Si ritiene che il buon aroma e sapore del pane appena sfornato sia il
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Si ritiene che il buon aroma e sapore del pane appena sfornato sia il
8 ALIMENTAZIONE Il falso aroma del tartufo i ritiene che il buon aroma e sapore del pane appena sfornato sia il prodotto di oltre centocinquanta molecole. SL’insieme delle caratteristiche visive, olfattive e gustative dei vini pare siano la risultanza di oltre settecentocinquanta molecole. In modo analogo avviene per la totalità degli altri cibi della nostra alimentazione, che sono una fonte ancora quasi inesplorata di una sterminata moltitudine di molecole. Giovanni Ballarini Bisogna aggiungere che le molecole di un cibo agiscono in modo differenziato sui ricettori olfattivi e gustativi. Inoltre vi è un apprezzamento odorifero di un cibo prima che venga assunto, ma lo stesso cibo, dopo essere apprezzato in bocca, può emanare aromi che risalgono nel naso, determinando nuovi apprezzamenti olfattivi, anche di retro gusto, che ad esempio scompaiono quando si è colpiti da un potente raffreddore che rende gran parte dei cibi privi di gusto, anzi di retrogusto. Non bisogna inoltre sottovalutare che vi sono molecole che determinano sensazioni più o meno persistenti. La ricerca scientifica sta anche rivelando delle differenze genetiche nei singoli individui, che possono anche non percepire taluni sapori o non essere sensibili, ad esempio, all’azione stimolante della capsaicina, uno dei principi “pizzicanti” del peperoncino: come esistono persone che sono dette daltoniche in quanto non vedono uno o più colori di base, allo stesso modo vi sono persone “daltoniche” ad un gusto, ad esempio all’amaro o, come si è appena detto, al piccante. Infine le sensazioni gusto-olfattive sono influenzate dalla temperatura del cibo ed un brodo freddo darà ad esempio sensazioni diverse di quelle del brodo caldo. Non è mai detta l’ultima parola, ma non bisogna dimenticare che a ogni sensazione gusto-olfattiva si associa anche la “palatabilità”, vale a dire la somma delle sensazioni connesse alla consistenza del cibo. L’apprezzamento gusto-olfattivo e palatabile di un cibo è infine valutato sulla base di passate esperienze, in gran parte di tipo culturale individuale, familiare e sociale. Tipico è quanto avviene per l’aroma agliaceo, da alcuni gradito, da altri aborrito. Una situazione molto complessa, quella ora appena schematizzata, che tuttavia porta alla semplice conclusione che non esiste e non può esistere una sola molecola capace di rappresentare un cibo, non esclusi fra questi i tartufi. Ma qualcuno potrà obiettare che esiste, od almeno viene prodotto o commercializzato la vanillina, l’aroma di mela verde, il bismetiltiometano od aroma e tante altre molecole che sono vendute come caratterizzanti di questo o quel cibo. Forte ed ampia è la chimica industriale degli aromi, con un industria che riesce anche a produrre combinazioni che si avvicinano o tentano di simulare l’aroma, più che il gusto di questo o quel cibo. E’ ad esempio il caso del cosiddetto “aroma del panettone” che è stato anche ampiamente usato per i latti in polvere per vitelli, al fine d’ingannare il contadino dandogli da credere che si trattava di buon latte, anche se la polvere che gli era venduta non conteneva un grammo di latte! Quali e quante sono le molecole dei tartufi con attività gusto-olfattive? Non lo sappiamo, ma certamente sono molte, anzi moltissime. Va inoltre aggiunto che ogni specie di tartufo ha le sue caratteristiche, che i tartufai e i gastronomi ben conoscono. Non va inoltre dimenticato che i tartufi sono esseri viventi, che risentono in modo significativo delle condizioni nelle quali si sono sviluppati: dalla composizione del terreno ai condizionamenti climatici e via dicendo. Vi sono specie di tartufi più carichi di molecole odorose e scarse di molecole gustative, vale a dire con una buona carica aromatica, ma di scarso sapore. Altri tartufi hanno anche una sostenuta attività gustativa, ma si differenziano per la persistenza orale e nel retrogusto. Gli effetti gusto-olfattivi dei tartufi dipendono anche dalle condizioni di presentazione: se i cibi grassi o magri, caldi liquidi o solidi, più o meno caldi e via dicendo e che per questo sono esaltati più in certi tipi di ricetta che in altra. Perché gran parte se non tutti i tartufi, questo è indubitabile, chi più e chi meno sono ricchi di componenti aromatiche? E’ questa la manifestazione di un’interessante comunicazione tra le varie specie del mondo vivente attraverso messaggi chimici. Un fenomeno molto complesso da esaminare in altro momento. In questa sede e dopo quanto accennato è sufficiente rilevare ed affermare quanto sia ingannevole la denominazione di “aroma di tartufo” assegnato alla molecola del bismetiltiometano: un clamoroso falso, in