BAK Nr.10 Layout i V - Bundesamt für Kultur

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BAK Nr.10 Layout i V - Bundesamt für Kultur
GIORNALE 10/2003
BUNDESAMT FÜR KULTUR
OFFICE FÉDÉRAL DE LA CULTURE
UFFICIO FEDERALE DELLA CULTURA
UFFIZI FEDERAL DA CULTURA
Giornale UFC 10 / 2003
10
Monumenti
con prospettive
Sommario
2
Editoriale
Testimonianze storiche con vista:
il monumento dell’Unione postale
universale e il monumento dell’
Unione telegrafica internazionale
4
Un commento al monumento
in Helvetiaplatz
5
Il restauro di un gioiello barocco
quale impulso economico in
un villaggio di montagna –
La cappellania San Carlo a Hospental
9
Interamente rivestito di pietra –
L’Oratorio del Sassello a Loco
12
Paysages en poésie:
Tre giardini di poesia e di fotografia
Un progetto patrocinato dall’UNESCO
14
Il giardino del Palais Rechberg
a Zurigo
17
Il risanamento globale
dell’Alpe Puzzetta
20
La conservazione delle
rovine del «Castello di Gessler»
a Küssnacht am Rigi
24
Intervista
1
Giornale UFC 10 / 2003
Editoriale
«Il monumento vive» era il titolo programmatico del Giornale UFC dello
scorso anno dedicato al patrimonio
culturale e naturale. Con il presente
numero ci riallacciamo ai temi trattati
allora e ci chiediamo se e come i monumenti vengono utilizzati durevolmente in Svizzera. I progetti presentati, a
prescindere dalla loro storia e dal loro
contesto specifico, hanno carattere
esemplare. Così ad esempio i monumenti dell’Unione postale universale
e dell’Unione telegrafica internazionale ci ricordano che la Svizzera ha una
tradizione ultrasecolare come sede di
organizzazioni internazionali, mentre i
giardini di poesia e fotografia, previsti
nelle Alpi vodesi, risvegliano e stimolano la consapevolezza per il paesaggio. E la conservazione del Castello di
Gessler è da considerare un progetto
promettente.
La loro realizzazione richiede risorse e
investimenti, oggi forniti da Confederazione, Cantoni, Comuni e istituzioni
private. C’è da chiedersi se sarà possibile realizzarli nella stessa misura
anche in futuro. Il Consiglio federale
ha infatti previsto un consistente
programma di risparmio, che dovrebbe incidere soprattutto verso il 2007.
Anche l’UFC deve procedere a tagli,
in particolare per quanto riguarda gli
aiuti finanziari nell’ambito del patrimonio culturale e dei monumenti storici. È incerto se i Cantoni e i Comuni
rafforzeranno la loro partecipazione
finanziaria per garantire la conservazione futura degli oggetti meritevoli
di protezione.
Attualmente si lavora assiduamente
alla nuova perequazione finanziaria e
alla ripartizione dei compiti tra Confederazione e Cantoni. Nell’ambito
della tutela dei monumenti storici,
e del patrimonio culturale, il Consiglio federale intende scostarsi dalla
soluzione adottata finora. La Confederazione, prima o poi, si limiterà a
sostenere gli oggetti d’importanza
nazionale oppure assisteremo a una
totale cantonalizzazione in termini sia
finanziari che specialistici?
Testimonianze storiche con vista:
il monumento dell’Unione postale
universale e il monumento dell’
Unione telegrafica internazionale
Annette Herkommer
storica dell’arte
I due monumenti internazionali, ubicati ambedue a Berna, sono stati
restaurati nel corso dell’anno dall’Ufficio federale delle costruzioni e della
logistica. Stanno a ricordare la più che
centenaria tradizione della Svizzera
come sede di organizzazioni internazionali. Il monumento dell’Unione
postale universale del francese René
de St.-Marceaux (1849–1915) e il
monumento dell’Unione telegrafica
internazionale dell’italiano Giuseppe Romagnoli (1872–1966) vennero
donati alla Confederazione nel 1909
dall’Unione postale universale e nel
1922 dall’Unione telegrafica internazionale. I monumenti sono il risultato
di concorsi internazionali banditi e
svolti nel 1903 e nel 1911 su incarico
del Consiglio federale.
Il monumento dell’Unione postale universale nel parco della Kleine Schanze e il monumento dell’Unione telegrafica internazionale situato al centro dell’Helvetiaplatz
a Berna1 sono al contempo architetture
commemorative ordinarie e monumenti
eccezionali. La loro ubicazione e le figure
allegoriche ne fanno sculture nazionali di
tipo classico: nonostante l’epoca moderna ormai alle porte giudicasse obsoleta
l’«allegoria», quest’ultima ispirava l’alto
grado di identificazione adeguato a un
monumento nazionale. Lo stesso può dirsi per il linguaggio delle forme artistiche.
Spesso i monumenti danno adito a critiche
da parte del pubblico, come succede ancora oggi a opere artistiche in spazi pubblici.
Ma gli esempi di questo genere plasmano
al contempo la storia delle controversie
sociali e delle opinioni sull’arte dell’epoca
in cui nascono, come è successo a questi
due monumenti internazionali. Tuttavia,
ciò che è straordinario è lo scopo commemorativo e le iniziative cui hanno dato
vita i monumenti.
Johann Mürner, capo della Sezione patrimonio
culturale e monumenti storici, UFC
2
Iniziativa internazionale per
il monumento
Mentre nel caso di monumenti sorti secondo la prassi classica l’iniziativa viene
presa spesso da personalità o commissioni
cittadine o da un artista, i due monumenti
di Berna sono da attribuire a un gruppo
sostenitore eterogeneo, ossia alla comunità internazionale di Stati.
In occasione di una commemorazione
a Berna, nel 1900 la Conferenza internazionale della posta decise di dedicare
un monumento all’Unione postale universale, fondata in questa città. Invece,
per l’Unione telegrafica internazionale,
fondata a Parigi ma con sede amministrativa a Berna, la decisione di erigere
un monumento fu presa a Lisbona nel
1908, durante la conferenza telegrafica
internazionale, per commemorare il cinquantesimo anniversario dell’associazione
nel 1915. Argomentando che a Berna si
stava erigendo il monumento dell’Unione
postale universale, la delegazione francese
aveva scartato la proposta di collocare la
scultura nella città che le aveva dato vita:
Parigi. Nella veste di organo di vigilanza
della sede internazionale a Berna, il Consiglio federale venne incaricato di bandire
il concorso. Per il collegio governativo la
costruzione del monumento dell’Unione
telegrafica internazionale (1908–1922)
rappresentò un esercizio di equilibrismo,
come attestano gli accesi dibattiti tra la
Città di Berna, il Consiglio federale e
l’artista. In un’epoca caratterizzata dal
gioco delle grandi potenze, il piccolo Stato
federale svizzero era alla ricerca del consenso e di un’identità nazionale, mentre
quale sede di organizzazioni internazionali
perseguiva scopi e svolgeva mansioni di
politica estera.
Il problema dell’ubicazione
Prima d’indire il concorso, il Consiglio
federale chiese al consiglio comunale
bernese di proporre alcune piazze che
si prestassero come ubicazione dei monumenti. Per il monumento dell’Unione
postale universale ci si accordò sulla Kleine
Il monumento dell’Unione telegrafica
internazionale venne assegnato all’Helvetiaplatz. L’unica obiezione del consiglio
comunale riguardava la facciata del Museo di storia, che avrebbe armonizzato
meglio con un monumento collegato alla
storia nazionale. Tuttavia, il monumento
a memoria della telegrafia internazionale
sorse in Helvetiaplatz, di fronte al ponte
che unisce il quartiere di Kirchenfeld al
centro città. L’opposizione del pubblico
bernese durò fino al 1922, anno in cui
venne scoperto il monumento, in ritardo
a causa della guerra.
Unione di popoli
Per il monumento dell’Unione postale
universale René de St.-Marceaux scelse un
globo circondato da allegorie di continenti
in volo. Corrispondono ad un’immagine
dei diversi popoli sulla Terra, come veniva
suggerita dalle grandi esposizioni mondiali. Al polo opposto era rappresentata
l’allegoria di Berna con lo stemma ai piedi
del basamento, un’aggiunta ideata solo
durante la fase di esecuzione del monumento. La scultura, che segue lo «stile
francese», diede adito a critiche da parte
dei fautori dell’arte tedesca.
Nel monumento dell’Unione telegrafica
internazionale, invece, Giuseppe Romagnoli non interpreta l’unione dei popoli in
un’ottica culturale, bensì sociale. I gruppi
che ha ideato a lato dell’imponente figura
centrale, un’allegoria dell’unione telegrafica, «che unisce le anime dei popoli», rappresentano sentimenti umani e situazioni
quotidiane, indipendentemente dall’età,
dal sesso o dalla nazionalità. I gruppi rappresentano tematicamente la scienza del
passato e del futuro, la famiglia, la difesa
della giustizia, il lavoro fisico e intellettuale, il dolore, la fecondità e la pietà. Ispirandosi a «I borghesi di Calais» di Auguste
Rodin, l’artista ha dato vita a temi tratti dal
realismo modellandoli sulle forme ondulate dello Jugendstil. La gestualità espressiva delle figure senza attributi suggeriva
una propensione al moderno, benché il
progetto, con il suo pesante piedistallo,
seguisse canoni tradizionali. Il progetto
di Romagnoli suscitò polemiche: vennero
avanzate controproposte sull’ubicazione
e gli ambienti artistici locali, fautori dello
stile elvetico nazionale, criticarono le se-
vere ed ampie proporzioni geometriche.
Collocato sull’asse principale del ponte
di Kirchenfeld, al centro della piazza di
fronte al Museo di storia, il monumento
sembrava parlare un’altra lingua.
Stato dei monumenti e misure
di restauro
Gli anni e le stagioni hanno lasciato tracce su ambedue le sculture. Il monumento
dell’Unione postale universale presentava
segni di corrosione. Nonostante fosse
ancora relativamente ben saldo, le viti e
i dadi dei punti di congiunzione hanno
dovuto essere sostituiti con materiale più
resistente alla corrosione. L’elemento portante è stato liberato in parte dalla ruggine
e coperto con una patina anticorrosiva.
Il monumento dell’Unione telegrafica
internazionale ha richiesto invece un
parziale restauro per alcune sue parti
sotto sollecitazione e per la formazione
di fenditure nel piedistallo di granito e nel
bronzo. Il piedistallo di granito ha dovuto
essere rinsaldato con malta e in parte
rinnovato. Alcune parti scoperte tra le
cinque arcuate forme in bronzo divenute
instabili sono state saldate e ricoperte. Il
restauro ha tenuto conto delle differenti
leghe utilizzando materiale adeguato con
un metallo di apporto per giunti saldati.
Originariamente, a causa della penuria di
materiale, erano state utilizzate campane ed altro metallo usato, mentre i fori
erano stati colmati con lamiera di rame
e malta.
Grazie al restauro restano conservati sia il
monumento dell’Unione postale universale, quale simbolo dell’Unione postale,
sia il monumento dell’Unione telegrafica
internazionale, principale opera dell’artista italiano Giuseppe Romagnoli, quale
espressione artistica dello Jugendstil italiano in Svizzera. Oltre all’attrazione turistica,
rivive un simbolo polivalente e versatile:
per i turisti il monumento dell’Unione
telegrafica internazionale, per la popolazione bernese «dr Helvetiabrunne» e per
i bambini «dr Chlätterlibrunne».
