F. D`ANGELO, Insediamenti e abbandoni nel territorio del
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INSEDIAMENTI E ABBANDONI NEL TERRITORIO DEL MONASTERO DI MONREALE di FRANCO D’ANGELO Oggetto della presente comunicazione è lo studio del territorio del Monastero di Monreale, a sud di Palermo, at∨ traverso la lettura di un gruppo di registri fiscali (gara-̀id in arabo) che sono una combinazione di tradizione feudale e di burocrazia islamica. Essi descrivono, in maniera dettagliata, luoghi e abitanti musulmani di una striscia di terra della Sicilia Occidentale nella seconda metà del XII secolo. I luoghi sono villaggi rurali sparsi in un vasto altopiano caratterizzato da una serie di brevi e alte colline, costellato da numerosi picchi circondati da ampie pianure ondulate; un paesaggio vario e articolato, solcato da fiumi e corsi d’acqua minori, coltivato a cereali, vigne, seta, cotone, canapa e altri generi alimentari e di trasformazione, e quel che non è coltivato è destinato all’allevamento. Gli abitanti sono ∨ chiamati in arabo ragul, “uomini”; in greco “villani”; sono vincolati alla terra che lavorano, non si possono allontanare da essa, devono al Monastero tributi in denaro (la capitazione religiosa) o in natura. La tolleranza tra cristiani e musulmani è conclamata, ma non realmente praticata. Alcune particolari situazioni politiche che si erano verificate alla corte di re Guglielmo II d’Altavilla avevano convinto il sovrano normanno ad intraprendere la costruzione della Chiesa e del Monastero di Monreale. Durante il suo regno si fronteggiavano, infatti, due opposte fazioni, una capeggiata dall’arcivescovo di Palermo, che voleva realizzare un’equidistanza fra potere della corona e potere papale; l’altra capeggiata dal vice cancelliere del regno, che appoggiava la corona. Il sovrano Guglielmo II pensò di aggirare la contesa creando un nuovo arcivescovado che, per potenza e ricchezza, avrebbe dovuto superare ed esautorare quello di Palermo e che, soprattutto, avrebbe dovuto appoggiare la corona. 1. INDAGINI ARCHIVISTICHE Nel dicembre del 1174 Guglielmo II chiedeva a papa Alessandro III che la Chiesa della Madonna, che si cominciava a fabbricare [a Monreale] fosse esente dalla giurisdizione arcivescovile e vescovile (GARUFI 1902, docc. 9-10, pp. 7-8). Nell’agosto del 1176 Guglielmo II accordava il privilegio di fondazione al Monastero benedettino di Santa Maria Nuova. Col privilegio il sovrano dotava il Monastero di un enorme territorio che si estendeva a sud di Monreale, lungo i due rami di Fiume Belice, per oltre mille chilometri quadrati, e comprendeva il castello di Iato, il castello di Corleone e la rocca di Calatrasi, con tutti i casali in esso contenuti (GARUFI 1902, doc. 15, p. 10). Nel maggio del 1178 Guglielmo II faceva compilare una pergamena, redatta in arabo e greco, contenente i nomi degli uomini dei distretti (iqll-ms in arabo) e dei casali di Corleone e Calatrasi che facevano parte del Monastero di Santa Maria Nuova di Monreale (CUSA 1868, vol. I, doc. 132, pp. 134-179; GARUFI 1902, doc. 22, pp. 14-15; DE SIMONE 1979, doc. 7, pp. 59-60). Gli uomini di Corleone erano 778 così ripartiti: 345 della città, 251 del distretto e 53 i villani cristiani. 92 uomini erano di (Celso), parecchie decine gli uomini di altri casali minori e 424 quelli del distretto di Qalcat at.. –t.iraz-l (Calatrasi). Tutti gli uomini elencati nella pergamena raggiungevano il numero di 1543. In questa pergamena i dati della struttura familiare sono intuibili dai legami di parentela o dai nomi di donna presenti nei diplomi come “soggetto” capo-famiglia (DE SIMONE 1979, pp. 44-50). Sono interessanti i patronomici, i so- prannomi, i nomi dei luoghi d’origine ed i nomi di mestieri tessili, di pastori, ed anche quelli relativi alla vendita e al trasporto (NEF 1994, pp. 37-43). È stata tentata una