la terapia farmacologica dei disturbi del comportamento alimentare

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LA TERAPIA FARMACOLOGICA DEI DISTURBI DEL
COMPORTAMENTO ALIMENTARE
MASSIMO CUZZOLARO
Parole chiave: Farmacoterapia, anoressia nervosa, bulimia nervosa, disturbo di alimentazione incontrollata, disturbi del comportamento alimentare.
1:2003; 49-66
Il lavoro è una rassegna sintetica delle possibilità e dei limiti d’impiego degli psicofarmaci nel trattamento dei disordini alimentari. In questa rassegna vengono presi in
esame, in particolare, 14 studi controllati per l’anoressia nervosa, 24 per la bulimia nervosa e 8 per il disturbo di abbuffate compulsive. I dati sperimentali sono piuttosto scarsi
per l’anoressia nervosa e non dimostrano per nessun farmaco un’alta efficacia, clinicamente significativa. Forse la fluoxetina può essere utile per prevenire ricadute dopo
recupero ponderale e gli antipsicotici atipici possono aiutare nella gestione di pazienti
molto difficili. Le sperimentazioni farmacologiche nella bulimia nervosa e, da pochi
anni, nel disturbo di abbuffate compulsive sono più numerose e più promettenti. Antidepressivi, ondansetron e topiramato sono probabilmente le molecole al momento più
interessanti. Comunque, i farmaci non possono rappresentare l’unico trattamento e le
ricadute sono più frequenti se mancano interventi psicoterapeutici.
NÓOς
RIASSUNTO
IL TRATTAMENTO DEI DISTURBI DEL
COMPORTAMENTO ALIMENTARE
Dipartimento di Psichiatria e Neurologia del bambino e dell’adolescente
Università “La Sapienza”, Roma
SUMMARY
The aims of the article are to review the studies on pharmacotherapy of anorexia nervosa, bulimia nervosa and binge eating disorder and to look at the possible role of psychotropic drugs in the treatment of eating disorders. The most important double-blind placebo-controlled investigations are reconsidered: 14 trials for anorexia nervosa, 24 for
bulimia nervosa and 8 for binge eating disorder. Controlled medication studies in
patients suffering from anorexia nervosa have been very few and no agent has been proved to have clinically significant efficacy. Perhaps the SSRI fluoxetine may be useful in
preventing relapse after weight restoration and the atypical antipsychotic agents may be
helpful for very difficult patients. There have been more placebo controlled medication
studies on bulimia nervosa and, in the last decade, on binge eating disorder with more
promising results. At present antidepressants, ondansetron and topiramate are the most
interesting drugs. However, medication cannot be the sole treatment and relapse is more
common in the absence of psychotherapeutic interventions.
Key words: Pharmacotherapy, anorexia nervosa, bulimia nervosa, binge eating disorder, eating disorders.
49
Indirizzo per la corrispondenza: Massimo Cuzzolaro, Dipartimento di Psichiatria e Neurologia del bambino e dell’adolescente, Università “La Sapienza”, Via dei Sabelli 108 - 00185 Roma. Tel. 06 44712249,
Fax 06 4957857.
NÓOςς
LA TERAPIA FARMACOLOGICA DEI DISTURBI
DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE
M. CUZZOLARO
INTRODUZIONE
Questo lavoro è una rassegna sintetica delle possibilità e dei limiti d’impiego
degli psicofarmaci nel trattamento dei disordini alimentari: anoressia nervosa, bulimia nervosa e disturbo di alimentazione incontrollata (binge eating
disorder).
Accenneremo anche brevemente alla terapia farmacologica dell’obesità.
Non ci occuperemo, invece, degli interventi farmacologici per le complicanze mediche dei disturbi del comportamento alimentare e della regolazione
del peso corporeo1-3.
LE INDICAZIONI UFFICIALI:
FARMACI CHE VANNO, FARMACI CHE VENGONO
Negli Stati Uniti, al momento attuale, tre molecole soltanto sono riconosciute, ufficialmente, efficaci per la cura della bulimia nervosa e dell’obesità:
l’ente americano FDA (Food and Drug Administration) ha approvato nel
1997 l’uso della fluoxetina per la bulimia nervosa, nel 1998 la sibutramina
per l’obesità e nel 1999 quello dell’orlistat con la stessa indicazione.
Anche in Italia fluoxetina e orlistat sono in commercio con le indicazioni
citate; la vendita di sibutramina, invece, approvata nel 2001, è stata sospesa
con decreto del 6 marzo 2002.
Nessun farmaco ha, finora, l’anoressia nervosa tra le sue indicazioni ufficiali.
Negli ultimi anni, varie molecole, soprattutto anoressizzanti ad azione centrale, largamente utilizzate in precedenza per tentare di curare obesità e
sovrappeso, sono state riconosciute pericolose e inefficaci e messe fuori
legge in molti Paesi.
