9 Bruco Poeta e Farfalla Poesia

Transcript

9 Bruco Poeta e Farfalla Poesia
PROSCRIPTA
racconti brevi, piccoli saggi
di Antonio Munno
INDICE
Un bacione a Firenze
Film per Andreina
I crisantemi transgenici
Il taccuino di Emilio
Il vangelo secondo Matteo, mio cugino
La sterzata di Shephard
L’ultima fava
Bar
Le storie di Carlo
La meraviglia. Il miracolo. Il prodigio
Dal mondo sospetto al destino comune
Contattami: [email protected]
Un bacione a Firenze
Fa caldo. Impossibile mangiare il ghiacciolo senza che
goccioli appiccicoso sulle dita. Firenze. Quanti rullini. Quanti poliziotti
a rassicurarli. Quanti ruffiani a prostituirsi. Lucidano vetrine e
pavimenti con la bava.
Stazione di S.M.N. ore 1,30
La stazione è chiusa. A ridosso del muro, tanti sacchi a pelo che
dormono. Io ho trovato un cartone e mi va già bene. Certo, sfiguro, ma
mi distinguo. Non faccio in tempo a stendermi che arriva chiassoso
un extra-comunitario.
-Sigaretta, sigaretta- scuote i sacchi a pelo che reagiscono infastiditi.
-Turisti di merda, tornate nei vostri Paesi se non fumate- dice e passa
avanti.
Lo guardo divertito e aspetto il mio turno.
-Sigaretta?-Tieni!Ha gli occhi lucidi e l’alito etilico.
-Oh, finalmente uno intelligente!-Solo perché ti ho dato una sigaretta, allora i tabaccai sono tutti degli
scienziati?-No, voglio dire che questi sono tutti pezzi di merda, non capire un
cazzo, nessuno ci sentire, nessuno ci vede, solo per mandarci via-Sono intrippati nelle loro seghe, non sanno nemmeno in che mondo
si trovano-
-Come ti chiami?-Antonio-Di dove sei?-Di Foggia-Foggia! Pomodori. Dormire dal benzinaio. La mattina fare a botte per
andare coi padroni di pomodori: merda!-E tu?-Micheal, delle isole Mauritius, vicino Madagascar-Fregna!-Vuoi un po’ di vino, vado a comprare?-Perché no?Se ne va, spedito. Ritorna dopo un po’ senza prima aver infastidito
altri sacchi a pelo. Inauguriamo il cartone di vino bianco che scioglie
ulteriormente la lingua.
-Io sono nato povero e voglio morire povero. Io voglio essere un
uomo, non voglio essere ricco. Tutti correre fiuu… gli americani sulla
Luna, Marte e noi …qua! Fermate! Fermate a essere uomini. Io credo
in Dio. Chi ha fatto il sole, gli americani? Chi ha fatto la Terra, il mare
… gli americani?-E chi ha fatto gli americani?-Dio ha sbagliato a fare gli americaniD’improvviso sposta la sua attenzione verso un magrebino faccia
tosta, tuta e scarpe da ginnastica, probabilmente scippatore.
-Che guardi, che vuoi? Va’ a rubare ai giapponesi, va’ a rubare ai
carabinieri!Il magrebino non reagisce, è di marmo. Così Michael si alza e gli va
incontro, sembra una zattera in un mare mosso.Quando arriva dal
magrebino, le sue intenzioni bellicose si stemperano in un abbraccio
e tanti baci. Sembra un pugile estenuato che si attacca al collo
dell’avversario. Riesce a tornare e crolla a fianco a me. Si riprende
dopo un po’ al rumore di una macchina che parcheggia.
-Dove vai?-A chiedere una sigarettaIn macchina c’è una signora che, alla vista di Michael, mette giù tutte
le sicure.
-Apri, dammi una sigaretta!La signora finge di niente e Michael le fa la linguaccia e il marameo.
La signora, a quel punto, rimette in moto e se ne va, rinunciando alla
sua commissione. Michael ritorna, fa l’ultimo sorso di vino e
s’addormenta. Più tardi ci sveglia il rumore delle macchine della
pulizia, venute a lavare il pavimento e a cancellare le tracce della
notte.
FILM PER ANDREINA
Entra dall’uscita di sicurezza. Attraversa la penombra di un corridoio.
Pigia nel cerchietto del sotterraneo e le porte dell’ascensore si
chiudono. L’arrivo è accompagnato dal trillo di un campanello.
Raggiunge una porta, la chiave nel pugno che apre. Appoggia la
borsa su di un mobiletto e il cappello da proibizionismo anni ’20
sull’attaccapanni. Va verso la scrivania e porta sull'’ON l’interruttore
che giace al lato di uno schermo.
Immediatamente inizia il teatrino mobile dell’orologio svizzero. Le
lancette segnano le 8 p.m. Le statuette sfilano sulle note del carillon.
Black Aut.
Dal buio della bocca di un megafono esce lentamente l’occhio della
camera. Cresce la luce e il suono, la camera va a cercare il cartello sul
muro:
LEICESTER SQUARE
-Cittadini di tutto il mondo, benvenuti alla gioia, benvenuti alla sempre
accesa piazza del divertimento e dell’allegria. Tutto è pronto, tutto
abbiamo preparato per imbarazzarvi nella scelta di questo spettacolo
infinitooo ..-.
L’uomo al megafono è eccitato. Veste un frac grigio. Capelli bianchi e
basettoni escono dal cilindro con la bandiera del Regno.
Ora la camera indietreggia. Ragazzi, che tengono volantini inquieti,
riempiono lo spazio a mò di cerniera lampo che si chiude.
-Corona il tuo sogno- -Da noi vivrai l’indicibile- -Da noi di più- si legge
sui volantini colorati.
La camera si confonde nel marasma. Avvista un arco umano divertito
e va a sbirciare curiosa. Un uomo travestito da Charlot tiene banco.
Corre dietro un passante calvo per mettergli una parrucca. Ora sente
il rombo di un aereo e tira fuori dalla borsa un telecomando. Poi passa
un rasta e tira fuori un pettinone. Infine arriva la macchina della
polizia e riprende il telecomando.
Imbrunisce. La camera si lascia affascinare dalle luci intermittenti dell’
EMPIRE. Poi si volta a guardare l’uomo ragno. E’ di colore, ha un
incisivo d’oro. Si inarca fino a portare le gambe sopra le spalle e
cammina a quattro zampe: bocche aperte.
Le statue umane immobili: in alto le insegne del LITTLE HAVANA. Il
BURGER KING, CICHITA. Di fronte, il chitarrista hippie dalla voce da
pecora: seduti, a gambe incrociate, i nostalgici.
Infine, nel buio, commoventi predicatori derisi nella piazza della
perdizione.
( Servizio: Cara Andreina,
è mia intenzione mostrare la piazza e i giullari che intrattengono. I
giullari cambiano continuamente e, quindi, tutto sarebbe legato ai
presenti nel momento delle eventuali riprese. I locali, bene o male,
sono quelli. Mi piacerebbe che le insegne fossero riprese da molto
vicino, fino a farle apparire mostruose, o comunque, aggressive.)
A questo punto, la camera si ferma su di un ragazzo che raccoglie
bicchieri e bottiglie vuote sui tavoli esterni di un locale. Lo segue.
Entra nel bar piantonato da due gorilla. OXIGEN: fumo e baccano. Il
ragazzo appoggia i vuoti sul banco.
So’ le nove e mezzo, io vado in pausa- dice all’altro dietro il banco.
Così, fa le scale, passa il bar del primo piano e sale ancora per
guadagnare l’ufficio dove si tengono zaini e giacche. Proprio davanti
alla porta, incrocia un altro ragazzo, intento a scendere, nell’atto di
indossare la giacca.
-Dove stai andando, Simone-In pausa e tu, Mauro?-Lo stesso!-Dài che ti aspetto!Scendono le scale e insieme escono dall’Oxigen. Si dirigono verso la
piazza. Passano davanti al chiosco dei biglietti del teatro.
S- E così, questo è il tuo ultimo giorno di lavoro?M- Sì –
-Cosa fai dopo?-Me ne torno in Italia-A far che?-Non lo so, so solo che mi sono rotto il cazzo a guardare nei bicchieri
o nelle bottiglie della gente che beve-
-Lo so, è un lavoro di merda, ma hai mai fatto il lavapiatti?-Sì ma non so dirti cos’è peggioSeguono l’inferriata del giardino poi ad un certo punto si fermano a
consumare un panino. Tra un morso e l’altro:
-Ecco, proprio lì ho fatto il lavapiatti, al Rendez Vous-Che cos’è, un bar?-Sì, bar, sala da thè, pasticceria. Non facevo un gran che,
amoreggiavo tutto il tempo con le bariste. La vedi quella ai gelati?-Sì,carina!-Si chiama Ilona. E’ lituana. Veniva sempre in cucina a lavarsi le mani
e a bagnarmi-E tu?-Niente, ridevo, non conoscevo una parola di inglese. Una volta, verso
Pasqua, mentre facevamo la pausa, mi costrinse a salire senza
biglietto sulla giostra dei cavalli a dondolo che era venuta per la festa-Cos’è accaduto?-E’ arrivato il tipo con una faccia da Mangiafuoco, grosso e grasso,
barba e capelli lunghi, e ci ha fatto scendere malamente-Che ora si è fatta?-Mancano cinque alle dieci-Ci avviamo?-Sì, dài!Si alzano e si dirigono verso l’Oxigen. La camera li segue.