ricostruzione cartografica dalle indicazioni della pergamena del 1178, utilizzando due differenti scale di valori per misurare ed indicare la quantità degli uomini dei capoluoghi dei distretti (che sono parecchie centinaia) e degli uomini dei casali (che sono poche decine). Tuttavia, poiché alcuni casali non sono localizzabili e poiché non sono indicati gli uomini dei casali del distretto di Iato (che potevano essere contenuti in un altra pergamena, andata perduta), la ricostruzione cartografica è risultata incompleta e priva di significato. Nel maggio del 1182, sempre per ordine di re Gugliel∨ mo II, veniva redatta una pergamena (gara-`id al h.udu-d, “registro dei confini”), in lingua latina ed araba, in cui erano indicati i confini naturali di ogni divisa o ripartizione del distretto di Iato e di Corleone e delle ex baronie di Battelaro e Calatrasi, di ciascun castello o rocca (qalca) e di ogni casale rurale (rah.l e manzil in arabo) (CUSA 1868, vol. I, doc. 137, pp. 179-202; GARUFI 1902, doc. 32, pp. 18-20). Il registro descrive i confini delle divisae con un particolare ordine di successione nell’indicazione dei punti cardinali, tuttavia fornisce un quadro completo dei luoghi abitati, anche se le difficoltà per localizzare divisae e casali rurali che non hanno lasciato traccia nella toponomastica attuale sono elevate. Dalla versione latina delle divisæ del 1182 è stata redatta una carta topografica (Fig. 1) che ripropone una ricerca redatta nel 1971 (D’ANGELO 1971 e 1973) e tiene conto del contributo e delle rappresentazioni grafiche del territorio di Monreale realizzate da Henri Bercher e Annie Courteaux nel 1979, delle ricerche dell’ubicazione dei casali eseguite da Jeremy Johns nel 1981, nel 1983 (con una carta di tutti i siti a p. 408) e non ancora concluse. Alcuni casali rurali hanno una documentazione d’archivio precedente alla fondazione del Monastero di Monreale e avrebbero potuto fornire delle notizie preziose sulle condizioni di vita materiale nella seconda metà dell’XI secolo, ed anche prima. Il casale Corubnis Inferioris (oggi Case Vecchie di Curbici ad ovest di Camporeale) costituisce l’esempio più concreto del suo passato pre-islamico con l’indicazione dell’elevato gettito fiscale dei suoi abitanti musulmani (D’ANGELO 1975, pp. 455-461; JOHNS 1981, pp. 228-232). Il casale Maganuge (ora Maganoce, a sud-est di Monreale) in una più antica pergamena del 1095 registra quale fosse la capitazione religiosa e la tassa territoriale che ciascun musulmano doveva pagare al suo signore (JOHNS 1984, p. 74). Nel 1183 veniva redatta un’altra pergamena in lingua araba e greca che invitava gli uomini, sia che fossero mah.alla-t o che fossero muls, a tornare ai propri luoghi d’origine; esentava i fuggiaschi che si erano rifugiati nei casali del Monastero di Santa Maria di Monreale a fare ritorno nei casali d’origine; elencava infine i nomi degli uomini dei casali del Monastero in cui essi si trovavano (CUSA 1868, vol. I, doc. 143, pp. 245-286; GARUFI 1902, doc. 45, pp. 2526; DE SIMONE 1979, doc. 8, pp. 60-61). Ogni luogo abitato è accompagnato dall’elenco degli uomini che lo compongono. Per la prima volta, e forse anche l’unica, nella pergamena del 1183 due nuovi termini suddividono gli uomini in mah.alla-t e muls. Il significato di questi due termini non è chiaro agli islamisti che hanno approfondito il problema linguistico delle pergamene di Monreale. Tuttavia, accostando i due registri degli uomini, quello del 1178 e questo del 1183, si trova una notevole diversità numerica per lo stesso luogo abitato nell’una e nell’altra pergamena. Corleone nel 1178 aveva 778 uomini, nel 1183 ha soltanto ∨ 26 muls; Ga-lisu- (Celso) e Raya nel 1178, insieme, avevano 92 uomini, nel 1183 soltanto Raya ha 11 mah.alla-t e 36 muls (47 in tutto); Calatrasi nel 1178 aveva 424 uomini nell’intero suo