Attività biologiche degli isomeri coniugati degli acidi grassi
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Attività biologiche degli isomeri coniugati degli acidi grassi
Attività biologiche degli isomeri coniugati degli acidi grassi essenziali linoleico e α-linolenico Publio Viola L. Docente in Medicina Sociale Università La Sapienza Primario Medico Emerito Ospedale S. Giovanni, Roma Referente: Prof. Publio Viola Via Accademia degli Agiati 45 00147 Roma [email protected] Abstract Nel 1929 G. O. Burr pubblicò i risultati delle sue ricerche nelle quali poneva in evidenza come, per la vita dei mammiferi, fosse indispensabile la presenza di alcuni acidi grassi polinsaturi e, precisamente, il linoleico (18:2 ω-6) e l’α-linolenico (18:3 ω-3), entrambi a 18 atomi di carbonio, ma rispettivamente, con due e tre doppi legami nella catena. Tali acidi grassi non possono essere sintetizzati dall’organismo e furono perciò definiti “essenziali”, o EFA (Essential Fatty Acids), al pari degli aminoacidi essenziali e delle vitamine. La posizione del primo doppio legame nella catena rispetto al metile caratterizza diversità fisico-chimica dell’acido grasso (ω-6, oppure ω-3) e la diversa attività biologica che può essere anche antagonista. Altrettanto importante nei due polinsaturi è la posizione nella catena del successivo doppio legame, così come la formazione dei lunga catena (LCPUFA) nei quali il doppio legame deve essere sempre alternato da due legami semplici (-CH2-CH=CH-CH2-CH=CH-CH2-). È possibile tuttavia che in natura si possa verificare una mutazione della posizione dei doppi legami nella catena , i quali, invece di essere alternati da due legami semplici, sono alternati da uno solo (posizione coniugata). Tale mutazione modifica le attività biologiche degli EFA, evento che per molto tempo fu considerato in senso negativo. Attualmente sono emersi numerosi studi che hanno posto in evidenza insospettate attività positive degli isomeri coniugati degli EFA, in particolare per quanto riguarda l’acido linoleico (18:2 ω-6), dotate di effetto terapeutico. Abstract In 1929 G.O. Burr published the results of his research in which he showed how certain polyunsaturated fatty acids are indispensable for mammals. These fatty acids are linoleic (18:2 ω-6) and α-linolenic (18:3 ω-3), both with 18 carbon atoms, with the former having two and the latter three double bonds 13 La Rivista di Scienza dell’Alimentazione, numero 1, gennaio-aprile 2014, ANNO 43 in their chains. These fatty acids are not synthesized by the body and so were called “essential”, or EFA (Essential Fatty Acids), on a par with essential amino acids and vitamins. The position of the chain’s first double bond with respect to methyl decides the fatty acid’s physiochemical diversity (ω-6, o ω-3) and their different biological activity which can also be antagonistic. Also important is the successive double bond’s position in the chain, as the formation of long chains (LCPUFA) in which the double bond must always alternate with two simple bonds (-CH2-CH=CHCH2-CH=CH-CH2-). However, in Nature it is possible to find a mutation in the double bond’s position in the chain wherein instead of being alternating with two simple bonds, they alternate with only one (conjugated position). This mutation modifies the biological activity of EFA, an event considered in the past to have negative connotations. Today, however, many studies have shown the unsuspected positive activity of conjugated EFA isomers, especially with regards to Linoleic acid (18:2 ω-6), seen to have therapeutic properties. Premessa L’acido linoleico coniugato, o, più esattamente, acido linoleico a dieni coniugati (CLA) è costi- detto anche acido rumenico, ed il 18:2 trans-10trans-12, che rappresentano l’85-90% del contenuto totale. tuito da un gruppo di isomeri dell’acido linoleico (18:2 ω-6), così come, nella stessa maniera, esistono isomeri a dieni coniugati dell’acido α-linolenico (LCLA). In questi isomeri non è rispettata la disposizione originale dei doppi legami separati da due legami semplici. In