-Ora che hai menzionato Mangiafuoco, questa piazza sembra un po’ il
paese dei balocchi-Sì, è vero, Collodi deve essere passato di qui prima di scrivere
Pinocchio.
Ridacchiano. Arrivano all’Oxigen, salutano i gorilla della security e
fanno le scale.
-Perché ti sei licenziato dal Rendez Vous?-Perché io dopo un po’ mi rompo il cazzo-E con Ilona?-Quando ho la pausa vado a spiarla dalla vetrataArrivano in ufficio e lasciano zaini e giacche. Scendendo:
-Ancora cinque ore di lavoro-Per te sono le ultime-Già, per il resto sono cazzi tuoi-Grazie per la solidarietà-Dovere!Simone rimane al primo piano, Mauro scende al piano terra. Riprende
la caccia ai vuoti. Su e giù, dentro e fuori. Scansa persone, sostituisce
posaceneri. Pulisce i tavoli. Scopa e paletta, raccoglie carte e cicche
di sigarette. Va a prendere il ghiaccio e controlla i bagni. Il tutto in una
terribilmente lucida assenza.
-La spazzatura, Mauro!- grida il ragazzo dietro il banco.
Mauro raggiunge lo sgabuzzino della spazzatura dove trova Simone
ed altri ragazzi che stanno già portando fuori i sacchi. Mauro se ne
carica due e sotto sforzo:
-Con tutti ‘sti gorilla che abbiamo, non potremmo farla fare a loro
questa operazione?-Hai ragione, loro risparmierebbero i soldi della palestra e noi non
rischieremmo l’erniaOra la camera è fuori e vede crescere la montagna di immondizia,
come macerie di una guerra impacchettate.
Si torna in quella stanza del sotterraneo. Lo schermo è scomposto in
8,16 quadri. Ogni quadro è pieno di immondizia. In uno, ora compare
pure Mauro che butta l’ultimo sacco di immondizia. A questo punto,
l’uomo va coll’indice sull’interruttore e lo porta sull’OFF.
Mauro e Simone escono dall’Oxygen mentre si spegne l’insegna. Per
strada qualcuno vomita, qualcuno canta, per lo più dormono in piedi.
Mauro e Simone si salutano diretti verso differenti fermate
dell’autobus del ritorno a casa. Mauro è sull’autobus, la testa
appoggiata al finestrino. Sul ponte di Vauxall albeggia.
Ore 10,30 a.m.
Suona la sveglia appoggiata su un comodino in una stanza stretta che
vede due materassi sul pavimento.
-Non l’hai mai usata ‘sta sveglia, adesso che hai finito di lavorare, l’hai
puntata- dice Massimo, l’amico di stanza di di Mauro , mentre si gira
nel letto.
-Dovevo pur darle un senso, mi è costata una sterlina al mercato di
Brixton-Tu sei pazzo-Lo so- Mauro si sta vestendo.
-Ma che devi fare?-La cosa più importante prima di lasciare Londra-E quale sarebbe?-La tomba di Marx-Niente meno!-
-Prestami il London A-Z –
-E’ là, nel tiretto-Higate cemetery- Mauro sta cercando sulla cartina.
-Eccolo, è in culo a Giuda, dovrò cambiare almeno tre autobus. Senti
… puoi prestarmi la tua tessera della metropolitana?-Sempre lì, nel tiretto- dice Massimo ad occhi chiusi.
Ecco Mauro uscire dalla stazione della metropolitana di Archway.
Chiede ai passanti dove si trova il cimitero. Lo indirizzano. Una
piccola salita, attraversa un piccolo parco e poi il cancello del
cimitero. C’è una vecchietta, si paga una sterlina.
-Dove è sepolto Marx?- chiede alla vecchietta mollandole una sterlina.
-Segui la strada tenendo la sinistra, la troverai, subito dopo una curva,
sulla destraUna piccola discesa, una salita e, subito dopo la curva, Mauro vede
un uomo in un frac grigio rivolto verso destra. Megafono a tracolla, fa
un inchino beffardo tirandosi dalla testa un cilindro con la bandiera
del Regno. Alle spalle, un uomo con una borsa e un cappello da
proibizionismo anni ’20 che trattiene un troppo facile sorriso.
I CRISANTEMI TRANSGENICI
Se son fiori, appassiranno!
Che pena vederli sfiorire! Tutta colpa dell’orologio delle stagioni che
si era dichiarato indipendente: sin dai primi giorni di Ottobre i
crisantemi erano tutti sbocciati. Due anni prima si era fatto rimborsare
dalle assicurazioni. Una bella valigetta di bigliettoni da cento. Al
momento della stretta di mano, però, il direttore gli fece capire di non
farsi più vedere. - Assicurare i crisantemi, oggigiorno, è come
assicurarsi una coltellata- gli disse sulla porta. L’anno precedente si
era salvato convincendo il vescovo ad anticipare di due settimane la
festa di commemorazione dei morti. L’operazione gli costò il
rifacimento del portale del Duomo ed una noia mortale nel giorno
dell’inaugurazione quando passò addirittura per benefattore.
Il Signore del Crisantemo
Tutta una collina coltivata a crisantemi aveva fatto la sua fortuna e la
sua fama di Signore del Crisantemo. Quell’anno aveva contattato una
multinazionale di colture transgeniche. – Vedrà, potrà tenerli fino a
Pasqua! – gli aveva assicurato l’agente. Il prezzo delle sementi gli
sembrò anch’esso transgenico ma – sempre meglio che pagare il
pizzo alla Curia od ingrassare quei magnaccia delle assicurazioni- si
disse. Quando la notizia si diffuse, insorsero i Verdi con una
manifestazione che vide il suo momento più alto nel lancio di
crisantemi di plastica davanti alla sua abitazione. Il Signore del
Crisantemo era alla finestra e diceva – voglio vedere chi la smaltisce
tutta ‘sta plastica!Poi ci fu la scomunica del vescovo che in una lettera aperta ai
parrocchiani lo accusava di sacrilegio e di immoralità. –Il bue che dice
cornuto all’asino- commentò il Signore del Crisantemo.
La delegazione
Sarà stata suggestione, una notte ricevette in sogno una delegazione
di morti. – Siamo venuti per delle rimostranze- disse il portavoce. Il
Signore del Crisantemo li fece accomodare in salotto e si mise a
disposizione. – Com’è ‘sta faccenda dei crisantemi transgenici? – gli
chiese il portavoce con tono mafioso. – Vedete – rispose il Signore
del Crisantemo accomodante – che qui è già tutto transgenico: le
stagioni, le religioni, la politica, il pane ….- . – Bene, se questa è la sua
risposta, si prepari alle fiamme trangeniche – disse il portavoce
mentre se ne andava seguito dalla delegazione.
Le fiamme transgeniche
La mattina dopo, il Signore del Crisantemo si mise a cercare sul libro
della smorfia le parole: delegazione, portavoce, mafia, morti, fiamme
transgeniche. Voleva trarre profitto da quella visita inaspettata
giocando numeri al lotto. Ad ogni parola trovò il numero
corrispondente tranne che per le fiamme transgeniche. O meglio, le
fiamme c’erano ma non erano transgeniche. Mentre impugnava la
penna per scrivere alla casa editrice affinchè aggiornasse la smorfia,
sentì puzza di bruciato, bruciato transgenico, venire dalla collina.
Caro Rousseau,
C’è un tempo, tanto inspiegabile quanto necessario, in cui partire. Il
più bello dei cortili, sennò, rimane solo un cortile.
Tuo,Emilio.
Il taccuino di Emilio
D’improvviso il mio passo si è fatto insicuro. Non più la terra
buona di tutta la mia infanzia, sotto ai piedi, ora, le selci levigate della
mia prima volta in città. Mi sono fermato a guardarla come una volpe
atterrita da fari d’automobile.
Corre la città, corre l’uomo nel suo artifizio. Si ferma ad un semaforo
rosso, riparte dopo il colpo di clacson.
Ho preso una mela da una bancarella e mi sono sentito ficcare un
calcio in culo.Sono seduto su di un marciapiede accartocciato dallo
spavento. –Clochard- così mi ha detto che si chiama, mi ha preso per
mano e mi ha portato a mangiare.
Il crocifisso è alto, troppo alto per chi vi entra con la testa bassa. I
vassoi in formica opaca. La luce giallognola in un silenzio religioso.
Uno straccio bianco al pennone degli sconfitti, ecco cosa mi è
sembrata la mensa della Caritas.
Siamo usciti dalla mensa e, per un po’, ce ne siamo portati appresso il
silenzio. Clochard mi ha accompagnato all’uscita della città e mi ha
dato un indirizzo:-Pestalozzi Enrico, Neuhof-.
