Scarica PDF - Cinematografo
Transcript
Scarica PDF - Cinematografo
MENSILE N.5 MAGGIO 2015 € 3,50 fondazione ente™ dello spettacolo 100 ANNI DI WELLES Da Quarto potere a F for Fake l’ineffabile arte dell’inganno WAYWARD PINES Shyamalan firma una serie tv. Con Matt Dillon protagonista, tra fantasy e Twin Peaks SPECIALE CROISETTE ITALIANA Interviste, personaggi, film da non perdere RACCONTO DA FAVOLA DRAGHI E PRINCIPESSE NEL NUOVO GARRONE, IN CONCORSO A CANNES Poste Italiane SpA - Sped. in Abb. Post. - D.I. 353/2003 (conv. in L. 27.02.2004, n° 46), art. 1, comma 1, DCB Milano Stacy Martin in Tale of Tales, in competizione al festival francese SMART TV PC TABLET SMARTPHONE S Porsche consiglia Porsche consiglia Dati riferiti a Cayenne Turbo S. Consumi ciclo combinato: 11,5 l/100 km. Emissioni CO2: 267 g/km. In entrambi i casi serve un pilota. Nuova Cayenne Turbo S. Al di sopra delle parti. Scopri la gamma Cayenne su www.porsche.it Porsche Italia Spa, Padova corso Stati Uniti 35, Telefono 049/8292911. www.porsche.it rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo Punti di vista 1XRYDVHULH$QQRQPDJJLR ,QFRSHUWLQD6WDF\0DUWLQQHORacconto dei racconti GL0DWWHR*DUURQH Seguici anche su FACEBOOK &LQHPDWRJUDIRLW (QWH6SHWWDFROR TWITTER #FLQHPDWRJUDIR,7 YOUTUBE (QWH6SHWWDFROR M(igr)are Nostrum ',5(7725(5(63216$%,/( Ivan Maffeis Festival di CannesDL²OPLQFRQFRUVR§DSDUWLUHGDTXHOOL²UPDWLGD *DUURQH0RUHWWLH6RUUHQWLQR§OD5LYLVWDGHGLFDLQVLHPHDOO¬LQVHUWR VSHFLDOHLPLJOLRULDXJXUL/RVSXQWRSHUTXHVWHULJKHFLYLHQHGD MediterraneaGL-RQDV&DUSLJQDQRLQFDUWHOORQHDOODHVLPD6HPDLQH GHOD&ULWLTXH1DUUDGLGXHPLJUDQWLDIULFDQLFKHFHUFDQRGLFRVWUXLUVL XQDYLWDLQXQ3DHVH§LOQRVWUR§SHUFHUWLYHUVLLQRVSLWDOHHGLVSRVWR DVIUXWWDUQHLOODYRURSHUDOWULFDSDFHGLDFFRJOLHQ]DVROLGDULHWjH DPLFL]LD3ULPDGLUHDOL]]DUORLOUHJLVWDLWDORDPHULFDQRKDWUDVFRUVR XQSHULRGRQHLYLOODJJLGLFDUWRQHGHJOLLPPLJUDWLGL5RVDUQRHGL )RJJLDKDVFHOWRJOLDWWRULWUDOHSHUVRQHLQFRQWUDWHHKDJLUDWROH ULSUHVHQHLOXRJKLGHOTXRWLGLDQRSHUXQ¬RSHUDQHOVROFRGHOODWUDGL]LRQH QHRUHDOLVWD,O²OPVFRUUHQHOGUDPPDGHOO¬DWWXDOLWj6RQRLPPDJLQLQHOOH TXDOLSDVVDQRSRSROL§VLULDQLLUDFKHQLHULWUHLVXGDQHVLVRPDOLOLELFL §DFFRPXQDWLGDOODPDUFLDVRWWRLOVROHGHOOHYLROHQ]HGHLWUDI²FDQWLGL XRPLQLHLQEDOuDGHOOHRQGHGHOODIURQWLHUDHXURSHD0HGHVLPHDQFKH OHFDXVHGHOORURHVRGRJXHUUDPLVHULDSHUVHFX]LRQH3URWDJRQLVWL LJLRYDQLVVLPLLQXWLOHFHUFDUQHLOQRPHQHOORVSD]LRGLXQDORFDQGLQD VRQRFRPSDUVHVHQ]DDQDJUDIHGLFXLQHPPHQR ODWRPEDFRQVHUYDPHPRULD &$325('$7725( Marina Sanna 5('$=,21( Gianluca Arnone, Federico Pontiggia, Valerio Sammarco &217$77, [email protected] $57',5(&725 Alessandro Palmieri HANNO COLLABORATO $QJHOD%RVHWWR2ULR&DOGLURQ*LDQOXLJL &HFFDUHOOL3LHWUR&RFFLD$OHVVDQGUR'H6LPRQH %UXQR)RUQDUD*LDQORUHQ]R)UDQ]u*LXVHSSH *DULD]]R*LDQIUDQFHVFR,DFRQR0DUFR/HWL]LD 0DVVLPR0RQWHOHRQH)UDQFR0RQWLQL0DQXHOD 3LQHWWL$QJHOD3UXGHQ]L(PDQXHOH5DXFR0DUFR 6SDJQROL REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE DI ROMA 1GHOOXJOLR ,VFUL]LRQHDO52&QGHO STAMPA 7LSRJUD²D6753UHVV6UO9LD&DUSL 3RPH]LD50 )LQLWDGLVWDPSDUHQHOPHVHGLDSULOH MARKETING E ADVERTISING (XUHND6UO9LD/6RGHULQL0LODQR 7HO)D[ &HOO HPDLOLQIR#HXUHNDLGHDLW DISTRIBUTORE ESCLUSIVO 0(3(0LODQR ABBONAMENTI $%%21$0(1723(5/¬,7$/,$QXPHULHXUR $%%21$0(1723(5/¬(67(52QXPHULHXUR &&,QWHVWDWRD)RQGD]LRQH(QWHGHOOR6SHWWDFROR PER ABBONARSI DEERQDPHQWL#HQWHVSHWWDFRORRUJ 7HO PROPRIETA’ ED EDITORE 35(6,'(17( Ivan Maffeis ',5(7725( Antonio Urrata 8)),&,267$03$ XI²FLRVWDPSD#HQWHVSHWWDFRORRUJ &2081,&$=,21((69,/8332 Franco Conta - [email protected] &225',1$0(1726(*5(7(5,$ Marisa Meoni - [email protected] DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE 9LD$XUHOLD5RPD 7HO)D[ DPPLQLVWUD]LRQH#HQWHVSHWWDFRORRUJ $VVRFLDWRDOO¬863, 8QLRQH6WDPSD3HULRGLFD,WDOLDQD Una scena di Mediterranea /¬HSLORJRGHO²OPDFFRPSDJQHUjLQRVWULDQQLD YHQLUH9LSDUWHFLSDDIDWLFDXQDSROLWLFDWHQWDWD GDVFRUFLDWRLHLPSUREDELOL§LOERPEDUGDPHQWR GHLEDUFRQL§HGDRVVHVVLRQLVHFXULWDULH'L GLYHUVRHVLWRVRQROHULVSRVWHFRPPRVVHH VROLGDOLGHOODJHQWHFRPXQH ,OFLQHPDSXzDLXWDUFLDVHQWLUHGLHVVHUH QRLTXHLUDJD]]LTXHLSDGULHTXHOOHGRQQH LQFLQWHFKHDI²GDQRODORURVSHUDQ]DDOPDUH ,PPHGHVLPDUVLSXzFRQWULEXLUHDXQDFXOWXUDGHOO¬DFFRJOLHQ]DH GHOO¬RVSLWDOLWjQHOODFRQVDSHYROH]]DFKHOHPLJUD]LRQLSRVVRQRHVVHUH JRYHUQDWHPDQRQLPSHGLWHPHQRFKHPHQRFRQLOSRSXOLVPR [HQRIRERRJOLLQVXOWL Con questo spiritoDEELDPRYROXWRHVVHUHSUHVHQWLDOO¬([SR0LODQR QHOO¬(GLFROD&DULWDV,QWHUQDWLRQDOLV§3DGLJOLRQH6DQWD6HGHFRQ XQDPRVWUDIRWRJUD²FDRUJDQL]]DWDLQFROODERUD]LRQHFRQLO&6&§ &LQHWHFD1D]LRQDOHHLOSDWURFLQLRGHOOD'LUH]LRQH*HQHUDOH&LQHPD 0L%$&7,QLPPDJLQLUDFFRQWLDPRLFDPELDPHQWLVRFLRHFRQRPLFL FKHGDO'RSRJXHUUDKDQQRIDWWRODVWRULDGHOQRVWUR3DHVH&KLDYH GLOHWWXUDqLOPDQJLDUHLQVLHPHPRPHQWRGLWUDVPLVVLRQHYDORULDOHH GLFRQIURQWRGLFRQGLYLVLRQHWUDJHQHUD]LRQLHFRQVROLGDPHQWRGHL UDSSRUWLDIIHWWLYL6Hnutrire il pianeta è compito nostroSRWUHPR WHQGHUYLVRORFRQVLGHUDQGRFLSDUWHFLSLGLXQDPHQVDLQFXLFLVLDVSD]LR GDYYHURSHUWXWWLFRQVLGHUDQGRFLSDUWHFLSLGLXQDPHQVDLQFXLFLVLD VSD]LRGDYYHURSHUWXWWL ,QL]LDWLYDUHDOL]]DWDFRQLOFRQWULEXWRGHOOD 'LUH]LRQH*HQHUDOH&LQHPD0LQLVWHURGHL %HQLHGHOOH$WWLYLWj&XOWXUDOLHGHO7XULVPR /DWHVWDWDIUXLVFHGHLFRQWULEXWLVWDWDOLGLUHWWL GLFXLDOODOHJJHDJRVWRQ maggio 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 5 SOMMARIO MAGGIO 2015 25 18 Glamorous 12 Brividi di genere 14 I segreti di Wayward Pines Nei misteriosi meandri del nuovo format seriale di M. Night Shyamalan. Con Matt Dillon 18 COVER STORY Il racconto di Garrone Intervista al regista di Tale of Tales. Che punta alla Palma d’Oro ma non ha dubbi: “La sala conta di più” CANNES, OMAGGIO ALLA BERGMAN 25 SPECIALE Cannes 68 14 46 Tris d’autore, viaggio in Italia. 28 I film in cartellone 35 La settima volta di Nanni Moretti 36 Roberto Minervini, cortocircuito americano 38 Paolo Sorrentino, quant’è bella Giovinezza… 40 Coen, messieurs i presidenti 42 Bergman privata 46 Centenario Orson Welles IN ONDA ANCHE DA NOI L’arte della menzogna al servizio della verità: da Quarto potere a F for Fake 18 50 Anna Kendrick A tu per tu con l’attrice canterina, pronta al ritorno in sala con il musical Pitch Perfect 2 54 Ritratti Furore, La parola ai giurati, Sfida infernale: Henry Fonda MATTEO GARRONE 54 IL RE DEI TRUCCHI 76 57,²OPGHOPHVH Recensioni, anteprime, colpi di fulmine 72 Dvd, Blu-ray & Serie Tv Whiplash e American Sniper. Sul piccolo schermo arriva l’idea di 50 Cent, Power HENRY FONDA IL CRIME DRAMA DI 50 CENT 78 Borsa del cinema 80 Libri 82 Colonne sonore maggio 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 7 Ultimissime dal pianeta cinema: news e tendenze glamorous DFXUDGL Gianluca Arnone FACCIAMO LORO LE SCARPE Sono belle, desiderate, sensuali e hanno piedi enormi: sono le insospettabili Bigfoot di Hollywood! Kate Winslet Angelina Jolie (39 anni) Altezza: 169 cm Piede: 43 e mezzo (39 anni) Altezza: 169 cm Piede: 40 Katie Holmes 8 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo maggio 2015 (36 anni) Altezza: 175 cm Piede: 43 Gwyneth Paltrow Sandra Bullock (42 anni) Altezza: 170 cm Piede: 43 (50 anni) Altezza: 168 cm Piede: 41 Elle Macpherson (51 anni) Altezza: 183 cm Piede: 44 Scarlett Johansson (30 anni) Altezza: 160 cm Piede: 41 Uma Thurman (45 anni) Altezza: 181 cm Piede: 43 e mezzo Cate Blanchett (46 anni) Altezza: 174 cm Piede: 40 maggio 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 9 glamorousNews Che succede in città? Eventi speciali, digitali, on stage e live: tutto quello che non puoi e non devi perdere Il cartellone Gli impressionisti Anime in grande Cartoon nipponici al cinema: si riparte da L’attacco dei giganti Direttamente dalla mostra kolossal dal Musée Du Luxembourg e Musée d’Orsay di Parigi, National Gallery di Londra e Philadelphia Museum of Art. 26 maggio in sala. Solo per due giorni, il 12 e 13 maggio, l’anime che ha sconvolto il Giappone, L’attacco dei giganti - Il Film: parte I. L’anime, tratto dall’acclamato manga di Hajime Isayama, ci trascina a Shiganshina. Per oltre cento anni, infatti, le alte mura che la circondano hanno difeso la cittadina da un pericolo che JOLDELWDQWLVLUL´XWDQRSHUVLQR di nominare. Toccherà al giovane e intrepido Eren scoprire quale. Dettagli sulla programmazione ed elenco delle sale su www.nexodigital.it. Rigoletto a Mantova Prodotto da Andrea Andermann, regia di Marco Bellocchio, Placido Domingo nei panni di Rigoletto. Dal melodramma di Giuseppe Verdi. In sala il 12 maggio. Faber in Sardegna Un viaggio nella Sardegna raccontata da Fabrizio De André attraverso le sue canzoni e il particolare rapporto che il maestro genovese aveva con l’isola. Dal 27 maggio. Il regno dei sogni e di follia %HUVHUNGDPDQJDD´OP Il celebrato fumetto di Miura in versione big screen Un viaggio affascinante e indimenticabile all’interno di uno dei laboratori di animazione più amati al mondo: lo Studio Ghibli. Il 25 e 26 maggio. Dior and I Documentario che rivela i segreti nell’atelier dell’alta moda Dior, dove ha debuttato nel 2012 Raf Simons come direttore artistico. Al cinema il 3 giugno. 10 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo maggio 2015 Prima di diventare una delle serie animate giapponesi più amate di sempre, Bersek è nato come spettacolare fumetto di Kentaro Miura. La sua visione di un medioevo oscuro affollato da spadaccini, mercenari, regni in lotta perpetua, demoni e oscure presenze ha fatto scuola. Dal manga arriva al cinema, come evento speciale: 19 e 20 maggio. brividi di genere I FESTIVAL DFXUDGLMassimo Monteleone Agenda del mese: ecco gli appuntamenti da non perdere DEL CINEMA 1 FESTIVAL AFRICANO, D’ASIA E AMERICA LATINA Località 0LODQR,WDOLD Periodo PDJJLR Tel. WebIHVWLYDOFLQHPDDIULFDQR RUJ Mail IHVWLYDO#FRHZHERUJ Resp.$OHVVDQGUD6SHFLDOH $QQDPDULD*DOORQH*DEULHOOD 5LJDPRQWL DEL CINEMA 2 FESTIVAL SPAGNOLO Località 5RPD0,ODQR,WDOLD Periodo PDJJLR Tel. WebFLQHPDVSDJQDRUJ Mail SUHVV#FLQHPDVSDJQDRUJ Resp.,ULV0DUWtQ3HUDOWD )HGHULFR6DUWRUL – FESTIVAL DE 3 FANT CINE FANTÁSTICO DE DEL TORO SCATENATO! Con il ritorno all’horror, il regista ha ritrovato l’antica vena creativa di Giuseppe Gariazzo D ²OPRJUD²D HFOHWWLFD GL *XLOOHUPRGHO7RURqWRUQD WDUHFHQWHPHQWHDOOHVXHRULJL QL,OFLQHDVWDPHVVLFDQRGRSR DOFXQL ODYRUL QHO VHJQR GHOOD IDQWDVFLHQ]D H GHO IDQWDV\ KD ULSUHVRDIUHTXHQWDUHLQPDQLH UDHVSOLFLWDO¬KRUURUJHQHUHFKH DYHYD JLj LQGDJDWR QHOOD VXD RSHUD G¬HVRUGLR Cronos HQHLVXFFHVVLYLMimicH La spina del diavolo ,O ULWRUQR GL GHO 7RUR DOO¬KRUURU qGRSSLR&RQODVHULHWHOHYLVL YDThe StrainDYYLDWDQHO LQRQGDLQ,WDOLDVX)R[HFRQ LO ²OP SHU LO FLQHPD Crimson L Peak QHOOH VDOH LWDOLDQH LO RWWREUH $OOD EDVH GL The Strain F¬q LO URPDQ]R La progenie VFULWWR GD GHO 7RUR H GDOOR VFULWWRUH VWDWXQLWHQVH &KXFN +RJDQ FKHVRQRDQFKHLFUHDWRULGHOOD VHULH SHU OD TXDOH LO UHJLVWD KD GLUHWWR O¬HSLVRGLR SLORWD Night Zero 8Q¬HQWLWj PDOH²FD FKH YLDJJLD LQ XQD EDUD SLHQD GL WHUUD UDJJLXQJH 1HZ <RUN D ERUGR GL XQ DHUHR 8Q HSLGH PLRORJR FHUFKHUj GL VFRSULUH LOPLVWHUR,QXQDDFFXUDWDULFR VWUX]LRQH GD VWXGLR VL DOWHUQD QR VFHQH GUDPPDWLFKH VSODW WHUJRWLFKHDELWDWHGDYDPSLUL IDQWDVPLPRUWLYLYHQWL Crimson PeakKDLQYHFHSHUVHW XQDGLPRUDFKH©UHVSLUDªH©UL FRUGDª'DOOD1HZ<RUNRGLHUQD GLThe StrainVLSDVVDDOODFDP SDJQD LQJOHVH GHOO¬2WWRFHQWR LQXQ²OPLQVFULWWRLQDWPRVIHUH JRWLFKH FKH HYRFDQR LQ²QLWH PHPRULHGLFLQHPDQHOGHVFUL YHUH LO YLDJJLR QHOO¬LQFXER GL XQDJLRYDQH0LD:DVLNRZVND TXDQGRVSRVDQGRLOSURSULHWD ULR7RP+LGGOHVWRQVLUHFDD YLYHUHQHOO¬DQWLFDYLOODIUHTXHQ WDWD SXUH GDOOD VRUHOOD GL OXL -HVVLFD&KDVWDLQ CRONOS LA SPINA DEL DIAVOLO (1993) (2001) Vampirismo e immortalità nell’esordio di del Toro. rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo DE CANNES 4 FESTIVAL Località &DQQHV)UDQFLD Periodo PDJJLR Tel. ULIHULPHQWRD3DULJL WebIHVWLYDOFDQQHVFRP Mail IHVWLYDO#IHVWLYDOFDQQHVIU Resp.3LHUUH/HVFXUH - SEATTLE 5 SIFF INTERNATIONAL FILM FESTIVAL Località 6HDWWOH:DVKLQJWRQ 86$ Periodo PDJJLRJLXJQR Tel. WebVLIIQHW Mail LQIR#VLIIQHW Resp.0DU\%DFDUHOOD FILM FESTIVAL 6 FUTURE FESTIVALINTERNAZIONALE DI CINEMA, ANIMAZIONE E NUOVE TECNOLOGIE Località %RORJQD,WDOLD Periodo PDJJLR Tel. WebIXWXUH²OPIHVWLYDORUJ Mail I²QIR#IXWXUH²OPIHVWLYDO RUJ Resp.*)DUD2VFDU&RVXOLFK DEL CINEMA 7 FESTA BULGARO Gli imperdibili 12 BILBAO Località %LOEDR6SDJQD Periodo PDJJLR Tel. WebIDQWELOEDRQHW Mail IDQW#IDQWELOEDRQHW Resp.-XVWR(]HQDUUR maggio 2015 Fantasmi e segreti in un RUIDQRWUR²R spagnolo. CRIMSON PEAK (2015) Del Toro gotico in una villa inglese maledetta. Località 5RPD,WDOLD Periodo PDJJLR Tel. WebIHVWDFLQHPDEXOJDURFRP Mail LVWEXOURPD#\DKRRLW Resp.<DQD-DNRYOHYD FESTIWAL 8 KRAKOWSKI FILMOWY Località &UDFRYLD3RORQLD Periodo PDJJLRJLXJQR Tel. WebNUDNRZ²OPIHVVWLYDOSO Mail LQIR#NIIFRPSO Resp..U]\V]WRI*LHUDW OGNI MALEDETTO NATALE IN DVD E BLU-RAY DISC DAL 14 MAGGIO www.01distribution.it M. Night Shyamalan gioca la carta del serial tv. E tenta di costruire una nuova Twin Peaks: con Matt Dillon, Melissa Leo, Juliette Lewis e Terrence Howard di Gianlorenzo Franzì WAYWARD 14 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo maggio 2015 in anche in Italia Dal 1 maggio iti n gli Stati Un co a e n ra o p m conte PINES maggio 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 15 fenomeni L YNCH GIOCA A TORNARE E AD ANDARE VIA dalla terza stagione di Twin Peaks dopo 25 anni: e quasi contemporaneamente un altro (ex?) grande regista si concede alla serialità per creare nuovi incubi e misteri per nascondere e trasfigurare i segreti che ci portiamo dentro. Infatti dal 14 maggio anche in Italia percorreremo insieme a M. Night Shyamalan (che ha dichiarato: “Il racconto televisivo penetra nelle nostre vite, influenza il modo in cui parliamo”) la strada verso Wayward Pines, cittadina dove si reca il detective Ethan Burke, che ha il volto di Matt Dillon, alla ricerca di due colleghi scomparsi. Ma un incidente d’auto lo farà risvegliare nell’ospedale di Wayward. D’ora in avanti, non riuscirà a mettersi in contatto con i suoi superiori né con sua moglie; che, parallelamente, riceverà dal capo dei servizi la notizia che Ethan è sparito ma che le indagini hanno evidenziato come non fosse a bordo della sua auto, uscita fuori strada nei pressi di Wayward Pines… Se è chiaro che le atmosfere e il plot sono direttamente riconducibili all’opera lynchiana, non si veda in questo un plagio: il serial, che avrà una prima stagione di dieci episodi e vedrà Shyamalan alla regia del primo e alla sceneggiatura e produzione dei restanti, approderà nel nostro paese – in contemporanea con gli States – su Fox ed è tratto dal romanzo Pines, di Blake Crouch, che si ispirava dichiaratamente al regista di Missoula e al suo capolavoro. Insieme ad un cast stellare (da Dillon a Melissa Leo, da Ju- liette Lewis fino a Carla Gugino, che vedremo anche in San Andreas), dentro c’è ovviamente dell’altro: a partire da Stephen King come seconda musa, perché direttamente dalle pagine di uno dei più grandi narratori moderni sembrano arrivare le nebbie fintamente soporifere della profonda America descritta dal Re del Brivido, quella suppurata nell’orrore quotidiano nascosto tra le pieghe della normalità; per finire, ovviamente e non per ultimo, Matt Dillon, qui e in apertura del servizio. Sopra il regista M. Night Shyamalan 16 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo maggio 2015 RIVOLUZIONI DA PICCOLO SCHERMO Ecco i due format che, più di altri, hanno cambiato per sempre le “regole” per i telespettatori PEYTON PLACE Cinque stagioni per un totale di 514 episodi: è del 1964 la madre di tutte le soap da prima serata che ha ammaliato David Lynch al punto da inserirla, sotto le mentite spoglie di “Appuntamento con l’amore”, all’interno delle tv guardate dai cittadini di Twin Peaks. Ciascun episodio si apre con la stessa immagine (un campanile che rintocca) e gli attori: basata, almeno in principio, sui romanzi della Metalious, con i suoi intrecci sentimentali e i suoi intrighi familiari ha dato la stura, in tv, alla narrativa seriale intesa nel senso moderno. proprio a Shyamalan, che tanto ha segnato il cinema moderno. Il suo Sesto senso ha praticamente creato un nuovo (sotto)genere cinematografico (quello dei film da leggere “a rovescio” ovvero ripartendo dal finale, con rivelazioni che aiutano a capire l’inizio), e probabilmente la sua creatività ha trovato il suo acme con The Village, vera e propria summa del terrore americano post 11 settembre, trattatello di psicologia sulla paura del diverso; poi si è perso, e fermato. Ebbene, forse con Wayward Pines potrebbe ritrovare nuove ispirazioni. La sua filmografia non è estranea al fascino del paranormale e del mistery, che lui declina in chiave filosofica collegando il Mistero con la sua cultura d’origine indiana: come in The Village (ma anche in Twin Peaks…), uno degli snodi narrativi è il Bosco, luogo misterico per eccellenza legato al “viaggio” e all’ingresso verso nuovi mondi. E così come nel Sesto senso, probabilmente anche in Wayward Pines i suoi personaggi affronteranno ogni avvenimento come se stessero affrontando il loro destino. Perché se accadono cose terribili sono sempre gli uomini a provocarle. E perché tutto è collegato a tutto. I SEGRETI DI TWIN PEAKS L’agente Dale Cooper arriva a Twin Peaks per investigare sull’omicidio di Laura Palmer, sollevando un velo di misteri e addirittura varchi per un regno Altrove. Lynch (insieme a Mark Frost) innesta tutto sul mondo onirico e gusto per un umorismo nerissimo, creando personaggi/totem e svelando, nel 1990, che la narrativa seriale in tv è (sarà) la nuova forma espressiva dell’era moderna, come e più del cinema. Due stagioni: la prima di 8 episodi, la seconda di 22, Lynch ha diretto 1x1/3, 2x1/2/7/22 Curiosità: l’episodio 2x15 è stato girato da Diane Keaton. Se accadono cose terribili sono sempre gli uomini a provocarle. Perché tutto è collegato a tutto maggio 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 17 COVER COVER STORY STORY MATTEO GARRONE NEL NOME DEL PUBBLICO “Cannes? Io voglio le sale piene”, dice il regista. Che gioca in Italia, ma senza le banche italiane, la sua sfida più grande: un fantasy da 12 milioni di euro con Salma Hayek e Vincent Cassel, Il racconto dei racconti di Federico Pontiggia 18 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo maggio 2015 Dalle lampade-manichino di Reality al poster di Gomorra: dentro lo studio di Matteo Garrone (a lato) maggio 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 19 A Alla ricerca del fantasy perduto. Una casetta piovuta dal cielo agli studi ex De Paolis sulla Tiburtina. A illuminarla due manichini in latex. Sul divano la felpa feticcio, quella rossa con le strisce bianche, un variopinto piumone Ikea sul letto, due assistenti al telefono e un Mac enorme: una formica, impavida, staziona sulla tastiera. E’ la terza volta che intervistiamo Matteo Garrone, e per la terza volta non troverà qualcosa che voleva farci vedere: ora è il turno dei Capricci di Goya. Eppure, Matteo è cambiato: prima di Gomorra, lo incontrammo nella sua casa a Piazza Vittorio, le grandi tele del superbo pittore che fu alle pareti, i vestiti per la Montée di Cannes in un angolo, e qualcosa da fare con Tomas Milian al telefono. Matteo era emozionato, avviluppato dall’attesa. La seconda volta, dopo il secondo Grand Prix vinto a Cannes con Reality, gli allori non avevano ancora dissipato la paura fottuta di essersi perso dopo il successo di Gomorra, dopo le tante proposte di replicare a soggetto negli Usa, dopo il progetto su Fabrizio Corona abbandonato per “la cronaca troppo invasiva”. Quella volta non ricordò una “frase cruciale” de La società dello spettacolo di Guy Debord, ma nella disperata ricerca saltò fuori uno dei suoi quadernetti zeppi di pensieri, intuizioni, mozzichi per film futuri. In stampatello con i puntini sulle i la copertina prometteva “Il racconto dei racconti”. Matteo lo liquidò con un “ci penso da tempo”, e tenne a precisare: “Non sono un intellettuale”. Poi, la telefonata con la compagna Nunzia, la scelta della carne per cena: tra petto di pollo e fettine da panare, la spuntò la tagliata. Oggi la carne rossa, e cruda, è nel piatto della regina Salma Hayek, e Il racconto dei racconti sta per finire sullo schermo. Matteo è “diventato grande”, ha dovuto finire di “andare libero per i campi”, smettere di mettersi in macchina lui stesso, girare in sequenza e fare un po’ (tanto) quel che gli pareva. Non era più possibile, non con 12 milioni di euro di budget, star di prima grandezza, dalla Hayek a Vincent Cassel, e qualcosa di inusitato per il cinemino che siamo diventati: il fantasy. Matteo, dov’eravamo rimasti? Reality. E’ andato male. Malissimo. E’ stato frainteso, è passato come un film sul Grande Fratello in ritardo sui tempi, mentre del GF non me ne fregava niente, era una sorta di MacGuffin per portare avanti altre cose, dalla 20 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo maggio 2015 Un film così da noi non è mai stato fatto. Ma è italiano A TUTTI GLI EFFETTI maggio 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 21 perdita di identità allo spettro illusorio del sogno. Viceversa, faceva più comodo a chi gestiva la comunicazione puntare sul GF danneggiando me e il film, perché chi ama il GF non va a vedere miei film e giustamente chi seguiva i miei film non ama il GF: ci sono andati solo i miei fedelissimi, li ringrazio. In più ho fatto io un errore terribile, madornale: ho sbagliato uscita. Archiviamo Reality. Mi sono avventurato in maniera spericolata su questo nuovo film. Complesso, con un grandissimo lavoro sugli effetti speciali: la componente di rischio è inevitabile, però mi eccita. L’ho costruito con Rai Cinema, Le Pacte per la Francia, Jeremy Thomas per l’Inghilterra, Eurimages, il Mibact, tax credit interno ed esterno: eravamo pronti. Però la Rai ti paga a due, tre anni e per il film hai bisogno di cash: nessuna banca in Italia voleva darmi il finanziamento. Perché? La mia società Archimede ha fatto solo piccoli film e Pranzo di Ferragosto: non sapevano come avrei restituito una somma così grossa. E’ pulita, Archimede, non ha mai avuto problemi, pensavo potesse essere un vantaggio, e invece no: non ho trovato in Italia nessuna banca disponibile, mi sono dovuto rivolgere alla Francia. Cofiloisirs conosceva il mio lavoro, han fatto una riunione, non ci ho dormito due notti aspettando il verdetto, ma alla fine mi hanno concesso il prestito. Mi avrebbe dato un fastidio immenso dovermi appoggiare a un produttore italiano: avevo costruito tutto io, ma lui si sarebbe preso parte del merito. Povera Italia, ma il film è italiano, sì? Una squadra di calcio italiana è italiana, anche se ha giocatori stranieri: qui il direttore della fotografia Peter Suschitzky è inglese, le musiche sono del francese Alexandre Desplat, ma la squadra è italiana, il film girato qui da noi. E per gli effetti speciali ho cercato di far tornare tutti i nostri connazionali di talento che lavorano all’estero: un film così da noi non è mai stato fatto. Dunque, è italiano a tutti gli effetti, con talenti stranieri per rinforzo, ma a differenza delle nostre squadre di calcio io non ho avuto le banche: non hanno creduto in me, mi vedevano troppo piccolo, il Sassuolo che vuole pigliare Messi. Invece avevi preso Giambattista Basile, il suo barocco e visionario Lo cunto de li cunti. Volevo esplorare nuovi generi, Basile l’ho sentito subito autore familiare, straordinario e ingiustamente poco conosciuto. I suoi racconti, a 22 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo maggio 2015 Qui e pagine precedenti, le immagini del nuovo film di Matteo Garrone, Il racconto dei racconti. A fianco, il regista nel suo studio e il poster di Reality parte l’originalità dei personaggi, hanno grande ricchezza visiva: per me che ho una formazione pittorica, una folgorazione. Come hai scelto le storie? E’ stato delicato, come già per Gomorra: anche in questo caso non escludo ulteriori sviluppi, una serie tv o un volume 2. La materia si presta, abbiamo già sceneggiato altri racconti, poi accantonati: si rischiava un film di tre ore. Che cosa le lega? Il femminile: c’è una ragazza che sogna di conoscere il mondo, l’amore ed evadere dal castello, una donna che non riesce ad avere figli, una vecchia che per ingannare un re erotomane si finge giovane… Che dire, Basile anticipa il lifting nel ‘600, preconizza la chirurgia estetica in maniera feroce. Hai convinto Salma Hayek, Vincent Cassel, John C. Reilly e Toby Jones. Io li ho scelti per la loro fisicità, loro hanno accettato per vari motivi: lo script, un progetto spiazzante, la possibilità di venire a girare in un paese bello come il nostro – Reilly si è innamorato della Sicilia. E, poi, i miei film precedenti hanno avuto attenzione dai festival: una gratificazione ulteriore. Non esistono solo Il signore degli Anelli e Lo Hobbit da un lato e Game of Thrones dall’altro: è questo che ci vuoi dire? Non è facile abbinare autorialità e fantasy, i grandi progetti si muovono su storie molto più convenzionali: questa è la sfida, ma al di là dell’originalità, che sia un film fuori dal comune deve funzionare in sala. Se comunica, trasmette, diverte, commuove, non annoia, intrattiene il pubblico, ne sarei molto contento: il film deve esser spettacolo, puntare su un mercato trasversale come Game of Thrones. In Italia arriva il 14 maggio, in Francia il 1° luglio: non so perché, mi auguro non sia un’uscita tardiva, sbagliata. Quali riferimenti hai avuto? Goya, Caravaggio, soprattutto Goya: i suoi Capricci li ho sempre avuti davanti agli occhi. Già, ma ora dove sono? (Rovista a più riprese tra bloc- chi, quaderni, archivi, mi mostra il tabellone con le foto degli attori che ha costruito per ogni storia) Come racconti? Le storie di Basile sono un mix di fantastico e realistico, che rispetto. Ma se nei miei film precedenti trasfiguravo il reale nel fantastico, qui accade il contrario: già in fase di sceneggiatura, abbiamo proceduto per sottrazione, cercato la credibilità, la sensazione che quelle cose stessero accadendo realmente. Qual è il segreto? I personaggi, da sempre ho una particolare attenzione per la loro umanità. In qualche modo, sono un umanista: racconto i loro mondi, le loro contraddizioni. Oggi la fiaba fa pensare subito ai Grimm, ma nel ‘600 erano racconti magici nati per intrattenere le corti. Sembri più maturo, Matteo, più consapevole. E’ la vecchiaia (ride). O, forse, il percorso lungo e travagliato di questo film. E’ accaduto qualcosa che non mi era mai successo prima: quando ho iniziato a montarlo, ho avuto la sensazione di aver fatto un disastro. Non riuscivo a riconoscere le immagini, soprattutto per gli effetti speciali: avevo tantissimi green, le immagini erano piene di luce, senza ombre. Per la prima volta, poi, non ho fatto la macchina da presa, e mi sembrava di non entrare nel film: rimanevo fuori, spaesato. Qualcosa è cambiato. Ho avuto meno margini di improvvisazione, un genere così complesso tecnicamente non li permette. Sebbene mi sia sempre lasciato la possibilità di vivere il set, fare entrare il viaggio nel film, qui è stato più difficile: sono stato abituato a girare in sequenza, ma attori dai cachet mostruosi come questi non li tieni fermi tre giorni… Compatti tutto, e mi son ritrovato a fare tutti gli interni in Toscana e tutti gli esterni in Sicilia, a girare l’ultima scena il primo giorno. Tutte cose per me completamente nuove, e per di più una lingua, l’inglese, non mia, con il rischio di non padroneggiare la direzione d’attori. Che temevi? Mi mancava qualcosa, non mi riconoscevo, temevo di aver fatto un film né personale né per il pubblico, ho attraversato momenti di grande depressione. Poi pian piano il materiale ha iniziato a farsi riconoscere, sono tornato a girare altre cose, poche rispetto ad altre volte, anche perché i soldi li avevo investiti tutti. Con una troupe più piccola e maggiore libertà, ho girato la scena dei due gemelli sott’acqua: quando l’ho finita, avevo un sorriso largo fino alle orecchie. “Questa qui la sento mia”, perché aveva quella componente di imprevedibilità che mi appartiene, mentre il set era troppo costruito. Come hai lavorato con il direttore della fotografia Peter Suschitzky, già collaboratore di Croneberg? La sua fotografia ha verità, ma insieme non è realistica: non eccede mai nel patinato, eppure senti la costruzione, l’artificio. Mi piace. Dagli effetti speciali alle scenografie, abbiamo scelto una strada molto sottile: i luoghi veri devono sembrare ricostruiti, come le Gole dell’Alcantara, viceversa, in studio abbiamo fatto di tutto per sembrare veri. Non fosse venuto a mancare, il film l’avrei fatto con Marco (Onorato): ho avuto molti conflitti con Peter durante le riprese, ma alla fine ci siamo riavvicinati. Sai, io ero abituato a correre libero per i campi (ride), qui mi sono costretto in strutture claustrofobiche, e ne soffrivo. Che ti aspetti dal festival di Cannes? E’ una grande occasione, spero venga accolto bene, io ho la coscienza a posto. Ma stavolta la cosa più importante non è Cannes, è la sala: le voglio piene. Strapiene. Mi sono buttato in maniera spericolata in questa nuova avventura. La componente di rischio È INEVITABILE maggio 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 23 Typewriter Edition Bret Easton Ellis, Los Angeles. T R I CO L OR E CAN NE S maggio 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 25 VIAGGIO IN Garrone, Moretti, Sorrentino: la prima volta di un tris d’autore. Che festival sarà? Sicuramente avvincente con tre big del nostro cinema per la prima volta tutti in concorso a Cannes, in programma dal 13 al 24 maggio. Era dagli anni novanta che nella competizione principale non figuravano tre italiani (quattro a essere precisi nel ’94: Moretti, Grimaldi, Tornatore e Mario Brenta). Matteo Garrone, Nanni Moretti, Paolo Sorrentino: fantasy, horror, elaborazione del lutto, vecchiaia, giovinezza. Opere lontane tra loro (schede pag. 29) e difficilmente accostabili. E una sorpresa: The Other Side (per noi Louisiana) di Roberto Minervini in Un Certain Regard. Durissimo, due capitoli che si parlano: “Louisiana” dove gli emarginati tentano di sopravvivere alla disperazione della vita quotidiana, amandosi e drogandosi con la stessa intensità. In “Texas”, invece, gruppi paramilitari ben organizzati si preparano a un futuro colpo di Stato: è l’America, bellezza. In mezzo alcuni film attesi, noi tifiamo per Carol di Todd Haynes, tratto dal toccante romanzo di Patricia Highsmith, ambientato negli anni ’50, che racconta la meraviglia del primo amore, il batticuore sfrenato del colpo di fulmine senza fronzoli e pregiudizi. Protagoniste Cate Blanchett e Rooney Mara. E per un fuoriclasse: Yorgos Lanthimos, già a Venezia 26 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo maggio 2015 Vincent Cassel nel Racconto dei racconti; sopra La giovinezza e sotto Margherita Buy in Mia madre ITALIA Attesa per Minervini in Un Certain Regard nel 2011 con Alps, torna sulla Croisette con The Lobster. L’aragosta del titolo si riferisce a un’eventuale reincarnazione, in un futuro prossimo in cui le persone da statuto non possono essere single. I “ribelli” o i solitari vengono obbligati a trovare un partner entro 45 giorni. Pena? L’animale preferito. Con Colin Farrell, Rachel Weisz, e Léa Seydoux, brava e molto cattiva, scommettiamo che ai presidenti Coen non dispiacerà affatto. In apertura La tete haute di Emmanuelle Bercot con Catherine Deneuve, scelta insolita del direttore Thierry Frémaux, che negli anni ha sempre prediletto gli americani o le grosse produzioni (Il Codice da Vinci, Il grande Gatsby, Grace di Monaco) e spara fuori concorso l’apocalittico Mad Max: Fury Road con le star Tom Hardy e Charlize Theron, il nuovo e cupo Woody Allen, Irrational Man, Inside Out di Pete Docter, Ronaldo Del Carmen, targato Pixar-Disney e Il Piccolo Principe animato. Più che interessante la selezione di Un Certain Regard, oltre al già citato Minervini, puntiamo sull’opera seconda di David Pablos, Las elegidas, storia shock di prostituzione minorile messicana. Da vedere il simpaticoThe Treasure di Corneliu Porumboiu e Journey to the Shore di Kiyoshi Kurosawa, dal romanzo di Kazumi Yumoto. DI MARINA SANNA Louisiana di Roberto Minervini. Sotto Sorrentino, Garrone e Moretti al centro maggio 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 27 I FILM DEL FESTIVAL MAPPAMONDO USA schede a cura di Gianluca Arnone Carol di Todd Haynes C Cate Blanchett e Rooney Mara protagoniste dell’adattamento del romanzo di Patricia Highsmith, ambientato nella New York degli anni ’50 e incentrato sulla commessa di un grande magazzino che s’infatua di una elegante signora. Sembra in filmgemello di Lontano dal Paradiso (2002): anche qui gli individui e le proprie pulsioni devono fare i conti con le censure sociali dell’America puritana. Habitué dei festival, Haynes si presenta per la seconda volta in concorso a Cannes dopo Velvet Goldmine (1998). Titolo sotto l’egida della Weinstein Co., che lo distribuirà negli States il prossimo autunno. 