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Osservazioni minime sul rapporto tra azione diretta ex art.1676 cc e litisconsorzio necessario.
Premessa sui limiti della configurazione della fattispecie in termini di solidarietà.
La decisione della Cassazione, di indubbio pregio esegetico, offre materiale per alcune considerazioni sulla
natura dell'azione diretta ex art.1676 c.c. che, dico subito anticipando i temi dell'indagine, conducono a
una diversa sistemazione dell’istituto. Anche sul piano processuale, senza affrontare ex professo la questio ne, mi pare che la sussunzione della fattispecie nella sostituzione processuale e non invece legittimazione
straordinaria 1, poteva condurre alla soluzione di alcune questioni che nella sentenza restano nell'ombra e
che non sono meno importanti della questione principale. Mi riferisco agli sussistenza o non di effetti della
sentenza resa tra committente e lavoratori (melius: dell'accertamento in essa contenuto) nei rapporti tra i
soggetti dell'appalto.
La decisione riposa, in parte, sopra una ricostruzione di risalente e di autorevole dottrina2 secondo cui probabilmente una sentenza resa tra il committente e l'ausiliario non fa stato rispetto all'appaltatore e se nei
confronti di questo si giunge a una pronunzia diversa, questo contrasto fra giudicati è solo logico ma non
giuridico, con la conseguenza che dovendosi distinguere nettamente questa azione da quella surrogatoria,
e vertendosi invece in fattispecie di solidarietà, non ricorre un'ipotesi di litisconsorzio necessario.
Gli argomenti non mi sembrano decisivi. Non mi sembra per esempio coerente con la premesse la conseguenza che si trae dalla differenziazione di struttura tra l'azione ex art.3 della legge 1369/1960 e quella in
discussione che nella sentenza è abbastanza enfatizzata. Anche l'uso dei precedenti mi pare poco persuasivo e volte perfino apodittico. Si inferisce dalle massime attributive della competenza del giudice del lavoro
l'autonomia degli accertamenti che è invece quanto deve essere accertato anche ai fini della competenza di
tale à giudice.
Del resto una conclusione coerente con premesse che escludono la inscindibilità dei rapporti obbligatori e
dunque dei conseguenti rapporti processuali, deve escludere la comunicabilità, all'altro, degli accertamenti cui si perviene in un rapporto. Vi sono adunque due immediate e speculari conseguenze che saltano agli
occhi del pratico. Si faccia il caso dell'accertamento, nell'azione diretta, di una retribuzione maggiore di
quella che sarebbe dovuta. Qui si possono verificare due ipotesi: che il debito del committente non sia capiente o lo sia. Nel primo caso nulla quaestio se la differenza eccede il dovuto nel giudizio tra lavoratore e
datore appaltatore il primo soccombe. Nell'ipotesi inversa, cioè che il committente sia condannato a pagare di più, non facendo stato tale accertamento nel giudizio tra committente e appaltatore, il committente –
appaltatore litis mala gestae vel minus debeatur quam solutum probante - soccombe. E chi paga la differenza? I lavoratori non possono restituire perché v'è il giudicato. Né possono restituire all'appaltatore perché
costui non ha interesse ad agire dato che avrà ottenuto tale differenza dal committente, il quale non potrà
eccepire ed opporre il maggiore esborso. Si supponga poi - e il caso discusso in cassazione è emblematico che il credito delle maestranze non sia liquido. Il committente dal giorno della richiesta di codeste se paga
all'appaltatore non è liberato verso i lavoratori. Ora, se la liquidazione del giusto credito dei lavoratori è superiore al debito del committente non succede nulla, ma se è inferiore sul ritardato pagamento della differenza all'appaltatore chi deve sopportare il peso degli interessi? Il committente che è comunque in ritardo?
O, se gli interessi non gli sono dovuti, l'appaltatore? Ebbene gli accertamenti dei reciproci giudizi non opponendosi tra di loro non possono fondare la perdita degli interessi né per l'uno né per l'altro.
Mi pare poi che vi possano essere conseguenze più gravi dalla duplice disintegrità del contraddittorio3 con seguente all’affermata, ma non dimostrata, solidarietà 4: rinvenendo il fondamento dell'azione diretta dei
lavoratori nel rapporto di lavoro con l'appaltatore e inferendone poi che quanto pagato dal committente è
la stessa (in senso di identità materiale) retribuzione che avrebbe dovuto pagare l'appaltatore, con il quale
il committente con cui si assume essere solidalmente obbligato ex art.1292 e 1294 c.c. (arg. anche ex
art.1941 c.c.), l'appaltatore potrebbe vedere annullato, da maggiori ingiustificati oneri retributivi, il compenso che gli spetta senza nulla potere opporre.
