01/12/1995 - 3 - pubblicazione - Società Amici del Pensiero
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01/12/1995 - 3 - pubblicazione - Società Amici del Pensiero
Nome file 951201SP_AB3.pdf data 01/12/1995 Contesto SPP Relatore A Ballabio Liv. revisione Pubblicazione Lemmi Differenza sessuale Inganno Padre (posto del) SEMINARIO DI SCUOLA PRATICA DI PSICOPATOLOGIA 1995-1996 VITA PSICHICA COME VITA GIURIDICA, 2 1° dicembre 1995 3° Seduta Presentiamo qui di seguito il testo dell’intervento di Ambrogio Ballabio alla seduta del 1° dicembre 1995 del seminario della Scuola Pratica di Psicopatologia di Studium Cartello. Il resoconto, non rivisto dall’autore, compare nella forma redatta da Pietro R. Cavalleri. IL CASO DI COSTANZA AMBROGIO BALLABIO Mi propongo di discutere il caso in cui la madre pone la figlia al posto del marito per mostrare – come credo sia intuibile anche per chi non ha esperienza clinica – che in questo caso (trattandosi di una figlia che si trova in questa posizione) ci deve essere come un raddoppiamento dell’inganno patogeno. [1] 1. I due livelli dell’inganno Il posto del Padre Che si tratti di figlio o di figlia, per trovarsi nei confronti della madre in posizione di marito questo soggetto si trova, dal lato soggettivo, a occupare il posto del padre. Ciò comporta inevitabilmente un ostacolo a porre la legge paterna come norma della propria soddisfazione. Nel caso di Costanza, questa sostituzione è avvenuta in un modo che si potrebbe definire, al contempo, molto materiale e molto simbolico. Al momento della morte del padre, quando Costanza aveva sette o otto anni, la madre fu ricoverata in una clinica psichiatrica svizzera, per una depressione scatenata dal lutto. A Costanza fu detto che lei stessa era in qualche modo responsabile della malattia della madre, e lei ricorda la sua assenza come molto penosa. Costanza ha due fratelli maggiori, di cui uno – a quell’epoca – era ormai quasi adulto. Al momento della scomparsa del padre avviene anche un tracollo economico, che viene indirettamente imputato al fratello maggiore. Si instaura un clima da «nobiltà decaduta», rimarcato in modo sprezzante dalla zia che accudisce Costanza nel periodo in cui la madre è assente. Dopo qualche tempo dal rientro in famiglia della madre, Costanza si trova a occupare stabilmente a tavola il posto del padre, che era stato lasciato per qualche tempo vuoto. Questo fatto è ricordato sovente come rappresentativo del tipo di relazione che si è sviluppata in seguito con la madre, anche se direttamente non sembra aver avuto conseguenze nella relazione con i fratelli. Il posto del marito è inevitabilmente, per la figlia, il posto del padre. Ora, se ci riferiamo alla rappresentazione della legge paterna nella clessidra, ci accorgiamo, come è stato più volte sottolineato, che non troviamo né Padre né Madre ma solo Uomo e Donna. Perché è la legge nella sua articolazione a essere paterna, senza che nulla impedisca che il posto 1 dell’Altro possa essere occupato sia dal padre sia dalla madre. [2] Quindi è solo nella crisi della Legge che può darsi il «posto del Padre» in sostituzione di «Uomo». In altri termini, il «posto del Padre» c’è quando è già operante un inganno che può essere patogeno e che mira a sostituire la coppia Uomo-Donna con Padre e Madre, in quanto distinti da tutti gli altri Uomini e Donne. Si tratta di quell’inganno che fa sì che la nevrosi elabori il complesso edipico. Questa sostituzione ha due ripercussioni gravi che alterano la norma. La prima è quella che determina una fissazione impropria alla differenza sessuale, facendo di questa l’unica rappresentante della distinzione dei posti tra Soggetto e Altro, in modo tale che la distinzione di posti non è più al servizio di domanda e offerta per il beneficio, ma si cristallizza nella ricerca di una legge che regoli il rapporto tra i sessi e impedisce che questi entrino – come qualsiasi altro talento soggettivo – nella composizione della norma. È uno degli aspetti che fa dell’errore «sessualità», in quanto astratto, un problema insolubile. La differenza sessuale ridotta all’aspetto biologico Abbiamo già altre volte discusso la possibilità della sostituzione della coppia U-D, nel secondo tempo della clessidra, con Maschio e Femmina; e abbiamo detto che quando questa sostituzione viene teorizzata, è indice di perversione (mentre nella psicosi può essere una necessità nella costruzione del delirio). Ma quando c’è una identificazione dei posti della relazione per mezzo della differenza sessuale, i tratti sessuali anatomici diventano comunque l’obiezione di principio