1
La storia, per molti versi appassionante, del
monumento di Helvetiaplatz, è al centro
della tesi di laurea dell’autrice dell’articolo.
Il monumento dell’Unione telegrafica
internazionale in Helvetiaplatz; gruppo di
statue in bronzo durante i restauri, 2003.
3
Giornale UFC 10 / 2003
Schanze. La proposta di erigerlo in Piazza
federale venne scartata argomentando
che non si prestava ad ospitare un monumento che non avesse un significato
nazionale ed elvetico.
Giornale UFC 10 / 2003
Un commento al monumento
in Helvetiaplatz
Willi Treichler
aggiunto scientifico,
Biblioteca nazionale svizzera, Berna
Il riuscito restauro della fontana di Helvetiaplatz, che ormai mostrava chiaramente i
segni del tempo, ha offerto l’occasione di
soffermarsi nuovamente sui numerosi rumori levatisi durante i dieci e più anni della
fase di pianificazione e attuazione del progetto. Il monumento è la testimonianza
di una svolta culturale e politica: il fin de
siècle ha influenzato lo spirito dell’epoca
in cui prese avvio il bando, lo Jugendstil
l’arte e il composto nazionalismo la politica
svizzera. La prima guerra mondiale fu inevitabile e inaspettata, le reazioni politiche
e culturali fatali. Il destino della fontana si
prospettava dunque doppiamente infelice:
come opera d’arte venne portata a termine in un’epoca completamente diversa
da quella in cui era stata ideata e, tragico
filo conduttore, fu sempre criticata, se
non odiata, tanto dagli amanti dell’arte
quanto dalla popolazione. La cronologia
degli avvenimenti mostra come, se non
altro, abbia assunto un ruolo particolare
nel quotidiano bernese.
La continua discussione in tutti gli strati
della popolazione mostra, in retrospettiva, numerosi fenomeni: la questione dell’ubicazione del monumento importato,
o concesso, ha probabilmente turbato gli
animi più del piano urbanistico di quartiere, ieri come oggi esemplare, della Berne
Land Company del 1881, del ponte di
Kirchenfeld decantato come meraviglia
o della discussione sul «Castello bernese
delle fiabe» come equivalente del Museo
nazionale aggiudicato a Zurigo. Termini
che oggi rientrano nel vocabolario comune, come pianificazione urbanistica e
territoriale, approdarono alle varie tavole
rotonde. Gli appelli alla resistenza contro
il deturpamento della piazza deciso dalle
autorità e l’ostruzione della visuale sullo
sfondo del ponte ornato da torri, cioè
sul museo, sfociarono infine nel 1921 in
un’enorme manifestazione. Oltre a un capitolo sulla storia della pianificazione ter-
ritoriale bernese, alla fontana in Helvetiaplatz spetta dunque anche una posizione
di rilievo in una «storia delle manifestazioni» della città ancora da scrivere.
Invece, chi sfoglia le pratiche sul «monumento dell’Unione telegrafica internazionale» conservate all’Archivio federale
constata che questo oggetto tanto criticato rappresenta anche un capitolo della
storia della politica internazionale svizzera.
Per anni il Consiglio federale seguì una
politica in bilico tra il ruolo internazionale
di Berna e la volontà popolare, confrontato in continuazione con il detto «a caval
donato non si guarda in bocca». Di fronte
alla delicata situazione internazionale della
Svizzera prima, durante e dopo la prima
guerra mondiale, la politica estera, che
ancora doveva sviluppare gli elementi
che l’avrebbero caratterizzata più tardi,
soprattutto nei confronti della Francia,
Paese donatore, dovette confrontarsi con
la funesta alleanza tra esperti e popolazione. Per finire il Consiglio federale riportò
una vittoria di Pirro, le cui conseguenze
diedero alla piazza un monumento ed
un nome, ma non necessariamente un
arricchimento. In ogni caso, si trattava di
qualcosa di estraneo allo spirito bernese,
come assicurò una testimone dell’inaugurazione del 16 dicembre 1922, morta da
alcuni anni. Anche oggi molti forse condividono questa opinione, altri apprezzano
il monumento di Romagnoli e la storia
su come ne venne decisa l’ubicazione,
vedendovi un’opera statuaria e una testimonianza di un momento incerto non
solo sul piano politico e sociale, ma anche
un confronto complesso su questioni di
principio della pianificazione urbanistica.
Senza dimenticare che anche il vivace
spirito di quartiere del Kirchenfeld è stato
messo a dura prova.
Il monumento della fontana, che il restauro ha liberato dal suo alone trasandato,
non è dunque solo un elemento per lo
studio dell’arte, bensì anche un testimone
della storia bernese. Soprattutto i turisti ne
apprezzano l’ubicazione sullo sfondo del
4
«Castello delle fiabe» il cui effetto risulta
intensificato. Senza dimenticare i bambini e i passanti che utilizzano la maestosa
scultura come una parete da scalare o una
piacevole occasione per rinfrescare i piedi
stanchi. La discussione riaccesasi nel 1990
sul trasferimento in un luogo più discreto
non deve distogliere l’attenzione da un altro problema, quello di una nuova veste
da dare alla piazza, quale testa di ponte
meridionale di Kirchenfeld. La statua monumentale infatti impedisce, nonostante
tutto, che la piazza si presenti come un
desolato deserto di asfalto.
L’autore deve la «oral history», indispensabile
in casi simili per completare la documentazione storica, ad un’abitante che, dopo aver
vissuto ininterrottamente per 77 anni nel
quartiere, si è spenta nel 1998.
1 Monumento dell’Unione telegrafica
internazionale in Helvetiaplatz, Berna, 2003.
2 Il monumento dell’Unione postale universale nel parco della Schanze, Berna, 2003.
Thomas Brunner
storico dell’arte, inventariatore dei
monumenti storici del Cantone di Uri
Con la conclusione del restauro della
cappella e dell’ospizio San Carlo a Hospental ha inizio il progetto San Carlo
che persegue l’ambizioso obiettivo di
produrre un impulso economico e sociale in tutta la valle di Ursern a partire
proprio dal villaggio di montagna situato ai piedi del Gottardo. Un motivo
sufficiente per occuparsi dell’edificio
storico e delle nuove prospettive ad
esso collegate.
La cappella di San Carlo Borromeo
Sul luogo in cui il Cardinale Carlo Borromeo, in occasione del suo viaggio in Svizzera nel 1570, raggiunse il fondovalle di
Ursern dopo essere sceso dalle pendici del
Gottardo, fu costruita nel 1650 circa una
cappella consacrata nel 1658. Essa è situata in una posizione favorevole con la sua
facciata principale rivolta verso il villaggio
ai margini dell’agglomerato occidentale di
Hospental sulla strada del villaggio al bivio
del passo del Gottardo e del Furka. Nel
1717 il villaggio urano donò la cappella
al cittadino di Hospental Bartholomäus
Schmid affidandogli il compito di ricostruire la chiesa ormai in rovina.
Bartholomäus Schmid (1660–1738)
discendeva da una famiglia walser proveniente dal Prismell, l’attuale Val Sesia
sul versante italiano delle Alpi, stabilitasi
a Ursern nel Quattrocento. Come molti
valsesiani conosciuti, la famiglia Schmid
si distinse nell’arte dei costruttori edili e
degli scalpellini. Gli Schmid costruirono
numerosi edifici a Ursern e fu quasi certamente un certo Johannes Schmid ad
iniziare nel Cinquecento con l’estrazione
della pietra ollare e con la produzione
di stufe a Hospental. Solo nel 1693 con
Bartholomäus Schmid il nome di famiglia
cominciò a figurare nei registri di Ursern.
Come i suoi antenati Bartholomäus si
distinse come costruttore edile. Nel 1694
costruì il coro della chiesa di Andermatt
e due anni dopo ne rialzò la navata. Dal
1705 al 1711 guidò la costruzione della
nuova cappella del villaggio, attuale chiesa
parrocchiale di Hospental. Verso il 1700
era il costruttore edile più autorevole di
Ursern. In valle realizzò innumerevoli edifici sacri e profani. Tuttavia conseguì il suo
patrimonio piuttosto come commerciante
che come costruttore.
La nuova cappella di San Carlo venne
costruita nel 1718. Essa comprendeva un
edificio rivolto verso ovest con l’abside
rientrante e la sacrestia con piccole torri
posta nella parte del coro rivolta a sud.
Nell’interno della chiesa ricco di stucchi era
collocato un altare, forse proveniente dalla
bottega dei Ritz a Selkingen, i cui dipinti
ora decorano le parti superiori dell’altare
maggiore della chiesa parrocchiale.
Tre anni dopo Schmid fece costruire la
propria abitazione trasversalmente in annesso alla sagrestia della cappella. Sopra
la cantina sono costruiti due piani abitabili con sala («Stube»), annesso e cucine
collegate da un corridoio centrale. L’elemento più ricco è tuttavia la cosiddetta
«sala» del primo piano. Questo locale, di
dimensioni piuttosto modeste nonostante
la sua definizione barocca, è ancor più no-
1–3 Gioiello barocco nella valle di Ursern:
cappella e ospizio San Carlo a restauri ultimati, 2003.
5
Giornale UFC 10 / 2003
Il restauro di un gioiello barocco quale impulso
economico in un villaggio di montagna –
La cappellania San Carlo a Hospental
Giornale UFC 10 / 2003
4 L’influsso di Padre Albert Kuhn: la cappella barocca del 1718 nella
veste neobarocca del 1907; vista sull’altare maggiore.
bile e piuttosto insolito grazie alla delicata
tonalità di rosso. I dipinti a regola d’arte
sul soffitto basso risaltano appena nelle
loro superbe cornici di stucco. Sono però
effettivamente concepiti per questo locale
basso in modo tale che la prospettiva è
rivolta agli osservatori seduti. Intorno al
medaglione centrale con l’incoronazione
di Maria si trova il nome del patrono della
famiglia del costruttore. Il nome dell’artista non è stato tramandato.
L’allestimento omogeneo della facciata
della cappella e dell’abitazione con pilastri e archi ciechi è una caratteristica delle
costruzioni di Schmid. Questa peculiarità
urana evidenzia in modo particolare l’insieme dell’edificio rendendolo un gioiello
architettonico barocco.
Da abitazione a ospizio
Nel 1727 Bartholomäus Schmid fondò una
cappellania. Oltre a quella del cappellano
del villaggio e del prete che diceva la prima
messa era ormai la terza in un villaggio di
200 anime qual era Hospental. Al nuovo
cappellano fu accordato il diritto d’ospita-
lità nell’abitazione suddivisa allo scopo tra
la famiglia Schmid e il cappellano. Dopo la
morte di Schmid nel 1738 l’abitazione divenne parte del patrimonio prebendato.
Con la morte del nipote di Bartholomäus
Schmid, ultimo discendente diretto maschio, nel 1766 la confraternita assunse il
diritto a una carica ecclesiastica e l’amministrazione della prebenda. La Confraternita dell’immacolata concezione fu fondata nel 1718 proprio da Bartholomäus
Schmid. Nell’Ottocento vennero apportate
leggere modifiche agli edifici a cui seguì
nel 1907 un risanamento sostanziale
voluto dal cappellano di San Carlo Lagler
e dall’architetto di Andermatt Georges
Meyer. Il tetto dell’ospizio e della cappella coperto di scandole venne sostituito da
un tetto lucido a colori vivaci ricoperto di
tegole giallo-verde invetriate. L’interno
della cappella fu modificato su consiglio
dello storico dell’arte di Einsiedeln Padre
Albert Kuhn (1839-1929). La dotazione in
parte ancora di stile barocco fu sostituita
con un altare neobarocco della bottega
Müller di Wil SG, mentre le vetrate furono
fornite da Carl Holenstein di Rorschach.