Infatti, il committente, per effetto del regresso, potrebbe compensare tutto quanto pagato senza che per far
ciò, nelle obbligazioni solidali, abbia la necessità di ricorrere all'opponibilità della sentenza.
Per il principio della disponibilità della prova e per il disinteresse o per la difficoltà del committente a contrastare più di tanto le pretese dei lavoratori (si pensi al lavoro straordinario o notturno o alle ferie all'applicazione del c.c.n.l. - che per esempio potrebbe non essere applicabile -) il committente potrebbe rivalersi
1
Per tale distinzione da species sostituzione processuale del genus legittimazione passiva cfr. Luisp F.P.
Diritto Processuale Civile, vol I pag.281ss, Milano 2000; Nel senso dell’inutilità della prescrizione normativa
sulla sostituzione processulae cfr, icasticamante Satta, Diritto Processuale Civile, Pag.101 Padova 1981
2 Rubino D., L'appalto, Comm. Scialoja e Branca sub. Art.1676 c.c. pag.339, idem in Trattato Vassalli 55 ss;
Gannattasio, l'appalto, Comm. Cicu - Messineo, pag.
3 Si intende in senso logico come è scritto a chiare lettere nella sentenza commentata e nei precedenti più
vicini da essa richiamati.
4 Rubino, L’appalto, in Tratt. Vassalli pag. 60 nota 19 afferma che si tratta di mera analogia giacché invero
non sia ha un unico rapporto di credito con due creditori (l’appaltatore e l’ausiliario) ma i diritti
dell’appaltatore e dell’ausiliario rimangono nettamente distinti.
sull'appaltatore di una somma ben maggiore di quella corrispondente alle retribuzioni che l’appaltatore
sarebbe stato obbligato a corrispondere, con tanto evidente quanto ingiustificato pregiudizio di quest'ultimo. Né si può obiettare che tali conseguenze si verificano in ogni rapporto solidale, perché nella solidarietà
passiva il titolo del debito per i condebitori solidali è comune; mentre ciò non accade nel caso in questione:
il committente non è, e non diventa, datore di lavoro e i due rapporti - dice la stessa corte - restano indipendenti. E' intuitivo che se il committente non è datore di lavoro quando paga ai lavoratori non paga a titolo di debito retributivo, ma paga il corrispettivo a un legittimato straordinario: un soggetto cioè a cui secondo le regole ordinarie non spetterebbe azione per conseguire il pagamento del corrispettivo, ma che lo
diventa, in via appunto straordinaria, per effetto della espressa previsione dell’art.1676 c.c.. Ciò che il committente paga è e resta corrispettivo, cambia solo il legittimato a ricevere e pretendere il pagamento, senza
che ciò determini gli effetti della solidarietà. E’ infatti vero anche il contrario: se i lavoratori agiscono contro
l’appaltatore, il committente non ha nessun regresso contro il condebitore solidale, giacché l’obbligazione
non è affatto comune, diversamente da quanto accade nell’art.1292 c.c.5.
In mancanza di unicità del titolo di pagamento il regresso del committente sull’appaltatore non può fondarsi sul fatto del mero pagamento, ma sull’accertamento della legittimità. E se il pagamento si accerta non
essere in parte o in tutto legittimo sarà questa volta il committente a farne le spese, costretto da due giudicati (solo logicamente contrastanti?) al limite a pagare - senza colpa - due volte senza neppure potere ripetere ciò che è un si un indebito, ma solo da un punto di vista logico. Non lo soccorrerebbe neppure la revocazione dato che il contrasto in questione non è giuridico.
Nell’affermare la solidarietà non ci si è chiesti, per esempio, se ha effetto interruttivo della prescrizione nei
confronti dell’appaltatore la richiesta al committente dei compensi, effetto che è normale nella solidarietà.
E in caso affermativo qual è l’efficacia di un atto interruttivo della prescrizione notificato dopo l’estinzione
del debito del committente verso l’appaltatore. Gli effetti potrebbero essere perversi.
