BAK Nr.10 Layout i V - Bundesamt für Kultur
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BAK Nr.10 Layout i V - Bundesamt für Kultur
GIORNALE 10/2003 BUNDESAMT FÜR KULTUR OFFICE FÉDÉRAL DE LA CULTURE UFFICIO FEDERALE DELLA CULTURA UFFIZI FEDERAL DA CULTURA Giornale UFC 10 / 2003 10 Monumenti con prospettive Sommario 2 Editoriale Testimonianze storiche con vista: il monumento dell’Unione postale universale e il monumento dell’ Unione telegrafica internazionale 4 Un commento al monumento in Helvetiaplatz 5 Il restauro di un gioiello barocco quale impulso economico in un villaggio di montagna – La cappellania San Carlo a Hospental 9 Interamente rivestito di pietra – L’Oratorio del Sassello a Loco 12 Paysages en poésie: Tre giardini di poesia e di fotografia Un progetto patrocinato dall’UNESCO 14 Il giardino del Palais Rechberg a Zurigo 17 Il risanamento globale dell’Alpe Puzzetta 20 La conservazione delle rovine del «Castello di Gessler» a Küssnacht am Rigi 24 Intervista 1 Giornale UFC 10 / 2003 Editoriale «Il monumento vive» era il titolo programmatico del Giornale UFC dello scorso anno dedicato al patrimonio culturale e naturale. Con il presente numero ci riallacciamo ai temi trattati allora e ci chiediamo se e come i monumenti vengono utilizzati durevolmente in Svizzera. I progetti presentati, a prescindere dalla loro storia e dal loro contesto specifico, hanno carattere esemplare. Così ad esempio i monumenti dell’Unione postale universale e dell’Unione telegrafica internazionale ci ricordano che la Svizzera ha una tradizione ultrasecolare come sede di organizzazioni internazionali, mentre i giardini di poesia e fotografia, previsti nelle Alpi vodesi, risvegliano e stimolano la consapevolezza per il paesaggio. E la conservazione del Castello di Gessler è da considerare un progetto promettente. La loro realizzazione richiede risorse e investimenti, oggi forniti da Confederazione, Cantoni, Comuni e istituzioni private. C’è da chiedersi se sarà possibile realizzarli nella stessa misura anche in futuro. Il Consiglio federale ha infatti previsto un consistente programma di risparmio, che dovrebbe incidere soprattutto verso il 2007. Anche l’UFC deve procedere a tagli, in particolare per quanto riguarda gli aiuti finanziari nell’ambito del patrimonio culturale e dei monumenti storici. È incerto se i Cantoni e i Comuni rafforzeranno la loro partecipazione finanziaria per garantire la conservazione futura degli oggetti meritevoli di protezione. Attualmente si lavora assiduamente alla nuova perequazione finanziaria e alla ripartizione dei compiti tra Confederazione e Cantoni. Nell’ambito della tutela dei monumenti storici, e del patrimonio culturale, il Consiglio federale intende scostarsi dalla soluzione adottata finora. La Confederazione, prima o poi, si limiterà a sostenere gli oggetti d’importanza nazionale oppure assisteremo a una totale cantonalizzazione in termini sia finanziari che specialistici? Testimonianze storiche con vista: il monumento dell’Unione postale universale e il monumento dell’ Unione telegrafica internazionale Annette Herkommer storica dell’arte I due monumenti internazionali, ubicati ambedue a Berna, sono stati restaurati nel corso dell’anno dall’Ufficio federale delle costruzioni e della logistica. Stanno a ricordare la più che centenaria tradizione della Svizzera come sede di organizzazioni internazionali. Il monumento dell’Unione postale universale del francese René de St.-Marceaux (1849–1915) e il monumento dell’Unione telegrafica internazionale dell’italiano Giuseppe Romagnoli (1872–1966) vennero donati alla Confederazione nel 1909 dall’Unione postale universale e nel 1922 dall’Unione telegrafica internazionale. I monumenti sono il risultato di concorsi internazionali banditi e svolti nel 1903 e nel 1911 su incarico del Consiglio federale. Il monumento dell’Unione postale universale nel parco della Kleine Schanze e il monumento dell’Unione telegrafica internazionale situato al centro dell’Helvetiaplatz a Berna1 sono al contempo architetture commemorative ordinarie e monumenti eccezionali. La loro ubicazione e le figure allegoriche ne fanno sculture nazionali di tipo classico: nonostante l’epoca moderna ormai alle porte giudicasse obsoleta l’«allegoria», quest’ultima ispirava l’alto grado di identificazione adeguato a un monumento nazionale. Lo stesso può dirsi per il linguaggio delle forme artistiche. Spesso i monumenti danno adito a critiche da parte del pubblico, come succede ancora oggi a opere artistiche in spazi pubblici. Ma gli esempi di questo genere plasmano al contempo la storia delle controversie sociali e delle opinioni sull’arte dell’epoca in cui nascono, come è successo a questi due monumenti internazionali. Tuttavia, ciò che è straordinario è lo scopo commemorativo e le iniziative cui hanno dato vita i monumenti. Johann Mürner, capo della Sezione patrimonio culturale e monumenti storici, UFC 2 Iniziativa internazionale per il monumento Mentre nel caso di monumenti sorti secondo la prassi classica l’iniziativa viene presa spesso da personalità o commissioni cittadine o da un artista, i due monumenti di Berna sono da attribuire a un gruppo sostenitore eterogeneo, ossia alla comunità internazionale di Stati. In occasione di una commemorazione a Berna, nel 1900 la Conferenza internazionale della posta decise di dedicare un monumento all’Unione postale universale, fondata in questa città. Invece, per l’Unione telegrafica internazionale, fondata a Parigi ma con sede amministrativa a Berna, la decisione di erigere un monumento fu presa a Lisbona nel 1908, durante la conferenza telegrafica internazionale, per commemorare il cinquantesimo anniversario dell’associazione nel 1915. Argomentando che a Berna si stava erigendo il monumento dell’Unione postale universale, la delegazione francese aveva scartato la proposta di collocare la scultura nella città che le aveva dato vita: Parigi. Nella veste di organo di vigilanza della sede internazionale a Berna, il Consiglio federale venne incaricato di bandire il concorso. Per il collegio governativo la costruzione del monumento dell’Unione telegrafica internazionale (1908–1922) rappresentò un esercizio di equilibrismo, come attestano gli accesi dibattiti tra la Città di Berna, il Consiglio federale e l’artista. In un’epoca caratterizzata dal gioco delle grandi potenze, il piccolo Stato federale svizzero era alla ricerca del consenso e di un’identità nazionale, mentre quale sede di organizzazioni internazionali perseguiva scopi e svolgeva mansioni di politica estera. Il problema dell’ubicazione Prima d’indire il concorso, il Consiglio federale chiese al consiglio comunale bernese di proporre alcune piazze che si prestassero come ubicazione dei monumenti. Per il monumento dell’Unione postale universale ci si accordò sulla Kleine Il monumento dell’Unione telegrafica internazionale venne assegnato all’Helvetiaplatz. L’unica obiezione del consiglio comunale riguardava la facciata del Museo di storia, che avrebbe armonizzato meglio con un monumento collegato alla storia nazionale. Tuttavia, il monumento a memoria della telegrafia internazionale sorse in Helvetiaplatz, di fronte al ponte che unisce il quartiere di Kirchenfeld al centro città. L’opposizione del pubblico bernese durò fino al 1922, anno in cui venne scoperto il monumento, in ritardo a causa della guerra. Unione di popoli Per il monumento dell’Unione postale universale René de St.-Marceaux scelse un globo circondato da allegorie di continenti in volo. Corrispondono ad un’immagine dei diversi popoli sulla Terra, come veniva suggerita dalle grandi esposizioni mondiali. Al polo opposto era rappresentata l’allegoria di Berna con lo stemma ai piedi del basamento, un’aggiunta ideata solo durante la fase di esecuzione del monumento. La scultura, che segue lo «stile francese», diede adito a critiche da parte dei fautori dell’arte tedesca. Nel monumento dell’Unione telegrafica internazionale, invece, Giuseppe Romagnoli non interpreta l’unione dei popoli in un’ottica culturale, bensì sociale. I gruppi che ha ideato a lato dell’imponente figura centrale, un’allegoria dell’unione telegrafica, «che unisce le anime dei popoli», rappresentano sentimenti umani e situazioni quotidiane, indipendentemente dall’età, dal sesso o dalla nazionalità. I gruppi rappresentano tematicamente la scienza del passato e del futuro, la famiglia, la difesa della giustizia, il lavoro fisico e intellettuale, il dolore, la fecondità e la pietà. Ispirandosi a «I borghesi di Calais» di Auguste Rodin, l’artista ha dato vita a temi tratti dal realismo modellandoli sulle forme ondulate dello Jugendstil. La gestualità espressiva delle figure senza attributi suggeriva una propensione al moderno, benché il progetto, con il suo pesante piedistallo, seguisse canoni tradizionali. Il progetto di Romagnoli suscitò polemiche: vennero avanzate controproposte sull’ubicazione e gli ambienti artistici locali, fautori dello stile elvetico nazionale, criticarono le se- vere ed ampie proporzioni geometriche. Collocato sull’asse principale del ponte di Kirchenfeld, al centro della piazza di fronte al Museo di storia, il monumento sembrava parlare un’altra lingua. Stato dei monumenti e misure di restauro Gli anni e le stagioni hanno lasciato tracce su ambedue le sculture. Il monumento dell’Unione postale universale presentava segni di corrosione. Nonostante fosse ancora relativamente ben saldo, le viti e i dadi dei punti di congiunzione hanno dovuto essere sostituiti con materiale più resistente alla corrosione. L’elemento portante è stato liberato in parte dalla ruggine e coperto con una patina anticorrosiva. Il monumento dell’Unione telegrafica internazionale ha richiesto invece un parziale restauro per alcune sue parti sotto sollecitazione e per la formazione di fenditure nel piedistallo di granito e nel bronzo. Il piedistallo di granito ha dovuto essere rinsaldato con malta e in parte rinnovato. Alcune parti scoperte tra le cinque arcuate forme in bronzo divenute instabili sono state saldate e ricoperte. Il restauro ha tenuto conto delle differenti leghe utilizzando materiale adeguato con un metallo di apporto per giunti saldati. Originariamente, a causa della penuria di materiale, erano state utilizzate campane ed altro metallo usato, mentre i fori erano stati colmati con lamiera di rame e malta. Grazie al restauro restano conservati sia il monumento dell’Unione postale universale, quale simbolo dell’Unione postale, sia il monumento dell’Unione telegrafica internazionale, principale opera dell’artista italiano Giuseppe Romagnoli, quale espressione artistica dello Jugendstil italiano in Svizzera. Oltre all’attrazione turistica, rivive un simbolo polivalente e versatile: per i turisti il monumento dell’Unione telegrafica internazionale, per la popolazione bernese «dr Helvetiabrunne» e per i bambini «dr Chlätterlibrunne». 