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QUADERNO
NUMERO 01
NOV 2015
SIRIA
FORMAZIONI E
SCHIERAMENTI
IN CAMPO
COMITATO DEL MARTIRE
GHASSAN KANAFANI
Il perché di questo approfondimento
Partiamo da un concetto: a rendere finora intrattabile la “guerra alla Siria” è
stata, principalmente, la quantità di soggetti armati, sia formali che
informali, coinvolti nella destabilizzazione della Repubblica Araba Siriana, a
cui va sommata la variabilità dei loro rapporti reciproci e, non ultimi, i
collegamenti semi-occulti con le potenze straniere committenti. Per questo,
la descrizione degli attori in campo, e dei relativi posizionamenti, ci è parsa
un utile lavoro propedeutico ad altre necessarie riflessioni.
Non ci siamo posti l’obiettivo di essere esaustivi sull’argomento “guerra in
Siria”, ma anzi rinviamo ad altri futuri interventi il compito di entrare nel
merito di questioni specifiche che pure ci stanno a cuore, come ad esempio
“la questione palestinese all’interno dell’aggressione alla Siria”, o che
reputiamo urgente affrontare, come ad esempio “il fenomeno dello Stato
islamico – ISIS”.
Al netto delle sbandate e della sostanziale sublimazione (o peggio) della
sinistra
occidentale
sul
fronte
della
lotta
internazionalista
all’imperialismo/sionismo, c’è da dire che la guerra stessa, sotto alcuni
aspetti, è indubbiamente cambiata: all’intervento diretto militare sulla
nazione-obiettivo si è sostituita la cosiddetta “proxy war”. La guerra per
procura non è solamente la più distruttiva per i Paesi che la subiscono ma,
come vedremo, anche la più rischiosa per i Paesi che la commissionano. Nel
caso della Siria, il piano di porre fine al “regime Assad” attraverso un
bombardamento NATO (stile Libia) è stato, nel febbraio 2012, sventato dal
veto di Cina e Russia presso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
In seguito a ciò, non essendo praticabile l’intervento via terra, dopo le
disastrose avventure in Iraq ed Afghanistan, il teatro siriano è divenuto un
pantano che, oltre a centinaia di migliaia di vittime, la distruzione
dell’ultimo Stato arabo sovrano e solidale con il popolo palestinese, rischia di
risucchiare tutto il resto del mondo in un conflitto definito “mondiale su
scala regionale”. Tuttavia, nonostante le difficoltà incontrate, la criminale
strategia dell’imperialismo rimane sostanzialmente immutata e continua a
puntare “sull’organizzazione e l’armamento del dissenso -oramai pienamente
eterodiretto- in Siria”.
Però una cosa va detta, se la guerra è cambiata, tale trasformazione non è
certamente causa necessaria e sufficiente a rendere indistinguibili
“aggressore ed aggredito”. Per quanto complessi gli avvenimenti, per quanto
fitta la cortina fumogena della disinformazione, pensiamo ci sia ancora la
possibilità di riflettere criticamente sulla realtà che ci circonda. Del resto, chi
sa leggere gli avvenimenti storici si renderà conto di una logica e
conseguenziale evoluzione dei metodi utilizzati dal nemico di classe. A
questo proposito, non desta particolare sorpresa la lettura delle parole del
colonnello Lawrence, il quale, all’interno dei suoi «Ventisette articoli» del
1917, scolpiva ad uso britannico un comandamento di pregnante attualità:
«Non cercare di fare troppo con le tue mani. Meglio gli arabi lo facciano
accettabilmente che tu alla perfezione. E’ la loro guerra, e sei lì ad aiutarli, non a
vincerla per loro». E così è stato!
Iniziamo questo approfondimento proprio dalle forze “ribelli” siriane,
tentando di sottolineare come i diversi Paesi coinvolti nella guerra per
procura manovrino ognuno le proprie pedine su quell’incerto terreno comune
che è l’opposizione al “regime” siriano. Incontreremo, quindi, la Turchia con
il suo neo-ottomanesimo legato alla Fratellanza Musulmana (in un
particolare rapporto che potremmo definire «commensale» nei confronti
dell’amico Qatar), l’imperialismo USA che, messo in difficoltà dal
multipolarismo, abbandona il suo vecchio progetto per un Medio Oriente
detto “Allargato” a favore del c.d. Wright plan, la politica regionale
dell’entità sionista e di casa Saud (entrambe, per motivi diversi, in contrasto
con l’Iran dei colloqui di Vienna e degli accordi sul nucleare), la Francia che
rincorre il sogno di un nuovo Sykes-Picot, ecc…
Tratteremo poi la composizione delle «forze governative» e degli alleati del
governo Assad, la longa manus dell’Iran nelle organizzazioni sciite scese in
campo, l’intervento militare diretto della Russia di Putin, la posizione delle
principali organizzazioni della Resistenza palestinese sulla “crisi siriana” e i
curdi-siriani che con le loro organizzazioni sembrano rincorrere una propria
progettualità, apparentemente slegata sia dal destino dell’opposizione siriana
sia dalla resilienza del governo Assad.
Infine, per non risultare eccessivamente scollati dai gravi fatti di questi
giorni, diremo solo che, dopo 5 anni di stallo, si avverte chiaramente nel
campo imperialista l’urgenza di intruppare la comunità internazionale, con
annessa opinione pubblica, in un intervento militare diretto nel Levante.
Abbiamo buona ragione di credere che, a questo scopo, l’appello globale alla
lotta contro l’ISIS risulterà assolutamente funzionale, così come abbiamo
ascoltato dalle televisioni di tutto il mondo a seguito dell’«attentato di
Parigi» del 13/11/2015. Tuttavia, come già spiegato, riteniamo inutile
interrogarsi su questi aspetti prima di una condivisione collettiva di una serie
di ragionamenti che possiamo tranquillamente definire propedeutici.
Comitato del Martire Ghassan Kanafani
Indice
L’opposizione in Siria…………………………………………………….. (1)
Le fazioni armate dell’opposizione siriana……………………….. (8)
Il sunnismo radicale nell’opposizione siriana…………………… (13)
Il sostegno imperialista all’opposizione siriana………………… (19)
Rivoluzione o aggressione imperialista?................................ (24)
Il caso dei curdi-siriani………………………………………………….. (26)
Le Forze Armate Siriane……………………………………………….. (27)
Le formazioni paramilitari alleate………….….…………………... (29)
Le milizie sciite a difesa della Siria………………………………... (32)
Altre organizzazioni per l’unità della Siria……………………… (34)
Le organizzazioni palestinesi e la loro posizione………….…... (35)
La strumentalizzazione della sinistra palestinese……….……. (45)
L’intervento russo e quello francese in Siria………….………... (48)
Conclusioni: una bussola funzionante in una realtà mutevole……………. (55)
L’opposizione in Siria
Con l’inizio della guerra in Siria (mercenari, contractors, finanziamenti a
pioggia e grande flusso di armi), il termine «opposizione siriana» smette di
indicare l’inadeguato e troppo indipendente Coordinamento dei Comitati per
un Cambiamento Democratico (CCCD; Fig.1), una coalizione di partiti di
sinistra che osteggia fin da subito l’intervento esterno, finendo per riferirsi
esclusivamente a quell’agglomerato politico-militare (i vari gruppuscoli,
definiti «ribelli» o «anti-regime»; Fig.2) che gravita attorno alla cosiddetta
Coalizione Nazionale Siriana (CNS; Fig.3). Salvo poi, come vedremo,
tornare a dividersi in una mutevole nebulosa di coordinamenti e sigle.
Fig.1 – Bandiera del CCCD
Fig.2 – Bandiera dell’opposizione siriana
Come già accaduto nei confronti
della Libia con la creazione del
Consiglio Nazionale di
Transizione, anche in Siria (Fig.4)
viene attuata la dottrina detta della
«Responsabilità di proteggere R2P», secondo la quale «una
nazione, se incapace di offrire
protezione alla propria
popolazione, deve cedere la
Fig.3 – Bandiera della CNS
propria sovranità a favore di un
intervento diretto della Comunità
Internazionale». Nicholas Sarkozy,
il 25 marzo 2011, dà la sua personale
interpretazione della dottrina
«R2P» affermando: «Ogni
governante – e in particolar modo ogni
governante arabo– dovrebbe capire che
da questo momento in poi la reazione
1
della Comunità Internazionale e
dell’Europa sarà sempre la stessa: ci
schiereremo dalla parte dei
manifestanti pacifici, che non dovranno
essere perseguitati in maniera
violenta1». Guarda caso, le Nazioni
Unite approvano la risoluzione
1973, con la quale viene istituita la
No-Fly Zone sopra la Libia che poi
permetterà il bombardamento
NATO, mentre giungono le prime
notizie di violenze insurrezionali a
Daraa (Siria meridionale). I media
ufficiali, come ad esempio Al
Jazeera (che lo ammetterà solo in
un secondo momento2), dipingono i
ribelli armati come
dei «pacifici dimostranti». Diversi
manifestanti, ma anche agenti delle
Forze di sicurezza, in questi primi
mesi di conflitto (quelli descritti
dai media come caratterizzati «da
una contestazione non-violenta e
popolare»), verranno cecchinati in
situazione pubbliche,
principalmente cortei funebri, da
«ignoti appostati sui tetti». Stessa
tecnica già vista in Thailandia, in
Venezuela, in Ucraina, ecc…
Organizzazioni come Human
Rights Watch impiegheranno 12
mesi per denunciare gli abusi
commessi dai “ribelli” in questi
primi momenti che segnano la
“crisi siriana3”.
Fig.4 – La trasformazione dell’opposizione siriana
1
«Sarkozy ammonisce i legislatori arabi riguardo al
precedente della Libia», Euobserver, 25 marzo 2011.
3
«Syria: Armed Opposition Groups Committing
Abuses», Human Rights Watch, 20 marzo 2012.
2
«Nove morti ai cortei funebri in Siria, Al-Jazeera, 23
aprile 2011.
(http://www.aljazeera.com/indepth/features/2011/09
/2011923115735281764.html).
2
Il Dipartimento di Stato
americano, negli anni di supporto
occulto ai gruppi dell’opposizione,
trova nella Fratellanza Musulmana
siriana (FM; Fig.5) un interlocutore
privilegiato. Questo passaggio è
importante per comprendere una
serie di dinamiche:
 la violenza
confessionale/clanico/tribale
che infuria in Siria: sin dagli
anni ’60 la FM accusa infatti di
eresia le minoranze alawuita e
sciita. Questo odio è sfociato in
diversi attacchi terroristici, tra
questi: il massacro di 32 cadetti
militari siriani nel 1979 e, nel
2011, l’uccisione rivendicata di 44
persone a Damasco tramite un
attacco suicida4;
 lo storico rapporto tra FM ed
imperialismo occidentale
(soprattutto i servizi segreti MI6
inglesi e la CIA): dopo la
sconfitta subita dalla FM nel
1982 nella città di Hama, molti
appartenenti a questa
organizzazione hanno fatto base
a Londra5, dove iniziano i
rapporti con la galassia
dell’«attivismo giovanile
supportato dagli americani6»;
 le divisioni che, come vedremo,
hanno tormentato l’Esercito
Libero Siriano fin dalla sua
creazione7;
 il ruolo della Turchia di Erdogan
nell’addestramento e nel
sostegno all’opposizione armata
siriana8, chiaramente anche in
funzione anti-curda9, oltre al
ricorrente progetto di una «zona
cuscinetto» al confine con la
Siria (ribadita durante il G20 in
Turchia del 15/11/2015);
 il ruolo della borghesia sunnita
damascena ed aleppina contro il
governo Assad.
Fig.5 – Fratellanza Musulmana in Siria
4
«Partecipano a centinaia ad una cerimonia funebre
siriana», Press TV, 24 dicembre 2011.
5
«La Fratellanza Musulmana siriana e il regime di
Assad», Brandies University, dicembre 2010.
6
«Gruppi USA hanno aiutato l’attivismo giovanile
all’interno delle Primavere arabe», The New York
Times, 14 aprile 2011.
7
«L’Esercito Libero Siriano tormentato dalle divisioni»,
Global Post, 10 marzo 2012.
8
«Gli Stati Uniti aiutano ad addestrare e ad armare i
mercenari islamici per combattere in Siria», The
Examiner, 9 marzo 2012.
9
«Turchia: è probabile che gli Stati Uniti schierino i
droni Predator», Associated Press, 24 settembre 2008.
«Il summit di Istanbul prova ad aumentare la
pressione sulla Siria», BBC, 1 aprile 2012.