Oppure ancora, si pensi all’effetto di sospensione, di fatto, della prescrizione (per tutta la durata dell'eventuale processo tra committente e appaltatore per l’accertamento del corrispettivo dell’appalto), anche per
rapporti assistiti da stabilità reale, quando gli atti interruttivi vengano notificati al committente.
E gli esempi si potrebbe moltiplicarli: la tesi del contrasto solo logico non la si può a mio sommesso parere
ritenere appagante; certe conseguenze come quelle descritte non lo consentono.
Aspetti processuali –
L’applicabilità degli art.102 e 81 cpc dipende dalla situazione sostanziale dedotta in giudizio, per cui la sussistenza del litisconsorzio andrebbe risolta sempre sul piano dell’attuazione della situazione sostanziale
sottostante.
Ora, non mi pare che quand’anche si ritiene di essere in presenza di sostituzione processuale, possa escludersi (se non il litisconsorzio) l’opponibilità della sentenza al sostituito; anche se a mio modesto avviso qui
ricorre la fattispecie l'ipotesi della legittimazione straordinaria con fondamento processuale e di cui la sostituzione processuale non rappresenta che una species del genus legittimazione straordinaria 6.
Nella sostituzione processuale un soggetto esercita in nome proprio un diritto altrui senza la partecipazione al processo del sostituito, tuttavia solo perché è questi a volere abbandonare il processo chiedendo 'lestromissione, ma la sentenza è comunque a lui opponibile (artt.108, 109 e 111 cpc).
Nella legittimazione straordinaria l'esercizio in nome proprio di un diritto altrui integra un’ipotesi di litisconsorzio necessario per via del principio del contraddittorio; infatti, rispetto al “sostituito” suo è il diritto
oggetto del processo e su di lui, come abbiamo visto si riverberano gli effetti della sentenza; è il suo corrispettivo che viene attribuito a un terzo a titolo retributivo. Né per questo si deve - e non si potrebbe - qualificare l'azione in questione come surrogatoria. Gli effetti delle due azioni, surrogatoria e diretta, sono affatto diversi, ma la struttura della fattispecie che produce l’effetto è affatto simile.
E’ vero che i lavoratori esercitano un diritto proprio e che quanto conseguono entra direttamente nel loro
patrimonio e non è a disposizione di tutti i creditori a differenza di quanto accade nell’azione surrogatoria;
ma è anche vero che nell’uno e nell’altro caso sono committente e surrogato a subire la depauperazione
del loro patrimonio ad opera di un soggetto, che in forza di altro rapporto obbligatorio intercorrente con la
loro controparte, è loro creditore.
Orbene, mi pare che la sola differenza degli effetti dell’esercizio dell’azione ex art.2900 c.c. e di quella ex
art.1676 c.c. non sia sufficiente a escludere che nella seconda azione il giudizio di condanna al pagamento
delle retribuzioni non debba svolgersi in contraddittorio con chi è parte necessaria del rapporto sostanziale
fonte del diritto azionato; e se è parte nel rapporto sostanziale deve esserlo in quello processuale, a meno
che non voglia volontariamente uscirne senza per questo potersi sottratte agli effetti della sentenza. Perfino nel procedimento di espropriazione mobiliare presso terzi, in cui il credito azionato contro il terzo debitore è rappresentato da un titolo esecutivo (e dunque vi è un conclamato e definitivo accertamento della
pretesa), il debitore principale ha diritto di essere chiamato nel processo.
Mi pare perciò che sarà decisivo vedere se a livello di struttura siamo in presenza di un’obbligazione passiva plurisoggettiva o della compresenza di obbligazioni diverse, che nascono da contratti diversi e che sono
5
6
Cfr. la nota precedente.
Sul punto cfr. gli autori citati alla nota n.1
funzionalmente collegate dal fine di garanzia legale.
Aspetti sostanziali –
L'azione codificata di cui si discute ebbe notevole e tutto sommato univoca elaborazione dogmatica7 già
sotto il vigore del passato codice che - come evidenziato dalla stessa Corte - contemplava nell'art.16458
norma di analogo tenore. L'elaborazione dell'istituto non ebbe pressoché apporto della giurisprudenza di
legittimità, malgrado nei gradi di merito 9 si riscontrano alcune pronunzie di merito che però non giunsero
mai al vaglio della Cassazione.