28 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo maggio 2015 Irrational Man di Woody Allen FC I FILM DEL FESTIVAL Si dice che il 45° film di Woody Allen sia tra i suoi più cupi, sulla falsariga di Match Point. Joaquin Phoenix è il professore di filosofia di un college di provincia che inizia una relazione con una delle sue allieve, Emma Stone. In America uscirà il 24 luglio con Sony Classics. Mad Max: Fury Road di George Miller FC Tom Hardy nel ruolo che fu di Mel Gibson in questo rimaneggiamento della saga post-apocalittica degli anni ’80. Un lavoro che ha richiesto una lunga gestazione e che porta nuovamente la firma di George Miller, autore del franchise originario. Nel cast Charlize Theron. Il film passerà a Cannes il 14 maggio, giorno in cui arriverà anche nelle sale italiane con Warner Bros. Sicario di Denis Villeneuve C Il regista candese è già stato tre volte a Cannes con Cosmos (1996, Quinzaine des Réalisateurs), August 32nd on Earth (1998, Un Certain Regard) e Polytechnique (2009, Quinzaine des Réalisateurs), ma mai in gara. Ci riesce finalmente con Sicario, crime-story con Emily Blunt, Benicio Del Toro, Josh Brolin e Jon Bernthal, sullo sfondo della guerra dei cartelli messicani della droga. Lionsgate lo farà uscire in America a settembre. Inside Out di P. Docter, R. Del Carmen FC Finora solo due film d’animazione hanno avuto il privilegio di gareggiare per la Palma d’Oro, Shrek e Shrek 2, entrambi della DreamWorks. Alla Pixar nel 2009 fu offerta l’apertura (fuori concorso) per Up. Ancora fuori concorso questa storia “fantasy” sulla vita emozionale di una ragazza. Negli States uscirà il 19 giugno. maggio 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 29 MAPPAMONDO USA I FILM DEL FESTIVAL The Sea of Trees di Gus Van Sant C Matthew McConaughey e Ken Watanabe interpretano due uomini che si incontrano per caso nella “Foresta dei Suicidi” in Giappone, dove entrambi si sono recati per porre fine alle loro vite. Nel cast anche Naomi Watts. Il film garantisce a Gus Van Sant il ritorno a Cannes, quattro anni dopo L’amore che resta (apertura di Un Certain Regard nel 2011). Il regista americano ha già vinto la Palma d’Oro con Elephant (2003) e il Premio Speciale del 60° con Paranoid Park (2007). Aveva gareggiato anche nel 2005 con Last Days (2005). MAPPAMONDO GRAN BRETAGNA Il Piccolo Principe di Mark Osborne FC Il nome di Osborne non è sconosciuto a Cannes, avendo co-diretto con John Stevenson Kung Fu Panda (fuori concorso nel 2008). Il suo secondo lavoro, adattamento del romanzo di Antoine de Saint-Exupéry, è il più costoso film d’animazione mai prodotto in Francia (80 milioni di dollari di budget), doppiato da Rachel McAdams, Marion Cotillard, Riley Osborne, James Franco, Mackenzie Foy, Jeff Bridges e Benicio Del Toro. Prodotto da Wild Bunch. Macbeth di Justin Kurzel C L’originale è inglese, la produzione scozzese, il regista australiano. Justin Kurzel, autore del magnifico Snowtown (menzione speciale alla Semaine de la Critique nel 2011), porta in concorso il settimo adattamento shakespeariano del Macbeth, con protagonisti Michael Fassbender e Marion Cotillard. Una versione sanguinosa e senza luce “della drammatica realtà del tempo e una fedele ricostruzione di quel che la guerra deve essere stata per il mondo di allora, un mondo dell’11° secolo” (Kurzel). Di proprietà della Weinstein Company. 30 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo maggio 2015 MAPPAMONDO ITALIA di Roberto Minervini UCR Perché questo film coraggioso sia finito nella sezione Un Certain Regard è mistero. Di certo c’è che Roberto Minervini, talento crescente del cinema italiano (all’estero), ha girato tra Louisiana e Texas, raccontando con forza inusuale le storie di emarginati e sovversivi. Un pugno nello stomaco. Il racconto dei racconti di Matteo Garrone Mia madre di Nanni Moretti C Alla sua terza collaborazione con Moretti, Margherita Buy impersona una filmmaker in crisi d’identità in una commedia amara, interpretata tra gli altri dallo stesso regista e da John Turturro. Oltre ad avere vinto la Palma d’Oro con La stanza del figlio (2001), Moretti ha gareggiato per la Palma altre cinque volte: con Ecce Bombo (1978); Caro diario (1994, Premio alla regia); Aprile (1998); Il caimano (2006); Habemus Papam (2011). C Due volte vincitore del Grand Prix di Cannes con Gomorra (2008) e Reality (2012), Garrone si cimenta per la prima volta con un film in lingua inglese e dalle atmosfere horror/fantasy, per questo adattamento pieno di effetti speciali di una raccolta di novelle del 17° secolo scritte da Giambattista Basile. Salma Hayek, Vincent Cassel e John C. Reilly nel cast. La giovinezza di Paolo Sorrentino C Secondo film in lingua inglese per Paolo Sorrentino, con Michael Caine nei panni di un direttore d’orchestra in pensione che riceve un invito per esibirsi davanti alla regina Elisabetta II e al principe Filippo. La giovinezza segna la sesta presenza di Sorrentino in concorso dopo Le conseguenze dell’amore (2004), L’amico di famiglia rivista del cinematografo (2006), il vincitore del premio della giuria Divo (2008), aprileIl2015 31 fondazione ente dello spettacolo This Must Be the Place (2011) e La grande bellezza (2013). I FILM DEL FESTIVAL Louisiana MAPPAMONDO FRANCIA Dheepan I FILM DEL FESTIVAL di Jacques Audiard C La tête haute di Emmanuelle Bercot Pochi registi come Jacques Audiard sono oggi altrettanto capaci di scavare nel ventre molle di Parigi. L’autore de il profeta (Grand Prix nel 2009) s’ispira stavolta alle Lettere Persiane di Montesquieu e racconta la storia di un combattente Tamil (Vincent Rottiers) accolto in Francia come rifugiato politico. Il film è di proprietà Wild Bunch. FC Seconda regista donna della storia ad aprire il Festival di Cannes (e non “prima” come precedentemente annunciato dal Festival). Il film, interpretato tra gli altri da Catherine Deneuve, Benoît Magimel e Sara Forestier, racconta la storia di un giovane delinquente, Malony (Rod Paradot), e il suo passaggio dall’infanzia all’età adulta. La loi du marché di Stéphane Brizé Dopo la loro fruttuosa collaborazione in Mademoiselle Chambon (2009) e Quelques heures de printemps (2012), Brizé e l’attore Vincent Lindon si ritrovano per la terza volta in questo dramma su un cinquantenne che inizia a lavorare nella security di un supermercato, impiego che lo costringerà ad affrontare un complicato dilemma morale. Il film segna la prima volta di Brizé in competizione. Marguerite et Julien di Valérie Donzelli C Scritto dalla Donzelli e dal sodale Jérémie Elkaïm, questo racconto di un amore incestuoso tra una sorella e un fratello (Marguerite interpretata da Anaïs Demoustier e Julien da Jérémie Elkaïm) è basato su una sceneggiatura del 1971 firmata da Jean Gruault, che avrebbe dovuto essere diretta da François Truffaut. rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo aprile 2015 C Mon roi di Maïwenn C Regista e attrice, Maïwenn aveva ottenuto il premio della giuria di Cannes nel corale Polisse (2011). Torna in gara con il suo quarto lungometraggio, protagonista una donna che cerca di riprendersi da una storia d’amore devastante. Gli interpreti sono Emmanuelle Bercot (regista di La Tête haute) e Vincent Cassel. MAPPAMONDO ASIA The Assassin Mountains May Depart di Jia Zhang-Ke C L’epica delle arti marziali nel primo film del regista taiwanese dai tempi di Le voyage du ballon rouge, apertura di Un Certain Regard nel 2007. Già sei volte in competizione con The Puppetmaster (1993, Premio della giuria), Good Men, Good Women (1995), Goodbye, South, Goodbye (1996), Flowers of Shanghai (1998), Millennium Mambo (2001) e Three Times (2005). Journey to the Shore di Kiyoshi Kurosawa Il primo film di Jia Zhang-Ke girato fuori dalla Cina è un dramma che si dipana tra diverse generazioni, secondo tre distinti periodi storici: il 1990, il presente e il 2025. Quarta partecipazione del filmmaker cinese alla competizione di Cannes dopo Unknown Pleasures (2002), 24 City (2008) e Il tocco del peccato (2013), che aveva ottenuto il premio alla sceneggiatura. Il documentario I Wish I Knew (2010) era stato selezionato invece per Un Certain Regard. Our Little Sister di Hirozaku Kore-eda C I FILM DEL FESTIVAL di Hou Hsiao-hsien C Un cast di grandi attrici, composto da Masami Nagasawa, Haruka Ayase e Suzu Hirose, per un adattamento della popolare serie a fumetti di Akimi Yoshida, incentrata su quattro sorelle. Due anni fa Kore-eda vinse il premio della giuria e quello ecumenico per Father and Son, ed era già stato in competizione con Nobody Knows (2004) e Distance (2001). Nel 2009 partecipò con Air Doll in Un Certain Regard. UCR Adattamento del romanzo di Kazumi Yumoto, con protagonista Eri Fukatsu nei panni di una donna il cui marito torna tre anni dopo la sua sparizione. Kiyoshi Kurosawa manca da Cannes dal 2008, quando in Un Certain Regard portò Tokyo Sonata (2008). In competizione andò con Bright Future (2003). 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 33 MAPPAMONDO GRECIA - UNGHERIA - NORVEGIA I FILM DEL FESTIVAL Son of Saul di László Nemes C L’unica opera prima in concorso la firma László Nemes, figlio del regista ungherese András Jeles e collaboratore di lunga data del maestro Béla Tarr. La storia è ambientata nel 1944 e incentrata su un recluso nel campo di concentramento di Auschwitz, costretto a bruciare i cadaveri dei suoi compagni di prigionia. Proverà a salvare almeno quello di un ragazzo che aveva messo sotto la sua ala protettrice. The Lobster di Yorgos Lanthimos C Lanthimos ha vinto Un Certain Regard nel 2009 con Dogtooth e si è presentato in gara a Venezia nel 2011 con Alps. Stavolta punta la Palma d’Oro con una love story ambientata in un futuro distopico dove le persone vengono arrestate e forzate a trovare un partner entro 45 giorni. Colin Farrell, Rachel Weisz, Ben Whishaw, Olivia Colman, Léa Seydoux e John C. Reilly le star di questa co-produzione a maggioranza irlandese. Louder Than Bombs di Joachim Trier C Trier era stato in precedenza in Un Certain Regard con Oslo, August 31st (2011), e ci torna con questo dramma sui segreti di una fotoreporter di guerra, portati alla luce tre anni dopo la sua morte in un incidente d’auto. Con Isabelle Huppert, Gabriel Byrne e Jesse Eisenberg. 34 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo maggio 2015 “Da Cannes accetto qualsiasi cosa”: parola di Nanni Moretti, in gara con Mia madre. Un altro “lutto” da Palma? LA SETTIMA VOLTA DI VALERIO SAMMARCO “Da Cannes accetto qualsiasi cosa”. Nanni Moretti rispondeva così, con molta classe – durante la presentazione italiana di Mia madre – a chi gli chiedeva come l’avrebbe presa se il Festival diretto da Thierry Frémaux lo avesse ospitato in una sezione che non fosse quella del concorso. Naturalmente il caro Nanni (dal 1977 a oggi, non solo come regista, questa sarà la sua quindicesima volta a Cannes) già sapeva che, per la settima volta (tra gli italiani solamente De Sica, Germi, Scola e Ferreri ci sono riusciti otto volte), un suo film avrebbe concorso per la Palma d’Oro. Riconoscimento che manca all’Italia proprio dal 2001, quando Moretti la vinse con La stanza del figlio. “Quello era un film che nasceva da alcune mie paure, da certi fantasmi…”, spiega il regista che, questa volta, con Mia madre ha messo in scena un’altra riflessione sul lutto. Mossa dalla perdita della mamma, Agata Apicella, avvenuta durante le fasi di montaggio di Habemus Papam: “Credo che per tutti sia un passaggio importante della vita. Volevo raccontare questo momento, ma senza sadismo nei confronti dello spettatore”, dice ancora Moretti, che nel film si mette quasi da parte. È il fratello (sorta di coscienza-ombra) della protagonista, Margherita Buy, regista alle prese con un nuovo film e con un periodo di transizione. Alter ego (quasi) dichiarato di Moretti, l’attrice incarna quel “senso di inadeguatezza” che lo stesso Michel Piccoli dichiarava sul soglio pontificio: “Il senso del disagio lo conosco molto bene. Tanti anni fa pensavo che col passare del tempo si diventasse più capaci e invece più il tempo passa più avviene il contrario”, ammette Moretti, che non nasconde infine la difficoltà di portare sullo schermo una storia così personale: “Penso che quando si realizza un film si fa un film e basta. Anche se l’argomento è molto forte, alla fine credo che il tema non ti investa. Credo tutte queste cose, ma non sono d’accordo”. aprile 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 35 CORTOCIRCUITO “È un paese terrorizzato, quasi pietrificato”, dice Roberto Minervini. Che porta il potentissimo Louisiana in Un Certain Regard DI MARINA SANNA 36 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo maggio 2015 Al quarto film Roberto Minervini, italiano di Monte Urano che vive a Houston, ha confermato il talento che s’intuiva sin dall’esordio con The Passage. Primo capitolo di una trilogia texana, chiusasi con Stop the Pounding Heart, che l’ha fatto conoscere e apprezzare dal pubblico più attento. In Louisiana, in concorso in Un Certain Regard, racconta i “white poor”, i poveri bianchi, quasi tutti disoccupati o tossicodipendenti, e poi si allunga in Texas, dove la realtà è fatta anche di gruppi eversivi paramilitari. “L’idea – dice – è nata dalla mia volontà di addentrarmi nei meandri dell’America in “cortocircuito”, dove la comunicazione tra opi- nione pubblica e istituzioni si è interrotta da anni”. A chi ti riferisci? A quella fascia di stati centrali che tagliano l’America in due, dal Nord Dakota, fino alla Louisiana e al Texas. Sentivo la necessità di svolgere un lavoro politicamente rilevante e scorretto, al tempo stesso. Ho voluto dar voce a quelle “persone contro”, agli “altri” (di qui il titolo internazionale, The Other Side), agli arrabbiati, agli impauriti. La paura è la matrice della violenza: penso che l’America di oggi sia un paese terrorizzato, quasi pietrificato. Il tuo modo di esplorare i chiaroscuri della nostra epoca travalica la na- AMERICANO tura del documentario. Qual è la tua sensibilità? Non sono un documentarista puro e non ho mai sognato di esserlo. La fiction - o meglio il processo produttivo proprio di un film di finzione m’interessa poco. Il mio modo di fare cinema si basa su un linguaggio spontaneo e primordiale. È molto personale, tanto che faccio fatica a descriverlo usando le parole. Credo che io e i miei collaboratori più stretti siamo dotati di una “sensibilità collettiva”, che ci permette di lavorare in modo istintivo, senza preoccuparci dei canoni del cinema documentario e di finzione, che riguardano più il prodotto finito (il film), piut- tosto che la materia prima (il girato). Anche in questo caso hai lavorato a stretto contatto con le comunità locali, raccontando storie estreme senza ricorrere alla fiction. Come hai fatto? Non ho paura di andare a toccare con mano situazioni anche pericolose. Mi rendo conto che lavorare in questo modo non fa per tutti. Difatti, di artisti che rischierebbero la pelle sono rimasti pochi, e nessuno di loro lavora nel cinema. Io però mi sono formato con gente che ha vissuto l’arte come militanza. Ecco, penso che i soggetti dei miei film si fidino di me proprio per il mio coraggio. Perché il coraggio non si finge. maggio 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 37 FOTO: PIETRO COCCIA 38 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo maggio 2015 QUANT’È BELLA GIOVINEZZA DI VALERIO SAMMARCO Era il 2004. E per la prima volta che pensa sarà il suo ultimo film imporPaolo Sorrentino gareggiava per tante. Tra saune, bagni turchi, palestre la Palma d’Oro. Con Le conseguenze e massaggi al centro benessere dell’aldell’amore. Da quel momento ogni film bergo immerso nelle montagne, si ridel regista de L’uomo in più è stato se- flette e si consuma il passare del temlezionato, in concorso, dal Festival di po, tema chiave del film di Sorrentino Cannes: il riconoscimento più alto otte- che per la seconda volta lavora e gira nuto finora è stato il premio della giuria in inglese dopo This Must Be the Place. per Il Divo (2008), la delusione più L’avanzare dell’età e, in parallelo, lo grande (crediamo) l’assenza nel palma- sguardo su esistenze ancora non prosres due anni fa con La grande bellezza, sime alla fine: Fred e Mick sanno che il qualche mese più tardi trionfatore ai loro futuro si sta velocemente esaurendo e decidono di affrontarlo insieme, Golden Globes e agli Oscar. Con La giovinezza, undici anni dopo la guardando con tenerezza alla vita conprima volta, Paolo Sorrentino torna a fusa dei propri figli, all’entusiasmo dei Cannes. Come allora, con un film am- giovani collaboratori, agli altri ospiti bientato in un albergo: lì eravamo mes- dell’albergo. si a tu per tu con l’ambigua solitudine Dopo La grande bellezza, Paolo Sordi Titta Di Girolamo (Toni Servillo), qui rentino si allontana dal magma maeci ritroviamo (sempre in Svizzera, ma stoso di Roma per circoscrivere in un sulle Alpi) al cospetto di Fred e Mick, nuovo (lussuoso) non-luogo i luoghi entrambi vicini agli 80 anni. Il primo dell’anima. Sono bastati i 58 secondi (Michael Caine) è un compositore e di- del teaser trailer per comprendere corettore d’orchestra in pensione, il secondo Una scena de La giovinezza. (Harvey Keitel) un regiIn apertura Paolo Sorrentino sta ancora in attività: Fred potrebbe però tornare sulle scene, invitato dalla Regina Elisabetta che lo vorrebbe in concerto a Buckingham Palace, mentre Mick sta finendo di scrivere quello me La giovinezza sia l’ennesimo, nuovo, identico e al tempo stesso differente film del regista de L’uomo in più e Il Divo, ormai un amico di famiglia così prevedibile ma ogni volta sorprendente. Prevedibile per quello che riguarda la capacità di costruire geometrie su atmosfere rarefatte e sospese, sorprendente nel sapervi calare storie inaspettate e personaggi iconici. È così dal 2001, ormai, da quell’Uomo in più in cui l’inconsueto “doppio” Antonio/Tony Pisapia riuscì a imporsi in un immaginario che, da lì a poco, sarebbe divenuto sempre più “collettivo”. Sì, perché ammiratori o detrattori, il “cinema di Sorrentino” riesce nella non facile impresa di far parlare sempre di sé: sarà stato l’Oscar da poco vinto, sicuramente, ma quale altro film dei nostri tempi ha saputo raccogliere al suo passaggio televisivo così tanti spettatori e così tante discussioni – pro e contro – sui social network? Quello che è mancato, finora, è stata la netta affermazione (eccetto il premio della giuria al Divo) al Festival di Cannes: sarà la volta buona? “Quant’è bella Giovinezza, che si fugge tuttavia! Chi vuol esser lieto, sia: di doman non c’è certezza”… [cit.]