Scarica il documento

Transcript

Scarica il documento
Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea in provincia di Asti
NOVEMBRE-DICEMBRE 2009
APPUNTI PER UN CORSO DI AGGIORNAMENTO
IL CINEMA E LA SHOAH
TEMI, LINGUAGGI, PROBLEMI
CINEMA E SHOAH
Rappresentare l’indicibile?
Avvertenze…
- Contro stereotipi e luoghi comuni
riguardanti la Shoah e il tema Lager
- Contro un atteggiamento patetico e
“sentimentalista”
- Per capire meglio l’estrema complessità di
un fatto storico per nulla indicibile
- Il percorso non vuole e non pu ò essere
esauriente: è un primo approccio al tema
CINEMA E SHOAH
Il nostro percorso
- Come sono stati rappresentati la Shoah o il
Lager dal cinema?
- Quali “errori” interpretativi sono stati
commessi? Quali le loro conseguenze sul
nostro immaginario?
- E’ possibile usare le immagini per
insegnare la Shoah?
CINEMA E SHOAH
Il nostro percorso
Percorso cronologico: analisi della
produzione cinematografica dal 1945 ad
oggi
- Analisi di film e solo di alcune produzioni
documentarie scelte perché possono
problematizzare il nostro tema
-
MA PRIMA DI COMINCIARE…
Uno sguardo al nostro tema
L’importanza delle parole: Shoah ed
Olocausto
- Parliamo di: sistema concentrazionario
nazista
-
complessità
I DOCUMENTARI
La pedagogia dell’orrore
Nazi Concentration Camps di George Stevens
(regista di Il diario di Anna Frank, 1959)
- Memory of the Camps (edito in Germania e in
Inghilterra da anni, no in Italia)
- Liberazione di Auschwitz (girato dalle truppe
Sovietiche)
- Liberazione di Buchenwald (a colori)
Medesima struttura narrativa
-
I DOCUMENTARI
Nazi Concentration Camps
Brevi filmati sulla liberazione di alcuni
campi (spesso sconosciuti)
- Questa è la realtà
- Carrellata di morte e di orrore /
esposizione dei corpi delle vittime (indistinte)
e ruolo dei liberatori (attivit à umanitaria)
- Eccezione: filmato della liberazione di
Auschwitz
-
LIBERAZIONE DI AUSCHWITZ
Personalizzazione delle vittime (originalit à)
- uso di campi lunghi, lunghissimi e di
riprese aeree (carrellate e panoramiche):
vastità e attestazione dell’autenticità del
filmato
- Manca il sistema Auschwitz
- I liberatori non espongono i corpi delle
vittime ma vi entrano in rapporto
-
I DOCUMENTARI
MEMORY OF THE CAMPS
E’ del febbraio 1945 l’idea del governo inglese
di realizzare un documentario con due
caratteristiche essenziali:
1. Rigorosa oggettività (prova giudiziaria)
2. Intento pedagogico verso i tedeschi
Sidney Bernstein e Alfred Hitchcock
assemblano filmati diversi
Il dolore e la memoria (1985): un “prodotto” a
scatole cinesi / Il testimone “parla” a supporto delle
Immagini (è l’era del testimone)
-
LIBERAZIONE DI MAUTHAUSEN
e di GUSEN
Filmato molto artigianale: materiale grezzo
- Alcuni movimenti della macchina sono
quasi amatoriali
- Scarsa struttura narrativa
- Ostentazione della morte = primi piani
- Esposizione dei “vivi”
-
LIBERAZIONE DI BUCHENWALD
Filmato a colori
- Viene inquadrato sempre il ciak per dare
supporto di verità alle immagini
- Viene documentata la funzione
pedagogica della visita al KZ
- Primi piani dei tedeschi (i carnefici) / primi
piani delle vittime (maggiore ostentazione
della morte)
-
IL NEGAZIONISMO
Filmati di propaganda (la Storia la fanno i
vincitori)
- Filmati proiettati per coprire i “delitti” di
Hiroshima e Nagasaki e di Dresda
- I cadaveri sono di persone morte per tifo
- Manipolazione delle immagini
-
OSTATNI ETAP (The last step) (1947)
di Wanda Jakubowska
OSTATNI ETAP (1947)
di Wanda Jakubowska
La regista è un’ex deportata di Auschwitz (aprile
1943) e di Ravensbrück
- Due parti distinte del film:
1) Stile documentaristico utilizzato per illustrare il
funzionamento di Birkenau (una delle migliori
rappresentazioni del luogo Auschwitz)
2) Resistenza delle prigioniere: ideologico, politico,
pathos fine a se stesso (confronto con il
Memoriale polacco di Auschiwtz)
- Problemi: le vittime non sono ebree ma
polacche ed antinaziste
-
OSTATNI ETAP (1947)
-
c’è molto fango e molto fumo
“Pudore della morte”
Violenza tutta femminile
Per la prima volta si vede l’inquadratura
della rampa di Birkenau
Carrellata sugli oggetti (spogliazione)
Il documentario: NOTTE E NEBBIA
(1956) di Alain Resnais
Selezionato per il Festival di
Cannes del 1956, viene
ritirato all’ultimo momento:
È la nazione resistente che
si oppone al fascismo a
prevalere, non la Francia
collaborazionista di Vichy.
