note tecniche di laboratorio
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NOTE TECNICHE DI LABORATORIO 1. NORME DI RIFERIMENTO La determinazione dell’indice di rilascio è definita dalla seguente norma: D.M. 14 maggio 1996 “Normative e metodologie tecniche per gli interventi di bonifica, ivi compresi quelli per rendere innocuo l’amianto, previsti dall’art.5, comma 1, lettera f), della legge 27 marzo 1992, n.257, recante:”Norme relative alla cessazione dell’impiego di amianto””. Articolo 4 – Gli interventi di estrazione e l’uso di pietre verdi, nonché gli interventi di bonifica dei materiali costituiti da pietre verdi contenenti amianto devono essere attuati in base ai criteri riportati in allegato 4 al presente decreto, di cui costituiscono parte integrante. Allegato 4 punto B1 – Materiali in breccia …. Si fa riferimento ad un indice di rilascio determinato utilizzando come parametri la percentuale di amianto liberato e la densità relativa del materiale solido. …. Per la determinazione della percentuale in peso di amianto in fibre liberate si suggerisce la seguente procedura: 1.1. 2.2. 3.3. 4.4. pesatura materiale sfregamento tramite automacinazione per quattro ore mediante la macchina di cui alla Fig.1 lavaggio del materiale, filtrazione del liquido di lavaggio e raccolta della polvere su filtro analisi della polvere con metodi quantitativi per la valutazione della presenza di amianto in fibre (IR o SEM) I.r. = percentuale di amianto liberato/percentuale di densità relativa Dove densità relativa = densità apparente/densità assoluta. I Nella classificazione dei materiali naturali si dovrà fare riferimento quindi all’indice di rilascio, modificato in modo da utilizzare la percentuale di amianto rilasciato dal materiale e non la percentuale di amianto totale. Il materiale verrà quindi definito non pericoloso quando l’indice di rilascio sarà inferiore o uguale a 0,1. 1.1 Osservazioni sulle Norme La norma sopra riportata, così come il precedente DM 6 settembre 1994, definiscono in modo preciso e dettagliato le tecniche analitiche per la determinazione del quantitativo di amianto nelle polveri liberate. Mentre viene sollevata, in fase stessa di norma, la problematicità della preparazione delle polveri. D’altra parte l’importanza della determinazione dell’indice di rilascio viene confermata anche dal Decreto Interministeriale del 3.8.2005 “Definizione dei criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica” che lo indica tra i parametri di riferimento. Il DM 1996 descrive il macchinario da utilizzare per l’automacinazione (Foto 1), ma risulta vago nella definizione della pezzatura (da 5 cm a 5 mm) e non dà indicazioni sulla velocità di rotazione. Riteniamo che questi due parametri, o meglio che la loro variazione sia determinante nella valutazione dell’indice di rilascio. Ad oggi non siamo a conoscenza di alcuno standard di riferimento in proposito. Inutile sottolineare anche la non confrontabilità di risultati ottenuti con procedure diverse. FOTO 1 – Strumento per l’automacinazione II 2. PROCEDURA IN USO 2.1 Procedura di Automacinazione Allo scopo di definire un nostro standard interno abbiamo ricercato indicazioni da altre esperienze in modo da uniformare il più possibile la procedura. Di seguito elenchiamo le fonti ed i relativi parametri. Dal DM 96: tempo di automacinazione 4 ore, setto poroso per la raccolta della polvere di 0,45 micron (Foto 4). Dalla Deliberazione della Giunta Regionale della Liguria n.878 del 4.8.2006 “Criteri per l’utilizzo e la gestione delle terre e rocce da scavo”: velocità di rotazione di 50 giri/min per la prova di sfregamento tramite “automacinazione” Dal “Progetto regionale pietre verdi” della Regione Emilia Romagna: apertura di 1 mm del setaccio di vagliatura del materiale dopo l’autofrantumazione. Per quanto riguarda la pezzatura del materiale si utilizzano dimensioni comprese tra 2 e 5 cm confrontabili con campione di ballast (Foto 2) e di serpentinite (Foto 3). FOTO 2 – Aspetto esterno del ballast prima e dopo l’automacinazione III FOTO 3 – Aspetto esterno della serpentinite prima e dopo l’automacinazione FOTO 4 – Sistema di filtraggio e trattenuto a 0,45µm 2.2 Analisi al