1 La storia, per molti versi appassionante, del monumento di Helvetiaplatz, è al centro della tesi di laurea dell’autrice dell’articolo. Il monumento dell’Unione telegrafica internazionale in Helvetiaplatz; gruppo di statue in bronzo durante i restauri, 2003. 3 Giornale UFC 10 / 2003 Schanze. La proposta di erigerlo in Piazza federale venne scartata argomentando che non si prestava ad ospitare un monumento che non avesse un significato nazionale ed elvetico. Giornale UFC 10 / 2003 Un commento al monumento in Helvetiaplatz Willi Treichler aggiunto scientifico, Biblioteca nazionale svizzera, Berna Il riuscito restauro della fontana di Helvetiaplatz, che ormai mostrava chiaramente i segni del tempo, ha offerto l’occasione di soffermarsi nuovamente sui numerosi rumori levatisi durante i dieci e più anni della fase di pianificazione e attuazione del progetto. Il monumento è la testimonianza di una svolta culturale e politica: il fin de siècle ha influenzato lo spirito dell’epoca in cui prese avvio il bando, lo Jugendstil l’arte e il composto nazionalismo la politica svizzera. La prima guerra mondiale fu inevitabile e inaspettata, le reazioni politiche e culturali fatali. Il destino della fontana si prospettava dunque doppiamente infelice: come opera d’arte venne portata a termine in un’epoca completamente diversa da quella in cui era stata ideata e, tragico filo conduttore, fu sempre criticata, se non odiata, tanto dagli amanti dell’arte quanto dalla popolazione. La cronologia degli avvenimenti mostra come, se non altro, abbia assunto un ruolo particolare nel quotidiano bernese. La continua discussione in tutti gli strati della popolazione mostra, in retrospettiva, numerosi fenomeni: la questione dell’ubicazione del monumento importato, o concesso, ha probabilmente turbato gli animi più del piano urbanistico di quartiere, ieri come oggi esemplare, della Berne Land Company del 1881, del ponte di Kirchenfeld decantato come meraviglia o della discussione sul «Castello bernese delle fiabe» come equivalente del Museo nazionale aggiudicato a Zurigo. Termini che oggi rientrano nel vocabolario comune, come pianificazione urbanistica e territoriale, approdarono alle varie tavole rotonde. Gli appelli alla resistenza contro il deturpamento della piazza deciso dalle autorità e l’ostruzione della visuale sullo sfondo del ponte ornato da torri, cioè sul museo, sfociarono infine nel 1921 in un’enorme manifestazione. Oltre a un capitolo sulla storia della pianificazione ter- ritoriale bernese, alla fontana in Helvetiaplatz spetta dunque anche una posizione di rilievo in una «storia delle manifestazioni» della città ancora da scrivere. Invece, chi sfoglia le pratiche sul «monumento dell’Unione telegrafica internazionale» conservate all’Archivio federale constata che questo oggetto tanto criticato rappresenta anche un capitolo della storia della politica internazionale svizzera. Per anni il Consiglio federale seguì una politica in bilico tra il ruolo internazionale di Berna e la volontà popolare, confrontato in continuazione con il detto «a caval donato non si guarda in bocca». Di fronte alla delicata situazione internazionale della Svizzera prima, durante e dopo la prima guerra mondiale, la politica estera, che ancora doveva sviluppare gli elementi che l’avrebbero caratterizzata più tardi, soprattutto nei confronti della Francia, Paese donatore, dovette confrontarsi con la funesta alleanza tra esperti e popolazione. Per finire il Consiglio federale riportò una vittoria di Pirro, le cui conseguenze diedero alla piazza un monumento ed un nome, ma non necessariamente un arricchimento. In ogni caso, si trattava di qualcosa di estraneo allo spirito bernese, come assicurò una testimone dell’inaugurazione del 16 dicembre 1922, morta da alcuni anni. Anche oggi molti forse condividono questa opinione, altri apprezzano il monumento di Romagnoli e la storia su come ne venne decisa l’ubicazione, vedendovi un’opera statuaria e una testimonianza di un momento incerto non solo sul piano politico e sociale, ma anche un confronto complesso su questioni di principio della pianificazione urbanistica. Senza dimenticare che anche il vivace spirito di quartiere del Kirchenfeld è stato messo a dura prova. Il monumento della fontana, che il restauro ha liberato dal suo alone trasandato, non è dunque solo un elemento per lo studio dell’arte, bensì anche un testimone della storia bernese. Soprattutto i turisti ne apprezzano l’ubicazione sullo sfondo del 4 «Castello delle fiabe» il cui effetto risulta intensificato. Senza dimenticare i bambini e i passanti che utilizzano la maestosa scultura come una parete da scalare o una piacevole occasione per rinfrescare i piedi stanchi. La discussione riaccesasi nel 1990 sul trasferimento in un luogo più discreto non deve distogliere l’attenzione da un altro problema, quello di una nuova veste da dare alla piazza, quale testa di ponte meridionale di Kirchenfeld. La statua monumentale infatti impedisce, nonostante tutto, che la piazza si presenti come un desolato deserto di asfalto. L’autore deve la «oral history», indispensabile in casi simili per completare la documentazione storica, ad un’abitante che, dopo aver vissuto ininterrottamente per 77 anni nel quartiere, si è spenta nel 1998. 1 Monumento dell’Unione telegrafica internazionale in Helvetiaplatz, Berna, 2003. 2 Il monumento dell’Unione postale universale nel parco della Schanze, Berna, 2003. Thomas Brunner storico dell’arte, inventariatore dei monumenti storici del Cantone di Uri Con la conclusione del restauro della cappella e dell’ospizio San Carlo a Hospental ha inizio il progetto San Carlo che persegue l’ambizioso obiettivo di produrre un impulso economico e sociale in tutta la valle di Ursern a partire proprio dal villaggio di montagna situato ai piedi del Gottardo. Un motivo sufficiente per occuparsi dell’edificio storico e delle nuove prospettive ad esso collegate. La cappella di San Carlo Borromeo Sul luogo in cui il Cardinale Carlo Borromeo, in occasione del suo viaggio in Svizzera nel 1570, raggiunse il fondovalle di Ursern dopo essere sceso dalle pendici del Gottardo, fu costruita nel 1650 circa una cappella consacrata nel 1658. Essa è situata in una posizione favorevole con la sua facciata principale rivolta verso il villaggio ai margini dell’agglomerato occidentale di Hospental sulla strada del villaggio al bivio del passo del Gottardo e del Furka. Nel 1717 il villaggio urano donò la cappella al cittadino di Hospental Bartholomäus Schmid affidandogli il compito di ricostruire la chiesa ormai in rovina. Bartholomäus Schmid (1660–1738) discendeva da una famiglia walser proveniente dal Prismell, l’attuale Val Sesia sul versante italiano delle Alpi, stabilitasi a Ursern nel Quattrocento. Come molti valsesiani conosciuti, la famiglia Schmid si distinse nell’arte dei costruttori edili e degli scalpellini. Gli Schmid costruirono numerosi edifici a Ursern e fu quasi certamente un certo Johannes Schmid ad iniziare nel Cinquecento con l’estrazione della pietra ollare e con la produzione di stufe a Hospental. Solo nel 1693 con Bartholomäus Schmid il nome di famiglia cominciò a figurare nei registri di Ursern. Come i suoi antenati Bartholomäus si distinse come costruttore edile. Nel 1694 costruì il coro della chiesa di Andermatt e due anni dopo ne rialzò la navata. Dal 1705 al 1711 guidò la costruzione della nuova cappella del villaggio, attuale chiesa parrocchiale di Hospental. Verso il 1700 era il costruttore edile più autorevole di Ursern. In valle realizzò innumerevoli edifici sacri e profani. Tuttavia conseguì il suo patrimonio piuttosto come commerciante che come costruttore. La nuova cappella di San Carlo venne costruita nel 1718. Essa comprendeva un edificio rivolto verso ovest con l’abside rientrante e la sacrestia con piccole torri posta nella parte del coro rivolta a sud. Nell’interno della chiesa ricco di stucchi era collocato un altare, forse proveniente dalla bottega dei Ritz a Selkingen, i cui dipinti ora decorano le parti superiori dell’altare maggiore della chiesa parrocchiale. Tre anni dopo Schmid fece costruire la propria abitazione trasversalmente in annesso alla sagrestia della cappella. Sopra la cantina sono costruiti due piani abitabili con sala («Stube»), annesso e cucine collegate da un corridoio centrale. L’elemento più ricco è tuttavia la cosiddetta «sala» del primo piano. Questo locale, di dimensioni piuttosto modeste nonostante la sua definizione barocca, è ancor più no- 1–3 Gioiello barocco nella valle di Ursern: cappella e ospizio San Carlo a restauri ultimati, 2003. 5 Giornale UFC 10 / 2003 Il restauro di un gioiello barocco quale impulso economico in un villaggio di montagna – La cappellania San Carlo a Hospental Giornale UFC 10 / 2003 4 L’influsso di Padre Albert Kuhn: la cappella barocca del 1718 nella veste neobarocca del 1907; vista sull’altare maggiore. bile e piuttosto insolito grazie alla delicata tonalità di rosso. I dipinti a regola d’arte sul soffitto basso risaltano appena nelle loro superbe cornici di stucco. Sono però effettivamente concepiti per questo locale basso in modo tale che la prospettiva è rivolta agli osservatori seduti. Intorno al medaglione centrale con l’incoronazione di Maria si trova il nome del patrono della famiglia del costruttore. Il nome dell’artista non è stato tramandato. L’allestimento omogeneo della facciata della cappella e dell’abitazione con pilastri e archi ciechi è una caratteristica delle costruzioni di Schmid. Questa peculiarità urana evidenzia in modo particolare l’insieme dell’edificio rendendolo un gioiello architettonico barocco. Da abitazione a ospizio Nel 1727 Bartholomäus Schmid fondò una cappellania. Oltre a quella del cappellano del villaggio e del prete che diceva la prima messa era ormai la terza in un villaggio di 200 anime qual era Hospental. Al nuovo cappellano fu accordato il diritto d’ospita- lità nell’abitazione suddivisa allo scopo tra la famiglia Schmid e il cappellano. Dopo la morte di Schmid nel 1738 l’abitazione divenne parte del patrimonio prebendato. Con la morte del nipote di Bartholomäus Schmid, ultimo discendente diretto maschio, nel 1766 la confraternita assunse il diritto a una carica ecclesiastica e l’amministrazione della prebenda. La Confraternita dell’immacolata concezione fu fondata nel 1718 proprio da Bartholomäus Schmid. Nell’Ottocento vennero apportate leggere modifiche agli edifici a cui seguì nel 1907 un risanamento sostanziale voluto dal cappellano di San Carlo Lagler e dall’architetto di Andermatt Georges Meyer. Il tetto dell’ospizio e della cappella coperto di scandole venne sostituito da un tetto lucido a colori vivaci ricoperto di tegole giallo-verde invetriate. L’interno della cappella fu modificato su consiglio dello storico dell’arte di Einsiedeln Padre Albert Kuhn (1839-1929). La dotazione in parte ancora di stile barocco fu sostituita con un altare neobarocco della bottega Müller di Wil SG, mentre le vetrate furono fornite da Carl Holenstein di Rorschach. 