6
5 Volta principale della cappella.
6 Rimessa a nudo esemplare dell’affresco
barocco della volta della cappella.
La ditta Zotz & Griessl di Zugo intervenne
sugli stucchi, che il pittore ornamentale
Renner di Altdorf dipinse successivamente
di bianco e d’oro e gli affreschi del soffitto
furono ritoccati dal pittore di Erstfeld Josef
Heimgartner.
Restauro e impulsi a San Carlo
A distanza di un secolo si è imposto un
restauro della cappellania ormai abbandonata. Grazie al generoso sovvenzionamento della Confederazione e del Cantone di
Uri, all’impegno della Fondazione Albert
Koechlin AKS di Lucerna, della Fondazione
Patenschaft für Berggemeinden di Zurigo,
dell’Elektrizitätswerk Ursern, della fondazione Pro Hospental, della Corporazione
urana e di donatori privati, la Confraternita, tuttora proprietaria degli edifici, ha
potuto procedere a un restauro. Nello
stesso contesto si è discusso della futura
utilizzazione sostenibile del complesso
storico.
Giornale UFC 10 / 2003
8 Cappella privata nel sottotetto.
9 Veduta di una camera restaurata.
7 Scala a restauro ultimato.
Per l’ospizio il progetto di restauro prevedeva la trasformazione dell’appartamento al
primo piano in locali adibiti a uffici, mentre
il secondo piano unitamente al sottotetto
abitabile doveva essere trasformato in un
grande appartamento con salone barocco
e installazioni moderne. La «sala» è a disposizione di entrambe le parti, ma anche
della Confraternita, e adibita a sala delle
sedute e locale per le festività. All’esterno
è stato ristabilito l’aspetto barocco, come
documentato da reperti sulla congiunzione architettonica della cappella con la
casa e da vedute storiche, sotto forma di
gradazioni di colori tra superfici bianche
ed elementi strutturali grigi. Sulla base di
questa strategia di restauro si è dovuto
sacrificare il tetto ricoperto di tegole colorate invetriate del 1907. La discussione
sulla conservazione del tetto di tegole tra
il committente della costruzione e l’autorità cantonale della tutela dei monumenti
storici si è conclusa quando gli esperti a cui
ci si è rivolti, il professor Bernhard Furrer
e l’architetto Eduard Neuenschwander,
hanno deciso andando contro il parere
dell’autorità cantonale della tutela dei mo-
numenti storici e degli esperti federali. Di
conseguenza nel Cantone di Uri esistono
oggi solo due edifici con il tetto ricoperto
di tegole invetriate: il museo di storia di
Altdorf e la scuola di Gurtnellen-Wiler.
All’interno della cappella si è mantenuto
lo stato dell’ultimo restauro risalente al
1907. Quale riferimento agli affreschi
barocchi ritoccati del soffitto è stata rimessa a nudo su uno degli archi di volta
una finestra con la raffigurazione di due
putti. Una ricostruzione delle condizioni barocche non è stata, giustamente,
presa in considerazione. Già per quanto
riguarda gli stucchi è stato problematico
differenziare l’originale barocco dal restauro neobarocco e per quanto riguarda
la dotazione in particolare dell’altare non
sarebbe stato possibile giungere a una
soluzione sostenibile. È tanto più encomiabile che a Hospental si sia potuta conservare una testimonianza rappresentativa
di quell’epoca, la cui strategia di restauro
è stata influenzata in modo determinante
da Padre Albert Kuhn.
Un gioiello barocco quale investimento nel futuro
La futura utilizzazione sostenibile degli
edifici storici è stata, fin dall’inizio, al
centro dei dibattiti. Oltre al restauro della
cappella e all’inserimento di un appartamento ai piani superiori dell’ospizio,
con l’allestimento di locali adibiti ad
uffici, il progetto San Carlo dovrebbe
dare un impulso economico. Un primo
passo consiste nella trasformazione della
confraternita ecclesiastica nella società di
10 Sala («Stube») riccamente arredata
con stufa di ceramica e credenza
7
Giornale UFC 10 / 2003
11 Insolito sfarzo di colori: la sala al primo
piano dell’ospizio dalle tonalità rosse e grigie.
pubblica utilità San Carlo / Confraternita di
Ursern, che vuole estendere le sue attività
alla vita sociale ed economica di Hospental
e dell’intera regione.
Attualmente si sta vagliando la possibilità
di creare posti di telelavoro a Ursern. L’Istituto di economia agraria del Politecnico
sta elaborando inoltre un’analisi di economia regionale della valle di Ursern, che
indaga i problemi strutturali della valle.
Questa iniziativa economica nata in seguito al restauro di un monumento storico è
encomiabile e potrebbe essere fondamentale per la valle di Ursern. Le prospettive
future, pregiudicate dall’incisiva diminuzione di posti di lavoro alla piazza d’armi di
Andermatt, dovrebbero riacquistare vigore
anche grazie a progetti come quello di San
Carlo. Tanto più che quella di Ursern è da
sempre una delle valli alpine tra le più centrali e facilmente accessibili sia per strada
sia per ferrovia.
12–14 Ricchi dipinti per una piccola sala:
cornici di stucchi e affreschi sul soffitto
(Incoronazione di Maria; Santa Caterina).
Committenti della costruzione:
Società San Carlo / Confraternita
di Ursern, Hospental
Architetto:
Gallus Auf der Maur, Basilea, (progettazione,
direzione del progetto, strategia
di utilizzazione)
Restauratori:
Balz Auf der Maur, restauratore FH,
Zurigo (piano di restauro);
Mario Christen, restauratore SCR,
Lucerna; Martin Hüppi, restauratore SCR,
Littau; Marcel Renggli, restauratore SCR,
Hergiswil
Sezione cantonale urana della tutela
dei monumenti storici:
Eduard Müller, Seelisberg
Esperti della Confederazione:
Georg Carlen, Lucerna e Christine Bläuer
Böhm, Centro di esperti per i monumenti
storici, Zurigo
Per ulteriori informazioni si rimanda al sito
www.st-karl.ch
8
Ivo Zemp
arch. dipl. ETH/sia,
Ufficio federale della cultura
Loco, politicamente annesso al comune di
Isorno, è un pittoresco paese della Valle
Onsernone. Un sentiero coperto di lastre
di pietra parte dalla chiesa parrocchiale di
San Remigio, inserita nel contesto architettonico della piazza, e conduce al passo
della Garina. Dopo circa cinquecento passi, come si può leggere nel resoconto della
visita pastorale del 1761, attraverso una
piccola cappella aperta dalla parte della
valle ed un pregevole ponte, il sentiero
percorso durante le processioni conduce il visitatore all’Oratorio1 del Sassello.
L’edificio di stile barocco si erge solitario
nel paesaggio ai piedi di un insediamento
alpino. Costruito su un terrazzamento roccioso e circondato da boschi, l’oratorio si
presenta isolato e misterioso. La relazione
con il genius loci e la modestia dell’edificio
trovano riscontro nell’uso parsimonioso di
materiali da costruzione del luogo: pietra,
legno e malta di calce.
tradizionale da una costruzione di legno
di castagno con lastre di pietra irregolari. Il
campaniletto in blocchi di cemento è stato
aggiunto nel Novecento.
Si entra nell’oratorio da un portale in
sasso che reca incisa la data del 1689.
La volta tinteggiata di azzurro munita di
lunette segue l’asse longitudinale fino a
coprire l’altare, diffondendo una sensazione di semplicità. Le pareti su sfondo
giallognolo sono intonacate e ornate di
un alto cornicione collegato a doppio
angolo retto a varie paraste. Attraverso
le quattro finestre poste in alto e la serliana la luce penetra nel sobrio ambiente
interno dove l’altare4 originario spicca
come elemento centrale, affiancato da
due porte che conducono alla sagrestia
Giornale UFC 10 / 2003
Interamente rivestito di pietra –
L’Oratorio del Sassello a Loco
sul retro. La tela principale raffigura la
Madonna di Re: fu dipinta nel 1945 dal
pittore Pietro Franzoni. Sulla parete sinistra
del coro è collocato un grande dipinto a
olio che raffigura in stile barocco l’Incoronazione della Madonna assistita dai Santi
Giovanni Battista, Giacomo Maggiore e
Remigio, dipinto probabilmente nel 1840
dal pittore locale Carlo Agostino Meletta
(1800–1875). I santi rappresentati sono
correlati alla chiesa parrocchiale di Loco
e al suo patrono, San Remigio. Oltre ad
alcuni elementi d’arredo ligneo intagliati
e alle panche della chiesa, completano la
decorazione quattro ulteriori dipinti ad olio
di misure più ridotte con rappresentazioni
di scene mariane probabilmente del XVII
secolo. Sopra il soffitto a volta si trova uno
spazio con aerazione naturale.
L’Oratorio, tradizionalmente rivolto ad est,
era originariamente dedicato a Maria ad
Sanguinem. Oggi vi si venera la Madonna
di Ré. Secondo le fonti2, è stato costruito a
tappe. La navata in due campate e l’altare
ad andamento obliquo, con la sagrestia sul
retro, sono stati costruiti uno dopo l’altro, probabilmente tra il 1683 ed il 1703,
mentre nel 1739 venne costruito il portico
aperto sulla parte occidentale. Nell’Ottocento sembra aver avuto luogo un ulteriore
restauro con il quale è stato riverniciato
soprattutto il rivestimento interno.
La muratura esterna dell’edificio è quasi
esclusivamente in pietra. Solo la facciata
principale, ideata come prospetto, e l’interno del portico sono intonacati. Una
«serliana»3 apportata nel 1702/03 come
elemento decorativo completa la struttura
della navata. Il tetto è coperto nel modo
1 L’Oratorio del Sassello sul sentiero
che conduce al Passo della Garina.
9
2 Veduta del pilastro angolare
nel portico aperto.
3 Dipinto raffigurante l’Incoronazione
di Maria.
4 Veduta degli interni tinteggiati con
l’altare barocco.
Contributi dal fondo Boner
Durante una passeggiata al Passo della
Garina, il sovrintendente ai monumenti di
Winterthur Daniel Schneller, si accorse dello
stato di deterioramento dell’Oratorio del
Sassello e constatò che l’edificio barocco
aveva urgente bisogno di essere restaurato. Per questa ragione lo raccomandò alla
Commissione federale dei monumenti storici affinché ricevesse contributi dal fondo
G.E. Boner. Poiché era necessario agire al
più presto e la comunità cattolica di Loco
(parrocchia di San Remigio di Loco) non era
assolutamente in grado di finanziare da sola
il restauro, dopo approfonditi accertamenti
venne deciso di contribuire al risanamento
dell’edificio con 150 000 franchi.
stine Bläuer Böhm (malta e intonaco) e Ivo
Zemp quale rappresentante dell’UFC.
1
Stando a un piano di restauro e a un
preventivo dell’architetto locale, Maria
Rosaria Regolati Duppenthaler, il costo
complessivo dell’opera ammonta a più di
230 000 franchi. I lavori necessari per la
prima fase riguardano il tetto di lastre di
pietra, le misure contro l’umidità che penetra nelle pareti, il consolidamento statico ed il risanamento dell’intonaco esterno.