Tale elaborazione e tali precedenti costituiscono, per così dire, il presupposto della più moderna elaborazione dottrinale 10 e della sua distinzione con l'azione ex art.3 l.1369/1960 e soprattutto il presupposto di alcuni obiter dicta. Negletti i primi e tradotti in massime i secondi si è affermata in via di principio l'autonomia delle tre azioni: lavoratori/com mittente, appaltatore/com mittente, lavoratori/appaltatore. Ma l'autonomia, ipoteticamente sostenuta era fortemente condizionata dall'esistenza di quei presupposti. Mi riferisco all'ampiezza delle conseguenze della natura diretta dell'azione dei lavoratori nei confronti e del committente e dell'appaltatore, spinta fino alle estreme conseguenze di ritenere che la prestazione d’opera fosse non l’elemento del rapporto di lavoro a sua volta causa e fondamento dell'azione stessa, ma mera occasione; che dunque il fondamento era l’avere dato la loro attività opera per eseguire l’opera o per prestare il
servizio di cui si era avvantaggiato il committente e di cui perciò direttamente rispondeva; alla stessa stregua che del pagamento dei materiali da lui forniti. L’apporto dell’appaltatore, rispetto alla manodopera, era
considerato alla stregua della mera fornitura di essa, non vietata perché fuori dall’art.2127 c.c.
In verità, si affermava che se i lavoratori si avvalevano della speciale azione per il pagamento delle loro retribuzioni non potevano chiedere al committente, in quanto non legati a questo da un contratto di lavoro,
il rispetto delle norme cogenti relative a tale contratto e, in particolare, delle norme relative alla retribuzione
adeguata, perché, se così fosse, si verrebbe artatamente a sostituire all'originario contratto con l'appaltatore
uno nuovo con l'appaltante, in palese disarmonia con la funzione della norma, che tende a garantire il credito del lavoratore e non a sostituire nel contratto i soggetti dell'obbligazione.11
Del resto nel disegno del legislatore del 1942 (e anche dei precedenti), fuori dall'art.2127 c.c. l'appalto di
manodopera non era vietato. Se si tiene conto che Rubino, nel 1957 scrive: l'appalto rientra nel vasto cam po dei rapporti di lavoro 12 ci si rende conto di come fosse quasi irrilevante distinguere, quoad subiecti, tra
appaltatore e committente in relazione all'adempimento della prestazione retributiva relativa ai rapporti di
lavoro eseguiti nell'appalto. Si trattava insomma di obbligazioni proprie. Irrilevante restando se l'appalto
fosse consistito in mere o non mere prestazioni di lavoro. Nell'esecuzione dell'opera, perciò, non aveva rilevanza alcuna che l'appaltatore fosse interposto o no, ma solo che l’attività fosse stata data.
Ora, il fatto che l’art.3 della legge 1369/1960 preveda non solo la solidarietà di appaltatore e committente
per il pagamento delle retribuzioni, ma anche la parità di trattamento tra i dipendenti dei due imprenditori
e come sottolinea la Corte il quid pluris” dell’esecuzione dell’appalto “all’interno dell’azienda”, giustifica
l’affermazione della netta distinzione tra le due azioni ma non le conseguenze processuali che se ne traggono. Il fatto costituivo ulteriore dell’esecuzione dell’appalto all’interno dell’azienda per l’esperimento dell'azione ex art.3 l.1369/990 non è dissimile dal fatto costitutivo “normale” di avare dato l’attività nello specifico appalto. Sicché non è la differente estensione di tutele che può servire da elemento differenziatore. Né
allo scopo è proficuo enfatizzare la ratio pur solo parzialmente differente.
7
E pluribus: Da un lato chi negava la natura surrogatoria: Barassi, … II, pag. 612 ss; Cass. 30 gennaio 1939 in
F. it. 1939, I, 1146; da un altro chi la affermava: Abello … 213; Chi ancora la riteneva un mandato bon a tout
faire Vita Levi Locazione di opere … n.195; o la negotiorum gestio: Pacifici – Mazzoni Locazione … 331,
Barassi in F. it. 1931, 118. Connessione dei rapporti obbligatori: Scialoja V. Roro it. 1899, IV, 534; Per
l’arricchimento (senza causa) è il Gabba in Giur. It. 1902, I, 1, 397; Mera sostituzione processuale per
Carnelutti in Riv. Dir. Proc. Civ. 1936,, II, 202.