6 5 Volta principale della cappella. 6 Rimessa a nudo esemplare dell’affresco barocco della volta della cappella. La ditta Zotz & Griessl di Zugo intervenne sugli stucchi, che il pittore ornamentale Renner di Altdorf dipinse successivamente di bianco e d’oro e gli affreschi del soffitto furono ritoccati dal pittore di Erstfeld Josef Heimgartner. Restauro e impulsi a San Carlo A distanza di un secolo si è imposto un restauro della cappellania ormai abbandonata. Grazie al generoso sovvenzionamento della Confederazione e del Cantone di Uri, all’impegno della Fondazione Albert Koechlin AKS di Lucerna, della Fondazione Patenschaft für Berggemeinden di Zurigo, dell’Elektrizitätswerk Ursern, della fondazione Pro Hospental, della Corporazione urana e di donatori privati, la Confraternita, tuttora proprietaria degli edifici, ha potuto procedere a un restauro. Nello stesso contesto si è discusso della futura utilizzazione sostenibile del complesso storico. Giornale UFC 10 / 2003 8 Cappella privata nel sottotetto. 9 Veduta di una camera restaurata. 7 Scala a restauro ultimato. Per l’ospizio il progetto di restauro prevedeva la trasformazione dell’appartamento al primo piano in locali adibiti a uffici, mentre il secondo piano unitamente al sottotetto abitabile doveva essere trasformato in un grande appartamento con salone barocco e installazioni moderne. La «sala» è a disposizione di entrambe le parti, ma anche della Confraternita, e adibita a sala delle sedute e locale per le festività. All’esterno è stato ristabilito l’aspetto barocco, come documentato da reperti sulla congiunzione architettonica della cappella con la casa e da vedute storiche, sotto forma di gradazioni di colori tra superfici bianche ed elementi strutturali grigi. Sulla base di questa strategia di restauro si è dovuto sacrificare il tetto ricoperto di tegole colorate invetriate del 1907. La discussione sulla conservazione del tetto di tegole tra il committente della costruzione e l’autorità cantonale della tutela dei monumenti storici si è conclusa quando gli esperti a cui ci si è rivolti, il professor Bernhard Furrer e l’architetto Eduard Neuenschwander, hanno deciso andando contro il parere dell’autorità cantonale della tutela dei mo- numenti storici e degli esperti federali. Di conseguenza nel Cantone di Uri esistono oggi solo due edifici con il tetto ricoperto di tegole invetriate: il museo di storia di Altdorf e la scuola di Gurtnellen-Wiler. All’interno della cappella si è mantenuto lo stato dell’ultimo restauro risalente al 1907. Quale riferimento agli affreschi barocchi ritoccati del soffitto è stata rimessa a nudo su uno degli archi di volta una finestra con la raffigurazione di due putti. Una ricostruzione delle condizioni barocche non è stata, giustamente, presa in considerazione. Già per quanto riguarda gli stucchi è stato problematico differenziare l’originale barocco dal restauro neobarocco e per quanto riguarda la dotazione in particolare dell’altare non sarebbe stato possibile giungere a una soluzione sostenibile. È tanto più encomiabile che a Hospental si sia potuta conservare una testimonianza rappresentativa di quell’epoca, la cui strategia di restauro è stata influenzata in modo determinante da Padre Albert Kuhn. Un gioiello barocco quale investimento nel futuro La futura utilizzazione sostenibile degli edifici storici è stata, fin dall’inizio, al centro dei dibattiti. Oltre al restauro della cappella e all’inserimento di un appartamento ai piani superiori dell’ospizio, con l’allestimento di locali adibiti ad uffici, il progetto San Carlo dovrebbe dare un impulso economico. Un primo passo consiste nella trasformazione della confraternita ecclesiastica nella società di 10 Sala («Stube») riccamente arredata con stufa di ceramica e credenza 7 Giornale UFC 10 / 2003 11 Insolito sfarzo di colori: la sala al primo piano dell’ospizio dalle tonalità rosse e grigie. pubblica utilità San Carlo / Confraternita di Ursern, che vuole estendere le sue attività alla vita sociale ed economica di Hospental e dell’intera regione. Attualmente si sta vagliando la possibilità di creare posti di telelavoro a Ursern. L’Istituto di economia agraria del Politecnico sta elaborando inoltre un’analisi di economia regionale della valle di Ursern, che indaga i problemi strutturali della valle. Questa iniziativa economica nata in seguito al restauro di un monumento storico è encomiabile e potrebbe essere fondamentale per la valle di Ursern. Le prospettive future, pregiudicate dall’incisiva diminuzione di posti di lavoro alla piazza d’armi di Andermatt, dovrebbero riacquistare vigore anche grazie a progetti come quello di San Carlo. Tanto più che quella di Ursern è da sempre una delle valli alpine tra le più centrali e facilmente accessibili sia per strada sia per ferrovia. 12–14 Ricchi dipinti per una piccola sala: cornici di stucchi e affreschi sul soffitto (Incoronazione di Maria; Santa Caterina). Committenti della costruzione: Società San Carlo / Confraternita di Ursern, Hospental Architetto: Gallus Auf der Maur, Basilea, (progettazione, direzione del progetto, strategia di utilizzazione) Restauratori: Balz Auf der Maur, restauratore FH, Zurigo (piano di restauro); Mario Christen, restauratore SCR, Lucerna; Martin Hüppi, restauratore SCR, Littau; Marcel Renggli, restauratore SCR, Hergiswil Sezione cantonale urana della tutela dei monumenti storici: Eduard Müller, Seelisberg Esperti della Confederazione: Georg Carlen, Lucerna e Christine Bläuer Böhm, Centro di esperti per i monumenti storici, Zurigo Per ulteriori informazioni si rimanda al sito www.st-karl.ch 8 Ivo Zemp arch. dipl. ETH/sia, Ufficio federale della cultura Loco, politicamente annesso al comune di Isorno, è un pittoresco paese della Valle Onsernone. Un sentiero coperto di lastre di pietra parte dalla chiesa parrocchiale di San Remigio, inserita nel contesto architettonico della piazza, e conduce al passo della Garina. Dopo circa cinquecento passi, come si può leggere nel resoconto della visita pastorale del 1761, attraverso una piccola cappella aperta dalla parte della valle ed un pregevole ponte, il sentiero percorso durante le processioni conduce il visitatore all’Oratorio1 del Sassello. L’edificio di stile barocco si erge solitario nel paesaggio ai piedi di un insediamento alpino. Costruito su un terrazzamento roccioso e circondato da boschi, l’oratorio si presenta isolato e misterioso. La relazione con il genius loci e la modestia dell’edificio trovano riscontro nell’uso parsimonioso di materiali da costruzione del luogo: pietra, legno e malta di calce. tradizionale da una costruzione di legno di castagno con lastre di pietra irregolari. Il campaniletto in blocchi di cemento è stato aggiunto nel Novecento. Si entra nell’oratorio da un portale in sasso che reca incisa la data del 1689. La volta tinteggiata di azzurro munita di lunette segue l’asse longitudinale fino a coprire l’altare, diffondendo una sensazione di semplicità. Le pareti su sfondo giallognolo sono intonacate e ornate di un alto cornicione collegato a doppio angolo retto a varie paraste. Attraverso le quattro finestre poste in alto e la serliana la luce penetra nel sobrio ambiente interno dove l’altare4 originario spicca come elemento centrale, affiancato da due porte che conducono alla sagrestia Giornale UFC 10 / 2003 Interamente rivestito di pietra – L’Oratorio del Sassello a Loco sul retro. La tela principale raffigura la Madonna di Re: fu dipinta nel 1945 dal pittore Pietro Franzoni. Sulla parete sinistra del coro è collocato un grande dipinto a olio che raffigura in stile barocco l’Incoronazione della Madonna assistita dai Santi Giovanni Battista, Giacomo Maggiore e Remigio, dipinto probabilmente nel 1840 dal pittore locale Carlo Agostino Meletta (1800–1875). I santi rappresentati sono correlati alla chiesa parrocchiale di Loco e al suo patrono, San Remigio. Oltre ad alcuni elementi d’arredo ligneo intagliati e alle panche della chiesa, completano la decorazione quattro ulteriori dipinti ad olio di misure più ridotte con rappresentazioni di scene mariane probabilmente del XVII secolo. Sopra il soffitto a volta si trova uno spazio con aerazione naturale. L’Oratorio, tradizionalmente rivolto ad est, era originariamente dedicato a Maria ad Sanguinem. Oggi vi si venera la Madonna di Ré. Secondo le fonti2, è stato costruito a tappe. La navata in due campate e l’altare ad andamento obliquo, con la sagrestia sul retro, sono stati costruiti uno dopo l’altro, probabilmente tra il 1683 ed il 1703, mentre nel 1739 venne costruito il portico aperto sulla parte occidentale. Nell’Ottocento sembra aver avuto luogo un ulteriore restauro con il quale è stato riverniciato soprattutto il rivestimento interno. La muratura esterna dell’edificio è quasi esclusivamente in pietra. Solo la facciata principale, ideata come prospetto, e l’interno del portico sono intonacati. Una «serliana»3 apportata nel 1702/03 come elemento decorativo completa la struttura della navata. Il tetto è coperto nel modo 1 L’Oratorio del Sassello sul sentiero che conduce al Passo della Garina. 9 2 Veduta del pilastro angolare nel portico aperto. 3 Dipinto raffigurante l’Incoronazione di Maria. 