Il Servizio archeologico del Cantone Ticino
ha svolto un esame preliminare della costruzione. Assistono il progetto gli esperti
federali François Guex (archeologia), Chri-
Particolarmente interessanti sono i lavori
di risanamento del tetto dell’Oratorio del
Sassello che dureranno probabilmente
fino all’autunno inoltrato del 2003. Al
contempo si prevede di restaurare e completare l’intonaco e le decorazioni della
parte superiore della facciata e di rinnovarne il colore. Se le condizioni climatiche
lo permetteranno, ancor prima della pausa
invernale potrebbe essere sostituito l’intonaco nella parte inferiore della facciata,
dopo aver smontato l’impalcatura.
Il nuovo anno inizierà con le misure
contro l’umidità: si prevede di scavare un
profondo canale nella roccia dietro l’Oratorio per deviarvi l’acqua che penetra ora
nelle pareti, portandola a valle. Interventi
minori, come il risanamento delle finestre,
completeranno i lavori di restauro esterni. Le misure architettoniche all’interno
dell’Oratorio potranno tuttavia essere
avviate solo quando saranno stati trovati
altri generosi donatori.
10
2
3
4
Un oratorio in genere è un edificio destinato
alla preghiera. Nei primi tempi dell’era cristiana si presentava anche come una piccola
chiesa e dalla fine del XII secolo come una
cappella per funzioni private.
Fonti: Libro di conti dell’oratorio del Sassello
1687–1743 e 1752 segg. e altri documenti.
La serliana è un’apertura tripartita il cui
elemento centrale a volta sovrasta ambedue
le aperture rettangolari. Il termine risale
all’architetto rinascimentale italiano Sebastiano Serlio (1475–1554) nei cui libri di
architettura figura per la prima volta questo
elemento.
La mensa e la predella vennero eseguite
nel 1754 da Antonio Buzzi di Viggiù in
marmo d’Arzo. L’altare policromo in stile
barocco porta sul paliotto un cartoccio con
un emblema di Maria.
Maria Rosaria Regolati Duppenthaler
arch. dipl. ETH/sia
I tetti di pietra fanno parte del paesaggio
tradizionale delle regioni settentrionali
ticinesi. Purtroppo, gli elevati costi di
materiale e manodopera hanno portato
negli ultimi decenni alla lenta scomparsa
di questo tipo di copertura. Ormai i tetti
di pietra vengono montati quasi solo su
edifici storici (sotto tutela).
Fino a circa 50 anni fa, quando i mezzi di
trasporto erano ancora cari e la manodopera a basso costo, i materiali per le costruzioni erano estratti il più vicino possibile al
cantiere. I tetti in lastre di pietra, che seguivano lo stesso principio, rispecchiavano la
qualità e le caratteristiche della roccia locale. Se le condizioni erano favorevoli, era
possibile produrre lastre grandi e regolari;
nella maggior parte dei casi, tuttavia, ci si
doveva accontentare di dimensioni minori
e spessori irregolari, come anche nel caso
dell’Oratorio del Sassello.
Le lastre di pietra per i tetti, le cosiddette
«piode», sono oggi prodotte solo nelle
zone in cui la roccia permette una lavorazione facile e a basso costo, come ad
esempio in Valle Maggia o in Valle Calanca. La lavorazione dalla cava al tetto finito
richiede molto lavoro. I grandi blocchi di
pietra, estratti e tagliati con le macchine,
vengono divisi a mano, oggi come allora, in piastre con 5 o 6 cm di spessore.
Colpo dopo colpo, l’artigiano, chiamato
«spiodino», inserisce punte di metallo nel
blocco di pietra, fino a quando le singole
piastre si staccano. Il copritetto inizia il
proprio lavoro con la «sbarbatura», cioè
lo spigolo anteriore e visibile della piastra
viene tagliato obliquamente a mano con
l’aiuto di un martello, quindi si posano le
piode sui listelli. La maniera tradizionale,
che utilizzava legno tondo o semitondo, è
oggi sostituita nella maggior parte dei casi
da correntini quadrati. I «cavicchi», i pioli
di legno che all’epoca trattenevano i listelli,
sono ormai ricordi del passato. Oggi la stabilità è garantita da chiodi di metallo.
Indipendentemente dal grado di inclinazione del tetto, le piode devono essere
posate con una pendenza di circa 10
gradi. Se i tetti sono più piatti sono necessarie lastre più grandi, fino a circa 70 o
80 centimetri, mentre per tetti più inclinati
si possono utilizzare piastre di dimensioni
normali, cioè di 45 o 50 centimetri. Le piastre più larghe devono essere scelte anche
per la grondaia e il colmo. In genere non si
trovano tetti con un’inclinazione inferiore
a 30 gradi. La maggior parte presenta
un’inclinazione di circa 40 gradi perché le
lastre più piccole, che si potevano estrarre
sul luogo, non permettevano di costruire
tetti meno inclinati.
Il Fondo G.E. Boner
Nel 1997 la signora Giorgina Eugenia
Boner (1903–1998) di Coira lasciò in
eredità per testamento un legato di
500 000 franchi. La somma messa a
disposizione dell’UFC era destinata alla
conservazione di siti ecclesiastici edificati
prima del 1800. Come previsto nelle disposizioni testamentarie, la Commissione
federale dei monumenti storici si assunse
il compito di svolgere la procedura di selezione, chiedendo nel 2002 un sostegno
finanziario per i seguenti beni culturali: la
cappella del castello di Bettwiesen (TG), la
cappella dei «Siebenschläfer» a Eschenbach (LU), la chiesa St-Joseph du Monastère
de Montorge (ciclo di rappresentazioni) a
Friburgo, l’Oratorio del Sassello a Loco, la
cappella del cimitero di Chalières a Moutier
(BE), l’ex chiesa collegiata di San Martino
(con un tesoro di paramenti) di Rheinfelden (AG). Dell’esecuzione delle misure e
dell’assistenza al Fondo G.E. Boner è responsabile Ivo Zemp dell’UFC. L’Oratorio
del Sassello di Loco è uno di quei beni, il
cui restauro è finanziato con i mezzi messi
a disposizione dal Fondo Boner.
5–6 Lavori al tetto in lastre di pietra.
7 Struttura del tetto in legno di castagno.
11
Giornale UFC 10 / 2003
Il restauro del tetto in lastre di pietra
Giornale UFC 10 / 2003
Paysages en poésie:
Tre giardini di poesia e di fotografia
Un progetto patrocinato dall’UNESCO
Pierre Starobinski
curatore della mostra
Da giugno a ottobre 2004 tre giardini
di fotografia e di poesia sorgeranno
nelle alpi vodesi invitando il pubblico
a incontrare le parole che designano
lo spazio, le immagini che lo rappresentano e l’arte paesaggistica che lo
trasforma. Le tre forme di espressione costituiscono il fondamento della
coscienza paesaggistica come viene
definita dai teorici Alain Roger e Augustin Berque. Questi interventi effimeri ricorderanno che il paesaggio è
un elemento in costante evoluzione,
che si trasforma e che noi percepiamo solo in uno dei momenti della sua
mutazione.
Ogni giardino presenterà una trentina
d’immagini e di testi brevi ottenuti dai
fotografi e dagli scrittori invitati a partecipare e che forniranno quindi la materia
prima da mettere in scena. Questo modo
di procedere s’ispira alle mostre presentate tra il 1993 e il 1996 a Leysin dall’associazione Regards du monde ideate
insieme al poeta e scrittore ginevrino Nicolas Bouvier. L’intenzione è di rinnovare
il genere, continuare l’esperienza della
«galleria» a cielo aperto, alimentare il
dialogo tra immagini e paesaggi riallacciandosi all’esperienza fatta a Ginevra da
Peter Greenaway nell’ambito dell’esposizione Stairs. Come per Stairs, Paysages
en poésie nasce dalla visione che gli
artisti hanno di un luogo circoscritto. La
scrittura non fa che rivelare un orizzonte
supplementare. Paysages en poésie invita
il pubblico a percepire meglio il paesaggio
e a porsi domande sulle sue metamorfosi.
Il discorso degli artisti sottolinea implicitamente la responsabilità individuale nei
confronti dei diversi sviluppi proposti.
È impossibile arrestare il mondo, ma che
mondo desideriamo costruire? Per mezzo
di questo «artificio» del paesaggio se ne
interrogano la valenza e il concetto. La
produzione artistica contemporanea, che
integra nuovi valori artistici e fa nascere
un dibattito sulla coscienza dei luoghi,
può definire l’interesse per un paesaggio,
al di là di ogni considerazione ecologica.
La scelta dei luoghi è stata effettuata in
funzione delle loro particolarità e della
loro vicinanza che permette di visitarli
tutti in un giorno. Per queste ragioni
sono stati scelti la collina del Temple a
Château d’Oex, i pendii della Berneuse
appena sopra Leysin e il Col de la Croix tra
Les Diablerets e Villars s/Ollon. Tre scenari
particolari, tre spazi dalle tipologie ben
definite: il sito storico posto al centro
di un villaggio di montagna, lo spazio
trasformato dall’attività turistica e un
paesaggio tra i più suggestivi, che figura
anche nell’inventario dei più bei paesaggi
svizzeri.
I tre fotografi invitati sono svizzeri. La
loro opera è riconosciuta e ritenuta importante. La regione di Château-d’Oex
verrà illustrata dallo sguardo perfetto
di Hélène Binet. In particolare è sua
l’opera straordinaria sull’architettura di
Peter Zumthor. Le immagini di Thomas
Flechtner illumineranno con i loro colori
i pendii della Berneuse di Leysin. Egli ha
di recente pubblicato da Lars Mueller
un’opera superba intitolata «Snow» che
mostra la sua sensibilità per i paesaggi
notturni, per i momenti fragili quali l’alba
e il crepuscolo. Dopo essersi interessato
agli alberi della foresta amazzonica o a
quelli del Chlöntal nel Canton Glarona,
dopo il suo viaggio sul ghiacciaio del
Bernina, Balthasar Burkhard continuerà
con il suo «elogio dell’ombra» sul colle
della Croix.
I tre autori che vestiranno i giardini con
le loro parole sono francesi. Le loro opere
sono troppo numerose per essere elencate e la loro fama ha superato da parecchio
tempo le frontiere dell’Europa. Ognuno
di loro a modo suo si è occupato di geografia, di luoghi, di universi particolari.
I testi di Jacques Réda, Michel Butor e
Pierre Bergounioux accompagneranno le
immagini dei fotografi.
Il paesaggio non è formato solo dal
panorama, esso implica un «qui» di cui
occorre essere coscienti e un «là» che
è il panorama. A seconda del giardino
Perché un patrocinio dell‘UNESCO ?
Con le sue esposizioni, i suoi incontri internazionali, le sue animazioni, i suoi laboratori, i suoi spettacoli e le sue pubblicazioni,
il progetto Paysages en poésie concretizza
diversi obiettivi dell’UNESCO. In ambito
culturale valorizza le culture tradizionali
e promuove la creazione e l’interazione
artistica, sia dal punto di vista professionale che da quello amatoriale. In ambito
educativo sensibilizza la popolazione, e
in particolare i giovani, alle diverse forme
d’espressione artistica, al valore del patrimonio culturale e naturale, all’importanza
della preservazione dell’ambiente. Infine,
grazie al suo approccio integrato del paesaggio, favorisce una presa di coscienza
favorevole a uno sviluppo economico e
12
umano che tiene conto delle particolarità
socioculturali e ambientali.