. Ancora la Svizzera, ancora un albergo: le conseguenze di Paolo Sorrentino, con Michael Caine e Harvey Keitel. Lontano da Roma, vicino ai non-luoghi dell’anima maggio 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 39 Al Festival di Cannes i fratelli Coen devono tutto. O, per lo meno, una Palma d’Oro (Barton Fink – È successo a Hollywood, 1991), tre premi per la miglior sceneggiatura (Fargo, 1996 e L’uomo che non c’era, 2001, oltre al già citato B arton Fink), il Grand Prix Speciale della Giuria (A proposito di Davis, 2013) e l’esordio in grande stile di Arizona Junior (1987), Mister Hula Hoop (1994), Fratello, dove sei? (2000), Ladykillers (2004) e Non è un paese per vecchi (2007, che iniziò proprio lì la sua corsa trionfale verso gli Oscar), senza contare i film collettivi Paris, je t’aime (2006) e Chacun son cinéma (2007). Va sottolineato che, nell’ambito dei festival europei, loro sono stati sempre fedeli alla Croisette, tradendola solo due volte per Berlino (Il grande Lebowski, 1998) e Venezia (Burn After Reading – A prova di spia, 2008). Ecco perché era ormai questione di tempo prima che il Comitato Direttivo di Cannes facesse uno strappo alla regola e affidasse il ruolo di Presidente di Giuria non a una sola persona, ma a due, così uguali e MESSIEURS I PRESIDENTI Chi vincerà? Quest’anno chiedetelo al “regista a due teste”: Joel ed Ethan Coen, a giudizio sulla Croisette DI ANGELA BOSETTO 40 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo maggio 2015 party che animano la kermesse… “Cannes” continuano i Coen “è un festival che, fin dall’inizio della nostra carriera, ha sempre giocato un ruolo importante per noi. Ed essere Presidenti della Giuria quest’anno è ben più di un onore, dal momento che” aggiungono con una punta della loro caustica ironia “non siamo mai stati presidenti di alcunché”. Chissà se saranno democratici o autoritari, se sfileranno sul tappeto rosso da soli o al braccio delle mogli (l’attrice Frances McDormand e la montatrice Tricia Cooke, che esordirono rispettivamente in Blood Simple – Sangue facile, 1984, e Crocevia della morte, 1990), come fecero in occasione della première di Fargo, se saranno nerovestiti in memoria dei vecchi tempi o faranno qualche concessione al colore, se rimarranno se stessi o si scambieranno a sorpresa i ruoli di “quello imperturbabile” e “quello che ride” (immaginarsi Ethan serio è facile, Joel che sghignazza proprio no). Di sicuro vogliono godersi il Festival, purché durante le proiezioni nessuno si azzardi a piangere singhiozzando: non c’è cosa che odino di più. distinte da essere soprannominate “il regista a due teste”: Joel ed Ethan Coen. D’altra parte, è stato proprio in occasione del debutto di Ladykillers che i fratelli hanno abbandonato la formula semplificatrice che li vedeva uniti esclusivamente come sceneggiatori, identificando in Ethan il produttore e in Joel il regista, quando non solo scrivono, ma dirigono, producono ed editano tutto insieme. Il fatto che al montaggio continuino ad accreditarsi come Roderick Jaynes resta un vezzo autoriale: lo sanno pure i sassi che dietro a quello pseudonimo ci sono loro. Naturalmente i fratelli si sono detti onorati del prestigioso incarico, affermando: “Siamo orgogliosi che ci venga offerta soprattutto l’opportunità di vedere dei film provenienti da tutto il mondo”. Riservati e schivi come sono, era alquanto improbabile che avessero accettato solo per poter folleggiare ai Javier Bardem in Non è un paese per vecchi, in concorso a Cannes 60. Sopra i fratelli Coen maggio 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 41 Nel 1993 divise il poster di Cannes con Cary Grant, ora troneggia in solitaria: vita, opere ed eredità del mito Ingrid DI ANGELA BOSETTO BERGMAN PRIVATA Qui in Angoscia di George Cukor. A fianco, in tutto il suo splendore: Ingrid Bergman. 42 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo maggio 2015 È la seconda volta che il suo volto campeggia sul manifesto ufficiale del Festival di Cannes. Tuttavia, se nel 1993 divideva lo spazio con Cary Grant, troppo occupata a scambiare con lui uno dei languidi baci di Notorious per curarsi di chi la stesse osservando, oggi Ingrid Bergman sorride unica e radiosa a una rassegna che le renderà omaggio, nel centenario della nascita, sia come diva, sia come donna grazie al documentario di Stig Björkman Ingrid Bergman, in Her Own Words (in programma nella sezione Cannes Classics). Non è un caso che a catturarla in quell’istante sia stato il grande David “Chim” Seymour, l’unico fotografo che ebbe il permesso di ritrarla diverse volte a Roma nei panni non di attrice, ma di madre di Robertino, Isotta e Isabella, i figli avuti dal matrimonio con Roberto Rossellini. Già per questo si potrebbe dire che Seymour fosse assai legato al privato della Bergman. Eppure le coincidenze non si fermano qui. Chim è stato anche grande amico di un altro uomo che Ingrid amò, forse per meno tempo dei tre mariti ufficiali, certo non con minore intensità: il leggendario Robert Capa, il reporter di guerra vagabondo, il quale, pur di starle vicino, si accreditò come semplice fotografo da set in Notorious e la seguì a Hollywood, salvo dirle addio pochi mesi dopo, incapace di mettere radici. E sempre Chim, nel 1956, riprese a Cannes il crepuscolo mondano della relazione fra la Bergman e Rossellini, immortalandoli in uno dei loro ultimi momenti di pubblica serenità coniugale, mentre lui le sistema la cerniera dell’abito in camera prima di scendere e presenziare al Festival. Dopo la separazione, la Bergman, che era già stata a Cannes in un paio di occasioni (nel 1946 per la doppietta Angoscia-Notorious e nel 1953 per presentare la versione doppiata in inglese di Europa ’51), partecipò al Concorso altre due volte (con Le piace Brahms?, 1961 e La vendetta della signora, 1964) e nel 1973 venne scelta come Presidente di Giuria. Arrivò al Festival accompagnata maggio 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 43 dal figlio Robertino e si oppose all’idea di assegnare la Palma d’Oro a La grande abbuffata, ritenendolo “osceno e di pessimo gusto”. I critici si interrogarono su come potesse essere rimasta schifata dalla pellicola una donna così mentalmente aperta che al primo marito Petter Lindström aveva detto, poco dopo le nozze: “Sai una cosa, caro? Mi piacerebbe fare all’amore con almeno un uomo per ogni razza.” Invece tale reazione aveva una logica ferrea: Ingrid credeva nella sublime bellezza del cinema, si identificava con gli spettatori della propria epoca e le trasgressioni adat- Credeva nella sublime bellezza, nella trasgressione rarefatta di Eustache, e non di Ferreri te a lei non erano quelle eccessive e fisiologiche di Marco Ferreri, bensì quelle intellettuali e rarefatte di Jean Eustache, al quale fece avere il Grand Prix Speciale della Giuria per La maman et la putain. La figlia Isabella Rossellini, invece, davanti alle sfide, anche trasgressive, non si è mai tirata indietro (con sommo orrore di Gian Luigi Rondi, che impedì a Velluto blu di partecipare alla Mostra di Venezia nel 1986, considerandolo “un’offesa alla memoria dei genitori, specie a quella di Ingrid”) e quest’an- Comunque (Isa)bella L‘attrice e regista Isabella Rossellini è la Presidente di Giuria di Un Certain Regard. Figlia dell’ italiano Roberto Rossellini e della svedese Ingrid Bergman, ha esordito con Il prato dei fratelli Taviani (1979), e poi la sua carriera è decollata con Il sole a mezzanotte di Taylor Hackford (1985), I duri non ballano di Norman Mailer (1987), Oci ciornie (1987) di Nikita Mikhalkov, Velluto blu (1986) e Cuore selvaggio (1990) di David Lynch. Dopo ruoli in film e tv sia in America che in Italia, è tornata al cinema d’autore con Fratelli di Abel Ferrara (1996) e Two Lovers di James Gray (2008), mentre nel 2010 è apparsa ne La solitudine dei numeri primi di Saverio Costanzo. Nel 2008, accogliendo la richiesta di Robert Redford, ha diretto una miniserie sulla riproduzione, le tecniche di seduzione e il comportamento materno degli animali: Green Porno, Seduce me e Mammas – tutti prodotti da SundanceTV – hanno rivelato i suoi irresistibili talenti comico e umorismo. F.P. 44 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo maggio 2015 no sarà lei a presiedere la giuria della sezione Un Certain Regard. Non sappiamo se Isabella premierà un film che sarebbe piaciuto anche alla madre, ma ciò che ha intenzione di fare per celebrarne il centenario sì. Oltre a presen- tare il documentario di Björkman, la Rossellini coglierà l’opportunità offertale dalla Croisette per lanciare l’Ingrid Bergman Tribute, uno spettacolo diretto da Guido Torlonia e Ludovica Damiani, destinato ad alcuni dei principali teatri del mondo, basato sia sull’autobiografia della diva (Ingrid Bergman. La mia storia, 1981), sia sulla corrispondenza con Roberto Rossellini. È giusto così: al di là del crepitio delle pellicole e dei flash, Cannes per la Bergman è sempre stato una questione (anche) privata. DAL 7 MAGGIO AL CINEMA PER VISUALIZZARE I CONTENUTI EXTRA DEL FILM SCARICA L’APP DI AR-CODE E INQUADRA L’IMMAGINE trucchi da maestro Cento anni fa nasceva Orson Welles, il “ciarlatano” del cinema. Da Quarto potere a F for Fake la sua arte della menzogna al servizio della verità di Gianluca Arnone LA BELLEZZA DELL’INGANNO 46 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo maggio 2015 I L MENTITORE CHE DICE DI mentire, mente o dice la verità? Chi conosce il paradosso di Epimenide sa bene che l’enunciato è senza soluzione, sebbene costituisca un appassionante rompicapo per la logica, sul quale si sono esercitate generazioni di filosofi. Il caso di Orson Welles non è poi tanto diverso. Chi cercasse nelle opere, negli scritti e nelle dichiarazioni che questo signore si è lasciato dietro il grimaldello per l’enigma, troverebbe solo una chiave che apre una porta dietro la quale di nasconde un’altra porta. Una chiave come quella mostrata in dettaglio in F for Fake, di cui Welles medesimo dice: “Questa chiave non vuole essere simbolo di niente”. Eppure continuiamo a cercarla. A cent’anni dalla nascita (6 maggio 1915 a Kenosha) di uno dei più grandi registi americani di sempre, ci sono scatole che devono ancora essere aperte. Come quelle del mago che non abbia ancora finito il suo spettacolo. L’incanto di Welles, la malia che ci tiene avvinghiati al suo cinema come al canto della sirena, non è sortilegio, ma rinnovato stupore per la performance di cui è capace, l’inganno ben riuscito. Non è un mago, come pure è stato più volte soprannominato, ma un attore che interpreta la parte del mago. Di quanti trucchi è lastricata la sua strada, personale e professionale! L’ultimo in ordine di tempo è il ritrovamento di un film che si riteneva perduto, Too Much Johnson, rinvenuto in un magazzino di Pordenone nell’estate del 2008. Welles aveva sempre sostenuto che quel lavoro, il primo per il cinema, datato 1938, era andato distrutto nell’incendio che aveva colpito la sua Villa di Madrid insieme al Don Quixote. Ora, alla luce di questo sorprendente rinvenimento, c’è chi Una vita e un’opera lastricata di magie. L’ultima? Il rinvenimento a Pordenone di Too Much Johnson, il suo primo film Rita Hayworth, bionda come non mai per La signora di Shanghai (1947) maggio 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 47 trucchi da maestro Orson Welles in Quarto potere. Sotto Joseph Cotten in Too Much Johnson dubita che quest’incendio sia mai realmente avvenuto. D’altra parte, nel documentario Orson Welles: The One-Man Band (1995), Oja Kodar, ultima compagna del regista, afferma come l’uomo amasse inventare storie: “Un incendio si dice che abbia distrutto la sua casa in Spagna (…). Ma la sua casa è ancora in piedi, intatta, a Madrid. I fatti non possono essere separati dalla finzione”. Se non fosse mitico, Welles sarebbe un mitomane. La verità, nel suo caso, ha sempre una doppia faccia, è la verità del prestigiatore. A soli 25 anni gli era stato attribuito il più bel film della storia del cinema, Quarto potere. Circostanza ancora più sbalorditiva: si credeva il vero esordio di Welles, lesto dal canto suo Perlustrare il suo lavoro significa perdersi in un borgesiano giardino dei sentieri che si biforcano 48 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo maggio 2015 a dichiarare il proprio digiuno alla tavola del cinema. Una leggenda che Too Much Johnson avrebbe facilmente smascherato. Chi ha avuto modo di assistere alla prima di Pordenone dell’8 ottobre 2013 (e chi avrà forse la fortuna di rivederlo proiettato alla prossima Mostra di Venezia) ne ha potuto ammirare le inquadrature insolite, la profondità di campo, il montaggio avant-garde, una padronanza dei mezzi e una consapevolezza estetica che sarebbero definitivamente maturate (con l’aiuto del direttore della fotografia Gregg Toland) tre anni più tardi in Quarto potere. Too Much Johnson è l’unica slapstick comedy wellesiana, genere che non pareva rientrare nel suo ventaglio espressivo, ed è anche il solo film muto, seppure girato nel ’38, ovvero in piena età dell’oro del sonoro (Welles non amava le mode hollywoodiane già allora). È anche l’anello mancante, perché si ricongiunge idealmente all’ultimo, F for Fake – dove esordiva definendosi “un ciarlatano” – e disegna una parabola perfetta, il compiuto destino di uno splendido bugiardo. In mezzo ci sarebbero state le invasioni marziane via radio, il rebus Foster Kane, le ombre dal passato di Arkadin, i tradimenti della Signora di Shanghai, gli inganni di Quinlan, i falsari del mondo dell’arte, gli artisti, i più bugiardi di tutti. Opacità voluta, raddoppiata sul piano visivo dove il grandangolo distorce, la plongée schiaccia, il primo piano deforma, il make-up maschera, il piano sequenza sovrappone prospettive diverse all’interno dello stesso quadro. Abitare il suo cinema significa inoltrarsi nella stanza degli I CAPOLAVORI specchi de La signora di Shanghai, in un borgesiano giardino dei sentieri che si biforcano. L’apoteosi è naturalmente F for Fake, mockumentary ante litteram, vertiginoso gioco di traslitterazioni espressive e semantiche, mosaico eterogeneo di tessere polivalenti, dove tutto magicamente si incastra pur non combaciando: parti originali e non originali, persone vere e personaggi inventati, autenticazioni e contraffazioni, scampoli di verità e altri inganni. Welles spinge l’arte della menzogna là dove non c’è ritorno, liquidando una volta per tutte