Anatomia della scala musicale
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Anatomia della scala musicale
Anatomia della scala musicale Note, armoniche e scale Martina Pugliese (Dipartimento di Fisica dell’Università Sapienza di Roma) ensando al termine scala musicale [1], probabilmente ciò che ci viene in mente di primo acchito è la successione delle 7 note su una qualunque tastiera di pianoforte. Per dare vita a tale tipo di scala però, è stato necessario un lungo processo intellettuale. Infatti, sul pianoforte ogni tasto è associato a una nota e, se pigiato, colpisce una corda (o un fascio di corde) che inizia a vibrare per poi trasmettere il suono nell’aria. Le caratteristiche della particolare corda vibrante determinano la frequenza con cui vibra, che è associata alla corrispondente nota. Cerchiamo di capire per grandi linee come la convenzione tra note e tasti sia stata stabilita: se pensiamo ai suoni come RE[ e un DO], perché vi corrisponde un solo tasto? Parlando di strumenti a corda, una stringa di lunghezza L messa in vibrazione (per esempio una corda di pianoforte percossa dal martelletto, o una corda di violino, ma lo stesso vale anche per una colonna d’aria vibrante entro uno strumento a fiato) genera, oltre alla frequenza principale, legata alla sua lunghezza, tutte le sue armoniche, cioè onde che vibrano a frequenze multiple di quella fondamentale. È proprio la presenza delle armoniche che rende un suono ricco e corposo [2]. Un suono è infatti dato da una sovrapposizione di onde, le armoniche di una frequenza fondamentale che si trasmettono in un mezzo come vibrazioni periodiche. Alla frequenza fondamentale in questione diamo il nome di nota. In particolare, l’equazione che descrive la fisica di una corda vibrante lunga L ha una soluzione sinusoidale: P r u(x) = nπx 2 sin , L L immediato che ciascuno di noi ha a disposizione: essa è generata dalla vibrazione delle corde vocali, che a loro volta mettono in vibrazione la colonna d’aria nella cavità orale. Sul pianoforte, le frequenze principali a cui possiamo far riferimento sono ben fissate dai tasti, che identificano ciascuna nota. Non dimentichiamo però che oltre a tale nota ci sono tutti i suoi armonici ad arricchire il suono. Sebbene in linea di principio in natura sia possibile generare suoni di qualunque frequenza, negli strumenti a tastiera si è scelto di adottare il sistema di intonazione denominato temperamento equabile [3] in quanto il rapporto tra le frequenze di note adiacenti si mantiene costante. Per ottenere questo si divide l’ottava in dodici parti (semitoni) e i tasti vengono assegnati in corrispondenza di questa procedura. Due semitoni formano un tono. Dovendo usare un numero finito di tasti per costruire lo strumento, si doveva scegliere quali note porre su di essi, ossia quali dovessero essere le componenti di una scala. Chiaramente quella equabile è solo una delle tante possibili scelte che si potrebbero adottare per definire una scala. La più naturale che si potrebbe pensare di costruire è quella ottenuta seguendo proprio gli armonici di un suono: a partire da una frequenza scelta come principale ν, si considera tutta la sua serie di armonici (ν, 2ν, 3ν, 4ν . . .) , (2) e quindi si assegnano le note ai rapporti di frequenze consecutive piuttosto che fissate da un’arbitraria divisione dell’ottava. (1) 1 dove u rappresenta il valore della perturbazione (onda sonora) che si propaga sulla corda, in funzione di una coordinata spaziale x. Il numero intero n identifica la particolare armonica in considerazione: la prima è data dal suono principale (la nota appunto), la seconda genera il suono all’ottava superiore (la frequenza raddoppia, come si vede in Figura 1, in cui la sinusoide presenta due picchi), la terza si troverà ad avere tre volte la frequenza originaria e ad avere cosı̀ un rapporto di frequenze pari a 3/2 con quella precedente (si trova a un intervallo di quinta giusta rispetto a quest’ultima), e cosı̀ via. Ogni suono che generiamo pigiando un tasto di pianoforte o utilizzando un qualunque altro strumento è dunque il prodotto di tale serie di suoni armonici. Naturalmente, la successione di armonici è infinita, in quanto n può assumere qualunque valore intero. Questo vale anche per la voce umana (una voce calda è tale da essere ricca in armonici, nel senso che molti di essi risultano udibili). La voce umana è lo strumento più 0.8 0.6 0.4 0.2 0 -0.2 -0.4 -0.6 n=1 n=2 n=3 n=4 -0.8 -1 0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 Figura 1 – Le prime quattro armoniche, indicate dal valore di n. accastampato num. 10, Giugno 2013 1 Il problema è che con tale procedimento si finisce per ottenere una scala in cui un tono non è definito sempre dallo stesso intervallo in frequenza, e ciò renderebbe difficile l’utilizzo degli strumenti a intonazione fissa come quelli a tastiera. Infatti, partendo da una certa nota scelta come fondamentale, e costruendo la scala mediante la sua successione di armonici, si ottengono rapporti di frequenza tra note adiacenti che non si mantengono costanti lungo la scala stessa. Chiaramente ciò implica che, una volta che si usa un’altra nota fondamentale, la successione va modificata per rispettare gli stessi rapporti, e quindi lo strumento va riaccordato. Dunque, l’avvento del sistema temperato equabile ha risolto una volta per tutte la questione, fissando, di fatto, le note in maniera artificiale, ma facendo in modo che risultino equispaziate, e che nella scala siano presenti tutti gli intervalli consonanti (sono quegli intervalli generati da suoni tali che un armonico dell’uno sia sfasato di un’ottava rispetto ad un armonico dell’altro) esistenti. Tale lavoro di definizione di una scala priva di ambiguità è ciò che ci rende capaci di suonare uno strumento a tastiera in una qualsiasi tonalità, senza alcun bisogno di intonarlo a ciascun cambio di intonazione. L’opera di Bach “Il Clavicembalo ben temperato” è una raccolta di preludi e fughe nelle 12 tonalità che dimostra in maniera eccellente le potenzialità di uno strumento a tastiera quale il pianoforte, sfruttando la sua bellezza [4, 5]. Ciascuno dei brani riportati potrebbe tranquillamente essere riprodotto in un’altra tonalità in modo semplice, riscrivendo solamente lo spartito. Bibliografia [1] Lamarque L. La nuova enciclopedia della musica Garzanti. Garzanti (1988) [2] Jeans J.H. Science and Music. Dover (1961) [5] Ball P. L’istinto musicale: come e perchè abbiamo la musica dentro. Dedalo (2010) [3] Apreda A. Fondamenti teorici dell’arte musicale moderna. Ricordi (1959) [4] Frova A. Armonia celeste e dodecafonia: musica e scienza attraverso i secoli. Bureau (2006) Commenti on-line: http://www.accastampato.it/ 2013/06/scala-musicale/ Sull’autore Martina Pugliese (m.letitbe@gmail. com), laureata in Fisica presso l’Università Sapienza di Roma, è attualmente dottoranda in Fisica presso lo stesso ateneo. Si occupa principalmente di modellizzazione di dinamiche di linguaggio, ma suonando da anni il pianoforte, è anche molto interessata al profondo rapporto tra musica e scienza. 2