Mi hanno detto che potevo andare. Ho raccolto i miei stracci
celermente. Non è la cella che fa impazzire ma il sapere che la mia
libertà dipende da terzi. La frontiera è una barra di legno. Il confine è
d’aria e luce.(*C.S.I.)
Rousseau era un lupo, Pestalozzi è un gatto. Rousseau lo si vedeva
solo con la coda dell’occhio, Pestalozzi è più maldestro. Questo
maldestro di Pestalozzi non ha tanta paura della gente.
So solo di non essere arrivato. Scarpe rotte eppur bisogna andare.
Lascio effimere orme sulla neve. Senza tempo è il cammino. Senza
pausa è l’ansia di uomo.
A Jasnaia Poliana si legge sul frontone: Studiare è desiderare. La
scuola è senza porte e senza finestre. Trattenere è un invito ad
andare.
Tolstoj sa della terza legge della dinamica. Tolstoj non sa cos’è il
caos. Tolstoj sa cos’è il rispetto. Tolstoj non sa nemmeno se ha il
diritto.
Oggi è arrivata la polizia coi fucili. Tolstoj è uscito col suo ramoscello
di ulivo. Gli hanno dato la cicuta del monopolio di stato.
IL VANGELO SECONDO MATTEO, MIO CUGINO
Quanta strada per raggiungerla! Poveri re magi e poveri anche i
cammelli. Ora che la stella cometa era proprio sulle loro teste,
scesero dai gropponi e presero i doni. San Giuseppe si avventò
sull’uscio.
-Parola d’ordine!- chiese aggressivo.
-“Non al denaro, non all’amore, né al cielo”- rispose Baldassarre.
-Bene, chi siete?-Siamo i re magi, siamo venuti a portare i doni al re dei re- disse
Melchiorre.
-Cosa avete portato?-Oro, incenso e mirra- dissero i re magi rispettando il turno.
-Non avete i Lines dormi-asciutto?-No!- rispose Gasparre mentre si riempiva di stupore.
-Allora non abbiamo bisogno di niente- disse San Giuseppe
cacciandoli malamente.
Nei ritagli di tempo, Gesù andava a trovare suo padre in bottega.
Dava una sistemata e raccoglieva i trucioli.
-Che cosa vuoi fare da grande?- gli domandava San Giuseppe.
-Non lo so, forse il Maestro- rispondeva Gesù.
-Basta che non lavori per i padroni- si raccomandava San Giuseppe.
Nella Samaria c’era un capellone fannullone. Cantava Help e Ticket to
Ride. Le madri dicevano ai figli di non avvicinarlo perché aveva i
pidocchi. I pidocchi non lo avvicinavano perché lo consideravano uno
di loro. Un giorno si trovò a passare di lì Gesù. Sarà stata la
stanchezza o la debolezza, insomma, cadde a terra. Prima passò un
bancario e disse- ci mancava un altro capellone!- e se ne andò. Poi
passò un prete e disse- ecco che fine fa chi non viene all’oratorio!- e
se ne andò. Infine arrivò il capellone fannullone e si fermò a
soccorrerlo. Gesù lo ringraziò e insieme cantarono una canzone di
Battiato di quando era ancora lucido: -si salverà chi non ha voglia di
far niente e non sa fare niente-.
Gesù tornava dal suo viaggio in India quando gli venne incontro una
donna tutta vestita di nero. Sul momento non la riconobbe poi,
quando si gettò ai suoi piedi, capì che si trattava di donna Cuncetta, la
moglie napoletana di Lazzaro. –‘Aggiu fatt a guerr, ‘aggiu fatt ‘o
contrabband, àggiu mangiat pan e ppan- diceva mentre Gesù cercava
di tirarla su. –Famm ‘a ggrazj, famm ‘a ggrazj- concludeva. Allora
Gesù si fece condurre alla tomba di Lazzaro e fece spostare le pietre.
-Lazzaro, alzati e cammina!- ordinò.
Lazzaro si destò infastidito: -Se c’è qualcosa che non capisco in
questa fottutissima vita, quello è l’accanimento terapeutico- si sfogò.
Alla conta di mezzo giorno mancava una pecora. Al garzone
sobbalzarono immediatamente le parole del suo padrone di origine
sarda:- se manca un solo capo ti stacco un orecchio-. Preso dal
panico, lasciò il gregge ed iniziò la ricerca della smarrita. Mentre
percorreva la strada a ritroso, portava continuamente le mani ai
padiglioni e si domandava quale dei due avrebbe scelto il padrone.
Quando, dietro una fratta, ritrovò la pecora accasciata, il garzone fece
salti di gioia.
-Ti ho ritrovata!- diceva mentre se la baciava.
-Hai ritrovato il tuo orecchio- pensava la pecora pulendosi dallo
sbavacchio.
Il garzone la prese di peso e se la portò intorno al collo. Quando
raggiunse il gregge, erano tutte davanti alla TV a rincoglionirsi con “ I
Fatti Vostri”.
In verità, in verità vi dico che è più facile smarrirsi nel gregge.
Quando il suo carisma era diventato tale da riuscire a radunare
migliaia di persone, Gesù venne invitato da Confindustria. Alla notizia
reagì con queste parole –Hanno la faccia proprio come il culo!-. Ci fu
un lungo titubare, poi Simone gli disse –Vàcci, basta che non fai la
fine di Masaniello- e così andò. Quando fu il suo turno, portò il
microfono all’altezza della bocca e disse –“Di andare ai cocktails con
la pistola non ne posso proprio più”; in questo nido di vipere ci
vorrebbero almeno una diecina di Ananas per far saltare tutto-. A quel
punto intervennero i gorilla della security.
-Lasciatemi, servi!- diceva mentre lo sbattevano fuori.
Durante la sua relazione sul tema di Brecht: “Aprire una banca è lo
stesso che rapinarla” Gesù si raccomandò al popolo convenuto di
non confondersi con l’usciere perché questi era solo un servo.
-Ricordatevi- continuò –che il nemico è generalmente invisibile ma
non è sempre solo il ricco perché, se ogni ricchezza puzza di furto, un
po’ tutti sognano di puzzare-. –Guardatevi dall’American Dream
perché esso è esca per gli sprovveduti ed è miraggio per gli imbecilliammonì.
Tutti il giorno e tutti i giorni a spiegare alla gente perché respirava,
dove si trovava e chi la comandava: Gesù non ne poteva proprio più.
Una mattina, a metà predica, abbandonò e se ne andò sul Calvario. –
Mica è colpa mia se sono andato troppo avanti col pensiero- si diceva
mentre saliva. Quando fu in cima al monte, alzò gli occhi al cielo e
disse – Padre, io non lo so se questi hanno margini di recupero ma
ricordati di “chi viaggia in direzione ostinata e contraria col suo
marchio speciale di speciale disperazione, che tra il vomito dei
respinti muove gli ultimi passi per consegnare alla morte una goccia
di splendore, di umanità, di verità”- .
“” Da Smisurata preghiera
De Andrè
Gesù raccolse mendicanti e punks-a-bestia per strada e disse loro di
seguirlo.
-Dove andiamo?- gli chiedevano.
-A Roma!- rispondeva.
-A far che?- insistevano.
-A prenderci il salario sociale- e si azzittivano.
Dopo un po’ qualcuno gli chiese – e se non ce lo dànno?- .
-Sfasciamo tutto!- rispose.
-Ma tu sei non-violento- gli obbiettò.
-Perché non mi hai visto spaccare le bancarelle dei mercanti fuori dal
tempio- rispose risoluto.
Gesù si era iscritto al corso per computer perché, diceva, -bisogna
cavalcare la tecnologia sennò ‘sti bastardi ci fottono-. Smessi i panni
del predicatore, ora si era messo in testa di fare l’Hacker.
-Bisogna azzerare i conti e mischiare le carte- continuava. Prima,
però, dovette scomodare lo Spirito Santo perché scendesse e gli
facesse dono della lingua inglese.
-‘Sti inglesi sono peggio dei romani, ti impongono pure la lingua- si
lamentava.
All’ultima cena Gesù dovette fare parecchi miracoli perché il vino
finiva sempre. A turno cantavano una strofa de “La società dei
magnaccioni” e poi si accoravano nel ritornello. Solo Giuda
partecipava svogliatamente. Allora Gesù prese il pintone del vino e gli
riempì il bicchiere. –Bevi,- gli disse –così ti scordi di quanto sei
stronzo!-.-Lo sai meglio di me che è tutto scritto e noi siamo solo
inchiostro- si difese Giuda. –Sei il miglior avvocato che io conoscarispose Gesù toccandogli il bicchiere col suo. A quel punto
intervenne Pietro a chiedere spiegazioni. –Tu è meglio che ti stai
zitto!- lo stroncò Gesù.
Mentre aspettava che le guardie venissero a prenderlo, Gesù fu preso
da una botta di malinconìa. Svaniti i fumi dell’alcool dell’ultima cena,
ora si sentiva solo. Così raggiunse Maria.
