Tecniche spettroscopiche applicate allo studio di manufatti artistici

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Tecniche spettroscopiche applicate allo studio di manufatti artistici
ANNO SCOLASTICO: 2004- 2005
DISCIPLINA: CHIMICA
DOCENTE: RITA LIMIROLI
Tecniche spettroscopiche applicate allo
studio di manufatti artistici
1. Introduzione
La tecniche analitiche definite spettroscopiche, sono basate cioè
sull’interazione tra la materia e le radiazioni elettromagnetiche. L’intensità e il tipo di
questa interazione possono essere sfruttati a scopo qualitativo per identificare
elementi o composti chimici e a scopo quantitativo per determinarne la
concentrazione nei dei campioni analizzati. Sono molto utilizzate in archeometria
La radiazione elettromagnetica, ovvero la luce, ha una doppia natura:
ondulatoria, in quanto si propaga sotto forma di onda, caratterizzata da una
frequenza ν e da una lunghezza d’onda λ (vedi figura 1 ) La lunghezza d’onda è
uguale alla distanza tra due massimi. L’unità di misura è il metro, nella regione
visibile dello spettro l’unità di misura più utilizzata è il nanometro (1 nm= 10-9 m)La
frequenza è uguale al numero di oscillazioni complete che l’onda compie in un
secondo. L’unità di frequenza è s-1. Un’oscillazione al secondo è detta anche
herzt (Hz); l’energia di un’onda luminosa è proporzionale a ν o inversamente
proporzionale a λ. Si usa indicare il reciproco della lunghezza d’onda come
numero d’onda. La sua unità di misura nel SI è m-1, ma in campo chimico si utilizza
cm-1.
corpuscolare, in quanto composta da pacchetti di energia, i fotoni, che
trasportano l’energia luminosa la quale, secondo l’equazione di Planck è E = hν
dove h è la costante di Planck
La luce visibile non è che un ristretto intervallo della radiazione
elettromagnetica: è infatti la parte alla quale è sensibile l’occhio umano; tuttavia, la
luce ha un range che si estende dai raggi gamma (aventi λ inferiore a 0.1 Å ed
energia elevatissima) alle radiofrequenze (aventi λ nell’intervallo 100-103 cm)
passando per i raggi X (λ = 10-9-10-6 cm), l’ultravioletto (λ = 10-6-10-4 cm), il visibile (λ =
400-800 nm), l’infrarosso (λ = 10-4-10-1 cm) e le microonde (λ = 10-1-101 cm) (vedi figura
2). L’insieme delle radiazioni elettromagnetiche si definisce spettro; questo è anche il
termine che si usa per definire un intervallo di λ sfruttato analiticamente.
Le tecniche spettroscopiche si differenziano in base all’energia della
radiazione luminosa utilizzata e in base al meccanismo che si sfrutta analiticamente.
Irraggiando la materia con la radiazione luminosa si creano effetti diversi a seconda
dell’energia utilizzata: si va da reazioni che interessano il nucleo (raggi gamma), a
reazioni che interessano gli elettroni degli strati più interni (raggi X), a reazioni che
interessano gli elettroni esterni (UV, visibile) fino a effetti che interessano la vibrazione
delle molecole (infrarosso, microonde). Le molecole sono costituiti da atomi tenuti
insieme da forze dette legami. Le molecole possono essere visualizzate secondo un
modello in cui gli atomi sono rappresentati da palline tenute insieme da molle che
1
rappresentano i legami. I legami possono vibrare e le molecole ruotare, cioè esse
sono soggette a moti vibrazionali e rotazionali che possono variare in seguito ad
assorbimento di energia. Solo la radiazione visibile, l’ultravioletto e iraggi X
possiedono energia sufficiente a causare transizioni elettroniche, le radiazioni
infrarosse causano variazioni vibrazionali molecolari con variazioni rotazionali
sovrapposte, mentre le microonde possono provocare solo variazioni rotazionali.