8
La sistemazione giurisprudenziale dell’istituto si deve a D’Amelio estensore di Cass.27 giugno 1935, in
Foro it. 1935, I, 1395
9 Trib. Pescara 19 ottobre 1954 in Orient. Giur. Lavoro 1996, 181; App. Roma 19 gennaio 1954 in questa
rivista 1954, 217; App. Napoli 19 maggio 1956 in Giust. Civ. mass. App. 1956, 172; App. Bari 18 marzo 1958
in Giust. Civ. mass. App. 1958, 5; Trib. Napoli 6 luglio 1970 in Dir. Fall.1970, II, 930.
10
Corazza, Appunti in tema di obbligazioni solidali e rapporti di lavoro, Riv. It. Dir. Lav. 1997, I, 80;
Tatarelli, L’azione diretta degli ausiliari dell’appaltatore contro il committente: fallimento del datore di
lavoro e altre questioni: in questa rivista 1999, 546; Miranda l’azione diretta dei dipendenti dell’appaltatore
verso il committente, Lav.80, 1988, 843; Dore C. L’azione diretta degli ausiliari dell’appaltatore nei
confronti del committente. Un presidio sociale in tempi calamitosi, Gist. Civ. 1990, 784; Cirri, Sull’azione
degli ausiliari dell’appaltatore verso il committente, Giust. Civ. 1990, I, 2199.
11 Ianniruberto - Mattone, L'appalto della manodopera, Roma 1972 pag.186; Cass. 3.7.1968 n.2216 in Riv.
Giur. Edilz. 1969, I, 22 con nota di Sandulli M.; Cass. 3 luglio 1968 n.2216 in Foro it. 1969, I, 2352; Cass.21
giugno 1969 n.2211 in Riv. Giur. Edil.1970, I, 262, Cfr. pure App. Napoli 20 dicembre 1968 in questa rivista
1969, 479
12
Rubino, voce: Appalto privato, Nss. Dig. It., Torino 1957
Sul punto la Corte invero richiama la propria giurisprudenza per affermare che le due azioni sono diverse
per finalità e struttura, riconoscendo in quella ex art.3 della l.1369/1960 l’aspetto della garanzia apprestata
in favore dei lavoratori dell’appaltatore, mentre in quella diretta la soddisfazione di un debito altrui in virtù
di una legittimazione sostitutoria. Salvo poi, in finire di sentenza, con una dotta ricostruzione storica, finanche risalente a due ordinanze del diritto marittimo francese del 1645 e del 1747,13 affermare che la ratio
della disposizione è quella di garantire maggiormente i crediti del prestatore di lavoro dall’insolvenza dell'appaltatore aggiungendo al debitore originario un altro soggetto che ne risponde in solido con costui.
Dunque titolo di garanzia l’uno, titolo di garanzia l’altro fermo restando che il garantito non è l’appaltatore;
sicché l’enunciazione di una diversa e scriminante struttura delle due azioni resta senza una conclusione
coerente.
La distinzione degli effetti processuali è invece ben chiara alla Corte in una recentissima sentenza14 non
considerata da quella in esame, secondo cui il principio secondo cui al giudizio promosso ai sensi dell'art.
1676 c.c. dagli ausiliari dell'appaltatore per conseguire direttamente dal committente quanto loro è dovuto
deve partecipare anche l'appaltatore quale litisconsorte necessario, traendo origine dall'inscindibilità dei
rapporti intercorrenti fra il committente, l'appaltatore e gli ausiliari di quest'ultimo, i quali sostanzialmente
espropriano in loro favore il credito del loro datore di lavoro verso il committente, non si estende all'ipotesi
regolata dall'art. 3 l. 23 ottobre 1960 n. 1369 sul divieto di intermediazione e di interposizione nelle prestazioni di lavoro, nella quale l'appaltante è tenuto verso i dipendenti dell'appaltatore senza limite, e quindi
anche se i rapporti fra i due imprenditori siano stati già definiti o debbano esserlo al di qua della pretesa creditoria dei dipendenti.
La Corte in commento, negletto tale precedente, anche se enuclea nitidamente la struttura, le origini, e la
natura di garanzia dell’azione in questione, mi pare inferisca dalla ratio più di quanto essa possa dire: cioè
che si tratti di una solidarietà ex art.1292 c.c. in senso stretto, dunque con identità di titolo, indipendenza
delle posizioni e conseguente scindibilità dei giudizi. A mio avviso tale è la situazione sottostante nell'azione ex art.3 l. 1369/1960, sia perché la solidarietà è prevista dalla legge, sia perché detta norma prevede il diritto alla parità di trattamento e quello alla solidarietà previdenziale, cosicché i due imprenditori sono tenuti veramente all’adempimento delle stessa obbligazione, senza che abbia alcun rilievo il rapporto di debito credito tra i condebitori solidali che al limite potrebbe pure essere esaurito.