-Che c’è, figliuolo!-Ho tanta voglia di tornare nel tuo liquido amniotico!-Andiamo, su, hai trentatre anni!-Mi faccio piccolo!Allora Maria lo prese sulle ginocchia e gli cantò “La giacca” di
Claudio Lolli. Gesù capì. Diede un bacio alla madre e se ne ritornò
nell’orto degli ulivi.
Pilato cantava “Roma capoccia” e si lavava le mani. Allora Gesù gli
disse –di voi romani ho sempre apprezzato il senso dell’igiene; siete
capaci di spostar montagne per fare dighe e acquedotti. Per le
fogne,poi, primeggiate nel disfarvi della merda-.
-Non lo sapevi che la merda più la smuovi e più puzza?-Non muoverti, allora; la trovo da me l’uscita-.
LA STERZATA DI SHEPHARD
Tutta l'Inghilterra è ferma. Un minuto, una preghiera: la regina madre
sta morendo.
Roma. Angelus, prima domenica di marzo dell'anno 2000.
Nostradamus aveva visto giusto. Il Papa del 2000 è nero ed è anche
punk.
- Tutta la notte ... (applauso) - Tutta la notte ho pensato alla regina
madre (applausi). E' a lei che dedico questo pezzo -.
Così rivolge il telecomando al cielo e preme un tasto. Ora il cielo si
apre e scende una nuvola. Incredibile! Sulla nuvola c'è Sid Vicious.
Eccolo raggiungere il palco dove lo aspetta la sua band. Giusto una
pacca sulla spalla e poi iniziano: God save the Queen. …
Los Angeles, barflys
- Io lo sapevo - Che? - Che erano tutte stronzate: regine, conti e marchese - So' più stronzi quelli che ci credono - Speriamo che schiatta subito, così tirano fuori una nuova birra - Costerà una cifra! - Già, queste regine non ci servono proprio a niente! - Portano solo disgrazie - E noi ne abbiamo abbastanza da dover bere per dimenticarle! - Cin - Cin I vermi scelti.
Salviette al collo e pugni che stringono posate sulla tavola bandita, i
vermi sono pronti. Dopo estenuanti prove selettive sulla storia della
monarchia inglese con accenni alle monarchie europee, a questo
sparuto numero di vermi spetta l'onore di spolpare la regina madre.
- Quando arriva? - Arriverà, arriverà! - E se decidesse di farsi cremare? - Ci facciamo un brodino con le ceneri! E dove va, non ha scampo! -
Al capezzale c'è tutta la famiglia reale ed anche lo stalliere. Tutti
vogliono assistere a questo momento storico nonostante i ripetuti
inviti del medico a sgombrare la stanza. La regina madre chiede al
guardasigilli di avvicinarsi con un regale movimento della mano.
Trattasi dell'ultimo desiderio della moribonda: l'ultimo giro per Londra
sul Routemaster (il famoso bus rosso a due piani). Il guardasigilli
comunica ai presenti la notizia, che suscita sommesso clamore. Il
medico si oppone invano, poi se ne va sbattendo la porta.
Inizia la mobilitazione. Il guardasigilli si prende cura della cosa in
prima persona. Organizza subito un vertice al quale invita il capo della
polizia e l'amministratore delegato dell'azienda dei trasporti.
- A lei - dice rivolgendosi al capo della polizia - a lei il compito di
organizzare una strategia di percorso: che ne so ... Tower Bridge,
Westminster, Trafalgar Square e qualche parco ... ah, non voglio
barboni sul tragitto -.
- A lei - dice rivolgendosi all'amministratore delegato - il compito di
attrezzare il Routemaster di un sollevatore che porti la regina madre al
piano superiore - Domande? - No, Sir! - rispondono all'unisono i sottoposti.
- Voglio che tutto sia pronto per domattina alle 10.00 - Si, Sir - Si, Sir Buckingham Palace, ore 9.00
La regina madre si sta alzando. Il guardasigilli è sceso a controllare
che sia tutto pronto. Il capo della polizia gli va incontro per mostrare
la mappa del percorso.
- Non male - dice il guardasigilli dopo un'occhiata fugace.
Il Routemaster è pronto davanti alla porta, preceduto e seguito da una
scorta di poliziotti in motocicletta. Il guardasigilli entra a guardare
seguito dall'amministratore delegato: c'è il sollevatore e,
cautelativamente, sono stati rimossi dei sedili che avrebbero potuto
essere d'intralcio.
- Un buon lavoro - dice il guardasigilli - ma non c'era un autista
bianco?- No Sir - risponde l'amministratore - l'ultimo è morto due mesi fa di
cirrosi epatica -.
Ore 10.00
La regina madre è al piano superiore del Routemaster, ora la colonna
si muove. La regina è stanca e commossa. Commossa è anche la
gente che, alla notizia, si è riversata per le strade. Tutti agitano un
fazzoletto bianco per l'estremo saluto e con lo stesso s'asciugano il
pianto. Trafalgar Square, Big Ben, Westminster quando, ad un certo
punto, il Routemaster si arresta inspiegabilmente. Il guardasigilli
scende infuriato e va dall'autista.
- Perché ti sei fermato? Segui la scorta! L'autista è impassibile, non lo degna di uno sguardo.
- Fottiti! - gli risponde con gli occhi fissi in avanti, quasi sotto ipnosi.
Poi, deciso, come se fosse uscito da un lungo tormento, un tormento
lungo quanto una notte, sterza tutto e riparte.
Già, una notte insonne per Shephard.
Drin, drin!
- Pronto chi è? - Sono il capo, domani non sei in linea, devi accompagnare la regina
madre in giro per Londra. Allora una, due, tre sigarette. I compagni dell'Associazione Fratelli
d'Africa, i vicini di casa: già gli puntavano l'indice.
- La regina? E chi se la incula?! - aveva detto una volta al pub
suscitando ilarità.
- Dove vai? Questa strada è fuori percorso! - gli dice ora il
guardasigilli.
- A Brixton! - risponde secco.
Nulla si può contro quell'omone nero, chiuso nella sua cabina e
protetto da vetri antiproiettili. La regina madre non si è accorta di
niente. Le forze le scemano e forse ha perduto ogni senso. Quando
arrivano sotto il ponte di Brixton, chiude definitivamente gli occhi,
quegli occhi che mai videro la periferia del mondo.
L’ultima fava
Quando il violinista pazzo tornò al suo paese, la terra mostrava
labbra aride e il popolo adorava i telefonini. D’emergenza ricompose
la scuola peripatetica e fece il punto della situazione.
-
Prima era il deserto dell’anima e noi eravamo ginestre- disseora sarà anche il deserto della Terra e finirà per tutti.
Peripatetici, -continuò- dobbiamo fermare la desertificazione
ma, prima ancora, dobbiamo far saltare i ripetitori dei
telefonini perché questi si so’ tutti rincoglioniti-.
Il giorno dopo, il popolo si svegliò senza tacche sul telefonino. La
scuola peripatetica continuò puntuale nella villa comunale. Il violinista
pazzo era arrivato canticchiando una canzone del C.S.I.
“Ecco la Terra in permanente rivoluzione, ridotta imbelle, sterile,
igienica, una unità di produzione, una unità di produzione”.
-
Voglio citarvi una frase dei compianti indiani d’America- disse
ad un certo punto,
“Questa Terra non la abbiamo avuta in
eredità dai nostri padri ma l’abbiamo in consegna dai nostri
figli”.
Ora, è successo questo, che, per andare appresso a quei
babbioni di quegli altri americani degli Stati Uniti, abbiamo ridotto
la Terra una mappina, senza guardare in faccia né ai padri né ai
figli-.
“Quant sì bell a cavall a “stu cammell”, cantava euforico il violinista
pazzo il terzo giorno. Quando ebbe recuperato un po’ di serietà, disse:
-
Ci restano due cose da fare: o ci mettiamo ad allevare
cammelli o ci giochiamo l’ultima fava. La prima è accanimento
terapeutico verso un sistema putrido, la seconda è tanto
ultima quanto ambiziosa e si propone di prendere tutta la
piccionaia-.
Ci fu un rapido consulto tra i peripatetici poi il portavoce disse: nella
vita, bisogna mirare alto per non spararsi nei coglioni. Il violinista
pazzo apprezzò molto quelle parole cariche di significato e, un po’, si
commosse.
Il quarto giorno il violinista pazzo se ne venne con una canzone di
Battiato “Non servono eccitanti, tranquillanti o terapie, ci vuole
un’altra vita”. Quando finì, prese ad introdurre la teoria dell’ultima
fava.
-
Quella leggiadra di Mary Poppin’s- disse- ci ha infinocchiati
col suo “basta un poco di zucchero e la pillola va giù”. Basta
con le medicine, andiamo dritti al morbo! Per fermare tutti i
deserti, dobbiamo strappare il cuore al capitalismo, non ci so’
cazzi!-.
“Strawberry’s fields forever” cantava il violinista pazzo il quinto
giorno.
-
L’ultima fava ha due momenti- iniziò senza indugiare- il primo
prevede l’esproprio di tutto l’agro del paese, facendo saltare il
municipio, le banche e la caserma. Nel secondo, dobbiamo
farci un po’ il culo a piantare alberi da frutta ma poi si elimina
per sempre il problema del lavoro-.