Madeleine Viviani
segretaria generale supplente,
Commissione nazionale svizzera
per l’UNESCO
Visitate il sito
www.unesco.ch
Se vi interessa ricevere la lettera informativa,
inviate una e-mail a [email protected]
con l’indicazione «subcribe».
Giornale UFC 10 / 2003
1–2 Il progetto a Château-d’Oex.
3 L’installazione a Leysin.
s’incontra la relazione delle immagini con
la montagna, il dialogo dei poeti con la
natura e il rilievo, il discorrere degli artisti
tra di loro e infine lo spostamento temporale che questa iniziativa comporta.
Questi livelli di lettura mirano a suscitare
nel visitatore una percezione diversa del
paesaggio, ad affinare la vista, ad aprire la
via all’immaginazione. Come indicato da
Alain Roger in «Court traité du paysage»,
questo processo invita a far comprendere
che un paese non è di primo acchito un
paesaggio e che, dall’uno all’altro, vi è
tutta l’elaborazione dell’arte.
I giardini che saranno realizzati sono
il frutto di un lavoro interdisciplinare
effettuato in seno alla HESSO (Haute
Ecole spécialisée de Suisse occidentale).
Gli architetti paesaggisti e i manager
della natura della scuola d’ingegneria di
Lullier hanno collaborato con gli studenti
della sezione comunicazione visiva e architettura d’interni della Scuola superiore
di arti applicate di Ginevra. I tre giardini
qui presentati sono i progetti premiati in
occasione del concorso, che ha avuto
luogo il giugno scorso. Un’intera rete di
scuole vi ha partecipato. Questo era un
elemento chiave del progetto. In questo
modo si riuniscono conoscenze complementari al servizio di una realizzazione le
cui conseguenze concrete per la regione
turistica saranno percettibili.
Per completare l’esperienza gli studenti
della Scuola superiore di arti applicate di
Ginevra realizzeranno un giardino virtua-
le sul sito della manifestazione. Spazio
di sperimentazione e di creazione, esso
è considerato come controparte dei tre
giardini. Esiste in una dimensione che diviene sempre più la nostra e che pertanto
sfugge a una geografia definibile. Evolverà
in modo costante e utilizzerà il materiale
di immagini raccolto in occasione del
concorso. Esisterà come spazio di sogno
e ci riporterà alla questione del reale e
dell’immaginario.
Manifestazioni collaterali
In margine alle esposizioni sono previsti
due appuntamenti importanti per approfondire la riflessione. Dal 5 al 9 luglio 2004
avranno luogo presso il Castello di Aigle
gli Incontri internazionali del paesaggio,
organizzati dalle Università di Ginevra e
13
Giornale UFC 10 / 2003
4 «Elogio dell’ombra» per il Col de la Croix.
di Losanna. Al pubblico verrà proposto
un ciclo di conferenze completato da
una serie di dibattiti. Insieme a specialisti
e imprenditori, responsabili delle grandi
ripianificazioni attuali e analisti dei fenomeni si abborderà la questione della storia
della coscienza paesaggistica e della sua
espressione contemporanea.
Dall’11 al 16 luglio 2004 verrà organizzata
a Gryon una settimana letteraria intitolata «Una montagna da leggere». Essa si
articolerà attorno a sei racconti di autori
romandi. Corinne Desarzens, Bernard
Comment, Christophe Gallaz, Jérôme
Meizoz e Frédéric Pajak sono invitati a
scrivere un racconto la cui geografia è
già stata fissata precedentemente. Questi
testi saranno il punto di partenza di caffé
letterari, di letture, di incontri sulla scrittura dei luoghi.
Per ulteriori informazioni:
Association Regards du monde
10, Bd. De la Forêt, 1009 Pully
Telefono: 021 711 06 10
[email protected]
www.paysages-en-poesie.ch
Agosto 2004: Messa in scena
di paesaggi e monumenti –
un convegno organizzato da CFNP/
CFMS, UFAFP/UFC con la partecipazione di USTE e USTRA
La messa in scena nel paesaggio, ma
anche del paesaggio stesso, delle sue
bellezze naturali e dei suoi monumenti
culturali fa tendenza. In molti luoghi si
tengono festival, si organizzano eventi di
qualsiasi genere, si invita a film, concerti
e spettacoli all’aperto, a manifestazioni
sportive, si lasciano vagare raggi laser su
città, s’illuminano artificialmente monti
e si diffondono suoni su alpeggi. Qualsiasi messa in scena offre l’opportunità
dell’incontro tra il patrimonio naturale e
culturale e la popolazione. Ma al tempo
stesso ogni messa in scena cela il pericolo
di sfruttare le qualità del paesaggio, della
natura e del monumento o di pregiudicarli
per interessi economici.
Il convegno persegue l’obiettivo di illustrare questo fenomeno della società del tempo libero, di indagarne le radici storiche e
psicologiche e di approfondire l’utilità o
meno dell’uso e dell’abuso del paesaggio,
della natura e del monumento culturale.
Dove risiedono le opportunità, dove i
pericoli della messa in scena del paesaggio? Esiste qualcosa come la dignità del
paesaggio, del monumento culturale, che
occorre tutelare? Quale valenza assume
il concetto di tempo per le installazioni
temporanee? Quali ferite materiali e intellettuali lasciano installazioni e manifestazioni? Modificano l’atteggiamento, la
14
percezione, la responsabilità nei confronti
del paesaggio, del monumento culturale?
Il convegno vuole stimolare alla riflessione
e fornire dritte. Si rivolge alle persone che
si occupano del paesaggio in senso lato,
che lo amano, curano, proteggono, utilizzano o lo mettono in scena. Agli specialisti
e agli ambienti interessati si offre come
piattaforma interdisciplinare su cui discutere di aspetti che, di fronte alla frenesia
dell’organizzazione di un evento, passano
facilmente in secondo piano.
Informazioni più dettagliate sul convegno
sono disponibili dalla primavera 2004
al seguente indirizzo:
Ufficio federale della cultura,
Sezione patrimonio culturale
e monumenti storici, Segreteria,
telefono 031 322 86 25.
Il giardino del
Palais Rechberg
a Zurigo
Guido Hager
architetto paesaggista FSAP
Il giardino in stile barocco allestito
attorno al 1760 a scopi privati è
stato ridisegnato verso la metà dell’Ottocento. La demolizione degli
impianti della Schanze ha permesso
di ampliarlo di due appezzamenti.
Diversi proprietari si sono succeduti,
fino a quando il giardino non venne
acquistato dall’Università di Zurigo nel
1899. A poco a poco, è stato possibile
mettere a disposizione del pubblico
parti sempre più ampie del giardino.
Verso il 1937/38 la struttura è stata
di nuovo rimodernata, il paesaggio
artificiale è stato rimosso ed è stata
forgiata una nuova forma geometrica.
Parti del giardino continuavano però a
essere a disposizione dell’Università.
Solo con il trasferimento all’Irchel è
stato possibile aprire le porte dell’intero complesso agli studenti e alla
popolazione. Dal 1988 è in corso il
restauro di alcune parti dell’impianto. Numerosi ricorsi della società
svizzera per il giardinaggio (Schweizerische Gesellschaft für Gartenkultur)
impediscono dal 2000 il restauro della
parte superiore. Si tratta soprattutto
di questioni riguardanti la forma da
scegliere, piuttosto che di controversie
su come sfruttare il giardino.
La genesi
Fino al 1759 davanti alla porta del Neumarkt si trovava l’osteria «Zur Kronen» appartenente al più ricco cittadino di Zurigo,
il fabbricante di mussola Hans Kaspar Oeri.
Sua figlia, Anna Werdmüller-Oeri, fece costruire tra il 1759 e il 1770 il palazzo «Zur
Kronen», probabilmente dagli architetti
David Morf e Konrad Bluntschli d. Ä. Alcune incisioni come quella di J.J. Hofmann
del 1772 e in particolare la pianta Müller,
del 1790 circa, ci mostrano il giardino più
sfarzoso del tempo.
Dal 1839 al 1866 la proprietà passa alla
famiglia Schulthess von Rechberg, dalla
1 Il disegno a penna di J.J. Hofmann, datato 1772, mostra l’aranciera dietro al palazzo, i muri
di sostegno con i vasi, le terrazze con le piante alte, il padiglione e la recinzione.
quale prese il nome che ha mantenuto
fino ad oggi. Nel 1844 Gustav Adolf von
Schulthess acquista due appezzamenti
nella zona della Schanze e vi fa costruire
una terrazza verdeggiante da cui si gode
un magnifico panorama. Inoltre il giardino
barocco ottiene una nota anglicizzante.
Sentieri meandrici, aiuole lussureggianti,
alberi e arbusti messi a dimora con sapienza pittoresca ed una bellissima grotta
nascondono le mura restate barocche.
Un inventario compilato nel 1866 per il
nuovo proprietario, l’ex cancelliere di Stato
Vogel, annovera le numerose aiuole piantate poco prima, che hanno contribuito ad
ampliare le terrazze superiori.
Dal 1899 il Rechberg appartiene all’Università di Zurigo. Nel periodo dal 1936
al 1938 viene eseguita la terza grande
ristrutturazione, consistente in una ricostruzione semplificata, da parte della ditta
zurighese dei fratelli Mertens.
Nel 1958 la costruzione dell’edificio destinato allo studio della fisica rende necessaria la
demolizione della terrazza panoramica. La
parte superiore del giardino viene modellata
in modo da non richiedere grandi cure. Al
contempo la parte più grande del giardino
viene aperta al pubblico. Alcune aree continuano ad essere a disposizione dell’istituto di botanica e delle serre universitarie. Il
terreno viene distrutto negli anni Ottanta,
prima a causa dell’installazione di una
conduttura e poi per una rappresentazione
teatrale. È merito delle serre universitarie se
l’impianto, nonostante tutto, appare ancora
al visitatore come un giardino.
L’impianto attuale denota ancora la struttura di base del giardino barocco del Settecento con il cortile, il terreno circondato
da mura, le terrazze laterali e le terrazze
superiori. Tuttavia, solo alcune parti delle
mura, il portale estremamente prezioso ed
alcune grate vantano ancora un nucleo
barocco. L’Ottocento è presente nel terrazzamento, nell’aranciera ampliata, nella
serra di Gull del 1889 e con l’imponente
quercia. Della ristrutturazione dei fratelli
Mertens rimangono ancora alcuni cordoni.
La parte più estesa del giardino, tuttavia,
risale a dopo il 1960 e dovrebbe essere
sostituita in modo adeguato con l’eliminazione dei vivai e delle serre dell’istituto
di botanica.
La cura del parco
Come spesso succede per i giardini storici,
una perizia aveva dapprima chiesto una
ricostruzione del giardino di Rechberg.
Tuttavia, il committente la rifiutò per ragioni legate alla protezione del patrimonio
culturale e alle finanze. Si rinunciò dunque
a rinnovare il terrazzamento e a costruire
un padiglione. L’alternativa presa in considerazione prevedeva la conservazione dell’impianto e un riallestimento più leggero.
Nel corso di scavi archeologici sono stati
trovati frammenti e una vecchia tubatura
in arenaria coperta da mattoni e argilla
che permettono conclusioni sulla tecnica
edile e confermano i vecchi piani. Tuttavia, il terreno è stato danneggiato troppe
volte e gli scavi non hanno dato risultati
concludenti. Anche il valore ecologico del
giardino di Rechberg è stato analizzato.