Sul punto, anzi, la Corte nel discostarsi dal proprio precedente di segno contrario del 1954,15 interpreta la
risalente sentenza circoscrivendone gli effetti litisconsortili al thema decidendum, implicitamente conside randolo peculiare, ma in verità nella struttura in nulla dissimile, da quello oggetto di ogni azione ex
art.1676 c.c..
Lì la questione riguardava, innanzitutto, un appalto pubblico. Pur con qualche contrasto l’esperibilità nei
confronti della p.a. committente dell’azione ex art.1657 è ammessa di principio16, salvo a spostare il termine di proponibilità a dopo il collaudo dell’opera pubblica, quando cioè il credito dell’appaltatore diventa
certo, liquido, esigibile e definitivo. Nel precedente esaminato dalla Corte l’appaltatore (la ditta Ceci) era
stato estromesso da giudizio; il Tribunale avendo ritenuto che l’attività fosse stata prestata direttamente a
favore della p.a. senza che si interponesse l’appalto; la Corte d’Appello pur avendo invece ritenuto che i lavori in questione fossero stati eseguiti dai lavoratori attori quali dipendenti dell’appaltatore, tenne ferma
l’estromissione perché, pur mutato il titolo exigendi, trattavasi comunque di un’azione diretta al pari di
quella ritenuta dal Tribunale.
La Corte di Cassazione chiamata pronunciarsi sulla integrità del contraddittorio ritenne che potendo l'azione dell’ausiliare, a norma dell’art.1676 c.c., esser proposta soltanto entro i limiti delle somme che erano ancora dovute dal committente all’appaltatore, si verificava fra le parti l’assoluta inscindibilità dei rapporti del
rapporti giuridici alla cui definizione dovevasi procedere con la emanazione di un’unica sentenza. Nella
specie non si era proceduto alla revisione amministrativa della contabilità, sicché non si era in grado di
13
Probabilmente quest’ultima ordinanza è più correttamente quella del 1647 il c.d. Guidon de la mer, di
autore ignoto in Rouen, entrambe poi sistemate, con altre, per volere di Luigi XIV per opera solerte del
Colbert, nell’ordonnace de la mer del 1681, giunta come a noi quale prototipo di codificazione del diritto
marittimo. Sul punto confronta Gaeta D. Le fonti del diritto della navigazione, Milano; Camarda, Fonti e
strutture organizzatorie del diritto della navigazione …
14
Cass., sez. lav., 23-04-1999, n. 4067 in Notiziario giurisprudenza lav., 1999, 475; Dello stesso avviso P.
Torino. Torino, 12-07-1994 in questa rivista 1994, 726, con nota di CAIAFA secondo cui l'azione prevista
dall'art.1676 c.c., ancorché diretta e, dunque, spettante agli ausiliari dipendenti dell'appaltatore per un
proprio titolo, determina, tuttavia, un'ipotesi di litisconsorzio necessario processuale, dovendo
l'accertamento essere proposto nei confronti del committente e dell'appaltatore per poter condurre ad una
pronuncia utiliter data .
15 Lo si può leggere in Foro it. 1955, I, 785
16 In senso contrario App. Trieste 22 gennaio 1953, Giust. Civ. 1953, 444; App. Roma 19 gennaio 1954 in
questa rivista 1954, 217. In senso conforme invece la citata in motivazione Cass. 19 ottobre 1954 n.3870 in
Foro it. 1955, I, 785. In ogni caso la sistemazione giurisprudenziale dell’istituto si deve a Cass.27 giugno
1935 (est. D’Amelio), In Foro it. 1935, I, 1395
precisare quale somma dovesse ancora corrispondere il committente. Orbene, è certo, mi pare, che l'accertamento del rapporto giuridico sottostante (l’appalto) è ritenuto pregiudiziale (non solo incidenter) all'azione diretta: a prescindere dall’essere il committente una p.a. o no; in ogni appalto si deve determinare il
dare e avere. Speculare a tale accertamento pregiudiziale, è quello della misura della retribuzione dovuta,
rapporto (di lavoro) parimenti sottostante all’azione diretta dei lavoratori, dipendenti dell’appaltatore,
contro il committente.