A seconda del range spettrale impiegato si hanno le seguenti tecniche:
spettroscopia a raggi X
spettroscopia UV-visibile
spettroscopia infrarossa e Raman
A seconda del meccanismo sfruttato si ha invece la seguente suddivisione:
metodi in assorbimento, nei quali si misura la quantità e il tipo di luce assorbita
dal campione irraggiato con una sorgente luminosa a λ definita o con un
intervallo di λ
metodi in emissione, nei quali invece si misura la quantità e il tipo di luce
emessa dal campione quando ad esso viene somministrata energia sotto forma
di calore
metodi in fluorescenza, nei quali il campione viene irraggiato con luce a λ1
definita e si misura la quantità di luce emessa a λ2, con λ2 > λ1 in quanto si ha una
perdita di energia per fenomeni vari
Dalla combinazione di queste due classificazioni si hanno numerose tecniche
delle quali, nel seguito, verranno descritte quelle più utilizzate nell’analisi di campioni
di interesse artistico-archeologico. In base al tipo di materiale da analizzare, le
tecniche più idonee sono le seguenti:
Spettroscopia atomica
ideale per studiare ceramica, vetro, metalli,
lapidei
Assorbimento atomico
Emissione atomica
Fluorescenza atomica
Spettrometria di massa con plasma induttivamente accoppiato
Spettroscopia molecolare
ideale per studiare pigmenti, materiale
organico
Infrarosso
Raman
Spettroscopia X
ideale per studiare pigmenti, ceramica, vetro,
Fluorescenza
metalli, lapidei
2. Spettroscopia atomica
Le tecniche di spettroscopia atomica prevedono l’atomizzazione del campione,
cioè la trasformazione della materia solida o liquida in vapore atomico; ciò è
necessario perchè avvengano i fenomeni che sono alla base di queste tecniche.
L’atomizzazione avviene somministrando energia sotto forma di calore, a
temperature comprese tra 1500 e 8000°C: si tratta quindi, evidentemente, di
tecniche distruttive, nelle quali il campione viene completamente consumato. A
seconda del meccanismo coinvolto si ha la spettroscopia di assorbimento atomico
(AAS), di emissione atomica (AES) o di fluorescenza atomica (AFS). Si lavora a λ
singola; l’informazione che si ha dall’analisi con queste tecniche è di tipo
elementare, si determinano cioè la presenza e la quantità di elementi; i risultati sono
espressi generalmente in concentrazione, cioè in parti di elemento per unità di peso
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o di volume del campione (es. mg/Kg per i solidi, mg/l per i liquidi). Con queste
tecniche è possibile analizzare qualsiasi campione liquido o solido; nel caso di
campioni solidi è necessario uno stadio preliminare di dissoluzione in un opportuno
solvente, oppure utilizzare metodi di analisi superficiale.
Alcune tecniche di spettroscopia atomica sono descritte nel seguito.
2.1 La spettroscopia di assorbimento atomico
In questa tecnica gli atomi di un determinato elemento sono in grado di assorbire
selettivamente una radiazione monocromatica (cioè costituita da radiazioni aventi
la stessa lunghezza d’onda) emessa da un’opportuna sorgente. L’abbassamento
dell’intensità del segnale luminoso, causato dall’assorbimento da parte degli atomi,
è correlabile alla concentrazione dell’elemento nel campione. Si ha così
un’informazione quantitativa sull’elemento in questione. La tecnica è
monoelementare , vale a dire che permette di identificare un solo elemento alla
volta nel campione.
Per poter identificare più elementi bisogna utilizzare sorgenti diverse, ciascuna
adatta per un dato elemento
2.2 La spettroscopia di emissione atomica
In questa tecnica gli atomi degli elementi presenti nel campione sono in grado di
emettere radiazioni luminose se portati ad una temperatura sufficientemente alta,
ovvero se vengono eccitati passando ad uno stato energetico superiore dal quale
decadono emettendo luce. L’intensità dei segnali luminosi emessi è correlabile alla
concentrazione degli elementi nel campione. Anche in questo caso si ha
un’informazione quantitativa sugli elementi in questione. La tecnica è
multielementare.