l’annosa questione del referente e dell’originale in luogo di possibile per l’arte: la bellezza. Ecco perché la mancanza di autenticità di un’opera (il tema del falso e del plagio sotteso non solo a F for Fake) non ne inficia il godimento. Come avrebbe scritto Deleuze, Welles sceglie “l’affetto come valutazione immanente al posto del giudizio come valore trascendente”. Quella verità che non può essere raggiunta, trovata né riprodotta, dall’arte deve essere creata. In una scena di F for Fake, girata all’esterno della cattedrale di Chartres, tra gli alberi spogli e le statue, il regista si avventura in un bellissimo monologo sull’illusione che non svanisce, che sopravvive all’illusionista. Forse il suo La signora di Shanghai, Falstaff e gli altri: 5 imperdibili di Orson Welles QUARTO POTERE Opera capitale della storia del cinema, concentrato di riflessioni alte, soluzioni narrative ardite e innovazioni stilistiche senza precedenti. Imprescindibile. LA SIGNORA DI SHANGHAI Uno dei noir più acidi di (e su) Hollywood: l’icona Rita Hayworth distrutta e trasformata in algida dark lady. L’ultima volta di Welles con una major. Mischa Auer e Robert Arden in Rapporto confidenziale (1955) L’INFERNALE QUINLAN Welles al di là del bene e del male: se il suo Quinlan è pura ambiguità incarnata, tutto il film è un affascinante labirinto estetico. Attori titanici. FALSTAFF un’autonomia creativa totale, sigillo non della menzogna dell’arte, ma della sua più intima verità. È qui lo scarto, qui la differenza rispetto ai tanti illusionisti che popolano oggi il mondo del cinema. Il trucco c’è, ma l’inganno è rivendicato. L’iperbolica sofisticazione dell’arte, in Welles, attiva un circuito paradossale, che dalla forma muove all’affetto, dall’affetto alla rivelazione. Un disvelamento non ontologico (impossibile) né morale (opinabile), ma estetico. Che mira all’unica verità vero testamento artistico: “Questo magnifico capolavoro d’arte è lì da secoli. È forse la maggiore opera dell’uomo in tutto il mondo occidentale, eppure non è firmata. Chartres. Un inno alla gloria di Dio e alla dignità dell’uomo (…). Forse, quando tutte le nostre città saranno polvere, sceglieremo questa anonima gloria di tutte le cose: questa sfarzosa foresta di pietra, questo epico canto, questa eleganza, questo maestoso, corale canto di affermazione”. Terzo adattamento da Shakespeare, compiuta riflessione sulla perversione del potere e la nascita del moderno. Gran premio del XX anniversario di Cannes. F FOR FAKE Il testamento spirituale e artistico di Orson Welles. Un puzzle incontinente e ammaliante sul rapporto tra arte e vita, vero e falso. Già postmoderno. maggio 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 49 intervista Duetta con la Arterton per la Satrapi, mentre in sala arriva Pitch Perfect 2. Ma il musical perfetto di Alessandro De Simone per lei è pop in salsa hawaiana Anna Kendrick Cenerentola Ukulele TRENT’ANNI, una nomination agli Oscar come migliore attrice non protagonista per Tra le nuvole, ora il ruolo dell’anno, Cenerentola, ma nel musical di Rob Marshall Into the Woods. La musica è parte integrante della carriera di Anna Kendrick, giovane veterana sul palco dai dodici anni e che vedremo ancora canterina al cinema dal 28 maggio per il secondo episodio di Pitch Perfect. Ma non è tutto: negli ultimi mesi ha duettato con Gemma Arterton nella dark comedy di Marjane Satrapi The Voices e sfoggia la sua estensione canora in The Last Five Years, versione per il grande schermo di un musical Off-Broadway di successo. L’abbiamo incontrata a Londra ed è stata una bella sorpresa, una ragazza di provincia, figlia della working class, che insegue un sogno e lo corona. Miss Kendrick, la sua carriera è una favola con un lieto fine. Quando mi sono trasferita a Los Angeles avevo diciassette anni, ero sola e senza soldi, mentre tutti i miei amici erano al college con la vita pianificata. Ero spaventata e gelosa della loro scelta, continuavo a chiedermi perché non avessi un piano B. Dopo un anno le Principessa per Into the Woods, cose sono migliorate, e canterina in poi sempre più. Alla fiPitch Perfect 2 ne ho visto quelle per- 50 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo maggio 2015 sone affrontare la vita senza una direzione, e ho capito che avere un obiettivo è fondamentale. Se fallisci stai malissimo, ma se ce la fai ringrazi il cielo di avere avuto la forza. Immagino sia merito dell’educazione che ha avuto. La aiuta anche ad accettare meglio le critiche? Sono cresciuta in una famiglia pratica. Mia madre fa la contabile, ha un’organizzazione mentale che le permette di far andare tutto alla perfezione in casa mentre, in un angolo del cervello, ricontrolla i conti fatti durante il giorno. Sono così anche io, se leggo qualche critica sul mio conto o un commento velenoso in rete, ne prendo atto, ma se il lavandino sta perdendo è quello che mi interessa. Lei ha iniziato a recitare molto giovane. Sente ancora la tensione quando arriva sul set? Quando hai dodici anni non ci fai caso, ti senti invincibile, l’unica cosa che può turbarti è dimenticare le battute. A diciassette anni ho iniziato a sentire l’emotività, puoi avere mal di stomaco, vomitare, ma poi ti sciacqui la faccia e sali sul palco. Alla lunga ci fai l’abitudine. Cenerentola: era il ruolo dei suoi sogni? Potrei dirti che ancora non è stato scritto, ma pensando agli ultimi maggio 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 51 intervista Qui e sotto Anna Kendrick in Pitch Perfect 2 cinque anni e Into the Woods, allora sì, è il ruolo dei miei sogni. E in questo momento pensare a un’altra opportunità simile mi farebbe sentire ingorda. Molte sue colleghe sono produttrici o anche registe. Ci ha mai pensato? Nutro un profondo rispetto per chi riesce a far diventare realtà un’idea. Ho lavorato abbastanza per sapere che dirigere un film ti porta via dieci anni di vita, è una missione. Non credo di esserne capace. Però non si ferma mai, ci sono molti suoi film in uscita nei prossimi mesi. Preferisco lavorare che riposarmi. Probabilmente c’è una strategia diversa, c’è chi è più selettivo, io finisco un film e inizio il successivo perché ci sono tante cose da provare e sono convinta che il rischio più grande sia non rischiare. L’idea di non fare qualcosa che mi piace per la paura “Ho lavorato abbastanza per sapere che dirigere ti porta via dieci anni di vita” 52 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo maggio 2015 che sia un fiasco non fa parte di me. Ha a che fare con la mamma ragioniera? Assolutamente, i miei genitori hanno sempre lavorato sodo e l’idea di non avere uno stipendio è inconcepibile per me. Penso sempre che il compenso dell’ultimo film fatto siano gli ultimi soldi che vedrò in vita mia. Non compro niente a rate e spengo la luce quando esco da una stanza. Sono cresciuta così. Se esistesse un musical dal titolo Anna Kendrick, come sarebbe la colonna sonora? Classici del pop. Ma eseguiti con l’ukulele. SMART TV PC TABLET SMARTPHONE ANDROID IOS WIN8 RITRATTI di Orio Caldiron Il fantasma di Henry Fonda sarà sempre alle spalle dell’America, per ricordarle le promesse non mantenute Il Furore del giusto 54 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo maggio 2015 N In apertura Henry Fonda nel ritratto di Marco Letizia. Sopra in Furore di John Ford Nessun altro tra i divi di Hollywood ha la camminata flessuosa e sensuale di Henry Fonda, né John Wayne abituato a buttarsi tutto in avanti, né Cary Grant con la sua eleganza felina, né Gary Cooper che si muove sempre a qualche centimetro da terra. Primo dei cinque figli di Herberta Jaynes e di William Brace Fonda, nasce a Grand Island nel Nebraska il 16 maggio 1905, ma si trasferisce presto a Omaha dove il padre ha una tipografia. Nel 1925 Dorothy Brando, la madre del piccolo Marlon, l’accoglie nell’Omaha Community Playhouse. Quattro anni con gli University Players e poi finalmente nel ’34 l’approdo a Broadway. Nel cinema l’incontro decisivo è quello con John Ford che lo dirige in tre film di seguito facendolo entrare subito nel mito. Il giovane Lincoln di Alba di gloria (1939) scende dal piedistallo per diventare l’eroe quotidiano che partecipa ai festeggiamenti dell’Independence Day: una delle interpretazioni più incisive e poetiche dell’intera carriera. Il colono di La più grande avventura (1939) risale alle origini del Sogno Americano ai tempi della guerra d’indipendenza rievocata come la nascita della nazione. Il protagonista di Furore (1940), dal romanzo di John Steinbeck, esce di prigione per scoprire che la sua famiglia ha lasciato la fattoria, come gli altri agricoltori dell’Oklahoma ridotti in miseria dalle tempeste di sabbia e dalla rapacità delle banche. L’odissea degli Oakies che vanno verso la California dà vita a uno dei più struggenti road movie del cinema, in cui il dramma dello sradicamento s’intreccia al miraggio della Terra Promessa. Tom Joad – sospeso tra pessimismo della Grande Depressione e ottimismo del New Deal – è la sua più memorabile creazione. Il suo fantasma – come suggerisce The Ghost of Tom Joad, la canzone di Bruce Springsteen del 1995 – sarà sempre alle spalle dell’America per ricordarle le sue promesse non mantenute. Nel dopoguerra si ritrova con Ford per Sfida infernale (1946), dove è Wyatt Earp, il leggendario westerman che incarna con distacco, voce sommessa, tenera ironia. Un eroe antieroe, segnato dalla leggerezza di chi si dondola sulla sedia sotto il patio e partecipa con Clementine al ballo per la futura chiesa di Tombstone, gioioso rito di fondazione della comunità civile. Dopo una fortunata parentesi teatrale, che lo tiene a lungo lontano dal set, La parola ai giurati (1957) di Sidney Lumet, conferma lo spirito liberal dell’icona di un’altra America aperta alle ragioni della diversità. Nei decenni seguenti quando la sua figura si va facendo più esile, il suo volto più scarno, non si contano i ruoli di generale, ammiraglio, candidato alla presidenza, segretario di stato, e finalmente presidente Usa. Sposatosi cinque volte, sono ormai attori affermati anche i figli Jane e Peter e la nipote Bridget. Sarà Jane a ritirare l’Oscar per il miglior attore assegnato a Sul lago dorato (1981), il suo congedo dallo schermo, pochi mesi prima della morte avvenuta il 12 agosto 1982 nella sua casa di Bel Air. maggio 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 55 SMART TV PC TABLET SMARTPHONE ANDROID IOS WIN8 I TOP 5 58 al Cinema OTTIMO BUONO SUFFICIENTE MEDIOCRE SCARSO Leviathan 60 64 Avengers: Age of Ultron 62 Let’s Go 68 Il libro della vita Mia madre 63 66 The Gunman Forza maggiore 66 Le streghe son tornate 67 68 Lo straordinario viaggio 58 Leviathan di T.S. Spivet 60 Mia madre 68 Il libro della vita 62 Let’s Go 69 Preview 62 Child 44 63 Forza maggiore 99 Homes 64 Adaline – L’eterna giovinezza Io, Arlecchino 64 Avengers: Age of Ultron Jurassic World 3D 66 The Gunman One Chance 66 Le streghe son tornate Ted 2 67 Cake While We’re Young Cake maggio 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 57 i film del mese Con ambizione, vuole essere per la Russia di oggi un romanzo dell'800 58 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo maggio 2015 LEVIATHAN Il declino dell’impero putiniano: metaforico e politico, il j’accuse di Andrey Zvyagintsev In sala Regia Andrey Zvyagintsev Con Alexseï Serebryakov, Roman Madyanov Genere Drammatico (140’) M are di Barents, Kolia (Alexseï Serebryakov, anima e corpo verso l’abisso) vive di riparazioni, e vive rettamente: una seconda moglie, Lilya, il figlio avuto dalla prima, Roma, una vecchia casa di legno nel mirino della speculazione edilizia. Il sindaco Vadim (Roman Madyanov, scorsesiano, tendenza cattivo ragazzo…) vuole portargliela via, Kolia chiede aiuto a “un amico” avvocato moscovita, ma il diritto è questo sconosciuto. Dopo Il ritorno (Leone d’Oro a Venezia 2003), Izgnanie (2006) ed Elena (Gran premio della giuria al Certain Regard di Cannes 2011), il regista Andrey Zvyagintsev (Novosibirsk, 1964) riprende il Leviatano hobbesiano, riesuma Giobbe e interpella la Giustizia, con due occhi sulla Russia qui e ora: preti farisaici, sindaci corrotti, avvocati senza quid, poliziotti imbelli, alcolismo e convenienza, non si salva nulla, nemmeno la speranza. Premiato per la sceneggiatura al Festival di Cannes 2014, candidato all’Oscar per il miglior film straniero, vincitore del Golden Globe nella stessa categoria, Leviathan è lo scheletro del nostro presente, l’archeologia del nostro futuro, il mostro biblico fuori dal tempo e dentro le nostre vite. Difficile non farsi contaminare dalla visione di Andrey Zvyagintsev, che con smisurata ambizione vuole essere per la Russia oggi (leggi ingiustizie putiniane) quelli che erano i romanzi ottocenteschi per la Madre Russia (leggi ingiustizie zariste), ovvero, mettere in guardia sull’attuale, riguadagnato apparentamento di potere temporale e religioso. Che cosa significa oggi (soprav)vivere in Russia, chi è Kolia se non la vittima, addirittura, il capro espiatorio di un sistema di potere che annienta il singolo, anzi, proprio non lo vede, non lo considera, non lo tollera se solo dà qualche problema? E che coraggio ha avuto Zvyagintsev nel declinare la chiara, accusatoria e mostruosa metafora del Leviatano nel corpo malato, putrescente e nauseabondo della Russia oggi: c’è solo concorso di colpa e coazione a ripetere quelle violenze che furono prerivoluzionarie, e non c’è una legge, né un depositario della legge (sia umana che divina, Leviatano anche qui…), né un tutore della legge disposto a incarnarla. La legge non c’è, la carne nemmeno, solo scheletro de-relitto e calcinato, con i marosi mondani che l’hanno spazzolato sulla riva? Tutto questo, in un film che non è solo j’accuse politico, che non è solo discorso a tesi sociologico, non è solo il romanzo di perdizione di Kolia, ma appunto cinema: se Ejzenštejn aveva cantato la Rivoluzione, Zvyagintsev urla senza alzare la voce la restaurazione di Putin. E l’immagine-tempo ci riconsegna, tra le falde, un mostro preistorico, primordiale, spolpato e attualissimo. Relitto o reliquia, questo è il problema. FEDERICO PONTIGGIA maggio 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 59 i film del mese MIA MADRE Moretti si fa (da) parte, e traduce la perdita in guadagno collettivo: “nostra madre” In sala Regia Nanni Moretti Con Margherita Buy, John Turturro Genere Drammatico (106’) COME SI LASCIA ANDARE una persona, come si elabora il lutto per la perdita della madre? Come si torna al cinema dopo aver vaticinato l’imprevedibile, l’inaudito (Il caimano e, ancor più, Habemus Papam)? Come si può tenere il timone tra la necessità di aderire al reale (“Voglio ritornare alla realtà”) e quella di non indulgere nell’intimismo? Insomma, come si può mettere accanto al personaggio Moretti il regista Moretti, ovvero l’uomo Moretti? Come può quella denotazione affettiva, “mia madre”, che nemmeno sopporta fratellanza e sorellanza (non si dice “nostra madre”) travalicare l’individualità, l’individualismo e farsi connotazione universale, proprietà 60 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo maggio 2015 pubblica? Sulla scorta autobiografica della perdita della propria madre, Nanni Moretti inquadra il suo alter ego Margherita (Buy), una regista “impegnata” alle prese con un film sull’occupazione di una fabbrica appena acquistata da un imprenditore straniero, interpretato da un famoso attore americano, Barry Huggins (John Turturro). Nel frattempo, la madre Ada (Giulia Lazzarini) è ricoverata in ospedale, e Margherita, e soprattutto il fratello Giovanni (Nanni Moretti), l’accudiscono. Forse, Mia madre è “La stanza della madre”, ma rispetto a La stanza del figlio è migliore, di gran lunga: Moretti è cambiato, maturato, il sadismo non gli interessa più, si è aperto al mondo, rivendicando la possibilità non ancora di farsi da parte, ma di farsi parte (Margherita) per tradurre la perdita individuale in guadagno pubblico, ovvero artistico. Lo fa rivendicando l’adesione alla realtà e insieme la concessione al sogno a occhi aperti, quello che facciamo quando la realtà è troppo brutta: non vogliamo chiudere gli occhi, ma vedere qualcosa di diverso quando i nostri cari se ne stanno andando. Perché le focali sono quelle corte della nostra inadeguatezza al mondo, alla vita e alla morte: il Papa Michel Piccoli scappava all’alba, la madre Ada scappa pure, e forse si incontreranno. Ma il problema, al