territorio, mentre nel 1183 sono indicati solo 20 muls nel capoluogo di distretto. Sono dati non comparabili, anzi da non accostare affatto. Il documento del 1183 denunzia le ©2001 Edizioni all’Insegna del Giglio - vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale – 1 turbolenze degli uomini: molti si sono allontanati dai casali d’origine e, al loro posto, ora, sono trattenuti degli uomini provenienti da altri luoghi vicini. Appare probabile che i mah.alla-t siano i residenti originari ed i muls siano gli uomini aggiuntisi di recente (JOHNS 1983, p. 322). Ma ormai i residenti sono pochi, come si evidenzia nella seconda carta topografica (Fig. 2). ∨ La narrazione del pellegrino arabo-spagnolo Ibn Gubair (che traversò la Sicilia di Guglielmo II tra la fine del 1184 e l’inizio del 1185) è la fonte da cui è possibile ricostruire in parte le condizioni di vita dei Musulmani sudditi dei Normanni. Il viaggiatore esprime un triste giudizio su quei suoi correligionari di Sicilia che vivevano in balia degli “infedeli” e presagisce l’agonia dell’Islam siciliano e la non lontana estinzio∨ ne. A Trapani ascolta le lagnanze del gran qa-iid Ibn Hagar, suggellata dal patetico episodio della fanciulla musulmana dal padre offerta in moglie a qualcuno dei viaggiatori perché la portasse in terra d’Isla-m e la sottraesse alle prove e alle tentazioni dell’apostasia (GABRIELI 1979, pp. 95-99). In un documento del 1186, redatto per sancire la donazione dei diritti di possesso della priorità di Santa Sofia di Vicari col suo casale di Myzalhir, è anche indicato che la maggior parte degli uomini del casale erano fuggiti (WHITE 1984, doc. XXXVI, pp. 432-433). Ciò induce a ritenere che lo spopolamento dei casali rurali non si verificava solo nel territorio del Monastero di Monreale, ma anche in altri luoghi abitati di tutta la Sicilia Occidentale. Durante gli anni novanta accadevano nell’isola numerosi e importanti fatti storici: moriva il sovrano Guglielmo II d’Altavilla; la sua successione era fortemente contesa e s’impadroniva del trono Enrico VI del ducato Svevo che aveva sposato la normanna Costanza d’Altavilla. L’11 gennaio 1195 Enrico VI prendeva sotto la sua protezione, e quella della moglie Costanza, la Chiesa di Santa Maria Nuova, confermando i privilegi concessi dal predecessore Guglielmo II (GARUFI 1902, doc. 65, n. 32), quale precisa testimonianza della considerazione in cui era tenuto il Monastero di Monreale anche dalla nuova dinastia sveva. Dall’unione di Enrico VI e Costanza nasceva, nel 1194, Federico II che, rimasto orfano molto presto, passava sotto una tutela e reggenza contesa fra due fazioni politiche avverse. Nel 1208 re Federico entrava, a quattordici anni, com’era uso nel tempo, nella maggiore età e si trovava di fronte agli squilibri provocati dai contrasti personali fra quanti erano rimasti legati ai gruppi di potere germanici e quanti, invece, avevano trovato più conveniente allearsi con la chiesa (TRAMONTANA 1985, p. 156). Dopo aver provato a ricondurre, con promesse e concessioni, i villani ribelli nei casali di origine per reinserirli nel meccanismo produttivo del feudo, Federico II dava inizio alla fase repressiva. I tempi e le fasi di questa repressione sono ignoti, ma da vaghe allusioni di cronisti, da significativi accenni di diplomi, dalle lettere dell’imperatore Federico II a papa Onorio III sappiamo che l’operazione repressiva si trascinò per parecchi anni (TRAMONTANA 1985, p. 160). La violenza estrema di questa guerra civile, che nelle montagne occidentali durava fino al 1249 e culminava con le operazioni sterminatrici di Federico II, lasciava numerose rovine: un gran numero di casali, già minati dalla anacoresi dei villani e ormai abbandonati (BRESC 1980, p. 646). I documenti di quegli anni parlano di bande di musulmani e di cattivi cristiani che si erano rifugiati sulle alture di Iato, Calatrasi, Gallo, Entella e Celso (MAURICI 1987, pp. 59-69), tre delle quali sono state sottoposte a numerose campagne di scavo: Monte Iato, Monte Maranfusa, Rocca di Entella (Fig. 3). 