I l premio per il rischio percepito sui mercati azionari e la

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I l premio per il rischio percepito sui mercati azionari e la
I l premio per il rischio percepito sui mercati azionari e la politica
monetaria della Federal Reserve
The implied equity risk premium and fed’s monetary policy
Daniele Di Giulio – Associazione Bancaria Italiana
La stima econometrica di una «augmented forward looking Taylor rule» è utlizzata per analizzare empiricamente la reazione della
Federal Reserve nei confronti dell’inflazione, dell’output gap e del premio per il rischio (implicito) percepito sul mercato azionario nel
periodo 1985-2008. I risultati dimostrano che una regola di policy che include tra gli argomenti anche il premio per il rischio percepito
dagli investitori può rappresentare una buona descrizione del modo in cui la politica monetaria statunitense ha operato negli ultimi
vent’anni. Emerge dalle stime una relazione negativa e significativa tra il premio per il rischio implicito e il tasso di policy della Fed;
specie nei periodi in cui l’avversione al rischio degli investitori è crescente. Ciò suggerisce che uno degli obiettivi perseguiti sia stato
quello di limitare la possibilità che gli investitori, tramite dei comportamenti irrazionali, potessero far scendere eccessivamente le
quotazioni di borsa nei periodi caratterizzati da una forte avversione al rischio e da un calo della fiducia sui mercati.
The paper evaluates how the Fed reacted to inflation, output gap, and the equity risk premium perceived in the US stock market during the period
1985-2008. Our econometric estimates of an “augmented forward looking Taylor rule” show a negative and statistically significant relation between
the implied equity risk premium and the Fed’s policy rate. Furthermore, the monetary policy reaction appears stronger and more significant as
investors’ risk aversion rises. This empirical evidence suggests that the US monetary policy during the analyzed period aimed at minimizing the
risk that investors, through irrational behaviour, could cause relevant stock prices contractions in periods of increasing risk aversion and decreasing
market confidence.
1 Introduzione
Il presente lavoro costituisce un approfondimento e un’estensione, sia da un punto di vista
empirico che metodologico, dell’argomento
analizzato e sviluppato nella mia tesi di laurea; si
ringraziano il Prof. Michele Bagella, Paolo Paesani e Rocco Ciciretti per l’aiuto e l’assistenza fornitami durante il periodo della tesi. Si ringraziano inoltre Vincenzo Chiorazzo, Carlo Milani,
Pierluigi Morelli, Gianfranco Torriero e due Referee anonimi per i suggerimenti e i commenti
fornitimi durante la stesura del presente articolo.
Nel corso degli ultimi decenni la dinamica del mercato azionario e dei prezzi delle attività
finanziarie ha rappresentato uno dei fattori più importanti nello spiegare le fluttuazioni macroeconomiche. Ciò ha portato molti economisti a chiedersi che relazione possa esistere
tra le oscillazioni dei prezzi dei titoli azionari, le variabili macroeconomiche e la politica
monetaria. Sull’argomento da alcuni anni si sta sviluppando una vasta letteratura; tuttavia, sia dal punto di vista teorico che empirico, non si è ancora giunti a una soluzione economica unanime al problema.
Un tema importante per le banche centrali negli ultimi anni è stato quello di valutare
l’opportunità di ampliare l’insieme delle variabili da inserire all’interno delle regole standard di politica monetaria in modo da prendere in considerazione anche i movimenti degli «asset price» (titoli azionari, valute, attività immobiliari). Tra gli economisti sono infatti emerse diverse opinioni sul ruolo che potrebbe assumere la politica monetaria nel combattere il fenomeno delle bolle speculative che colpiscono i mercati finanziari e su quale
sia la politica monetaria ottima che una banca centrale dovrebbe attuare per massimizzare
la stabilità macroeconomica e finanziaria.
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