solito, è di chi resta. Fortunatamente, Mia madre sa darci del tu. Anzi, del noi. FEDERICO PONTIGGIA Nanni sogna ad occhi aperti, per eludere la realtà del dolore i film del mese LET’S GO L’uomo che volle farsi umanità: un ritratto marginale marginale, un italiano a Crescenzago che si sente extracomunitario, di più, clandestino: una ex moglie che considera morta, i figli a cui ha lasciato una casa, la giornata da costruire, potendo contare su pochi euro. Ma la libertà è fedele compagna di viaggio, di vita: il giornale da leggere al bar, un’ultima birra, altri “clandestini” con cui dividere la tavola. E tanta generosità: nel vivere con quasi niente, nel raccontarsi quasi tutto. Musella è protagonista parlante, talvolta operatore e autore dei testi letti da Roberto De Francesco, mentre la regia della De Lillo gli prende le misure, le coordinate cartesiane: ascissa e ordinata, immagini fatte righe verticali e orizzontali, per ritrovare Luca e ritrovarci noi. Ognuno di noi, con la nostra problematica, irredimibile umanità. FEDERICO PONTIGGIA LA STORIA DI LUCA MUSELLA, fotografo di grido caduto nel sottoproletariato; il racconto di Antonietta De Lillo, empatico, partecipe. E il film, Let’s Go, che chiama a raccolta: andiamo, qualunque cosa ci succeda, andiamo. Anche – l’amico di Luca, Mustafa – con la testa fracassata, anche facendo 40 km a piedi: bisogna andare, e non solo per non perdere il lavoro. Copertine per L’Espresso e Sette nella Milano da bere, oggi Luca Musella è un In uscita Regia Antonietta De Lillo Con Luca Musella, Elizabeth Cristina Almeida Genere Drammatico (54’) CHILD 44 Cast stellare per un thriller anonimo nella Russia stalinista In sala Regia Daniel Espinosa Con Tom Hardy, Noomi Rapace Genere Thriller (137’) C’ERA PARECCHIA CURIOSITÀ attorno a Child 44: per il cast stellare (Tom Hardy, Noomi Rapace, Gary Oldman, solo per dirne alcuni), la delicatezza del tema (la caccia a un serial killer di bambini), lo sfondo politicamente minato (l’URSS stalinista). Invece il thriller diretto da Daniel Espinosa (Safe House) e tratto dal bestseller di Tom Rob Smith, risulta fiacco sotto tutti i punti di vista e per l’intera durata (due ore e venti!), riuscendo nella non facile impresa di 62 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo maggio 2015 fare dei propri punti di forza i suoi elementi di debolezza. La notorietà degli interpreti è un’arma a doppio taglio, soprattutto quando devi cambiargli nazionalità: insomma sentire il loro inglese vagamente storpiato dall’accento russo non aiuta, ma quello che più dispiace è vedere imbrigliate le loro doti recitative in personaggi senza profondità, uomini meccanici dalle emozioni scialbe e l’anima chiusa in poche righe di sceneggiatura. Quest’ultima, a firma di Richard Price, è approssimativa e farraginosa, indecisa tra l’invettiva al comunismo e la classica detection. Un equivoco che la regia anonima non riesce a chiarire e che genera un film manicheo e senza suspense. Giustamente proibito nella Russia di Putin, ma per le ragioni sbagliate. GIANLUCA ARNONE FORZA MAGGIORE Settimana bianca, famiglia svedese e tragicommedia universale: da morire (dal ridere) In sala Regia Ruben Östlund Con Johannes Kuhnke, Lisa Loven Kongsli Genere Drammatico (118’) SETTIMANA BIANCA, Alpi francesi, famiglia svedese. L’hotel è lussuoso, il paesaggio ameno, le piste perfette, i cannoni tuonano per controllare le valanghe. Tutto bene, finché un’esplosione non è poi così controllata e la valanga sembra travolgere la terrazza su cui Tomas (Johannes Kuhnke), Ebba (Lisa Loven Kongsli) e i figli Vera e Harry stanno pranzando: attimi di terrore, mentre il bianco occupa tutto. Ma le reazioni di moglie e marito sono opposte: Ebba si preoccupa dei figli, Tomas prende guanti, cellulare e scappa via... Tutti indenni, tranne la relazione: Ebba non perdona a Tomas di essersene andato a gambe levate, di non aver protetto alcuno fuorché se stesso… Tranquilli, vi divertirete, eccome se vi divertirete: il tema è serio, molto, e s’intigna nel qui e ora dei rapporti, ma la trattazione che ne dà lo svedese, classe 1974, regista e sceneggiatore Ruben Östlund è ironica, ilare, “leggera”. Già al Certain Regard di Cannes 2014, candidato agli Oscar dalla Svezia, Forza maggiore (Turist) è il titolo formato famiglia migliore degli ultimi anni, forse lustri, per gli interrogativi che pone e la forma che s’è scelto: come da titolo, forse Tomas s’è dato per causa di forza maggiore, ma una coppia e una famiglia possono stare in piedi se nel momento del bisogno qualcuno scappa? Östlund non s’accontenta delle interessanti premesse e promesse che ha posto, spariglia le carte e i registri, mette il film nella carreggiata del dramedy, ma sentimentale, comico, apologetico, e chi più ne ha, sono sullo schermo. Forse si può recriminare sulla durata (un’ora e 58 minuti), ma Forza maggiore offre splendide immagini alpine e contrappunti sonori iperbolici, l’insostenibile leggerezza dell’istinto di sopravvivenza e l’occasione di una sacrosanta risata sul basso continuo della (mancata?) tragedia. Riuscirà, dunque, Tomas a tornare compagno, padre, uomo? Film da far vedere e rivedere agli sceneggiatori del nostro cinemino e pure ai registi, perché Forza maggiore forse non si nasce, ma di sicuro si cresce. FEDERICO PONTIGGIA Arriva la valanga, il padre molla tutti e si mette in salvo: che fare? maggio 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 63 i film del mese ADALINE - L’ETERNA GIOVINEZZA Troppi paradossi e poco cuore. Salva Blake Lively banale il vecchio adagio romantico con le situazioni di un filone alla moda come il fantasy. Non deve perciò sorprendere che un film per signore, elegante, colorato e facile alla lacrima, in breve un’opera segnatamente mélo come Adaline – L’eterna giovinezza, si regga tutta sul più classico dei paradossi sci-fi, quello del tempo: l’eroina protagonista non riesce più a invecchiare attraversando il secolo breve tra cambi di nome e fughe dagli amanti. Finché non trova quello giusto. Blake Lively non è mai stata così bella: ma se il suo personaggio non invecchia è la sceneggiatura a incartapecorirsi, allungando il brodo inutilmente e chiedendo allo spettatore più di un atto di fede. Nel cast anche il testimonial Chanel Michiel Huisman e un malconcio Harrison Ford. GIANLUCA ARNONE IL TRAMONTO delle convenzioni sociali e i progressi dell’emancipazione femminile hanno messo in crisi retoriche e motivi del melodramma, costringendo questo genere a reinventarsi più di ogni altro. Alla strada tracciata da Todd Haynes - una rivisitazione filologica del filone che riporti indietro le lancette del tempo e rifletta con moderna sensibilità sul problema dell’identità - Hollywood ha preferito il mash-up tematico, intrecciando con scaltrezza persino In sala Regia Lee Toland Krieger Con Blake Lively, Michiel Huisman Genere Drammatico (109’) AVENGERS: AGE OF ULTRON Sequel convincente. Più coeso, proprio come il team di supereroi Marvel In sala Regia Joss Whedon Con Robert Downey Jr., Scarlett Johansson Genere Azione (140’) DOPO L’ENORME SUCCESSO di pubblico ottenuto nel 2012 (oltre 1,5 miliardi di dollari incassati nel mondo), Joss Whedon riesce a migliorare il tiro e a costruire questo secondo capitolo degli Avengers trovando il giusto equilibrio tra action, umorismo e, perché no, riflessioni alte: Age of Ultron prende le mosse proprio da qui, dal paradosso secondo cui la brama di “sicurezza a tutti i costi” non faccia altro che creare una situazione di pericolo ancora maggiore. È quello che accade 64 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo maggio 2015 dopo che Tony Stark/Iron Man decide di dar vita ad un’intelligenza artificiale autocosciente in grado di proteggere l’intero pianeta: Ultron, entità tecnologica e potentissima, capirà ben presto che il nemico principale della Terra altri non è se non l’uomo. Dopo la parentesi Loki, i Vendicatori (Captain America, Thor, Hulk, Vedova nera, Occhio di Falco e lo stesso Iron Man) dovranno nuovamente impedire la distruzione del mondo. Più compatto – proprio come il team dei supereroi Marvel, stavolta meno inclini ai dissidi interni – rispetto al precedente, il film regala grandi momenti di spettacolo (su tutti, lo scontro necessario tra Hulk e Hulkbuster, l’armatura speciale ideata da Stark per limitare il gigante verde) e apre la strada verso il nuovo capitolo, Infinity War, atteso nel 2018. VALERIO SAMMARCO 5 a Edizione DA UN’IDEA DI: LE STREGHE SON TORNATE Iperbolica e graffiante satira dell’eterna lotta fra sessi costretti a fronteggiare un’orda di streghe femministe e sanguinarie, decise a sottomettere per sempre il sesso maschile. De la Iglesia, col fido sceneggiatore Guerricaechevarría, è scatenato nel mescolare i generi più commerciali (commedia, action, horror) sino a ottenere un risultato che non somiglia a nessun altro e che sprizza follia creativa da tutte le parti con tocchi di perfido sadismo. Il plot, che può far pensare a un Dal tramonto all’alba in salsa europea, cela in realtà una graffiante satira dell’eterna lotta fra sessi sotto il segno dell’iperbole, cosa che forse potrà scontentare qualcuno. Carmen Maura, infine (che già aveva lavorato col regista nella nerissima commedia La comunidad), non è mai stata così cattiva e divertita nel ruolo della strega. GIANFRANCESCO IACONO JOSÉ (il bel Hugo Silva) è un povero Cristo (alla lettera, vedi il camuffamento) che mette a segno una spettacolare rapina a un Compro oro nel centro di Madrid: al suo fianco il figlio piccolo, conteso all’insopportabile ex moglie, e un altro rapinatore pieno di problemi con le donne. Durante la fuga il gruppo, cui si è unito un lamentoso tassista, fa tappa in uno sperduto paesino ai confini con la Francia. Qui, i nostri eroi sono In sala Regia Álex de la Iglesia Con Carmen Maura, Hugo Silva Genere Dark Comedy (112’) THE GUNMAN Fallimento nudo e crudo per l’action-thriller di Pierre Morel In uscita Regia Pierre Morel Con Sean Penn, Jasmine Trinca Genere Azione (90’) PIERRE MOREL è uno dei figli di Luc Besson, trasferitosi a Hollywood per girare film d’azione discutibili (Io vi troverò) o indecenti (From Paris with Love). Qui resta su quella scia ma anche grazie a Sean Penn alza le ambizioni realizzando The Gunman. Jim è un sicario che opera in Congo. Dopo una missione che scatena una guerra civile nel paese fugge, lasciando la sua compagna. Ma il passato vuole chiudere i conti con lui... Scritto sulla base di un romanzo 66 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo maggio 2015 di Jean-Patrick Manchette, The Gunman è un film d’azione tipicissimo, che segue le indicazioni di Bourne, Bond e Bauer senza però costrutto né idea. Il vero limite probabilmente è nell’influenza di Penn, che non accettando la classica prestazione alimentare vuole appesantire un riciclatissimo canovaccio con alibi narrativi (la causa umanitaria, le ONG in Congo, i buoni sentimenti), un triangolo amoroso del tutto fuori contesto e pistolotti morali. Sarebbe anche pacifico se l’azione fosse ottima e abbondante, ma Morel sfrutta poco e male combattimenti, sparatorie e le location europee. Oltre a un cast notevole, da Jasmine Trinca a Idris Elba (sprecatissimo: 3 inquadrature) e Javier Bardem. Un fallimento nudo e crudo, artistico e commerciale. EMANUELE RAUCO CAKE Dramma raccontato con equilibrio, tra ironia e dolore. Splendida Jennifer Aniston In uscita Regia Daniel Barnz Con Jennifer Aniston, Anna Kendrick Genere Drammatico (102’) RACCONTARE LA PERDITA è difficile. Sulla carta è meno arduo, il vuoto può essere sostituito dalle parole che riempiono lo spazio bianco della pagina, mentre al cinema deve essere riempito di ricordi inventati che devono sembrare reali e da un dolore impossibile da fingere. Da noi ci aveva provato, riuscendoci in parte, Nanni Moretti, con La stanza del figlio. Nel cinema americano è un argomento che torna spesso, vuoi per la grande tradizione che ha il mélo come genere, ma soprattutto perché da nazione costruita sul sangue delle sue guerre, l’assenza dei propri cari è un tema culturalmente rilevante. Lo aveva raccontato benissimo Malick in The Tree of Life, per certi versi ancora meglio Robert Redford in Gente comune. Ci prova, e ci riesce, Daniel Barnz con Cake, storia di un’avvocato di successo che ha perso il figlio a seguito di una tragedia stradale in cui lei stessa ha subito traumi permanenti ed è rimasta sfigurata. Dipendente dagli antidolorifici, si ossessiona al suicidio di una donna facente parte del suo gruppo di supporto che aveva subito la stessa perdita. Inizia così a investigare sulla sua vita, cercando di ritrovare la propria. Raccontato con grande attenzione nei confronti del tema, ma anche con una dose di ironia pericolosa e molto ben gestita, Cake è soprattutto un veicolo per la bella Jennifer Aniston, qui con il viso deturpato dalle cicatrici, per dimostrare al mondo che i tempi di Friends e Brad Pitt sono ormai definitivamente dimenticati. La Aniston offre un’interpretazione magnifica, per l’ottimo lavoro con il corpo e per l’intensità con cui riesce a trasmettere il dolore emotivo del suo personaggio. Nonostante la presenza di altri due nomi di livello come Anna Kendrick e Sam Worthington, Cake è un piccolo film, di quelli che andavano negli anni Novanta, quando l’indie non era ancora un business più redditizio dei blockbuster. Forse con una nomination all’Oscar per la protagonista sarebbe stato diverso, ma così gli si vuole un po’ più bene. ALESSANDRO DE SIMONE Per l’attrice i tempi di Friends sono definitivamente dimenticati maggio 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 67 i film del mese LO STRAORDINARIO VIAGGIO DI T.S. SPIVET Jeunet dirige un film per ragazzi di grande forza visiva QUASI DUE ANNI DOPO l’uscita in Francia, arriva da noi Lo straordinario viaggio di T.S. Spivet di Jean-Pierre Jeunet – dove T sta per Tecumseh e S per Sparrow come il pirata Jack. Cosa lo abbia tenuto a lungo lontano dai nostri schermi è un mistero che forse Stati Uniti non ha bisogno di molto per catturare lo spettatore, soprattutto se alla regia c’è Jeunet, autore dalla fantasia smisurata. Una gioia per gli occhi. Ma c’è di più. Le facce, a cominciare dallo straordinario Kyle Catlett che a soli nove anni si è presentato al provino dichiarando di sapere non si sa quante lingue e di essere campione di arti marziali, per finire con Helena Bonham Carter, più sottile e misurata del solito. L’incredibile paesaggio americano, che il protagonista attraversa su un treno merci. E soprattutto c’è intatta la forza evocativa del romanzo di Reif Larsen, Le mappe dei miei sogni. Tutte buone ragioni per accompagnare i figli al cinema. Senza paura di annoiarsi. sottintende guerre produttive nelle quali è meglio non entrare, l’importante è che finalmente un titolo per ragazzi di grande forza narrativa e visiva possa allietare i pomeriggi di tutti gli italiani. L’avventura di questo piccolo genio precoce attraverso gli ANGELA PRUDENZI spiega con leggerezza e umorismo i riti di passaggio nell’età adulta, parlando con scioltezza di amore, morte, religione, famiglia, ma anche coraggio, lealtà e dignità. Un’opera di formazione confezionata con cura, intelligenza e un occhio al pubblico adulto, che può godere di una colonna sonora eccellente (musiche di Gustavo Santaolalla), utilizzata con dovizia e nei punti giusti dall’esordiente Jorge R. Gutierrez. Peccato non poter godere della versione originale, perché Diego Luna, Zoe Saldana, Channing Tatum e tutti gli altri interpreti fanno un lavoro eccezionale, inevitabilmente Lost in Translation. Forse un giorno anche da noi i più piccoli potranno imparare l’inglese con i cartoni. Anteprima Regia Jean-Pierre Jeunet Con Kyle Catlett, Helena Bonham Carter Genere Avventura (105’) IL LIBRO DELLA VITA Una bellissima favola animata, prodotta da Guillermo Del Toro Anteprima Regia Jorge R. Gutierrez Genere Animazione (95’) NON È FACILE raccontare una storia che insegni le tradizioni della propria cultura e le dure leggi del diventare adulti. Guillermo del Toro è specializzato in questa narrativa, che contraddistingue buona parte della sua produzione. Il labirinto del fauno è l’esempio più clamoroso, ma gli stessi temi sono anche parte integrante delle opere solo prodotte dal regista messicano. Proprio delle tradizioni della sua terra natia parla Il libro della vita, splendida favola che racconta ai giovani messicani le leggende del loro paese e 68 