2.3 La spettrometria di massa con plasma induttivamente accoppiato (ICP-MS)
In questa tecnica gli atomi degli elementi presenti nel campione vengono
trasformati in ioni mediante una sorgente a plasma(costituita da un gas ionizzato a
causa della elevata temperatura a cui si trova) a temperatura elevatissima (50008000°C). Gli ioni sono fatti passare attraverso un campo magnetico, separati in base
al loro rapporto massa/carica e portati al rivelatore. L’intensità del segnale elettrico
causato dall’impatto degli ioni sul rivelatore è correlabile alla concentrazione degli
elementi nel campione. Anche in questo caso si ha un’informazione quantitativa
sugli elementi in questione. La tecnica è multielementare.
Riassumendo, le tecniche di spettroscopia atomica hanno le seguenti
caratteristiche:
Tecnica distruttiva
Sì (trattamento termico a 15008000°C
Informazione fornita
Sì determinano elementi
Tipo
di
campioni Tutti i liquidi, solidi se portati in
analizzabili
soluzione
Possibilità di analisi in situ
No
Porzione del campione Analisi totale del campione
analizzato
Espressione dei risultati
Concentrazione
Sensibilità
Ottima-eccellente
3
Idonea per materiali
Tutti quelli a base inorganica,
alcuni organici
3. Spettroscopia molecolare
Nella spettroscopia molecolare si utilizzano radiazioni ad energia inferiore, aventi
lunghezza d’onda nel visibile o nel vicino infrarosso. Non è necessaria
l’atomizzazione del campione; si tratta quindi generalmente di tecniche non
distruttive. L’informazione che si ottiene è di tipo strutturale in quanto rivela le
molecole presenti nel campione o, più correttamente, i gruppi funzionali presenti,
ovvero parti di molecole che danno segnali simili anche se presenti all’interno di
molecole globalmente diverse. Infatti, le molecole che compongono il campione
assorbono l’energia irradiata se essa è in quantità sufficiente per far vibrare i loro
gruppi funzionali. A differenza della spettroscopia atomica, in quella molecolare si
lavora rilevando in risposta uno spettro, cioè il segnale su tutto l’intervallo utilizzato,
sia esso in assorbimento, in emissione o in fluorescenza. Le principali tecniche sono le
seguenti.
3.1 Spettroscopia UV-visibile di assorbimento
Si tratta di una tecnica molto comune che si basa sull’assorbimento, da parte del
campione, di radiazioni nel campo dell’ultravioletto e del visibile, assorbimento
dovuto alla presenza nel campione di gruppi funzionali aventi caratteristiche
particolari e facilmente riconoscibili in base allo spettro. Si può applicare in
particolare all’analisi di campioni colorati.
3.2 Spettroscopia infrarossa di assorbimento
Anch’essa molto utilizzata e di principi analoghi alla precedente, dalla quale si
differenza per l’intervallo spettrale utilizzato, l’infrarosso appunto, la cui energia è
sufficiente per far vibrare in maniera specifica i gruppi funzionali delle molecole
presenti nel campione che possono essere così rivelati. Lo spettro di assorbimento
infrarosso permette quindi di determinare, attraverso i gruppi funzionali, la struttura di
alcune molecole contenute nel campione, costituendone un’impronta digitale. La
tecnica è molto usata soprattutto nel campo dell’analisi dei pigmenti e del materiale
di natura organica (residui di alimenti, tessuti, ecc.). Dal punto di vista del consumo
di campione, la tecnica può essere applicata in situ oppure direttamente su
campioni; in alternativa, è necessario prelevare una piccola aliquota di campione
da inglobare in una pastiglia di bromuro di potassio (KBr).
