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Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea in provincia di Asti NOVEMBRE-DICEMBRE 2009 APPUNTI PER UN CORSO DI AGGIORNAMENTO IL CINEMA E LA SHOAH TEMI, LINGUAGGI, PROBLEMI CINEMA E SHOAH Rappresentare l’indicibile? Avvertenze… - Contro stereotipi e luoghi comuni riguardanti la Shoah e il tema Lager - Contro un atteggiamento patetico e “sentimentalista” - Per capire meglio l’estrema complessità di un fatto storico per nulla indicibile - Il percorso non vuole e non pu ò essere esauriente: è un primo approccio al tema CINEMA E SHOAH Il nostro percorso - Come sono stati rappresentati la Shoah o il Lager dal cinema? - Quali “errori” interpretativi sono stati commessi? Quali le loro conseguenze sul nostro immaginario? - E’ possibile usare le immagini per insegnare la Shoah? CINEMA E SHOAH Il nostro percorso Percorso cronologico: analisi della produzione cinematografica dal 1945 ad oggi - Analisi di film e solo di alcune produzioni documentarie scelte perché possono problematizzare il nostro tema - MA PRIMA DI COMINCIARE… Uno sguardo al nostro tema L’importanza delle parole: Shoah ed Olocausto - Parliamo di: sistema concentrazionario nazista - complessità I DOCUMENTARI La pedagogia dell’orrore Nazi Concentration Camps di George Stevens (regista di Il diario di Anna Frank, 1959) - Memory of the Camps (edito in Germania e in Inghilterra da anni, no in Italia) - Liberazione di Auschwitz (girato dalle truppe Sovietiche) - Liberazione di Buchenwald (a colori) Medesima struttura narrativa - I DOCUMENTARI Nazi Concentration Camps Brevi filmati sulla liberazione di alcuni campi (spesso sconosciuti) - Questa è la realtà - Carrellata di morte e di orrore / esposizione dei corpi delle vittime (indistinte) e ruolo dei liberatori (attivit à umanitaria) - Eccezione: filmato della liberazione di Auschwitz - LIBERAZIONE DI AUSCHWITZ Personalizzazione delle vittime (originalit à) - uso di campi lunghi, lunghissimi e di riprese aeree (carrellate e panoramiche): vastità e attestazione dell’autenticità del filmato - Manca il sistema Auschwitz - I liberatori non espongono i corpi delle vittime ma vi entrano in rapporto - I DOCUMENTARI MEMORY OF THE CAMPS E’ del febbraio 1945 l’idea del governo inglese di realizzare un documentario con due caratteristiche essenziali: 1. Rigorosa oggettività (prova giudiziaria) 2. Intento pedagogico verso i tedeschi Sidney Bernstein e Alfred Hitchcock assemblano filmati diversi Il dolore e la memoria (1985): un “prodotto” a scatole cinesi / Il testimone “parla” a supporto delle Immagini (è l’era del testimone) - LIBERAZIONE DI MAUTHAUSEN e di GUSEN Filmato molto artigianale: materiale grezzo - Alcuni movimenti della macchina sono quasi amatoriali - Scarsa struttura narrativa - Ostentazione della morte = primi piani - Esposizione dei “vivi” - LIBERAZIONE DI BUCHENWALD Filmato a colori - Viene inquadrato sempre il ciak per dare supporto di verità alle immagini - Viene documentata la funzione pedagogica della visita al KZ - Primi piani dei tedeschi (i carnefici) / primi piani delle vittime (maggiore ostentazione della morte) - IL NEGAZIONISMO Filmati di propaganda (la Storia la fanno i vincitori) - Filmati proiettati per coprire i “delitti” di Hiroshima e Nagasaki e di Dresda - I cadaveri sono di persone morte per tifo - Manipolazione delle immagini - OSTATNI ETAP (The last step) (1947) di Wanda Jakubowska OSTATNI ETAP (1947) di Wanda Jakubowska La regista è un’ex deportata di Auschwitz (aprile 1943) e di Ravensbrück - Due parti distinte del film: 1) Stile documentaristico utilizzato per illustrare il funzionamento di Birkenau (una delle migliori rappresentazioni del luogo Auschwitz) 2) Resistenza delle prigioniere: ideologico, politico, pathos fine a se stesso (confronto con il Memoriale polacco di Auschiwtz) - Problemi: le vittime non sono ebree ma polacche ed antinaziste - OSTATNI ETAP (1947) - c’è molto fango e molto fumo “Pudore della