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo maggio 2015 ALESSANDRO DE SIMONE i film del mese preview a cura di Manuela Pinetti JURASSIC WORLD - 99 HOMES 3D ONE CHANCE CI SONO VOLUTI quasi tre lustri, ma dopo lunga attesa arriva finalmente in sala il quarto capitolo della saga che ha per protagonisti dinosauri e altri bestioni dell’era giurassica. Stavolta il pericolo arriva da una nuova attrazione che risponde al nome di Indominus Rex, un ibrido creato dagli scienziati per ovviare al calo di presenze nel parco a tema. Spielberg c’è, ma soltanto nelle vesti di produttore. PAUL POTTS ha una doppia vita: commesso al supermercato di giorno, cantante operistico dilettante di notte. Sarà proprio quest’ultima, indomita passione a spingerlo a partecipare alla prima edizione del programma televisivo Britain’s Got Talent. Ispirato alla storia vera di Potts, che nel 2007 conquistò il cuore dei telespettatori e vinse cantando Nessun dorma. Dal regista de Il diavolo veste Prada. Regia Colin Trevorrow Con Chris Pratt, Bryce Dallas Howard QUANDO la crisi morde duro, al punto da farti perdere la casa perché non riesci più a pagare le rate del mutuo, Dennis Nash (Andrew Garfield) non ci sta più a rimanere dalla parte di chi è sconfitto. Inizia così a lavorare per Rick Carver (Michael Shannon), agente immobiliare che sfratta gli insolventi per conto del governo. L’ha fatto anche con Dennis, che ora è pronto a tutto per riavere la sua casa. Regia Ramin Bahrani Con Andrew Garfield, Michael Shannon Regia David Frankel Con James Corden, Julie Walters TED 2 IO, ARLECCHINO WHILE WE’RE YOUNG L’ORSETTO TED (Seth MacFarlane; per la versione italiana Mino Caprio, già voce di Peter Griffin) ha portato all’altare la sua fidanzata, ed ora i due vogliono allargare la famiglia. Lo scoglio non sarà l’inseminazione artificiale, quanto il dover dimostrare che Ted è un essere umano per ottenere la custodia dell’infante. Seguito di Ted, che nel 2012 è stato il film con il maggiore incasso della Universal. QUANDO gli comunicano il ricovero in ospedale del padre (Herlitzka), ex attore di teatro famoso per l’interpretazione di Arlecchino, Paolo (Pasotti), conduttore televisivo, torna in provincia di Bergamo per stargli accanto, nonostante i rapporti non idilliaci. Per Paolo sarà non soltanto una riscoperta delle origini, ma anche un percorso di riscatto dall’illusorio successo datogli dalla televisione. JOSH (Ben Stiller) e Cornelia (Naomi Watts) vivono a New York e sono ormai una coppia rodata che naviga senza eccessivi scossoni verso la mezza età, parzialmente oberata dagli obblighi di famiglia. L’imprevedibile amicizia con i nuovi vicini di casa Jamie (Adam Driver) e Darby (Amanda Seyfried), una coppia sui venticinque piena di energia e per certi aspetti disarmante, rivoluzionerà le loro vite. Regia Seth MacFarlane Con Amanda Seyfried, Mark Wahlberg Regia Matteo Bini, Giorgio Pasotti Con Giorgio Pasotti, Roberto Herlitzka Regia Noah Baumbach Con Ben Stiller, Naomi Watts maggio 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 69 Dvd /// Blu-ray /// SerieTv /// Borsa del cinema /// Libri /// Colonne sonore TELE A CURA DI VALERIO SAMMARCO DA NON PERDERE Whiplash, che sound! Poi American Sniper di Clint Eastwood IN QUESTO NUMERO Ken Loach, Il racconto dei potenti: cultura è politica. Ultimi cinque anni: prezzo medio dei biglietti in calo La classe dei classici Il Leopardi di Martone Film in orbita Social Surfing Chi suona per Jeunet? I’ve got the POWER In tv il crime-drama ideato da 50 Cent maggio 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 71 73 74 76 79 82 TELECOMANDO /// Dvd e Blu-ray ///-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Whiplash In Blu-ray e Dvd il “Full Metal Jazz” di Damien Chazelle. Imperdibile A ndrew (Miles Teller) studia batteria jazz nella più prestigiosa e importante scuola di musica di New York. È al suo primo anno e già viene notato dal più temuto e inflessibile insegnante dell’istituto (J.K. Simmons, premiato con l’Oscar), che a sorpresa lo vuole nella propria band. Il ragazzo è molto eccitato da questa nuova e inaspettata possibilità ma non sa che in realtà la sua vita si sta trasformando in un inferno fatto di prove, esercizi e umiliazioni come non pensava fosse possibile. Arriva in homevideo (in Blu-ray e Dvd, a partire dal 27 maggio), l’incredibile “Full Metal Jazz” (la figura di Simmons non può non ricordare quella del sergente di ferro kubrickiano, con tanto di citazione diretta verso un novello “palla di lardo”…) di Damien Chazelle, che parte dall’omonimo brano di Hank Levy (Whiplash, appunto) per dettare i (contro)tempi di un’irresistibile e faticosissima jam session cinematografica in cui tanto il cuore quanto le orecchie potranno trovare la giusta ricompensa. Neanche a dirlo, tracklist da brividi: da Caravan di Juan Tizol, resa celebre da Duke Ellington, fino all’originale Casey’s Song, composta da Justin Hurwitz. DISTR. UNIVERSAL PICTURES H. E. 72 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo maggio 2015 ------------------------------------------------------------------------ Laclasse deiclassici a cura di Bruno Fornara Lo sconosciuto Premio Oscar per il "sergente” Simmons Alonzo, l’uomo senza braccia, lancia i coltelli con i piedi verso la sua partner Nanon, figlia del proprietario del circo Zanzi. Alonzo ama Nanon, la vuole per sé. Anche il forzuto Malabar desidera Nanon. Alonzo lancia i coltelli con i piedi perché non ha braccia e mani. In realtà le nasconde sotto uno stretto corsetto a lacci. E c’è di più: la sua mano sinistra ha due pollici! Altra stranezza: Nanon – una giovane Joan Crawford – non sopporta le mani degli uomini, mani che la toccano, la vogliono. Così l’unico uomo che Nanon desidera è Alonzo... Settimo film sui dieci che il regista Tod Browning e l’attore Lon Chaney girarono insieme nel decennio 1919 – 1929. Browning era attratto dall’annullamento del confine tra uomo e animale, come ben si vede nel famoso ed eretico Freaks (1932). Chaney era predisposto per interpretare personaggi che oltrepassassero ogni confine e usassero il loro corpo come luogo di prestazioni fantastiche e passioni ossessive. Il bestiale e l’amoroso, il desiderio e l’accecamento. Di Tod Browning Con Lon Chaney, J. Crawford Genere Drammatico (Usa, 1927) Distr. Dcult maggio 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 73 TELECOMANDO /// Dvd & Blu-ray ///-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Cinquanta sfumature di grigio Se non foste riusciti a prendere parte all’“evento cinematografico dell’anno” (quasi 20 milioni di euro incassati…), il 27 maggio avrete la possibilità di rimediare. L’adattamento del bestseller di E.L. James portato sullo schermo da Sam Taylor-Johnson arriva in homevideo: come resistere alla focosa liaison tra il multimilionario Mr. Grey (Jamie Dornan) e la candida Anastasia Steele (Dakota Johnson)? L’incontro tra i due cambierà per sempre le loro vite, in un vortice di passione che li porterà oltre ogni limite. Sarà così anche per lo spettatore? Forse no, ma quello che conta è averci provato… Il giovane favoloso DISTR. UNIVERSAL PICTURES H.E. Exodus - Dei e Re Ridley Scott rilegge in chiave kolossal il secondo libro della Bibbia. Christian Bale è Mosè, e va da sé che la figura del profeta sia “leggermente” modificata rispetto a quanto le Scritture ci avevano tramandato fino ad oggi. Effetti visivi a gogò, battaglie e il 3D che tutto amplifica: Exodus arriva in Bluray (anche 3D) e Dvd con numerosissimi extra, oltre 5 ore per quanto riguarda la Collector’s Edition, arricchita da materiale esclusivo che permette di esplorare i dietro le quinte del racconto storico. Il documentario Custodi dell’Alleanza spiega come Ridley Scott è riuscito a riportare in vita l’antico Egitto con ore di riprese inedite. DISTR. 20TH CENTURY FOX H.E. 74 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo maggio 2015 D opo un notevole incasso (oltre 6 milioni di euro) e una lunga tenitura, Il giovane favoloso di Mario Martone è ora disponibile in Blu-ray e Dvd, con oltre 50’ di contenuti speciali, tra cui il backstage e altre scene del film. Che ha il grande merito di raccontarci il poeta di Recanati e al tempo stesso farci vedere il mondo attraverso il suo sguardo. Giacomo (Elio Germano) è un bambino prodigio che cresce sotto lo sguardo implacabile del padre, in una casa che è una biblioteca. La sua mente spazia ma la casa è una prigione: legge di tutto, ma l’universo è fuori. In Europa il mondo cambia, scoppiano le rivoluzioni e Giacomo cerca disperatamente contatti con l’esterno. A 24 anni, quando lascia Recanati, l’alta società gli apre le porte ma lui non si adatta. A Firenze si coinvolge in un triangolo sentimentale con l’amico Antonio Ranieri, e la bellissima Fanny. Si trasferisce infine a Napoli con Ranieri. Scoppia il colera: Giacomo e Ranieri compiono l’ultimo pezzo del lungo viaggio, verso una villa immersa nella campagna sotto il Vesuvio. DISTR. 01 DISTRIBUTION ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ American Sniper In Blu-ray e Dvd il cecchino di Clint Eastwood Big Eyes Il nome del figlio Tim Burton racconta l’incredibile storia vera di una delle più leggendarie frodi artistiche della storia. A cavallo tra gli anni ‘50 e ‘60, il pittore Walter Keane (Christoph Waltz) raggiunse un enorme e inaspettato successo, rivoluzionando la commercializzazione dell’arte con i suoi ritratti di bambini dai grandi occhi. Finché non emerse una verità sconvolgente: i quadri, in realtà, erano opera di sua moglie, Margaret (Amy Adams). A quanto pare, la fortuna dei Keane era costruita su un’enorme bugia, a cui tutto il mondo aveva creduto: una storia così incredibile da sembrare inventata. In Bluray e Dvd dal 21 maggio. Il Making of negli extra. Le vicende di una coppia in attesa del primo figlio: Paolo e Simona. Oltre a loro Betta, sorella di Paolo, e Sandro, suo marito e cognato di Paolo. Tra le due coppie l’amico d’infanzia Claudio. Potrebbe essere la solita cena allegra tra amici che si frequentano e si sfottono da quando erano bambini, e invece una domanda semplice sul nome del figlio che Paolo e Simona stanno per avere induce a una discussione che porterà a sconvolgere una serata serena. In Blu-ray e Dvd dal 21 maggio il film di Francesca Archibugi, con Alessandro Gassmann, Valeria Golino, Micaela Ramazzotti, Luigi Lo Cascio e Rocco Papaleo. Negli extra il backstage e le papere. DISTR. LUCKY RED FOTOGRAFIA Il film diretto da Clint Eastwood con il maggior incasso di sempre: quasi 20 milioni di euro in Italia. Dal 20 maggio American Sniper è disponibile in Blu-ray e Dvd, arricchito da contenuti speciali (Bring the War Home: Making American Sniper) che approfondiscono la vicenda di Chris Kyle (Bradley Cooper), Navy Seal USA inviato in Iraq con una missione precisa: proteggere i suoi commilitoni. La sua precisione salva innumerevoli vite e mentre i racconti del suo grande coraggio si diffondono, viene soprannominato “Leggenda”. Nel frattempo cresce la sua reputazione anche dietro le fila nemiche, e Chris diventa il bersaglio primario per gli insorti. Allo stesso tempo, combatte un’altra battaglia in casa propria, nel tentativo di essere sia un buon marito che un buon padre, pur trovandosi dall’altra parte del mondo. Nonostante il pericolo e l’altissimo prezzo che dovrà pagare la sua famiglia, la rischiosa missione in Iraq di Chris dura quattro anni, incarnando il motto dei SEAL, “che nessun uomo venga lasciato indietro”. DISTR. WARNER BROS. H.E. DISTR. LUCKY RED L’OCCHIO CHE FERMA IL MOMENTO Il sale della terra Lo straordinario doc di Wim Wenders su Sebastião Salgado Fotografare. Scrivere con la luce. Ritrarre. In pochi lo hanno saputo fare, lo sanno fare, come Sebastião Salgado, tra i più grandi fotografi contemporanei, raccontato da Wim Wenders (e dal figlio Juliano Ribeiro Salgado) in questo splendido documentario, premiato lo scorso anno in Un Certain Regard a Cannes, ora in Blu-ray e Dvd dal 7 maggio, con le scene tagliate negli extra. Seguendo il fotografo nei suoi ultimi viaggi, e ascoltando dalla sua voce la storia dei suoi scatti più importanti, il regista tedesco Palma d’Oro nel 1984 con Paris, Texas dà vita ad una creazione che alimenta il cinema con il suo nutrimento primario: l’immagine. Che attraverso l’occhio di Salgado ha saputo raccontare i continenti sulle tracce di un’umanità in pieno cambiamento. “Il sale della terra” sono gli uomini, seguiti dal fotografo in 40 anni di carriera: alcuni tra i fatti più sconvolgenti della nostra storia contemporanea, conflitti internazionali, carestie, migrazioni di massa, sono stati immortalati nel bianco e nero inconfondibile, di rara potenza, del fotografo brasiliano. Una notte al museo 3 È disponibile dal 14 maggio – in Blu-ray e Dvd – Il segreto del faraone, ultimo capitolo della trilogia di Shawn Levy con Ben Stiller nei panni di Larry Daley, guardiano di un museo davvero sui generis. Stavolta insieme ai suoi eroici amici, Larry parte alla volta di Londra per salvare l’incantesimo che di notte rianima i ‘reperti’ del museo. Ultima apparizione di Robin Williams. Molti gli extra, tra cui scene tagliate ed estese, la teoria della relatività, il dietro le quinte del British Museum, la creazione degli effetti visivi, il commento audio del regista e molto altro ancora. DISTR. OFFICINE UBU/01 DISTR. DISTR. 20TH CENTURY FOX H.E. maggio 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 75 TELECOMANDO /// Serie Tv ///-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Power [CANALE 122 DI SKY] Da martedì 26 maggio, il crime-drama ideato da 50 Cent e Courtney Kemp Agboh D all’incontro tra il produttore esecutivo Curtis Jackson - alias “50 Cent”- e l’autrice di The Good Wife, Courtney Kemp Agboh nasce Power (dal 26 maggio su AXN ore 21.00, in prima visione assoluta), un crime-drama visionario ambientato in due mondi differenti: la scena glamour dei club di New York e quella violenta del traffico di droga. James St. Patrick “Ghost” filminorbita 76 (Omari Hardwick ) è un uomo che ha davvero tutto nella vita: una moglie bellissima, un favoloso attico a Manhattan e un nuovo e promettente nightclub, il più popolare di New York. Il suo club, il Truth, si rivolge all’élite, ai volti noti che con la loro buona o cattiva reputazione sono l’anima della città che non dorme mai. Il locale riscuote successo, il che induce Ghost a sviluppare piani per la costruzione di un impero. Ma il Truth nasconde una realtà oscura: è una copertura per i traffici illeciti di Ghost, una rete redditizia di smercio di droga che serve solo i più ricchi e potenti. Quando Ghost viene attratto dalla prospettiva di una vita nella legalità, mette inconsapevolmente in pericolo tutto quello a cui tiene di più. Una volta dentro, si può mai uscirne? a cura di Federico Pontiggia Tyrant Mad Max Trilogy Orson Welles Fox Studio Universal Studio Universal Dal 25 maggio alle 21:00, il ritorno del figliol prodigo in una famiglia dittatoriale araba. Da un’idea di Gideon Raff (Homeland). In attesa del 4° capitolo, ecco Max Rockatansky, da Interceptor a Mad Max oltre la sfera del tuono. Ogni venerdì alle 21.15. Nel centenario della nascita, il corto Return to Glennascaul (prima TV) e un poker, da Quarto potere a L’infernale Quinlan. rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo maggio 2015 ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- WORLDWIDE Alle origini di Charles Manson NBC rischia tutto puntando su uno show a tinte forti. Dallo sceneggiatore di Jericho, John McNamara a cura di Angela Bosetto Texas Rising (Première: 25 maggio) Visto il successo di Hatfields & McCoys e Sons of Liberty, History Channel torna a raccontare un altro snodo cruciale del passato americano (la rivoluzione texana) con una nuova miniserie diretta da Roland Joffé, dove la Storia avrà i volti di Chad Michael Murray (Mirabeau Lamar), Jeffrey Dean Morgan (Erastus “Deaf” Smith), Bill Paxton (Sam Houston), Cynthia AddaiRobinson (Emily West), Olivier Martinez (il generale Antonio López de Santa Anna) e Kris Kristofferson (il presidente Andrew Jackson). Grace and Frankie (Prima stagione disponibile dall’8 maggio) Aquarius (Première, 28 maggio) Los Angeles, 1967. Mentre la guerra infuria in Vietnam e il movimento hippie cambia l’America, alcune ragazze scompaiono. Le indagini portano il sergente Sam Hodiak e il suo giovane partner sotto copertura, Brian Shafe, a una strana setta, guidata da un piccolo criminale