La spettroscopia IR è stata applicata nel campo dei beni culturali fin dagli anni
Sessanta, anlizzando vernici protettive, pigmenti, leganti prodotti di corrosione e
degrado presenti in materiali cartacei e lapidei.
Nella figure 3 e 4 sono riportati due esempi di spettri di assorbimento infrarosso di
lacche: il primo è quello della lacca di cocciniglia o Rosso carminio, una lacca
ottenuta a partire dai corpi essiccati della femmina di un insetto (Coccus cacti) che
vive su varie specie di cactus nel Messico e nell'America centromeridionale; il suo
principio colorante è l'acido carminico. Il secondo è lo spettro di assorbimento
infrarosso della lacca di robbia, una lacca rosso violetto ottenuta da piante erbacee
delle Rubiaceae dalle cui radici si estrae il principio colorante (chimicamente noto
come alizarina); particolarmente apprezzata quella ottenuta dalla specie Rubia
tinctoria. L’analisi dei due spettri rivela che essi, per quanto simili nell’aspetto, sono in
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realtà differenti per quanto riguarda i massimi di assorbimento, che permettono di
riconoscere la struttura chimica che ha provocato l’assorbimento.
3.3 Spettroscopia Raman
Questa tecnica è basata sull’effetto Raman: un campione, irraggiato con luce
monocromatica, cioè a λ singola, riemette luce a λ maggiore (energia inferiore) in
quanto in parte l’energia viene assorbita per far vibrare i gruppi funzionali delle
molecole presenti nel campione che in questo modo possono essere rivelati in
maniera analoga alla spettroscopia infrarossa, di cui la tecnica è complementare. A
differenza dell’infrarosso, tuttavia, non si misura la luce assorbita ma quella che viene
restituita o diffusa dai gruppi funzionali dopo l’assorbimento. La risposta è visibile sotto
forma di spettro. Si tratta di una tecnica attualmente molto utilizzata nel campo dei
beni culturali, grazie al fatto di essere completamente non distruttiva e di permettere
l’esecuzione di misure in situ, cioè direttamente sul campione senza necessità di
asportarne una parte per effettuare la misura in laboratorio.
La strumentazione necessaria per effettuare una misura Raman è costituita da una
sorgente laser a λ fissa, da un microscopio per focalizzare il raggio laser sul campione
e da un sistema di rivelazione della radiazione Raman emessa dal campione.
Dopo l’irraggiamento con il laser, si registra l’energia luminosa riemessa dal
campione sotto forma di spettro, che consente di vedere quali sostanze sono
presenti in base ai segnali rilevati. (La figura 5 rappresenta un esempio di spettro
Raman di un colorante naturale, la crocina, ricavato dallo zafferano). Nei sistemi
portatili, con i quali è possibile fare analisi in situ , la radiazione laser e la radiazione
Raman vengono trasportate mediante un cavo a fibra ottica e una sonda puntata
sul campione: ciò permette di avvicinarsi a distanze minime (pochi mm) alle superfici
che si vuole analizzare.
Un’applicazione interessante del Raman è quella dell’analisi dei manoscritti è
possibile effettuare la misura direttamente sull’oggetto, rivelando gli inchiostri e i
leganti utilizzati. La misura è fatta mediante una sonda che porta la radiazione laser
sul campione e raccoglie il segnale Raman emesso dal materiale analizzato. Il
campione non subisce danni.
L’applicazione principale della spettroscopia Raman in campo archeometrico è,
attualmente, nel settore del riconoscimento di pigmenti sui manufatti pittorici (in
particolare sugli affreschi). Essa può essere utilizzata anche per l’autenticazione di
materiali preziosi.
Va ricordato che dal punto di vista tecnico l’analisi effettuata con il Raman è di tipo
superficiale: le informazioni provengono da uno strato spesso alcuni µm posto sulla
superficie; inoltre, mediante l’uso del microscopio, l’area interessata è dell’ordine di
poche decine o centinaia di µm2.
