Lettere al Direttore

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Lettere al Direttore
Lettere al Direttore
L’Azipod
Ho letto che sulle navi da crociera è installato l’Azipod.
Di che si tratta?
Emilio Pucci - (Roma)
L’Azipod è un rivoluzionario sistema, sviluppato negli anni
‘90 dalla ditta svizzera Asea Brown Boveri e dalla finlandese
Kvaerner Masa Yard per gli scafi a propulsione elettrica, oggi
installato sulla maggior parte delle navi da crociera. Il suo nome (registrato) è derivato dalla contrazione dell’espressione
AZImuthing POdded Drive che potrebbe essere tradotta come
“sistema di propulsione azimutale su pod.” Per pod (termine
inglese corrispondente a “baccello”) si intende un involucro
immerso a forma di ogiva contenente il motore elettrico di
propulsione collegato ad una o due eliche e fissato nella parte
inferiore dell’opera viva mediante una ralla girevole che gli
consente di ruotare di 360°: In tal modo ai già notevoli vantaggi della propulsione elettrica, si sommano a quelli offerti
dal sistema Azipod.
Anzitutto risultano inutili sia il timone sia la linea d’asse : questi essenziali elementi dello scafo vengono quindi eliminati
con i relativi meccanismi, rotismi e servomotori con un risparmio di peso non sottovalutare. L’ Azipod garantisce allo scafo
una manovrabilità eccezionale particolarmente apprezzabile
nei porti, dove si può fare a meno dei rimorchiatori, nei canali
e nelle acque ristrette, come i fiordi, o dense di traffico, Non solo, ma anche in presenza di forte vento al traverso la nave può
agevolmente scostare dalla banchina orientando il pod senza
dove ricorrere alle eliche trasversali di manovra ( ovviamente
eliminate).
Una volta in navigazione, la rotta può essere mantenuta, anche procedendo a lento moto, con estrema precisione, per cui
si riesce più facilmente ad evitare anche eventuali urti con
ostacoli semi immersi avvistati solo a distanza visiva, come i
micidiali container caduti in mare, non andati a fondo e non
segnalati dagli avvisi ai naviganti. Un’ altra considerazione riguarda l’elica che “lavora”, a nave carica o a nave scarica, sempre completante immersa e oltretutto in acque prive di turbolenza (quindi con una migliore efficienza idrodinamica).
Tali vantaggi saranno ancora più evidenti nelle future navigazioni sulle rotte circumpolari, ormai agibili per via dei cambiamenti climatici. In tali ambienti, se il pod è piazzato nella parte prodiera dell’opera viva , il flusso di acqua spostato dall’elica lambisce la carena e la libera dal ghiaccio ad essa aderente e
facilitando l’avanzamento.
In caso di emergenza, grazie ad Azipod diminuiscono del
10/15% i tempi e gli spazi d’arresto e sono possibili manovre
impensabili con la propulsione tradizionale: con una coppia
di pod (uno prodiero e uno poppiero) è possibile , al limite, far
ruotare lo scafo su se stesso.
A tutto questo c’e da aggiungere la disponibilità di spazio dovuta alla eliminazione del timone e della linea d’assi, nonché
il maggiore comfort a bordo, dovuto alla diminuzione delle vibrazioni e della rumorosità, per via della particolare sistemazione del propulsore.
Come tutte le medaglie anche questa ha il suo rovescio, costituito dall’incremento del costo (il 10% circa) e dalle maggiori
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luglio-agosto 2012
difficoltà per la manutenzione dei pod , rispetto al sistema tradizionale di trasmissione con linea d’asse.
Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
Un ricordo del comandante Picchi
Con l’ occasione faccio i miei complimenti per la Rivista, dove
sempre trovo articoli che si distaccano ampiamente dalla noia
delle altre Riviste del settore.
In particolare in questo mese l’articolo “Alessandria 1941”,
prima ancora di leggerlo, mi fa venire la voglia di raccontare un
episodio di cui ho avuto contezza dalle parole del protagonista
Egisto Picchi, appassionato velista, Consigliere FIV e primo direttore del Centro di Preparazione Olimpica di Livorno nonchè, dulcis in fundo, ex ufficiale sommergibilista.
L’ Egisto, per chi non lo avesse conosciuto, era caratterizzato da
una andatura inconfondibile che gli derivava dall’ avere tutte
le vertebre cervicali saldate fra di loro per, suppongo, una grave forma di artrosi che lo aveva colpito fin dalla gioventù, ma
la cosa non gli dava alcun problema, tanto che, abile ed arruolato, finì fra i sommergibilisti.
Lo conobbi nel ‘71 quando, appena assunto dal CONI, fui mandato a Livorno per collaborare con lui nella gestione del Centro;
durante una chiacchierata mi raccontò di una notte in cui lui
giovanissimo ufficiale, in piena guerra, emerse col suo sommergibile davanti al porto di Alessandria dove restarono alcune
ore in attesa di naviglio nemico da attaccare; dopo aver aspettato invano, prima dell’ alba si immersero ed andarono via.
Alcuni anni dopo, a guerra finita, incontrò un collega il quale
lo apostrofò “Tu la notte del giorno xy eri in emersione davanti ad
Alessandria” ! Grande stupore di Egisto il quale ammise il fatto
e di rimando chiese “E tu come lo sai ?”
Lapidaria e raggelante la risposta : “Io ero lì col mio cacciatorpediniere, aspettavamo naviglio nemico da attaccare, abbiamo visto
un sommergibile e ci preparavamo ad affondarlo quando io ho visto
col binocolo qualcuno che camminava in torretta “ (o forse in coperta, sinceramente non ricordo) “Ti ho riconosciuto, non potevi
essere che tu, così abbiamo deciso di allontanarci in silenzio e l’ attacco non c’ è stato !” Incredibile, un’ artosi cervicale aveva evitato una battaglia fratricida con chissà quali perdite !
E giacché ci sono, un altro aneddoto istruttivo ancora oggi: l’Egisto giovanissimo, appena assegnato alla sua destinazione,
passa dal magazzino dove lo rivestono da capo a piedi con tenuta da lavoro, si presenta al suo comandante il quale lo scruta e gli dice “Fai così”, e scalcia come se ci fosse un pallone. Egisto lo imita, non succede nulla di strano ed il Comandante gli
intima “Torna in magazzino e fatti dare degli stivali di due misure
più grandi”. Il nostro obbedisce, torna dal comandante e si ripete la trafila; stavolta lo stivale vola via ed il comandante gli
spiega “Quella è la misura giusta per un marinaio, se cadi in acqua
devi potertene liberare in un attimo !”
A Livorno ci stetti solo pochi mesi e controvoglia per motivi
miei, ma mi è rimasto il dispiacere di non aver conosciuto meglio Egisto Picchi, un Galantuomo troppo presto dimenticato!
Adolfo Mellone - (Lecce)