La protezione della natura e la tutela dei
15
rifiuta, basandosi sul perimetro ampliato
nel 1844. Inoltre vengono criticati anche la
progettazione di messa a dimora, il nuovo
pulpito e le panchine.
2 Progetto messo a punto nel 1790 circa
4 All’interno di quanto è rimasto del com-
dall’ingegnere Johannes Müller. Del complesso resta oggi solo la ripartizione sommaria.
3 Il moderno linguaggio delle forme lascia
trasparire la passione dell’epoca per i giardini.
plesso, il progetto mostra la nuova recinzione,
le terrazze superiori con i coni di tasso,
l’albero che ha preso il posto del padiglione
e le aiuole piantate nel 1997.
monumenti vengono spesso utilizzate
l’una contro l’altra. In questo caso, come
in altri, si è visto che ambedue le parti
possono ricevere soddisfazione, a patto
di avere conoscenze precise e di mettersi
d’accordo. Ad esempio, il restauro delle
vecchie mura prevede l’abbattimento di
piante, ma non di felci e arbusti. Non tutte le parti del muro vengono riparate allo
stesso momento, proprio per permettere
che piccoli animali possano ancora rifugiarsi nelle crepe.
la parte inferiore del giardino, rimasta
senza cure dal 1980, quando le serre
universitarie sono state trasferite. Il muro
di sostegno è stato coperto da spalliere
di alberi da frutta e bordure di bosso,
mentre nel terreno, secondo la formulazione «Parterre de Compartiment d’un
goût très Nouveau» del famoso Dezaillier
d’Argenville, un teorico del giardinaggio
del Settecento, fioriscono nuove aiuole
con siepi di bosso, prati e, a seconda delle stagioni e degli anni, un pot-pourri di
fiori primaverili ed estivi dai colori intonati
tra loro, scelti tra un minimo di 8 ed un
massimo di 14 tipi.
Le nuove forme
Il progetto proposto è il risultato della
critica degli ambienti specializzati, ma
per ora è realizzato solo in parte. L’idea
barocca viene interpretata in un linguaggio moderno sulla topografia già esistente:
sentieri ghiaiosi, spalliere, recinti e siepi,
piante in vaso, coni di tasso e siepi di
bosso ricordano da vicino il giardino
barocco. D’altra parte la posizione delle
aiuole nel terreno, le file di bossi destinate a proteggere dal vento sulla seconda
terrazza, la pittura dei vasi delle querce o
le panche di legno parlano chiaramente la
lingua del nostro tempo. Le nuove forme
si ricollegano nell’insieme e nel dettaglio
a quelle barocche.
Negli ultimi anni, grazie a misure di conservazione, è stato possibile restaurare
Il progetto
Il progetto di costruzione prevede la riconversione della parte alta del giardino,
terrazzata. Una delle esigenze maggiori
è la chiusura notturna dell’impianto. Nel
1958 è stata eliminata la recinzione, ma
alcuni vandali hanno distrutto a più riprese gli alberi e le colture. Oltre alla perdita
finanziaria, occorre far fronte alla perdita
del valore ideale che una pianta acquisisce
dopo anni di cure intense. Il Barocco vide
l’apice dell’arte del taglio delle piante secondo un’antichissima tradizione: oggi,
questa tecnica viene di nuovo applicata.
Il giardino barocco aveva una recinzione,
richiesta anche dalla ricorrente nella perizia sulla ricostruzione. Oggi invece la
16
Il lavoro di tutela prevede la protezione
dell’antica struttura ancora esistente.
Dare una nuova forma a vecchie impostazioni del giardino è un lavoro creativo.
Il pubblico ha la possibilità di un confronto
culturale con l’opera d’arte in una forma
inconsueta, intesa a stimolare le riflessioni sul passar del tempo, delle mode
e dei gusti. I giardini sono mutevoli, per
natura. L’ultima annotazione del nobile
Pückler nel suo diario: «Kunst ist das
Höchste und Edelste im Leben, denn es
ist Schaffen zum Nutzen der Menschheit.
Nach Kräften habe ich dies mein Leben
hindurch im Reiche der Natur geübt.»
(Nella vita, nulla è più elevato e nobile
dell’arte, perché è creazione al servizio
dell’umanità. Ho cercato con tutte le mie
forze di raggiungere questo scopo nel
regno della natura.)
Anche l’anno prossimo le stagioni muteranno l’aspetto del giardino di Rechberg.
Al mare primaverile di tulipani bianchi e
rosa farà seguito il blu dei colori estivi. Nei
prati tra le terrazze fioriranno la veronica
e l’edera. L’unità tra natura e cultura ha
luogo nonostante il ricorso. Il giardino di
Rechberg si rinnova autonomamente e
continuamente, raccontando i suoi 250
anni di storia.
Committente
Ufficio dei lavori pubblici del Cantone di
Zurigo, Baubereich 2, 8090 Zurigo
Progettazione ed esecuzione
Dal 1986; muri e spalliere dal 1993, colture
a terra dal 1997
Autore del progetto
Hager Landschaftsarchitektur AG, Zurigo
Fioritura alternata
Nicole Newmark, architetto paesaggista,
Oetwil/See
Aspetto ecologico
Stefan Ineichen, biologo, Zurigo
Scavi archeologici
Christa Ebnöther, ufficio archeologico del
Cantone di Zurigo
Collaboratori
Guido Hager, Patrick Altermatt,
Raphael Gloor, Stephan Herde,
Rita Newnam Roesti
Giornale UFC 10 / 2003
Il risanamento globale
dell’Alpe Puzzetta
Katrin Portmann
incaricata dell’Aiuto svizzero
ai montanari
Come proteggere il patrimonio culturale e contemporaneamente utilizzarlo in modo redditizio e sensato?
La questione dà adito a discussioni
controverse anche riguardo all’alpicoltura. Anche l’Aiuto svizzero ai
montanari si trova ad affrontare il
problema. Il risanamento dell’Alpe caprina Puzzetta situata nell’Oberland
grigionese è un esempio di come si
possa applicare una strategia di sfruttamento basata sull’attuale richiesta
di mercato in un edificio d’alpeggio
moderno.
Sopra Fuorns in Val Medel, a 1850 metri di
altitudine, si trova l’Alpe Puzzetta con una
vista magnifica sul Passo del Lucomagno.
L’Alpe appartiene al Comune di Medel e
viene gestita da generazioni da contadini
della Val Medel e dell’alta Surselva; 12
agricoltori fanno parte della corporazione alpestre. Quest’anno l’Alpe Puzzetta
è stata gestita da tre giovani donne su
mandato della corporazione. Il loro compito consisteva nel sorvegliare le circa 300
capre durante la stagione alpestre, ossia
da giugno fino all’inizio di settembre, di
mungerle e di fare il formaggio. Nell’estate
del 2003 sono stati prodotti 2000 chili di
formaggio. Le malgare erano anche responsabili di controllare che le capre non
andassero a pascolare nel vicino bosco e
non causassero danni al paesaggio. Anche
quest’anno l’estivazione del bestiame si
è conclusa con la tradizionale festa detta
«Chästeilet» che ha luogo in settembre.
Subito dopo si sono avviati i lavori di demolizione della vecchia capanna alpina per
poter avanzare il più rapidamente possibile
con i lavori della nuova costruzione prima
delle prime nevicate.
Senza un risanamento dell’edificio aziendale l’esistenza stessa dell’Alpe Puzzetta
sarebbe stata compromessa. L’edificio in
pietra concia, costruito presumibilmente
1 L’Alpe Puzzetta ubicata sopra Fuorns.
nei primi anni del Novecento e risanato nel
1949, fungeva da alloggio, caseificio e casera. La parte abitativa era stata costruita
in modo semplice e a titolo provvisorio, la
qualità della costruzione era insufficiente
e il caseificio troppo piccolo. Le prescrizioni igieniche richieste non potevano più
essere rispettate. La tettoia provvisoria per
la mungitura era situata su un pendio a
qualche metro dalla capanna. Per impedire
la chiusura dell’Alpe Puzzetta era quindi
necessario provvedere tempestivamente
a un risanamento globale. Unitamente
ai contadini della Val Medel, alla sezione
cantonale della tutela dei monumenti
storici e alla protezione del paesaggio
grigionese è stata elaborata una strategia di risanamento che non ingloba solo
l’edificio, ma anche una nuova strategia
aziendale. In futuro non verranno più prodotti solo formaggio o ricotta di capra, ma
anche altri prodotti caprini freschi, quali lo
17
Giornale UFC 10 / 2003
2 L’attuale edificio d’alpeggio.
3 Un futuro per le capre.
4 Facciata meridionale del nuovo edificio.
5 Facciata occidentale
jogurt, i latticini e il latte fresco, in quantità
maggiori e distribuiti in tutta la Svizzera
orientale. I capi di bestiame aumenteranno; già oggi sette contadini della regione
di Disentis hanno espresso il desiderio di
lasciare estivare le loro capre sull’Alpe Puzzetta. Il nuovo edificio alpestre di questo
secolo deve essere riconoscibile in quanto
tale e soddisfare esigenze moderne sotto
ogni aspetto.
Stando al presidente della protezione del
paesaggio grigionese Jürg Ragettli, il progetto per il risanamento dell’Alpe Puzzetta
sarebbe un progetto esemplare ai sensi
di un’ampia protezione del paesaggio,
assumendo grande importanza per la
regione sotto vari aspetti e garantendo
la continuazione della vita e dell’attività
su questo alpe e contribuendo quindi
essenzialmente alla conservazione e alla
cura del paesaggio culturale in una situazione regionale delicata. Jürg Ragettli e
gli architetti Gujan e Pally di Curaglia, che
hanno progettato il nuovo edificio e che
dirigeranno i lavori di costruzione, si sono
impegnati a fondo in questo progetto. La
nuova capanna alpina, il cui tetto graduato a forma di scala segue la configurazione
del terreno, verrà costruita al posto del
vecchio edificio pericolante. Secondo
Marlene Gujan questo modo di procedere
richiede più tempo, perché si potrà iniziare
con i lavori solo quando la capanna alpina
sarà completamente demolita. Essa ritiene
comunque che la sommità del pendio situata tra la morena e la regione paludosa è
l’unica posizione adeguata. La costruzione
in legno avrà un rivestimento protettivo di
lamiera ondulata in alluminio. Il legname
occorrente proviene dal Comune di Medel
e viene lavorato nella segheria di Curaglia.
Si è fatto in modo che la maggior parte
dei lavori da eseguire fossero assegnati ad
artigiani della regione.
La scomparsa dell’Alpe Puzzetta avrebbe
comportato, come già successo in altri luoghi, conseguenze fatali per il paesaggio
culturale. Il degrado dei pascoli abbandonati è repentino, con la conseguenza che
aumenta il pericolo di valanghe, in quanto
le masse di neve scivolano a valle più rapidamente sull’erba alta. Il risanamento
18
può essere realizzato grazie al sostegno
finanziario e morale di diverse istituzioni,
tra cui l’Aiuto svizzero ai montanari. Il
progetto d’importanza nazionale figura
nell’Inventario federale dei paesaggi,
siti e monumenti naturali (IFP n. 1913;
Greina/Piz Medel) ed è impostato come
progetto pilota, considerato che in futuro
gli edifici d’alpeggio da risanare saranno
all’ordine del giorno.