morte” Violenza tutta femminile Per la prima volta si vede l’inquadratura della rampa di Birkenau Carrellata sugli oggetti (spogliazione) Il documentario: NOTTE E NEBBIA (1956) di Alain Resnais Selezionato per il Festival di Cannes del 1956, viene ritirato all’ultimo momento: È la nazione resistente che si oppone al fascismo a prevalere, non la Francia collaborazionista di Vichy. Il documentario: NOTTE E NEBBIA (1956) di Alain Resnais l l Il titolo: 7 dicembre 1941 Keitel emana il decreto Notte e nebbia, disposizione, riguardante tutta l’Europa nazista, controfirmato dai vertici della Wehrmacht. In esso si stabilisce l’eliminazione fisica delle opposizioni politiche organizzate, tanto più se resistenti con le armi, nei paesi occupati dalla Germania. Viene stabilita l’inapplicabilità di tutte le convenzioni internazionali, a partire da quella di Ginevra del 1929 sul trattamento dei prigionieri di guerra, e definisce lo status di quanti non accettano il regime di occupazione come “nemici del Reich” da internare nei lager. La notte e la nebbia alle quali si fa riferimento sono un richiamo al destino di coloro che vengono catturati: nessuno avrebbe più potuto sapere nulla del loro destino ed i prigionieri sarebbero scomparsi, appunto, nella notte e nella nebbia. Il documentario: NOTTE E NEBBIA (1956) di Alain Resnais - Il presente è a colori il passato è in b/n - Musica = ruolo importante - Utilizzo della carrellata: per documentare, per far riflettere / lunghi “silenzi musicali” - Resnais ha compiuto un notevole lavoro di ricerca d’archivio - Testi di Jean Cayrol, poeta, scrittore ed ex deportato a Mauthausen - Impone il dovere etico e morale della memoria KAPO’ (1960) di Gillo Pontecorvo KAPO’ (1960) di Gillo Pontecorvo Analisi dell’inizio del film (scene + titoli di testa) L’identità di Edith, a causa del campo di concentramento si trasforma progressivamente (negazione della propria identità ebraica) - Il sacrificio finale di Edith è simbolico: un ritorno alla propria vera identità (Shemà Israel) / critica negativa: cristianizzazione della Shoah - Due parti: purtroppo la seconda è un melodramma d’amore e di morte - La musica e le luci costituiscono un vero e proprio linguaggio narrativo (p.e. musica iniziale che rappresenta la drammaticità del viaggio / luci sul volto di Edith che perde la propria identità: taglio dei capelli) - KAPO’ (1960) di Gillo Pontecorvo Il carrello di Kapò Articolo del regista, sceneggiatore ed attore Jacques sui «Cahiers du cinéma»: Guardate, in Kapò, l’inquadratura in cui Emmanuelle Riva si suicida, gettandosi sul filo spinato ad alta tensione: l’uomo che decide, a questo punto, di fare un carrello in avanti per inquadrare il cadavere dal basso verso l’alto, avendo cura di porre la mano alzata esattamente in un angolo dell’inquadratura, ebbene quest’uomo merita solo il più profondo disprezzo. KAPO’ (1960) di Gillo Pontecorvo Pontecorvo, non rispondendo alle polemiche, affermerà poi di aver voluto fare un primo piano sull’attrice per sottolineare la drammaticità provata da lui e dalla troupe in quel momento. In realtà l’inquadratura serve per cogliere la reazione di assuefazione alla morte delle compagne LA PASSEGGERA (1961-’63) di Andrzej Munk Premio speciale al Festival di Cannes del 1964 - Rapporto vittima/carnefice - Le immagini del Kz sullo sfondo e su di esse c’è lo sguardo freddo e impassibile del regista - LA PASSEGGERA (1961-’63) L’IO narrante non è la vittima / la memoria dapprima è autoassolutoria poi viene presentata la realtà / “andirivieni” tra presente e passato - Per alcuni il miglior film sul tema - Si ferma sulla soglia…: le scene dell’orrore quotidiano sono sullo sfondo / la telecamera indugia sugli oggetti e sull’arrivo al crematorio - Scava nel rapporto tra vittime e carnefici - VINCITORI E VINTI (1961) di Stanley Kramer Una parentesi: il processo di Norimberga …Mi recai a Norimberga per vederli. Li avevo spesso osservati nell’ora della gloria e del potere, alle