fedele all’originale però sicuramente
più fluente e naturale nella lingua d’arrivo. Non si può dire lo stesso della
traduzione inglese che non ha fatto tanta attenzione alla “naturalezza del testo
prodotto in seguito alla traduzione” (Condrea 2001: 20-21) e, di conseguenza, ha
trasmesso un’informazione meno concludente e chiara.
BIBLIOGRAFIA
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ABSTRACT
Any translation needs to take into account the cultural factor in its
ambivalence: both the culture of the source language and that of the target
La Traduzione Dei Nomi Propri Di Persona Ritrovati In Amintiri Din Copilărie
Di Ion Creangă
language. Translating proper nouns for people is even harder and cultural
background plays an even bigger role. The present work illustrates how proper
names from Creangă’s novel have been translated into Italian and English and also
the translation strategies involved in the process.
Key words: culture, proper nouns, translation strategies