A quel punto si sentì un gran frastuono venire dalla piazza. La scuola
peripatetica uscì dalla villa comunale e si diresse verso la fonte di
rumore. Il popolo era in rivolta. La piazza era divisa in due fronti. Da
una parte, gli agricoltori si lamentavano del rincaro della nafta
agricola. Dall’altra, i giovani, con pugni alti a stringere telefonini,
chiedevano nuovi ripetitori.
-
BAR
Leo – Nous aurons des lits pleins d’odeurs legeres, des divans …Elio- Ma che stai facendo?- Voglio imparare a memoria questa poesìa di Baudelaire- E perché?- La voglio recitare ad una barista francese là dove lavoro- Te ne sei innamorato?- No, non lo so, voglio solo ringraziarla perché mi allieta il
tempo. Ma che ora si è fatta?- So’ le tre e mezza- Giuda ballerino, è tardi!Leo mette a posto il libro e si prepara per andare a lavorare. Quando è
sull’uscio ..
- Ciao, Elio, ci vediamo domani- Ciao, buon lavoro!- Quante volte ti devo dire che il lavoro non è mai buono?!Leo esce di casa. Un mini appartamento in sub affitto all’ultimo piano
di un casermone edificato dalla magnanimità della regina madre e
destinato ai neri e ai disgraziati. L’ascensore è capriccioso e funziona
solo con la luna piena. Alla fine non si sa se è peggio essere costretti
a fare le otto rampe di scale o gioire della luna piena nel fortore
dell’ascensore troppo spesso scambiato per vespasiano.
L’importante è conquistare terra ed entrare nel fiume di detriti della
periferia. Quanto è bello trovarsi nel vivace terzo mondo di Londra a
Pekam. Alla fermata dell’autobus, esposta sulle bancarelle, frutta
esotica e baccalà. Leo sta aspettando l’autobus rosso direzione
centro.
Il centro è asettico. Il baccalà non si vede anche se turisti e clarks lo
sembrano. Leo arriva al bar dove lavora.
-Sei già qua, cima di rapa?- Leo saluta Franco, un ragazzo sfuggito
alla criminalità organizzata di Bari ma fedele al Bari calcio.
-Domani il Bari gioca con la Juventus, il Foggia con chi gioca?risponde Franco pavonandosi del fatto che il Bari è in serie A mentre
il Foggia è in C.
-Che me ne frega con chi gioca il Foggia, eppoi, anche se il Bari
vincesse il campionato, sempre cima di rapa rimani-.
Una pacca sulla spalla per smorzare un campanilismo più
interlocutorio che effettivo e …
-Chi c’è del management?-Dawn-Quell’arpìa di Dawn?-Che significa arpìa?-Lo vedi che sei una cima di rapa, chiediglielo all’allenatore del Bari!-Franco check the toilet- Dawn,la manager, irrompe.
-Yes,Dawn!- Franco esegue mentre Leo va a timbrare.
Franco e Leo lavorano come bus boys. Camminano tutto il tempo alla
ricerca di bicchieri e bottiglie vuote, e fanno assistenza logistica alle
belle bariste. Ogni volta che si incrociano, si scambiano battute, ora
sugli ombelichi delle bariste ora su quanto gli capita lontano dal
lavoro. Il tutto avviene furtivamente, lontano dall’occhio delle
telecamere del bar e nella certezza che i menager non vedano.
-Dove sta la francese?-Al bar di sopra-Vado a vedere se ha bisogno-Sicuro di non essere tu ad avere bisogno?-Ecco, siete maligni nel DNA a BariRidacchiano mentre Leo fa le scale.
-
Hallo,Isabelle!Hallo, Leo, how are you?Fine when i see you, mais parlons en francaisWhy, we are in London?!Oui mais je voudrai te reciter une poesie de BaudelaireEt bien!- Isabelle fa cenno di procedere.
La mort des amants. Nous aurons des lits pleins d’odeurs
legeres ….-
Il trillo del telefono interrompe l’esposizione ed Isabelle si precipita a
rispondere. E’ Dawn che, avendo seguito la scena sul monitor, invita
Leo a controllare i bagni.
-Fucking Arpia!-What’s Arpia?-It’s a bad bird, Dawn is an Arpia!Leo va a controllare i bagni con disappunto. Riprende il giro ed
incrocia Franco.
-Beh,aveva bisogno la francese?-No, aveva bisogno Dawn-E che voleva?-Voleva che controllassi i cessi-E’ fissata coi cessi!-No, quella rompe solo l'anima-Ci pensi se il bar fosse stato aperto solo a persone munite di
catetere?-No, io invece stavo pensando ad un film tutto ambientato nella fogna.
Raccontare il sabato di due dipendenti delle fogne che, quando le
tubature raggiungevano pressioni insostenibili, dovevano aprire dei
canali di sfogo-Che film di merda!-Perché la storia del catetere era più bella?-Ecco Dawn!-Azione!I due si dileguano nei locali del bar che diventa sempre più pieno. Alla
prima occasione Leo si reca da Isabelle nel tentativo di recitare la
poesia.
-Nous aurons des lits …-Leo, did you check the toilet?- Dawn compare perfida.
-Off course, Dawn!-Well, work!Leo riprende a girare e a raccogliere i vuoti. Quando appoggia le
bottiglie sul banco, arriva Franco.
-Quella specie di donna ha bisogno di una lezione-Lo sai che mi ha negato di fumare una sigaretta?-Perché non molliamo tutto e la lasciamo nella merda?-Perderemmo i soldi della settimana e le tasse pagate-Affanculo ‘ste quattro lire che ci dànno!-Se ce ne andiamo, lo sai quanti disperati sono pronti a rimpiazzarci?-Lo so, ma solo da domaniA questo punto del discorso arriva Dawn.
-Hey, you, move!Leo le si fa avanti e ..-Fuck Off, Dawn!- e guadagna l’uscita.
Franco tentenna, prima s’accende una sigaretta e poi ..-Check the
toilet, Dawn!-.
LE STORIE DI CARLO
Carlo era uno scapolo; un “putto” si sarebbe detto da quelle parti.
Una condizione che mal sopportava e della quale se ne lamentava
continuamente. Dapprima perché succube di sua madre; una donna
forte e risoluta(a novant’anni faceva ancora la “pastella”), la quale
non perdeva occasione per screditarlo e smontargli la stima di sé.
Fondamentalmente lo considerava un ragazzone zuzzurellone e non
c’era possibilità di appello. Poi, alla morte della madre, quando aveva
già passato i sessantacinque, era tormentato dal pensiero che, con un
eventuale matrimonio, avrebbe potuto perdere tutto quanto aveva
messo insieme in una vita di sacrifici e parsimonia. Quando mi
chiedeva se era meglio sposarsi o rimanere scapoli, io gli rispondevo
con le parole di Socrate:
-qualunque cosa tu faccia,
rimpiangerai sempre l’altra-. Commentava con un “ecco!” ed io capivo
di avergli offerto un altro alibi alla sua paludosa situazione. E così a
Carlo non rimaneva che fare il cicisbeo con tutte le donne che gli
capitavano a tiro, per poi tornarsene a casa e sentirsi solo.
Quando Carlo comprò, seppure a pochi soldi, casa, fienile e terre nel
piccolo borgo di Poggiolrosso, tutti gli davano del matto. Il borgo era
stato abbandonato già da diversi anni e i sassi cadevano a terra
disordinati. Tutti gli rinfacciavano di aver comprato un rudere in un
posto inculato e dimenticato dalla civilizzazione mentre la tendenza
era progresso e urbanizzazione. A Carlo, però, interessavano i campi
per farci il fieno sebbene fosse legato emotivamente a quella casa
avendoci trascorso alcuni anni della sua infanzia. Perché ritornasse
vivibile, la casa abbisognava di tempo e denaro, cose che Carlo non
aveva. Così, un giorno si presentò al suo cospetto una più matta di
lui, Silvana, a chiedergli di vendere. Una sera, una delle tante in cui
veniva a trovarci, gli chiesi come mai aveva venduto a Silvana. La
risposta arrivò solo sul momento di andarsene quando, dato fondo
alla bottiglia di vino, Silvana dormiente sul divano, disse
compiaciuto:- ma aveva due gambe!-. L’aver venduto a siffatte gambe,
fece intendere, fu per lui motivo di orgoglio e prestigio fra quanti,
contadini semi-montanari, vicini e confinanti, repressi e morigerati, gli
rapportavano di cotanta visione.