Riassumendo, le tecniche di spettroscopia molecolare hanno le seguenti
caratteristiche:
Tecnica distruttiva
Informazione fornita
Tipo
di
campioni
analizzabili
Possibilità di analisi in situ
Risoluzione spaziale
Porzione del campione
analizzato
No (tranne pastiglia KBr)
Si determinano molecole
Liquidi e solidi
Sì
Buona-ottima
Analisi superficiale (Raman, IR) o totale del
campione (IR, UV)
5
Espressione dei risultati
Sensibilità
Idonea per materiali
Lunghezze d’onda di assorbimento o di
diffusione Raman
Discreta
Tutti quelli a base organica, alcuni a base
inorganica
4. Fluorescenza e fosforescenza
Sia nella fluorescenza che nella fosforescenza si ha emissione di energia radiante da
parte di una molecola, ione o atomo, che ha raggiunto lo stato eccitato per
assorbimento di energia radiante. L’energia della radiazione fluorescente o
fosforescente è generalmente molto più bassa di quella della radiazione utilizzata
per l’eccitazione. La maggior parte delle molecole in condizioni normali ritorna allo
stato fondamentale attraverso processi che non comportano emissione di radiazioni.
Per questo motivo l’analisi di fluorescenza è un’analisi selettiva.
In generale, l’emissione fluorescente accade subito dopo (10-6 e 10-9 sec) che la
specie abbia raggiunto lo stato eccitato. Per questa ragione l’occhio non può
percepire una radiazione fluorescente, una volta che la sorgente eccitatrice sia
stata rimossa. Al contrario, l’emissione fosforescente avviene più lentamente (> 10-4
sec) e con una maggiore durata dell’emissione per cui vi è un buon numero di
minerali inorganici che continuano ad emettere radiazioni fosforescenti abbastanza
intense, anche dopo che l’eccitazione è cessata.
Al contrario della spettrofotometria di assorbimento, la spettrofotometria di
fluorescenza e fosforescenza implica la registrazione sia di uno spettro di eccitazione
che di uno di emissione. Gli strumenti utilizzati sono chiamati spettrofluorimetri o
spettrofosforimetri. I componenti fondamentali di entrambi i tipi di strumento sono: la
sorgente di eccitazione, la cella del campione, il rivelatore e i filtri utilizzati per
selezionare le radiazioni eccitanti e di emissione.
Uno dei principali vantaggi dell’analisi di fluorescenza è la capacità di misurare
concentrazioni molto più basse che nelle analisi spettrofotometriche.
5. Spettroscopia XRF
Nella spettroscopia XRF, il campione è colpito con un fascio di raggi X dalla
sorgente. Gli elementi presenti localmente vengono eccitati, cioè passano ad uno
stato energetico superiore, dal quale decadono istantaneamente emettendo
radiazioni X monocromatiche specifiche per ogni elemento. Siccome l’energia delle
radiazioni emesse è minore di quella incidente, si parla di fluorescenza X o XRF (X-Ray
fluorescence). L’intensità delle radiazioni emesse è correlabile alla concentrazione
degli elementi presenti nel campione nel punto irraggiato che può essere di 3-100
mm2.
I campioni analizzabili con la tecnica XRF sono molto vari: dal codice miniato
all’affresco, per i quali è particolarmente idonea la strumentazione portatile, nel qual
caso l’analisi è effettivamente non distruttiva, oppure dalla ceramica al vetro ai
materiali lapidei, per i quali è invece più adatta una strumentazione da banco; in
questo caso l’analisi può essere distruttiva in quanto il campione va prelevato è
ridotto in polvere. In certe configurazioni è invece non distruttiva anche l’analisi con
strumento da banco.
