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Part time, lavoro supplementare e trasformazione implicita a tempo pieno del rapporto.
La sentenza della Corte di Appello di Torino 536/2000, pur essendo in
gran parte motivata in fatto e pur nella sua estrema sintesi, è interessante perché si occupa di un caso – del quale non si constano precedenti
negli esatti termini 1 - regolato dalla vecchia disciplina 2 che tuttavia può
presentarsi anche sotto il vigore della nuova normativa 3. Qui non è in
1
Il caso esaminato da Cass.11 ottobre 1996 n.8904, in questa rivista 1996, 820 è profondamente diverso e relativo ai una prassi simulatoria molto diffusa.
2 Art.5 della legge 863/84, in dottrina, da ultimo prima della novella, TATARELLI M., Part- time
e tempo determinato nel lavoro privato e pubblico, Cedam, Padova, 1999, cfr. pure FILADORO
C., Il part time - Dalla l. 863/1984 alla finanziaria 1998, BIANCHI M., Lavoro a part- time, Assistenza soc., 1997, 187, ALESSI C., Part- time e job sharing, Quaderni dir. lav. relazioni ind.,
1995, 111. Più specificamente con relazione alla validità del patto: PONIZ L., Nullità del patto
di part- time e conseguenze sul rapporto di lavoro: necessità di una distinzione tra originario
patto part- time e trasformazione in part- time del rapporto già a tempo pieno, Riv. giur. lav.,
1992, II, 1052; CARO M., Requisiti di forma e di contenuto delle clausole relative alla determinazione e distribuzione dell'orario del part- time, Riv. it. dir. lav., 1996, II, 380; BROLLO M., Il
vizio di forma del part- time: l'effimera tutela dell'art. 2126 c.c. e le soluzioni alternative, Riv.
giur. lav., 1994, II, 710, idem La mancanza di forma scritta nel part- time Lavoro giur., 1994,
797; BALDASSARRE P., La tutela del lavoratore a part- time e il regime dell'invalidità del contratto per vizio di forma. Riv. dir. impresa, 1994, 83.
3
D.lgs. 61/2000 modificato dal d.lgs. 100/2001. Sulla nuova disciplina: Vallebona, La nuova disciplina del rapporto di lavoro a tempo parziale in questa rivista 2000, 492, Miscione Trasformazione dal tempo pieno al part time e dal part time al tempo pieno, Dir. Pret. Lav. 2000,
2596, Biagi, Il Lavoro a tempo parziale, Il Sole 24 Ore, Milano 2000, XI, Biagi, Russo, Tiraboschi
Modalità del rapporto di lavoro a tempo parziale. Lavoro supplementare, lavoro straordinario
e clausole elastiche, in Biagi cit. Mobiglia, Le modifiche apportate alla nuova disciplina in materia di lavoro a tempo parziale in Italia, Dir. Rel. Ind. 2000, 195. Katsutoshi Kezuka, Questioni
legali sul tema del lavoro a tempo parziale in Giappone, ibidem 219. Per una panoramica sull'attuazione della direttiva comunitaria Tiraboschi, La nuova disciplina del part time in Germania ibidem, 201, Binocoli, Il nuovo part time nel Regno Unito, ibidem 209, Tiraboschi Garcìa,
La nuova disciplina del part time in Spagna ibidem, 231.