3
La Coalizione Nazionale Siriana
(CNS; Fig.6), fondata a Doha
(Qatar) e con sede ad Istanbul
(Turchia), è la coalizione dei
gruppi di opposizione che
comprende anche le formazioni
militari che partecipano alla
«guerra siriana» (Esercito Libero
Siriano – ELS/FSA e successive
incarnazioni). Tale coalizione ha
conosciuto immediatamente una
vita assai turbolenta con scissioni,
fuoriuscite, scandali e fallimenti. Il
suo attuale Presidente è Khaled
Khoja. Nel luglio 2013 il Qatar, fino
ad allora assoluto dominatore della
Coalizione, deve accettare il
presidente imposto dall’Arabia
Saudita, Ahmad Assi Jarba, capo di
una tribù della Siria orientale e
fedele a Riyad. Nell’agosto 2015,
tocca ai Comitati di
Coordinamento Locali10
(CCL/LCCs; Fig.7), una
residuale fazione definita
«progressista», abbandonare la
CNS. I CCL comprendevano circa
70 diversi comitati, per lo più
composti da giovani media-attivisti
non violenti ed apolitici. Questi
stessi definiscono la CNS: «minata
da conflitti interni e da ambizioni
personali…formata da blocchi legati a
forze straniere (Arabia Saudita,
Qatar e Turchia, solo per rimanere
nell’area)…ci vergogniamo nel vedere
cosa sia successo nella Coalizione
Nazionale Siriana». Purtroppo anche
il «volto pulito ed etico»
dell’opposizione (al pari delle varie
ONG umanitarie filo-USA e dello
stesso Osservatorio Siriano sui
Diritti Umani con sede a Londra) è
una creatura del Dipartimento di
Stato americano, del Friends of
Syria Group e dell’Open Society11.
Fig.7 – Comitati di Coordinamento Locali
Fig.6 – Rappresentanti della CNS
10
«Syria’s Local Coordination Committees: The
Dynamo of a Hijacked Revolution», Knowledge
Programme Civil Society in West Asia, 5 MAGGIO
2014
11
http://www.state.gov/documents/organization/186
661.pdf https://www.adoptrevolution.org/en/
4
L’Esercito Libero Siriano
(ELS/FSA; Fig.8) ha origine nel
2011 da un certo numero di disertori
dell’Esercito Arabo Siriano
(EAS/SAA), adeguatamente
assistiti durante il cambio di
casacca, ma arriva velocemente ad
incamerare un numero
sorprendente di disperati,
mercenari e professionisti. L’ELS
che, a dispetto del nome, non è mai
stato un esercito classico12, secondo
il suo statuto si pone la missione
della «difesa dei civili e l’abbattimento
del regime di Bashar al-Assad». Fin
dai suoi esordi, tuttavia, paleserà i
suoi reali intenti, modulandoli a
seconda dell’evoluzione militare sul
campo, della sempre più forte
dipendenza nei confronti dei
committenti (Paesi del Golfo,
USA, Israele, Turchia e quindi il
Friends of Syria Group) e sulla
base dei rapporti a livello locale con
le forze «islamiste» da una parte e
curde dall’altra. In generale,
perlomeno dal 2014, possiamo
affermare che l’ELS/FSA esiste
nella forma di una mutevole
galassia di fazioni equipaggiate (per
la maggior parte) dal Dipartimento
di Stato americano, attraverso i
confini giordani e turchi.
12
L’ELS ha operato nella guerra sia in
contesti metropolitani che
«naturali», principalmente nella
regione nord-ovest della Siria
(Idlib, Aleppo), nella regione
centrale (Homs, Hama), nella zona
di Damasco (nel campo di
Yarmouk, assieme alla palestinese
Aknaf Beit al-Maqdis, legata ad
Hamas; Fig.9) e nel sud (Daraa e
Houran).
Fig.8 – Bandiera del ELS/FSA
Fig.9 – Bandiera di Aknaf Beit al-Maqdis
https://www.youtube.com/watch?v=mIyg7xaLGTY
5
Nelle aree con grande presenza
curda si sono formate alleanze
come la Syrian Democratic Forces
(SDF; Fig.10), una formazione
militare composta da arabi,
cristiani, armeni, siriaci e curdi
(YPG, YPJ), fondata nell’ottobre
2015 per espellere l’ISIS dal
governatorato di ar-Raqqah (con il
sostegno dell’occidente).
Il Syrian Revolutionary Command
Council (SRCC; Fig.11) è una
alleanza di 72 fazioni (tra cui
Harakat Nour al-Din al-Zenki;
Fig.12) che prendono parte alla
guerra in Siria e che si sono volute
sottrarre alla gestione operata dalla
CNS. E’ una struttura, più militare
che politica, nata da un gruppo
eterogeneo di fedeli ed attivisti
della regione di Idlib (NW della
Siria) che, in agosto 2014, lancia la
campagna denominata “Watasimo
Initiative”, con l’idea di subentrare
al comando dell’ELS/FSA oramai
allo sbando13.
Fig.10 – Bandiera del SDF
A novembre 2014, il SRCC tiene il
suo primo congresso in Turchia
(nella città di Gaziantep, dove il
governo turco, membro NATO, ha
intanto piazzato alcune batterie di
missili Patriot verso i confini
siriani), alla presenza di personaggi
ben noti del sunnismo
fondamentalista e di qualche
esponente della “vecchia” CNS.
Rispetto a quest’ultima, il SRCC
prova inizialmente a mantenere
una certa distanza dalle forze legate
ad al-Nusra (al-Qaeda in Siria) e
ad Ansar al-Din, anche se ed essere
di fatto escluse dal coordinamento
13
«The Revolutionary Command Council: Rebel Unity
in Syria?», CANERGIE Endowment for International
Peace, 1 dicembre 2014.
(https://www.facebook.com/waitasemo)
6
saranno solo le Unità Popolari di
Protezione curde – YPG (vicine al
PKK siriano). Tra i gruppi invece
«ammessi» sin dalla fondazione,
troviamo rappresentate quasi tutte
le fazioni islamiste ad eccezione di
ISIS ed al-Qaeda: l’Islam Army, il
Movimento Hazm, Sham Legion,
ecc... Anche il SRCC non supererà
quindi indenne le proprie forti
contraddizioni interne; questo
ennesimo coordinamento
dell’opposizione siriana si spacca di
fatto in 3 fazioni: quella più legata
all’ELS/FSA (che godono del
diretto sostegno imperialista), il
ramo siriano della Fratellanza
Musulmana (legato quindi a
Turchia e Qatar) e i gruppi che
gravitano attorno al Fronte
Islamico di orientamento salafita.
Fig.12
Come si sarà notato, le forze
d’opposizione a cui è delegato il
compito di destabilizzare e dividere
la Repubblica Araba siriana, non
sono un’entità militare in senso
classico. Tuttavia sarà premura dei
Paesi confinanti ed ostili alla Siria
(Giordania, Turchia ed Israele)
compensare questi deficit
strutturali. Si può dire, ad esempio,
che sia Israele “l’aviazione
dell’insurrezione”: dal 2013, l’entità
sionista sferra infatti attacchi aerei
ed incrementa la presenza militare
sulle alture del Golan (oltre
all’invio nei territori siriani di
truppe, spie, veicoli e droni).
Il coinvolgimento di Tel Aviv in
Siria è chiaramente coordinato
dall’amministrazione Obama, per
la quale “…gli israeliani sono
giustificati nell’aggredire la Siria e gli
USA si coordinano con Tel Aviv
contro il governo siriano…”.
Fig.11– Bandiera del SRCC
7
Le fazioni armate dell’opposizione siriana
Southern Front (Fig.13a) è una
coalizione di 58 diversi gruppi di
opposizione presenti nella
provincia di Daraa e Quneitra.
Orientamento non
religioso/moderatamente religioso.
Sostegno imperialista. Tra questi
gruppi ricordiamo: Forqat Usood
al-Sunnah (Fig.13b), Forqat 18
Adhar (Fig.13c), Liwa’ Tawhid alJunoub (Fig.13d), Forqat al-Hamza
(Fig.13e), Al-Fauj al-Awwal
Madfa’a (Fig.13f), Syria
Revolutionaries Front – Southern
Sector (Fig.13g), Faylaq al-Awwal
(Fig.13h), Forqat Salah al-Din
(Fig.13i), Tajammu Alwiyat alOmari (Fig.13l), Liwa’ Tawhid
Kata’ib Horan (Fig.13 m), Liwa’
Shabab al-Sunnah (Fig.13n) e
Yarmouk Army (il loro leader
Bashar al-Zoubi è il capo dell’intero
Southern Front; hanno il pieno
sostegno dell’Arabia Saudita e sono
equipaggiati con missili anticarro
TOW; Fig.13o).
Fig.13
8
Al-Rahman Legion (Fig.14) è un
gruppo consistente di ribelli
affiliati all’ELS/FSA che operano
nella periferia di Damasco, Ghouta
e parte orientale di Qalamoun.
Membro dell’Unified Military
Command in Ghouta, sotto il
comando dell’Army of Islam.
Dotati di missili TOW, sono in
rapporto con formazioni islamiste e
godono del sostegno imperialista.
Forqat Fajr al-Tawhid (Fig.15)
opera nel sud della Siria e nel
tempo ha assorbito numerosi
gruppi minori. Ha in dotazione
missili TOW ATGM. Sostegno
imperialista.
11th Special Forces Division
(Fig.16) è una divisione affiliata
all’ELS/FSA che opera a Damasco
e nelle zone montuose di
Qalamoun vicino al confine
libanese; equipaggiati con missili
TOW. Sostegno imperialista.
Fig.14
Fig.15
Fig.16
9
13th Division (Fig.17), diretta
emanazione della CNS e dei
Friends of Syria (collettivo
diplomatico al quale partecipano
USA, Francia, Arabia Saudita,
Italia, Qatar, ecc…). Sostegno
imperialista.
Knights of Justice Brigade (Fig.18)
è un sottogruppo dell’ELS facente
capo al SRCC. I mercenari di
questo gruppo sono stipendiati
mensilmente dalla CIA e il
quartiere generale è in Kafranbel.
Sostegno imperialista.
Fig.17
Fig.18
1st Coastal Division (Fig.19) opera
nella regione ovest di Idlib, nord di
Latakia ed Hama. Ha circa 2.800
uomini, mezzi corazzati e missili
TOW forniti dal Friends of Syria
Group. Sostegno imperialista.
Tajammu al-Izza (Fig.20) è un
gruppo affiliato all’ELS/FSA che
opera nella zona di Idlib e a nord di
Hama. Nasce come unione di
diversi gruppi locali come AlTamanah Martyrs’ Brigade e Ibn
al-Jarrah Brigade. Dotati di missili
TOW dal Dipartimento di Stato
americano. Sostegno imperialista.
Fig.19
Fig.20
10
The Central Division (Fig.21) è stata
formata nel settembre 2015 da diversi
gruppi prima separati –e già dotati di
missili TOW- ed ha svolto un
importante ruolo nella difesa dagli
attacchi dell’EAS/Russia soprattutto a
nord di Hama. Sostegno imperialista.
46th Division o Forqat 46 (Fig.22) è un
fruppo dell’ELS/FSA formatosi nel
febbraio 2015 che opera principalmente
nella zona di Aleppo e a nord di Hama.
E’ sotto il comando dell’ex ufficiale
dell’EAS/SAA, Abu Taha. Uno degli
ultimi gruppi ad essere stato dotato di
missili TOW. Sostegno imperialista.
Liwa’ Sultan Muad o Sultan
Murat Tugay (Fig.23) è una formazione
militare parte dell’ELS/FSA formata da
turchi siriani che prende nome dal
Sultano Murad II dell’impero ottomano.
Sono attivi nella zona di Aleppo, ma
anche a Idlib. Mantengono stretti
rapporti con la Turchia e sono stati
dotati di missili TOW ATGM.
Sostegno imperialista.
Kata’eb Thuwar al-Sham (Fig.24) sono
delle brigate formatesi nell’aprile 2015 da
fuoriusciti della Mujahideen Army che
operano principalmente nella zona di
Aleppo contro ISIS. Ha inviato proprie
unità di combattenti anche per
l’offensiva di Idlib condotta dall’Esercito
della Conquista (che vedremo dopo).
Rapporto con formazioni islamiste.
Fig.21
Fig.22
Fig.23
Fig.24
11
Jarabulus Brigade, Al-Qassas Army e
Dawn of Freedom Brigades (Fig.25a, b,
c) sono gruppi minori attivi nella zona
di Ayn al-Arab/Kobane (da cui si
formerà in seguito l’SDF). Sostegno
imperialista.
Liwa Thuwwar al-Raqqa (Fig.26a) è un
gruppo formatosi a Raqqa che, dopo
numerose sconfitte subite da ISIS, è
entrato nella coalizione Euphrates
Volcano (EV; Fig26b) che a sua volta è
una parte delle Syrian Democratic
Forces (SDF). Sostegno imperialista.
Revolutionary Army (Jaysh al-Thuwar;
Fig.27) è una coalizione di forze “ribelli”
che include i 7 maggiori gruppi
dell’ELS/FSA. Molti dei suoi membri
provengono dal defunto Hazm
Movement e dal Fronte Rivoluzionario
Siriano (FRS). Sostegno imperialista.
Liwa al-Tawhid (Fig.28) è un gruppo
attivo nella zona di Aleppo, legato al
Qatar, balzato agli onori delle cronache
per la vicenda del sequestro delle
“cooperanti” italiane Greta Ramelli e
Vanessa Marzullo. Sostegno
imperialista.