L’Aiuto svizzero ai montanari si propone
di migliorare le condizioni di vita nelle
regioni di montagna della Svizzera e di
contrastare l’esodo da queste zone, fatale
per tutto il Paese. L’organizzazione non
è sovvenzionata dai poteri pubblici, ma
alimentata esclusivamente da donatrici e
donatori. Opera limitando al massimo le
sue spese di gestione e garantendo che i
fondi siano utilizzati essenzialmente per gli
scopi cui sono destinati. Nella sua attività
concilia la volontà dei donatori con il bene
dei contadini di montagna.
6 Piano terra
Per ulteriori informazioni:
www.berghilfe.ch
[email protected]
7 Sezione longitudinale
Un tempo dimenticati – ben presto
deturpati? Il destino degli edifici
e degli insediamenti d’alpeggio
Uno sguardo retrospettivo al convegno
del 13 e 14 novembre 2002 a Elm (GL)
Il convegno organizzato dalle commissioni federali CFMS e CFNP, dagli uffici
federali UFC, UFAFP e USTE nonché dal
Cantone di Glarona ha voluto richiamare
l’attenzione sulla problematica, irrisolta,
della legislazione, dell’applicazione e
degli effettivi interventi architettonici a
edifici utilizzati solo saltuariamente o
abbandonati. L’incontro ha offerto l’opportunità di discutere principi, aspetti e
sviluppi problematici ma anche approcci
per migliorare la situazione sulla base di
esempi concreti.
La legislazione odierna è poco idonea a
risolvere i problemi. La densità normativa
è eccessiva, le prescrizioni sono in parte
controproducenti e mancano standard
di qualità. Non esiste poi nemmeno
un controllo della qualità per i progetti
di ristrutturazione, per esempio sotto
forma di consulenze o di liste di criteri.
Entrambe le misure andrebbero sviluppate
regione per regione. In merito all’obbligo di esercizio è stata sviluppata l’idea
che gli alpeggi non dovrebbero essere
venduti, ma piuttosto ceduti in diritto di
superficie, il che assicurerebbe anche un
piccolo canone.
Dall’ottica della costruzione e della conservazione si è constatato che la tutela
prevista dalla legge non deve e non può
servire ad aggirare la normativa vigente
mediante la costruzione di edifici. Qui
s’impone la definizione dei valori che
meritano di essere protetti e un controllo
efficace. Nella stessa direzione va la rivendicazione di non mimetizzare gli interventi
architettonici, ma di renderli visibili.
Il convegno ha reso evidente che possedere un rustico in montagna, come seconda
casa, è un obiettivo tuttora ambito. Si tratterà dunque di reagire a questa pressione
in un modo compatibile per la regione
alpina nel complesso. Schweizer Heimatschutz si è dichiarato disposto a registrare
le riflessioni scaturite dal convegno e ad
approfondirle insieme alle commissioni e
agli uffici rappresentati a Elm.
Bernhard Furrer
presidente della Commissione federale
dei monumenti storici CFMS
Occorre sensibilizzare poi la popolazione
locale, in particolare i giovani, nei confronti dei valori paesaggistici e architettonici
che sono in gioco.
19
Giornale UFC 10 / 2003
Aiuto svizzero ai montanari
Giornale UFC 10 / 2003
La conservazione delle
rovine del «Castello di Gessler»
a Küssnacht am Rigi
Gabriela Güntert e Lukas Högl
dipl. arch. ETH/sia
Fortificazione del castello
d’importanza storica
Fino alla metà del Trecento, il Castello fu
considerato come residenza originaria delle stirpi cavalleresche di Küssnacht, tuttavia la sua storia architettonica non è chiara
a tutt’oggi. I ritrovamenti effettuati finora
hanno mostrato che all’epoca di Hartmann
von Küssnacht regnava un grande benessere. Un incendio devastante, difficile da
datare con precisione, distrusse il Castello,
che alla fine del Trecento venne ricostruito
ed ampliato. Più tardi divenne la sede principale della famiglia von Silenen. Quando
Kaspar von Silenen morì nel 1517, divenne
proprietà del Cantone di Svitto. Dai primi
del Cinquecento fu lasciato in balia del
decadimento naturale. Le rovine del «Castello di Gessler», così denominato nella
tradizione popolare, ottennero questo
nome simbolico già nel Cinquecento,
quando vennero inglobate nella leggenda
della liberazione della Svizzera primitiva.
Nell’Ottocento questa leggenda riscontrò
di nuovo successo grazie alla storia mitizzata del Guglielmo Tell di Friedrich Schiller.
A quel tempo i resti del Castello venivano
considerati una cava di pietra o una rovina
romantica trasfigurata.
Salvato dalla distruzione
Nel 1908 la Confederazione acquistò il
sito storico per salvarlo dal degrado e per
conservarlo per i posteri. A quel tempo
dal bosco della collina su cui si ergeva il
Castello emergevano solo in due punti
resti di muri. Nell’interesse della ricerca
scientifica i ruderi del Castello furono
riportati alla luce a tappe tra il 1909 e il
1917 sotto la sovrintendenza di Robert
Durrer (1867–1934) e sotto la direzione
locale del notaio Friedrich Donauer. Gli
scavi permisero di portare alla luce sia le
ampie rovine attualmente visibili, sia ritrovamenti di importanza europea, risalenti
soprattutto al Trecento.
Tra il 1900 e il 1939 le rovine furono riportate alla luce in numerose tappe, in parte
ricostruite, conservate e documentate. Da
allora e in particolare nel 1955 e nel 1967
vennero effettuati lavori di conservazione
e riparazioni di maggiore entità. Dopo il
crollo, nel 1966, della facciata del corpo
principale rivolta verso sud, che richiese
lavori notevoli nell’anno successivo, nel
1989 crollò anche la parte nord. Nello
stesso anno si ricostruì il muro esterno
e la parte sovrastante della piattaforma.
In vista delle festività per i 700 anni della
Confederazione nel 1990 si realizzarono i
lavori più urgenti di conservazione e volti
a garantire la sicurezza. Questa lunga e
movimentata storia del Castello ha lasciato sui muri numerosi punti critici, in
parte nascosti e inaccessibili, sotto forma
di giunti nella struttura, tracce d’incendi e
delle condizioni atmosferiche. Inoltre, nel
corso dei secoli sono stati utilizzati diversi
tipi di malta, che hanno interagito in modo
problematico.
A prescindere dal fatto che storici e
archeologi pensano di essere riusciti a
rimuovere il mito di Gessler con scritti
pungenti e argomentazioni convincenti,
ogni giorno classi scolastiche svizzere e
numerosi turisti, per la maggior parte
tedeschi, visitano il «Castello di Gessler».
Di fatto appartiene al patrimonio materiale
della coscienza nazionale svizzera. Secondo alcuni archeologi e storici, seppur per
1 Schizzo di Robert Durrer, 1916.
20
Prendendo spunto dagli aspetti finanziari,
durante il convegno della CFMS si sono
trattati i problemi specifici della conservazione dei ruderi. L’incontro ha voluto fare
da piattaforma per lo scambio di opinioni
e di esperienze tra gli inizianti di progetti
di restauro, specialisti dell’ambiente e
rappresentanti dei poteri pubblici.
Il primo giorno, la visita al rudere della
fortezza di Asuel e una serie di relazioni
hanno permesso di entrare nel merito dei
problemi e di cercare possibili soluzioni. Il
secondo giorno, durante l’escursione alle
rovine di Milandre, Montvoie, Löwenburg
e Vorbourg, che denotano uno stato di
conservazione o restauro di varia entità,
si è avuto sufficientemente modo di approfondire la discussione.
2 Scavi archeologici verso il 1909.
3 Veduta aerea del Castello di Gessler,
non datata.
altre ragioni ma comunque a giusto titolo,
la ricchezza del cavaliere di Küssnacht, che
rese possibile la costruzione del Castello,
proveniva dalla stessa vena d’oro che fu
alla base della ricerca di indipendenza dei
Quattro Cantoni, ossia la via commerciale
che conduceva alle gole del Gottardo.
tiranti per l’ancoraggio, «piombature»
e sostituendo con malta nuova quella
utilizzata durante i precedenti restauri,
rivelatasi troppo dura. I rivestimenti dei
muri non più impermeabili sono stati
sostituiti mantenendo la stessa forma, in
parte con un nuovo strato di muratura e
in parte con calcestruzzo (venendo meno
al principio della reversibilità). Le superfici
dei muri sono state consolidate solo nei
punti danneggiati o critici. Come per la
sicurezza, quattordici anni fa i danni sono
stati schedati e descritti e i lavori documentati in modo dettagliato. La misurazione
avvenuta nella primavera del 2003, la
prima esauriente dalla «riscoperta» della
rovina nel 1900, ha costituito la base di
questi restauri.
I lavori di conservazione del 2003
Questi presupposti hanno determinato la
pianificazione e l’esecuzione della conservazione più recente del Castello di Gessler.
La sua forma legata all’ascesa a monumento nazionale, risultato degli scavi e
del restauro effettuati fino al 1936 circa,
doveva essere mantenuta. Si doveva però
migliorarne lo stato generale e renderlo
sicuro per lungo tempo.
Oltre a numerose riparazioni e all’accurata iniezione di malta alle commessure
murarie danneggiate si sono dovuti risolvere tre problemi principali. La stabilità di
mura alte, in grado di compromettere la
sicurezza dei visitatori, è stata aumentata
mediante un ancoraggio della zona basamentale e resa controllabile mediante
un’introduzione mirata di nuove fughe. Il
cedimento del rivestimento, debolezza caratteristica della muratura in pietra, è stato
contrastato a seconda dei casi utilizzando
Prioritaria tra l’altro la questione dei promotori ideali per il finanziamento di misure
conservative e la ricerca di fondi. Si sono
valutati poi i problemi fondamentali legati
al risanamento di fortezze, focalizzando
in particolare tre priorità da trattare in un
prossimo futuro:
– realizzare un inventario nazionale dei
ruderi della Svizzera grazie al quale
definirne l’importanza interregionale;
– rafforzare la ricerca fondamentale ed
essere disposti a finanziarla;
– creare una rete capillare che consenta
agli inizianti di nuovi progetti di allacciare contatti ad ampio raggio e di
scambiare esperienze.
Nina Mekacher
segretaria della Commissione federale
dei monumenti storici CFMS
I reperti archeologici sono stati documentati durante l’esame dei precedenti restauri
fino a giungere alla configurazione medievale. Tuttavia la storia dell’edificazione
del Castello di Gessler, insufficientemente
indagata durante gli scavi a causa di una
metodica archeologica carente, rimane
tuttora non chiarita.
Per impedire danni più ingenti nel tempo,
durante i recenti lavori di restauro è stato
presentato per la prima volta un piano di
21
Giornale UFC 10 / 2003
Il finanziamento di misure
conservative da applicare ai ruderi
Convegno del 29 e 30 agosto 2003
a Asuel (JU)
BAK Journal 10 / 2003
4–8 Impressioni dei lavori al Castello di Gessler.
manutenzione. In futuro i danni potranno
essere individuati tempestivamente grazie
a una cura regolare e accurata e a controlli precisi. Grazie alla cura adeguata e
regolare gli interventi di conservazione di
maggiori dimensioni potranno essere, se
non impediti perlomeno ritardati.