In particolare l’art.6 comma 3 stabilisce che: <<6. Le ore di lavoro supplementare di fatto svolte
in misura eccedente quella consentita ai sensi del comma 2 comportano l'applicazione di una
maggiorazione sull'importo della retribuzione oraria globale di fatto per esse dovuta la cui misura viene stabilita dai contratti collettivi di cui all'articolo 1, comma 3. In assenza di previsione del contratto collettivo, si applica la maggiorazione del 50 per cento. I medesimi contratti
collettivi possono altresì stabilire criteri e modalità per assicurare al lavoratore a tempo parziale, su richiesta del medesimo, il consolidamento nel proprio orario di lavoro, in tutto od in parte, del lavoro supplementare svolto in via non meramente occasionale.>>; l’art.3 comma 1 dispone che: “Il datore di lavoro ha facoltà di richiedere lo svolgimento di prestazioni supplementari rispetto a quelle concordate con il lavoratore ai sensi dell'articolo 2, comma 2, nel rispetto di quanto previsto dai commi 2, 3, 4 e 6” Cui adde l’art.8 comma 2, periodo 4° secondo
cui: <<Per il periodo antecedente la data della pronuncia della sentenza (di accertamento del
part time, nda) , il lavoratore ha in entrambi (mancanza della forma scritta della clausola o della distribuzione temporale, nda) i casi diritto, in aggiunta alla retribuzione dovuta, alla corresponsione di un ulteriore emolumento a titolo di risarcimento del danno, da liquidarsi con valutazione equitativa>> e infine il comma 3 del medesimo art.8 che dispone: <<In caso di violazione da parte del datore di lavoro del diritto di precedenza di cui all'articolo 5, comma 2, il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno in misura corrispondente alla differenza fra l'importo della retribuzione percepita e quella che gli sarebbe stata corrisposta a seguito del passaggio al tempo pieno nei sei mesi successivi a detto passaggio.>>
giuoco la genuinità del part time né la successiva fraudolenta deviazione
esecutiva dallo schema legale e contrattuale del part time regolare.
Questo il caso. Una lavoratrice, già a tempo parziale, in conseguenza
della sopravvenuta vedovanza propose al datore di lavoro la modificazione del contratto da tempo parziale a tempo pieno. Già prima di tale
formale richiesta/proposta (che non ricevette, a quanto è dato sapere,
alcuna accettazione espressa), ma dopo la morte del coniuge, aveva iniziato lo svolgimento di cospicuo lavoro supplementare e straordinario,
che si protrasse per un paio d’anni, fino alla richiesta, per via sindacale,
di declaratoria di avvenuta trasformazione del rapporto a tempo pieno.
Il Tribunale 4, pure opinando che la violazione della clausola oraria non
importasse automatica conversione, ritenne provata, in relazione alla
protratta prestazione di ore di lavoro mensili in numero prossimo a
quelle di un rapporto di lavoro a tempo pieno, la novazione oggettiva per
facta concludentia della clausola limitativa dell’orario.
Nulla è dato sapere delle motivazioni che hanno indotto il Tribunale a
sussumere nella novazione oggettiva la condotta del datore di lavoro che
retribuiva il lavoro in più come supplementare e straordinario.
La Corte, invece, ha considerato ostativa al riconoscimento della convergenza della volontà datoriale verso quella novativa inequivocabilmente
mostrata dalla lavoratrice, la circostanza del pagamento di tutte le maggiorazioni per lavoro supplementare e straordinario. Infatti, è appena il
caso di sottolineare, il datore di lavoro non avrebbe dovuto corrisponde re tali maggiorazioni, quantomeno relativamente a quelle per lavoro
supplementare, se la volontà di richiedere, utilizzare e retribuire ore in
più, rispetto a quelle dovute per contratto di lavoro a tempo parziale,
fosse stata indirizzata all’accoglimento, per comportamenti concludenti,
della proposta della lavoratrice.
Dal punto di vista della fattispecie astratta, nulla impedisce di riconoscere effetti modificativi in senso abrogativo della clausola oraria ai comportamenti concludenti; la forma (già ad substantiam 5) essendo richie sta solo per l’elemento di specialità: la riduzione dell’orario. Non è invece prevista per la deroga in melius della rideterminazione della durata
del lavoro secondo l’orario legale a richiesta del lavoratore 6.
4
Trib. Torino (appellata) a quanto consta inedita.