Un pomeriggio, arrivando a Poggiolrosso, si trovò nel bel mezzo di un
raduno New Age. La presenza di tutte quelle donne gli faceva brillare
gli occhi. Strinse la mano ad una ad una accompagnando la stretta
con una battuta od un complimento estemporaneo. Così guadagnò
l’ortocentro della situazione e, con l’abilità di un conferenziere
consumato, monopolizzò l’attenzione. Da buon talento naturale aveva
fiutato nei convenuti il malessere della città e, così, iniziò a raccontare
della prima volta che andò a trovare sua sorella a Sassuolo. Quando
fu davanti a quel palazzo da torcicollo, si perse in un alveare di
citofoni. Era pronto a rinunziare se non ci fosse stato l’intervento di
un inquilino ad indicargli il bottone. Rispose sua sorella pregandolo di
aspettare. Arrivò con un paio di ciabatte e Carlo ci mise un po’ prima
di convincersi a togliersi le scarpe. Presero l’ascensore ed arrivarono
al piano. Mentre percorrevano il corridoio che portava
all’appartamento, sua sorella gli intimava di parlare piano con l’indice
ad incrociare le labbra. Varcata la porta, due pattini per muoversi in
casa. Carlo stette cinque minuti poi rivolle le scarpe per andarsene. –
Come si fa- si lamentava, -a vivere in quei loculi incerati?-.- Io,
nell’arco della giornata, entro ed esco di casa cento volte, impazzirei a
togliere e rimettere scarpe; poi, tutti quei piani, e se uno si scorda
qualcosa o solo gli scappa da pisciare?- .-Io, quando sono fuori
davanti casa, se mi scappa da pisciare, tiro fuori il “grillo” e piscio…-.
Carlo non aveva sempre fatto il contadino. Per qualche anno, in pieno
boom economico, aveva lavorato per un gruppo di ceramiche come
padroncino, essendo proprietario di un camion col quale trasportava
la terra. Si svegliava prestissimo per aiutare suo fratello a mungere le
mucche e poi partiva spedito per arrivare primo dietro i cancelli del
piazzale. Lì aveva imparato a conoscere i meridionali, -gente che non
fa la spia- asseriva, e lui si fidava anche se sapeva che ognuno di loro
aveva un coltello in tasca. Lavoravano a cottimo e il tempo era
denaro. Mangiava mentre guidava le dieci uova sode prontamente
sgusciate la sera prima. Una volta trattenne la “piscia” da Sassuolo a
Cerredolo perché forse ce la faceva ad effettuare un’altra consegna
quel giorno. Invece si imbattè in un posto di blocco della polizia che
lo invitava ad accostarsi. Produsse tutti i documenti ma non bastò. Lo
scortarono ad una pesa dove riscontrarono un sovraccarico del
camion. 400.000 lire di multa, tanto da deglutire a secco. Quando il
tutore della legge gli consegnò il verbale, Carlo disse solennemente:Comandante, spero che un giorno suo figlio torni a casa e le dica che
ha preso 400.000 lire di multa mentre lavorava!-.
Durante gli ultimi mesi della vita terrena di sua madre, ebbe bisogno
di una badante. Una donna dell’Est varcò la soglia di casa sua per
assumerne il comando. La prima richiesta che gli fece, fu quella di
comprare un telefonino essendosi resa conto che non c’era un
telefono fisso in casa. Le ricariche duravano due giorni e Carlo iniziò
ad esercitarsi nella difficile arte di soffrire in silenzio. Un giorno,
mentre era al supermercato che guardava la lista della spesa, gli
venne quasi un esaurimento nervoso: stracci, strofinacci, spugne, per
i vetri, per la cucina, per il bagno, per il legno, per il lavabo. E pensare
che lui, al bisogno, usava l’alcool denaturato per tutto con maglie
dimesse ritagliate. La voce “detersivo per i piatti” la considerò un
errore dal momento che lo aveva preso la settimana prima e che a lui
durava anche due anni. Quanto al sapone per le mani, non ebbe
dubbi, pensando anche di fare cosa gradita, prese una bella saponetta
“Palmolive” che lui si ricordava essere il sapone dei “signori”.
Quando tornò a casa con le buste, la badante, nell’atto di verifica e
svuotamento, si lamentò della saponetta “Palmolive” perché voleva il
sapone liquido col dosatore e gli rinfacciò di essersi dimenticato del
detersivo per i piatti.
Quando, nelle stagioni di mezzo, la sera Carlo veniva a farci visita, ci
trovava davanti al camino. Quel camino dove sua madre faceva la
polenta, alto che quasi ci si stava dentro in piedi. Quello stesso dove,
in una sera d’inverno, sua madre fece da mangiare ai partigiani. E
quando furono belli sazi e alticci, raccontò, qualcuno di loro prese
dello strutto e lo lanciò sul fuoco per alimentare le fiamme. Sua
madre, in preda alla disperazione, vedendo minacciata la scorta
invernale di strutto, prese a protestare. Ci fu un attimo di tensione,poi,
la cosa rientrò per l’intervento del buon senso degli altri partigiani. –I
partigiani?... ce ne erano anche di ignoranti!- sentenziava Carlo
avendo assistito a quella scena in un angolo della casa con gli occhi
sgranati di un bambino.
Ogni volta che andavamo nella stalla, Carlo ci mostrava il mattone del
pavimento dove un militare tedesco, durante una irruzione, aveva
sparato seminando panico tra uomini e bestie. Avevano l’ordine di
prendere un uomo del borgo, padre di sette figli, per portarlo al
comando sito in località la Quercia.. Mentre facevano per portarselo,
tra pianto di bambini, disperazione delle donne e uomini del borgo a
scongiurare, l’ufficiale tedesco si commosse e lo lasciò andare
accompagnando il suo atto di clemenza con un “io non avere visto
niente”. –Ah, i tedasc!- sospirò Carlo e continuò, a modo suo, di pal in
frasca, -anche questo Papa… l’altro, quello della Polonia, era bravo,
aveva persino perdonato chi gli aveva sparato, questo…, se capitava
a lui, non lo perdonava mica, ve’!-.
Alla morte di sua madre, Carlo si chiuse in casa e cadde in una crisi
profonda. La sua lunga assenza da Poggiolrosso ci indusse a fargli
visita . Lo trovammo in un vistoso deperimento organico, alla mercè
dell’ipocondria. Usammo parole di circostanza che non riuscirono a
lenire la sua sofferenza e ci accomiatammo lasciandolo così come lo
avevamo trovato: mogio ed inconsolabile. Di lì a poco, apprendemmo
che i suoi familiari erano riusciti a convincerlo a ricoverarsi in
ospedale. Le notizie successive lo davano in netta ripresa e,
addirittura, resistente alle dimissioni dall’ospedale. Lo immaginavamo
“cavalier cortese” con le infermiere ed impegnato a soddisfare la sua
attitudine a socializzare con chiunque. Quando venne a trovarci lo
trovammo in forma sebbene gli avessero intimato di ridurre vino,
grassi animali e dolci. –Il cuore, il fegato, il pancreas … io non lo
sapevo mica di avere tutte queste cose …io ho sempre pensato di
essere un pezzo unico!- commentò a proposito di quella improbabile
scomposizione.
Silvana, grazie all’apporto di Carlo ed attingendo da fonti occasionali,
metteva insieme tessere del mosaico storiografico del borgo. Aveva
reperito la foto-ricordo dell’ultimo abitante di Poggiolrosso, tale
Nazario, e la teneva sul tavolo in attesa della visita di Carlo. Di
Nazario, Carlo ne aveva già parlato ampiamente. Uomo rude e
temibile, era proprietario di buona parte delle terre intorno al borgo.
Con la famiglia di Carlo, però, s’era sempre comportato bene. Una
volta avvisò per tempo sua madre prima di spargere mangime
avvelenato nel cortile, per punire le galline dei vicini che non
riuscivano a distinguere i confini. Ciononostante, quand’anche la
madre di Carlo le avesse tenute chiuse per una settimana, le galline
morirono lo stesso avendo beccato quanto era sfuggito alle defunte
galline dei vicini. Quando vide la foto, Carlo ne evidenziò i baffi e
l’espressione arcigna
–Io, nella zona temo solo Bartolomeo- confessava mentre Carlo lo
aiutava nella semina definendo le corsie con brocche di quercia.
Quando, dopo l’aratura, durante la raccolta dei sassi, i suoi operai si
arenavano di fronte ad uno bello grosso, Nazario, per non far perdere
loro del tempo, se ne occupava lui. Scavava come un dannato; non
bastava e scavava ancora, fino a liberarlo del tutto.
-Ah, la vita!- sospirò Carlo agitando la foto, -tutti quei sassi, ma chi te
lo ha fatto fare, Nasario?-.
Passati gli anni, in occasione di una nevicata eccezionale, Nazario,
vecchio, solo e senza più scorte alimentari, vide un trattore far la rotta
verso casa. Di colpo il suo viso si riempì di lacrime quando riconobbe
nei soccorritori i volti dei figli di quei vicini a cui aveva avvelenato le
galline.
LA MERAVIGLIA, IL MIRACOLO, IL PRODIGIO
Prese in esame tre liriche di Montale. Nell’ordine: “Meriggiare
pallido e assorto”, “Forse un mattino”, “Spesso il male di
vivere”.Con l’obiettivo di intessere un discorso atto a cogliere
elementi comuni e sovrapponibili del pensiero di Montale con
misticismo e spiritualità orientale. Montale, occidentale di indubbia
provenienza
e formazione, strizzare l’occhio,
probabilmente
inconsapevolmente, ad Oriente. Proprio lui che una volta, alla
domanda postagli intorno all’esistenza di Dio, rispondeva: “per
quanto io mi sia levato in punta di piedi, non l’ho veduto”.