particolare, nel linoleico coniugato sono posti a livello del carbonio 9 e 12 (a partire dal carbossile) prevalentemente in posizione cis, con una struttura cioè corrispondente a 18:2 cis-9,cis-12. I doppi legami possono comunque migrare in posizione 9-11, o 10-12, con tutte le possibili combinazioni cis e trans, anche se i più comuni e più attivi sono il 18:2 cis-9,trans-11, Come sappiamo, l’acido linoleico (18:2 ω-6) e l’acido α-linolenico (18:3 ω-3) sono acidi grassi essenziali che esercitano importanti funzioni metaboliche, svolte però prevalentemente dai loro derivati superiori a 20-22 atomi di carbonio , o LC-PUFA (Long Chain Poly Unsaturated Fatty Acid), formati successivamente nell’organismo dagli enzimi elongasi e desaturasi. Per azione di questi enzimi, dall’acido linoleico si forma l’acido diomo-γ-linolenico (GLA, 20:3ω-6) e successivamente l’acido arachidonico (AA, 20:4 ω-6), mentre dall’acido α-linolenico si forma l’acido eicosapentaenoico (EPA, 20:5 ω-3), e successivamente l’acido docosaesaenoi- 14 Attività biologiche degli isomeri coniugati degli acidi grassi essenziali linoleico e α-linolenico P. Viola co (DHA, 22:6 ω-3) che si pongono come componenti strutturali nei fosfolipidi delle membrane biologiche. opera della microflora, in particolare dal Butyrrivibrio fibrisolvens (senza escludere l’intervento anche altri lattobacilli), ma può avvenire, pur se Dalle membrane biologiche i LC-PUFA possono successivamente essere scissi per azione dell’enzima fosfolipasi A2 entrando quindi nel plasma, ed essere successivamente trasformati in prostaglandine (PG), trombossani (TX) o leucotrieni (LT) per azione degli enzimi ciclossigenasi e lipossigenasi. in misura minore, anche in altre sedi del tessuto corporeo (muscolare ed adiposo), per opera di un enzima, la Δ-9-desaturasi. La quantità di CLA presente nel latte dei ruminanti può essere alquanto variabile ed è principalmente condizionata dalla quantità di acido linoleico ingerita con la brucatura (fieno Isomeri dell’acido linoleico (CLA) e/o erba). Il CLA è presente perciò in maggiore quantità nel latte degli animali tenuti al pascolo, soprattutto nei pascoli alpini, rispetto a quelli in allevamento in pianura o nutriti con prodotti industriali. Il contenuto in CLA degli animali in allevamento può comunque variare notevol- Il CLA è un derivato metabolico dell’acido linoleico del quale può essere considerato per certi aspetti un catabolita, derivante però da una bio-idrogenazione incompleta. La formazione del CLA avviene nel rumine degli animali per 15 La Rivista di Scienza dell’Alimentazione, numero 1, mente in rapporto al cibo che viene loro somministrato. Alimentati con olio di ravizzone, di soia o di lino, con pressate di semi di ravizzone ricche di grasso, con estratti di soia, o con olio di pesce (somministrati da soli o in combinazione), presentano infatti un netto aumento della concentrazione di CLA nel latte (Chillard Y et al, 2001). Prevalentemente il CLA si riscontra nel latte bovino e nei suoi derivati (burro e formaggi), ma si riscontra anche nel latte della capra, dove può essere presente anche in quantità maggiore. Può comunque trovarsi anche (in quantità minori) nella carne di vitello, di manzo, di maiale, di agnello e dei polli. Una volta ingerito, il CLA si riscontra principalmente nei lipidi neutri. Come accade per l’acido linoleico, anche il CLA viene successivamente desaturato ed elongato (mantenendo la struttura dienica) a diomoγ-linolenico coniugato (18:3 ω-6), eicosatrienoico coniugato (20:3 ω-6) e arachidonico coniugato (20:4 ω-6) ( Banni S, 2002). Come conseguenza, nei tessuti particolarmente ricchi in lipidi neutri come il tessuto adiposo ed il tessuto mammario, il contenuto dei metaboliti abituali dell’acido linoleico diminuisce e viene rimpiazzato dai metaboliti del CLA che mostrano di essere potenti inibitori, oltre che della fosforilasi A2, anche della ciclossigenasi e della lipossigenasi con ridotta formazione di trombossano, PGE2 e leucotrieni (Banni S et al, 1999). Attualmente l’interesse per il CLA è andato crescendo in quanto sono state dimostrate numerose attività protettive, anticarcinogene, ipocolesterolemizzanti, antiaterogene, antidiabetiche, antiobesità, antiossidanti, immunomodulative, antibatteriche e stimolanti la crescita (Belury MA, 2002, Banni S,2002, Bhattacharya A,2006. Kunt K, 2007, Silveira MB, 2007). In particolare, una notevole attenzione degli studiosi è stata rivolta recentemente sulle proprietà antiaterosclerotiche e sulle proprietà dimagranti (stimolanti la massa magra con riduzione della massa grassa e quindi del peso corporeo). 