microscopio elettronico a scansione (SEM-EDS) Si utilizza il programma EDAX DX4 2.11 (1996) che elabora i dati raccolti dal sistema a dispersione di energia EDAX PV 9900, montato su un microscopio elettronico a scansione PHILIPS XL20. La caratterizzazione chimica quantitativa dei campioni si effettua attraverso il dispositivo per la microanalisi in dispersione d’energia (EDS) connesso al microscopio a scansione elettronica (SEM). Tale dispositivo è composto essenzialmente da una camera a vuoto e da un cannone elettronico che produce un fascio di elettroni il quale viene focalizzato mediante un condensatore sul campione. In risposta a questo bombardamento IV si verificano una serie di fenomeni tra cui l’emissione di elettroni secondari, con energia di pochi eV, e di elettroni retrodiffusi, di alta energia, generati dall’interazione del fascio incidente con gli atomi del campione. Poiché l’intensità dell’emissione di elettroni retrodiffusi dipende, oltre che dall’angolo con cui il fascio colpisce la superficie del campione, anche dal numero atomico medio del campione, variazioni locali del numero atomico, dovute alla presenza di atomi pesanti, producono variazioni nel tono di grigio dell’immagine. Oltre a questi fenomeni l’interazione del fascio di elettroni incidente con il campione ha come ulteriore effetto quello di produrre raggi X primari, con lunghezze d’onda ed energie caratteristiche degli elementi presenti nel campione. Lo strumento SEM/EDS raccoglie lo spettro della radiazione X emessa dal cristallo e lo utilizza per identificare gli atomi presenti. Dalla lettura dello spettro, poiché l’ampiezza di ogni picco è direttamente proporzionale alla quantità di RX emessa da un particolare elemento, è possibile valutare le quantità relative degli elementi presenti nel campione. Per il riconoscimento delle diverse specie atomiche devono essere forniti degli appositi valori standard relativi a campioni contenenti quel dato elemento chimico. 2.3 Preparazione dei campioni per il SEM Per la visione al SEM i campioni vengono posti su degli appositi stub di alluminio di forma circolare con diametro 8 mm. Questa procedura consiste nel portare in soluzione il materiale fine, precedentemente ottenuto tramite automacinazione, e filtrare 4 cl di quest’ultima, così da ottenere circa 0,1 mg di campione da disporre sopra lo stub. Successivamente gli stub sono stati metallizzati con strati di carbonio di spessore 30 micron al fine di effettuare le analisi chimiche e quantitative. Si considerano 21 campi di lettura (area di ogni campo= 0,0025 mm2) per il ballast e 41 per le serpentiniti. In ogni finestra di visione al SEM vengono conteggiate tutte quelle fibre con lunghezza superiore ai 5µm e larghezza inferiore a 3µm (esempio in figure 5 e 6). Attraverso questa procedura si può effettuare una stima di quante fibre siano presenti su ogni stub. Essendo a conoscenza del peso del materiale sullo stub e dimensione dello stub si riesce a quantificare il tenore di fibre sull’intero campione impiegato per l’automacinazione. V FOTO 5 e 6 – Immagini al SEM delle fibre 2.4 Analisi con spettrofotometria FT-IR Viene eseguita l’analisi quantitativa tramite uno spettrofotometro FT-IR Spectrum BX II. Questo strumento è costituito essenzialmente da una base (o banco ottico) sulla quale sono assemblati una sorgente ad incandescenza (IR), un laser HeNe (che emette una radiazione IR con lunghezza d’onda pari a 633 nm) con relativo elemento fotosensibile, l’interferometro, il rivelatore dello strumento stesso (detector) ed un ADC Converter per trasformare il segnale analogico del rivelatore in segnale digitale da elaborare al computer. L’interferometro costituisce il cuore dello spettrofotometro FT-IR, è un dispositivo ottico nel quale un raggio, emesso da una sorgente, viene diviso equamente in due raggi, normalmente perpendicolari tra loro. Tra questi viene provocata una differenza di cammino ottico per effetto del movimento di uno specchio mobile. Vengono poi ricombinati e si genera un interferogramma. La presenza del campione fa sì che alcune lunghezze d’onda vengano in parte o totalmente assorbite dalle molecole che lo compongono, che trasformano