La meraviglia(triste meraviglia)
Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d’orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.
Nelle crepe del suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
che ora si rompono ed ora si intrecciano
a sommo di minuscole biche.
Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare,
mentre si levano tremoli scricchi
di cicale dai calvi picchi.
E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com’è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.
Nell’andare nel sole che abbaglia, rivelarsi la cecità dell’esistenza e
la triste meraviglia della vita come dolore. La vita-dolore primo
comandamento del Buddismo. Un brutto guaio che i buddisti
affrontano perseguendo la perfezione, limitando, quindi, il ciclo
delle reincarnazioni. Perfezione e reincarnazione, temi sconosciuti
al Montale, ipotesi che avrebbero potuto accendere una fiaccola
nel suo buio pesto. Però vediamo come prosegue il Nostro…
Il miracolo
Forse un mattino, andando in un’aria di vetro,
arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro di me
con un terrore di ubriaco.
Poi come su uno schermo, s’accamperanno di gitto
alberi case colli per l’inganno consueto;
ma sarà troppo tardi ed io me ne andrò zitto,
tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.
Il miracolo è la rivelazione dell’inganno del mondo. Montale gli ha
tolto il velo di Maya, per dirlo come un induista. Poi si accontenta
di avere l’esclusiva come effimera consolazione.
Il prodigio
Spesso il male di vivere ho incontrato
era il rivo che gorgoglia
era l’incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.
Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.
Penso che meglio di Montale nemmeno i taoisti, che pure sono
maestri nell’arte dell’indifferenza, della sonnolenza verso il mondo,
del distacco, avrebbero potuto esprimersi meglio. Ecco il cercatore
di verità,quella verità che in Oriente viene rivelata dall’alto e che
nell’Occidente laico di Montale è dolorosa ricerca. Montale aveva
provato a valicare il limite dello stesso Occidente arrivando
davanti al frontone della porta d’Oriente. Si è arrestato laddove si
arrestano i poeti, affezionati al loro crogiolo di dolore disperato.
Chi li consolerà se non la rassicurazione sulla così tanto temuta
morte, il cui ridondante pensiero ha segnato di malinconia le loro
facce
smunte.
DAL MONDO "SOSPETTO"
AL DESTINO COMUNE
"Divenuta adulta, l'umanità ha nuovi bisogni, aspirazioni più vaste,
più elevate ... non trova più, nello stato delle cose, le soddisfazioni
legittime alle quali si sente chiamata ... Il presente è troppo effimero:
sente che il suo destino è più vasto, e che la vita corporale è troppo
ristretta per racchiuderla interamente; ecco perché affonda lo sguardo
nel passato e nell'avvenire, per scoprirvi il mistero della sua
esistenza."
Allan Kardek
" Già l'autunno! Ma perché rimpiangere un eterno sole, se siamo
impegnati alla ricerca della chiarezza divina, lontano da chi muore
sulle stagioni!"
A. Rimbaud
"Il mondo non può soddisfare 1' Uomo Tragico. I valori assoluti non
possono realizzarsi in esso. Così egli non può amare veramente
niente nel mondo, né si interessa di nulla, sul serio, che sia di questo
mondo, ma sente un vivo desiderio della trascendenza e soffre per
l'incompletezza del reale."
Lucien Goldmann
L' Uomo Tragico, secondo Steiner, scompare con la scomparsa della
Tragedia, e cioè nel Seicento. La scomparsa dell' Uomo Tragico è la
conseguenza della scomparsa di Dio:
"Quando l'uomo sente la presenza di Dio, il mondo viene dimenticato
e svalutato; quando avverte l'assenza di Dio, il mondo emerge in
primo piano."
Lucien Goldmann
Uno degli autori del libro "La morte di Dio ", sostiene che l'uomo
tragico non sia morto nel Seicento ma che abbia consegnato la sua
eredità al Romanticismo, prima, e all'Esistenzialismo, poi. Mi viene
in mente una riga di S. Quasimodo:
"Non una dolcezza mi matura".
"Taedium mundi ".
Dalla conoscenza di se stesso e del divino che è in sé, nasce nello
gnostico tristezza e angoscia; si sente immerso nella materia,
sperimenta l'ostilità del mondo e l'ostilità nel proprio corpo, essendo
in lui uniti elementi pneumatici ed ilici: gli uni hanno origine in Dio
e suscitano il desiderio di ritorno alla scaturigine; gli altri nell'antiDio e tendono verso il mondo, verso la materia.
Da "Le apocalissi gnostiche" Luigi Moraldi
Da" Dualismo"
"Son luce ed ombra; angelica farfalla o verme immondo, sono un
caduto chèrubo dannato a errar sul mondo, o un dèmone che sale,
affaticando l'ale, verso un lontano ciel. Ecco perché nell'ìntime
cogitazioni io sento la bestemmia dell'angelo che irride al suo
tormento, o l'umile dimòne che riede a Dio, fedel. "
Arrigo Boito
"Le cose di quaggiù sono esseri delle apparenze, cose che mentono,
fallaci e soggette a mutamento"...."La materia, il corpo sono la
punitiva dimora dell'anima, l'espressione della sua costrizione nel
mondo in cui essa giace come addormentata, ottenebrata, quasi
dimentica della sua divina origine"..." La scintilla straniera del
pneuma(l'istante della conoscenza) consente di penetrare il gioco
della materia che il demiurgo ha soggiogato alla legge
dell'heimarmene." ..."La salvezza è quella grazia che il Dio nascosto
accorda solo a chi ha saputo scorgere in se stesso la scintilla
divina". . . . "La solitudine è l'esperienza del limite, limite di questo
corpo, limite di questo mondo".
Dalla prefazione di "Kore Kosmou" di Ermete Trismegisto ,
Tiziana Villani
Il "miracolo "di Montale
Forse un mattino,
andando in un'aria di vetro, arida
rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro di me, con un terrore di
ubriaco. Poi come su uno schermo, s'accamperanno di gitto
alberi case colli per l'inganno consueto.
Ma sarà troppo tardi ed io me ne andrò zitto,
tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.
Eugenio Montale
"Tutto è una cattiva messe, ivi compreso il suo creduto creatore, il
nostro "padre corporale" che è atroce, "equo", senza grazia."
Marcione sferra il suo "contra deum", contro Jahvè, legislatore e
reggitore del mondo. Marcione cercò di strappare radicalmente Gesù
dal quadro biblico-giudaico durato fino allora, asserendo che il vino
nuovo del Vangelo di Gesù non poteva essere versato negli otri
vecchi dell'antico Testamento. Il Dio di Marcione era assolutamente
buono, totalmente estraneo al mondo, innocente e pieno di grazia.
Cristo doveva liberare le creature intrappolate nell'artifizio del
demiurgo per condurle a quella "terra straniera", inaudita fino ad
allora.
Da "Ateismo nel Cristianesimo" di Ernst Bloch
C'è un film di Gabriele Salvatores, "Nirvana ", in cui il protagonista
scopre di trovarsi in un videogioco e di ripetere stessi movimenti
rispondendo a stessi imput. Cerca di informare gli altri malcapitati e
si prende del matto. Poi cerca di farsene fuori ed incappa negli
agenti di video sorveglianza.
In esso ci sono diversi elementi dello gnosticismo: oscuro artifizio,
risveglio, solitudine e persecuzione.
"I punti fondamentali della dottrina gnostica: emanazionismo, la
caduta delle anime nelle tenebre della materia, il predominio
dell'Errore e della dimenticanza di Dio, quindi l'ignoranza di se stessi
come eoni aventi radice nella luce di Dio, la necessità della
conoscenza(gnosi) per recuperare la salvezza con il ritorno in Dio,
origine e fine di ogni cosa".
Marcello Craveri
I Vangeli Apocrifi Einaudi Ed.
Certo gnosticismo si concentra più sull'ostilità verso il corpo e la
materia che sull'assunzione delle proprie responsabilità all'origine
della Caduta. C'è una specie di presunzione di innocenza che sfocia
nel vittimismo.
"La parte più importante della rivelazione del Cristo è il punto di
vista completamente nuovo dal quale mostra la Divinità. Non è più il
Dio terribile, geloso, vendicativo di Mosè, il Dio crudele e spietato
che bagna la terra di sangue umano, che ordina il massacro e lo
sterminio dei popoli ma un Dio clemente, sovranamente giusto e
buono, pieno di mansuetudine e di misericordia, che perdona il
peccatore pentito, e ripaga ciascuno secondo le sue opere; non è più
il Dio di un solo popolo privilegiato, il Dio degli eserciti che presiede
ai combattimenti per sostenere la propria causa contro il Dio di altri
popoli, ma il Padre comune di tutto il genere umano."