Liwa’ Suqour Jabal al-Zawiya (Fig.29 ) è
un gruppo ribelle sostenuto direttamente
dal Dipartimento di Stato americano che
opera nel governatorato di Idlib. Prima
parte del SRF, poi entrato nel 5th Corps,
un’alleanza di 5 battaglioni che hanno
ricevuto dagli USA missili TOW.
Sostegno imperialista.
Fig.25
Fig.26
Fig.27
Fig.28
Fig.29
12
Il sunnismo radicale nell’opposizione siriana
In generale, è quantomeno difficile
andare a tracciare una linea di
demarcazione tra «ribelli
moderati» e i combattenti di alQaeda14, entrambi sostenuti
Ahrar ash-Sham (Movimento islamico
degli uomini liberi del Levante, Fig.30a)
e Jaysh al-Islam (Esercito dell’Islam,
comandato da Zahran Alloush; Fig.30b)
sono coalizioni di gruppi di
orientamento salafita. Operano sotto la
sigla del al-Jabha al-Islamiyya (Fronte
Islamico; Fig.3oc): un gruppo definito
“islamista ribelle” direttamente
sostenuto ed armato dall’Arabia Saudita,
parte della Coalizione militare chiamata
al-Jabha al-Shamiyya (Fronte del
Levante; Fig.30d). Alleati di al-Nusra
(al-Quaeda in Siria) e in forte conflitto
con tutte le anime legate alla Fratellanza
Musulmana (FM), compresa la
palestinese Hamas/Aknaf Beit alMaqdes. Numerose brigate
dell’ELS/FSA sono confluite nel Fronte
Islamico a partire dal 2013.
Ajnad al-Sham (Unione Islamica dei
Soldati del Levante; Fig.31) è un’alleanza
di diversi gruppi islamisti attivi
principalmente nella periferia di
Damasco, dove hanno collaborato
militarmente con fazioni dell’ELS/FSA
contro l’EAS/SAA. Su posizioni
ufficialmente separate da al-Nusra ma,
nei fatti, alleati di al-Qaeda in Siria.
dall’imperialismo occidentale.
Dalla comparsa dell’ISIS in poi
questo lavoro appare ancora più
complicato, se non impossibile.
Fig.30
a
b
c
d
Fig.31
14
«Petraeus: Use Al Qaeda Fighters to Beat ISIS»,The
Daily Beast, 31 agosto 2015.
13
Sham Legion (Fig.32a) è un’alleanza di
gruppi islamici “ribelli” che
appartengono allo Shields of the
Revolution Council (Fig.32b), creatura
militare della Fratellanza Musulmana
siriana.
Jabhat al-Asala wa-al-Tanmiya (Fronte
per l’Autenticità e lo Sviluppo; Fig.33)
che include disertori del EAS/SAA ed
islamisti. Sostenuto dagli USA, presenta
la bandiera dell’ELS/FSA nel logo ma
non ne fa parte ufficialmente. Separati
da al-Nusra.
Jaysh al-Mujahedeen (Fig.34) è una
coalizione di islamisti “ribelli” che nasce
con lo scopo di contrastare ISIS; sono
affiliati all’ELS/FSA all’interno del
SRCC. Sostenuta da USA/CIA,
interviene nella battaglia per Aleppo e
manifesta aperta ostilità ai curdi del
PKK (al fianco della Turchia di
Erdogan). Separati da al-Nusra.
Fig.32
Fig.33
Fig.34
Jabhat al-Nusra (Fig.35) è al-Qaeda in
Siria e Libano. Si è autoproclamata “la
fazione dell’opposizione armata di più
grande successo (militare)”.
Ufficialmente considerata
“organizzazione terroristica” è
apertamente sostenuta dalle
petromonarchie del Golfo e
dall’imperialismo occidentale attraverso
invio di finanziamenti/armi alle fazioni
dell’ELS/FSA con cui collabora.
Dispone di missili TOW ATGM, alcuni
dei quali ottenuti dopo aver sconfitto
gruppi islamici avversari.
Fig.35
14
Jabhat Ansar al-Din (Fig.36) è una
alleanza jihadista di origine saudita
neutrale rispetto al conflitto alNusra/ISIS. Non belligeranti con alNusra.
Alwiyat al-Furqan (Fig.37) è un gruppo
ribelle indipendente che partecipa alla
guerra contro il governo siriano
principalmente nella zona di Damasco,
Quneitra e Daraa. Fino al 2014, erano il
gruppo islamico più numeroso a
combattere nel sud della Siria. Sono stati
equipaggiati di missili TOW dagli USA
attraverso il Military Operations Center
(MOC) con sede ad Amman
(Giordania), lo stesso MOC che
rifornisce di armi il Southern Front
dell’ELS/FSA.
Muhajirin wa-Ansar Alliance (Fig.38) è
una alleanza di gruppi salafiti attivi
nell’aggressione imperialista alla Siria.
Tra le molte milizie che coordina
ricordiamo: Jund al-Aqsa (Fig.39a),
Liwaa al-Umma (gruppo fondato da
Mahdi al-Harati, già attivo nella guerra
contro la Libia15; Fig.39b) e Liwa al-Haqq
(Fig.39c).
Fig.36
Fig.37
Fig.38
Fig.39
15
«Il combattente libico-irlandese si dimette da
deputato capo del Consiglio militare di Tripoli», The
Irish Times, 11 ottobre 2011.
15
Abbiamo scelto di pubblicare (Fig.40) una lettera di congratulazioni inviata
da alcune fazioni dell’ELS/FSA (che riconoscerete tra quelle descritte) al
Partito per la Giustizia e lo Sviluppo turco (AKP) di Erdogan, in occasione
della recente vittoria nelle elezioni politiche in Turchia. Dovrebbero, a
questo punto, apparire palesi le affinità ideologiche e le convergenze
logistiche che legano una consistente parte dell’opposizione armata in Siria
alla Fratellanza Musulmana turca. A proposito di sinergie e “scambi di
favori”, ricordiamo anche le congratulazioni inviate, sempre dalle fila
dell’opposizione siriana, a Netanyahu per la sua vittoria in marzo 2015 alle
elezioni della Knesset, il parlamento israeliano16.
Fig.40
16
http://www.albawaba.com/news/syrian-rebels-congratulate-netanyahu-election-victory-671478
16
Alcuni attenti osservatori delle
dinamiche mediorientali affermano
che, in seguito ad un accordo tra
Erdogan e il re saudita Salman
(marzo 2015), risulterebbero
superate le precedenti distanze
tattiche al fine di imporre nel nord
Siria un «nuovo» soggetto
belligerante dall’evocativo nome di
Jaish al-Fatah (Esercito della
Conquista; Fig.41). Tale esercito,
risultato dell’unione traversale di
diverse fazioni17 (Fig.42), dalla FM
ad al-Nusra, avrebbe come
obiettivo quello di combattere
contemporaneamente curdi ed
EAS/SAA, rinvigorire la FM turca
rispetto la qatariota, rappresentare
gli interessi di casa Saud nel
contesto della pericolosa avanzata
di ISIS. E’ questa è solo l’ultima
forma assunta ufficialmente
dall’opposizione siriana in ordine
cronologico.
Fig.41
Fig.42 – Composizione di Jaysh al-Fatah (tratta da: cartercenter.org)
17
http://www.eastjournal.net/archives/60849
http://www.dailymail.co.uk/wires/afp/article3058816/Army-Conquest-rebel-alliance-pressuresSyria-regime.html
17
Stato Islamico - al-Dawla alIslamiyya (Fig.43), comunemente
chiamato Islamic State of Iraq and
al-Sham (ISIS o Da’esh). Sono
confluite nello Stato islamico
diverse anime: principalmente
quella fuoriuscita da al-Qaeda (e
che poi ha ingaggiato in Siria una
lotta con al-Nusra) e quella che
proviene dalla Resistenza irachena
dei tempi di Saddam Hussein
(Ba’ath iracheno ed altre
formazioni sunnite). Se in un
primo momento ISIS ha stretto
alleanze tattiche con diversi gruppi
ribelli in Siria, all’inizio del 2014 la
maggior parte di quest’ultimi ha
dichiarato guerra al Califfato. Nel
giugno del 2014, ISIS prende
possesso di Raqqah (che diventa un
pò la sua base operativa), Deir ezZor e la parte meridionale della
regione di Hasakah. Prima dei
bombardamenti russi e delle recenti
controffensive curde, ISIS era
arrivato a controllare circa un terzo
della Siria e dell’Iraq. In
combattimenti ad Homs e
Qalamoun, ISIS ha catturato
missili TOW ATGM. Lo Stato
Islamico, la cui reale forza militare
parrebbe essere sovrastimata, ha
rivendicato, negli ultimi mesi del
2015, diversi attentati terroristici:
abbattimento di un aereo russo nei
cieli del Sinai, attentato a Beirut in
un quartiere controllato da
Hezbollah e la strage di Parigi del
13/11/2015 (Fig.44).
Fig.43
Fig.44
18
Il sostegno imperialista all’opposizione siriana
Secondo documenti statunitensi18,
«fin dall’inizio del conflitto in
Siria, un numero sempre crescente
di fazioni dell’opposizione siriana
ha ricevuto finanziamenti ed armi
da diverse fonti». Esistono report
pubblici che provano l’invio di
armi, leggere e pesanti, da parte di
Arabia Saudita e Qatar, sin dalla
prima metà del 201219. Tuttavia, la
rivalità tra Qatar e casa Saud ben
presto ha alimentato due distinte
anime dell’opposizione siriana, con
il risultato che alcune potenze
straniere (e relativi interessi) non
si sentivano sufficientemente
rappresentate nel conflitto siriano.
Inizia così una corsa al
«finanziamento privato» che
renderà soddisfatte un po’ tutte le
fazioni in guerra (ora anche ISIS).
Gli USA certo non sono rimasti a
guardare e, se in un primo
momento dicono di aver sostenuto
gli sforzi saudi-qatarioti, fornendo i
famosi «aiuti non-letali», nel
giugno 201320, spediscono
ufficialmente i primi “aiuti letali”
verso l’opposizione «armata»
siriana. Con l’avanzata dell’ISIS,
l’amministrazione Obama chiede al
Congresso 500 milioni di dollari da
investire in armamenti da
consegnare sul campo e
nell’addestramento diretto di
uomini in Giordania e Turchia
(tramite la CIA). Tre sono gli
armamenti consegnati
all’opposizione siriana che gli
hanno consentito di confrontarsi
con l’Esercito Arabo Siriano e le
altre fazioni loro antagoniste: il
lanciamissili RAK-12, i missili
telecomandati anti-carro HJ-8 e i
missili anti-carro TOW (Fig.45).
18
https://www.cartercenter.org/resources/pdfs/peace
/conflict_resolution/syria-conflict/NationwideUpdateSept-18-2014.pdf
19
http://world.time.com/2012/09/18/syrias-secularand-islamist-rebels-who-are-the-saudis-and-theqataris-arming/
20
http://www.bloomberg.com/news/articles/2013-0614/u-s-backs-syrian-rebel-military-aid-as-chemicalsused
Fig.45
19
In questa semina di armamenti
pesanti, un salto di qualità è stato
impresso, dall’amministrazione
USA, dal momento in cui si è
deciso di utilizzare speciali
strutture militari chiamate Military
Operations Centers (MOCs)21,
presenti in Giordania (MOC sud)
ed in Turchia (MOC nord). Qui di
seguito i documenti del
Dipartimento di Stato USA dove
vengono indicate le fazioni
dell’ELS/FSA che hanno ricevuto
armamenti pesanti dalle strutture
sopraindicate (Fig.46, 47).
Fig.46 (tratta da cartercenter.org)
Fig.47 (tratta da: cartercenter.org)
21
http://www.bloomberg.com/news/articles/2013-0614/u-s-backs-syrian-rebel-military-aid-as-chemicalsused
http://www.npr.org/sections/parallels/2014/04/23/30
6233248/cia-is-quietly-ramping-up-aid-to-syrianrebels-sources-say
https://www.reddit.com/r/syriancivilwar/comments/3
tsanx/syrian_civil_war_atgm_weekly_111515112115/
20
All’inizio del 2015, durante la
ritirata dell’EAS/SAA dalle città di
Idlib e Jisr al-Shougur, Jaish alFatah, in collaborazione con le
milizie armate e finanziate dal
MOC del nord (ELS/FSA), scalza
le forze «governative». Durante
quest'offensiva, le forze jihadiste
fanno un larghissimo uso di missili
anticarro, fra i quali i famigerati
BGM71-TOW fabbricati negli
Stati Uniti d'America. Le autorità
statunitensi, venute a conoscenza
dell'uso di missili TOW da parte di
al-Nusra22 (ed altre fazioni
jihadiste) negli attacchi attorno
Idlib, interrompono
temporaneamente il flusso di armi
e cambiano strategia, decidendo di
metter su una nuova milizia di
ribelli siriani sulla quale avere
pieno controllo.