Nella tabella 1 ricapitoliamo, per l’Italia, i decreti relativi pubblicati tra il
1997 e il 2000 sulla Gazzetta Ufficiale con gli estremi dei provvedimenti.
Un esempio per tutti. Nel 1992 lo studio Weintraub riferì che l’uso prolungato dell’associazione fenfluramina-fentermina (fen-fen) aveva una certa efficacia nell’obesità4; qualche anno dopo, la segnalazione che l’uso di fenfluramina e dexfenfluramina può provocare valvulopatie cardiache ha spento gli
entusiasmi.
Il dibattito intorno alla sibutramina è in pieno svolgimento. Come già ricordato, l’uso di questa molecola è stato sospeso in Italia pochi mesi dopo la sua
approvazione.
È possibile, però, che un riesame delle segnalazioni negative e della documentazione complessiva, porti a riammetterla presto in commercio anche nel
nostro Paese5.
QUALCHE CENNO ALLA TERAPIA FARMACOLOGICA DELL’OBESITÀ
Secondo le classificazioni attuali6-8 l’obesità non fa parte dei disordini ali50
Tabella 1. Sospensioni e divieti relativi a farmaci contro l’obesità (1997-2000).
È sospesa l’autorizzazione delle specialità
medicinali a base di fenfluramina (Ponderal,
Dima-Fen, Pesos) e dexfenfluramina (Isomeride, Glipolyx).
Decreto 30 ottobre 1998
(G. U. n. 281 del 1/12/1998)
È vietata la produzione e l’immissione in commercio di specialità medicinali comunque
contenenti pemolina.
Decreto 16 luglio 1999
(G. U. n. 173 del 26/7/1999)
Revoca su rinuncia della specialità Plegine a
base di fendimetrazina.
Decreto 15 novembre 1999
(G. U. n. 275 del 23/11/1999)
È sospesa l’autorizzazione delle specialità
medicinali a base di amfepramone (Tenuate
Dospan, Linea Valeas).
Decreto 24 gennaio 2000
(G. U. n. 25 del 1/2/2000)
Sulla base del parere espresso dal Committee
for Proprietary Medicinal Products (CPMP) –
presso l’agenzia europea dei medicinali – e
delle indicazioni fornite dalla sottocommissione di Farmacovigilanza, “a partire dal 16 febbraio 2000, è fatto divieto ai farmacisti di eseguire preparazioni magistrali contenenti fentermina, mazindolo, norpseudoefedrina, fenbutrazato, fendimetrazina, amfepramone (dietilpropione) e propilexedrina e comunque
tutte le altre sostanze che da sole o in associazione fra loro o con altre sostanze abbiano
lo scopo di ottenere un effetto anoressizzante
ad azione centrale, e i medici sono tenuti ad
astenersi dal prescriverle”.
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Decreto 17 settembre 1997
(G. U. n. 219 del 19/9/1997)
NÓOς
Sospensioni e divieti
IL TRATTAMENTO DEI DISTURBI DEL
COMPORTAMENTO ALIMENTARE
Decreti
mentari. Lo studio e la cura dell’obesità, però, coinvolgono sempre di più la
psicologia clinica e la psichiatria nella cornice di un approccio clinico multidimensionale9-14. La proposta di una nuova categoria nosografica (binge
eating disorder) da inserire fra i disturbi del comportamento alimentare7,15-17
ha rappresentato, negli ultimi dieci anni, il principale ponte di collegamento
fra clinica medica dell’obesità e psicopatologia dell’alimentazione18.
Possiamo definire l’obesità come eccesso ponderale (indice di massa corporea ≥ 30 kg/m2) per eccesso di massa grassa, risultato di un bilancio energetico (introito calorico-dispendio energetico) positivo.
Un farmaco attivo contro l’obesità, quindi, dovrebbe essere una molecola
capace di ridurre l’introito calorico e/o di aumentare il dispendio energetico
agendo, a qualche livello di una complessa catena di regolazioni e controregolazioni, sulla fame, sulla sazietà e sulla termogenesi19.
A conferma delle linee di contatto fra studio dell’obesità e neuroscienze, la
maggior parte delle molecole sperimentate per la correzione dell’eccesso di
peso corporeo agiscono sul sistema nervoso centrale (tabella 2): la stessa
sibutramina è nata come un possibile antidepressivo.
51
NÓOςς
LA TERAPIA FARMACOLOGICA DEI DISTURBI
DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE
M. CUZZOLARO
Fa eccezione orlistat, inibitore selettivo delle lipasi gastrointestinali ad azione periferica. Orlistat realizza una sorta di bypass farmacologico che mima
gli effetti di quello chirurgico: riduce di circa un terzo l’assorbimento dei
grassi ingeriti al prezzo di diarrea, flatulenza, perdite anali oleose. Questi
effetti collaterali sgradevoli possono contribuire, per condizionamento negativo, ad una rieducazione alimentare del soggetto in cura, inducendolo a
mangiare meno grassi.