Il documentario: NOTTE E NEBBIA
(1956) di Alain Resnais
l
l
Il titolo: 7 dicembre 1941 Keitel emana il decreto Notte e
nebbia, disposizione, riguardante tutta l’Europa nazista,
controfirmato dai vertici della Wehrmacht. In esso si
stabilisce l’eliminazione fisica delle opposizioni politiche
organizzate, tanto più se resistenti con le armi, nei paesi
occupati dalla Germania. Viene stabilita l’inapplicabilità
di tutte le convenzioni internazionali, a partire da quella
di Ginevra del 1929 sul trattamento dei prigionieri di
guerra, e definisce lo status di quanti non accettano il
regime di occupazione come “nemici del Reich” da
internare nei lager.
La notte e la nebbia alle quali si fa riferimento sono un
richiamo al destino di coloro che vengono catturati:
nessuno avrebbe più potuto sapere nulla del loro destino
ed i prigionieri sarebbero scomparsi, appunto, nella notte
e nella nebbia.
Il documentario: NOTTE E NEBBIA
(1956) di Alain Resnais
- Il presente è a colori il passato è in b/n
- Musica = ruolo importante
- Utilizzo della carrellata: per documentare, per far
riflettere / lunghi “silenzi musicali”
- Resnais ha compiuto un notevole lavoro di ricerca
d’archivio
- Testi di Jean Cayrol, poeta, scrittore ed ex
deportato a Mauthausen
- Impone il dovere etico e morale della memoria
KAPO’ (1960)
di Gillo Pontecorvo
KAPO’ (1960)
di Gillo Pontecorvo
Analisi dell’inizio del film (scene + titoli di testa)
L’identità di Edith, a causa del campo di
concentramento si trasforma progressivamente
(negazione della propria identità ebraica)
- Il sacrificio finale di Edith è simbolico: un ritorno
alla propria vera identità (Shemà Israel) / critica
negativa: cristianizzazione della Shoah
- Due parti: purtroppo la seconda è un
melodramma d’amore e di morte
- La musica e le luci costituiscono un vero e proprio
linguaggio narrativo (p.e. musica iniziale che rappresenta la
drammaticità del viaggio / luci sul volto di Edith che perde la
propria identità: taglio dei capelli)
-
KAPO’ (1960)
di Gillo Pontecorvo
Il carrello di Kapò
Articolo del regista, sceneggiatore ed attore Jacques sui
«Cahiers du cinéma»:
Guardate, in Kapò, l’inquadratura in cui Emmanuelle Riva si
suicida, gettandosi sul filo spinato ad alta tensione: l’uomo
che decide, a questo punto, di fare un carrello in avanti per
inquadrare il cadavere dal basso verso l’alto, avendo cura di
porre la mano alzata esattamente in un angolo
dell’inquadratura, ebbene quest’uomo merita solo il
più profondo disprezzo.
KAPO’ (1960)
di Gillo Pontecorvo
Pontecorvo, non rispondendo alle
polemiche, affermerà poi di aver voluto fare
un primo piano sull’attrice per sottolineare la
drammaticità provata da lui e dalla troupe in
quel momento. In realtà l’inquadratura
serve per cogliere la reazione di
assuefazione alla morte delle compagne
LA PASSEGGERA (1961-’63)
di Andrzej Munk
Premio speciale al
Festival di Cannes del
1964
- Rapporto
vittima/carnefice
- Le immagini del Kz
sullo sfondo e su di esse
c’è lo sguardo freddo e
impassibile del regista
-
LA PASSEGGERA (1961-’63)
L’IO narrante non è la vittima / la memoria
dapprima è autoassolutoria poi viene
presentata la realtà / “andirivieni” tra
presente e passato
- Per alcuni il miglior film sul tema
- Si ferma sulla soglia…: le scene dell’orrore
quotidiano sono sullo sfondo / la telecamera
indugia sugli oggetti e sull’arrivo al crematorio
- Scava nel rapporto tra vittime e carnefici
-
VINCITORI E VINTI (1961)
di Stanley Kramer
Una parentesi:
il processo di Norimberga
…Mi recai a Norimberga per vederli. Li avevo spesso
osservati nell’ora della gloria e del potere, alle riunioni
annuali del partito che si tenevano in quella città. Al
tribunale militare internazionale, sul banco degli accusati
essi presentavano un aspetto assai diverso: avevano subito
una vera metamorfosi. In abiti piuttosto lisi, rannicchiati sui
loro sedili e in preda ad un’agitazione nervosa, avevano
certo ben poco degli arroganti capi di un tempo.