riunioni annuali del partito che si tenevano in quella città. Al tribunale militare internazionale, sul banco degli accusati essi presentavano un aspetto assai diverso: avevano subito una vera metamorfosi. In abiti piuttosto lisi, rannicchiati sui loro sedili e in preda ad un’agitazione nervosa, avevano certo ben poco degli arroganti capi di un tempo. Sembravano piuttosto un gruppo abbastanza uniforme di esseri mediocri… fotografie (da W.L. Shirer, Storia del Terzo Reich, Torino, Einaudi, 1962, p. 1231) Una parentesi: il processo di Norimberga Una parentesi: il processo di Norimberga 12 procedimenti penali / 190 imputati - Norimberga: palcoscenico urbano per i riti di massa del nazismo / disponibilit à di palazzi non danneggiati dai bombardamenti - Tribunale militare internazionale (Stati Uniti, Unione Sovietica, Gran Bretagna, Francia) - Una parentesi: il processo di Norimberga 4 capi d’accusa del + importante processo (20 novembre 1945/31 agosto 1946) 1. complotto progetto dittatoriale 2. crimini contro la pace guerre di aggressione e violazione di 34 trattati internazionali 3. crimini di guerra contro civili e prigionieri di guerra 4. crimini contro l'umanità contro avversari politici e minoranze etniche - Una parentesi: il processo di Norimberga 22 imputati + 1 processato in contumacia (Martin Bormann) - Linea della difesa: unico responsabile Hitler / Impossibile sottrarsi agli ordini l Il processo si conclude il 31 agosto con le ultime dichiarazioni degli imputati; il 1 ottobre 1946 vengono emesse le sentenze: 3 assoluzioni, 7 condanne a pene detentive, 12 condanne a morte (di cui eseguite solo 10, il 16 ottobre) Una parentesi: il processo di Norimberga - - - La Shoah e il sistema concentrazionario nazista rappresentano solo un piccolo aspetto del processo Non viene assolutamente ricostruita la complessità del sistema concentrazionario ed i suoi strettissimi rapporti con l’economia tedesca Ciò che esce dal processo rappresenterà per molti anni l’immagine stereotipata dei KZ Rigorosa partizione tra “buoni” e “cattivi” UNA RIFLESSIONE: COMINCIA L’ERA DEL TESTIMONE La vicenda ed il processo Eichmann la memoria diventa un momento costitutivo della storia della deportazione e rivendica un proprio spazio pubblico Chi è Adolf Echmann? - La cattura ed il processo - Adolf Eichmann (1906-1962) Nato in Austria, aderì al partito nazista austriaco nel 1932 e successivamente alle SS. In seguito si trasferì in Germania dove venne inserito all’interno dello SD, il servizio di spionaggio incorporato nel Rsha (Ufficio centrale per la sicurezza del Reich). Si occupò del censimento degli ebrei e delle loro associazioni, ne organizz ò l’emigrazione forzata e le requisizioni dei loro beni. Con l’inizio della guerra Eichmann era considerato, ormai, uno specialista della “questione ebraica”. L’invasione dell’Unione Sovietica (22 giugno 1941) e la Conferenza del Wannsee (gennaio 1942) segnarono l’inizio dello sterminio. Eichmann divenne la figura chiave del progetto. Nel 1944 si occupò della deportazione degli ebrei ungheresi (400.000 ebrei). Alla conclusione della guerra fuggì facendo perdere le proprie tracce. Dieci anni dopo venne individuato dai servizi segreti israeliani in Argentina, rapito ed “estradato” in Israele. Il processo pubblico, tenutosi a Gerusalemme tra l’aprile e l’agosto del 1961 con larga eco di stampa, identificò le responsabilità di Eichmann che, condannato a morte, venne giustiziato il 31 maggio 1962. UNO SPECIALISTA – RITRATTO DI UN CRIMINALE MODERNO (1999) di Eyal Sivan - 114 sedute ed 8 mesi di riprese (1961 -’62) (telecamere nascoste) del processo (500 ore) - 15 imputazioni – evento mediatico - Linea seguita: La banalità del male di Hanna Arendt. - Problema della responsabilit à individuale: Eichmann è davvero un uomo perbene (Non ho mai ucciso nessuno). UNO SPECIALISTA – RITRATTO DI UN CRIMINALE MODERNO (1999) di Eyal Sivan UNO SPECIALISTA – RITRATTO DI UN CRIMINALE MODERNO (1999) di Eyal Sivan