Nell'aprile 2015, il Senato
statunitense stanzia 600 milioni di
dollari per un piano che prevede
l'addestramento di 15.400 ribelli
siriani in 3 anni (circa 5.000 l'anno),
per avere sul terreno una forza
militare in grado di eseguire i
propri ordini diretti in operazioni
contro il governo siriano ed
eventualmente contro lo Stato
Islamico23. Il nome di questa
milizia è Divisione 30 (Fig.48) e
verrà assortita in Turchia, per
passare la frontiera solo dopo due
mesi di addestramento intensivo.
Degli iniziali 1500 candidati,
passeranno la frontiera (il 12 luglio
2015) appena 54 miliziani armati di
fucili d'assalto M16, alla guida di 30
pickup dotati di mitragliatrici
pesanti ed annunciati da un
bombardamento aereo che spiana
loro la strada fino alla città di Azaz
(Fig.49). L'epilogo è però
impietoso: questo gruppo non fa in
tempo ad allestire una base
operativa che viene assalito da una
squadriglia di al-Nusra, con un
bilancio catastrofico.
Fig.48
Fig.49
22
http://www.almasdarnews.com/article/al-qaedamilitants-utilize-u-s-made-tow-missiles-in-idlib/
23
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/09/17/siriavertici-militari-usa-spesi-500-milioni-per-addestrare-5miliziani-anti-is/2043995/
21
Le operazioni di addestramento
proseguono, nonostante i
fallimenti, nell'imbarazzo tangibile
dei vertici della Difesa americana
(Ashton Baldwin, Segretario della
Difesa, e Lloyd J. Austin,
comandante del Comando Militare
Americano che sovrintende alle
operazioni in Siria e Iraq). Il 22
settembre, passano così la frontiera
altri 75 miliziani addestrati dalle
forze USA, ma questa seconda
impresa, se possibile, finisce anche
peggio della precedente quando,
incrociato il primo drappello di alNusra, i soldati della Divisione 30
cedono loro metà delle armi e dei
mezzi, dichiarando ai jihadisti di
aver partecipato al programma
statunitense “solo per potersi
accaparrare le dotazioni militari24”.
Dopo l’ennesima disfatta, il
programma viene chiuso e viene
revocato il comando al Gen. Austin
(che poi è lo stesso dell'accordo
anti-PKK con la Turchia per
l'utilizzo della base aerea di
Inchirlik). Gli Stati Uniti, a questo
punto, decidono di dirottare tutti i
loro fondi verso delle forze più
indipendenti ma sicuramente anche
più efficaci sul campo. Considerata
la “buona propensione al
coordinamento con l'aviazione
USA”, le Unità di Protezione
Popolare curde (YPG) si candidano
per una relazione privilegiata con la
Coalizione Internazionale a
conduzione statunitense25. Le forze
YPG, durante l'offensiva di Tal
Abijad, hanno intanto stretto un
patto di collaborazione con alcune
milizie tribali arabe ed un paio di
brigate ex ELS/FSA (Fig.50).
Fig.50
24
https://www.rt.com/news/316247-us-syrian-rebelssurrender-nusra/
25
http://www.aljazeera.com/indepth/opinion/2015/06
/ypg-america-friend-isil-kurds-syria150627073034776.html
22
Tuttavia, in seguito all’intervento
diretto russo, avviene l’ennesimo
cambio di strategia da parte degli
USA che, da una parte, hanno
rilanciato con vigore la fornitura di
missili anticarro alle milizie
jihadiste (500 in arrivo solamente
in ottobre 2015), dall'altra hanno
spinto alla formalizzazione
dell'alleanza fra forze curde dello
YPG (75.000 unità circa), il
Consiglio Militare Siriaco
(approssimativamente 500 unità), il
gruppo tribale al-Sanadeed (la cui
forza militare conta 9.500 uomini),
la brigata al-Jazeera, il gruppo
Jaish al-Thuwar ed il battaglione
Burkal el-Fyrat (in due circa 4000
unità), tutti sotto la sigla delle
Forze Democratiche Siriane (SDF;
Fig.51). Guardando i numeri e la
composizione delle SDF26, appare
ovvio come queste non siano nulla
di nuovo rispetto alle YPG (dato
che le compongono per più
dell’80%) e che non siamo quindi di
fronte ad una vera alleanza dei
reduci dell’ELS/FSA con le forze
curde. Non includiamo quindi le
forze curde-siriane (YPG) nella
descrizione dell’”opposizione
armata siriana”. Rimane tuttavia
aperta, come già sottolineato, la
questione del sostegno imperialista
alla lotta del popolo curdo siriano
26
http://www.cartercenter.org/peace/conflict_resoluti
on/syria-conflict-resolution.html
http://aranews.net/2015/11/syrian-democraticforces-official-we-fight-isis-in-coordination-with-u-sled-coalition-no-contact-with-russia/
contro l’ISIS e per l’ipotetica unità
ed indipendenza di tutta la regione
del c.d. Kurdistan siriano (Rojava).
Questo è vero soprattutto se si
pensa alla palese doppiezza
dell’amministrazione americana
che, comunque vada, dovrà tradire
le aspettative o della Turchia,
membro NATO e partner della
Coalizione Internazionale antiISIS, o dei rappresentanti del
partito curdo-siriano dell’Unione
Democratica (PYD)27.
Consideriamo poi lo storico
sostegno USA ai peshmerga curdiiracheni28 legati al Kurdistan
Regional Government (KRG) di
Barzani e il c.d. Wright plan29 che
consiste nello smembramento degli
Stati di Siria ed Iraq a favore di
entità confessionali, quali
Sunnistan, Kurdistan, Schiitestan e
Alawitestan.
Fig.51
27
http://www.reuters.com/article/2015/10/28/usmideast-crisis-turkey-kurdsidUSKCN0SM2V620151028
28
http://www.nrttv.com/EN/Details.aspx?Jimare=4075
29
https://uprootedpalestinians.wordpress.com/2015/0
5/16/the-wright-plan-remodelling-the-middle-eastfor-israel/
http://www.nytimes.com/2013/09/29/opinion/sunda
y/imagining-a-remapped-middle-east.html
23
Rivoluzione o aggressione imperialista?
Di fatto, si fatica a riconoscere una
presenza laica, progressista,
marxista e/o rivoluzionaria
nell’opposizione siriana, un campo
dove sono stati sperimentati i
rapporti di forza tra diverse cordate
reazionarie arabe (FM vs Arabia
Saudita vs ISIS), tutte
opportunamente armate ed aizzate
le une contro le altre
dall’imperialismo occidentale. Una
guerra settaria predetta, già nel
2007, dal leader di Hezbollah,
Hassan Nasrallah30. Le belle
speranze dei sostenitori occidentali
della «rivoluzione siriana»
(nonostante la palese realtà dei
fatti) sono ancorate alla presunta
esistenza di micro-sette,
assolutamente invisibili, di
orientamento socialista
rivoluzionario (come il
Revolutionary Left Current in
Syria-RLC; Fig.52). A ben vedere
poi, queste organizzazioni dal
lessico marxisteggiante sono
composte da “tecnici occidentali”,
come nel caso del PhD student di
Losanna (Svizzera) Joseph Daher31
(Fig.53). Simili personaggi possono
contare su di una fitta rete di
bloggers ed attivisti che producono
artigianalmente e diffondono una
sistematica disinformazione in
tutto il mondo su tematiche serie
come la guerra imperialista, la
causa palestinese, la solidarietà
internazionale, ecc… Questo
“network della menzogna”
(tecnicamente chiamato soft power)
ha esponenti anche qui in Italia
che, puntualmente, usufruiscono di
quegli spazi/canali negati invece
alle organizzazioni antimperialiste
di sinistra32.
Fig.53
Fig.52
31
30
«Il cambio di rotta», The New Yorker, 5 marzo 2007.
https://www.opendemocracy.net/author/josephdaher
32
http://www.rproject.it/?p=3238
24
Prendiamo ora in considerazione
un altro “punto di riferimento” dei
sostenitori occidentali della
«rivoluzione siriana». Chiunque si
occupi di seguire sui social network
le vicende siriane si sarà imbattuto
nella pagina del gruppo Kafranbel
Media Center (KMC), che produce
un’incessante propaganda antiregime apertamente filo-USA.
L’attività principale del centro
consiste nel mettere in scena
piccole “proteste” che, ogni
venerdì, coinvolgono massimo 3040 persone, rigorosamente
fotografate e pubblicizzate su
internet. Fin qui tutto nella norma,
al netto di alcune bizzarre pratiche
di questi “manifestanti
professionisti”, tra cui l’abitudine
di rivolgersi direttamente in inglese
ai leaders occidentali (tra cui
Obama, accusato
Fig.54
di non essere “audace” quando l’ex
Presidente Bush; Fig.54) o a
personaggi del cinema
hollywoodiano («Agelina Jolie hai
il cuore di un angelo»). Il KMC è
stato fondato nel 2011 da Raed
Fares, uomo di Washington ed
intimo di Ed Royce, Presidente
della Commissione Affari Esteri
della Casa Bianca, con l’intento di
rappresentare “una voce democratica,
laica e secolarista nell’opposizione
siriana”. Tuttavia, dopo il presunto
sequestro dello stesso Fares da
parte di al-Nusra, l’ispiratore del
KMC cambia radicalmente idea sul
fondamentalismo islamico (alNusra, Ahrar al-Sham e Jaysh alFatah; Fig.55), mettendo in grande
imbarazzo tutti i suoi sostenitori
occidentali. Un altro pezzo della
«rivoluzione» che viene meno.
Fig.55
25
Il caso dei curdi-siriani
Nella crisi siriana, un caso
particolare è rappresentato dalle
forze curde del c.d. Rojava, le Unità
di Protezione Popolare (YPG;
Fig.56), alle quali, se va
riconosciuto un ruolo progressivo
nel marasma descritto, va anche
sanzionata una eccessiva leggerezza
nel legarsi all’imperialismo
occidentale33 e ai suoi mercenari.
Fig.56
A tal proposito, utile ascoltare le
dichiarazioni del FPLP palestinese
e di diverse organizzazioni
rivoluzionarie turche34. Tuttavia, le
organizzazioni curde legate al
partito PYD (PKK nel nord della
Siria) godono, in questo momento,
di un grande sostegno da parte
dell’opinione pubblica occidentale
che, soprattutto dopo la nascita
delle SDF, è riuscito parzialmente a
“rinnovare l’immaginario connesso
all’opposizione armata siriana”.
Del resto, i sostenitori della
“rivoluzione siriana” non si fanno
scrupoli nello strumentalizzare la
causa curda, come quella
palestinese. I curdi in Siria
stringono alleanze con fazioni
anche in guerra tra loro: se nella
provincia NE di Hasaka e a
Qamishli stanno al fianco
dell’EAS/SAA contro l’ISIS,
altrove hanno accettato di
collaborare con battaglioni dell’ex
ELS. Comunque, tra milizie YPG e
gruppi affiliati all’ELS/FSA, non si
sono fatte attendere accuse
reciproche: nel luglio di quest’anno,
15 tra i più importanti gruppi
dell’ELS/FSA, tra cui Ahrar alSham e Jaish al-Islam, accusano lo
YPG/PYD di una “pulizia etnica ai
danni di arabi e turcomanni nel nord
della Siria” (Fig.57).
33
«Curdi siriani si uniscono all’assalto», The Jerusalem
Post, 6 settembre 2011.
34
http://pflp.ps/english/2014/10/13/pflp-calls-forunified-revolutionary-front-of-solidarity-with-thestruggle-of-the-people-of-kobane-against-isis/
http://kanafani.it/?p=947
http://www.sinistra.ch/?p=3694
Fig.57
26
Le Forze Armate Siriane
Le Forze Armate Siriane
(FAS/SAF; Fig.58) sono le forze
militari della Repubblica Araba
Siriana e sono costituite
dall’Esercito Arabo Siriano
(EAS/SAA; Fig59a), dalla Marina
Araba Siriana (MAS/SAN;
Fig.59b) e dalle Forze Aeree Siriane
(FAS/SAAF; Fig.59c).
Fig.58
abbiamo descritto come
“l’internazionalizzazione” della
guerra per procura. Le FAS si sono
quindi trovate in grossa difficoltà
nell’esercizio del controllo e della
repressione nei confronti
dell’opposizione armata: gli stessi
quadri militari siriani sono rimasti
“sorpresi dalla ferocia e dalla
brutalità dei ribelli”. Le FAS
comprendevano (fino al 2014) circa
325 mila uomini in servizio attivo e
314 mila riservisti (oltre a circa 108
mila paramilitari legati al partito
Ba’ath).
Fig.59
Se la dirigenza è quasi interamente
nelle mani della minoranza
alawuita e dei capi dei tre gruppi di
clan facenti capo ad Assad (alAssad, Salis e Maluf), la maggior
parte delle unità provengono dalla
popolazione a maggioranza sunnita
e, quindi, dal servizio di leva
obbligatorio. Nel tempo, gli sforzi
delle FAS si sono concentrati
principalmente nel fronteggiare la
minaccia israeliana; a questa più di
recente si è sommata l’aggressività
turca, fino ad arrivare a quella che
27
E’ facile intuire che le defezioni
enfatizzate dall’ELS/FSA siano in
realtà renitenze da parte dei sunniti
provenienti da alcune unità
territoriali. L’Esercito Arabo
Siriano (EAS) costituisce circa
l’80% di tutte le forze armate; la
Marina ha solo 4 mila effettivi;
l’Aeronautica circa 40 mila. Gli
armamenti a disposizione delle
FAS sono per lo più di origine
sovietica; la Russia è ancora oggi il
primo fornitore di armi: dal 2011 al
2014 Damasco ha acquistato
armamenti per 1 miliardo di dollari.