Così sotto la previgente normativa la dottrina e la giurisprudenza maggioritarie. La nuova disciplina, invece, assegna alla forma scritta la natura ad probationem pur con delle specialità
quanto alla disciplina codicistica.
6 In tal senso cfr. per tutti Miscione cit. Galantino, Diritto del lavoro Torino 2000, Vallebona,
Istituzioni di diritto del lavoro, Torino 2000
5
La riconduzione della fattispecie modificatoria alla novazione oggettiva7
non mi pare pertinente. A mio avviso, infatti, non sono riscontrabili, già
nella fattispecie astratta, animus novandi 8 et aliquid novi 9, mentre ove la
modificazione del rapporto fosse stata in concreto accertata ci saremmo
potuti imbattere nella modificazione mera ex art.1231 c.c.10.
La novazione che consegue alla modificazione 11 è la novazione effetto 12 e
non è la novazione fattispecie 13: novatio enim a novo nomen accepit et a
nova obligatione 14. Se pure i comportamenti delle parti fossero rilevanti
in senso novativo non saremmo in presenza che di una novazione effetto.
7
Perlingieri, Modi di estinzione dell’obbligazione diversi dall’adempimento, Comm. Scialoja e
Branca sub artt. 1230 – 1259, Bologna Roma 1975. Bianca C.M., L’obbligazione, Milano 1990.
8 L'animus novandi costituisce elemento essenziale della novazione che, rispecchiando lo specifico intento negoziale dei contraenti, deve essere in concreto provato.(Cass.27.07.2000
n.9867). L'animus novandi , che dev'essere comune ad entrambe le parti e rappresenta la volontà di estinguere l'obbligazione precedente, costituisce elemento essenziale della novazione, che rispecchia lo specifico intento negoziale dei contraenti e dev'essere in concreto provato.(Cass.12.09.2000 n.12039).
9 La modifica dell'oggetto del contratto integra una novazione quando dà luogo ad una nuova
obbligazione incompatibile con il persistere della obbligazione originaria (Cass.12.09.2000
n.12039). In giurisprudenza si sottolinea che <<l'effetto estintivo della obbligazione che è proprio della novazione presuppone sempre - anche ove si acceda alla concezione più ampia della novazione medesima, che la ravvisi in ogni ipotesi di mutamenti di carattere quantitativo
dell'oggetto o di modifiche di modalità o di elementi di una medesima prestazione - che sia
accertata la sussistenza dell'animus novandi, che deve costituire lo specifico intento negoziale
comune ai contraenti, e che deve essere provato in concreto>> (Cass.14.07.2000 n.9354).
10 Secondo la più accreditata dottrina (supra n.7 e gli autori ivi citati) trattasi di elementi indefettibili della fattispecie novativa, che valgono a distinguerla da quella meramente modificativa ex art.1231 c.c.. assieme alla causa novandi , quale intenzione di novare della quale l’animus
novandi costituisce il profilo soggettivo . In particolare nel dubbio, qualora la modificazione
non appaia obiettivamente incompatibile con la persistenza dell’obbligazione originaria, la
conservazione degli effetti prevarrà; e piuttosto che un fenomeno novativo (estintivo –costitutivo), si verificherà una vicenda aggiuntiva, o comunque parzialmente modificativa della disciplina del rapporto. Non basterà la stipulazione pura e semplice di una nuova obbligazione, con
oggetto o titolo diversi, ma occorrerà la presenza (non equivoca) di una positiva volontà di novare. Perlingieri, cit., 80s. Il che è perfettamente in caso di specie in cui la corresponsione della
maggiorazione per lavoro straordinario esclude nel superamento dell’orario la volontà (della
vecchia) costitutiva (della nuova) obbligazione.