aspirante musicista, il cui nome dice poco: Charles Manson. Possibile? Sì, perché mancano ancora due anni alla strage di Cielo Drive. È la seconda volta, dopo Hannibal, che la NBC rischia tutto puntando su uno show a tinte forti, più da rete via cavo che da generalista. David Duchovny è Hodiak, mentre l’arduo compito di interpretare Manson tocca a Gethin Anthony (Renly Baratheon nel Trono di Spade). E dire che lo sceneggiatore John McNamara aveva pensato a questa storia proprio per prendersi una pausa dalla tv e scrivere un libro… Rivali da una vita, Grace e Frankie sono costrette a rivedere le proprie posizioni quando scoprono che i rispettivi mariti si sono innamorati l’uno dell’altro e hanno deciso di sposarsi. Il fiore all’occhiello di questa nuova sitcom, creata per Netflix dai veterani Marta Kauffman (Friends) e Howard J. Morris (La vita secondo Jim), è senza dubbio il cast: le due protagoniste sono Jane Fonda e Lily Tomlin, mentre nel ruolo dei coniugi troviamo Martin Sheen e Sam Waterston. maggio 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 77 TELECOMANDO /// Borsa del cinema ///------------------------------ ------------------------------- BIGLIETTO, PREGO... Prezzo medio progressivamente diminuito. Ma è nel weekend (e per il 3D) che lievita di Franco Montini N egli ultimi cinque anni il prezzo medio del biglietto cinematografico è progressivamente diminuito. Come dimostrano i dati di Cinetel, una sorta di Auditel riferito alle sale cinematografiche, che controlla quotidianamente più del 90% dell’intero mercato italiano, il prezzo medio che nel 2010 era di 6,41 euro, nel 2014 è sceso a 6,02. A determinare il fenomeno è il moltiplicarsi di promozioni e riduzioni, che nei giorni feriali o in determinati orari consentono di entrare al cinema spendendo anche meno di 4 euro. Senza contare che sottoscri- 78 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo maggio 2015 vendo abbonamenti o acquistando blocchetti di ingressi, il singolo biglietto può essere ancora più leggero. Tuttavia, contemporaneamente all’allargarsi delle agevolazioni, si è registrato anche un aumento del prezzo massimo, in particolare per le proiezioni in 3D, il cui costo in alcuni casi supera abbondantemente i 10 euro, e più in generale nei giorni festivi e prefestivi. E poiché il consumo di cinema su grande schermo sta trasformandosi sempre più da passatempo quotidiano, come era nei gloriosi anni ’50 e ’60, in rito collettivo del weekend, fra gli spetta- tori che frequentano la sala, la sensazione prevalente è che il prezzo del biglietto sia elevato. Il fatto è che ad approfittare delle ormai numerosissime agevolazioni continua ad essere una fascia limitata di pubblico: quello composto da cinefili e appassionati, per i quali spendere 4 euro anziché 7 significa di fatto raddoppiare le proprie presenze al cinema. Invece, lo spettatore più distratto, quello che va al cinema con gli amici una volta ogni due o tre mesi, attratto solo dai pochi film evento della stagione, in effetti neppure si accorge della possibilità di poter ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Surfing acquistare un biglietto ad un prezzo molto contenuto. La politica delle agevolazioni, promossa dagli esercenti per riempire la sala negli spettacoli che solitamente si svolgono davanti a platee semideserte, non ha ancora prodotto gli esiti sperati. Probabilmente la politica del prezzo del biglietti avrebbe conseguenze ben più rilevanti se le promozioni fossero applicate sulla fascia di maggior costo. Da qui l’idea, per ora soltanto un’ipotesi tutta da verificare, di diversificare il prezzo del biglietto non più per giorni o per orari, bensì in base al film programmato, ovvero facendo pagare una certa cifra per alcuni titoli ed un’altra ridotta per prodotti considerati meno spettacolari o semplicemente meno attraenti. Qualcosa del genere già accade in altri paesi e così si verifica che in una stessa struttura vengano applicati prezzi differenziati a seconda del film in programmazione su questo o quello schermo. In proposito gli esercenti italiani appaiono complessivamente piuttosto dubbiosi e non a torto; innanzi tutto appare complicato stabilire a chi spetterebbe il compito di determinare il prezzo del biglietto per ogni film: alla produzione? Alla distribuzione? All’esercente? I contrasti fra le categorie sarebbero inevitabilmente destinati a crescere in maniera esponenziale. Ma soprattutto determinando prezzi diversi da film a film si creerebbero di fatto prodotti di serie A e prodotti di categorie inferiori, col rischio, molto concreto, di concentrare, ancora più di quanto già non accada, l’attenzione del pubblico su un ristrettissimo numero di film, favorendo in questo modo un’ulteriore emarginazione di tutti i prodotti privi di immediati richiami commerciali. Ipotesi di diversificare la spesa in base al film programmato? Molti i dubbi al riguardo Marco Spagnoli Oltre la vanità Quando gli annunci dal set servono a fare #tendenza na volta l’inizio delle riprese di un film, soprattutto se di una produzione importante, era annunciato da un comunicato stampa, letto e riletto dai responsabili dei rapporti con i media. Negli ultimi mesi, invece, annunciato più o meno il cast, ecco che sempre più di frequente sono un tweet, un post su Facebook o una foto su Instagram (se non tutti e tre insieme) a mostrare al pubblico la prima scena, il primo ciak o un dettaglio del set di un film o di una serie televisiva. È successo, ad esempio, la scorsa estate con Simon Mirren, nipote della Premio Oscar Dame Helen, che dopo una carriera negli Stati Uniti come produttore esecutivo della serie di grande successo Criminal Minds ha dedicato diversi post su Facebook al suo lavoro come showrunner di Versailles, serie prodotta in Europa da TF1, ambientata nella reggia alle porte di Parigi e incentrata sugli intrighi della corte dei Re di Francia. Lo stesso ha fatto Ben Stiller per raccontare al mondo il primo giorno di riprese a Roma di Zoolander 2, pubblicando una foto U di lui sul set di Cinecittà. Il regista Ron Howard, invece, ha addirittura rivelato su Twitter che intende girare una scena di Inferno di Dan Brown nel Salone dei 500 a Firenze attraverso un selfie con lo sfondo della sala costruita nel 1494 dal Pollaiolo. Le cose si “complicano” e diventano più interessanti, però, quando dopo l’annuncio del cast di Suicide Squad che annovera, tra gli altri Jared Leto come Joker e Margot Robbie come Harley Quinn, il regista David Ayer ha ‘confuso’ i fan chiedendo loro su Twitter se ‘i cattivi possono fare delle cose buone’… Una trovata di marketing oppure uno scambio creativo? Questa è la frontiera dei Social Media oltre i selfie e la vanità dello stuzzicare i fan, interrogarli rispetto le loro aspettative nei confronti delle storie che stanno per vedere e, soprattutto, cogliere la temperatura della loro passione nei confronti dei racconti che stanno per diventare cinema. Il tweet di David Ayer che “svela” il look del Joker Jared Leto in Suicide Squad maggio 2015 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 79 TELECOMANDO /// Libri ///------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ Sempre in lotta Ken Loach Sfidare il racconto dei potenti Come fare cinema secondo Ken Loach: l’arte non va scissa dalla vita, l’occhio umano è l’obiettivo e insieme il primo strumento di montaggio, la storia deve svolgere una funzione rivelatrice, gli attori si scelgono solo in base alla credibilità (vade retro, star), non si sprecano soldi inutilmente e il lavoro di squadra è essenziale, al pari della musica. Frutto di due anni di conversazioni con il giornalista Frank Barat, questo agile volumetto non si limita ad analizzare le opere di Loach, ma ne svela gli ideali. La cultura ha sempre un valore politico, per cui anche la creazione di un film o di un documentario può (e deve) contribuire a una società più giusta ed equa. Il cinema è un’industria come tante: sta ai singoli lottare contro il “capitalismo bruto”. (Lindau, Pagg. 56, € 9,00) Ken il guerriero La cultura ha sempre un valore politico, parola di Loach. Poi mafia, love story e videoarte ANGELA BOSETTO Dentro la cupola Andrea Meccia MediaMafia. Cosa Nostra fra cinema e Tv Dice il magistrato e scrittore Giancarlo De Cataldo, “quanto di ciò che sappiamo o crediamo di sapere sulla Mafia appartiene alla realtà, e quanto alla sua rappresentazione?”. La risposta, anzi, le risposte nel saggio di Andrea Meccia, che sulla scorta del mo- 80 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo maggio 2015 nito di Leonardo Sciascia – “Se tutto è mafia, niente è mafia” – discrimina tra storie e racconti, Maxiprocesso e La Piovra, Capaci e Via d’Amelio e I cento passi di Marco Tullio Giordana, discernendo tra realtà, riproduzione e gli stereotipi insiti nella traduzione cinematografica e televisiva. Nella seconda parte, focus, tra gli altri, su Tano da morire, Il Divo e La mafia uccide solo d’estate, mentre la terza incontra Letizia Battaglia e Roberto Scarpinato. Un libro da adottare nelle scuole. (Di Girolamo, pagg. 200, € 15,00) FEDERICO PONTIGGIA Schermi d’amore Gill Paul Hollywood Love Stories. Storie d’amore dietro il grande schermo Humphrey Bogart e Lauren Bacall, Clark Gable e Carole Lombard, Spencer Tracy e Katharine Hepburn, Ingrid Bergman e Roberto Rossellini, Arthur Miller e Marilyn Monroe, Richard Burton ed Elizabeth Taylor… Quante sono le storie d’amore e cinema (fugaci o durature, pubbliche o private, serene o infelici, passioni coniugali o liaison scandalose) che hanno attraversato il grande schermo per entrare nella memoria collettiva del Novecento? Lasciatevi raccontare le quattordici più belle da Gill Paul, un’autrice che ha fatto delle relazioni leggendarie la sua specialità (ha scritto anche Civil War Love Stories, Rock & Roll Love Stories, Royal Love Stories, Titanic Love Stories, World War I Love Stories e World War II Love Stories). (White Star, Pagg. 192, € 24,90) ANGELA BOSETTO -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Il regista Ken Loach Adriana Asti (“Mi diede e gli diedi grande fiducia”), Stefania Sandrelli (“Ogni ruolo che ho recitato per Bernardo mi è piaciuto”), Jeremy Irons (“Non credo sia possibile convincerlo che qualcosa potrebbe essere fatta diversamente da come lui l’ha pensata”), Joan Chen e Ying Ruocheng (che ne lodano cultura e sensibilità), Francesco Barilli (provinato a sorpresa con una poesia di Pasolini) e Marisa Solinas, per la quale lavorare con lui fu un’esperienza tale da farla innamorare. (Mimesis, Pagg. 130, € 12,00) Ora pro nobis Gattopardo Cinema e preghiera, binomio possibile. Ecco perché di Gianfrancesco Iacono ANGELA BOSETTO Altri linguaggi Alessandro Amaducci Videoarte – Storia, autori, linguaggi Strategia del regista Giancarlo Alviani Un’aspirina e un caffè con Bernardo Bertolucci. Regista e attori si raccontano Sul casting Bertolucci ha una filosofia: “Un attore o mi piace nei primi cinque minuti oppure sono problemi”. Da regista parla volentieri di come dirige i suoi interpreti, ma per capirne a fondo il metodo bisogna ascoltare loro: Uno studio sulla videoarte a 50 anni dalla nascita, sempre più attuale in un’epoca di nuove tecnologie dell’immagine, scomposto in tre tranches: le origini della videoarte, con l’avvento della tv, dei nuovi mezzi tecnici che aprono una nuova era della comunicazione, le teorie del villaggio globale di McLuhan, Andy Warhol e il New American Cinema; lo sviluppo della videoarte tra gli anni ‘60 e gli ‘80, con numi tutelari del calibro di Bill Viola, Gary Hill, Robert Cahen e l’avvento di MTV; un focus dagli anni ‘90 fino a oggi, attraverso il lavoro di Marc Caro, Dave McKean, Edouard Salier, con le nuove tecnologie in grado di assicurare alla simbiosi tra musica e video (Cunningham e Gondry) nuove strade da percorrere. (Kaplan, pagg. 216, € 20,00) GIANLUIGI CECCARELLI Una scena di Uomini di Dio di Xavier Beauvois La preghiera, anche se collettiva, è sempre intima. Proprio per questo, il rapporto fra natura della preghiera e linguaggio cinematografico, voyeuristico per eccellenza, si configura come complesso e contraddittorio ma anche affascinante. Su questo tema indaga il volume Il fuoco e la brezza del vento Cinema e preghiera, scritto a quattro mani da Dario Cornati e Dario Edoardo Viganò, riflessione sull’incontro fra la dimensione spirituale della preghiera e la narrazione che di essa ha fatto il cinema nel corso della sua storia. L’analisi condotta dagli autori scopre così il nervo sensibilissimo della potenzialità, insita nel cinema, di cogliere l’essenza dell’interiorità dell’uomo, con i suoi travagli e le sue speranze. Tale prospettiva rilegge i capolavori di Tarkovskij, di Bergman e di Bresson lungo l’asse portante della preghiera e dell’assenza/presenza di Dio nella vita dell’uomo, attraverso la sensibilità degli autori e il mutare dei modelli. L’esperienza filmica si propone dunque come cassa di risonanza del nichilismo del nostro tempo laicizzato e frenetico. Così, la descrizione dello smarrimento contemporaneo accomuna cineasti fra loro diversissimi, mettendo in luce una volontà di rappresentazione che oscilla tra la percezione dell’assenza Il fuoco e la brezza del vento - di Dio nel mondo e al tempo stesso il Cinema e disperato bisogno, per l’uomo, di preghiera avvertirne la presenza, necessità espressa dall’amore e vivificata dalla preghiera. TELECOMANDO /// Colonne sonore ///-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- MIA MADRE Arvo Pärt, chi è costui? L’abbiamo già sentito ne La grande bellezza sorrentiniana, ma un altro autore autarchico italiano l’ha preso in prestito alla grande: otto pezzi, da Sarah Was Ninety Years Old a I. ludus (con moto), per immergere il dolore, l’inadeguatezza e la vita tutta nella partitura minimalista del maestro estone. Per il resto, la tracklist di Nanni Moretti ricorre ai sommi Leonard Cohen (Famous Blue Raincoat), Jarvis Cocker (Baby’s Coming Back to Me), Philip Glass e intima, con Mario cantini e Nino Rota, Bevete più latte. Ascolto avviluppante, sinestetico. F.P. QUESTIONE DI (SANA)CORE CHISSÀ se anche stavolta, dopo Yann Tiersen, JeanPierre Jeunet permetterà a un nuovo astro nascente di spiccare il volo verso la popolarità. Forse no, viste le vicissitudini che Lo straordinario viaggio di T.S. Spivet ha avuto in sede di distribuzione, ma l’esordio nell’industria cinematografica del chitarrista italo-francese Denis Sanacore, questa popolarità, la meriterebbe tutta. La chitarra di Sanacore non è la fisarmonica di Tiersen, non procede in quella direzione ludico-fiabesca (o in quelle analoghe spesso presenti nei film di Jeunet), ma spazia creativamente nel diegetico, da un tema principale arpeggiato (Eagle) che in Buffalo vede l’aggiunta di un violino (strumento della moglie, e partner di Sanacore, Rachel Carreau), per poi stemperarsi in un melanconico delay (The Echo of Myself). Le svolte folk di Radio Flyer, con tanto di armonica a bocca, le atmosfere western alla On the Train, le ottime To Each His Own Lucky Star/Chicago Chase, pur viaggiando costantemente sul crinale del cliché, non risultano mai scontate, e spiccano per ispirazione e genuinità, evocando via via scenari a perdita d’occhio, frenesia, solitudine. Si chiude con Léa Sanacore, figlia d’arte: la sua Here Now and Then è una ballata cantata con voce potente, sotto il segno di uno strumento, la chitarra, che passa di padre in figlia. GIANLUIGI CECCARELLI 82 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo maggio 2015 IL RACCONTO DEI RACCONTI Dopo l’Oscar per The Grand Budapest Hotel, e dopo averlo già servito per Reality, il compositore francese Alexandre Desplat ritrova Matteo Garrone nel Racconto dei racconti: quando il fantasy incontra il barocco, quando il genio ne F.P. incontra un altro. LA GIOVINEZZA Fatale fu una “bugia”: I Lie, contenuta nella colonna sonora de La grande bellezza. Sorrentino non lascia David Lang, ma eleva all’ennesima potenza il sodalizio: sono del compositore americano, premio Pulitzer nel 2008 per The Little Match Girl Passion, le musiche del nuovo Youth. Lang, losangelino a NY, classe ’57, al cinema aveva già messo uno zampino importante sullo spartito di Requiem for a Dream, ora il suo mix minimalista-modernista “serve” a raffreddare la cifra estetizzante di Sorrentino: la grande dissonanza? F.P. S N G C I S I N D A C AT O N A Z I O N A L E G I O R N A L I S T I C I N E M AT O G R A F I C I I TA L I A N I