l’energia associata a tali radiazioni in energia vibrazionale. Dato che ogni molecola è in grado di assorbire solamente alcune determinate radiazioni, si avrà un diverso interferogramma per ogni sostanza analizzata. Un interferogramma però non è in grado di fornire informazioni utili all’ interpretazione della sostanza in esame, è necessario quindi trasformarlo in una curva più comprensibile, come lo spettro infrarosso. L’algoritmo matematico che viene utilizzato per trasformare un interferogramma in uno spettro è la Trasformata di Fourier, grazie alla quale è possibile passare da una curva avente come ordinata il tempo, o lo spazio, ad una avente come ordinata la frequenza, o lo spazio-1. VI Preparazione degli standard Viene preparato lo standard di crisotilo di Balangero macinando un grammo di quest’ultimo con un mortaio ad agata; la stessa operazione viene ripetuta per lo standard di serpentino, prendendo un grammo di cristalli di serpentino antigorite provenienti da giacimenti dell’Isola d’Elba precedentemente selezionati al microscopio elettronico a trasmissione, esenti quindi da qualsiasi fibra. Gli standard devono essere preparati come descritto nella seguente tabella (ripresa da “Protocollo di analisi RFI-CNR per la determinazione dell’amianto nel pietrisco di pietre verdi”): Standard 1 2 3 4 5 Serpentino quantità % (mg) 95 28.5 90 27.0 80 24.0 60 18.0 20 6.0 Crisotilo quantità % (mg) 5 1.5 10 3.0 20 6.0 40 12.0 80 24.0 Le polveri di ogni standard vengono quindi macinate ed omogeneizzate con un mortaio ad agata. Successivamente, le polveri di ogni standard così ottenute vengono mescolate con KBr, preventivamente essiccato in forno a 150°C, in un rapporto di 3000:30mg (ovvero vengono mescolati 3 g di KBr con 30 mg di polvere). Tali miscele devono essere lavorate fino ad ottenere una pasta omogenea. Di ciascuna miscela composta da KBr e polvere viene prelevata una quantità pari a 300 mg e viene inserita all’interno della pasticcatrice da 10 mm di diametro per essere compressa per almeno 5 minuti ad una pressione di 10 tonnellate. Per quanto riguarda la taratura dello strumento questo deve essere preparato secondo le seguenti indicazioni: • range analitico: 4000 – 400 cm-1 • apodizzazione: strong • risoluzione: 1 cm-1 • numero di scansioni del fondo: 32 • numero di scansioni del campione:32. La calibrazione dello strumento deve quindi coprire i valori compresi nel range tra il 5 e l’80% di crisotilo. La misura quantitativa del crisotilo nel serpentino viene eseguita utilizzando le seguenti bande: • la banda a 3642 cm-1, solitamente utilizzata per quantificazioni comprese tra il 5 e il 100% di crisotilo in miscela; VII • la banda a 1054 cm-1, utilizzata invece nella quantificazione tra il 20 e il 100%, in quanto spesso coperta da altre vibrazioni di silicati. Viene selezionata la banda compresa tra 3651 e 3620 cm-1 e calcolata l’area racchiusa tra i due estremi della banda stessa. L’area di tale picco viene attribuita alla percentuale di crisotilo presente nel campione e viene quindi effettuata una regressione lineare sui risultati relativi ai vari standard. Preparazione dei campioni Il campione da analizzare viene preventivamente macinato omogeneamente con mortaio e pestello, successivamente viene messo in un crogiolo di porcellana e posto per un’ora nella muffola, per essere trattato a 400 °C; tale operazione permette di eliminare l’eventuale presenza di leganti o sostanze organiche senza apportare all’amianto, eventualmente presente, sostanziali modifiche spettrali dovute alla temperatura. Dopo il trattamento termico del campione e dopo il raffreddamento in essiccatore, viene presa un’aliquota di circa 3 mg della polvere per essere miscelata e macinata in un mortaio con 300 mg di KBr secco. Successivamente viene preparata la pasticca, inserendo la miscela di polvere e KBr nello stampo per essere sottoposto a stampaggio di 10 tonnellate tramite pasticcatrice da 10 a 30 mm di diametro. L’analisi della pasticca deve essere eseguita nelle stesse condizioni strumentali in cui è stata eseguita quella relativa agli standard di riferimento. FOTO 7 e 8 – Spettrofotometro FT-IR e spettro tipo in uscita dallo strumento VIII