11
Nell’ambito della novazione è possibile descrivere: la fattispecie negoziale novativa, l’effetto
estintivo novativo e la novazione come vicenda risultato, Perlingieri cit. 59s. Piras, Appunti
sulla novazione, Studi sassaresi 1948, 1. La prima ricorre allorquando nel negozio novativo sia
riscontrabile, non equivocamente, quanto la volontà di estinguere l’obbligazione, tanto quella
di produrne una nuova e diversa, come il rapporto sostitutorio delle due obbligazioni; la seconda allorché la novazione assurga a fatto estintivo della precedente obbligazione quale automatica conseguenza dell’incompatibilità con la prima della nuova obbligazione; la terza, infine, si riscontra in ogni fattispecie produttiva di obbligazioni che è portatrice ex se del nuovo,
perciò destinata a innovare una precedente obbligazione, senza estinguerla e senza essere con
questa incompatibile: trattasi dell’effetto tipico di un negozio modificativo o regolativo di
un’obbligazione o di un rapporto obbligatorio. Per conseguenza la novazione ricorrerà tipica
ex art.1230 c.c.solo in caso di novazione fattispecie.
12 V. nota precedente, Allara, Le fattispecie estintive del rapporto obbligatorio, Torino 1956, 86
13 V. nota 11, Allara, cit.
14 Ulpiano, D. 46. 2. 1.
Non è riscontrabile nella modificazione del rapporto da tempo parziale a
tempo pieno, dell’unico rapporto di lavoro, la volontà estintiva dell'obbligazione, né l’elemento di novità dell’oggetto o del titolo della nuova
obbligazione.
Innanzitutto, anche nella prospettazione attorea la volontà estintiva del
rapporto part time è esclusa.
In secondo luogo nella novazione prospettata il titolo dell’obbligazione
rimane immutato: la causa di lavoro.
Infine, non mi sembra che la estensione o la contrazione più o meno stabile dell’orario individuale di lavoro possa essere agevolmente sussunta
nella modificazione novativa dell’oggetto 15.
Ovviamente, la modificazione del rapporto di lavoro, expressis verbis vel
facta concludentia è sempre possibile da parte dell’autonomia privata ex
art.1321 e 1322 c.c., così come l’autonomia privata può regolare effetti gli
effetti novativi ed eventualmente in tutto o in parte estintivi della nuova
disciplina pattizia del rapporto contrattuale.
La questione dibattuta perciò va semplicemente ricondotta a un problema di tecnica definitoria di comportamenti taciti denotanti indici di modificazione negoziale della clausola riduttiva dell’orario.16
Il punto di partenza è la riconduzione della violazione del divieto di lavoro supplementare di cui al 4° comma dell’art.5 della legge 863/84 al suo
giusto alveo. Non è questa la sede per riaprire i termini della dibattuta
questione, per altro superata dallo ius novum, valgano perciò gli arresti
consolidati della dottrina 17. Ciò che interessa è vedere quali sono gli effetti della violazione della clausola contrattuale limitativa dell’orario:
poiché una cosa è la violazione di una clausola valida, un’altra cosa è la
validità della clausola.
15
In senso contrario alla dottrina maggioritaria Martorana, La novazione nel diritto civile italiano, Palermo 1924, 164 secondo cui elemento nuovo sufficiente a rendere possibile la novazione non è già necessariamente un mutamento radicale, ma qualsiasi modificazione o aggiunzione, anche minima, … anche il cambiamento della data dell’obbligazione. Tale teorica,
elaborato sotto il vigore dell’abrogato codice, non può tener conto né del comma 2 dell'art.1230 né soprattutto dell’art. 1231 del vigente codice civile.
16
Cioè bisogna individuare la causa dello svolgimento del lavoro supplementare, se volto alla
stabile modificazione della fattispecie o no, e dunque individuare la sintesi degli effetti essenziali della fattispecie “lavoro supplementare così remunerato” - secondo la nota teorica di Pugliatti (Precisazioni in tema di causa del negozio giuridico in Diritto Civile. Metodo – Teoria Pratica. Saggi. Milano 1951, 119) – e comprendere in essa o escluderne la portata novativa. Poiché lo svolgimento del lavoro supplementare non ha l’effetto essenziale della modificazione
del rapporto non è da tale fatto che se ne può inferire la portata novativa.