Il regista non segue le fasi del processo. Sembra privilegiare le sensazioni, le emozioni, i volti, i gesti a volte teatrali delle persone riprese Ricostruisce il contesto sociale del nazismo, predisposto ad accoglierne i principi ideologici - IL PORTIERE DI NOTTE (1974) di Liliana Cavani IL PORTIERE DI NOTTE (1974) l l l l l Accolto da aspre critiche soprattutto da parte dei sopravvissuti (es. di Lidia Rolfi). E’ un film che “disturba” Tema del complesso ed ambiguo rapporto tra vittima e carnefice, in cui non si capisce chi è l’uno e chi è l’altro (la coppia ricostruisce l’universo del lager). Tema del nazismo “nascosto” nelle società democratiche del dopoguerra (fotografia: la Vienna degli anni ’50, plumbea, grigia, triste, deserta) Elemento certo: assoluta ed indissolubile dipendenza del carnefice dalla propria vittima Affermazione di sé solo attraverso la sopraffazione MR. KLEIN (1976) di Joseph Losey (sceneggiatura di Solinas) MR. KLEIN (1976) Atmosfera kafkiana - Riflessione sui meccanismi (anche burocratici) che hanno portato alla Shoah - Tema dell’identità pre-stabilita da norme legislative e da teorie scientifiche (scena iniziale: la visita medica sulla donna-oggetto è violenta, umiliante). - Indifferenza e antisemitismo che crea il “gruppo ebrei” - Klein è solo interessato a capire chi è il suo “doppio” OLOCAUSTO (1978) L’importanza delle parole Sceneggiato o serial in otto puntate di M. J. Chomsky - Enorme riscontro di pubblico (già con Radici) - rinnovato interesse per il tema (quasi 1.200 film o documentari sul tema) - Scoperta dello “show business”, dell’industria della Shoah - Prodotto decoroso e di buon livello: manca la contestualizzazione storica dell’antisemitismo europeo OLOCAUSTO (1978) L’importanza delle parole Elie Wiesel afferma che lo sceneggiato ha trasformato in soap opera un problema ontologico. Falso, hollywoodiano, offensivo… I testimoni si sentono spossessati della propria storia - Interesse enorme: Carter (idea del museo dell’Olocausto e dell’istituzione di un giorno della memoria) - Forte reazione della destra tedesca / 1993 (forte sviluppo del neonazismo: unica replica dello sceneggiato - OLOCAUSTO (1978) L’importanza delle parole Come in Radici viene utilizzato il “contesto famigliare” - “Il minimo che possiamo fare è essere testimoni”: missione etica del testimone - Cultura post-’68: recupero delle fonti orali - Parlano i testimoni “occidentali” (Archivi Fortunoff in USA e in Italia) ARCHIVI FORTUNOFF Università di Yale / dimensione della ricerca - 3.600 video-interviste raccolte da un ricercatore in uno studio chiuso - Non esiste una griglia di intervista (intervista libera) / Ascolto - Libero flusso della parola = terapia - LA VITA OFFESA Inizi anni ’80. Università di Torino e ISR piemontesi ambito / ricerca - 250 interviste - Uso di una griglia tematica-cronologica - Ricercatori e storici professionisti - Memoria come fonte per la storia - LA SCELTA DI SOPHIE (1982) di Alan J. Pakula LA SCELTA DI SOPHIE (1982) di Alan J. Pakula Impossibilità del rientro nella “normalità” / complessità del “ritorno”: Stiamo morendo (Kevin Klein, all’inizio) - Peso insostenibile dell’esperienza terribile della scelta di Sophie - Sophie=deportata e non ebrea / Nathan=ebreo e non deportato à senso di colpa - Passaggi continui tra presente e passato (trasmissione della memoria) - Telecamera fissa sui volti (primi piani e campi medi): la fotografia diventa fondamentale soprattutto nella inquadrature del volto di Sophie - Coppia claustrofobica / rapporto vittima-carnefice - VA’ E VEDI (1985) di Elem Klimov Uno dei pochi film sullo sterminio all’Est - E’ l’incubo e la follia della guerra / è un mondo allucinato, orrendo (sporcizia, fango, suoni terribili, urla, fiamme, visi deformati dalla brutalità della guerra = alla fine il volto del protagonista è una vera e propria maschera) - Scena finale spesso non capita - Il documentario: SHOAH (1985) di Claude Lanzmann 10 anni di interviste e riprese (350 ore) - Lungo viaggio nella memoria - Uso quasi ossessionante della macchina da presa sguardo indagatore (forse troppo) - I testimoni vengono portati sui luoghi o invitati a ripetere i gesti che facevano allora (stimoli mnemonici) - Lunghissimi silenzi (suoni della natura) = sofferenza e tormento della memoria - L’NFANZIA, L’ANTISEMITISMO, LA SHOAH ARRIVEDERCI RAGAZZI (1987) di Louis Malle - L’AMICO RITROVATO (1989) di Jerry Schatzberg Rischio: deriva patetica / sentimentalismo Risultato migliore: Jona che visse nella balena - MUSIC BOX (1989) di Costa-Gavras Dramma famigliare, giudiziario e individuale (scoperta/copertura di un’identità), è un continuo andirivieni di indizi contro il protagonista e la loro confutazione. Lo spettatore è seduto tra la giuria MUSIC BOX (1989) l Di fronte alla Shoah non è possibile fare sconti, nemmeno al proprio padre. l Dramma degli ebrei ungheresi l Contrasto tra il mimetizzarsi nella societ à americana e la ricerca di sé, delle proprie radici e quindi della propria identit à (essere sui luoghi=Budapest) l Antisemitismo latente (inquadrature di religiosi e figure negazioniste) DOTTOR KORCZACK (1991) di Andrej Wajda Storia di Henryk Goldzmit, medico ed educatore, che assiste 200 orfani nel ghetto di Varsavia. Morirà con loro nel VL di Treblinka. In Italia il film esce con due anni di ritardo rispetto alla sua presentazione al festival di Cannes DOTTOR KORCZACK (1991) di Andrej Wajda l Bianco/nero molto particolare, quasi da cinema tedesco degli anni ’30. l Impianto narrativo semplice (sceneggiatura di Agnieska Holland, autrice di Europa Europa) e rinuncia alla spettacolarità delle immagini l La macchina da presa segue i personaggi in modo asettico, descrittivo l Condivisione di un destino ( cfr. Mr. Klein) SCHINDLER’S LIST (1993) di Steven Spielberg Prodotto commerciale hollywoodiano - E’ il punto di partenza di un progetto culturale particolare (approfondimento) - Il comandante del campo di Plaszow è l’alter ego di Oskar Schindler - Mette in scena l’antisemitismo polacco (originalità) - Finale = caduta sentimentale tipica del cinema americano - SCHINDLER’S LIST (1993) Scene da esaminare: - La partenza dalla stazione di Cracovia (anticamera del canadà di Auschwitz) - La liquidazione del ghetto di Cracovia: gli ebrei diventano persone (conoscenza dell’Altro) - L’interno della camera delle docce: il pudore si ferma e cambia registro narrativo APPROFONDIAMO Il progetto Survivors of the Shoah Visual History Foundation di Steven Spielberg (1994) Poche luci e tante ombre… Cfr. Con i progetti Archivi Fortunoff negli Stati Uniti e con La vita offesa in Italia Survivors of the Shoah Visual History Foundation Fondata nel 1994 da Steven Spielberg sull'onda del successo e dell'interesse suscitato dal suo film Schindler's List è un'organizzazione no-profit creata per la registrazione e catalogazione su supporto audio-video, delle testimonianze dei sopravissuti e dei testimoni dell'olocausto. Fra il 1994 e il 1999 la fondazione ha realizzato circa 52.000 interviste in 56 paesi in 32 lingue. Hanno partecipato al progetto sopravvissuti ebrei, testimoni di Geova, Omosessuali, Rom e Sinti, liberatori e testimoni della liberazione, prigionieri politici, soccorritori e benefattori, testimoni sopravvissuti ad esperimenti di eugenetica, testimoni ai processi per crimini di Guerra. Nel 2005, la fondazione, grazie ad un accordo con la University of Southern California, si è trasformata in USC Shoah Foundation Institute, in modo da garantire la preservazione in perpetuo e perfezionare la catalogazione del materiale raccolto. La fondazione ha prodotto la serie Broken Silence, Gli ultimi giorni (1998) e Volevo solo vivere manca il contesto storico – si privilegia l’aspetto emotivo ed emozionale cui vengono piegate le interviste – filmati divulgativi Survivors of the Shoah Visual History Foundation S. Spielberg: …conservare la storia così come essa ci sarà stata trasmessa da coloro che l’hanno