Tabella 2. Farmaci contro l’obesità: meccanismo d’azione.
Molecola
Rilascio
5-HT
Ricaptazione
NA
DA
Desanfetamina
+
+
Fentermina
+
+
Dexfenfluramina
5-HT
NA
+
+
Inibitori selettivi
delle lipasi
gastrointestinali
DA
+
Sibutramina
Orlistat
+
Legenda: 5-HT: serotonina; NA: noradrenalina; DA: dopamina.
In ultima analisi, siamo ancora molto lontani dal disporre di una molecola
capace di correggere, da sola, il sovrappeso. I risultati raggiungibili sono
significativi rispetto al placebo ma relativamente modesti e, soprattutto, legati al tempo di assunzione del farmaco: dopo la sospensione il peso risale
quasi invariabilmente.
Nella strategia di cura di un soggetto obeso, quindi, l’intervento farmacologico deve essere inscritto in un approccio multidimensionale di lungo periodo che fa del cambiamento stabile dello stile di vita, cioè di un cambiamento
psicologico, il suo obiettivo principale.
FARMACI E ANORESSIA NERVOSA
La letteratura propone una grande quantità di osservazioni aneddotiche, vari
studi open label e alcune indagini doppio-cieco placebo-controllate, condotte
con metodo parallelo o crossover.
Le quattordici ricerche controllate principali, sono riassunte nella tabella 3,
in ordine cronologico20-32.
52
N
Durata
Dose
Risultati
Vigersky, 1977
Ciproeptadina 24 8 settimane
12 mg/d
Non
significativi
Goldberg, 1979
Ciproeptadina 81
Variabile
Non
significativi
Lacey, 1980
Clomipramina 16 8 settimane
50 mg/d
Non
significativi
Gross, 1981
Vandereycken,1982
Gross, 1983
Vandereycken,1984
variabile
Litio
16 4 settimane
Variabile
Non
significativi
Pimozide
18 3 settimane
4-6 mg/d
Non
significativi
30 mg
Non
significativi
Tetraidrocan- 11 4 settimane
nabinolo
Sulpiride
18 3 settimane 300-400 mg/d
Non
significativi
Biederman, 1985
Amitriptilina
25 5 settimane m = 160 mg/d
Non
significativi
Halmi, 1986
Amitriptilina
72 4 settimane m = 175 mg/d Farmaco>
placebo
Halmi, 1986
Ciproeptadina 72 4 settimane
32 mg/d
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Farmaco
NÓOς
Primo autore
IL TRATTAMENTO DEI DISTURBI DEL
COMPORTAMENTO ALIMENTARE
Tabella 3. Anoressia nervosa: studi placebo-controllati.
Farmaco>
placebo
Casper, 1987
Clonidina
4 8 settimane 0,5-0,7 mg/d
Non
significativi
Stacher, 1993
Cisapride
12 12 settimane
30 mg/d
Non
significativi
Kaye, 1998
Fluoxetina
7 52 settimane
Variabile
Farmaco>
placebo
Attia, 1998
Fluoxetina
31 7 settimane m = 56 mg/d
Non
significativi
Dalla tabella risulta con chiarezza che gli studi controllati non sono molti.
Soffrono, peraltro, di alcuni limiti importanti: sono stati condotti per periodi
brevi (non più di otto settimane salvo due trial), con dosaggi non sempre
adeguati (ad esempio 50 mg di clomipramina) e come principale misura d’esito è stato usato l’aumento di peso. Da ricordare che la cisapride, molecola
che era sembrata ad alcuni di una certa utilità, è stata ritirata recentemente
dal commercio.
Nessun farmaco ha dimostrato capacità terapeutiche risolutive o specifiche e,
come già detto, nessun farmaco ha l’anoressia nervosa fra le sue indicazioni
ufficiali.
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LA TERAPIA FARMACOLOGICA DEI DISTURBI
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M. CUZZOLARO
NÓOςς
Tuttavia, gli psicofarmaci sono stati e sono largamente usati nella cura di
questa condizione, con una funzione ancillare, effetti modesti e incerte basi
razionali33-39.
A uno sguardo storico appare che i neurolettici, primo fra tutti la clorpromazina, hanno caratterizzato vari tentativi di cura farmacologica dell’anoressia
nervosa, a partire dagli anni Sessanta.
Successivamente, l’impiego di antidepressivi ha ispirato varie ricerche,
anche per l’azione di tali molecole sull’ideazione ossessiva.