17 Per tutti, Tatarelli cit. Vallebona, Istituzioni di diritto del lavoro, Torino 1999, Galantino, Diritto del Lavoro, Torino 1999
La sanzione della conversione è infatti una sanzione generale per le sole
ipotesi di nullità (art.1424 c.c.), mentre rappresenta l’eccezione quando
consegue a un inadempimento.
Sul punto il richiamo della Corte al contratto a termine, dopo la novella
del 1997, non mi pare congruo posto che in detto contratto la conversione (che ha efficacia ex tunc ) consegue solo dalla nullità del termine,
mentre in tutte le ipotesi diverse di violazione della normativa limitativa
del rapporto omonimo si verifica una trasformazione del rapporto (con
efficacia ex nunc ), per volontà delle parti o per volontà della legge (novazione legale).
Più pertinente sarebbe stato, da un punto di vista di comparazione delle
strutture, il richiamo alla conversione del contratto di formazione e lavoro, inadempiuto nella clausola formativa, in contratto di lavoro a tempo
indeterminato; perché qui è la legge che sanziona l’inadempime nto con
la stessa sanzione della nullità parziale, non distinguendo quasi, quoad
effectum, tra nullità della clausola formativa e inadempimento della stessa (valida) clausola 18.
La violazione della clausola part time valida non ha dunque, in difetto di
espressa previsione normativa, gli effetti della nullità ma ha solamente
gli effetti che gli sono propri e che sono compatibili con la sua struttura
obbligatoria. Assume perciò rilievo fondamentale in punto di diritto la
circostanza pacifica dell’avvenuto pagamento delle maggiorazioni per
lavoro supplementare.
Orbene, la clausola part time non rappresenta che una modificazione
convenzionale, a livello individuale, della disciplina contrattuale collettiva e legale dell’orario di lavoro. Sicché per quel contratto l’orario norma le di lavoro sarà quello ridotto; ogni ora lavorata in più (ancorché nel
complesso inferiore all’orario massimo legale) sarà specialmente suppletiva, sarà cioè lavoro supplementare.
Due gli effetti tipici:
uno la necessaria consensualità della modificazione, una tantu m, passim o reiterata che sia;
due il diritto alla maggiorazione del lavoro supplementare effettivamen te prestato.
La nuova normativa li prevede espressamente - anche se demanda alla
contrattazione collettiva integrativa la regolamentazione della maggiorazione – e, quanto al secondo effetto, prevede una franchigia del 10% delle ore lavorate.
18
Per approfondimenti Cammalleri, L'obbligazione di formazione affidata a corsi regionali;
obbligazione eventuale, con facoltà alternativa, del terzo in questa rivista 1996, 540.
Il riconoscimento della natura giuridica di lavoro supplementare e della
consensualità delle modificazioni della clausola medesima, alle ore lavorate in più, rispetto all’orario ridotto, fa perciò assumere rilievo novativo
oggettivo al superamento dell’orario individuale di lavoro, solo in presenza concorrente dei seguenti tre corollari.
Innanzitutto, occorre che il lavoro supplementare non sia remunerato
con la maggiorazione. Infatti il lavoro in più del lavoratore a tempo parziale non può avere una duplice natura: o è lavoro supplementare e la
retribuzione deve essere maggiorata, o è lavoro ordinario del lavoratore
a tempo pieno e allora la relativa retribuzione non deve essere maggiorata.
La corresponsione della maggiorazione corrisponde a una manifestazione di volontà datoriale espressa, cioè a un fatto di adempimento della
controprestazione lavorativa qualificata supplementare. Essa è incompatibile con la manifestazione di volontà negoziale (concludente) di
considerare invece ordinaria la prestazione supplementare. Mi pare poi
che l’assunto non possa essere superato neppure considerando indebito
oggettivo il pagamento delle maggiorazioni, perché così facendo si confonderebbe l’effetto con la causa.