4 Veduta degli interni tinteggiati con l’altare barocco. Contributi dal fondo Boner Durante una passeggiata al Passo della Garina, il sovrintendente ai monumenti di Winterthur Daniel Schneller, si accorse dello stato di deterioramento dell’Oratorio del Sassello e constatò che l’edificio barocco aveva urgente bisogno di essere restaurato. Per questa ragione lo raccomandò alla Commissione federale dei monumenti storici affinché ricevesse contributi dal fondo G.E. Boner. Poiché era necessario agire al più presto e la comunità cattolica di Loco (parrocchia di San Remigio di Loco) non era assolutamente in grado di finanziare da sola il restauro, dopo approfonditi accertamenti venne deciso di contribuire al risanamento dell’edificio con 150 000 franchi. stine Bläuer Böhm (malta e intonaco) e Ivo Zemp quale rappresentante dell’UFC. 1 Stando a un piano di restauro e a un preventivo dell’architetto locale, Maria Rosaria Regolati Duppenthaler, il costo complessivo dell’opera ammonta a più di 230 000 franchi. I lavori necessari per la prima fase riguardano il tetto di lastre di pietra, le misure contro l’umidità che penetra nelle pareti, il consolidamento statico ed il risanamento dell’intonaco esterno. Il Servizio archeologico del Cantone Ticino ha svolto un esame preliminare della costruzione. Assistono il progetto gli esperti federali François Guex (archeologia), Chri- Particolarmente interessanti sono i lavori di risanamento del tetto dell’Oratorio del Sassello che dureranno probabilmente fino all’autunno inoltrato del 2003. Al contempo si prevede di restaurare e completare l’intonaco e le decorazioni della parte superiore della facciata e di rinnovarne il colore. Se le condizioni climatiche lo permetteranno, ancor prima della pausa invernale potrebbe essere sostituito l’intonaco nella parte inferiore della facciata, dopo aver smontato l’impalcatura. Il nuovo anno inizierà con le misure contro l’umidità: si prevede di scavare un profondo canale nella roccia dietro l’Oratorio per deviarvi l’acqua che penetra ora nelle pareti, portandola a valle. Interventi minori, come il risanamento delle finestre, completeranno i lavori di restauro esterni. Le misure architettoniche all’interno dell’Oratorio potranno tuttavia essere avviate solo quando saranno stati trovati altri generosi donatori. 10 2 3 4 Un oratorio in genere è un edificio destinato alla preghiera. Nei primi tempi dell’era cristiana si presentava anche come una piccola chiesa e dalla fine del XII secolo come una cappella per funzioni private. Fonti: Libro di conti dell’oratorio del Sassello 1687–1743 e 1752 segg. e altri documenti. La serliana è un’apertura tripartita il cui elemento centrale a volta sovrasta ambedue le aperture rettangolari. Il termine risale all’architetto rinascimentale italiano Sebastiano Serlio (1475–1554) nei cui libri di architettura figura per la prima volta questo elemento. La mensa e la predella vennero eseguite nel 1754 da Antonio Buzzi di Viggiù in marmo d’Arzo. L’altare policromo in stile barocco porta sul paliotto un cartoccio con un emblema di Maria. Maria Rosaria Regolati Duppenthaler arch. dipl. ETH/sia I tetti di pietra fanno parte del paesaggio tradizionale delle regioni settentrionali ticinesi. Purtroppo, gli elevati costi di materiale e manodopera hanno portato negli ultimi decenni alla lenta scomparsa di questo tipo di copertura. Ormai i tetti di pietra vengono montati quasi solo su edifici storici (sotto tutela). Fino a circa 50 anni fa, quando i mezzi di trasporto erano ancora cari e la manodopera a basso costo, i materiali per le costruzioni erano estratti il più vicino possibile al cantiere. I tetti in lastre di pietra, che seguivano lo stesso principio, rispecchiavano la qualità e le caratteristiche della roccia locale. Se le condizioni erano favorevoli, era possibile produrre lastre grandi e regolari; nella maggior parte dei casi, tuttavia, ci si doveva accontentare di dimensioni minori e spessori irregolari, come anche nel caso dell’Oratorio del Sassello. Le lastre di pietra per i tetti, le cosiddette «piode», sono oggi prodotte solo nelle zone in cui la roccia permette una lavorazione facile e a basso costo, come ad esempio in Valle Maggia o in Valle Calanca. La lavorazione dalla cava al tetto finito richiede molto lavoro. I grandi blocchi di pietra, estratti e tagliati con le macchine, vengono divisi a mano, oggi come allora, in piastre con 5 o 6 cm di spessore. Colpo dopo colpo, l’artigiano, chiamato «spiodino», inserisce punte di metallo nel blocco di pietra, fino a quando le singole piastre si staccano. Il copritetto inizia il proprio lavoro con la «sbarbatura», cioè lo spigolo anteriore e visibile della piastra viene tagliato obliquamente a mano con l’aiuto di un martello, quindi si posano le piode sui listelli. La maniera tradizionale, che utilizzava legno tondo o semitondo, è oggi sostituita nella maggior parte dei casi da correntini quadrati. I «cavicchi», i pioli di legno che all’epoca trattenevano i listelli, sono ormai ricordi del passato. Oggi la stabilità è garantita da chiodi di metallo. Indipendentemente dal grado di inclinazione del tetto, le piode devono essere posate con una pendenza di circa 10 gradi. Se i tetti sono più piatti sono necessarie lastre più grandi, fino a circa 70 o 80 centimetri, mentre per tetti più inclinati si possono utilizzare piastre di dimensioni normali, cioè di 45 o 50 centimetri. Le piastre più larghe devono essere scelte anche per la grondaia e il colmo. In genere non si trovano tetti con un’inclinazione inferiore a 30 gradi. La maggior parte presenta un’inclinazione di circa 40 gradi perché le lastre più piccole, che si potevano estrarre sul luogo, non permettevano di costruire tetti meno inclinati. Il Fondo G.E. Boner Nel 1997 la signora Giorgina Eugenia Boner (1903–1998) di Coira lasciò in eredità per testamento un legato di 500 000 franchi. La somma messa a disposizione dell’UFC era destinata alla conservazione di siti ecclesiastici edificati prima del 1800. Come previsto nelle disposizioni testamentarie, la Commissione federale dei monumenti storici si assunse il compito di svolgere la procedura di selezione, chiedendo nel 2002 un sostegno finanziario per i seguenti beni culturali: la cappella del castello di Bettwiesen (TG), la cappella dei «Siebenschläfer» a Eschenbach (LU), la chiesa St-Joseph du Monastère de Montorge (ciclo di rappresentazioni) a Friburgo, l’Oratorio del Sassello a Loco, la cappella del cimitero di Chalières a Moutier (BE), l’ex chiesa collegiata di San Martino (con un tesoro di paramenti) di Rheinfelden (AG). Dell’esecuzione delle misure e dell’assistenza al Fondo G.E. Boner è responsabile Ivo Zemp dell’UFC. L’Oratorio del Sassello di Loco è uno di quei beni, il cui restauro è finanziato con i mezzi messi a disposizione dal Fondo Boner. 5–6 Lavori al tetto in lastre di pietra. 7 Struttura del tetto in legno di castagno. 11 Giornale UFC 10 / 2003 Il restauro del tetto in lastre di pietra Giornale UFC 10 / 2003 Paysages en poésie: Tre giardini di poesia e di fotografia Un progetto patrocinato dall’UNESCO Pierre Starobinski curatore della mostra Da giugno a ottobre 2004 tre giardini di fotografia e di poesia sorgeranno nelle alpi vodesi invitando il pubblico a incontrare le parole che designano lo spazio, le immagini che lo rappresentano e l’arte paesaggistica che lo trasforma. Le tre forme di espressione costituiscono il fondamento della coscienza paesaggistica come viene definita dai teorici Alain Roger e Augustin Berque. Questi interventi effimeri ricorderanno che il paesaggio è un elemento in costante evoluzione, che si trasforma e che noi percepiamo solo in uno dei momenti della sua mutazione. Ogni giardino presenterà una trentina d’immagini e di testi brevi ottenuti dai fotografi e dagli scrittori invitati a partecipare e che forniranno quindi la materia prima da mettere in scena. Questo modo di procedere s’ispira alle mostre presentate tra il 1993 e il 1996 a Leysin dall’associazione Regards du monde ideate insieme al poeta e scrittore ginevrino Nicolas Bouvier. L’intenzione è di rinnovare il genere, continuare l’esperienza della «galleria» a cielo aperto, alimentare il dialogo tra immagini e paesaggi riallacciandosi all’esperienza fatta a Ginevra da Peter Greenaway nell’ambito dell’esposizione Stairs. Come per Stairs, Paysages en poésie nasce dalla visione che gli artisti hanno di un luogo circoscritto. La scrittura non fa che rivelare un orizzonte supplementare. Paysages en poésie invita il pubblico a percepire meglio il paesaggio e a porsi domande sulle sue metamorfosi. Il discorso degli artisti sottolinea implicitamente la responsabilità individuale nei confronti dei diversi sviluppi proposti. È impossibile arrestare il mondo, ma che mondo desideriamo costruire? Per mezzo di questo «artificio» del paesaggio se ne interrogano la valenza e il concetto. La produzione artistica contemporanea, che integra nuovi valori artistici e fa nascere un dibattito sulla coscienza dei luoghi, può definire l’interesse per un paesaggio, al di là di ogni considerazione ecologica. La scelta dei luoghi è stata effettuata in funzione delle loro particolarità e della loro vicinanza che permette di visitarli tutti in un giorno. Per queste ragioni sono stati scelti la collina del Temple a Château d’Oex, i pendii della Berneuse appena sopra Leysin e il Col de la Croix tra Les Diablerets e Villars s/Ollon. Tre scenari particolari, tre spazi dalle tipologie ben definite: il sito storico posto al centro di un villaggio di montagna, lo spazio trasformato dall’attività turistica e un paesaggio tra i più suggestivi, che figura anche nell’inventario dei più bei paesaggi svizzeri. I tre fotografi invitati sono svizzeri. La loro opera è riconosciuta e ritenuta importante. La regione di Château-d’Oex verrà illustrata dallo sguardo perfetto di Hélène Binet. In particolare è sua l’opera straordinaria sull’architettura di Peter Zumthor. Le immagini di Thomas Flechtner illumineranno con i loro colori i pendii della Berneuse di Leysin. Egli ha di recente pubblicato da Lars Mueller un’opera superba intitolata «Snow» che mostra la sua sensibilità per i paesaggi notturni, per i momenti fragili quali l’alba e il crepuscolo. Dopo essersi interessato agli alberi della foresta amazzonica o a quelli del Chlöntal nel Canton Glarona, dopo il suo viaggio sul ghiacciaio del Bernina, Balthasar Burkhard continuerà con il suo «elogio dell’ombra» sul colle della Croix. I tre autori che vestiranno i giardini con le loro parole sono francesi. Le loro opere sono troppo numerose per essere elencate e la loro fama ha superato da parecchio tempo le frontiere dell’Europa. Ognuno di loro a modo suo si è occupato di geografia, di luoghi, di universi particolari. I testi di Jacques Réda, Michel Butor e Pierre Bergounioux accompagneranno le immagini dei fotografi. Il paesaggio non è formato solo dal panorama, esso implica un «qui» di cui occorre essere coscienti e un «là» che è il panorama. A seconda del giardino Perché un patrocinio dell‘UNESCO ? Con le sue esposizioni, i suoi incontri internazionali, le sue animazioni, i suoi laboratori, i suoi spettacoli e le sue pubblicazioni, il progetto Paysages en poésie concretizza diversi obiettivi dell’UNESCO. In ambito culturale valorizza le culture tradizionali e promuove la creazione