Sembravano piuttosto un gruppo abbastanza uniforme di
esseri mediocri…
fotografie
(da W.L. Shirer, Storia del Terzo Reich, Torino, Einaudi, 1962, p. 1231)
Una parentesi:
il processo di Norimberga
Una parentesi:
il processo di Norimberga
12 procedimenti penali / 190 imputati
- Norimberga: palcoscenico urbano per i riti
di massa del nazismo / disponibilit à di
palazzi non danneggiati dai
bombardamenti
- Tribunale militare internazionale (Stati
Uniti, Unione Sovietica, Gran Bretagna,
Francia)
-
Una parentesi:
il processo di Norimberga
4 capi d’accusa del + importante processo (20
novembre 1945/31 agosto 1946)
1. complotto
progetto dittatoriale
2. crimini contro la pace
guerre di
aggressione e violazione di 34 trattati
internazionali
3. crimini di guerra
contro civili e
prigionieri di guerra
4. crimini contro l'umanità
contro
avversari politici e minoranze etniche
-
Una parentesi:
il processo di Norimberga
22 imputati + 1 processato in contumacia (Martin
Bormann)
- Linea della difesa: unico responsabile Hitler /
Impossibile sottrarsi agli ordini
l
Il processo si conclude il 31 agosto con le ultime
dichiarazioni degli imputati; il 1 ottobre 1946
vengono emesse le sentenze: 3 assoluzioni, 7
condanne a pene detentive, 12 condanne a
morte (di cui eseguite solo 10, il 16 ottobre)
Una parentesi:
il processo di Norimberga
-
-
-
La Shoah e il sistema concentrazionario nazista
rappresentano solo un piccolo aspetto del
processo
Non viene assolutamente ricostruita la
complessità del sistema concentrazionario ed i
suoi strettissimi rapporti con l’economia tedesca
Ciò che esce dal processo rappresenterà per
molti anni l’immagine stereotipata dei KZ
Rigorosa partizione tra “buoni” e “cattivi”
UNA RIFLESSIONE:
COMINCIA L’ERA DEL TESTIMONE
La vicenda ed il processo Eichmann
la memoria diventa un momento costitutivo
della storia della deportazione e rivendica
un proprio spazio pubblico
Chi è Adolf Echmann?
- La cattura ed il processo
-
Adolf Eichmann (1906-1962)
Nato in Austria, aderì al partito nazista austriaco nel 1932 e
successivamente alle SS. In seguito si trasferì in Germania dove venne
inserito all’interno dello SD, il servizio di spionaggio incorporato nel Rsha
(Ufficio centrale per la sicurezza del Reich). Si occupò del censimento
degli ebrei e delle loro associazioni, ne organizz ò l’emigrazione forzata e
le requisizioni dei loro beni. Con l’inizio della guerra Eichmann era
considerato, ormai, uno specialista della “questione ebraica”. L’invasione
dell’Unione Sovietica (22 giugno 1941) e la Conferenza del Wannsee
(gennaio 1942) segnarono l’inizio dello sterminio. Eichmann divenne la
figura chiave del progetto. Nel 1944 si occupò della deportazione degli
ebrei ungheresi (400.000 ebrei). Alla conclusione della guerra fuggì
facendo perdere le proprie tracce. Dieci anni dopo venne individuato dai
servizi segreti israeliani in Argentina, rapito ed “estradato” in Israele. Il
processo pubblico, tenutosi a Gerusalemme tra l’aprile e l’agosto del
1961 con larga eco di stampa, identificò le responsabilità di Eichmann
che, condannato a morte, venne giustiziato il 31 maggio 1962.
UNO SPECIALISTA – RITRATTO DI UN
CRIMINALE MODERNO (1999)
di Eyal Sivan
- 114 sedute ed 8 mesi di riprese (1961 -’62)
(telecamere nascoste) del processo (500
ore) - 15 imputazioni – evento mediatico
- Linea seguita: La banalità del male di
Hanna Arendt.
- Problema della responsabilit à individuale:
Eichmann è davvero un uomo perbene
(Non ho mai ucciso nessuno).
UNO SPECIALISTA – RITRATTO DI UN
CRIMINALE MODERNO (1999)
di Eyal Sivan
UNO SPECIALISTA – RITRATTO DI
UN CRIMINALE MODERNO (1999)
di Eyal Sivan
Il regista non segue le fasi del processo.