Negli ultimi dieci anni, a parte le sperimentazioni controllate sopra citate,
vari studi open label hanno saggiato le capacità degli inibitori selettivi della
ricaptazione della serotonina (SSRI) con risultati moderatamente favorevoli.
Sul citalopram esistono, per esempio, varie segnalazioni positive, anche in
assenza di comorbilità depressiva40-43. E per quanto riguarda la fluoxetina44,45, la somministrazione ininterrotta durante il ricovero e dopo la dimissione, per un paio d’anni, è sembrata in grado di favorire la conservazione
nel tempo dell’aumento ponderale ottenuto durante la fase acuta del trattamento e, quindi, di prevenire le ricadute.
In uno studio su 24 casi di anoressia nervosa atipica (sindrome parziale) la
venlafaxina, inibitore della ricaptazione di serotonina e noradrenalina, è stata
confrontata, alla dose giornaliera di 75 mg, con la fluoxetina (40 mg/d)46. I
due farmaci sono stati associati per sei mesi a psicoterapia cognitivo-comportamentale. In entrambi i gruppi si è osservato un aumento dell’indice di
massa corporea e il miglioramento di una serie di indici psicometrici di psicopatologia. Le differenze fra endpoint e baseline sono risultate significative
in entrambi i gruppi ma non così le differenze fra i due gruppi (venlafaxina
vs fluoxetina), salvo per i punteggi STAI (Spielberg’s State-Trait Anxiety
Inventory): la venlafaxina ha dimostrato una maggiore capacità di ridurre i
punteggi di ansia. La mancanza di gruppi di controllo trattati con psicoterapia e placebo o con le sole farmacoterapie, limita il valore dello studio a un
confronto fra le due molecole. Non è possibile, invece, valutare se e quanto
l’associazione (psicoterapia + psicofarmaco) aumenta l’efficacia della sola
psicoterapia o quella della sola terapia farmacologica.
Negli ultimi anni l’interesse si è rivolto agli antipsicotici atipici.
È stato descritto l’uso vantaggioso del risperidone in un caso di anoressia
nervosa associata a disturbo autistico47.
Due donne con anoressia nervosa, particolarmente resistenti alle cure, trattate da clinici dell’Università di Pittsburgh, hanno risposto all’olanzapina con
un miglioramento dell’impulsività, dei tratti paranoidei, dell’agitazione e,
elemento importante, con un’attenuazione del rifiuto delle cure. Inoltre, il
peso è aumentato, ma il fenomeno potrebbe essere attribuito a un noto effetto
collaterale del farmaco (che provoca aumenti ponderali maggiori, ad esempio, del risperidone) piuttosto che a un’azione specifica sui sintomi anoressici48. D’accordo con gli autori, si deve ritenere che l’olanzapina meriterebbe
di essere studiata in modo più esteso nel trattamento dell’anoressia, anche se
non sembra che gli antipsicotici, vecchi e nuovi, siano in grado di incidere
sul tipo di pensiero delirante delle anoressiche49.
Nel corso del recente Congresso Internazionale dell’Academy for Eating
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IL TRATTAMENTO DEI DISTURBI DEL
COMPORTAMENTO ALIMENTARE
Disorders (Boston, 25-28 aprile 2002) i lavori farmacologici presentati nel
campo dell’anoressia nervosa, hanno riguardato proprio studi di casi e open
sull’olanzapina50 e il risperidone51.
La rassegna sull’olanzapina ha ribadito una certa utilità in casi di anoressia
resistenti alle cure, come già segnalato, e ha confermato, di conseguenza,
l’opportunità di trial con gruppi di controllo.
Il secondo studio ha messo a confronto, retrospettivamente, 15 pazienti curate durante un ricovero con risperidone (dosi comprese fra 0,5 e 1,5 mg/die) e
15 curate senza l’uso di tale molecola. I ricercatori hanno trovato che nel
gruppo trattato, l’incremento ponderale alla dimissione era stato maggiore
(3,6 kg vs 3,4 kg), l’introito calorico giornaliero medio era stato maggiore
(1017 kcal vs 943 kcal) e la durata media dei ricoveri era stata più breve
(44,7 giorni vs 52,3 giorni). Nessuna differenza è risultata statisticamente
significativa, ma anche i dati emersi da questo studio pilota depongono per
una qualche possibile utilità del risperidone e per l’opportunità di condurre
indagini doppio-cieco, placebo-controllate.
Sul piano pratico, quali indicazioni possiamo trarre?