e l’interazione artistica, sia dal punto di vista professionale che da quello amatoriale. In ambito educativo sensibilizza la popolazione, e in particolare i giovani, alle diverse forme d’espressione artistica, al valore del patrimonio culturale e naturale, all’importanza della preservazione dell’ambiente. Infine, grazie al suo approccio integrato del paesaggio, favorisce una presa di coscienza favorevole a uno sviluppo economico e 12 umano che tiene conto delle particolarità socioculturali e ambientali. Madeleine Viviani segretaria generale supplente, Commissione nazionale svizzera per l’UNESCO Visitate il sito www.unesco.ch Se vi interessa ricevere la lettera informativa, inviate una e-mail a [email protected] con l’indicazione «subcribe». Giornale UFC 10 / 2003 1–2 Il progetto a Château-d’Oex. 3 L’installazione a Leysin. s’incontra la relazione delle immagini con la montagna, il dialogo dei poeti con la natura e il rilievo, il discorrere degli artisti tra di loro e infine lo spostamento temporale che questa iniziativa comporta. Questi livelli di lettura mirano a suscitare nel visitatore una percezione diversa del paesaggio, ad affinare la vista, ad aprire la via all’immaginazione. Come indicato da Alain Roger in «Court traité du paysage», questo processo invita a far comprendere che un paese non è di primo acchito un paesaggio e che, dall’uno all’altro, vi è tutta l’elaborazione dell’arte. I giardini che saranno realizzati sono il frutto di un lavoro interdisciplinare effettuato in seno alla HESSO (Haute Ecole spécialisée de Suisse occidentale). Gli architetti paesaggisti e i manager della natura della scuola d’ingegneria di Lullier hanno collaborato con gli studenti della sezione comunicazione visiva e architettura d’interni della Scuola superiore di arti applicate di Ginevra. I tre giardini qui presentati sono i progetti premiati in occasione del concorso, che ha avuto luogo il giugno scorso. Un’intera rete di scuole vi ha partecipato. Questo era un elemento chiave del progetto. In questo modo si riuniscono conoscenze complementari al servizio di una realizzazione le cui conseguenze concrete per la regione turistica saranno percettibili. Per completare l’esperienza gli studenti della Scuola superiore di arti applicate di Ginevra realizzeranno un giardino virtua- le sul sito della manifestazione. Spazio di sperimentazione e di creazione, esso è considerato come controparte dei tre giardini. Esiste in una dimensione che diviene sempre più la nostra e che pertanto sfugge a una geografia definibile. Evolverà in modo costante e utilizzerà il materiale di immagini raccolto in occasione del concorso. Esisterà come spazio di sogno e ci riporterà alla questione del reale e dell’immaginario. Manifestazioni collaterali In margine alle esposizioni sono previsti due appuntamenti importanti per approfondire la riflessione. Dal 5 al 9 luglio 2004 avranno luogo presso il Castello di Aigle gli Incontri internazionali del paesaggio, organizzati dalle Università di Ginevra e 13 Giornale UFC 10 / 2003 4 «Elogio dell’ombra» per il Col de la Croix. di Losanna. Al pubblico verrà proposto un ciclo di conferenze completato da una serie di dibattiti. Insieme a specialisti e imprenditori, responsabili delle grandi ripianificazioni attuali e analisti dei fenomeni si abborderà la questione della storia della coscienza paesaggistica e della sua espressione contemporanea. Dall’11 al 16 luglio 2004 verrà organizzata a Gryon una settimana letteraria intitolata «Una montagna da leggere». Essa si articolerà attorno a sei racconti di autori romandi. Corinne Desarzens, Bernard Comment, Christophe Gallaz, Jérôme Meizoz e Frédéric Pajak sono invitati a scrivere un racconto la cui geografia è già stata fissata precedentemente. Questi testi saranno il punto di partenza di caffé letterari, di letture, di incontri sulla scrittura dei luoghi. Per ulteriori informazioni: Association Regards du monde 10, Bd. De la Forêt, 1009 Pully Telefono: 021 711 06 10 [email protected] www.paysages-en-poesie.ch Agosto 2004: Messa in scena di paesaggi e monumenti – un convegno organizzato da CFNP/ CFMS, UFAFP/UFC con la partecipazione di USTE e USTRA La messa in scena nel paesaggio, ma anche del paesaggio stesso, delle sue bellezze naturali e dei suoi monumenti culturali fa tendenza. In molti luoghi si tengono festival, si organizzano eventi di qualsiasi genere, si invita a film, concerti e spettacoli all’aperto, a manifestazioni sportive, si lasciano vagare raggi laser su città, s’illuminano artificialmente monti e si diffondono suoni su alpeggi. Qualsiasi messa in scena offre l’opportunità dell’incontro tra il patrimonio naturale e culturale e la popolazione. Ma al tempo stesso ogni messa in scena cela il pericolo di sfruttare le qualità del paesaggio, della natura e del monumento o di pregiudicarli per interessi economici. Il convegno persegue l’obiettivo di illustrare questo fenomeno della società del tempo libero, di indagarne le radici storiche e psicologiche e di approfondire l’utilità o meno dell’uso e dell’abuso del paesaggio, della natura e del monumento culturale. Dove risiedono le opportunità, dove i pericoli della messa in scena del paesaggio? Esiste qualcosa come la dignità del paesaggio, del monumento culturale, che occorre tutelare? Quale valenza assume il concetto di tempo per le installazioni temporanee? Quali ferite materiali e intellettuali lasciano installazioni e manifestazioni? Modificano l’atteggiamento, la 14 percezione, la responsabilità nei confronti del paesaggio, del monumento culturale? Il convegno vuole stimolare alla riflessione e fornire dritte. Si rivolge alle persone che si occupano del paesaggio in senso lato, che lo amano, curano, proteggono, utilizzano o lo mettono in scena. Agli specialisti e agli ambienti interessati si offre come piattaforma interdisciplinare su cui discutere di aspetti che, di fronte alla frenesia dell’organizzazione di un evento, passano facilmente in secondo piano. Informazioni più dettagliate sul convegno sono disponibili dalla primavera 2004 al seguente indirizzo: Ufficio federale della cultura, Sezione patrimonio culturale e monumenti storici, Segreteria, telefono 031 322 86 25. Il giardino del Palais Rechberg a Zurigo Guido Hager architetto paesaggista FSAP Il giardino in stile barocco allestito attorno al 1760 a scopi privati è stato ridisegnato verso la metà dell’Ottocento. La demolizione degli impianti della Schanze ha permesso di ampliarlo di due appezzamenti. Diversi proprietari si sono succeduti, fino a quando il giardino non venne acquistato dall’Università di Zurigo nel 1899. A poco a poco, è stato possibile mettere a disposizione del pubblico parti sempre più ampie del giardino. Verso il 1937/38 la struttura è stata di nuovo rimodernata, il paesaggio artificiale è stato rimosso ed è stata forgiata una nuova forma geometrica. Parti del giardino continuavano però a essere a disposizione dell’Università. Solo con il trasferimento all’Irchel è stato possibile aprire le porte dell’intero complesso agli studenti e alla popolazione. Dal 1988 è in corso il restauro di alcune parti dell’impianto. Numerosi ricorsi della società svizzera per il giardinaggio (Schweizerische Gesellschaft für Gartenkultur) impediscono dal 2000 il restauro della parte superiore. Si tratta soprattutto di questioni riguardanti la forma da scegliere, piuttosto che di controversie su come sfruttare il giardino. La genesi Fino al 1759 davanti alla porta del Neumarkt si trovava l’osteria «Zur Kronen» appartenente al più ricco cittadino di Zurigo, il fabbricante di mussola Hans Kaspar Oeri. Sua figlia, Anna Werdmüller-Oeri, fece costruire tra il 1759 e il 1770 il palazzo «Zur Kronen», probabilmente dagli architetti David Morf e Konrad Bluntschli d. Ä. Alcune incisioni come quella di J.J. Hofmann del 1772 e in particolare la pianta Müller, del 1790 circa, ci mostrano il giardino più sfarzoso del tempo. Dal 1839 al 1866 la proprietà passa alla famiglia Schulthess von Rechberg, dalla 1 Il disegno a penna di J.J. Hofmann, datato 1772, mostra l’aranciera dietro al palazzo, i muri di sostegno con i vasi, le terrazze con le piante alte, il padiglione e la recinzione. quale prese il nome che ha mantenuto fino ad oggi. Nel 1844 Gustav Adolf von Schulthess acquista due appezzamenti nella zona della Schanze e vi fa costruire una terrazza verdeggiante da cui si gode un magnifico panorama. Inoltre il giardino barocco ottiene una nota anglicizzante. Sentieri meandrici, aiuole lussureggianti, alberi e arbusti messi a dimora con sapienza pittoresca ed una bellissima grotta nascondono le mura restate barocche. Un inventario compilato nel 1866 per il nuovo proprietario, l’ex cancelliere di Stato Vogel, annovera le numerose aiuole piantate poco prima, che hanno contribuito ad ampliare le terrazze superiori. Dal 1899 il Rechberg appartiene all’Università di Zurigo. Nel periodo dal 1936 al 1938 viene eseguita la terza grande ristrutturazione, consistente in una ricostruzione semplificata, da parte della ditta zurighese dei fratelli Mertens. Nel 1958 la costruzione dell’edificio destinato allo studio della fisica rende necessaria la demolizione della terrazza panoramica. La parte superiore del giardino viene modellata in modo da non richiedere grandi cure. Al contempo la parte più grande del giardino viene aperta al pubblico. Alcune aree continuano ad essere a disposizione dell’istituto di botanica e delle serre universitarie. Il terreno viene distrutto negli anni Ottanta, prima a causa dell’installazione di una conduttura e poi per una rappresentazione teatrale. È merito delle serre universitarie se l’impianto, nonostante tutto, appare ancora al visitatore come un giardino. L’impianto attuale denota ancora la struttura di base del giardino barocco del Settecento con il cortile, il terreno circondato da mura, le terrazze laterali e le terrazze superiori. Tuttavia, solo alcune parti delle mura, il portale estremamente prezioso ed alcune grate vantano ancora un nucleo barocco. L’Ottocento è presente nel terrazzamento, nell’aranciera ampliata, nella serra di Gull del 1889 e con l’imponente quercia. Della ristrutturazione dei fratelli Mertens rimangono ancora alcuni cordoni. La parte più estesa del giardino, tuttavia, risale a dopo il 1960 e dovrebbe essere sostituita in modo adeguato con l’eliminazione dei vivai e delle serre dell’istituto di botanica. La cura del parco Come spesso succede per i giardini storici, una perizia aveva dapprima chiesto una ricostruzione del giardino di Rechberg. Tuttavia, il committente la rifiutò per ragioni legate alla protezione del patrimonio culturale e alle finanze. Si rinunciò dunque a rinnovare il terrazzamento e a costruire un padiglione. L’alternativa presa in considerazione prevedeva la conservazione dell’impianto e un riallestimento più leggero. Nel corso di scavi archeologici sono stati trovati frammenti e una vecchia tubatura in arenaria coperta da mattoni e argilla che permettono conclusioni sulla tecnica edile e confermano i vecchi piani. Tuttavia, il terreno è stato danneggiato troppe volte e gli scavi non hanno dato risultati concludenti. Anche il valore ecologico del giardino di Rechberg è stato analizzato. La protezione della natura e la tutela dei 15 rifiuta, basandosi sul perimetro ampliato nel 1844. Inoltre vengono criticati anche la progettazione di messa a dimora, il nuovo pulpito e le panchine. 