Sembra privilegiare le sensazioni, le
emozioni, i volti, i gesti a volte teatrali delle
persone riprese
Ricostruisce il contesto sociale del
nazismo, predisposto ad accoglierne i
principi ideologici
-
IL PORTIERE DI NOTTE (1974)
di Liliana Cavani
IL PORTIERE DI NOTTE (1974)
l
l
l
l
l
Accolto da aspre critiche soprattutto da parte dei
sopravvissuti (es. di Lidia Rolfi). E’ un film che “disturba”
Tema del complesso ed ambiguo rapporto tra vittima e
carnefice, in cui non si capisce chi è l’uno e chi è l’altro (la
coppia ricostruisce l’universo del lager).
Tema del nazismo “nascosto” nelle società democratiche
del dopoguerra (fotografia: la Vienna degli anni ’50,
plumbea, grigia, triste, deserta)
Elemento certo: assoluta ed indissolubile dipendenza del
carnefice dalla propria vittima
Affermazione di sé solo attraverso la sopraffazione
MR. KLEIN (1976)
di Joseph Losey (sceneggiatura di Solinas)
MR. KLEIN (1976)
Atmosfera kafkiana
- Riflessione sui meccanismi (anche
burocratici) che hanno portato alla Shoah
- Tema dell’identità pre-stabilita da norme
legislative e da teorie scientifiche (scena iniziale: la
visita medica sulla donna-oggetto è violenta,
umiliante).
- Indifferenza e antisemitismo che crea il
“gruppo ebrei”
- Klein è solo interessato a capire chi è il suo
“doppio”
OLOCAUSTO (1978)
L’importanza delle parole
Sceneggiato o serial in otto puntate di M. J.
Chomsky
- Enorme riscontro di pubblico (già con Radici)
-
rinnovato interesse per il tema (quasi 1.200 film
o documentari sul tema)
- Scoperta dello “show business”, dell’industria
della Shoah
- Prodotto decoroso e di buon livello: manca
la contestualizzazione storica dell’antisemitismo
europeo
OLOCAUSTO (1978)
L’importanza delle parole
Elie Wiesel afferma che lo sceneggiato ha
trasformato in soap opera un problema
ontologico. Falso, hollywoodiano, offensivo… I testimoni si
sentono spossessati della propria storia
- Interesse enorme: Carter (idea del museo
dell’Olocausto e dell’istituzione di un giorno
della memoria)
- Forte reazione della destra tedesca / 1993 (forte
sviluppo del neonazismo: unica replica dello
sceneggiato
-
OLOCAUSTO (1978)
L’importanza delle parole
Come in Radici viene utilizzato il “contesto
famigliare”
- “Il minimo che possiamo fare è essere
testimoni”: missione etica del testimone
- Cultura post-’68: recupero delle fonti orali
-
Parlano i testimoni “occidentali”
(Archivi Fortunoff in USA e in Italia)
ARCHIVI FORTUNOFF
Università di Yale / dimensione della
ricerca
- 3.600 video-interviste raccolte da un
ricercatore in uno studio chiuso
- Non esiste una griglia di intervista
(intervista libera) / Ascolto
- Libero flusso della parola = terapia
-
LA VITA OFFESA
Inizi anni ’80. Università di Torino e ISR
piemontesi
ambito / ricerca
- 250 interviste
- Uso di una griglia tematica-cronologica
- Ricercatori e storici professionisti
- Memoria come fonte per la storia
-
LA SCELTA DI SOPHIE (1982)
di Alan J. Pakula
LA SCELTA DI SOPHIE (1982)
di Alan J. Pakula
Impossibilità del rientro nella “normalità” / complessità
del “ritorno”: Stiamo morendo (Kevin Klein, all’inizio)
- Peso insostenibile dell’esperienza terribile della scelta di
Sophie
- Sophie=deportata e non ebrea / Nathan=ebreo
e non deportato à
senso di colpa
- Passaggi continui tra presente e passato (trasmissione
della memoria)
- Telecamera fissa sui volti (primi piani e campi medi): la
fotografia diventa fondamentale soprattutto nella
inquadrature del volto di Sophie
- Coppia claustrofobica / rapporto vittima-carnefice
-
VA’ E VEDI (1985)
di Elem Klimov
Uno dei pochi film sullo
sterminio all’Est
- E’ l’incubo e la follia della
guerra / è un mondo allucinato,
orrendo (sporcizia, fango, suoni
terribili, urla, fiamme, visi
deformati dalla brutalità della
guerra = alla fine il volto del
protagonista è una
vera e propria maschera)
- Scena finale spesso non capita
-
Il documentario: SHOAH (1985)
di Claude Lanzmann
10 anni di interviste e riprese (350 ore)
- Lungo viaggio nella memoria
- Uso quasi ossessionante della macchina da
presa
sguardo indagatore (forse troppo)
- I testimoni vengono portati sui luoghi o
invitati a ripetere i gesti che facevano allora
(stimoli mnemonici)
- Lunghissimi silenzi (suoni della natura) =
sofferenza e tormento della memoria
-
L’NFANZIA, L’ANTISEMITISMO,
LA SHOAH
ARRIVEDERCI RAGAZZI (1987)
di Louis Malle
- L’AMICO RITROVATO (1989)
di Jerry Schatzberg
Rischio: deriva patetica / sentimentalismo
Risultato migliore: Jona che visse nella
balena
-
MUSIC BOX (1989)
di Costa-Gavras
Dramma famigliare,
giudiziario e
individuale
(scoperta/copertura
di un’identità), è un
continuo andirivieni
di indizi contro il
protagonista e la
loro confutazione.