2. RICERCHE ARCHEOLOGICHE Il Monte Iato si erge a circa 30 km a sud ovest di Palermo e sovrasta le odierne cittadine di San Giuseppe e Fig. 1 – “Divisae” del monastero di Monreale indicate nel «Registro dei confini» del 1182. Sancipirrello. Inaccessibile da tre lati, tranne da est, la cima più elevata raggiunge gli 852 metri. L’altura è circondata da resti di mura di cinta di età antica rinforzati nel medioevo. Gli scavi dell’Istituto di Archeologia dell’Università di Zurigo, diretti dal prof. Hans Peter Isler, iniziati nel 1971 e tuttora in corso, hanno evidenziato tre lunghi periodi storici di occupazione: uno più recente che corrisponde all’epoca medievale, un secondo che è rappresentato dai monumenti greco-ellenistici e romani, ed un terzo, più profondo, che rappresenta l’occupazione indigena del VII sec. a.C. (ISLER 1991). In tutte le zone scavate si rileva un primo strato di semplici abitazioni medievali, meno fitte nella zona intorno alla casa greca a peristilio, veri quartieri sovrapposti ai ruderi antichi sull’agorà greca e al teatro greco. Le case, costruite in muratura a secco riutilizzando le pietre tagliate dei muri antichi, sono senza fondamenta e con strutture che poggiano direttamente sul terreno in declivio. I tetti erano originariamente coperti con tegole fatte di argilla frammista a paglia. I suoli consistono invece in terra battuta e sono anch’essi in declivio. L’interno delle case è generalmente a un solo vano. Alcune case dispongono di focolari e anche di forni nel cortile (ISLER 1995, pp. 124-125). Pentole e focolari con tre elevazioni, plasmati a mano libera, suggeriscono la precarietà delle condizioni di vita sul Monte Iato e una tradizione manuale molto radicata nella popolazione musulmana (RIBI-ISLER 1988, pp. 67-70, fig. 6). Le classi di ceramiche rappresentate sono i catini locali solcati invetriati verdi, le scodelle e i boccali campani decorati a spirali, dei frammenti di scodelle graffite e fondi di catini maghrebini dipinti in cobalto e manganese (ISLER 1995, pp. 33 e 143144). ©2001 Edizioni all’Insegna del Giglio - vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale – 2 Fig. 2 – Categorie di uomini comprese nel territorio di Monreale nel 1183: mah.alla-t (residenti) e muls (aggiunti) U. Numerosi tesoretti di denari di età sveva sono stati rinvenuti nelle abitazioni medievali. Sono poche le emissioni attribuibili alla minore età di Federico II; più numerosi gli esemplari databili tra il 1220 e il 1228 e quelli fino al 1246 (non oltre) (ISLER 1995, pp. 127 e 136-140). Sono interessanti i denari coniati dal condottiero musulmano che guidava le rivolte: su di un lato di questa emissione di «dispetto» si legge il nome di «Muhammad Ibn Abbad, comandante dei Musulmani» e sull’altro lato un verso del corano: «Non c’è altro Dio che Allah e Maometto è l’inviato di Dio» (ISLER 1995, pp. 136-137, figg. A80-A81). Le tombe medievali di Monte Iato si trovano all’interno della città greco-romana. Una prima necropoli è situata all’esterno di un muro che delimita il nucleo di case insediatosi nella cavea del teatro greco, mentre una seconda necropoli è stata scoperta a est del portico occidentale dell’agorà. La presenza di sepolture all’interno dell’abitato rispecchia l’impossibilità di scendere dalla montagna, durante l’assedio di Monte Iato da parte delle truppe sveve, durato parecchi anni. Tutte le tombe sono prive di corredi. Sono presenti due riti di deposizione diversi. Nella necropoli a monte della cavea del teatro greco i morti sono distesi sul fianco destro nella cosiddetta posizione musulmana, con la testa ad ovest e il volto rivolto verso sud-est. Nelle