vissuta e che sono riusciti a sopravvivere; è fondamentale vedere i loro volti, sentire le loro voci e capire che ad aver subito la Shoah è gente comune come noi è l’esatto contrario della ricerca storica Survivors of the Shoah Visual History Foundation Dimensione “industriale” del progetto programmazione della raccolta delle testimonianze: 5 giorni alla settimana / 4 interviste al giorno OBIETTIVO: SCRIVERE LA STORIA DELLA SHOAH Survivors of the Shoah Visual History Foundation - L’intervistatore è un volontario scelto dopo aver compilato un questionario (conoscenze sulla Shoah e di cultura generale) - Stage formativo di tre giorni (lezioni di storia, di psicologia, di critica delle fonti orali) - Ogni intervista viene pagata 50$ Survivors of the Shoah Visual History Foundation L’intervista: condotta a casa del testimone; durata massima di 2 ore; calibrata per il 60% sul periodo della guerra, 20%+20% sul prima e sul dopo; ultima domanda: Che cosa vuole lasciare in eredità alle future generazioni; la famiglia compare alla fine (“come da copione” = happy end) Survivors of the Shoah Visual History Foundation - Sostituzione della Storia con la Memoria Americanizzazione della Shoah Ricerca storica ridotta a prodotto seriale della catena di montaggio industriale Le altre fonti? Indagini in Usa confermano la scarsissima conoscenza degli americani sulla Shoah (nonostante Olocausto e Spielberg) Il documentario: GLI ULTIMI GIORNI (1998) di James Möll Fa parte della serie Broken Silence (5 documentari) - Premio Oscar 1999 per il miglior documentario - Musiche di Hans Zimmer: si privilegia l’aspetto emotivo della memoria - La testimonianza viene “supportata” da documenti visivi dell’epoca - GLI ULTIMI GIORNI (1998) di James Möll Uso di una telecamera più “discreta” rispetto a Shoah di Lanzmann - Presenza dei famigliari: il passaggio generazionale della “memoria”/storia (qui i due termini diventano sinonimi) - Problema metodologico, “di conoscenza”, educativo-pedagogico VOLEVO SOLO VIVERE (2005) di Mimmo Calopresti Incipit del documentario: pone gi à un problema di contestualizzazione del percorso razzista del fascismo - Telecamera fissa sul viso dei testimoni (non sono le riprese di Lanzmann…) - “Innesti” di immagini del tempo - E’ un prodotto meno “americano” di quello di Moll - Il documentario: Memoria (1997) di Ruggero Gabbai, Marcello Pezzetti, Liliana Picciotto Non fa parte del progetto di Spielberg - Maggiore complessità narrativa (dietro c’è ricerca storica e conoscenza del tema) - E’ un viaggio nella memoria e nei luoghi - Molteplici usi dei luoghi: es. Birkenau d’inverno) / riprese aeree / crematorio /suoni - Uso simbolico dell’acqua (scansione cronologica) - JONA CHE VISSE NELLA BALENA (1993) di Roberto Faenza La guerra o il Lager fanno crescere in fretta… (Và e vedi, 1985) Tratto dal libro di Jona Oberski, Anni d’infanzia (1977) - Il punto di vista è quello del piccolo Jona (riprese dal basso) che cambia e diventa adulto - Linguaggio filmico molto semplice, quasi “asciutto” . Ci si affeziona subito al piccolo (uso “strategico” di primi piani) - JONA CHE VISSE NELLA BALENA (1993) di Roberto Faenza Trasformazione radicale di Jona che, però, non perde la propria identità grazie al recupero della propria memoria (scena finale) LA VITA E’ BELLA (1997) Film diviso in due parti molto diverse: la 1^ prepara alla 2^ - Molte critiche soprattutto in Israele: non è stato accettato l’impianto favolistico del film - In Italia: quasi un processo di “santificazione” del film - LA VITA E’ BELLA (1997) di Roberto Benigni - - Abile costruzione di marketing per il mercato cinematografico americano Manipolazione favolistica (la morte non viene mai mostrata, non c’è violenza nel Lager) L’Abbiamo vinto della fine cancella il dramma dei sopravvissuti e i movimenti resistenziali europei (il nazismo è scomparso: non è vero) La liberazione del campo è costruita per il pubblico americano TRAIN DE VIE (1999) di Radu Mihaileanu - Secondo