Lo spettatore è
seduto tra la giuria
MUSIC BOX (1989)
l Di
fronte alla Shoah non è possibile fare
sconti, nemmeno al proprio padre.
l Dramma degli ebrei ungheresi
l Contrasto tra il mimetizzarsi nella societ à
americana e la ricerca di sé, delle proprie
radici e quindi della propria identit à
(essere sui luoghi=Budapest)
l Antisemitismo latente (inquadrature di
religiosi e figure negazioniste)
DOTTOR KORCZACK (1991)
di Andrej Wajda
Storia di Henryk Goldzmit,
medico ed educatore, che
assiste 200 orfani nel
ghetto di Varsavia.
Morirà con loro nel VL di
Treblinka. In Italia il film
esce con due anni di
ritardo rispetto alla sua
presentazione al festival di
Cannes
DOTTOR KORCZACK (1991)
di Andrej Wajda
l Bianco/nero
molto particolare, quasi da
cinema tedesco degli anni ’30.
l Impianto narrativo semplice
(sceneggiatura di Agnieska Holland,
autrice di Europa Europa) e rinuncia alla
spettacolarità delle immagini
l La macchina da presa segue i personaggi
in modo asettico, descrittivo
l Condivisione di un destino ( cfr. Mr. Klein)
SCHINDLER’S LIST (1993)
di Steven Spielberg
Prodotto commerciale hollywoodiano
- E’ il punto di partenza di un progetto
culturale particolare (approfondimento)
- Il comandante del campo di Plaszow è
l’alter ego di Oskar Schindler
- Mette in scena l’antisemitismo polacco
(originalità)
- Finale = caduta sentimentale tipica del
cinema americano
-
SCHINDLER’S LIST (1993)
Scene da esaminare:
- La partenza dalla stazione di Cracovia
(anticamera del canadà di Auschwitz)
- La liquidazione del ghetto di Cracovia: gli
ebrei diventano persone (conoscenza
dell’Altro)
- L’interno della camera delle docce: il
pudore si ferma e cambia registro narrativo
APPROFONDIAMO
Il progetto
Survivors of the Shoah Visual History
Foundation di Steven Spielberg (1994)
Poche luci e tante ombre…
Cfr. Con i progetti Archivi Fortunoff negli Stati
Uniti e con La vita offesa in Italia
Survivors of the Shoah Visual
History Foundation
Fondata nel 1994 da Steven Spielberg sull'onda del successo e
dell'interesse suscitato dal suo film Schindler's List è un'organizzazione
no-profit creata per la registrazione e catalogazione su supporto audio-video,
delle testimonianze dei sopravissuti e dei testimoni dell'olocausto. Fra il 1994 e
il 1999 la fondazione ha realizzato circa 52.000 interviste in 56 paesi in 32
lingue. Hanno partecipato al progetto sopravvissuti ebrei, testimoni di Geova,
Omosessuali, Rom e Sinti, liberatori e testimoni della liberazione, prigionieri
politici, soccorritori e benefattori, testimoni sopravvissuti ad esperimenti di
eugenetica, testimoni ai processi per crimini di Guerra. Nel 2005, la fondazione,
grazie ad un accordo con la University of Southern California, si è trasformata
in USC Shoah Foundation Institute, in modo da garantire la preservazione
in perpetuo e perfezionare la catalogazione del materiale raccolto. La
fondazione ha prodotto la serie Broken Silence, Gli ultimi giorni (1998) e
Volevo solo vivere
manca il contesto storico – si privilegia
l’aspetto emotivo ed emozionale cui vengono piegate le interviste – filmati
divulgativi
Survivors of the Shoah Visual
History Foundation
S. Spielberg: …conservare la storia così
come essa ci sarà stata trasmessa da coloro
che l’hanno vissuta e che sono riusciti a
sopravvivere; è fondamentale vedere i loro
volti, sentire le loro voci e capire che ad
aver subito la Shoah è gente comune come
noi
è l’esatto contrario della
ricerca storica
Survivors of the Shoah Visual
History Foundation
Dimensione “industriale” del progetto
programmazione della raccolta delle
testimonianze: 5 giorni alla settimana / 4
interviste al giorno
OBIETTIVO: SCRIVERE LA STORIA DELLA
SHOAH
Survivors of the Shoah Visual
History Foundation
- L’intervistatore è un volontario scelto dopo
aver compilato un questionario (conoscenze
sulla Shoah e di cultura generale)
- Stage formativo di tre giorni (lezioni di
storia, di psicologia, di critica delle fonti
orali)
- Ogni intervista viene pagata 50$
Survivors of the Shoah Visual
History Foundation
L’intervista: condotta a casa del testimone;
durata massima di 2 ore; calibrata per il
60% sul periodo della guerra, 20%+20%
sul prima e sul dopo; ultima domanda: Che
cosa vuole lasciare in eredità alle future
generazioni; la famiglia compare alla fine
(“come da copione” = happy end)
Survivors of the Shoah Visual
History Foundation
-
Sostituzione della Storia con la Memoria
Americanizzazione della Shoah
Ricerca storica ridotta a prodotto seriale
della catena di montaggio industriale
Le altre fonti?