In generale, i neurolettici dimostrano scarsa capacità di modificare le distorsioni relative all’immagine e al peso del corpo e gli antidepressivi provocano
effetti incerti e variabili, sia sui sintomi depressivi che su quelli ossessivi. La
diagnosi categoriale di anoressia nervosa non suggerisce da sola una specifica scelta farmacologica, sia pure con funzione ancillare. La clinica dell’anoressia nervosa, infatti, propone una complessa ed eterogenea serie di manifestazioni che esigono, dopo la pura definizione diagnostica, una precisazione
psicopatologica condotta per dimensioni e strutture di funzionamento psichico52-58 e diretta a formulare ipotesi sia riguardo i processi mentali sia sul
ruolo relativo dei diversi sistemi neurobiologici coinvolti. Nella valutazione,
vanno considerati poi gli effetti somato-psichici della malnutrizione.
Tre suggerimenti generali possono essere i seguenti:
♦ non iniziare un trattamento farmacologico prima di aver affrontato le
complicanze mediche più gravi e aver ottenuto un certo recupero del
peso;
♦ se dopo il recupero persistono sintomi depressivi o ossessivi, utilizzare
antidepressivi, in particolare serotoninergici, forse utili anche, a lungo
termine, nella prevenzione delle ricadute;
♦ i nuovi antipsicotici atipici (olanzapina e risperidone) possono trovare
impiego soprattutto nei casi più difficili e resistenti.
FARMACI E BULIMIA NERVOSA
Nella tabella 4, in ordine cronologico, sono riassunte ventiquattro importanti
ricerche controllate59-82.
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NÓOςς
LA TERAPIA FARMACOLOGICA DEI DISTURBI
DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE
M. CUZZOLARO
Tabella 4. Bulimia nervosa: studi placebo-controllati.
Primo autore
Farmaco
N
Wermuth, 1977
Fenitoina
Dose
Risultati
19 12 settimane
Variabile
Incerti
Pope, 1983
Imipramina
36
8 settimane
200 mg/d
Farmaco>
placebo
Sabine, 1983
Mianserina
19
8 settimane
60 mg/d
Non
significativi
Mitchell, 1984
Amitriptilina
32
8 settimane
150 mg/d
Non
significativi
Hughes, 1986
Desipramina
22
6 settimane
200 mg/d
Farmaco>
placebo
Agras, 1987
Imipramina
22 16 settimane m=167 mg/d
Farmaco>
placebo
Igoin, 1987
Naltrexone
10
120 mg/d
Non
significativi
42 12 settimane
30 mg/d
Non
significativi
Russell, 1988
D-fenfluramina
Horne, 1988
Bupropione
81
8 settimane
≤ 450 mg/d
Farmaco>
placebo
Barlow, 1988
Desipramina
24
6 settimane
150 mg/d
Non
significativi
Blouin, 1988
Desipramina
10
6 settimane
150 mg/d
Farmaco>
placebo
18 13 settimane
60 mg/d
Farmaco>
placebo
Kennedy, 1988
Walsh, 1988
56
Durata
Isocarbossazide
Fenelzina
50 12 settimane 60-90 mg/d
Farmaco>
placebo
Mitchell, 1989
Naltrexone
16
6 settimane
50 mg/d
Non
significativi
Pope, 1989
Trazodone
42
4 settimane
≤ 400 mg/d
Farmaco>
placebo
Hsu, 1991
Litio
91
8 settimane
variabile
Non
significativi
Fichter, 1991
Fluoxetina
40
5 settimane
60 mg/d
Farmaco>
placebo
FBNC, 1992
Fluoxetina
387 12 settimane 20,60 mg/d
Farmaco>
placebo
Fahy, 1993
D-fenfluramina
43
Non
significativi
8 settimane
45 mg/d
Durata
Dose
Risultati
Kennedy, 1993
Brofaromina
36
8 settimane
≤ 200 mg/d
Farmaco>
placebo
Goldstein, 1995
Fluoxetina
398 16 settimane
60 mg/d
Farmaco>
placebo
Faris, 2000
Ondansetrone
26
6 settimane
24 mg/d
Farmaco>
placebo
Carruba, 2001
Moclobemide
52
6 settimane
600mg/d
Non
significativi
Romano, 2002
Fluoxetina
150 52 settimane
60 mg/d
Farmaco>
placebo
Negli ultimi vent’anni, gli studi farmacologici controllati dedicati alla bulimia nervosa sono stati molto più numerosi di quelli rivolti all’anoressia nervosa: segno che le molecole disponibili hanno dimostrato, finora, maggiore
capacità terapeutica rispetto all’alimentazione compulsiva (binge eating) che
alla restrizione anoressica.
Il parametro d’efficacia più usato è la riduzione finale della frequenza degli
episodi di binge eating a meno della metà del valore iniziale. Criterio di esito
modesto almeno quanto quello del puro recupero ponderale nell’anoressia
nervosa. Inoltre, la percentuale dei casi in cui, grazie alla terapia farmacologica, la frequenza dei sintomi nucleari (abbuffate compulsive e pratiche di
compenso) si riduce a zero (astinenza) è molto bassa: in media, circa uno su
quattro dei partecipanti ai vari trial38.