Per fare un confronto, l’Arabia
Saudita, che abbiamo visto in
prima linea nel sostegno
all’opposizione siriana, ha speso nel
solo 2013 circa 60 miliardi di dollari
nel settore militare35. Delle forze
governative fanno parte anche gli
addetti dell’Ufficio della Sicurezza
Nazionale diretto da Ali Mamluk,
che coordina tutte le agenzie
d’intelligence.
Le Forze Nazionali di Difesa
(FND/NDF; Fig.60) nascono,
durante l’estate del 2012, come una
branca dell’esercito regolare siriano
(EAS/SAA). Le FND sono sotto il
controllo e la supervisione
dell’EAS/SAA, ma agiscono in
modo diffuso nei territori e sono
formate in larga parte da volontari
provenienti dai Comitati Popolari.
Sorti spontaneamente come gruppi
di vigilanza popolare nei quartieri
con forte presenza cristiana, drusa,
alawuita e sciita, queste milizie
includono un consistente numero
di sunniti. Le Kataib al-Ba’ath
(legate alla difesa del partito Baath;
Fig.61) sono costituite quasi
interamente da sunniti e
rappresentano la terza grande
armata regolare delle forze
cosiddette «governative».
Fig.60
Fig.61
35
http://24o.it/links/?uri=http://www.iiss.org/en/publi
cations/military%20balance/issues/the-militarybalance-2014-7e2c&from=
28
Le formazioni paramilitari alleate
Vi sono una serie di formazioni paramilitari, milizie costituite da guerriglieri
e volontari, che combattono al fianco del governo siriano e a difesa dell’unità
territoriale della Repubblica Araba Siriana. Tali formazioni hanno
un’ispirazione ideologica laico-secolarista: si va dal panarabismo, al
nazionalismo arabo, al socialismo baathista, fino al marxismo-leninismo:
al-Sa'iqa (Fig.62) è una fazione politica e
militare formata da baathisti palestinesi
facente parte dell’Organizzazione per la
Liberazione della Palestina (OLP).
Defense Companies (Fig.63a) è una
forza paramilitare sotto il comando di
Rifaat al-Assad, lo zio dell’attuale
Presidente Bashar. Il simbolo riprende
quello delle Guardie Repubblicane
(Fig.63b), una divisione meccanizzata
dell’EAS/SAA. Esistono altre élite
legate all’esercito come Suqur al-Sahara.
Palestine Liberation Army (Fig.64) è
uno dei rami militari dell’OLP che
tuttavia non è mai stata sotto il suo
effettivo controllo. Storicamente vicini
al Governo siriano.
Fig.62
Fig.63
Fig.64
29
Arab Nationalist Guard (Fig.65) è una
milizia di combattenti volontari che
operano in Siria. Si ispirano al
nazionalismo arabo, in netto
antagonismo rispetto qualsiasi
settarismo, etnicismo o
fondamentalismo religioso. Vi
partecipano nazionalisti provenienti da
tutto il mondo arabo.
Syrian Resistance (Fig.66) è un gruppo
armato che opera nella regione NW della
Siria, di ispirazione marxista-leninista.
Fig.65
Fig.66
Liwa Dir’ al-Sahel (Fig.67) è una fazione
armata attiva nella provincia di Latakia.
Fig.67
Jaysh al-Tahrir al-Falastini (Fig.68) è un
gruppo legato all’Esercito di Liberazione
della Palestina.
Nusur al-Zawba’a (Fig.69) porta nel logo
il simbolo del partito a cui è legato, il
partito Socialista Nazionale Siriano
(SSNP), dall’ideologia molto distante
dal baathismo e con un’importante
componente cristiana al proprio interno.
Katibat al-Jabal (Fig.70) è una divisione
delle FDN/NDF nella provincia di
Latakia che agisce soprattutto in difesa
della popolazione civile rispetto gli
attacchi jihadisti e dei cosiddetti
“ribelli”.
Fig.68
Fig.69
Fig.70
30
Jaysh al-Muwahhideen (Fig.71) è un
gruppo druso che combatte
principalmente nelle regioni di Suwayda,
Deraa e Damasco.
Dir' al-Watan (Fig.72) è la più recente
tra le fazioni druse ad essere sorta nella
provincia di Suwayda.
Liwa Suqur al-Quneitra (Fig.73)
comprende diverse milizie che
combattono a sostegno del governo nella
regione di Quneitra.
Liwa al-Quds (Fig.74) è un gruppo
armato di palestinesi siriani, quindi
sunniti, pro-Ba’ath che provengono dal
campo profughi di al-Nayrab; opera ad
Aleppo in supporto all’EAS/SAA.
Fronte Popolare di Liberazione della
Palestina-Comando Generale (PFLPGC; Fig.75), scissione del PFLP
marxista, gruppo palestinese
storicamente alleato del Ba’ath siriano.
Fatah al-Intifada (Fig.76; il simbolo è
quello di Fatah) è una fazione militante
palestinese (ma non esclusivamente) che
si è separata dal Movimento di
Liberazione Nazionale “Fatah” e non fa
parte dell’OLP.
Sootoro o Gozarto Protection Forces
(Fig.77) è una milizia cristiana composta
da siriaci ed armeni siriani che opera
esclusivamente nella zona di Qamishli.
Sono considerati un gruppo fuoriuscito
dal Partito dell’Unione Siriaca, affiliato
invece all’SDF.
Fig.71
Fig.72
Fig.73
Fig.74
Fig.75
Fig.76
Fig.77
31
Le milizie sciite a difesa della Siria
Hezbollah (Fig.78) è un gruppo sciita
militante (ma con all’interno anche
brigate cristiane e diversi membri
sunniti) e partito patriottico antisionista
con base in Libano. Per le vittorie
riportate nella guerra siriana (es.
Kuwayris36 e sud di Aleppo), Hezbollah
viene colpita direttamente dal terrorismo
dell’ISIS nel campo palestinese di Burj
Barajne (periferia di Beirut) dove
perdono la vita 40 persone37.
Fig.78
Fig.79
Liwa Abu al-Fadl al-Abbas (Fig.79) è un
gruppo sciita formato per la maggior
parte da siriani che difendono la
popolazione civile attorno ai siti di
maggiore valore religioso.
Asa'ib Ahl al-Haq (Fig.80a) è un gruppo
paramilitare di sciiti iracheni che
operano sotto il controllo dell’Esercito
iraniano dei Guardiani della Rivoluzione
Islamica (Fig.80b), appartenenti alle
Forze Rivoluzionarie Iraniane, al cui
interno troviamo anche le forze afgane
al-Haydareyeen.
Fig.80a
Fig.80b
36
http://www.almasdarnews.com/article/sayyednasrallah-kuwayris-victory-is-a-major-achievement/
37
https://www.facebook.com/almayadeen/videos/131
8260781532801/?__mref=message_bubble
32
Kata'ib Hezbollah (Fig.81) è un gruppo
paramilitare sciita iracheno attivo fin
dallo scoppio dell’invasione statunitense
dell’Iraq.
Badr Organization (Fig.82a) è un partito
politico iracheno molto legato alle Forze
di Mobilitazione Popolare (Fig.82b),
attive in Iraq e Siria contro l’ISIS.
Sayyid of Martyrs Battalions (Fig.83) è
una milizia sciita irachena che difende i
luoghi santi e ha stretti rapporti con la
Badr Organization.
Harakat Hezbollah al-Nujaba (HHN;
Fig.83) è una formazione paramilitare
sciita irachena, sotto assistenza iraniana
(Quds Force), che ha combattuto nella
zona di Aleppo e recentemente (11
novembre 2015) ha condotto una
vittoriosa operazione a Latakia.
Fig.81
Fig.82
Fig.83
Fig.84
33
Altre organizzazioni per l’unità della Siria
Partito Comunista Libanese –PCL(Fig.85) in guerra contro ISIS e alNusra nella valle delle Beqaa38.
Partito Comunista Siriano–
Unificato (Fig.86) nato da una
scissione del Partito Comunista
Siriano e, seppur all’opposizione
rispetto al partito Ba’ath prima del
2011, schierato apertamente per la
difesa dell’unità dello Stato
siriano39.
Fig.85
Fig.86
38
http://www.aljazeera.com/news/2015/09/lebanesecommunist-fighters-gear-battle-isil150919100740425.html
39
https://www.youtube.com/watch?v=Jew1K-to5rU
34
Le organizzazioni palestinesi e la loro posizione
Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP; Fig.87) è
un’organizzazione-ombrello fondata nel 1964, riconosciuta a partire dal 1974
dalla Lega Araba come unico legittimo rappresentante del Popolo palestinese.
Sin dal principio non ha espresso una chiara e netta posizione sugli eventi in
Siria; questo può essere in parte ricondotto alla natura istituzionale
dell'organizzazione che riunisce tutte le fazioni e i partiti laici palestinesi. In
generale, l'OLP non si è spinta molto al di là dell'invitare le forze palestinesi
a non prendere parte ai combattimenti in Siria e al mantenere una posizione
di neutralità, sebbene le fazioni e i partiti appartenenti all'OLP abbiano
rilasciato, singolarmente, comunicati e dichiarazioni sulla crisi siriana.
Fig.87
Di seguito il posizionamento di ogni partito:
Movimento di Liberazione Nazionale
Palestinese -Fatah- (Fig.88) è la
principale forza politica all'interno
dell'Organizzazione per la Liberazione
della Palestina, in termini numerici, e
primo partito dell'Autorità Nazionale
Palestinese (ANP). In un primo
momento, esprime critiche ed attacca il
governo della Repubblica Araba di Siria
ma ha successivamente evitato di
confermare tale posizione. Questo,
molto probabilmente, è dettato dalle
pessime relazioni politiche tra la Siria e
Fatah sin dal periodo della Guerra Civile
Libanese, per la precisione dal 1982 (data
dell'invasione del Libano da parte
Fig.88
35
dell'esercito sionista). I rapporti
diplomatici tra Fatah e le autorità siriane
sono stati riallacciati a partire da maggio
2015, dopo una visita di Abbas Zaki,
membro del Comitato Centrale di Fatah,
a Damasco40.
Fronte Popolare per la Liberazione della
Palestina -FPLP- (Fig.89), rappresenta la
seconda forza all'interno dell'OLP in
termini numerici, nonché principale
partito della sinistra palestinese. A
partire dai primi tentativi “arrendisti”
nei confronti dell'entità sionista,
intrapresi da parte della corrente
“arafatiana” di Fatah e dal Fronte
Democratico per la Liberazione della
Palestina (FDLP), il FPLP ha trovato in
Damasco (e Baghdad) un valido alleato
che appoggiasse il cosiddetto “Fronte del
Rifiuto41”. Sempre a Damasco è presente
la sede del FPLP sin dall'uscita delle
forze palestinesi da Beirut dopo
l'invasione del 1982. Il FPLP ha
condannato in più occasioni l'aggressione
imperialista alla Siria.
Fronte Democratico per la Liberazione
della Palestina -FDLP- (Fig.90) nasce
come scissione del FPLP nel 1969, è
considerato la seconda forza politica
della sinistra palestinese in termini
numerici. Ha sin dall'inizio condannato
l'aggressione imperialista a cui viene
sottoposta la Siria. In un comunicato
Fig.89
Fig.90
40
Agenzia Stampa Araba Siriana – SANA, 30 maggio
2015.
41
Il Fronte del Rifiuto –FdR- , per esteso Fronte della
Forze Palestinesi Contro le Soluzioni Arrendiste,
rifiutava la soluzione dei “Due Stati” ed il “Programma
dei Dieci Punti”. Era formato da FPLP, FPLP-CG, FLP,
FLA, FLPP ed altri gruppi minori.
36
rilasciato il 24/02/2012, definisce i
miliziani anti-governativi “forze
appoggiate dall'occidente e da settori
della reazione araba”.
Partito del Popolo Palestinese -PPP(Fig.91) è l'ex-Partito Comunista che,
con la caduta del Blocco Orientale, è
stato rinominato Partito del Popolo ed ha
“rimandato la priorità della lotta di
classe in Palestina, dando precedenza alla
lotta di liberazione nazionale”. Il PPP
ha, tramite dichiarazioni di Hanna
'Amire, membro del suo Ufficio Politico,
condannato l'aggressione alla Siria e
dichiarato che il presunto uso di armi
chimiche in Siria è stata una mera
menzogna propagandistica, non diversa
da quella delle “armi chimiche irachene”.
Unione Democratica Palestinese -FIDA(Fig.92) è nata nel 1990 come scissione
del FDLP e rappresenta la corrente più
“social-democratica” tra le
organizzazioni della sinistra palestinese.