tombe dell’agorà greca i morti sono distesi supini, disposti in direzione est-ovest con la testa ad ovest. I dati antropologici confermano che nelle due necropoli di rito diverso erano sepolti uomini, donne e bambini (ISLER 1995, pp. 127-129). La partecipazione di Iato alla rivolta è attestata dalle fonti scritte che sottolineano la presenza di Federico II in persona all’assedio di Iato nei mesi estivi del 1222, del 1223 e del 1224, mentre la sconfitta finale dei Musulmani è resa nota in una lettera redatta dallo stesso Federico II nel 1246 e indirizzata a Ezellino da Romano (ISLER 1995, pp. 121-122). Monte Maranfusa, chiamato anche la Montagna di Calatrasi, è un altopiano di forma quadrangolare ben difeso ©2001 Edizioni all’Insegna del Giglio - vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale – 3 Fig. 3 – Villaggi abbandonati Monreale (1222-1246). • e roccaforti Vnel territorio di naturalmente da pareti scoscese che lo rendono particolarmente inaccessibile. La sommità è degradante verso ovest, mentre ad est si diparte in due cime di uguale altitudine (metri 488 e 468), separate da un’insenatura mediana. Al monte si accede da un punto a nord-ovest, dove si apre una strada tagliata anticamente nella parete rocciosa, e da sudest, dove l’attuale strada d’accesso ricalca il percorso antico. Del castello, posto sulla cima sud-est, si conserva il torrione di nord-ovest, sul cui lato est sono addossati due ambienti con volta a botte, cui si accede attraverso un arco a tutto sesto. Sono poi visibili tratti del muro perimetrale ed i resti di una probabile torre quadrangolare all’estremità sud (SPATAFORA 1995, p. 163). Tre campagne di scavo, dirette dalla dott.ssa Francesca SPATAFORA dirigente alla Soprintendenza Archeologica di Palermo, alla fine degli anni ottanta (e ripresi in questi ultimi anni), hanno portato alla identificazione di una necropoli medievale al di sopra di un abitato di età arcaica del VI-inizi V secolo a.C. Sono state individuate e scavate 17 tombe, tutte orientate in senso est-ovest. I deposti poggiavano tutti sul fianco destro con il cranio ad ovest. Le caratteristiche antropologiche inducono a ritenere il gruppo umano composto di giovani, uomini e donne adulti, e di bambini, legato a tipologie berbere. Un documento di Federico II datato Calatrasi 10 settembre 1222 suggerisce che l’imperatore, ultimato l’assedio sul Monte Iato, si accingeva ad assediare e conquistare, di persona, l’altopiano di Calatrasi (SPATAFORA 1995, pp. 164-167). La Rocca di Entella si configura come un vasto pianoro assai ondulato, alla sommità di un rilievo irregolare trapezoidale, con un lungo prolungamento verso nord-ovest. Rupi scoscese circondano la Rocca ad est, sud e ovest, mentre a nord le due vallate dolcemente digradanti ai lati di un aspro sperone centrale permettono un più agevole accesso. Le ricerche archeologiche, condotte sotto la direzione del prof. Giuseppe Nenci del Laboratorio di Topografia sto- rico-archeologica del mondo antico della Scuola Normale Superiore di Pisa, hanno avuto inizio nel 1983 e proseguono ancora oggi. La Rocca di Entella risulta frequentata dalla preistoria; era uno dei principali centri fino alla conquista campana del 404 a.C., a lungo contesa tra Siracusani e Cartaginesi nel IV sec. a.C. Entella conosce una progressiva contrazione in età romana, e mancano tracce di vita in epoca bizantina e araba. Le più consistenti testimonianze di vita medievale su tutto l’altopiano sembrano risalire alla metà del XII secolo e continuano fino alla metà del XIII. ∨ Entella viene ricordata nella gara-l d che, nel 1182, definiva i territori da donare al Monastero di Monreale, quale localizzazione dei confini. Nel 1206 papa Innocenzo III scriveva, tra gli altri, ai qa’id di Entella raccomandando loro la fedeltà verso re Federico II, il che lascia supporre che a questa