Orbene, che il lavoratore possa rivolgersi indistintamente all’uno o all’altro, ma con il limite dell’ancora dovuto quando compulsa il committente, non determina che i due obbligati siano tenuti allo stesso titolo, anche se sono tenuti alla medesima prestazione (salvo il tetto globale per il committente).
L’appaltatore deve, il committente garantisce. E la garanzia ha origine legale. L’art.1676 c.c. aggiunge al debitore principale un altro debitore. E' qui il punto nodale. L'obbligazione del committente si atteggia a obbligazione di garanzia 17; appaltatore e committente rispondono delle obbligazioni retributive verso i medesimi lavoratori a titolo diverso: a titolo di retribuzione il primo a titolo di corrispettivo il secondo.
Il fatto che i lavoratori, per la soddisfazione dei loro crediti, abbiano azione diretta per il pagamento contro
il committente per l’esazione del corrispettivo dovuto all'appaltatore nulla toglie alla qualificazione del titolo di debito del committente.
Non è l'unico caso nell'ordinamento: si pensi all'azione diretta del danneggiato contro l'assicuratore ex
l.990/1969. A tale giudizio 18 deve partecipare il danneggiante, giacché il fatto produttivo dell'obbligazione
di cui si discute è da lui posto in essere e contro di lui, per il medesimo fatto e per il pagamento eseguito,
l'assicuratore potrebbe esercitare la rivalsa.
Nondimeno, il fatto che l'obbligazione di soddisfare la pretese creditore degli ausiliari sia immanente su
committente e appaltatore, che il lavoratore possa cioè rivolgersi a entrambi per il pagamento, che l'adempimento del solo condebitore committente andrà in compensazione con il credito dell'altro, che vi siano
insomma effetti in parte coincidenti con quelli della solidarietà passiva, non vale fino al punto di ritenere
che si tratti della solidarietà in senso stretto ex art.1292 e 1294 c.c.: cioè fondata sullo stesso titolo19 o sullo
stesso fatto giuridico o su fatti giuridici collegati20.
L'esclusione del litisconsorzio necessario con i condebitori non ricorre in ogni ipotesi di solidarietà. La giurisprudenza 21 ha, per esempio, affermato che anche in un rapporto solidale sussiste il litisconsorzio necessario quando la responsabilità di uno dei debitori solidali dipenda dall'accertamento della responsabilità di
un altro.
Nel caso controverso non vi è identità di titolo: l'appaltatore risponde sempre a titolo di retributivo, il committente sempre a titolo di garanzia; allo stesso modo di come il danneggiante risponde a titolo di obbligato principale e l'assicuratore a titolo di garanzia. Nell'uno e nell'altro caso l'obbligazione di garanzia ha
fondamento nel contratto tra garante e debitore principale; nell'uno e nell'altro caso la garanzia è legale;
nell'uno e nell'altro caso l'azione non trova il suo fondamento in un diritto di credito del creditore verso il
garante, né nell'esistenza di un rapporto diretto tra costoro, giacché il rapporto giuridico fonte dell'obbligazione in discussione intercorre pur sempre tra lavoratore e appaltatore, come tra danneggiato e danneggiante. Nulla poi immuta nella struttura se nel caso dell’azione ex art.1676 c.c. i lavoratori possono scegliere di agire contro il debitore principale e nella r.c.a.. Attiene tale circostanza alla procedibilità dell’azione e
non alla sua struttura.
A non dissimile soluzione dovrebbe condurre la qualificazione del rapporto in questione come delegazione
promissoria cumulativa titolata legale;22 anche in tale ipotesi, infatti, la solidarietà riposa sulla somma dei
17
In senso parzialmente conforme Carinci M.T. Comm. del cod. civ. dir. da Schelesinger, sub. Art.2127 pag.
477 Milano 2000, che parla di delegatio promittendi titolata allo scopo di garantire il lavoratore delegatario.
18 Dove per di più il garante non può opporre al danneggiato eccezioni fondate sul contratto di
assicurazione, cioè sul rapporto di provvista.
19
De Acutis Solidarietà ed eadem causa in presenza di diverse fonti cointrattuali di resposnabilità, Riv. Dir.