Indagini in Usa confermano la scarsissima
conoscenza degli americani sulla Shoah
(nonostante Olocausto e Spielberg)
Il documentario:
GLI ULTIMI GIORNI (1998)
di James Möll
Fa parte della serie Broken Silence (5
documentari)
- Premio Oscar 1999 per il miglior
documentario
- Musiche di Hans Zimmer: si privilegia
l’aspetto emotivo della memoria
- La testimonianza viene “supportata” da
documenti visivi dell’epoca
-
GLI ULTIMI GIORNI (1998)
di James Möll
Uso di una telecamera più “discreta”
rispetto a Shoah di Lanzmann
- Presenza dei famigliari: il passaggio
generazionale della “memoria”/storia (qui i
due termini diventano sinonimi)
-
Problema metodologico, “di conoscenza”,
educativo-pedagogico
VOLEVO SOLO VIVERE (2005)
di Mimmo Calopresti
Incipit del documentario: pone gi à un
problema di contestualizzazione del percorso
razzista del fascismo
- Telecamera fissa sul viso dei testimoni
(non sono le riprese di Lanzmann…)
- “Innesti” di immagini del tempo
- E’ un prodotto meno “americano” di quello
di Moll
-
Il documentario: Memoria (1997)
di Ruggero Gabbai, Marcello Pezzetti,
Liliana Picciotto
Non fa parte del progetto di Spielberg
- Maggiore complessità narrativa (dietro c’è
ricerca storica e conoscenza del tema)
- E’ un viaggio nella memoria e nei luoghi
- Molteplici usi dei luoghi: es. Birkenau
d’inverno) / riprese aeree / crematorio /suoni
- Uso simbolico dell’acqua (scansione
cronologica)
-
JONA CHE VISSE NELLA BALENA
(1993)
di Roberto Faenza
La guerra o il Lager fanno crescere in fretta… (Và e vedi, 1985)
Tratto dal libro di Jona Oberski, Anni
d’infanzia (1977)
- Il punto di vista è quello del piccolo Jona (riprese
dal basso) che cambia e diventa adulto
- Linguaggio filmico molto semplice, quasi
“asciutto” . Ci si affeziona subito al piccolo (uso
“strategico” di primi piani)
-
JONA CHE VISSE NELLA BALENA
(1993) di Roberto Faenza
Trasformazione radicale di Jona che, però,
non perde la propria identità grazie al
recupero della propria memoria (scena
finale)
LA VITA E’ BELLA (1997)
Film diviso in due parti molto diverse: la
1^ prepara alla 2^
- Molte critiche soprattutto in Israele: non è
stato accettato l’impianto favolistico del film
- In Italia: quasi un processo di
“santificazione” del film
-
LA VITA E’ BELLA (1997)
di Roberto Benigni
-
-
Abile costruzione di marketing per il mercato
cinematografico americano
Manipolazione favolistica (la morte non viene
mai mostrata, non c’è violenza nel Lager)
L’Abbiamo vinto della fine cancella il dramma dei
sopravvissuti e i movimenti resistenziali europei
(il nazismo è scomparso: non è vero)
La liberazione del campo è costruita per il
pubblico americano
TRAIN DE VIE (1999)
di Radu Mihaileanu
- Secondo alcuni critici cade,
all’inizio, nella
caricatura e nella
macchietta: in realtà il
regista mette sapientemente
in vista gli stereotipi ed i
luoghi comuni
dell’antisemitismo europeo.