al rapporto: si tratta di una riduzione del soggetto al sesso, che implica – come in ogni forma di riduzionismo – una limitazione del pensiero. Nel caso che stiamo considerando, la figlia – Costanza – si trova, nelle fantasie patologiche, a dover assumere anche il tratto maschile. È quello che considero il secondo piano dell’inganno patogeno. La madre di Costanza, al rientro in famiglia, si dimostra così debitrice nei confronti dei suoi terapeuti da eleggere le terapie psichiche ad argomento dell’educazione di Costanza: «Si parlava spesso di psichiatri e psicoterapeuti», essa dice. All’età di nove anni Costanza si ritrova in analisi, perché sembra avesse reazioni eccessive e disperate a ogni sia pur temporanea assenza della madre. Il ricordo principale di questa sua prima analisi – che si interrompe dopo meno di due anni, sembra per volontà di Costanza medesima che riteneva la spesa eccessiva per la propria famiglia – è che nell’occasione in cui la sua analista affermò esplicitamente: «Hai invidia del pene», seppe rispondere: «Ma io ho le tette». Buon esempio di come anche una bambina già entrata nella psicopatologia può ancora conservare difese normali rispetto alla stupidità dell’adulto. Ma comunque si tratta di un episodio che testimonia come il tratto biologico della differenza sessuale fosse già divenuto ostacolo ai rapporti. Infatti, un episodio infantile giustamente ricordato come traumatico, è riferibile alla medesima questione: la zia, a cui si è già accennato, mentre Costanza era in bagno convocò il cuginetto coetaneo per illustragli anatomicamente la differenza sessuale sul corpo di Costanza. 2. La conseguente disposizione patologica Quando l’altro è una donna Costanza rimane molto devota alla madre, si preoccupa della sua salute, delle sue condizioni economiche, l’aiuta nel giudicare e nell’intervenire sui comportamenti degli altri figli. Nonostante questo, le rimprovera di «avere represso la propria sessualità». Dopo la vedovanza, la madre ha avuto solo una relazione platonica con un uomo straniero, affetto da epilessia, conosciuto durante la degenza nella clinica psichiatrica. Ma occorre sottolineare che quella relazione, per quanto limitata a brevi soggiorni di quest’uomo in Italia, è durata quasi trent’anni sino alla morte di lui. 2 Per oltre quindici anni, nei suoi legami più intensi con donne, Costanza ricerca accanitamente in loro i tratti materni idealizzati, con la pretesa, a volte violenta, di verificare di persona la loro disponibilità sessuale. Quando l’altro è un uomo Il solo ricordo del padre di cui Costanza dispone è relativo all’epoca in cui egli era già affetto da una paresi – morì per un ictus successivo – e perciò in qualche modo era un «uomo incompleto». La malattia del successivo amico della madre fa in modo che anche quest’ultimo venga da lei collocato nella medesima categoria. Il fratello maggiore è anch’esso in questa categoria perché non è stato capace di conservare il buon livello sociale della famiglia. Quando incomincia a desiderare un legame affettivo con un uomo, Costanza riesce a trovare realisticamente che l’oggetto dei suoi interessi è – in ogni occasione – deficitario per qualche aspetto fondamentale: inadeguatezza morale, perversione esplicita, palese malattia psichica, mancanza di cultura. Solo dopo aver dimostrato o informato l’interessato che lei stessa ha dei tratti maschili, se costui accetta di buon grado questa sua imposizione ci saranno atti sessuali, ma comunque sempre in relazioni di breve durata perché – lei si giustifica – «si tratta di uomini deficitari». Questa sua valutazione probabilmente coincideva con la realtà in molte circostanze: sappiamo infatti che non si scelgono a caso i propri altri. [3] Possiamo chiederci se questa esemplificazione – mostrando una relazione evidente tra inganno di partenza e psicopatologia seguente – non sia prossima a quello che potrebbe essere considerato il prototipo dell’errore psicopatogeno, quando avviene tra madre e figlia. La mia ipotesi è che ci troviamo di fronte a una sostituzione patologica della coppia di termini U–D, diversa da quelle sin qui considerate. Infatti, la soggettività della Donna rimane (nella posizione di Altro), mentre nel posto del Soggetto troviamo una riduzione a oggetto («Maschio» o «Femmina»). Così il soggetto di cui parliamo – per quanto conserva di nevrotico – si trova, come Donna, nel posto dell’Altro e vorrebbe che la madre fosse Femmina. Mentre altre volte – nell’aspetto più perverso – si pone come oggetto «Maschio» per una presunta o desiderata Donna. [4] Per concludere, vorrei tornare