Assieme a Fatah, è parte dell'Autorità
Nazionale Palestinese (ANP) . FIDA ha
condannato l'aggressione alla Siria con
un comunicato di Mohammad Badwan,
membro del Comitato Centrale,
pubblicato su Ma'an News in data 10
settembre 2013.
Fig.91
Fig.92
Fig.93
Fronte di Liberazione Palestinese -FLP(Fig.93) viene fondato inizialmente da
Ahmad Jibril nel 1959. Nel 1967 si fonde
col Movimento dei Nazionalisti Arabi e
la Gioventù della Vendetta, formando il
FPLP. Nel 1968, Ahmad Jibril porta
avanti una scissione del FPLP che andrà
a formare il FPLP-CG. Nel 1977 una
parte del FPLP-CG si sgancia per
37
riformare il Fronte di Liberazione
Palestinese. Questo ha, in più occasioni,
espresso la sua condanna all'attacco
portato avanti ai danni della Siria. In un
incontro tra il FLP e AMAL
(Movimento dei Diseredati) tenutosi il
30 agosto 2013, il FLP rilasciò un
comunicato titolato “L'aggressione alla
Siria prende di mira tutta la Nazione
Araba”.
Fronte di Liberazione Arabo -FLA(Fig.94) è una fazione palestinese da
sempre referente del Partito Ba'ath
iracheno, sin dall'inizio della crisi siriana
ha mantenuto una posizione poco chiara.
Questo è riconducibile alle storiche
divergenze tra la dirigenza del Ba'ath
siriano e quella del Ba'ath iracheno.
Tuttavia, il FLA si è espresso durante le
celebrazioni del suo 46° anniversario,
tenutesi nel campo profughi di alRashidiyye il 12 aprile 2015, con la voce di
Ahmad Fahed Abu Ibrahim, Segretario
del FLA a Sidone: “l'aggressione
imperialista alla Siria va condannata come
quella allo Yemen e alla Libia”.
Fig.94
Fig.95
Fronte Arabo Palestinese -FAP- (Fig.95)
nasce nel 1993 da una scissione del Fronte
di Liberazione Arabo. Mentre il FLA ha
condannato e boicottato gli Accordi di
Oslo, la corrente che si è scissa ed è
andata a formare il FAP appoggiava la
linea politica di Arafat. In un
comunicato rilasciato il 28/08/13, il FAP
e la sua organizzazione giovanile, la
Gioventù d'Avanguardia, hanno definito
gli eventi una “campagna imperialista
contro il Popolo siriano”, ed hanno
invitato tutte le organizzazioni
38
palestinesi a far fronte in modo unitario
al tentativo di distruzione della sovranità
della Siria.
Alleanza delle Forze Nazionali
Palestinesi -AFNP- è un'alleanza
venutasi a formare all'interno del campo
profughi palestinese al-Yarmouk e
costituita da due partiti politici
palestinesi appartenenti all'OLP e da
Fatah al-Intifada e il FPLP – CG, il cui
ruolo all'interno dell'OLP resta incerto.
Qui di seguito la loro posizione:
Fronte Popolare per la Liberazione della
Palestina -Comando Generale -FPLP CG- (Fig.96) viene a formarsi da una
scissione del 1968 del FPLP guidata da
Ahmad Jibril, ex-leader del FLP. Questo
partito è sempre stato filo-siriano, anche
nel periodo della Guerra Civile Libanese
(si scontrò a Tripoli con le forze filoArafat nel 1983 durante la
contrapposizione Siria-Fatah). Il braccio
armato del FPLP – CG, conosciuto con il
nome di Brigate del Martire Jihad Jibril,
combatte sin dagli inizi della crisi contro
le milizie della c.d. opposizione siriana.
Fig.96
Fig.97
Fronte di Lotta Popolare Palestinese FLPP- (Fig.97) viene fondato nel 1967 da
una scissione del FPLP guidata da Bahjat
Abu Gharbiya. Inizialmente mantiene
una linea politica molto vicina a Fatah
ma poi, con il “Programma dei Dieci
Punti”, si unisce al Fronte del Rifiuto
(FdR). Nel 1991, accetta la Risoluzione
del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni
Unite 242 e torna a far parte dell'OLP. I
combattenti del FLPP prendono parte
attiva agli scontri contro le forze
39
della c.d. opposizione siriana nei campi
profughi palestinesi in Siria, all'interno
dell'Alleanza delle Forze Nazionali
Palestinesi (AFNP).
Movimento di Liberazione Nazionale
Palestinese -Fatah al-Intifada- (Fig.98)
nasce nel 1983 da una scissione di Fatah
di tendenza più socialista e viene
sostenuto dalla Siria contro la linea
politica “arafatiana” tesa al
raggiungimento di una trattativa con
l'entità sionista. Fatah al-Intifada ha
mantenuto lo stesso simbolo e lo stesso
nome di Fatah e si riconosce come
“legittimo erede del Movimento”. I
militanti di Fatah al-Intifada prendono
parte attiva ai combattimenti contro la
c.d. opposizione siriana nei campi
profughi palestinesi in Siria, in special
modo nel campo al-Yarmouk.
Partito delle Avanguardie di Guerra
Popolare -Forze al-Sa'iqa- (Fig.99) è
considerato il partito dei ba'athisti
palestinesi filo-siriani. Nasce infatti a
seguito del Nono Congresso Nazionale
del Partito della Rinascita Araba
Socialista (Ba'ath) che ha stabilito
l'adozione della “guerra di popolo”
contro l'entità sionista. Le Forze al-Saiqa
prendono parte attiva all'interno
dell'Alleanza delle Forze Nazionali
Palestinesi nel combattere contro i
miliziani della c.d. opposizione siriana
nei campi profughi palestinesi in Siria.
Fig.98
Fig.99
Fig.100
Partito Comunista Palestinese –
Rivoluzionario -PCP – R- (Fig.100) viene
fondato il 22 novembre 1981 e si considera
il legittimo portatore dell'eredità dello
storico Partito Comunista Palestinese.
40
Con un comunicato rilasciato il 29
novembre 2011, il partito definisce gli
eventi in Siria un “complotto statunitense,
sionista e reazionario”, sottolineando la
piena fiducia sul fatto che “la Siria
Araba, con al fianco il suo glorioso Popolo, la
sua saggia dirigenza, con la presa di posizione
delle forze di lotta e resistenza, con i Popoli
arabi, con le forze onorevoli e lottatrici, le
forze della giustizia e del bene nel mondo,
riuscirà a superare questo attacco”.
Partito Comunista Palestinese –PCP(Fig.101) fondato nel 1919 e poi rifondato
nel febbraio 1982 sotto spinta del Partito
Comunista Giordano. Durante il
secondo congresso tenutosi a fine 1990,
una corrente si stacca formando il
Partito del Popolo Palestinese (PPP),
mentre un piccolo gruppo anti-riformista
e anti-revisionista decide di mantenere il
nome e la linea politica dello storico
PCP. In un comunicato rilasciato dal
Comitato Centrale del Partito il 14
dicembre 2012, il partito constata che
“...riguardo agli accadimenti in Siria, il
Partito crede che la Siria e il suo Popolo
siano vittima della più grande aggressione
imperialista, spietata e diretta dalla reazione
araba e regionale, con alla testa il Qatar,
l'Arabia Saudita e la Turchia che
partecipano al finanziamento e all'invio di
terroristi in Siria con lo scopo di abbattere lo
stato siriano e di dividere la Siria in linea
con la teoria del “Caos Creativo”
statunitense che mira alla creazione di piccole
entità su base etnica e religiosa...”.
Fig.101
41
Organizzazioni islamiche
palestinesi:
Le organizzazioni dell'Islam politico in
Palestina non fanno parte
dell'Organizzazione per la Liberazione
della Palestina (OLP), in quanto esse, al
contrario delle fazioni progressiste che
hanno come obiettivo lo stabilimento di
uno Stato laico, mirano come fine
ultimo, una volta terminata la fase di
liberazione nazionale, all’edificazione di
uno Stato dalle connotazioni religiose.
Di seguito, le posizioni delle principali
forze islamiste palestinesi:
Movimento di Resistenza Islamica Hamas- (Fig.102) considerata la sezione
palestinese della Fratellanza Musulmana
(FM), ufficialmente è stato fondato nel
1987 ed ha avuto fino a prima della crisi
siriana ottime relazioni con la
Repubblica Islamica dell'Iran, Hezbollah
e la Repubblica Araba di Siria. Basti
pensare che, dopo la cacciata di Hamas
dalla Giordania, la Siria è stata l'unico
paese disposto ad ospitarne la sede e la
dirigenza (a Damasco). Con lo scoppio
della crisi siriana, Hamas ha iniziato ad
appoggiare apertamente l'Esercito Libero
Siriano (ELS/FSA) e i settori della
Fratellanza Musulmanaa siriana. Molti
sostengono che vi sia una spaccatura
all'interno dell'Ufficio Politico riguardo
alla questione siriana, in quanto
Mahmoud al-Zahhar, da sempre vicino
alle posizioni iraniane, sarebbe
considerato filo-governativo, mentre
Khaled Mesha'al, e la sua corrente,
appoggerebbero la partecipazione al
conflitto contro le autorità siriane.
Fig.102
42
Purtroppo non vi sono comunicati a
riguardo, essendo Hamas un movimento
che mantiene la capacità di muoversi
come “entità unica”, al di là delle
contraddizioni interne. Ufficialmente,
Hamas nega di combattere contro le
autorità siriane, ma sta di fatto che tutti i
suoi membri nel campo profughi alYarmouk a Damasco hanno preso parte
ai combattimenti fianco a fianco
dell’ELS/FSA sotto la sigla di Aknaf
Beit al-Maqdes –ABM- (Fig.103). ABM è
un gruppo formatosi agli inizi della crisi
siriana e composto da militanti di
Hamas residenti nel campo profughi alYarmouk (e nei quartieri limitrofi). A
partire dal dicembre 2012, ha combattuto
al fianco delle forze del c.d. ELS/FSA
contro il FPLP – CG e l'Esercito Arabo
Siriano (EAS/SAA). Hamas non ha mai
rivendicato questi combattenti, senza
tuttavia negarne l'affiliazione. A partire
dal 19 aprile 2015, con l'ingresso del
cosiddetto “Stato Islamico”(ISIS) nel
campo di al-Yarmouk, costretto tra due
fuochi, il gruppo si è arreso alle forze
“lealiste” ed i suoi miliziani sono
confluiti nelle formazioni antiopposizione.
Fig.103
Fig.104
Movimento del Jihad Islamico in
Palestina -MJIP- (Fig.104) è stato
fondato a fine anni settanta da Fathi alShiqaqi e da altri esponenti palestinesi
della Fratellanza Musulmana (FM). Ha
sempre mantenuto una linea politica
vicina a quella iraniana e di Hezbollah.
In un comunicato rilasciato il 29 agosto
2013, ha dichiarato la sua condanna
all'aggressione alla Siria, sottolineando
che “stando alla nostra Fede, non accettiamo
43
aiuto dall'imperialista occidentale contro i
figli della nostra Patria e Nazione, qualunque
possano essere le condizioni”.
Comitati di Resistenza Popolare -CRP(Fig.105), fondati nel 2000 da membri
fuoriusciti da Fatah e dalle Brigate dei
Martiri di al-Aqsa, hanno sempre
mantenuto stretti rapporti con
Hezbollah e la Siria. In un'intervista
pubblicata il 10 settembre 2013 sul
giornale al-Akhbar, Abu Mujahed, il
portavoce ufficiale dei Comitati ha
dichiarato “dobbiamo aspettarci il peggio
dal nemico: è evidente che vi sia uno stretto
legame tra il piano d'aggressione statunitense
alla Siria e i piani dell'occupante sionista di
metter fine alla resistenza nella Striscia di
Gaza”. I CRP hanno più volte
condannato l'aggressione imperialista
alla Siria.
Altre formazioni palestinesi nonpartitiche:
Fig.105
Fig.106
Vi sono inoltre una serie di formazioni
palestinesi, che non sono formalmente
partiti o organizzazioni tradizionali,
formate comunque da palestinesi che
combattono in Siria. Tra queste: Esercito
al-Quds; l’Esercito di Liberazione della
Palestina -ELP, la Brigata al-Quds -BaQ(Fig.106, b, c) e i Comitati Popolari
Palestinesi.
44
La strumentalizzazione della sinistra palestinese
Si continua a speculare sulla
posizione della sinistra palestinese
rispetto l’aggressione imperialista
alla Siria, anche in virtù di
quell’immaginario, tipicamente
occidentale e politicamente
corretto, che vorrebbe i palestinesi
(tutti, sempre) dalla «parte giusta».
Allora vogliamo ricordare, a scanso
di equivoci, che il popolo
palestinese è stato cacciato dalla
propria terra nel 1948 (e poi nel ‘67
ed ancora un po’ tutti i giorni) e
che la Resistenza contro l’invasore
sionista ha conosciuto nel tempo,
come ovvio, una sua evoluzione
(che a più di qualcuno procura, per
così dire, un certo smarrimento).