2 Progetto messo a punto nel 1790 circa 4 All’interno di quanto è rimasto del com- dall’ingegnere Johannes Müller. Del complesso resta oggi solo la ripartizione sommaria. 3 Il moderno linguaggio delle forme lascia trasparire la passione dell’epoca per i giardini. plesso, il progetto mostra la nuova recinzione, le terrazze superiori con i coni di tasso, l’albero che ha preso il posto del padiglione e le aiuole piantate nel 1997. monumenti vengono spesso utilizzate l’una contro l’altra. In questo caso, come in altri, si è visto che ambedue le parti possono ricevere soddisfazione, a patto di avere conoscenze precise e di mettersi d’accordo. Ad esempio, il restauro delle vecchie mura prevede l’abbattimento di piante, ma non di felci e arbusti. Non tutte le parti del muro vengono riparate allo stesso momento, proprio per permettere che piccoli animali possano ancora rifugiarsi nelle crepe. la parte inferiore del giardino, rimasta senza cure dal 1980, quando le serre universitarie sono state trasferite. Il muro di sostegno è stato coperto da spalliere di alberi da frutta e bordure di bosso, mentre nel terreno, secondo la formulazione «Parterre de Compartiment d’un goût très Nouveau» del famoso Dezaillier d’Argenville, un teorico del giardinaggio del Settecento, fioriscono nuove aiuole con siepi di bosso, prati e, a seconda delle stagioni e degli anni, un pot-pourri di fiori primaverili ed estivi dai colori intonati tra loro, scelti tra un minimo di 8 ed un massimo di 14 tipi. Le nuove forme Il progetto proposto è il risultato della critica degli ambienti specializzati, ma per ora è realizzato solo in parte. L’idea barocca viene interpretata in un linguaggio moderno sulla topografia già esistente: sentieri ghiaiosi, spalliere, recinti e siepi, piante in vaso, coni di tasso e siepi di bosso ricordano da vicino il giardino barocco. D’altra parte la posizione delle aiuole nel terreno, le file di bossi destinate a proteggere dal vento sulla seconda terrazza, la pittura dei vasi delle querce o le panche di legno parlano chiaramente la lingua del nostro tempo. Le nuove forme si ricollegano nell’insieme e nel dettaglio a quelle barocche. Negli ultimi anni, grazie a misure di conservazione, è stato possibile restaurare Il progetto Il progetto di costruzione prevede la riconversione della parte alta del giardino, terrazzata. Una delle esigenze maggiori è la chiusura notturna dell’impianto. Nel 1958 è stata eliminata la recinzione, ma alcuni vandali hanno distrutto a più riprese gli alberi e le colture. Oltre alla perdita finanziaria, occorre far fronte alla perdita del valore ideale che una pianta acquisisce dopo anni di cure intense. Il Barocco vide l’apice dell’arte del taglio delle piante secondo un’antichissima tradizione: oggi, questa tecnica viene di nuovo applicata. Il giardino barocco aveva una recinzione, richiesta anche dalla ricorrente nella perizia sulla ricostruzione. Oggi invece la 16 Il lavoro di tutela prevede la protezione dell’antica struttura ancora esistente. Dare una nuova forma a vecchie impostazioni del giardino è un lavoro creativo. Il pubblico ha la possibilità di un confronto culturale con l’opera d’arte in una forma inconsueta, intesa a stimolare le riflessioni sul passar del tempo, delle mode e dei gusti. I giardini sono mutevoli, per natura. L’ultima annotazione del nobile Pückler nel suo diario: «Kunst ist das Höchste und Edelste im Leben, denn es ist Schaffen zum Nutzen der Menschheit. Nach Kräften habe ich dies mein Leben hindurch im Reiche der Natur geübt.» (Nella vita, nulla è più elevato e nobile dell’arte, perché è creazione al servizio dell’umanità. Ho cercato con tutte le mie forze di raggiungere questo scopo nel regno della natura.) Anche l’anno prossimo le stagioni muteranno l’aspetto del giardino di Rechberg. Al mare primaverile di tulipani bianchi e rosa farà seguito il blu dei colori estivi. Nei prati tra le terrazze fioriranno la veronica e l’edera. L’unità tra natura e cultura ha luogo nonostante il ricorso. Il giardino di Rechberg si rinnova autonomamente e continuamente, raccontando i suoi 250 anni di storia. Committente Ufficio dei lavori pubblici del Cantone di Zurigo, Baubereich 2, 8090 Zurigo Progettazione ed esecuzione Dal 1986; muri e spalliere dal 1993, colture a terra dal 1997 Autore del progetto Hager Landschaftsarchitektur AG, Zurigo Fioritura alternata Nicole Newmark, architetto paesaggista, Oetwil/See Aspetto ecologico Stefan Ineichen, biologo, Zurigo Scavi archeologici Christa Ebnöther, ufficio archeologico del Cantone di Zurigo Collaboratori Guido Hager, Patrick Altermatt, Raphael Gloor, Stephan Herde, Rita Newnam Roesti Giornale UFC 10 / 2003 Il risanamento globale dell’Alpe Puzzetta Katrin Portmann incaricata dell’Aiuto svizzero ai montanari Come proteggere il patrimonio culturale e contemporaneamente utilizzarlo in modo redditizio e sensato? La questione dà adito a discussioni controverse anche riguardo all’alpicoltura. Anche l’Aiuto svizzero ai montanari si trova ad affrontare il problema. Il risanamento dell’Alpe caprina Puzzetta situata nell’Oberland grigionese è un esempio di come si possa applicare una strategia di sfruttamento basata sull’attuale richiesta di mercato in un edificio d’alpeggio moderno. Sopra Fuorns in Val Medel, a 1850 metri di altitudine, si trova l’Alpe Puzzetta con una vista magnifica sul Passo del Lucomagno. L’Alpe appartiene al Comune di Medel e viene gestita da generazioni da contadini della Val Medel e dell’alta Surselva; 12 agricoltori fanno parte della corporazione alpestre. Quest’anno l’Alpe Puzzetta è stata gestita da tre giovani donne su mandato della corporazione. Il loro compito consisteva nel sorvegliare le circa 300 capre durante la stagione alpestre, ossia da giugno fino all’inizio di settembre, di mungerle e di fare il formaggio. Nell’estate del 2003 sono stati prodotti 2000 chili di formaggio. Le malgare erano anche responsabili di controllare che le capre non andassero a pascolare nel vicino bosco e non causassero danni al paesaggio. Anche quest’anno l’estivazione del bestiame si è conclusa con la tradizionale festa detta «Chästeilet» che ha luogo in settembre. Subito dopo si sono avviati i lavori di demolizione della vecchia capanna alpina per poter avanzare il più rapidamente possibile con i lavori della nuova costruzione prima delle prime nevicate. Senza un risanamento dell’edificio aziendale l’esistenza stessa dell’Alpe Puzzetta sarebbe stata compromessa. L’edificio in pietra concia, costruito presumibilmente 1 L’Alpe Puzzetta ubicata sopra Fuorns. nei primi anni del Novecento e risanato nel 1949, fungeva da alloggio, caseificio e casera. La parte abitativa era stata costruita in modo semplice e a titolo provvisorio, la qualità della costruzione era insufficiente e il caseificio troppo piccolo. Le prescrizioni igieniche richieste non potevano più essere rispettate. La tettoia provvisoria per la mungitura era situata su un pendio a qualche metro dalla capanna. Per impedire la chiusura dell’Alpe Puzzetta era quindi necessario provvedere tempestivamente a un risanamento globale. Unitamente ai contadini della Val Medel, alla sezione cantonale della tutela dei monumenti storici e alla protezione del paesaggio grigionese è stata elaborata una strategia di risanamento che non ingloba solo l’edificio, ma anche una nuova strategia aziendale. In futuro non verranno più prodotti solo formaggio o ricotta di capra, ma anche altri prodotti caprini freschi, quali lo 17 Giornale UFC 10 / 2003 2 L’attuale edificio d’alpeggio. 3 Un futuro per le capre. 4 Facciata meridionale del nuovo edificio. 5 Facciata occidentale jogurt, i latticini e il latte fresco, in quantità maggiori e distribuiti in tutta la Svizzera orientale. I capi di bestiame aumenteranno; già oggi sette contadini della regione di Disentis hanno espresso il desiderio di lasciare estivare le loro capre sull’Alpe Puzzetta. Il nuovo edificio alpestre di questo secolo deve essere riconoscibile in quanto tale e soddisfare esigenze moderne sotto ogni aspetto. Stando al presidente della protezione del paesaggio grigionese Jürg Ragettli, il progetto per il risanamento dell’Alpe Puzzetta sarebbe un progetto esemplare ai sensi di un’ampia protezione del paesaggio, assumendo grande importanza per la regione sotto vari aspetti e garantendo la continuazione della vita e dell’attività su questo alpe e contribuendo quindi essenzialmente alla conservazione e alla cura del paesaggio culturale in una situazione regionale delicata. Jürg Ragettli e gli architetti Gujan e Pally di Curaglia, che hanno progettato il nuovo edificio e che dirigeranno i lavori di costruzione, si sono impegnati a fondo in questo progetto. La nuova capanna alpina, il cui tetto graduato a forma di scala segue la configurazione del terreno, verrà costruita al posto del vecchio edificio pericolante. Secondo Marlene Gujan questo modo di procedere richiede più tempo, perché si potrà iniziare con i lavori solo quando la capanna alpina sarà completamente demolita. Essa ritiene comunque che la sommità del pendio situata tra la morena e la regione paludosa è l’unica posizione adeguata. La costruzione in legno avrà un rivestimento protettivo di lamiera ondulata in alluminio. Il legname occorrente proviene dal Comune di Medel e viene lavorato nella segheria di Curaglia. Si è fatto in modo che la maggior parte dei lavori da eseguire fossero assegnati ad artigiani della regione. La scomparsa dell’Alpe Puzzetta avrebbe comportato, come già successo in altri luoghi, conseguenze fatali per il paesaggio culturale. Il degrado dei pascoli abbandonati è repentino, con la conseguenza che aumenta il pericolo di valanghe, in quanto le masse di neve scivolano a valle più rapidamente sull’erba alta. Il risanamento 18 può essere realizzato grazie al sostegno finanziario e morale di diverse istituzioni, tra cui l’Aiuto svizzero ai montanari. Il progetto d’importanza nazionale figura nell’Inventario federale dei paesaggi, siti e monumenti naturali (IFP n. 1913; Greina/Piz Medel) ed è impostato come progetto pilota, considerato che in futuro gli edifici d’alpeggio da risanare saranno all’ordine del giorno. L’Aiuto svizzero ai montanari si propone di migliorare le condizioni di vita nelle regioni di montagna della Svizzera e di contrastare l’esodo da queste zone, fatale per tutto il Paese. L’organizzazione non è sovvenzionata dai poteri pubblici, ma alimentata esclusivamente da donatrici e donatori. Opera limitando al massimo le sue spese di gestione e garantendo che i fondi siano utilizzati essenzialmente per gli scopi cui sono destinati. Nella sua attività concilia la volontà dei donatori con il bene dei contadini di montagna. 