ad esaminare il motivo per cui la questione è stata introdotta in riferimento a «marito». È evidente che la sostituzione della coppia U-D con la coppia moglie-marito ha di per sé un connotato patologico che riguarda una riduzione dei soggetti a oggetti di diritto. Qui non c’è bisogno di ricorrere alla lingua spagnola per trovare che entrambi i coniugi sono figli e possono esercitare la medesima competenza soggettiva quanto alla propria soddisfazione. La parola «coniugi» va già bene. Ma approfitto di questa osservazione per commentare – ben inteso da laico, come sempre sottolineiamo – il passo evangelico che riguarda i termini trattati. È il passo in cui si dice: «Non avete letto che il Creatore fin da principio li creò maschio e femmina e disse: “Per questo l’uomo abbandonerà il padre e la madre e si unirà alla sua donna e i due diverranno una carne sola”. Perciò non saranno più due ma una carne sola». E in un altro passo: «Ciò che Dio ha unito l’uomo non osi separare». [5] Il primo passaggio contiene a sua volta una citazione dal Genesi («Li creò maschio e femmina»): noi dovremmo dire che si riferisce agli organismi, non ai corpi. Quindi continua: «Per questo un uomo abbandonerà il padre e la madre» ossia abbandonerà l’idea che ci sia una distinzione tra padre e madre. [6] «E si unirà alla sua donna»: [7] è ciò che riteniamo necessario alla norma positiva di soddisfazione. «E i due diverranno una carne sola»: rimane oscuro, per me, il significato di «carne», perché è evidente che l’unione coniugale comporta sempre due corpi che rimangono distinti. Ma si tratta di certo di un modo di sottolineare che la normalità di un rapporto di soddisfazione è una forma di unione. «L’uomo non separi ciò che Dio ha unito»: possiamo affermare, da laici, che se Dio esiste è Padre (non nel senso in cui la fantasia dei bambini – ma anche degli adulti – lo rappresenta già patologicamente), bensì secondariamente all’avere individuato quella legge – paterna – per cui se un Padre effettivamente esistesse, allora dovrebbe essere Dio. Non si vede come, secondo quella legge, potrebbe esistere un Padre che non fosse Dio. 3 «Ciò che Dio ha unito» è stato unito dalla norma di natura, dalla legge paterna, la frase indica pertanto l’auspicio che la psicopatologia non distrugga il rapporto conforme alla norma fondamentale. Da questo punto di vista, è semplice sostituire alla coppia «marito-moglie» qualcosa che funzioni come padres in spagnolo, nel senso che parlare di coniugi non implica più fare una distinzione particolare fra marito e moglie. NOTE AL TESTO [1] Occorre tenere presente che, anche se il caso di riferimento presenta una psicopatologia che deborda ampiamente dalla nevrosi nella direzione della perversione, l’inganno a cui mi riferisco è in qualche modo molto frequente anche nella storia di nevrosi assai più semplici. [2] È la ragione per cui Giacomo Contri ci ha fatto apprezzare che nella lingua spagnola i genitori sono indicati entrambi con la parola Padres. [3] Questo tratto mi sembra un ottimo esempio di quanto intendevamo sostenere quando già in passato abbiamo affermato che «il fallo è l’obiezione di principio al rapporto con l’altro». Nel tratteggio di questa questione intendo rimarcare che siamo al cuore del dibattito freudiano indicato sotto il titolo di «sessualità femminile». [4] Anche se non escludo ripensamenti, per ora rifiuto l’ipotesi che avvenga qualcosa di simile quando si tratta di omosessualità maschile, in quanto l’esperienza clinica che ho avuto con altri soggetti non mi ha condotto a ritenere che possa esistere in quel caso la coppia «Uomo-maschio» o «Uomo-femmina». Se la soggettività è conservata dal lato maschile, anche l’altro termine deve mantenere la sua soggettività. [5] I passi citati si trovano in GENESI I, 27; II, 24; V, 2 e in MATTEO XIX, 4-6. Pur avendo utilizzato due traduzioni differenti, i termini chiave rimangono gli stessi. [6] Questo è il motivo per cui Giacomo Contri ha richiamato più volte l’esempio della lingua spagnola in cui padres – diverso dal nostro «genitori» – indica sia il padre sia la madre. [7] In qualche traduzione c’è «moglie», ma dovrebbe essere «donna», perché il passo del Genesi in cui si dice: «Si unirà alla sua donna» è il medesimo in cui si dice: «La donna è stata creata – tratta – dall’uomo» e i termini sono proprio «uomo» e «donna». TEMI E AUTORI Differenza sessuale Inganno Padre (posto del) © Studium Cartello – 2007 Vietata la riproduzione anche parziale del presente testo con qualsiasi mezzo e per qualsiasi fine senza previa autorizzazione del proprietario del Copyright 4