alcuni critici cade, all’inizio, nella caricatura e nella macchietta: in realtà il regista mette sapientemente in vista gli stereotipi ed i luoghi comuni dell’antisemitismo europeo. Finale imprevisto, spiazzante - TRAIN DE VIE (1999) di Radu Mihaileanu Dimensione favolistica come ne La vita è bella ma qui il regista (ebreo-francorumeno) narra un tema che conosce a fondo (deportazione della sua famiglia). E’ un film yiddish - Tono surreale ed ironico (Vogliamo vivere! di Ernest Lubitsch, 1942 e la sceneggiatura di Moni Ovadia); ritmo veloce ed incalzante come la Musica; incontro di culture diverse (due persecuzioni) - TRAIN DE VIE (1999) di Radu Mihaileanu Ruolo fondamentale riservato al “matto del villaggio” (sguardo letteralmente “super partes”) - Il finale cancella il sottile confine tra ironia e tragedia - La commedia Monsieur Batignole (di Gerard Jugnot, 2002) – La scelta di un “eroe per caso”, tra collaborazionismo ed antisemitismo francese; difficile rapporto tra adulti e bambini (la Storia li travolge); il viaggio verso la salvezza diventa un viaggio interiore ed una trasformazione della propria identità - Concorrenza sleale (di Ettore Scola, 2001): la quotidianità delle leggi razziali tra commedia, dramma, dolore, indignazione, indifferenza di una società quasi distratta e - incapace di rendersi conto della tragedia imminente JAKOB IL BUGIARDO (1999) di Peter Kassovitz Costruito sull’istrionismo di Robin Williams ed il suo personaggio non ha lo spessore narrativo di Schlomo, il “matto” del villaggio di Train de vie - - Vita nel ghetto LA ZONA GRIGIA (2001) di Tim Blake Nelson Dal libro di Miklos Nyiszli (medico anatomo-patologo), Un medico a Auschwitz - Memorie di un medico Deportato (le reazioni del negazionismo) Cap. La zona grigia de I sommersi e i salvati di Primo Levi LA ZONA GRIGIA (2001) di Tim Blake Nelson Sonderkommando di Auschwitz-Birkenau Velo grigio del fumo, della cenere, delle coscienze, della zona grigia Dimensione industriale del crematorio (catena di montaggio) IL PIANISTA (2002) di Roman Polanski Tratto da Death of a City (1984) autobiografia di Wladyslaw Szpilman - Film biografico ed autobiografico (Polanski vive nel ghetto di Cracovia e perde la propria madre in un campo di sterminio) - Ghetto di Varsavia - Forte impatto visivo ed emotivo - Il punto di vista è quello allucinato del protagonista - IL PIANISTA (2002) Atmosfera di macerie (reali ed interiori) e di solitudine (annientamento di un’identità = progressiva regressione) / Uso dei campi lunghi e dei totali: amplificano la solitudine e la disperazione / macerie - Ghettizzazione della diversità in un labirinto di violenza, di soprusi (anche da parte delle stesse vittime) e di sofferenza senza limiti (filmografia di Polanski) - E’ anche un film sulla morte di una città IL PIANISTA (2002) Un percorso anche musicale: 1. 2. 3. Chopin: Andante spianato e Grande Polacca in mi bem. Magg. Op. 22 Notturno postumo in do min. Ballata n. 1 in sol min. Op. 23 Beethoven: 1. Sonata op. 14 in do diesis min. op. 27/2 (“Al chiaro di luna”) Bach: 1. Suite n. 1 in sol magg. BWV 1007 per violoncello solo Amen (2002) di Costa-Gavras Il manifesto è di Oliviero Toscani (croce/svastica) AMEN (2002) di Costa-Gavras Tratto da Il vicario (1963) di Rolf Hochhut (opera censurata in Italia) - Ricostruzione della vicenda di Kurt Gerstein / colpevole silenzio della chiesa cattolica - Linguaggio cinematografico secco e aggressivo (è un atto di accusa) - Tema ricorrente: i treni con vagoni vuoti che “viaggiano insieme” ai protagonisti - MY FATHER (2006) di Egidio Eronico E’ la storia di un rapporto tra un padre molto particolare, il dott. Mengele, ed il proprio figlio (cfr. Music Box) - E’ la ricerca molto travagliata di un ’identità (viaggio sui luoghi = cfr. Music box) - E’ un viaggio interiore molto complesso e traumatizzante - SENZA DESTINO (2006) di Lajos Koltai Il regista è uno dei più famosi direttori della fotografia (fotografia cupa, angosciosa, dai