Finale imprevisto,
spiazzante
-
TRAIN DE VIE (1999)
di Radu Mihaileanu
Dimensione favolistica come ne La vita è
bella ma qui il regista (ebreo-francorumeno) narra un tema che conosce a fondo
(deportazione della sua famiglia). E’ un film
yiddish
- Tono surreale ed ironico (Vogliamo vivere!
di Ernest Lubitsch, 1942 e la sceneggiatura di Moni
Ovadia); ritmo veloce ed incalzante come la
Musica; incontro di culture diverse (due
persecuzioni)
-
TRAIN DE VIE (1999)
di Radu Mihaileanu
Ruolo fondamentale riservato al “matto
del villaggio” (sguardo letteralmente “super
partes”)
- Il finale cancella il sottile confine tra ironia
e tragedia
-
La commedia
Monsieur Batignole (di Gerard Jugnot,
2002) – La scelta di un “eroe per caso”,
tra collaborazionismo ed antisemitismo
francese; difficile rapporto tra adulti e
bambini (la Storia li travolge); il viaggio
verso la salvezza diventa un viaggio interiore
ed una trasformazione della propria
identità
-
Concorrenza sleale (di Ettore Scola,
2001): la quotidianità delle leggi razziali tra
commedia, dramma, dolore, indignazione,
indifferenza di una società quasi distratta e
-
incapace di rendersi conto della tragedia
imminente
JAKOB IL BUGIARDO (1999)
di Peter Kassovitz
Costruito
sull’istrionismo di
Robin Williams ed il suo
personaggio non ha lo
spessore narrativo di
Schlomo, il “matto” del
villaggio di Train de vie
-
-
Vita nel ghetto
LA ZONA GRIGIA (2001)
di Tim Blake Nelson
Dal libro di Miklos Nyiszli (medico
anatomo-patologo), Un medico a
Auschwitz - Memorie di un medico
Deportato (le reazioni del
negazionismo)
Cap. La zona grigia de I sommersi e i
salvati di Primo Levi
LA ZONA GRIGIA (2001)
di Tim Blake Nelson
Sonderkommando di Auschwitz-Birkenau
Velo grigio del fumo, della cenere, delle
coscienze, della zona grigia
Dimensione industriale del crematorio
(catena di montaggio)
IL PIANISTA (2002)
di Roman Polanski
Tratto da Death of a City
(1984) autobiografia di Wladyslaw
Szpilman
- Film biografico ed autobiografico
(Polanski vive nel ghetto di Cracovia e
perde la propria madre in un campo di
sterminio)
- Ghetto di Varsavia
- Forte impatto visivo ed emotivo
- Il punto di vista è quello
allucinato del protagonista
-
IL PIANISTA (2002)
Atmosfera di macerie (reali ed interiori) e di solitudine
(annientamento di un’identità = progressiva
regressione) / Uso dei campi lunghi e dei totali:
amplificano la solitudine e la disperazione / macerie
- Ghettizzazione della diversità in un labirinto di
violenza, di soprusi (anche da parte delle stesse
vittime) e di sofferenza senza limiti (filmografia di
Polanski)
- E’ anche un film sulla morte di una città
IL PIANISTA (2002)
Un percorso anche musicale:
1.
2.
3.
Chopin:
Andante spianato e Grande Polacca in mi bem. Magg.
Op. 22
Notturno postumo in do min.
Ballata n. 1 in sol min. Op. 23
Beethoven:
1.
Sonata op. 14 in do diesis min. op. 27/2 (“Al
chiaro di luna”)
Bach:
1. Suite n. 1 in sol magg. BWV 1007 per violoncello solo
Amen (2002) di Costa-Gavras
Il manifesto è di Oliviero
Toscani (croce/svastica)
AMEN (2002)
di Costa-Gavras
Tratto da Il vicario (1963) di Rolf Hochhut
(opera censurata in Italia)
- Ricostruzione della vicenda di Kurt
Gerstein / colpevole silenzio della chiesa
cattolica
- Linguaggio cinematografico secco e
aggressivo (è un atto di accusa)
- Tema ricorrente: i treni con vagoni vuoti
che “viaggiano insieme” ai protagonisti
-
MY FATHER (2006)
di Egidio Eronico
E’ la storia di un rapporto tra un padre
molto particolare, il dott. Mengele, ed il
proprio figlio (cfr. Music Box)
- E’ la ricerca molto travagliata di un ’identità
(viaggio sui luoghi = cfr. Music box)
- E’ un viaggio interiore molto complesso e
traumatizzante
-
SENZA DESTINO (2006)
di Lajos Koltai
Il regista è uno dei più famosi direttori della
fotografia (fotografia cupa, angosciosa, dai colori
spenti, uso del “seppiato” come in una vecchia
fotografia d’epoca) / colonna sonora di Ennio