Riassumendo, la tecnica di fluorescenza X ha le seguenti caratteristiche:
Tecnica distruttiva
No (tranne nel caso di strumenti
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da banco)
Informazione fornita
Si determinano elementi
Tipo
di
campioni Liquidi e solidi
analizzabili
Possibilità di analisi in situ
Sì
Risoluzione spaziale
Buona
Porzione del campione Analisi totale o superficiale del
analizzato
campione
Espressione dei risultati
Concentrazione
Sensibilità
Buona
Idonea per materiali
Tutti quelli a base inorganica,
alcuni organici
5. Esempi applicativi
5.1 Manoscritti
La spettrometria Raman e la spettroscopia di fluorescenza a raggi X (XRF) sono stati
impiegati per analizzare gli inchiostri utilizzati nei manoscritti. Ad esempio sono stati
analizzati gli inchiostri nero e rosso utilizzati nella stesura del manoscritto noto come
Codex Evangelorum o Evangeliario Eusabiano, conservato presso l’Archivio
Capitolare di Vercelli. Tale manoscritto rappresenta la più antica traduzione esistente
dei quattro vangeli dalla lingua greca al latino; esso risale al IV sec. d.C. e sarebbe
stato commissionato da S. Eusebio.
Le sostanze utilizzate all’epoca per gli inchiostri neri e rossi erano piuttosto limitate:
carbone e metallogallato (ottenuto miscelando noci di galla con solfati di ferro o
rame) per il nero, cinabro (HgS) o minio (Pb3O4) per il rosso.
La spettrometria Raman ha fornito informazioni sui composti impiegati, ed in
particolare ha permesso di distinguere nettamente tra cinabro e minio per il rosso e
tra carbone e metallogallato per il nero; la spettroscopia XRF, oltre ad identificare Hg
e Pb come elementi-chiave negli inchiostri rossi, ha dato informazioni addizionali sugli
elementi presenti in tracce (principalmente Pb, fe, Cu e Mn) negli inchiostri neri,
permettendo così di evidenziare le differenze di distribuzione di tali elementi in zone
diverse del manoscritto.
Poichè le ricette impiegate nell’antichità non erano molto riproducibili non è
possibile identificare composizioni di inchiostri caratteristiche di una certa epoca, ma
differenze nella composizione degli inchiostri nell’ambito dello stesso manoscritto
permettono di evidenziare l’eventuale scrittura postuma di parti dell’opera come è
stato evidenziato in questo caso.1
5.2 Materiali metallici
I materiali metallici sono molto studiati dal punto di vista archeometrico. Molti studi
consentono di scoprire la tecnologia metallurgica delle civiltà antiche, sfruttando il
responso delle analisi chimiche per replicare i metodi usati in antichità. Per quanto
riguarda gli studi di provenienza, la situazione è diversa a seconda che i manufatti
siano in metallo puro o in lega. Per i metalli puri, la determinazione delle impurezze
può dare informazioni preziose sulla provenienza della materia prima, a patto che il
manufatto non provenga da materiale di provenienza differente rifuso insieme;
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risulta invece piuttosto difficile dire se un manufatto è stato prodotto da metallo
nativo o da minerali. Per quanto riguarda le leghe, l’assegnazione della provenienza
è problematica per la miscelazione di più elementi e bisogna ricorrere al confronto
con manufatti di provenienza certa, come nel caso delle ceramiche e dei vetri.
Tuttavia, le percentuali relative dei componenti delle leghe sono in alcuni casi
differenziabili da un’epoca all’altra e da un’area geografica all’altra.
Nella caratterizzazione chimica dei reperti metallici l’analisi elementare è quella che
può dare le informazioni principali, essendo il substrato formato da elementi puri o in
lega e non da composti. Le tecniche più usate sono quindi quelle di spettroscopia
atomica o la spettroscopia di fluorescenza X.
Le tecniche di spettroscopia molecolare (Raman, Infrarosso) possono dare
informazioni utili nella caratterizzazione di prodotti di degradazione superficiali, che
sono spesso composti e non elementi.
5.3 Opere pittoriche
Nello studio delle opere pittoriche, le indagini analitiche sono condotte allo scopo di
determinare i pigmenti, i materiali di supporto, le tecniche preparatorie e pittoriche
utilizzati dall’artista.