colori spenti, uso del “seppiato” come in una vecchia fotografia d’epoca) / colonna sonora di Ennio Morricone / tratto dal romanzo autobiiografico del premio Nobel Imre Kertész - La struttura narrativa procede per capitoli - Antisemitismo ungherese (non ci sono nazisti) - Mantenere la dignità è quasi impossibile nel lager - Difficile ritorno - SENZA DESTINO (2006) di Lajos Koltai Alcuni temi del film: trasposizione in cinema di alcune fotografie famose dell’epoca (arrivo sulla banchina di Birkenau); fango del KZ (cfr. La passeggera); perdita della propria dignità; trasferimenti da un KZ all’altro (complessità del sistema lager); citazione da La notte di Elie Wiesel: dal fondo dello specchio un cadavere mi contemplava…); il ritorno è quasi impossibile: sono morto una volta, non so chi sono… o provo solo odio… (non c’è serenità e speranza); accenno alla distruzione di Dresda BLACK BOOK (2006) di Paul Verhoeven Non ci sono eroi né malvagi - Le violenze dei partigiani e dei nazisti sono identiche e messe sullo stesso piano (ambigità della natura umana) - Linguaggio visivo coinvolgente ed accattivante, pieno di tensione espressiva (il regista è autore di film come Robocop, Total Recall, Basic Instinct, Fanteria dello spazio, L’uomo ombra) - THE READER (2008) di Stephen Daldry Tema della crescita e dell’adolescenza (Billy Elliot, 2000) - L’analfabetismo di Hanna è l’ignoranza dei tedeschi nei confronti del nazismo? - Rapporto tra l’etica e la legge (dialogo tra il professore e lo studente) - La vicenda scorre lungo piani narrativi e temporali alternati - IL BAMBINO CON IL PIGIAMA A RIGHE (2008) di Mark Herman Prodotto dalla Miramax-Disney e tratto dal romanzo dello scrittore irlandese John Boyne - Inizio: antisemitismo / due partenze diverse: gli ebrei e il bambino - Rovesciamento del punto di vista: il vero prigioniero è Bruno - La telecamera spia negli spazi domestici - Atmosfera di forte straniamento: l’infanzia interpreta a proprio modo il mondo che la circonda - Tema visivo costante: righe verticali (carcere) - Alcuni documentari: Viaggio nella fabbrica dello sterminio (2002) di Andrée Rossi Maroso e Federico Ambiel, consulenza di Marcello Pezzetti e Liliana Picciotto: ottimo strumento didattico / efficace e sintetica ricostruzione dello sterminio ebraico e del funzionamento delle camere a gas di Auschwitz (uso della computer–grafica) - Le reazioni del negazionismo italiano (Carlo Mattogno) Alcuni documentari: Paragrafo 175 (2000) di R. Epstein e J. Friedman sulla persecuzione e sterminio degli omosessuali - La strada di Levi (2006) di Davide Ferrario - A forza di essere vento – Lo sterminio nazista degli Zingari (2008), editrice “A” - BIBLIOGRAFIA Enciclopedia della Shoah, Shoah, Torino, Utet, Utet, 2006 Dizionario dell’ dell’olocausto, olocausto, Torino, Einaudi, Einaudi, 2004 Il libro dei deportati, Milano, Mursia, 2008 e 2010 (6 voll.) “Bei tempi” – Lo sterminio degli ebrei raccontato da chi l’ha eseguito e da chi stava a guardare, Firenze, La Giuntina, 1990 Il Morandini – Dizionario dei film, Bologna, Zanicheli, Zanicheli, v.e. A. Costa, Saper vedere il cinema, cinema, Milano, Bompiani, Bompiani, 2001 G. D’Amico e B. Mantelli (a cura di), I campi di sterminio nazisti – Storia, memoria, storiografia, Milano, Franco Angeli, M. De Bonis, Bonis, L’immagine della memoria – La Shoah tra cinema e fotografia, fotografia, Roma, Onyx, Onyx, 2007 C. Gaetani, Gaetani, Il cinema e la Shoah, Shoah, Genova, Le Mani, 2006 A.J. Kaminski, I campi di concentramento dal 1896 a oggi – Storia, funzioni, tipologia, Torino, Bollati Boringhieri, 1997 P. Levi, I sommersi e i salvati, salvati, Torino, Einaudi, Einaudi, 1986 B. Maida e B. Mantelli (a cura di), Otto lezioni sulla deportazione : dall'Italia ai lager, Torino, ANED, 2007 C. Vercelli, Tanti olocausti : la deportazione e l'internamento nei campi nazisti, Firenze, La Giuntina, 2005 - A. Wierviorka, Wierviorka, L’era del testimone, testimone, Milano, Cortina, 1999 -