Il risanamento dal punto di vista
ecologico
Bruno Käufeler
geologo dipl. ETH
L’imponente «Castello di Gessler» è situato in un paesaggio tipico delle Prealpi con
dolci colline e singoli alberi isolati. Bosco
e pascoli sono saldamente concatenati. I
nomi locali quali «Chestenenbäumen»,
«Grüenhalden» e «Rossweid» sono testimonianze scritte dell’ambiente verde in cui
si situa il «biotopo roccioso del Castello
di Gessler». Di per sé la fortificazione del
Castello rappresenta una rarità. Costruito
con pietre di fiume antiche di provenienza, storia e colore diversi, il Castello è una
scoperta non solo per gli amanti della
geologia. Quale «roccia artificiale» costituisce uno spazio vitale per tipiche piante
che crescono sui muri e per specie animali
particolari.
Salamandra, allocco e felcetta
I muratori avevano appena iniziato con i
lavori di installazione, quando hanno scoperto una salamandra pezzata nei pressi
del Castello. Il vicino bosco ricco di specie
di faggi e di lingua cervina, il ruscello del
villaggio e le caverne presenti nelle rovine
del castello le offrono uno spazio vitale
ideale. Oltre all’allocco, che ha utilizzato
le aperture nei muri per deporre le uova,
sono stati scorti anche tassi, ricci, diverse
specie di cince, lucertole e innumerevoli
insetti, ragni e specie di lumache. Le
diverse esposizioni delle mura rendono
22
possibile la crescita di più di quaranta
specie di piante dentro e fuori i ruderi
del castello. Sui muri e nei luoghi poveri
di vegetazione si trovano tipiche felcette,
l’epatica, la ruta di muro, la piccola linaria,
l’epilobio, la cicuta rossa, la celidonia e la
lattuga selvatica.
Salvaguardare i valori ecologici
La scoperta del «biotopo roccioso del Castello di Gessler» è attribuibile alla Confederazione, che ne è proprietaria e che nel
quadro del risanamento ha tenuto a valorizzare e visualizzare gli aspetti ecologici. Il
pozzo a carrucola è uno degli elementi più
importanti, visto che in esso si può rilevare
la storia dell’evoluzione delle piante dal
basso verso l’alto. Tuttavia nelle rovine
del Castello non tutte le piante crescono
nell’ubicazione ideale. Quelle lignificanti
quali l’edera e gli alberi devono essere
rimosse dai muri per ragioni di stabilità.
Anche dal punto di vista ecologico un
Autorità:
Ufficio federale delle costruzioni e della
logistica: D. Menegotto, responsabile della
realizzazione; R. Zimmermann, direttore
del progetto; Ufficio federale della cultura:
J. Mürner, I. Zemp, Sezione patrimonio
culturale e monumenti storici; Comune
distrettuale Küssnacht am Rigi: W. Lüönd,
notaio e amministratore del Castello;
Cantone di Svitto: K. Michel M. Bamert,
P. Inderbizin, Ufficio dei beni culturali
Esecuzione:
P. Högl, ingegnere diplomato, Gümligen;
Saredi AG und Tschoco, Küssnacht (imprenditore edile); H. Obrist, IGA Archäologie
Konservierung, Zurigo (archeologia); ditta
Impuls, Thun (ecologia); M. Hellmüller,
Unterägeri (disegni archeologici); HSK
Ingenieur AG, Küssnacht (misurazioni);
M. Korner, Küssnacht (geologia); Ch. Merz,
TFB, Wildegg (questioni riguardanti il
materiale); D. Wietlisbach, Berna (fotografia)
e altre ditte.
9 Piano di rilevamento pietra per pietra.
risanamento costituisce un intervento.
Per molte situazioni specifiche si possono
comunque creare le circostanze idonee
per consentire che il Castello si sviluppi
anche come habitat. In ogni caso, per i
prossimi anni è assicurata la consulenza
degli specialisti dei muri.
Esperti della Confederazione:
H.R. Sennhauser, Zurzach (archeologia);
Ch. Bläuer Böhm, Centro di esperti Zurigo,
F. von Gunten, Thun (questioni riguardanti
la malta); B. Käufeler, Thun (ecologia dei
muri); J. Müller, Lucerna (sicurezza statica)
Colophon
Pubblicato da:
Ufficio federale della cultura
Hallwylstrasse 15, CH-3003 Berna
Tel. 031 322 92 66, Fax 031 322 92 73
www.kultur-schweiz.admin.ch
Contributi:
Thomas Brunner, Bernhard Furrer, Gabriela
Güntert, Guido Hager, Annette Herkommer,
Lukas Högl, Bruno Käufeler, Nina Mekacher,
Johann Mürner, Katrin Portmann,
Maria Rosaria Regolati Duppenthaler,
Madeleine Viviani-Schärer, Sabine Schlüter,
Pierre Starobinski, Willi Treichler, Ivo Zemp
Redazione finale:
Nicolas Couchepin (f), Verena Latscha (t),
Monica Nolli(t/i), Ivo Zemp (t)
Traduzioni:
Jean-Paul Clerc, Nicolas Couchepin,
Altea Iudica, Verena Latscha,
Monica Nolli, Antonella Vassena
Amministrazione:
Daniela Lüscher
Veste grafica:
Atelier Bundi, Niederwangen
Copertina:
Doris Flubacher, Basilea
Credito fotografico
Association Regards du monde, Pully; Atelier
Gujan + Pally und Hansueli Trachsel, Curaglia;
Gallus Auf der Maur, Basel; Bauarchiv, Zürich;
Deutsche Botschaft, Bern; EAD, Bern;
Doris Flubacher, Basel; Guido Hager, Zürich;
Mattia Hellmüller, Unterägeri; Bruno Käufeler,
Thun; Maria Rosaria Regolati Duppenthaler,
Mosogno; Sabine Schlüter, Bern; Swisstopo
Bern; Ivo Zemp, Sarnen; Grafische Sammlung
Zentralbibliothek, Zürich;
Stampa: Stämpfli SA, Berna
Un castello con potenziale turistico
Il monumento vive! Il «Castello di Gessler» ha un irradiamento nazionale. Con
il risanamento esemplare che ha tenuto
conto degli aspetti ecologici e petrografici, al Castello vengono attribuiti, oltre
all’importanza per la storia culturale, altri
valori mediabili. Per la sua storia, la sua
varietà di habitat, oltre che per i diversi
elementi architettonici che lo compongono rappresenta un notevole esempio per
gli educatori ed è luogo di scoperte per
studenti e adulti. Con documentazioni,
visite guidate, pannelli informativi, postazioni interattive, feste, «serate medievali»,
© 2003 Ufficio federale della cultura
Il Giornale UFC, pubblicato quattro volte
all’anno in tedesco, francese e italiano, si
occupa dei differenti aspetti della promozione
culturale. Può essere richiesto al seguente
indirizzo: UFC, Comunicazione, 3003 Berna
[email protected]
ISSN 1660-3184
23
Giornale UFC 10 / 2003
eventi, in combinazione con prodotti tipici
della regione, si potrebbe contribuire a far
sì che il Castello diventi un valore aggiunto duraturo per la Svizzera centrale.
Giornale UFC 10 / 2003
Intervista
Weizsäcker ha abitato per un certo periodo in questo edificio ed ha frequentato il
liceo del quartiere.
L’ambasciatore della Repubblica Federale Tedesca, il signor Frank Elbe,
risiede dal 1° luglio 2003 nell’edificio
dell’Ambasciata di Germania, Brunnadernrain 31, a Berna, ideato nel
1912 dall’architetto bernese Albert
Gerster. È stato intervistato dalla
storica dell’arte e dell’architettura,
Sabine Schlüter.
Signor Ambasciatore, da poco più di
un mese abita in questa residenza
decisamente rappresentativa del
1912. Le piace ed ha avuto modo di
ambientarsi?
In effetti la residenza è estremamente rappresentativa. È tra gli edifici di spicco che
l’Auswärtige Amt ha in dotazione in tutto
il mondo. L’edificio non solo è rappresentativo, ma ha anche un carattere molto
personale e un notevole charme. Si presta
a scopi rappresentativi, ma è anche molto
accogliente come abitazione. Non posso
certo affermarlo per tutte le residenze in
cui ho abitato finora.
Un edificio storico come questo racconta la propria storia. Il Suo stile personale ne è sicuramente influenzato,
ma come?
La storia di questa ambasciata descrive
la valenza dei rapporti tra la Svizzera
e la Germania molto più chiaramente
di quanto riteniamo. Racconta di come
sono stretti i rapporti tra la Svizzera e la
Germania e di come sono sempre stati
ritenuti importanti. Molti di coloro che mi
hanno preceduto hanno svolto un ruolo
significativo. Anche l’ex presidente von
Ha avuto tempo di fare una passeggiata nel quartiere?
Sì, certo, e trovo la zona molto notevole,
sotto tutti i punti di vista, in particolare per
la natura che la circonda, ai limiti dell’Elfenau. Il giardino è lambito dall’Aare nel quale faccio il bagno tutti i giorni. Gli elementi
naturali rendono il luogo affascinante, ma il
quartiere offre anche gioielli architettonici,
tra cui, modestia a parte, anche la nostra
residenza. In particolare mi ha colpito la
residenza del Nunzio Apostolico in Thunplatz, che ho visitato recentemente.
La residenza soddisfa le esigenze rappresentative del Suo Paese? Come si
«vende» la Germania nella città federale di Berna?
È ancora presto per dirlo. Tuttavia, nei dieci
anni in cui sono stato ambasciatore in vari
Paesi ho sfruttato la residenza come uno
strumento del mio lavoro nel Paese che
mi ospitava. La residenza aiuta a creare
un’atmosfera particolare e a conquistare
la fiducia delle persone. Cercherò di essere un ambasciatore fedele al principio
dell’apertura. Per raggiungere questo
scopo prevedo di aprire al pubblico questo edificio.
Come reagiscono i Suoi ospiti di fronte al passato architettonico di questo
edificio?
Al momento ho spesso ospiti privati. Molti
sono buoni amici, anche tedeschi, che si
fermano qui per un po’. Tutti sono affascinati soprattutto dalla leggerezza degli interni, che la facciata non lascia trasparire.
Si pensa invece ad una certa pesantezza
ed oscurità, come succede effettivamente
in alcune case del quartiere a causa del
rivestimento in legno. Ma l’architetto svizzero che ha restaurato due anni fa l’edificio con grande sensibilità, ha trovato sotto
gli strati di vernice degli ultimi novant’anni
queste sfumature di verde e bianco ed ha
ripristinato l’antica tonalità.
24
Il centro storico di Berna riflette ancora le strutture di circa 800 anni fa,
all’epoca della sua fondazione. Che
ruolo ha, secondo Lei, la conservazione di strutture storiche e di singoli
edifici per la città odierna?
La conservazione di antiche strutture è
un elemento importante per garantire
l’identità di una nazione, di una città. Qui
in Svizzera constato in modo particolare
quali effetti può avere nel tempo la continuità architettonica. Sono cresciuto vicino
al bacino della Ruhr, quasi completamente
distrutto durante la Seconda guerra mondiale. Forse una delle ragioni per cui in
Svizzera mi sono sentito sempre a mio
agio è la continuità. La Svizzera offre ai
cittadini una compiutezza che influenza
anche la coscienza di sé e l’orgoglio degli
Svizzeri. Quando uno Svizzero si sente
orgoglioso del proprio Paese, è anche
l’elemento architettonico che gliene ricorda la ragione.