La storia della Resistenza
palestinese vede nel «campo
profughi» (all’interno ed all’esterno
dei territori occupati) un
centro propulsivo, un laboratorio
dove studiare, teorizzare e praticare
quelle forme di lotta che mirano al
«ritorno». Non è un caso che tutte
le avventure imperialiste in Medio
Oriente abbiano avuto come
obiettivo (secondario?) la cacciata
dei palestinesi dai campi profughi
della diaspora42. Così è stato in
Iraq, così in Libano, così in Libia,
così in Siria. Pensiamo che basti
questo per intuire la posizione della
sinistra palestinese rispetto
all’aggressione imperialista alla
Repubblica Araba Siriana ma, se
non bastasse, sono disponibili una
grande quantità di dichiarazioni
ufficiali delle principali
organizzazioni della sinistra
rivoluzionaria palestinese (Fig.107;
FPLP in testa43).
Fig.107 – Manifestazione a Gaza del FDLP e FPLP
42
http://www.ondarossa.info/newstrasmissioni/sullarr
esto-khalida-jarrar-e-sul-campo-yarmouk
43
http://kanafani.it/?p=411 http://kanafani.it/?p=406
45
La disinformazione sviluppatasi sul
ruolo dei campi profughi
palestinesi all’interno della «crisi
siriana» e, in particolare, la
strumentalizzazione di quanto
accaduto nel quartiere damasceno
di Yarmouk, un ex-campo profughi
palestinese fondato nel 1957
(Fig.108), ci costringe a dedicargli
un piccolo spazio in questo
approfondimento. Proprio a
Yarmouk, infatti, quell’incapacità
nel saper/voler distinguere fra le
diverse fazioni armate coinvolte
negli scontri o fra i diversi interessi
politici dei partiti palestinesi, ha
facilitato la diffusione di una
narrazione distorta degli
avvenimenti, nella quale la
popolazione civile palestinese è
stata, alternativamente, compatita
come «vittima del regime siriano» o
accusata di essere
«collaborazionista» dello stesso.
Il campo di Yarmouk (Damasco) è
definito ancora oggi «la capitale
della diaspora» o anche «la capitale
della Resistenza palestinese». Fin
dall’inizio della sua storia, questo
campo profughi infatti si candida a
divenire una patria d’adozione per
quei palestinesi reduci della pulizia
etnica; qui per loro sarà possibile
(grazie ad una Legge siriana
risalente al 1956) autodeterminarsi
ed autogestirsi attraverso le proprie
organizzazioni e i propri
rappresentanti. Da un confronto
anche superficiale della situazione
dei profughi palestinesi in Siria
rispetto a quella negli altri Paesi
arabi, si vedrebbero
immediatamente molte tragiche
differenze, basti pensare alle
condizioni ancora oggi vigenti nel
vicino Libano (situazione in cui la
stessa UNRWA denuncia: «…una
diffidenza ed una totale assenza di
Fig.108
46
collaborazione, perlomeno dal 1967»).
La volontà di trascinare i
palestinesi di Yarmouk nella guerra
contro la Siria e la conseguente
cancellazione del campo profughi
sono crimini contro la stessa causa
palestinese, indissolubilmente
legata al «diritto al ritorno». Degli
oltre 160 mila palestinesi censiti nel
campo prima dell’occupazione da
parte delle milizie anti-siriane, si
stima siano rimasti meno di 18.000
individui, quasi tutti combattenti.
La volontà da parte palestinese di
rimanere neutrali, sostenuta e
promossa con forza fino all’ultimo,
è stata un estremo tentativo di non
essere coinvolti nel conflitto contro
lo Stato siriano, per evitare quindi
la trasformazione di Yarmouk in
un campo di battaglia occupato da
assassini. E’ banale dimostrare
come Yarmouk non sia mai stato
un obiettivo militare per l’Esercito
Arabo Siriano (EAS/SAA) che, al
contrario, ha sempre avallato la
scelta palestinese di continuare in
autonomia la gestione del campo.
Tuttavia, la vicinanza con il centro
di Damasco e, soprattutto,
l’invadente presenza delle milizie
ribelli dell’ELS/FSA (provenienti
da aree limitrofe) hanno costretto
gli abitanti del campo alla fatale
scelta di fuggire o difendersi
(Fig.109). Fin dal 16 dicembre 2012,
complici alcuni gruppi interni
(legati alla Fratellanza Musulmana
palestinese), il campo è stato
occupato da una galassia di gruppi
armati fondamentalisti ai quali, dal
primo aprile 2015, si è aggiunto
l’ISIS.
Fig.109
47
L’intervento russo e quello francese in Siria
Nei primi giorni di ottobre (2015),
la Russia entra pesantemente nello
scenario siriano con un intervento
militare diretto. Precedentemente,
Mosca si era limitata a fornire armi
e mezzi militari, compresa una
decina di aerei di epoca sovietica,
fra Mig29 e Mig31, dispiegando la
sua aviazione a sostegno
dell'Esercito Arabo Siriano
(EAS/SAA) e delle forze alleate.
Proviamo ad inquadrare
politicamente ed economicamente
questo nuovo intervento ed a
quantificarne l'effettiva portata.
Anche se in periodo di crisi, la
Russia sta investendo 84 miliardi
l’anno in spese militari, per un peso
sul prodotto interno lordo annuale
pari al 3,7%.
A quanto sostiene l’emittente araba
al-Mayadeen44, la Russia si sarebbe
vista forzare la mano non solo dalla
pericolosa scia di sconfitte
dell'esercito siriano nei primi 6
mesi del 2015, ma anche
dall’accordo USA- Turchia sulla
creazione di una no-fly-zone nel
nord della Siria, accompagnata da
un pesante intervento (boots on the
ground) dell’esercito turco al fine di
creare una “zona cuscinetto" lungo
il confine. Stiamo parlando dello
stesso accordo con il quale gli USA
hanno ottenuto l’utilizzo della base
aerea di Inchirlik e il governo turco
“mano libera” per l’annientamento
dei militanti curdi del PKK (oltre
ad altre organizzazioni
rivoluzionarie comuniste turche).
Questa “zona cuscinetto” sarebbe
stata, nei piani della Turchia,
sottoposta all’amministrazione dei
dirigenti della Coalizione
Nazionale Siriana (CNS)45, con le
fazioni armate dell’ELS/FSA (in
coordinamento con il MOC del
Nord) nel ruolo di controllori.
L’intervento russo di ottobre,
quindi, avrebbe preso la NATO in
contropiede, occupando i cieli
siriani con la propria aviazione e
superando senza fatica alcuni
piccoli incidenti, come l’invasione
dello spazio aereo turco da parte di
un Su30, l’agganciamento da parte
dell'antiaerea siriana di F16 turchi
ed una serie di presunti
fronteggiamenti fra Mig29 e F16
turchi. Per finanziare
quest’impresa militare, la Russia
starebbe attingendo ad un fondo
d’emergenza di 60 miliardi,
accumulati nel periodo di “vacche
44
http://espanol.almayadeen.net/news/external_news
-e_DISd5zaEKKu6UpAGKCGg/the-financial-times–
rusia-abort%C3%B3-creaci%C3%B3n-de-zona-deexclus
45
http://aranews.net/2015/08/president-of-syrianinterim-government-we-will-run-a-safe-zone-free-ofisis-nusra-and-pyd/
48
grasse” fra il 2001 ed il 2013, durante
il quale il prezzo degli idrocarburi è
schizzato alle stelle46. Risulta ovvio
l’ineliminabile fattore di rischio
sotteso a queste “scommesse russe”
che, in caso di scenari negativi,
costringerebbero Mosca ad un lento
logoramento una volta esauriti i
fondi d’emergenza.
In Siria è impiegata la 76° divisione
d’assalto aviotrasportata di Pskov, i
reparti congiunti della 15° Brigata
di Samara, nonché unità speciali
cecene che hanno già prestato
servizio nelle forze speciali
“Ovest” ed “Est” del GRU
(Comando dei Servizi Segreti
Militari). Il giornale Novoja
Gazeta47 sottolinea che la divisione
aviotrasportata di Pskov è una delle
“più pronte ai combattimenti
dell’esercito russo”. I suoi ufficiali,
sottufficiali e soldati hanno preso
parte alle operazioni di
mantenimento della pace in
Kosovo nel 1999-2001, a entrambe le
guerre in Cecenia (1994-1996 e 19992007) e alla guerra contro la
Georgia dell’agosto 2008. Dal 2004,
la 1° Divisione dell’esercito russo è
46
http://www.aljazeera.com/programmes/countingth
ecost/2015/10/russia-economy-war-syria151003113105759.html
47
http://times.altervista.org/russia-reparti-pronti-perla-guerra-in-siria/ http://nvo.ng.ru/nvo/2012-0606/1_siria.html
composta di soli professionisti.
Per quanto riguarda i soldati
ceceni, come ricorda il quotidiano,
furono introdotti nel 2006-2007
dall’allora Ministro della Difesa
Sergei Lavrov, portando a termine
con successo missioni di pace in
Libano e distinguendosi nelle
operazioni di guerra contro la
Georgia in Ossezia del Sud
nell’agosto del 2008. Il personale
militare sbarcato in Siria non
dovrebbe (almeno ufficialmente)
essere direttamente impiegato in
operazioni sul campo, ma sarebbe
al servizio delle missioni di guerra
aerea e nello spionaggio
elettromagnetico48, mediante due
aerei spia Ilyushin-20 e 9 mezzi
corazzati di terra MT-LB, dotati di
sistemi di guerra elettronica
Borisoglebsk 2.
Le operazioni aeree russe sono
svolte da circa 60 velivoli fra aerei
ed elicotteri49 di stanza a Latakia, in
sostegno all’offensiva dell'Esercito
Arabo Siriano (EAS/SAA), non
esclusivamente contro ISIS, ma in
qualunque scenario di guerra l'EAS
abbia bisogno di supporto aereo
48
http://www.debka.com/article/24976/Russiaoverrides-Middle-East-cyber-waves
49
http://times.altervista.org/russia-reparti-pronti-perla-guerra-in-siria/
49
aggiuntivo. L’intervento militare
russo in Siria avrebbe portato
nell’arco di un mese e mezzo alla
distruzione di circa il 60% delle
postazioni strategiche dell’ISIS e di
Jabhat al-Nusra.
Gli elicotteri dispiegati in Siria
dall'aviazione russa sono circa 26,
tra questi i pesanti e corazzati (ma
non facilmente manovrabili) Mi24
(Fig.110), usati per la prima volta in
Afghanistan negli anni '80 ed i
multiruolo Mi8 ed Mi17,
impiegabili sia per operazioni
offensive che per il trasporto di
truppe, fino ad una trentina di
uomini circa. La flotta aerea si
compone anche di 34 caccia fra cui
12 Sukhoi Su24M e 12 Su25,
cacciabombardieri pesanti, più o
meno equivalenti agli F15
statunitensi. Sono stati dispiegati
anche 4 Su34 (Fig.111), modello
entrato in ruolo solamente nel 2014
e che quindi sta venendo testato in
un'operazione di guerra per la
prima volta, come anche le bombe a
guida satellitare che equipaggia. Un
altro aspetto importante
dell'intervento russo in Siria è
quindi la possibilità di
sfruttamento commerciale della
guerra da parte delle industrie
belliche di Mosca, per mostrare ai
propri partner commerciali le alte
prestazioni sul campo degli
apparecchi russi (ricordiamo ad
esempio che la Cina ha appena
concluso un accordo per l'acquisto
di 24 Sukhoi Su-3550, ed altri accordi
di questo genere potrebbero
seguire).
Fig.110
Fig.111
Oltre ai bombardieri nell'aeroporto
di Latakia, sono di stanza anche 6
caccia da superiorità aerea Su30,
che, assieme al dispiegamento del
50
https://www.rt.com/news/322659-china-russiasu35-deal/
50
sistema antiaereo Pantsir S1 con 64
missili S300, sono evidentemente
atti ad impedire la messa in piedi
della tanto decantata no-fly-zone
da parte della Turchia e ad
assicurare alla Russia il pieno
controllo dei cieli del Nord-Ovest
della Siria (la zona di Latakia, Idlib
ed Aleppo). Una discussione a
parte andrebbe dedicata ai
bombardamenti della marina russa
di stanza nel Mar Caspio tramite
missili da crociera SS-N-30A
Kalibr verso obiettivi siriani situati
fra i 1000 ed i 2000 km di distanza51.
In una guerra in cui non ci sono
grandi infrastrutture da colpire,
infatti, l'uso di tali ordigni risulta
quantomeno fuori misura.
Utilizzando armi, come i
bombardieri dell'epoca della guerra
fredda Tupolev Tu95MS e Tu16052
(Fig.112), la Russia in Siria sta
quindi flettendo i muscoli di fronte
la comunità internazionale. Non
scordiamo il tragico evento
dell'abbattimento dell'aereo
turistico russo sopra il Sinai,
rivendicato dallo Stato Islamico.