6 Piano terra Per ulteriori informazioni: www.berghilfe.ch [email protected] 7 Sezione longitudinale Un tempo dimenticati – ben presto deturpati? Il destino degli edifici e degli insediamenti d’alpeggio Uno sguardo retrospettivo al convegno del 13 e 14 novembre 2002 a Elm (GL) Il convegno organizzato dalle commissioni federali CFMS e CFNP, dagli uffici federali UFC, UFAFP e USTE nonché dal Cantone di Glarona ha voluto richiamare l’attenzione sulla problematica, irrisolta, della legislazione, dell’applicazione e degli effettivi interventi architettonici a edifici utilizzati solo saltuariamente o abbandonati. L’incontro ha offerto l’opportunità di discutere principi, aspetti e sviluppi problematici ma anche approcci per migliorare la situazione sulla base di esempi concreti. La legislazione odierna è poco idonea a risolvere i problemi. La densità normativa è eccessiva, le prescrizioni sono in parte controproducenti e mancano standard di qualità. Non esiste poi nemmeno un controllo della qualità per i progetti di ristrutturazione, per esempio sotto forma di consulenze o di liste di criteri. Entrambe le misure andrebbero sviluppate regione per regione. In merito all’obbligo di esercizio è stata sviluppata l’idea che gli alpeggi non dovrebbero essere venduti, ma piuttosto ceduti in diritto di superficie, il che assicurerebbe anche un piccolo canone. Dall’ottica della costruzione e della conservazione si è constatato che la tutela prevista dalla legge non deve e non può servire ad aggirare la normativa vigente mediante la costruzione di edifici. Qui s’impone la definizione dei valori che meritano di essere protetti e un controllo efficace. Nella stessa direzione va la rivendicazione di non mimetizzare gli interventi architettonici, ma di renderli visibili. Il convegno ha reso evidente che possedere un rustico in montagna, come seconda casa, è un obiettivo tuttora ambito. Si tratterà dunque di reagire a questa pressione in un modo compatibile per la regione alpina nel complesso. Schweizer Heimatschutz si è dichiarato disposto a registrare le riflessioni scaturite dal convegno e ad approfondirle insieme alle commissioni e agli uffici rappresentati a Elm. Bernhard Furrer presidente della Commissione federale dei monumenti storici CFMS Occorre sensibilizzare poi la popolazione locale, in particolare i giovani, nei confronti dei valori paesaggistici e architettonici che sono in gioco. 19 Giornale UFC 10 / 2003 Aiuto svizzero ai montanari Giornale UFC 10 / 2003 La conservazione delle rovine del «Castello di Gessler» a Küssnacht am Rigi Gabriela Güntert e Lukas Högl dipl. arch. ETH/sia Fortificazione del castello d’importanza storica Fino alla metà del Trecento, il Castello fu considerato come residenza originaria delle stirpi cavalleresche di Küssnacht, tuttavia la sua storia architettonica non è chiara a tutt’oggi. I ritrovamenti effettuati finora hanno mostrato che all’epoca di Hartmann von Küssnacht regnava un grande benessere. Un incendio devastante, difficile da datare con precisione, distrusse il Castello, che alla fine del Trecento venne ricostruito ed ampliato. Più tardi divenne la sede principale della famiglia von Silenen. Quando Kaspar von Silenen morì nel 1517, divenne proprietà del Cantone di Svitto. Dai primi del Cinquecento fu lasciato in balia del decadimento naturale. Le rovine del «Castello di Gessler», così denominato nella tradizione popolare, ottennero questo nome simbolico già nel Cinquecento, quando vennero inglobate nella leggenda della liberazione della Svizzera primitiva. Nell’Ottocento questa leggenda riscontrò di nuovo successo grazie alla storia mitizzata del Guglielmo Tell di Friedrich Schiller. A quel tempo i resti del Castello venivano considerati una cava di pietra o una rovina romantica trasfigurata. Salvato dalla distruzione Nel 1908 la Confederazione acquistò il sito storico per salvarlo dal degrado e per conservarlo per i posteri. A quel tempo dal bosco della collina su cui si ergeva il Castello emergevano solo in due punti resti di muri. Nell’interesse della ricerca scientifica i ruderi del Castello furono riportati alla luce a tappe tra il 1909 e il 1917 sotto la sovrintendenza di Robert Durrer (1867–1934) e sotto la direzione locale del notaio Friedrich Donauer. Gli scavi permisero di portare alla luce sia le ampie rovine attualmente visibili, sia ritrovamenti di importanza europea, risalenti soprattutto al Trecento. Tra il 1900 e il 1939 le rovine furono riportate alla luce in numerose tappe, in parte ricostruite, conservate e documentate. Da allora e in particolare nel 1955 e nel 1967 vennero effettuati lavori di conservazione e riparazioni di maggiore entità. Dopo il crollo, nel 1966, della facciata del corpo principale rivolta verso sud, che richiese lavori notevoli nell’anno successivo, nel 1989 crollò anche la parte nord. Nello stesso anno si ricostruì il muro esterno e la parte sovrastante della piattaforma. In vista delle festività per i 700 anni della Confederazione nel 1990 si realizzarono i lavori più urgenti di conservazione e volti a garantire la sicurezza. Questa lunga e movimentata storia del Castello ha lasciato sui muri numerosi punti critici, in parte nascosti e inaccessibili, sotto forma di giunti nella struttura, tracce d’incendi e delle condizioni atmosferiche. Inoltre, nel corso dei secoli sono stati utilizzati diversi tipi di malta, che hanno interagito in modo problematico. A prescindere dal fatto che storici e archeologi pensano di essere riusciti a rimuovere il mito di Gessler con scritti pungenti e argomentazioni convincenti, ogni giorno classi scolastiche svizzere e numerosi turisti, per la maggior parte tedeschi, visitano il «Castello di Gessler». Di fatto appartiene al patrimonio materiale della coscienza nazionale svizzera. Secondo alcuni archeologi e storici, seppur per 1 Schizzo di Robert Durrer, 1916. 20 Prendendo spunto dagli aspetti finanziari, durante il convegno della CFMS si sono trattati i problemi specifici della conservazione dei ruderi. L’incontro ha voluto fare da piattaforma per lo scambio di opinioni e di esperienze tra gli inizianti di progetti di restauro, specialisti dell’ambiente e rappresentanti dei poteri pubblici. Il primo giorno, la visita al rudere della fortezza di Asuel e una serie di relazioni hanno permesso di entrare nel merito dei problemi e di cercare possibili soluzioni. Il secondo giorno, durante l’escursione alle rovine di Milandre, Montvoie, Löwenburg e Vorbourg, che denotano uno stato di conservazione o restauro di varia entità, si è avuto sufficientemente modo di approfondire la discussione. 2 Scavi archeologici verso il 1909. 3 Veduta aerea del Castello di Gessler, non datata. altre ragioni ma comunque a giusto titolo, la ricchezza del cavaliere di Küssnacht, che rese possibile la costruzione del Castello, proveniva dalla stessa vena d’oro che fu alla base della ricerca di indipendenza dei Quattro Cantoni, ossia la via commerciale che conduceva alle gole del Gottardo. tiranti per l’ancoraggio, «piombature» e sostituendo con malta nuova quella utilizzata durante i precedenti restauri, rivelatasi troppo dura. I rivestimenti dei muri non più impermeabili sono stati sostituiti mantenendo la stessa forma, in parte con un nuovo strato di muratura e in parte con calcestruzzo (venendo meno al principio della reversibilità). Le superfici dei muri sono state consolidate solo nei punti danneggiati o critici. Come per la sicurezza, quattordici anni fa i danni sono stati schedati e descritti e i lavori documentati in modo dettagliato. La misurazione avvenuta nella primavera del 2003, la prima esauriente dalla «riscoperta» della rovina nel 1900, ha costituito la base di questi restauri. I lavori di conservazione del 2003 Questi presupposti hanno determinato la pianificazione e l’esecuzione della conservazione più recente del Castello di Gessler. La sua forma legata all’ascesa a monumento nazionale, risultato degli scavi e del restauro effettuati fino al 1936 circa, doveva essere mantenuta. Si doveva però migliorarne lo stato generale e renderlo sicuro per lungo tempo. Oltre a numerose riparazioni e all’accurata iniezione di malta alle commessure murarie danneggiate si sono dovuti risolvere tre problemi principali. La stabilità di mura alte, in grado di compromettere la sicurezza dei visitatori, è stata aumentata mediante un ancoraggio della zona basamentale e resa controllabile mediante un’introduzione mirata di nuove fughe. Il cedimento del rivestimento, debolezza caratteristica della muratura in pietra, è stato contrastato a seconda dei casi utilizzando Prioritaria tra l’altro la questione dei promotori ideali per il finanziamento di misure conservative e la ricerca di fondi. Si sono valutati poi i problemi fondamentali legati al risanamento di fortezze, focalizzando in particolare tre priorità da trattare in un prossimo futuro: – realizzare un inventario nazionale dei ruderi della Svizzera grazie al quale definirne l’importanza interregionale; – rafforzare la ricerca fondamentale ed essere disposti a finanziarla; – creare una rete capillare che consenta agli inizianti di nuovi progetti di allacciare contatti ad ampio raggio e di scambiare esperienze. Nina Mekacher segretaria della Commissione federale dei monumenti storici CFMS I reperti archeologici sono stati documentati durante l’esame dei precedenti restauri fino a giungere alla configurazione medievale. Tuttavia la storia dell’edificazione del Castello di Gessler, insufficientemente indagata durante gli scavi a causa di una metodica archeologica carente, rimane tuttora non chiarita. Per impedire danni più ingenti nel tempo, durante i recenti lavori di restauro è stato presentato per la prima volta un piano di 21 Giornale UFC 10 / 