Una recentissima meta-analisi multidimensionale83 degli esiti dei trattamenti
farmacologici della bulimia nervosa in studi pubblicati nel periodo 19801999 ha rilevato che:
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N
NÓOς
Farmaco
IL TRATTAMENTO DEI DISTURBI DEL
COMPORTAMENTO ALIMENTARE
Primo autore
♦ i farmaci hanno un effetto iniziale tra piccolo e moderato;
♦ la maggior parte dei pazienti, alla fine dei trial, soddisfa ancora i criteri
diagnostici DSM-IV per la bulimia nervosa.
Una nuova molecola merita forse attenzione: l’ondansetrone.
Si tratta di un antagonista dei recettori per la serotonina 5-HT3, attivo a livello periferico e utilizzato per la prevenzione del vomito a mediazione vagale
provocato dagli agenti chemioterapici in corso di terapia antineoplastica.
L’ondansetrone è stato sperimentato a partire dall’ipotesi che una iperattività
vagale afferente sia un fattore di rilievo nella fisiopatologia della bulimia
nervosa.
Uno studio randomizzato doppio-cieco placebo-controllato è stato condotto
per sei settimane su un campione di 26 soggetti con diagnosi di bulimia nervosa utilizzando una dose di ondansetrone di 24 mg/die80.
Il gruppo ondansetrone mostrò una significativa diminuzione della frequenza
delle crisi binge eating-purging che erano, alla fine del trial, in media, 6,5
57
58
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DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE
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NÓOςς
(±3,9) a settimana contro 13,2 (±11,6) a settimana del gruppo placebo
(p<0,0001).
Nel gruppo ondansetrone si osservò un miglioramento significativo rispetto
al gruppo placebo anche di altri due indicatori: la quantità di tempo spesa in
crisi bulimiche (diminuita) e il numero di pasti normali e di spuntini non
seguiti da vomito (aumentato). Quindi, la diminuzione degli episodi di binge
eating e vomito autoindotto non era stata compensata da cambiamenti, sempre patologici, nel comportamento alimentare: ad esempio, lunghi digiuni o
un numero di crisi minore ma di più lunga durata o, ancora, abbuffate compulsive non seguite da vomito.
Sembra possibile che il farmaco promuova una normalizzazione dei meccanismi fisiologici di conclusione del pasto e senso di sazietà, funzioni mediate
soprattutto per via vagale. Il miglioramento sintomatico indotto da ondansetrone può essere spiegato con il fatto che le crisi di binge-eating e vomito
provocano un’intensa stimolazione delle fibre afferenti vagali e che i 5-HT3
antagonisti (come ondansetrone) riducono l’attività vagale afferente.
Studi futuri indicheranno meglio il possibile ruolo degli antagonisti dei
recettori 5-HT3 della serotonina nel trattamento di casi di bulimia nervosa
resistenti alle terapie convenzionali.
Il trattamento acuto della bulimia nervosa con fluoxetina ha una sua riconosciuta ma solo temporanea efficacia. Continuarne a lungo la somministrazione riduce il rischio di ricadute?
Romano et al.82,84 hanno seguito per 52 settimane, in uno studio doppiocieco placebo controllato, 150 soggetti con diagnosi DSM-IV di bulimia nervosa fluoxetine responders (riduzione a metà o meno della metà della frequenza degli attacchi bulimici rispetto all’inizio dopo 8 settimane di trattamento con fluoxetina alla dose giornaliera di 60 mg).
Criterio per la diagnosi di ricaduta: tornare per due settimane consecutive
alla frequenza di abbuffate compulsive e vomito autoindotto registrata al
momento iniziale (baseline frequency). I pazienti trattati con fluoxetina
ebbero meno ricadute di quelli trattati con placebo. Nel gruppo fluoxetina
risultarono significativamente migliori anche altri indicatori: la frequenza
degli episodi di binge eating, quelle degli episodi di vomito, il punteggio
legato all’impressione globale soggettiva dei pazienti, i punteggi Severity e
Improvement della scala Clinical Global Impression e i punteggi della scala
Yale-Brown-Cornell Eating Disorder Scale. Fra i due gruppi non si notarono
differenze in termini di effetti collaterali e reazioni avverse. Il numero dei
drop-out risultò elevato, soprattutto nei primi tre mesi.
La bulimia nervosa, quindi, è probabilmente fra le patologie psichiatriche
nelle quali può essere utile un trattamento farmacologico a lungo termine dei
pazienti responders85.