Queste azioni, nello scenario
siriano, non vogliono infatti
solamente mostrare la capacità di
51
http://www.aljazeera.com/news/2015/10/analysisrussia-flexing-missiles-syria-151007184604543.html
52
http://sputniknews.com/military/20151119/103036
9215/russia-strategic-bomber-tu160-tu95-a321.html
rappresaglia della Russia, ma anche
essere il crocevia di un processo
finalizzato alla sua riabilitazione,
come importante partner politico, e
questo principalmente agli occhi di
quelle nazioni europee con le quali i
rapporti si sono enormemente
complicati a seguito della guerra in
Ucraina.
Fig.112
Tuttavia, per non banalizzare
queste nostre considerazioni
sull’intervento russo in Siria, va
detto che nel novero degli obiettivi
perseguiti da Mosca vanno inseriti
anche elementi di tipo ideologico.
In Russia c’è una comunità
musulmana di 25 milioni di persone
con le quali l’amministrazione
Putin sta tentando di mantenere, al
netto di qualche oggettiva
difficoltà, un canale di dialogo
aperto: la più grande moschea
d’Europa è stata recentemente
(settembre 2015) inaugurata proprio
51
a Mosca. I russi, impegnati anche
sul fronte “occidentale”
dell’Ucraina, dimostrano di aver
ben compreso il cui prodest di un
fondamentalismo islamico alleato
degli Stati Uniti d’America. C’è
infatti grande preoccupazione per
quei 2.000 individui con passaporto
russo che si sono arruolati tra le fila
del Califfato e per le,
potenzialmente catastrofiche,
sinergie tra certi sentimenti antirussi (diffusi dalla NATO in gran
parte dell’Europa dell’est) e il
jihadismo sunnita made in USA,
che alcune fonti descrivono già
come esistenti ed operative53.
Abbiamo fin qui avuto modo di
analizzare gli interessi dei diversi
attori regionali ed internazionali
che si intersecano nel paese
levantino. Questo quadro non
sarebbe però completo senza un
cenno al ruolo della Francia
all'interno del conflitto Siriano,
ruolo che è divenuto centrale dopo
l'assalto al cuore di Parigi da parte
di miliziani dell’ISIS provenienti
dal vicino Belgio.
Dal 2011, la Francia ha inaugurato
una nuova fase di interventismo
militare nei territori delle sue ex
53
http://www.nytimes.com/2015/07/08/world/europe
/islamic-battalions-stocked-with-chechens-aidukraine-in-war-with-rebels.html?_r=0
colonie (ma non solo),
organizzando, coordinando e
sostenendo con la propria aviazione
l'attacco alla Libia54 ed
intervenendo poi nel Sahel.
Numerose indicazioni
suggeriscono che gli apparati
militari francesi siano stati molto
attivi anche nel formare ed armare
gruppi di combattenti siriani già
dai primi anni di conflitto55. Negli
ultimi quattro anni, la Francia è
stata sicuramente una delle nazioni
europee che maggiormente ha
spinto per un regime change in Siria
a favore della CNS; a questo
proposito, indicativo il fatto che il
vessillo scelto per l’ipotetica Siria
post-Assad sia stata proprio la
bandiera del mandato coloniale
francese sul Paese arabo. Il calcolo
politico francese, che voleva il
tiranno Bashar al-Assad abbattuto
in breve tempo (magari con una
bella esecuzione senza processo,
come nei casi di Ceaucescu,
Saddam, Gheddafi…) e l'apertura
di un tavolo di trattativa fra i
vincitori per la definizione del
nuovo corso, è stato tuttavia
disturbato dalla nascita, nel luglio
2014, dell'entità statale di
54
http://www.almonitor.com/pulse/originals/2015/06/libya-gadhafifrench-spies-rebels-support.html# http://www.almonitor.com/pulse/originals/2015/06/libya-gadhafifrench-spies-rebels-support.html#
55
http://www.voltairenet.org/La-guerre-secrete-de-laFrance
http://www.voltairenet.org/article189275.html#nb11
https://www.rt.com/news/256085-hollande-armssyrian-rebels/
52
ISIS/Daesh. La Francia, quindi, è
costretta a coordinarsi con gli Stati
Uniti iniziando, a partire dal 19
settembre dello stesso anno, una
campagna di bombardamenti
contro ISIS in Iraq con 6 Mirage
2000 (di stanza in Giordania;
Fig.113), 6 Rafale ed 1 aereo da
pattugliamento Atlantique 2
(posizionati negli Emirati Arabi).
Le missioni, però, non vengono
estese al territorio siriano poiché,
come hanno avuto a dire numerosi
esponenti del governo francese,
“bombardare l’ISIS in Siria
avrebbe significato aiutare
indirettamente il governo siriano”.
Fig.113
La situazione cambia il 27
settembre 2015, quando Hollande
dichiara unilateralmente la volontà
di ampliare il raggio dei
bombardamenti aerei anche al
territorio levantino, contro “tutto
ciò che minacci la Francia56”. Molte
possono essere state le
considerazioni che hanno spinto il
governo transalpino alla decisione
dell’intervento diretto. Di certo ha
pesato il fatto che, a seguito delle
sconfitte nei primi 6 mesi del 2015
(Idlib, Jisr al-Shougur e Palmira), il
“perimetro d'azione delle forze
lealiste” si sia ridotto permettendo
così “il bombardamento di ISIS
senza chance di fornire aiuti
indiretti all’Esercito Arabo
Siriano”. In quest’ottica,
l'intervento russo ha avuto la
capacità, come abbiamo visto, di
ribaltare la situazione, ponendo in
essere lo scenario futuro di un
tavolo di trattative post-bellico con
Assad (o comunque il governo
confermato dalla popolazione)
ancora in carica.
A questo punto la Francia ha
iniziato a far pesare sul “tavolo”
qualche tonnellata di bombe
sganciate sul nemico pubblico
internazionale ISIS, seppur in
preda alla crescente apprensione57
per la formazione di cellule
fondamentaliste islamiche
costituite di cittadini francesi ed,
eventualmente, in grado di
importare la guerra in patria.
Abbiamo potuto tristemente
56
http://www.lemonde.fr/procheorient/article/2015/09/18/jean-yves-le-drian-il-existedes-centres-de-formation-des-combattants-etrangersen-syrie_4762295_3218.html
57
http://www.lemonde.fr/lesdecodeurs/article/2015/09/27/5-questions-sur-lesfrappes-francaises-en-syrie_4773838_4355770.html
53
constatare, dalle stragi parigine del
13 novembre 2015, come questo
calcolo non fosse campato in aria e
come lo slogan “le vostre guerre, i
nostri morti” riassuma bene
l’attuale situazione (Fig.114).
La Francia, a seguito degli attentati
di Parigi, ha intensificato il suo
impegno militare, con la
mobilitazione della sua nave
ammiraglia, aggiungendo alla flotta
i 26 jet imbarcati sulla Charles de
Gaulle (18 Rafale e 8 Super
Étendard)58. Tutto questo
comporterà delle spese aggiuntive
per lo stato transalpino di circa un
miliardo di euro che il governo di
Hollande ha annunciato saranno
stanziati attraverso misure di
deficit, in violazione del patto di
stabilità europeo.
Questa accelerazione ha portato
anche all'inedita collaborazione
militare franco-russa, attraverso
attacchi coordinati di aviazione e
marina dei due paesi ed un'ampia
collaborazione di intelligence.
Resta da capire a che tipo di accordi
politici sul campo siriano porterà
questa temporanea convergenza di
obiettivi, dato che fino a pochi mesi
prima le due cordate (Friends of
Syria Group e Russia-Cina-Iran)
avevano prospettive
apparentemente inconciliabili sul
futuro della Siria.
Fig.114
58
http://www.internazionale.it/notizie/2015/11/18/sir
ia-bombardamenti-russia-francia-raqqa
54
Una bussola funzionante in una realtà mutevole
A questo punto dell’aggressione imperialista alla Siria, con le notizie dei
bombardamenti francesi su Raqqa e le recenti prese di posizione del
Consiglio di Sicurezza dell’ONU, confermiamo quanto suggerito nella parte
introduttiva al presente lavoro: la reale linea di demarcazione tra le forze in
campo e gli schieramenti passa attraverso la difesa dell’integrità politica e
territoriale della Repubblica Araba Siriana. Molte organizzazioni della
sinistra marxista e rivoluzionaria araba, turca, persiana, bolivariana, europea
(…), alle quali non può essere certamente imputato un sostegno
“tradizionale” (o “genetico”) a favore del partito Ba’ath siriano e/o alla
famiglia Assad, non a caso hanno rimodulato le loro posizioni a seguito dello
scoppio della “guerra per procura” nel 2011. Esempio più emblematico di
quanto appena detto sono proprio le organizzazioni e i partiti comunisti
siriani che, vittime di una pesante limitazione delle libertà personali e
politiche fin dai tempi di Hafez al-Assad, con ancora molti militanti nelle
patrie galere (o in esilio) durante l’amministrazione del figlio Bashar, non
hanno mai tentennato di fronte alla prioritaria necessità di resistere
all’invasione imperialista. Tale comportamento è, nel migliore dei casi,
incomprensibile per una sinistra occidentale oramai (con pochissime
eccezioni) totalmente assuefatta alla maledizione del Male Minore, incapace
di descrivere la realtà attraverso categorie politiche (alle quali vengono
preferite di gran lunga quelle di estrazione etico-morale) e sconfitta da tempo
sul terreno dell’egemonia culturale. I comunisti schierati con il popolo curdo,
con quello palestinese e dalla parte di qualsiasi popolo che resiste
all’imperialismo (compresi quelli dimenticati: siriani, libanesi, yemeniti,
libici, iracheni, ecc...) si domandano con preoccupazione che tipo di
solidarietà potrà mai esprimere questa sinistra (a-comunista) capace solo di
provare empatia proporzionalmente a quanto di sé stessa riconosce nell’altro.
Non parliamo di organizzazioni di classe, ma di gruppi che potremmo
definire di opinione (o di consumo specializzato), gruppi di “intellettuali”
che ancora non riescono a cogliere i legami esistenti tra le manifestazioni
secondarie della guerra imperialista (i “flussi migratori” o il “terrorismo”) e
quello stesso imperialismo di cui i governi europei rimangono affidabili
esecutori. Tale tendenza si manifesta pericolosamente anche nell’atto di
dimenticare, se non addirittura negare, l’esistenza stessa di forme e modelli
di lotta non “affini” allo standard imposto dall’immaginario collettivo.
55
Quest’ultimo del resto appare sempre più fatalmente condizionato dalla
propaganda borghese ed imperialista, alla quale va riconosciuta la
schiacciante vittoria di averci traghettato, in poche decine di anni,
dall’internazionalismo e la lotta di classe, all’attuale attivismo di
orientamento liberal-democratico. Tra i casi più eclatanti di “esclusione e
gerarchizzazione delle forme di lotta”, c’è sicuramente quello della
Resistenza libanese, per ben due volte vittoriosa sull’entità sionista, la cui
esistenza viene semplicemente ignorata. Anche i compagni turchi di diverse
organizzazioni comuniste e rivoluzionarie, ai quali il governo Erdogan ha
dichiarato guerra, sono rimasti vittime di questa “solidarietà selettiva”
rimanendo, sostanzialmente, sconosciuti ai movimenti “antagonisti”
europei. La Resistenza palestinese stessa, che vanta una lunga storia di
relazioni politiche fuori il mondo arabo (e quindi una gloriosa memoria di
lotta internazionalista al fianco di compagni e compagne di mezzo mondo),
deve fare i conti con tale dinamica ogni qual volta valica,
inconsapevolmente, quei confini invisibili che delimitano i nostri “corretti”
valori occidentali di “pace, libertà, democrazia, progresso e-perché nolaicità” (la sentite la Marsigliese in sottofondo?). Per altri versi, siamo invece
al cospetto di una malattia in uno stadio più avanzato, una sorta di “campismo
rovesciato”: se l’alleanza tra forze patriottiche, marxiste, nazionaliste e
religiose per la difesa della Repubblica Araba Siriana viene condannata senza
appello come un crimine (una “contaminazione da contatto con elementi
reazionari”), l’alleanza tra la realtà “eletta” a rappresentare i nostri comuni
valori occidentali di sinistra e l’imperialismo USA è giudicata (orribile dictu)
con leggerezza, quando non orgogliosamente rivendicata (magari in nome di
una realpolitik che però non si è capito bene in quali occasioni sia lecito
invocare). In ogni caso, non si tratta di determinare un “bene” ed un “male”,
magari invertendo la polarità a seconda della tendenza o della pressione
esercitata dagli opinion leaders di turno. Quello che serve è un cambio di
paradigma, di metodo: l’inchiesta, l’analisi di classe, la costruzione di
rapporti onesti tra organizzazioni rivoluzionarie ed antimperialiste sono
(perché la compongono) la bussola che ci permette di non smarrire
definitivamente, in questa grande confusione, la nostra “parte” e di rimanere
lucidi dinanzi al “compito” che ci spetta, come comunisti ed
internazionalisti, nel nostro presente.
56
22/11/2015
Approfondimento a cura del Comitato del Martire Ghassan Kanafani
Contatti: kanafani.it [email protected]
57