2003 Il finanziamento di misure conservative da applicare ai ruderi Convegno del 29 e 30 agosto 2003 a Asuel (JU) BAK Journal 10 / 2003 4–8 Impressioni dei lavori al Castello di Gessler. manutenzione. In futuro i danni potranno essere individuati tempestivamente grazie a una cura regolare e accurata e a controlli precisi. Grazie alla cura adeguata e regolare gli interventi di conservazione di maggiori dimensioni potranno essere, se non impediti perlomeno ritardati. Il risanamento dal punto di vista ecologico Bruno Käufeler geologo dipl. ETH L’imponente «Castello di Gessler» è situato in un paesaggio tipico delle Prealpi con dolci colline e singoli alberi isolati. Bosco e pascoli sono saldamente concatenati. I nomi locali quali «Chestenenbäumen», «Grüenhalden» e «Rossweid» sono testimonianze scritte dell’ambiente verde in cui si situa il «biotopo roccioso del Castello di Gessler». Di per sé la fortificazione del Castello rappresenta una rarità. Costruito con pietre di fiume antiche di provenienza, storia e colore diversi, il Castello è una scoperta non solo per gli amanti della geologia. Quale «roccia artificiale» costituisce uno spazio vitale per tipiche piante che crescono sui muri e per specie animali particolari. Salamandra, allocco e felcetta I muratori avevano appena iniziato con i lavori di installazione, quando hanno scoperto una salamandra pezzata nei pressi del Castello. Il vicino bosco ricco di specie di faggi e di lingua cervina, il ruscello del villaggio e le caverne presenti nelle rovine del castello le offrono uno spazio vitale ideale. Oltre all’allocco, che ha utilizzato le aperture nei muri per deporre le uova, sono stati scorti anche tassi, ricci, diverse specie di cince, lucertole e innumerevoli insetti, ragni e specie di lumache. Le diverse esposizioni delle mura rendono 22 possibile la crescita di più di quaranta specie di piante dentro e fuori i ruderi del castello. Sui muri e nei luoghi poveri di vegetazione si trovano tipiche felcette, l’epatica, la ruta di muro, la piccola linaria, l’epilobio, la cicuta rossa, la celidonia e la lattuga selvatica. Salvaguardare i valori ecologici La scoperta del «biotopo roccioso del Castello di Gessler» è attribuibile alla Confederazione, che ne è proprietaria e che nel quadro del risanamento ha tenuto a valorizzare e visualizzare gli aspetti ecologici. Il pozzo a carrucola è uno degli elementi più importanti, visto che in esso si può rilevare la storia dell’evoluzione delle piante dal basso verso l’alto. Tuttavia nelle rovine del Castello non tutte le piante crescono nell’ubicazione ideale. Quelle lignificanti quali l’edera e gli alberi devono essere rimosse dai muri per ragioni di stabilità. Anche dal punto di vista ecologico un Autorità: Ufficio federale delle costruzioni e della logistica: D. Menegotto, responsabile della realizzazione; R. Zimmermann, direttore del progetto; Ufficio federale della cultura: J. Mürner, I. Zemp, Sezione patrimonio culturale e monumenti storici; Comune distrettuale Küssnacht am Rigi: W. Lüönd, notaio e amministratore del Castello; Cantone di Svitto: K. Michel M. Bamert, P. Inderbizin, Ufficio dei beni culturali Esecuzione: P. Högl, ingegnere diplomato, Gümligen; Saredi AG und Tschoco, Küssnacht (imprenditore edile); H. Obrist, IGA Archäologie Konservierung, Zurigo (archeologia); ditta Impuls, Thun (ecologia); M. Hellmüller, Unterägeri (disegni archeologici); HSK Ingenieur AG, Küssnacht (misurazioni); M. Korner, Küssnacht (geologia); Ch. Merz, TFB, Wildegg (questioni riguardanti il materiale); D. Wietlisbach, Berna (fotografia) e altre ditte. 9 Piano di rilevamento pietra per pietra. risanamento costituisce un intervento. Per molte situazioni specifiche si possono comunque creare le circostanze idonee per consentire che il Castello si sviluppi anche come habitat. In ogni caso, per i prossimi anni è assicurata la consulenza degli specialisti dei muri. Esperti della Confederazione: H.R. Sennhauser, Zurzach (archeologia); Ch. Bläuer Böhm, Centro di esperti Zurigo, F. von Gunten, Thun (questioni riguardanti la malta); B. Käufeler, Thun (ecologia dei muri); J. Müller, Lucerna (sicurezza statica) Colophon Pubblicato da: Ufficio federale della cultura Hallwylstrasse 15, CH-3003 Berna Tel. 031 322 92 66, Fax 031 322 92 73 www.kultur-schweiz.admin.ch Contributi: Thomas Brunner, Bernhard Furrer, Gabriela Güntert, Guido Hager, Annette Herkommer, Lukas Högl, Bruno Käufeler, Nina Mekacher, Johann Mürner, Katrin Portmann, Maria Rosaria Regolati Duppenthaler, Madeleine Viviani-Schärer, Sabine Schlüter, Pierre Starobinski, Willi Treichler, Ivo Zemp Redazione finale: Nicolas Couchepin (f), Verena Latscha (t), Monica Nolli(t/i), Ivo Zemp (t) Traduzioni: Jean-Paul Clerc, Nicolas Couchepin, Altea Iudica, Verena Latscha, Monica Nolli, Antonella Vassena Amministrazione: Daniela Lüscher Veste grafica: Atelier Bundi, Niederwangen Copertina: Doris Flubacher, Basilea Credito fotografico Association Regards du monde, Pully; Atelier Gujan + Pally und Hansueli Trachsel, Curaglia; Gallus Auf der Maur, Basel; Bauarchiv, Zürich; Deutsche Botschaft, Bern; EAD, Bern; Doris Flubacher, Basel; Guido Hager, Zürich; Mattia Hellmüller, Unterägeri; Bruno Käufeler, Thun; Maria Rosaria Regolati Duppenthaler, Mosogno; Sabine Schlüter, Bern; Swisstopo Bern; Ivo Zemp, Sarnen; Grafische Sammlung Zentralbibliothek, Zürich; Stampa: Stämpfli SA, Berna Un castello con potenziale turistico Il monumento vive! Il «Castello di Gessler» ha un irradiamento nazionale. Con il risanamento esemplare che ha tenuto conto degli aspetti ecologici e petrografici, al Castello vengono attribuiti, oltre all’importanza per la storia culturale, altri valori mediabili. Per la sua storia, la sua varietà di habitat, oltre che per i diversi elementi architettonici che lo compongono rappresenta un notevole esempio per gli educatori ed è luogo di scoperte per studenti e adulti. Con documentazioni, visite guidate, pannelli informativi, postazioni interattive, feste, «serate medievali», © 2003 Ufficio federale della cultura Il Giornale UFC, pubblicato quattro volte all’anno in tedesco, francese e italiano, si occupa dei differenti aspetti della promozione culturale. Può essere richiesto al seguente indirizzo: UFC, Comunicazione, 3003 Berna [email protected] ISSN 1660-3184 23 Giornale UFC 10 / 2003 eventi, in combinazione con prodotti tipici della regione, si potrebbe contribuire a far sì che il Castello diventi un valore aggiunto duraturo per la Svizzera centrale. Giornale UFC 10 / 2003 Intervista Weizsäcker ha abitato per un certo periodo in questo edificio ed ha frequentato il liceo del quartiere. L’ambasciatore della Repubblica Federale Tedesca, il signor Frank Elbe, risiede dal 1° luglio 2003 nell’edificio dell’Ambasciata di Germania, Brunnadernrain 31, a Berna, ideato nel 1912 dall’architetto bernese Albert Gerster. È stato intervistato dalla storica dell’arte e dell’architettura, Sabine Schlüter. Signor Ambasciatore, da poco più di un mese abita in questa residenza decisamente rappresentativa del 1912. Le piace ed ha avuto modo di ambientarsi? In effetti la residenza è estremamente rappresentativa. È tra gli edifici di spicco che l’Auswärtige Amt ha in dotazione in tutto il mondo. L’edificio non solo è rappresentativo, ma ha anche un carattere molto personale e un notevole charme. Si presta a scopi rappresentativi, ma è anche molto accogliente come abitazione. Non posso certo affermarlo per tutte le residenze in cui ho abitato finora. Un edificio storico come questo racconta la propria storia. Il Suo stile personale ne è sicuramente influenzato, ma come? La storia di questa ambasciata descrive la valenza dei rapporti tra la Svizzera e la Germania molto più chiaramente di quanto riteniamo. Racconta di come sono stretti i rapporti tra la Svizzera e la Germania e di come sono sempre stati ritenuti importanti. Molti di coloro che mi hanno preceduto hanno svolto un ruolo significativo. Anche l’ex presidente von Ha avuto tempo di fare una passeggiata nel quartiere? Sì, certo, e trovo la zona molto notevole, sotto tutti i punti di vista, in particolare per la natura che la circonda, ai limiti dell’Elfenau. Il giardino è lambito dall’Aare nel quale faccio il bagno tutti i giorni. Gli elementi naturali rendono il luogo affascinante, ma il quartiere offre anche gioielli architettonici, tra cui, modestia a parte, anche la nostra residenza. In particolare mi ha colpito la residenza del Nunzio Apostolico in Thunplatz, che ho visitato recentemente. La residenza soddisfa le esigenze rappresentative del Suo Paese? Come si «vende» la Germania nella città federale di Berna? È ancora presto per dirlo. Tuttavia, nei dieci anni in cui sono stato ambasciatore in vari Paesi ho sfruttato la residenza come uno strumento del mio lavoro nel Paese che mi ospitava. La residenza aiuta a creare un’atmosfera particolare e a conquistare la fiducia delle persone. Cercherò di essere un ambasciatore fedele al principio dell’apertura. Per raggiungere questo scopo prevedo di aprire al pubblico questo edificio. Come reagiscono i Suoi ospiti di fronte al passato architettonico di questo edificio? Al momento ho spesso ospiti privati. Molti sono buoni amici, anche tedeschi, che si fermano qui per un po’. Tutti sono affascinati soprattutto dalla leggerezza degli interni, che la facciata non lascia trasparire. Si pensa invece ad una certa pesantezza ed oscurità, come succede effettivamente in alcune case del quartiere a causa del rivestimento in legno. Ma l’architetto svizzero che ha restaurato due anni fa l’edificio con grande sensibilità, ha trovato sotto gli strati di vernice degli ultimi novant’anni queste sfumature di verde e bianco ed ha ripristinato l’antica tonalità. 24 Il centro storico di Berna riflette ancora le strutture di circa 800 anni fa, all’epoca della sua fondazione. Che ruolo ha, secondo Lei, la conservazione di strutture storiche e di singoli edifici per la città odierna? La conservazione di antiche strutture è un elemento importante per garantire l’identità di una nazione, di una città. Qui in Svizzera constato in modo particolare quali effetti può avere nel tempo la continuità architettonica. Sono cresciuto vicino al bacino della Ruhr, quasi completamente distrutto durante la Seconda guerra mondiale. Forse una delle ragioni per cui in Svizzera mi sono sentito sempre a mio agio è la continuità. La Svizzera offre ai cittadini una compiutezza che influenza anche la coscienza di sé e l’orgoglio degli Svizzeri. Quando uno Svizzero si sente orgoglioso del proprio Paese, è anche l’elemento architettonico che gliene ricorda la ragione.