Per quanto riguarda il confronto e l’associazione farmaci/psicoterapie, uno
studio86 ha segnalato che la psicoterapia (di gruppo), sia da sola che associata a imipramina, determina una riduzione della frequenza delle crisi bulimiche superiore a quella ottenuta con la sola imipramina; l’associazione imipramina + psicoterapia determina un miglioramento dei sintomi depressivi
superiore a quello ottenuto con la sola psicoterapia, ma questo non accade
1:2003; 49-66
NÓOς
IL TRATTAMENTO DEI DISTURBI DEL
COMPORTAMENTO ALIMENTARE
per i sintomi bulimici. Agras et al.87, al contrario, hanno trovato che l’associazione desipramina + psicoterapia cognitivo-comportamentale è più efficace della sola desipramina o della sola psicoterapia nel trattamento della bulimia. Ma Fichter et al.75, confrontando due trattamenti per la bulimia, psicoterapia intensiva + fluoxetina e psicoterapia intensiva + placebo, non hanno
riscontrato differenze significative nei risultati. Per spiegare questo dato
sembra possibile condividere l’ipotesi di un ceiling effect, un livello massimo di risultato già raggiungibile con un trattamento psicoterapeutico intensivo, al di là del quale non è possibile andare neanche aggiungendo un farmaco.
Walsh et al.88, in un lavoro del 2000, hanno provato a rispondere ad una interessante domanda: una terapia farmacologica può essere utile a pazienti
affetti da bulimia nervosa che non rispondono a un trattamento psicoterapeutico o che presentano ricadute?
Nel loro studio, 23 donne con bulimia nervosa che non avevano risposto o
avevano presentato ricadute dopo un trattamento di 19 sedute, svolto in 20
settimane, di terapia cognitivo-comportamentale (N=11) o di terapia interpersonale (N=12), furono assegnate, in modo randomizzato, a ricevere placebo o fluoxetina (60 mg/die), in doppio cieco, per otto settimane. Fra la conclusione della psicoterapia e l’inizio della farmacoterapia erano trascorse, in
media, 36 settimane. L’inefficacia della psicoterapia o la ricaduta erano
segnalate da una frequenza di abbuffate compulsive e vomito auto-indotto di
almeno un episodio a settimana nel corso dell’ultimo mese. Durante la sperimentazione farmacologica, uno psichiatra incontrò le pazienti una volta a
settimana per valutare la risposta al farmaco e gli effetti collaterali, senza
attuare però nessun intervento psicoterapeutico formalizzato.
Venti donne completarono lo studio e il gruppo delle pazienti trattate con
fluoxetina presentò un significativo miglioramento dei sintomi binge eatingpurging rispetto al gruppo trattato con placebo. Alla fine del trattamento,
risultò una differenza statisticamente significativa tra fluoxetina e placebo
anche nel punteggio della scala Disinibizione del test Three Factor Eating
Questionnaire89.
Allo stato attuale, è possibile proporre alcune considerazioni generali39,90,91:
♦ delle varie classi di farmaci finora sperimentate, solo gli antidepressivi
hanno dimostrato di possedere, come classe, effetti antibulimici;
♦ gli effetti antibulimici degli antidepressivi (riduzione delle crisi di bingeing and purging) si manifestano indipendentemente dalla coesistenza di
uno stato depressivo e dal suo miglioramento;
♦ potenzialmente, tutte le famiglie di farmaci dotati di proprietà antidepressive hanno efficacia antibulimica: triciclici, IMAO, SSRI. Fra questi ultimi, la fluoxetina si è dimostrata un farmaco particolarmente efficace e
maneggevole. La fluoxetina è il farmaco di cui è stata più estesamente
provata l’efficacia antibulimica (alla dose di 60 mg/die): due vaste ricerche multicentriche, fra le altre, hanno confermato la superiorità sul placebo76,79 e un terzo studio di lunga durata ha dimostrato che continuare per
un anno la terapia riduce significativamente il tasso di ricadute rispetto al
59
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LA TERAPIA FARMACOLOGICA DEI DISTURBI
DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE
M. CUZZOLARO
NÓOςς
placebo82,84;
♦ non esiste, fino a questo momento, nessun farmaco di efficacia specifica e
i tassi di astinenza (remissione totale dei core symptoms) raggiunti con le
terapie farmacologiche sono bassi;
♦ il numero dei drop-out è elevato e la compliance a lungo termine è scarsa;
♦ nessuno studio controllato ha, finora, dimostrato che l’efficacia antibulimica dei farmaci si mantiene nel tempo, a distanza di anni dalla sospensione della terapia, né che gli effetti terapeutici si estendono molto al di là
del beneficio sintomatico.
FARMACI E BINGE EATING DISORDER
La proposta di considerare il binge eating disorder come una sindrome a sé
stante è molto recente7,15,16.