L’indebito consegue solo all’accertamento della natura a tempo pieno
della prestazione di lavoro, è cioè l’effetto dell’accertamento dell'inesistenza del titolo alla maggiorazione: la supplementarità del lavoro. Per
affermare che la maggiorazione è indebita occorre cioè che il rapporto
sia già a tempo pieno. L’indebito è conseguenza dell’abrogazione della
clausola e non causa dell’abrogazione stessa.
In secondo luogo, per individuare l’estensione temporale di fatto della
prestazione non è possibile sommare ore di lavoro supplementare e ore
di lavoro straordinario, oppure le ore di lavoro supplementare verticale
eccedenti quelle dell’orario a tempo pieno. Tanto assumen do orario di
lavoro contrattuale generale a tempo pieno e orario legale nella stessa
misura, quanto assumendo l’orario di lavoro contrattuale generale a
tempo pieno inferiore all’orario legale.
Infatti, il lavoro straordinario in senso stretto potrebbe essere presente
in un part time verticale anche in assenza di lavoro supplementare. Esso
si basa in ogni caso sul superamento dell’orario legale massimo che in
ogni aspetto giuridico e epifenomenico è fattispecie identica nei rapporti
di lavoro a tempo parziale e a tempo pieno. Non ha alcun tratto distintivo e dunque non può dunque essere assunto a elemento discriminante.
La stessa considerazione vale per il lavoro supplementare compreso tra
l’orario contrattuale generale e quello legale.
L’unico elemento distintivo dell’atteggiarsi dell’orario di lavoro nel tempo parziale e nel tempo pieno è la riduzione di orario del primo rispetto
al secondo.
In definitiva - al fine di valutare i comportamenti concludenti - l'intervallo euristicamente rilavante è solo quello tra tempo parziale e tempo
pieno.
In terzo luogo, occorre che la prestazione del lavoro supplementare in dividuale sia, non solo ripetuta nel tempo ma anche, esattamente costante, salve solamente quelle variazioni di orario mensile o settimanale
che possono verificarsi anche nel rapporto a tempo pieno, non essendo
affatto sufficienti le approssimazioni all’orario pieno.
Infatti, la mutevolezza della variazione della durata mensile o settimana le della prestazione, all’interno dell’intervallo euristicamente rilevante, è
indice incompatibile con la volontà di assoggettare stabilmente il rapporto a un nuovo e diverso orario di lavoro: segnatamente quello del
tempo pieno; la variazione della durata dell’orario è anzi indice della diversa e incompatibile volontà di non assoggettare il rapporto al regime
del tempo pieno. Essa palesa più marcatamente la volontà cronologicamente osservata prima di aumentare la durata della prestazione e poi di
ridurla senza in questo secondo caso andare in mora credendi.
Naturalmente in difetto di reiterazione e costanza l’effetto novativo
escluso è quello verso il tempo pieno, potendosi invece verificare una
modificazione della clausola riduttiva verso una forma sui generis di
clausola elastica, sulla falsa riga della previsione del comb. disp. dei
comma 13 e 7 del d.lgs 61/2000 come novellato dal d.lgs. 100/2001. Ma
non è il caso deciso. Invero in nessun caso la vicenda esaminata dalla
Corte può avere effetto abrogativo della clausola part time ; neppure sotto il profilo della tutela dell’aspettativa della lavoratrice, né sotto il profilo della correttezza e buona fede esecutiva. La lesione dell’aspettativa,
ammesso che non si tratti di aspettativa di mero fatto, come l’esecuzione
scorretta o di male fede, producono infatti meri effetti obbligatori di tipo
risarcitorio da inadempime nto e non possono mai determinare – in assenza di previsione legale, una sanzione reale come la modificazione
della fattispecie.
Calogero Massimo Cammalleri.