Nella figura 6 è riportata l’immagine di un frammento di affresco romano
proveniente da uno scavo archeologico nel Centro Italia e attestato attorno al I sec.
a. C. Attraverso immagini ingrandite del frammento si è potuto osservare che il
colore è stato ottenuto mescolando due diversi pigmenti, uno giallo e uno rosso. I
pigmenti sono stati identificati tramite spettroscopia Raman e sono risultati ocra
gialla (FeOOH) e cinabro (HgS). Nelle figure 6c e 6d sono riportati gli spettri del
campione e dei riferimenti. Si nota la buona sovrapposizione dei segnali.
Le micro-spettroscopie Raman e Ir possono essere impiegate anche
nell’identificazione di falsi, di ritocchi o nella datazione dei quadri. Il ritrovamento di
un materiale di cui si conosce la data di inizio di utilizzo, colloca l’origine dell’oggetto
dopo tale data, mentre l’individuazione di un materiale che dopo una certa data
viene abbandonato, permette di presumere che l’opera è anteriore a tale data. Il
ritrovamento di anacronismi nei materiali impiegati può essere un buon metodo per
smascherare falsi o interventi successivi alla data di produzione dell’opera, anche se
bisogna procedere con cautela, affiancando all’analisi chimica la valutazione
storica e critica, per evitare conclusioni troppo affrettate.
Figura 1 Onda
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Figura 2 Spettro elettromagnetico
Le onde elettromagnetiche si distinguono per la frequenza di oscillazione del campo che
propagano: come è mostrato nell’illustrazione, onde appartenenti ai diversi intervalli di
frequenza manifestano proprietà diverse, e vengono utilizzate per applicazioni differenti. Le
frequenze che vanno da 105 Hz (100 KHz) a 1011 Hz (100 GHz) sono definite anche onde
hertziane: vengono usate per la radiocomunicazione e in campo industriale. Le onde
infrarosse hanno origine nelle vibrazioni molecolari: sono, ad esempio, caratteristiche dei
laser. Nell’intervallo del visibile cadono le onde provocate dalle transizioni degli elettroni
atomici e molecolari e dai corpi incandenscenti, e percepite dall’occhio umano. Della
medesima origine sono le onde ultraviolette e i raggi X, questi ultimi generati da transizioni
elettroniche fra orbitali atomici molto interni, e dunque caratterizzati da elevata frequenza e
considerevole potere penetrante: sono perciò utilizzati nelle indagini e cure mediche e
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nell’industria, per le analisi dei materiali. Le onde gamma sono di altissima frequenza,
superiore a 1019 Hz (10 miliardi di GHz): sono caratteristiche delle reazioni nucleari e
altamente penetranti, e dunque particolarmente utili nella cura dei tumori e nel trattamento
industriale degli alimenti. Raggi ultravioletti, X e gamma di origine celeste sono anche
ampiamente usati in astronomia, per lo studio della struttura ed evoluzione dell’universo.
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Figura 3 Spettro IR
figura 4 Spettro IR
Figura 5 Spettro Raman
tratti da www. chim.unifi.it
Figura 6
6. Bibliografia
1. Maurizio Aceto Dispensa per il Corso di Chimica Analitica per i Beni Culturali
2. Maurizio Aceto, Enrico Boccaleri, Angelo Agostino. La Chimica Analitica a
supporto della storia: analisi degli inchiostri in un manoscritto.
3. Francesca Ospitali, Gianfranco Di Lonardo Spettroscopia Vibrazionale
Diagnostica applicata ai beni culturali La chimica e l’Industria, 2002, 6, 55.
4. H. H. Bauer, G. D. Christian- J. E. O’Reilly Analisi strumentale, Piccin, 1985.
5. Microsoft ® Encarta ® Enciclopedia Plus. © 1993-2002 Microsoft Corporation.
7. Sitografia
www.chim.unifi.it/raman
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