Morricone / tratto dal romanzo autobiiografico del
premio Nobel Imre Kertész
- La struttura narrativa procede per capitoli
- Antisemitismo ungherese (non ci sono nazisti)
- Mantenere la dignità è quasi impossibile nel lager
- Difficile ritorno
-
SENZA DESTINO (2006)
di Lajos Koltai
Alcuni temi del film: trasposizione in cinema
di alcune fotografie famose dell’epoca (arrivo
sulla banchina di Birkenau); fango del KZ
(cfr. La passeggera); perdita della propria dignità;
trasferimenti da un KZ all’altro (complessità del
sistema lager); citazione da La notte di Elie Wiesel:
dal fondo dello specchio un cadavere mi
contemplava…); il ritorno è quasi impossibile: sono
morto una volta, non so chi sono… o provo solo
odio… (non c’è serenità e speranza); accenno alla
distruzione di Dresda
BLACK BOOK (2006)
di Paul Verhoeven
Non ci sono eroi né malvagi
- Le violenze dei partigiani e dei nazisti sono
identiche e messe sullo stesso piano
(ambigità della natura umana)
- Linguaggio visivo coinvolgente ed
accattivante, pieno di tensione espressiva (il
regista è autore di film come Robocop,
Total Recall, Basic Instinct, Fanteria dello
spazio, L’uomo ombra)
-
THE READER (2008)
di Stephen Daldry
Tema della crescita e
dell’adolescenza (Billy Elliot, 2000)
- L’analfabetismo di Hanna è
l’ignoranza dei tedeschi nei confronti
del nazismo?
- Rapporto tra l’etica e la legge
(dialogo tra il professore e lo studente)
- La vicenda scorre lungo piani
narrativi e temporali alternati
-
IL BAMBINO CON IL
PIGIAMA A RIGHE (2008)
di Mark Herman
Prodotto dalla Miramax-Disney e tratto dal
romanzo dello scrittore irlandese John Boyne
- Inizio: antisemitismo / due partenze
diverse: gli ebrei e il bambino
- Rovesciamento del punto di vista: il vero
prigioniero è Bruno
- La telecamera spia negli spazi domestici
- Atmosfera di forte straniamento: l’infanzia
interpreta a proprio modo il mondo che la circonda
- Tema visivo costante: righe verticali (carcere)
-
Alcuni documentari:
Viaggio nella fabbrica dello sterminio
(2002) di Andrée Rossi Maroso e Federico Ambiel,
consulenza di Marcello Pezzetti e Liliana Picciotto:
ottimo strumento didattico / efficace e sintetica
ricostruzione dello sterminio ebraico e del
funzionamento delle camere a gas di Auschwitz
(uso della computer–grafica)
- Le reazioni del negazionismo italiano (Carlo Mattogno)
Alcuni documentari:
Paragrafo 175 (2000) di R. Epstein e J.
Friedman sulla persecuzione e sterminio
degli omosessuali
- La strada di Levi (2006) di Davide Ferrario
- A forza di essere vento – Lo sterminio
nazista degli Zingari (2008), editrice “A”
-
BIBLIOGRAFIA
Enciclopedia della Shoah,
Shoah, Torino, Utet,
Utet, 2006
Dizionario dell’
dell’olocausto,
olocausto, Torino, Einaudi,
Einaudi, 2004
Il libro dei deportati, Milano, Mursia, 2008 e 2010 (6 voll.)
“Bei tempi” – Lo sterminio degli ebrei raccontato da chi l’ha
eseguito e da chi stava a guardare, Firenze, La Giuntina, 1990
Il Morandini – Dizionario dei film, Bologna, Zanicheli,
Zanicheli, v.e.
A. Costa, Saper vedere il cinema,
cinema, Milano, Bompiani,
Bompiani, 2001
G. D’Amico e B. Mantelli (a cura di), I campi di sterminio nazisti – Storia,
memoria, storiografia, Milano, Franco Angeli,
M. De Bonis,
Bonis, L’immagine della memoria – La Shoah tra cinema e fotografia,
fotografia,
Roma, Onyx,
Onyx, 2007
C. Gaetani,
Gaetani, Il cinema e la Shoah,
Shoah, Genova, Le Mani, 2006
A.J. Kaminski, I campi di concentramento dal 1896 a oggi – Storia,
funzioni, tipologia, Torino, Bollati Boringhieri, 1997
P. Levi, I sommersi e i salvati,
salvati, Torino, Einaudi,
Einaudi, 1986
B. Maida e B. Mantelli (a cura di), Otto lezioni sulla deportazione :
dall'Italia ai lager, Torino, ANED, 2007
C. Vercelli, Tanti olocausti : la deportazione e l'internamento nei campi
nazisti, Firenze, La Giuntina, 2005
- A. Wierviorka,
Wierviorka, L’era del testimone,
testimone, Milano, Cortina, 1999
-