data l’altopiano fosse già popolato di musulmani che una sempre maggiore incertezza sulla propria condizione aveva spinto ad abbandonare i casali delle pianure ed a concentrarsi in luoghi difendibili come Entella (CORRETTI 1995, p. 93). Delle necropoli musulmane finora note, due sono al di sotto del costone roccioso che delimita il pianoro di Entella, ed una terza è da riconoscersi in un area poco estesa all’interno del pianoro con sepolture in fosse terragne semplici, prive di corredo e coi deposti in decubito laterale destro. Del castello arroccato sul Pizzo della Regina, vedetta ed estremo ridotto in caso di assedio, rimangono oggi notevoli tratti di mura ed una cisterna coperta a volta che conserva un bell’arco in conci di calcarenite (CORRETTI 1995, p. 94). Un complesso fortificato molto interessante si trova a est della necropoli interna al pianoro. Le strutture finora messe in luce si riferiscono in parte ad un edificio articolato intorno ad un cortile centrale, ad un solo piano che s’imposta su strutture antiche, almeno di età romana. La pianta di questo edificio è riconducibile ai moduli abitativi noti nell’Africa settentrionale islamica. A monte di queste strutture un’imponente costruzione quadrangolare organizzata almeno su due piani, con torrione d’accesso, due cortili successivi, una cisterna. Alcuni accorgimenti hanno trasformato una parte di essa in zona residenziale, dotandola di un hamma-m privato che, al momento, costituisce un unicum nelle costruzioni medievali siciliane ed è indizio di una struttura palaziale con impianto termale di un personaggio di rango elevato. All’interno del palazzo fortificato si è rinvenuta una sepoltura di bambino in età neonatale ricavata nel pavimento di un ambiente cieco, secondo il rituale islamico (CORRETTI 1995, p. 94). Tra questo palazzo e il Pizzo della Regina è stata indagata un’altra area abitativa medievale, impostatasi sopra le rovine di un imponente edificio di epoca classica. Le strutture medievali consistono in muri di pietrame sommariamente sbozzato e legato con terra; anche qui sono state rinvenute due sepolture islamiche entro fosse terragne semplici, pertinenti ad adulti che, come quella infantile, si possono giustificare con l’assedio (CORRETTI 1995, p. 94). I materiali raccolti nei livelli di abbandono sono databili all’epoca sveva: ceramiche a cobalto e manganese d’importazione nord africana; ciotole a spirali di produzione dell’Italia meridionale, ed altri oggetti di produzione siciliana tra cui pentole foggiate a mano libera le quali denunziano la stessa precarietà di vita di Monte Iato (CORRETTI 1995, p. 94). La circolazione monetale ad Entella vede una notevole presenza di monete di Guglielmo II (bronzi con testa di leone) e di Federico II, nonché alcuni gettoni di pasta vitrea; un denaro genovese, databile all’inizio del XIII secolo, ricorda i legami commerciali di questa repubblica marinara con l’isola. Interessante il ritrovamento, su livelli pavimentali medievali, di monete antiche che potrebbero essere state usate nelle piccole transazioni durante i periodi di assedio, nell’impossibilità di fornirsi di moneta nuova (CORRETTI 1995, p. 95). ©2001 Edizioni all’Insegna del Giglio - vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale – 4 Le ricerche fin qui condotte confermerebbero le fonti letterarie che pongono la fine di Entella nel 1246 (CORRETTI 1995, p. 94). Le notizie che si desumono dagli scavi su Monte Iato, Montagna di Calatrasi e Rocca di Entella si integrano l’una con l’altra: qui mucchi di abitazioni rudimentali, là un palazzo dotato di un bagno, ovunque necropoli. Tutti insieme questi dati completano il quadro piuttosto oscuro sulle guerre antimusulmane, nel solo territorio della Chiesa di Monreale, che i documenti d’archivio avevano negato. 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