"Il Dio che dice agli uomini:< La vostra patria non è di questo
mondo, è nel regno dei cieli; è là che gli umili di cuore saranno
esaltati e gli orgogliosi umiliati>. Non è più il Dio che considera una
virtù la vendetta ed ordina "occhio per occhio, dente per dente" ma il
Dio di misericordia che dice: <Perdonate le offese ricevute, se volete
essere perdonati; rendete bene per male, non fate ad altri ciò che non
vorreste fosse fatto a voi>. Non è più il Dio meticoloso e meschino
che impone, minacciando punizioni rigorose, la maniera in cui vuole
essere adorato e che si offende per la mancata osservanza di una
formula, ma il Dio grande che considera il pensiero e non si
compiace della forma. Non è più, soprattutto, il Dio che vuole essere
temuto, è il Dio che vuole essere amato.
Allan Kardec
Stessa inconciliabilità è espressa, oltre che da Marcione, nel recente
libro di Harold Bloom: "Gesù e Yahvè" Rizzolì 2007.
Il grande compromesso della cristianità:
La Chiesa non poteva più invocare il rovesciamento dell'esistenza nel
mondo del credente, nonostante che ciò fosse il nucleo del messaggio
di Gesù. Il cristianesimo era entrato nel tempo e nella storia, il
cristianesimo era divenuto una religione "affermante il mondo".
Kirkegaard
" Il regno di Dio e il Kosmos(mondo) sono categorie antitetiche. Il
nascente Regno di Dio mette in dubbio la realtà del mondo; quando il
Regno avrà pienamente trionfato, il mondo dovrà scomparire".
T.J.J.Altizer
"La nuova vita dell'obbedienza etica è inseparabile dalla liberazione
del credente dalla realtà stessa del mondo".
Albert Schweitzer
"La fede è sempre il risultato di una negazione dialettica del mondo,
della " storia", e dell"'oggettività" ".
Kierkegaard
"La fede è visione. La visione non può prescindere dalla
trasformazione della totalità dell'esperienza"."Il processo di autorealizzazione del Regno passa attraverso l'annullamento dell'ego per
arrivare ad una totale identificazione con il prossimo. Morire
individualmente per resuscitare nella grande Umanità Divina".
William Blake
"Conoscere oggettivamente significa cessare di esistere
soggettivamente".
Kierkegaard
"La fine del regno dell'egoismo, dell'orgoglio e dell'incredulità
prepara l'avvento del regno del bene, che è il regno di Dio annunciato
dal Cristo." Finchè l'uomo sarà dominato dall'orgoglio e
dall'egoismo, userà la propria intelligenza e le proprie conoscenze al
servizio delle sue passioni e dei suoi interessi personali.
Allan Kardec
"La reincarnazione era predicata dal Cristo e dai primi cristiani.
Durante il concilio di Nicea del 325 d.C., nel tentativo di mettere
freno al proliferare di scritture attribuite a Gesù, vennero dichiarati
apocrifi molti vangeli e parti di essi; è fin troppo facile immaginare
quali passi del nuovo Testamento furono soppressi o reinterpretati!
Nel concilio di Costantinopoli del 553 d.C. venne esplicitamente
dichiarata eresia anche la semplice divulgazione della dottrina della
reincarnazione, tramutandola nel dogma della resurrezione della
carne, nel giorno del "Giudizio Universale". La realtà della
reincarnazione fu negata per difendere vasti interessi e la sete di
dominio di un'oligarchia che trovò nel clero un potente alleato".
Geminiano Pinelli, La vita: eterno movimento.
"La fine del IV secolo fu un momento significativo nella storia della
formazione del canone neotestamentario. Fu nel 367 d.C. che il
potente vescovo di Alessandria, Atanasio, scrisse una lettera alle
chiese egiziane sottoposte alla sua giurisdizione, in cui delineava in
termini molto severi i confini canonici delle Scritture. E' questa la
prima occasione a noi nota in cui qualcuno abbia decretato che i
ventisette libri oggi facenti parte del canone, e non uno di più,
dovessero essere considerati Scritture. Inoltre Atanasio raccomandò
di non leggere altri libri definiti "eretici".
Da "La verità sul codice da Vinci" Bart D. Ehrman
"Vi manderò il consolatore, lo Spirito di verità, che ristabilirà tutte le
cose e ve le spiegherà tutte".
(Giovanni XIV-XVI; Matteo XVII;)
"Conoscere è ricordare".
Platone
" La preesistenza dell'anima e la pluralità delle esistenze
rappresentano la legge senza la quale tutto è mistero nella vita".
"Lo spiritismo schiude all'umanità una nuova strada e le mostra gli
orizzonti dell'infinito; se anche non avesse fatto altro che trarre
l'uomo dal dubbio circa la vita futura, avrebbe già fatto, per il suo
miglioramento morale, ben più di tutte le leggi disciplinari che
talvolta l'imbrogliano ma non lo cambiano mai.
Allan Kardec
"Tutti gli esseri sono santi."
William Blake
"Tutti gli esseri gravitano verso un fine comune: la perfezione. Le
anime hanno un unico punto di partenza, e quindi sono state create
eguali, con un'identica attitudine a progredire in virtù del loro libero
arbitrio; sono tutte della stessa essenza e tra loro non vi è altra
differenza che quella del progresso compiuto; tutte hanno lo stesso
destino e raggiungeranno lo stesso fine, più o meno rapidamente, a
seconda del loro lavoro e della loro buona volontà."
Allan Kardec
La vita è felicità. Se non c'è felicità, sappi che stai sbagliando. E il
tempo ti è dato per riparare il tuo errore, per avere la gioia per
riparare al tuo errore. E' per questo che esistono i giorni, gli anni, il
tempo.
Lev Tolstoj
Tolstoj l 'avevo incontrato nei libri di scuola. Il suo "anarchismo
pedagogico" mi era sembrato subito affascinante. Tolstoj aveva ben
chiaro in mente che "studiare è desiderare" e che "ogni educazione è
auto-educazione ". Tutto il resto è repressione e violenza che dura
fin quando non si sono voltate le spalla. Penso che Tolstoj si sia
avvicinato di molto al punto di vista di Dio.
"Perché non c'è l'inferno nel mondo del buon Dio"
F. De Andrè
"Quando un mondo è arrivato ad uno dei suoi periodi di
trasformazione che devono farlo salire nella gerarchia, si operano
mutamenti nella sua popolazione incarnata e disincarnata; è allora
che si hanno le grandi emigrazioni ed immigrazioni. Coloro che,
nonostante la loro intelligenza e la loro sapienza, hanno perseverato
nel male, nella loro ribellione contro Dio e contro le sue leggi,
sarebbero ormai un ostacolo per l'ulteriore progresso morale, una
causa permanente di difficoltà per la serenità e la felicità dei buoni;
ecco perché ne sono esclusi e vengono inviati in mondi meno
avanzati: là essi applicheranno la loro intelligenza e l'intuizione delle
loro conoscenze acquisite al progresso di coloro tra i quali sono
chiamati a vivere, e nello stesso tempo espieranno, in una serie di
circostanze dolorose e con duro lavoro, le loro colpe passate e il loro
indurimento volontario......
La razza adamitica ha tutti i caratteri di una razza proscritta; gli
Spiriti che ne fanno parte sono stati esiliati sulla terra già popolata da
uomini primitivi, immersi nell'ignoranza, che essi hanno il compito
di far progredire apportando loro i lumi di una intelligenza
sviluppata."
Da "dottrina degli angeli caduti e del paradiso perduto"
di
Allan Kardec
Una volta mostrai dei miei quadri(sguazzi) ad una ex insegnante di
educazione artistica. Di gitto rilevò un netto contrasto tra cielo e
terra. Subito non ci badai pur registrando la nota. Solo ora realizzo
che quella rilevazione era una rivelazione. Chissà se riuscirò mai a
conciliare cielo e terra e a poter concludere il mio viaggio con le
stesse parole di Rimbaud:
E' ritornata!
Che?
L'eternità!
E la terra si unisce al cielo.
Ringrazio di cuore Allan Kardec per avermi fatto conoscere la
grandezza di DIO e, con essa, la mia miseria. L'argomentazione più
seducente l'ho individuata nella "Dottrina degli angeli caduti e del
Paradiso perduto ". Un capolavoro pedagogico, il congegno di un
Grande Padre a conciliare Amore, Giustizia e Libertà.
TESTI E FONTI:
Kore Kosmou Ermete Trismegisto prefazione di Tiziana Villani
MIMESIS
La Morte di Dio (La teologia radicale e la morte di Dio) T.J.J.Altizer
e W.Hamilton Feltrinelli
Gesù e Yahvè (La frattura originaria tra Ebraismo e Cristianesimo)
H.Bloom
Rizzoli
Le Apocalissi gnostiche cura di Luigi Moraldi
Adelphi edizioni
Ateismo nel Cristianesimo
di Ernst Bloch Feltrinelli
La vita: eterno movimento
Geminiano Pinelli
La verità sul Codice da VinciBart D. Ehrman
Fullvision ed.
Mondadori ed.
Le rivelazione degli spiriti(Genesi-miracoli-profezie) Allan Kardec
edizioni mediterranee
La frase di Lev Tolstoj trovata appesa nel salotto di Dario e Claudia
Silvana