Uno dei motivi di interesse è legato alla frequente associazione all’obesità. I
trattamenti di riduzione ponderale basati su restrizioni dell’introito calorico
drastiche, ripetute e protratte possono essere ritenuti una causa concorrente
all’insorgenza del sintomo binge eating e della sindrome binge eating
disorder.
Gli obesi-BED sono un sottogruppo particolare nell’ambito dell’obesità: le
prove a sostegno di questa tesi sono ormai consistenti14. Le condizioni psicopatologiche degli obesi-BED risultano in media più compromesse di quelle
degli obesi non-BED, ma forse meno di quelle di chi soffre di bulimia nervosa con condotte di eliminazione. È probabile che la bulimia nervosa senza
condotte di eliminazione e il binge eating disorder siano quadri clinici meno
diversi fra loro di quanto non siano le due forme di bulimia nervosa (con e
senza condotte di eliminazione). La letteratura degli ultimi anni ha già proposto studi open label e controllati sul trattamento farmacologico di questo
quadro clinico.Otto ricerche placebo-controllate sono riassunte nella tabella
5, in ordine cronologico92-99. Si ricorda, come nota a margine, che la d-fenfluramina è stata ritirata dal commercio per la sua tossicità cardiaca nel 1997
(vedi tabella 1). Dalla tabella 5 risulta evidente che varie molecole efficaci
nella bulimia nervosa sono risultate attive anche nel disturbo di alimentazione incontrollata. I dati della letteratura suggeriscono, piuttosto concordemente, che i farmaci capaci di ridurre la frequenza e l’intensità del binge-eating
negli obesi non promuovono, però, nessun significativo calo ponderale91.
Il topiramato, un agente antiepilettico che provoca calo ponderale, è stato
provato in studi open nella bulimia nervosa e nel binge eating disorder. Un
recentissimo studio99 doppio-cieco placebo-controllato ha dimostrato un’efficacia superiore al placebo sia per la frequenza del binge eating (misurata in
termini di episodi e di giorni) che per la perdita di peso. Il topiramato è stato
somministrato alla dose iniziale di 25 mg/d e aumentato lentamente (25-50
mg a settimana) fino a raggiungere la dose massima di 600 mg/d. È stato in
genere ben tollerato: gli effetti collaterali più frequenti sono stati cefalea e
parestesie. Hanno interrotto il trattamento per eventi avversi 9 pazienti (3
placebo e 6 topiramato). La molecola sembra interessante per la cura dell’o-
besità-BED.
N
Durata
Dose
Risultati
Marcus, 1990
Fluoxetina
11 52 settimane
60 mg/d
Farmaco>
placebo
McCann, 1990
Desipramina
23 12 settimane ≤ 300 mg/d
Farmaco>
placebo
de Zwaan, 1992
Fluvoxamina
15 18 settimane
Non
significativi
Agras, 1994
Desipramina
84 36 settimane m = 285 mg/d Farmaco>
placebo
Stunkard, 1996
D-fenfluramina
24
8 settimane
30 mg/d
Farmaco>
placebo
Hudson, 1998
Fluvoxamina
67
9 settimane m = 260 mg/d Farmaco>
placebo
McElroy, 2000
Sertraline
34
6 settimane 50-200 mg/d
Farmaco>
placebo
McElroy, 2002
Topiramato
61 14 settimane ≤ 600 mg/d
Farmaco>
placebo
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Farmaco
NÓOς
Primo autore
IL TRATTAMENTO DEI DISTURBI DEL
COMPORTAMENTO ALIMENTARE
Tabella 5. Binge Eating Disorder: studi placebo-controllati.
IL RUOLO DEI FARMACI
I dati sperimentali non riescono ancora a dimostrare che i farmaci possano
svolgere un ruolo abituale nel trattamento dell’anoressia, della bulimia e del
binge eating disorder e, per quanto riguarda l’obesità, è noto, fino a questo
momento, che il peso perduto con l’aiuto di medicamenti è in genere recuperato appena le terapie sono interrotte.
I metodi di conduzione dei trial clinici, inoltre, dovrebbero essere studiati e
standardizzati con cura maggiore di quanto fatto finora36,100.
I trattamenti psicologici, fra i quali sarebbe corretto comprendere la dietoterapia e gli interventi di rieducazione alimentare e di promozione di cambiamenti dello stile di vita, rappresentano, tuttora, la pietra angolare della terapia dei disordini alimentari.
Anche in questo, come in altri campi della psichiatria, è necessario combinare, caso per caso e non in tutti i casi, la miglior terapia farmacologica con il
trattamento psicoterapeutico più appropriato e disegnare, di volta in volta, la
strategia d’intervento in funzione del tipo di patologia (indicatori diagnostici) e delle caratteristiche individuali del paziente (indicatori clinici).
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NÓOςς
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M. CUZZOLARO
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