Il mistero buffo di Dario Fo - Teatro Comunale di Monfalcone

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Il mistero buffo di Dario Fo - Teatro Comunale di Monfalcone
Un superman con la tiara. Rossi farà i conti con
il Papa di adesso. Molto diverso dal precedente.
L’importante è non calcare la mano, non fare
caricature. Le allusioni vanno fatte con garbo,
con spirito. Non c’è bisogno di calcare la mano.
In ogni caso Cristo lo prenderà a pedate.
dal blog di Dario Fo www.dariofo.it, intervista
a cura di Giuseppina Manin
Un percorso irriverente tra vangeli apocrifi e testi
medioevali in una contaminazione di lingue e dialetti,
un affresco sulla vita, i miracoli e la morte di Cristo
raccontati dalla parte degli umili: cosa resta di quel
Mistero Buffo di Dario Fo nella rivisitazione di Paolo
Rossi con l’eloquente sottotitolo PS: nell’umile
versione pop? Rimane lo spirito satirico, beffardo
e giullaresco di Rossi, che non poteva non adattare
a se stesso i testi di Fo e contaminarli con il nostro
oggi. L’attore non ha dubbi, se Cristo rinascesse oggi
sarebbe un extracomunitario su un gommone da
mettere in croce con pregiudizi, razzismo e cattiveria;
del resto cosa aspettarsi in un Paese dove “rubare è
cosa buona”, dove “trovato l’inganno bisogna fare la
legge” e “convertire un cattolico al cristianesimo” è
impresa impossibile? Con zampate impudenti, e in
questo Rossi è bravissimo, pungente, ironico e
autoironico, l’oggi si fa strada nelle giullarate quali
“la nascita del giullare” o “la resurrezione di Lazzaro”,
che Rossi racconta in un veneto-ferrarese-lombardo,
un grammelot lontano dalle raffinatezze di Fo ma
altrettanto vivace e buffo. Il suo è un viaggio tra
invettiva e sberleffo come tutti i viaggi che i suoi
colleghi del medioevo intraprendevano per fermarsi
poi ai quadrivi, sui sagrati, nei mercati e raccontare
fatti e malefatte, storie e misteri con quella rabbia
che sa di pensiero e di ludica, amara riflessione.
Brava Lucia Vasini nel recitare Passione.
Maria alla croce e il musicista Emanuele Dell’Aquila.
Certo Paolo Rossi può sembrare un privilegiato
rispetto ai colleghi medioevali, perché i giullari
potevano essere percossi senza motivo, frustati,
mutilati, feriti a morte, esiliati, multati, privati dei
diritti civili, perseguitati per il loro vagabondare e la
loro instabilità sociale e comunque siano di monito al
giullare Rossi le parole di Bonifacio VIII: “Aténto a ti!”.
Magda Poli, Il Corriere della Sera, 9 maggio 2010
Info
ERTFVG.IT
t. 0432 224211
Il mistero buffo
di Dario Fo
La Corte Ospitale - Compagnia del Teatro Popolare
in collaborazione con
Fondazione Giorgio Gaber
presenta
PAOLO ROSSI
in
Il mistero buffo
di Dario Fo
(PS: nell’umile versione pop)
riduzione e adattamento testo
Paolo Rossi e Carolina De La Calle Casanova
regia Carolina De La Calle Casanova
con la partecipazione straordinaria di Lucia Vasini
musiche composte ed eseguite dal vivo da
Emanuele Dell’Aquila
Questo Mistero Buffo, che non è mio ma appartiene
ormai a tutti, vuole essere un omaggio al mio maestro
Dario Fo nella nostra umile versione pop.
«Se Gesù Cristo tornasse oggi chi sarebbe?