Civ. 1976, II, 360);
20Rubino, Delle obbligazioni alternative, solidali, divisibili ed indivisibili, in Comm. Del c.c. Scialja e Branca,
sub artt. 1285 - 1320, Bologna Roma 1968 pag.134
21Cass.5944/94; Cass. 5275/97; Cass.3900/94 Cass.5282/90. Similmente anche Cass. 7223/97, relativa alla
inscindibilità di due opposizioni al decreto ingiuntivo per pagamento di onorari fondato sulla transazione
Se un avvocato ha ottenuto ingiunzione di pagamento, per le sue prestazioni professionali, ai sensi dell'art.
29 legge 13 giugno 1942 n. 794, nei confronti sia del cliente, sia della controparte di questi (art. 68 R.D.L. 27
novembre 1933 n. 1578), nel giudizio instaurato con l'opposizione di entrambi, non può ordinarsi la
separazione delle cause, perché l'esistenza e la validità del contratto d'opera professionale tra avvocato e
cliente costituisce presupposto indispensabile della responsabilità solidale, "ex lege", dell'avversario di
quest'ultimo, e perciò da un lato il rapporto processuale tra tali parti e' inscindibile - si' che e' censurabile
dalla Cassazione l'ordinanza che invece violi l'art. 331 cod. proc. civ. -dall'altro non e' applicabile l'art.
1306 cod. civ. - che dispone l'inopponibilità della sentenza, favorevole al creditore, al condebitore che non
ha partecipato al giudizio - che invece presuppone l'autonomia delle obbligazioni solidali.
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Carinci cit.
titoli di responsabilità e non sulla loro unificazione. Sicché, ai fini dell'esclusione del litisconsorzio la solidarietà, cioè la possibilità di escutere uno solo dei debitori non ha rilevanza: quanto che il committente opponga agli ausiliari eccezioni basate sull'appalto o eccezioni basate sul contratto di lavoro, cioè rispettivamente sul rapporto di provvista o di valuta, si tratterà sempre di eccezioni in cui una delle parti di quel
rapporto – se si esclude il litisconsorzio necessario - non è presente nel giudizio.
La somma di debitori per la stessa prestazione non necessariamente determina solidarietà ex art.1292 c.c..
Nella solidarietà il debitore convenuto non può opporre eccezioni basate sul riparto di responsabilità con il
coobbligato, 23 mentre è generalmente ammesso 24 che il committente possa opporre eccezioni basate sull'appalto, pur continuandosi a escludere, da parte della stessa dottrina 25, la sussistenza del litisconsorzio.
Ma pare perciò conclusivamente che l’esclusione del litisconsorzio necessario derivi unicamente dall'affermazione acritica della solidarietà degli obbligati piuttosto che dai risultati dell’indagine di struttura, che viceversa mi pare deponga per il contrario.
Calogero Massimo Cammalleri
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Si pensi al riparto di responsabilità tra ente espropriante ed ente delegato per l’obbligazione risarcitoria
in caso di risarcimento del danno da occupazione acquisitiva: in tale caso di chiunque sia la responsabilità
interna del mancato completamento dell’iter ablativo, il risarcimento per la perdita del diritto dominicale
del fondo irreversibilmente trasformato il risarcimento non cambia né viene meno la responsabilità
dell’autore dell’illecito o del beneficiario di esso. Sicché, agevolmente, individueremo un fatto giuridico
comune nella produzione dell’evento e un’obbligazione unica a ristoro dello stesso. Che poi il delegato non
ha colpa non interessa l’espropriato di fatto che da lui ha subito l’illecito, vorrà dire che potrà esercitare
regresso per intero sul delegante. Qui la situazione è del tutto diversa dall’azione diretta: si tratta invero di
solidarietà passiva in senso stretto.
Diverso è il caso della solidarietà del proprietario del veicolo e del conducente. Il primo garantisce il
danneggiato dalla condotta del secondo, sicché la sua, anche se solidale, responsabilità dipende dal quella
del secondo. Donde l’ipotesi di litisconsorzio necessario. Cfr. Cass. , sez. III, 10-06-1992, n. 7130 in Arch.
circolaz., 1992, 815
24 Carinci, cit. 478. L’autore però non si avvede che così dicendo enuncia una fattispecie di causa
inscindibile, compatibile con la solidarietà, ma affatto incompatibile con l’esclusione del litisconsorzio.
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Carinci M.T. cit.