Che animale sei? Storia di una pennuta

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Che animale sei? Storia di una pennuta
Unità 1, Tracce di fantasia
DA • CO
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DA • CO
L’autrice
Paola Mastrocola è nata nel 1956 a Torino, dove risiede e insegna Lettere in un liceo scientifico. Il suo esordio è avvenuto nel 1999 con La gallina volante, cui
ha fatto seguito nel 2001 Palline di pane. Al mondo
della scuola ci riporta il terzo romanzo, Una barca nel
bosco, vincitore del Premio Campiello nel 2004. Il libro
narra la vicenda di un ragazzo pieno di talento che,
venuto a Torino per studiare, si ritrova in un liceo che
delude profondamente le sue attese. Il tema del decadimento della scuola italiana è oggetto anche del saggio La scuola raccontata al mio cane (2004). L’ultima produzione della Mastrocola è caratterizzata da
testi, a metà tra favola e romanzo: Che animale sei?
Storia di una pennuta (2005), Più lontana della
luna (2007), Se covano i lupi (2008).
L’edizione
Parma, Guanda, 2005.
Il genere
Una favola moderna sulla difficile scoperta della propria identità e del proprio posto nel mondo.
La recensione
Il libro è un racconto di formazione capace di divertire e insieme di far riflettere sulle
difficoltà e le bellezze della vita. La vicenda ha per protagonista un’anatroccola priva di
famiglia e di identità, sbalzata da un camion in curva dentro una pantofola abbandonata vicino a un bidone della spazzatura. La piccola “pennuta”, che non sa di essere tale,
intraprende con mille interrogativi il viaggio della vita, spinta dalla grande curiosità di
conoscere se stessa. Durante il percorso affronterà personaggi ed esperienze diverse che
la aiuteranno a comprendere la sua natura, i suoi desideri, le sue paure e le sue aspirazioni. Come in ogni favola, l’universo animale diviene metafora del mondo degli uomini
e, come tale, è popolato da figure in cui non è difficile riconoscere tipi e caratteri: dai
castori che lavorano senza pensare ad altro, ai pipistrelli che prediligono le discussioni
inutili, fino a mamma gru e a papà fenicottero rosa, esempi di un mondo un po’ snob in
cui contano soprattutto la ricchezza e l’immagine. Non mancano amici fedeli: George, il
castoro che vorrebbe diventare filosofo; Lucio, la lucertola sempre pronta a venire in aiuto; Lupo solitario, lo scrittore tenebroso e affascinante; la maestra Tolmer, in cui si rispecchia la stessa autrice: «uno strano caso di insegnante che faceva tante altre cose: scriveva romanzi, allevava galline e capre e sognava di vivere in una stanza tutta per sé,
leggendo libri in poltrona e accarezzando di continuo un morbido gatto».
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Gale
fu il otto
libro
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Che animale sei?
Storia di una pennuta
IGLIATO
PAOLA MASTROCOLA
Unità 1, Tracce di fantasia
Al caldo di una pantofola di pelo
Era la notte di Natale e sulla strada che portava al paese c’era un camion
che andava molto forte.
Quel camion andava così forte perché lo guidava Jack il Camionista, che
quel mattino aveva giurato a sua moglie: va bene cara, arriverò per le otto in
punto. Le aveva giurato così, perché quella era la sera di Natale e alla sera di
Natale tutti gli anni Jack doveva andare al cenone di sua suocera e guai se arrivavano dopo le
La citazione
otto, perché sua suocera ogni anno a Natale
Quando uno n
faceva i cappelletti ripieni e, se i cappelletti
asce, non sa c
hi
scuociono, tutto il ripieno si spappola nel broè . E se n o n c
’è nessuno ch
do e non va bene.
e
glielo dice, la v
ita diventa un
Ecco perché quel camion andava così veloa
bella complica
zione.
ce: perché era Natale e i cappelletti della suocera di Jack non si dovevano spappolare dentro il brodo.
Così il camion sbandò. Era all’ultima curva e ce l’aveva quasi fatta ad arrivare per le otto, e invece proprio all’ultima curva sbandò.
Tutto quel che trasportava fu sbalzato fuori: palline di Natale, pacchetti,
barattoli di fichi, peperoni sott’olio, champagne. Siccome la strada per giunta era in discesa, le cose se ne andavano a folle velocità e sembrava che non
si sarebbero fermate mai più.
Anche lei cadde. Cadde dal camion e cominciò a rotolare.
Non si sa perché si trovasse su quel camion, visto che non faceva parte di
nessuna cassetta dono di Natale. Ma si trovava proprio su quel camion e quindi, quando sbandò, lei cadde come tutte le altre cose che stavano su quel
camion. E prese a rotolare come una palla portata dal vento, poiché non solo
quella strada era in discesa, ma quella notte era anche una notte di vento.
Il fatto grave è che lei era appena nata.
Nessuna delle cose che stavano su quel camion era appena nata, ma lei sì.
Probabilmente era nata nel momento esatto in cui il camion prese male la
curva; oppure fu la caduta stessa a farla nascere. Non si sa. Resta il fatto che
lei nacque in curva. E nascere in curva, cioè sbandando a una curva la notte
di Natale, non è il massimo.
A un certo punto però qualcosa la fermò: era un bidone della spazzatura.
Meno male, perché stava rischiando di fracassarsi le ossa prima ancora di
cominciare a vivere. Il bidone era brutto e maleodorante, ma lei non se ne
accorse; non sapeva nemmeno, essendo appena nata, che quello fosse un
bidone.
Faceva freddissimo. Ma lei ebbe una seconda fortuna: finì esattamente
dentro una pantofola di pelo che si trovava per caso lì per terra, accanto al
bidone. Era grigia e a forma di topo, ma lei non lo sapeva dentro cosa era finita. Non sapeva nemmeno che esistessero le pantofole e a che cosa servissero. Sentiva solo che lì era caldo e buono, e vi si accoccolò.
Non capita a tutti, nascendo, di andare a finire esattamente dentro una
pantofola, ma a lei capitò.
E dormì un gran tempo dentro quella pantofola, sognando di non essere
ancora nata.
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Unità 1, Tracce di fantasia
Quando si svegliò, non era più la notte di Natale ma faceva ancora molto
freddo. Dal bidone colavano certi succhi un po’ appiccicosi, che le finivano,
guarda un po’, giusto in bocca. Così si nutrì per giorni e giorni, senza che nessuno la nutrisse.
Quando fu abbastanza cresciuta, uscì dalla pantofola. Le si mise ben bene
davanti e per la prima volta la guardò; vide le grandi orecchie da topo, i baffi lunghi e gli occhi di vetro luccicanti. Essendo la prima cosa che vedeva,
quella pantofola diventò sua madre. La abbracciò, schioccandole un grosso
bacio sul muso, e le disse:
«Ti voglio bene, mamma».
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