Cosa potrebbe fare? Saremmo in grado di riconoscerlo
e seguire la sua rivoluzione, i suoi dogmi, i suoi
miracoli? Clandestino allora come tanti oggi nel
nostro paese fu accolto, ammirato, perseguitato e
poi giustiziato. Un Gesù raccontato da un giullare,
da Giuda, da Maria e dal popolo. Oggi, per paradosso,
ognuno di noi è un povero cristo, ognuno di noi è “in
fila alla biglietteria del cinema Italia”. Il Mistero Buffo
di Dario Fo, nella nostra umile versione pop, è un
omaggio al maestro Dario Fo (lui per primo ci ha
insegnato che rubare in teatro è cosa buona, copiare
è da coglioni) ed è anche un’avventura, uno spettacolo
che si allontana il più possibile dalla versione originale
diventando un contenitore unico, dove i misteri
originali e quelli nuovi si uniscono e si miscelano,
come accade nel teatro popolare. Ogni sera diverso
(nonostante non ci sia niente di improvvisato),
recitato con il pubblico e non per il pubblico, è uno
spettacolo ricco di cambi di registro, è un’allegoria
che confonde i generi, la finzione con la realtà, i sogni
del popolo con la cronaca. Un viaggio corale dove la
musica di Emanuele Dell’Aquila si fa personaggio e
anche drammaturgia, in continua interazione con
l’azione scenica. I misteri non finiscono mai: il
maestro Dario Fo non ha finito di raccoglierle e in
ogni angolo della strada troviamo nuove storie che
diventano parte del nostro mistero e si integrano
con l’originale, lo arricchiscono, lo trasformano.
Come è successo nel 1969, anche il nostro Mistero
Buffo è un’operazione politica: come 40 anni fa, la
nostra è ancora un’epoca in cui difendere dei valori
significa difendere la sopravvivenza. Ma è anche
un’operazione culturale, perché vuole recuperare
insieme al pubblico le radici profonde del teatro
popolare. Abbiamo capito che il teatro, unico
animale vivo, non cambierà il mondo ma può
cambiare noi e aiutarci a resistere».
Carolina De La Calle Casanova, Paolo Rossi
Dalla rassegna stampa
Allora Dario Fo, è lui l’erede? È Paolo Rossi il degno
epigono per il testo “sacro” del suo teatro, quel
Mistero Buffo rappresentato in tutto il mondo e
che le è valso anche il Nobel?
Senza inoltrarmi in gare o in assurde classifiche,
riconosco che Paolo Rossi ha più di un asso a suo
vantaggio. Intanto, pur se nato a Monfalcone, è
milanese d’adozione. Un vantaggio linguistico e
culturale che gli ha fatto trovare le giuste tonalità
del grammelot, la parlata dialettale che ho reinventato
seguendo echi onomatopeici, intrecciando gerghi
diversi, antichi idiomi.
La sfida non è da poco. Difatti Paolo Rossi ha voluto
mettere il sottotitolo PS: nell’umile versione pop,
che ironicamente prende le distanze dall’originale...
Una frase scherzosa. Pop come popolare.
Capace quindi di trovare voce ovunque, in ogni
latitudine e cultura. Mistero Buffo è andato in scena
dalla Cina all’India all’Africa. Per restare dalle nostre
parti, ho visto dei fantastici interpreti siciliani o
napoletani.
Ma per noi italiani, è difficile prescindere dal modello
Fo. La sua gestualità ha fatto scuola, ha segnato la
memoria teatrale di generazioni.
In questo Paolo è straordinario. Lui è un mimo di razza.
Me ne accorsi subito, tanti anni fa, quando debuttò in
un mio spettacolo, l’Histoire du Soldat di Stravinskij,
che misi in scena al Lirico per la Scala nel 1978.
Com’era il Rossi di allora?
Un ragazzo dall’aria un po’ strampalata che sprizzava
un’energia straordinaria. Un apprendista comico di
innato talento. Tra noi è scattata un’immediata
sintonia. Avendo a che fare con un gruppo di giovani,
per allenarli al gioco del teatro, chiedevo a ciascuno
di recitare la parte dell’altro. Così lui diceva che io
facevo recitare i mimi e trasformavo i mimi in attori.
Spero fosse un complimento...
In ogni caso la fisicità di Rossi è innegabile.
Di più. Quasi miracolosa. [...] Mi ha colpito la sua
capacità di trasformarsi. Lui, piccoletto com’è, sulla
scena cresce, cresce... Si ingigantisce a vista sotto
gli occhi dello spettatore.
Mistero Buffo è una raccolta sterminata di testi.
Di recente la Comédie Française l’ha fatto entrare
nel repertorio in integrale, diviso in due serate.
La versione pop di Rossi è ovviamente contenuta
in tempi più tradizionali.
Ma molto rispettosa. Il testo è rispettato quasi al
completo. Qualche battuta aggiunta sull’attualità è
necessaria e doverosa. Ho sempre fatto così anch’io.
È la natura di Mistero Buffo.
Tra i capisaldi, il capitolo su Bonifacio VIII.
Rispetto al suo, come lo fa Rossi?
Anche quello va al passo con i tempi. Il mio Papa
a un certo punto si ispirava a Wojtyla, atletico, virile.