quanto non esiste un “aroma del tartufo”. Una denominazione che dovrebbe essere bandita, anche in tutti i deprecati e depracabili usi ingannevoli, quali quelli degli oli o delle paste che sono qualificate all’aroma del tartufo od in alimenti industriali detti “tartufati”. Commento: Leggendo l’autorevole dissertazione sul falso aroma del tartufo del Prof. Ballarini, sono rimasto scombussolato. La cosa che mi ha maggiormente colpito è stata la notizia a cura del Prof. EM. GIOVANNI BALLARINI (Università di Parma) che questo prodotto di sintesi, derivato da idrocarburi e propinato agli ignari clienti da ristoratori senza scrupoli, che artefici di questa scoperta sono stati due ricercatori dell’Università di Modena, questa è stata veramente la mazzata finale! Autori della scoperta sono stati i professori: Adriano Pinetti e Franco Bellesia, del dipartimento universitario di chimica organica (effigiati rispettivamente nella foto). Proprio ricercatori della mia Città! Quando nell’ateneo modenese fanno belle scorte, questo mi riempie di gioia, mi sento come se anch’io fossi partecipe della scoperta, purtroppo in questo caso non riesco a compiacermene; mi sento come un calciatore che ha fatto gol nella propria porta . A conferma delle affermazioni del Prof. Ballarini, come se non bastasse apprendo che alcuni ricercatori perugini stanno cercando di produrre piantine con il micelio già aromatizzato chimicamente, per creare alberi con l’aroma del tartufo, così se riusciranno nell’intento i ristoratori ci grattugeranno nel piatto: pezzi di legno, ghiande, rami e fogliame al posto del tartufo. Certo che questo costituirà un grande progresso nel campo alimentare, in quanto anziché pasteggiare a petrolio potremo mangiare gli alberi, prodotti indubbiamente più naturali. Da non sottovalutare anche il risparmio economico, in quanto col prezzo che raggiungerà il petrolio in futuro, avremo una valida alternativa. Mi auguro che anche i famosi cioccolatini di Perugia in futuro non saranno composti da ottimi e selezionati escrementi naturali, aromatizzati chimicamente al gusto di cioccolato. A questo punto non posso che farvi un augurio, perché ne avete bisogno: buon appetito! Eccovi l’articolo choc pubblicato da: “Il Resto del Carlino” ormai anni or sono. Bisogna ammettere che sono stati dei buoni profeti! CLONATO L’AROMA DEL TARTUFO! Fra breve nei ristoranti ci sentiremo proporre succulenti piatti di tagliatelle al tartufo… che tartufo non è. La tecnologia ci abituerà a realizzare sinteticamente anche questa delizia. Manderemo in pensione i cani, così bravi a scovare le profumatissime quanto preziose leccornie fra i boschi della montagna e, ci accontenteremmo di un aroma, certamente più a buon mercato, ma senza il fascino dell’elemento naturale. Potrebbero sembrare discorsi da fantascienza e invece, grazie al prof. Adriano Pinetti e Franco Bellesia del dipartimento universitario di chimica organica dell’università di Modena, si tratta già di una realtà. Insieme a docenti dell’ateneo di Perugia nel 1995 iniziarono gli studi in questo senso. Nel 2000 l’aroma del costoso tubero era già stato “copiato”. Per alcuni anni le voci sull’aroma scoperto si quietarono: “Nel frattempo – afferma il prof. Pinetti – abbiamo Proseguito le ricerche sempre sullo stesso filone. In collaborazione con una ditta modenese abbiamo studiato i mutamenti dell’aroma nell’invecchiamento del caffè. Ora stiamo portando avanti la stessa ricerca sul parmigiano reggiano. Il primo studio resta comunque quello del tartufo. Anche in questo caso ci siamo messi all’opera per scoprire i mutamenti di profumo col trascorrere del tempo. Ora il tartufo è tornato di attualità, in quanto i nostri studi sono stati pubblicati su prestigiose riviste scientifiche tedesche. Crediamo inoltre – aggiunge il prof. Pinetti – che i nostri colleghi di Perugia stiano proseguendo gli studi e stiano cercando di aprire uno sbocco commerciale alla scoperta. Tentano infatti un opera di micorrizazione, vale a dire provano a fare attecchire i miceli (filamenti già aromatizzati) alle radici delle piante. Se riusciranno, pure le piante cresceranno con lo stesso aroma. Grazia Franchini Commento: a mente fredda bisogna riconoscere i giusti meriti a questi valenti ricercatori e, non accusarli per l’uso improprio e a volte truffaldino che viene fatto degli aromi scoperti. Sono dell’avviso che basterebbe onestamente informare la clientela nei menu e, indicare sulle etichette dei prodotti stessi, che si tratta di un aroma di sintesi e, far pagare loro il prezzo che meritano questi prodotti chimici, quasi zero! Da indiscrezioni pare che siano in corso all’Istituto Nazionale di Sanità, sperimentazioni su animali, col bismetiltiometano, in quanto ci sono concreti sospetti che possa essere addirittura cancerogeno, potrebbe quindi essere ritirato dal mercato.