16 gennaio-aprile 2014, ANNO 43 Le forme considerate più attive (ed anche le più diffuse in natura) sono, come si è detto, la cis-9,trans-11 e la trans-10,cis-12. Nei ruminanti prevale la forma cis-9,trans-11, o acido rumenico, che sembra anche dotato di maggiore attività. Non va però dimenticato che, accanto alle descritte attività protettive legate alla presenza degli isomeri cis-9,trans-11 e trans-10,cis-12, alcuni altri isomeri possono, al contrario, esercitare effetti dannosi. Tali isomeri appaiono però molto poco diffusi in natura. Isomeri dell’α-linolenico Accanto alle conoscenze sul CLA (appartenente alla serie ω-6), in questi ultimi anni è emerso un interesse anche nel riconoscimento degli isomeri anche dell’acido α-linolenico, o LCLA (appartenente alla serie ω-3), con la formazione di cis-9,trans-11,cis-15 e cis-9,trans-13,cis-15, isomeri che avrebbero dimostrato in alcuni casi una maggiore efficacia del CLA, in particolare nel controllo dell’obesità riducendo il contenuto di trigliceridi nelle cellule adipose (Miranda J et al, 2011), oltre a possedere attività anticancerogene, studi in fase iniziale che debbono essere confermati. (Hennessy AA et al, 2011). Strutturalmente, gli isomeri LCNA sono isomeri posizionali e geometrici dell’α-linolenico simili agli isomeri CLA, ma sono caratterizzati dall’avere uno o più doppi legami in posizione cis o trans che sono separati da un semplice legame carbonio-carbonio invece di essere separato da un gruppo metilenico. In natura gli isomeri LCNA si trovano nei semi di melograno (c9,t11,c13), nei semi di zucca amara (c9,t11,t13), nei semi di catalpa (t9,t11,c13) e nei semi di calendula (t8,t10,c12). La presenza di questi acidi grassi coniugati negli oli di semi è il risultato dell’azione di forme diverse dell’enzima acido-grasso-coniugasi sull’acido linoleico o sull’acido α-linolenico (Cahoon EB et al, 2001) La loro attività protettiva contro l’aterosclerosi, l’obesità ed anche le neoplasie sarebbe maggiore rispetto all’attività dell’acido linoleico coniugato. Attività biologiche degli isomeri coniugati degli acidi grassi essenziali linoleico e α-linolenico Prevenzione dell’aterosclerosi Come conseguenza dell’ondata salutistica degli ultimi decenni, l’assunzione alimentare degli isomeri coniugati è andata diminuendo, sia per il ridotto consumo di latticini che per il ridotto consumo del grasso animale. Dai medici e dai nutrizionisti è stata infatti affermata, e viene abitualmente ripetuta, la necessità di ridurre l’assunzione dei grassi degli animali terrestri, presenti nella carne bovina e suina, nel lardo e nei latticini, in quanto ricchi in acidi grassi saturi e colesterolo, raccomandazione peraltro ancora valida, anche se sono stati mossi recentemente alcuni dubbi in quanto, per alcuni aspetti, viene oggi discussa la maggiore responsabilità dell’ipercolesterolemia nell’eziopatogenesi del rischio vascolare, rischio che forse è legato più all’ipertensione arteriosa, all’obesità, alla resistenza insulinica, alla componente infiammatoria, all’iperomocisteinemia, al tabagismo, e soprattutto alla perossidazione lipidica e/o alla carenza di antiossidanti. Inoltre, per quanto riguarda i saturi, la responsabilità è limitata agli acidi miristico (14:0) e palmitico (16:0) in quanto lo stearico (18:0) viene trasformato nell’organismo in oleico (C18:2 ω-9) mentre i corta catena (4:0 – 12:0) avrebbero addirittura un’attività protettiva. Ricordiamo che il meccanismo con il quale gli acidi grassi saturi a media catena (14:0 e 16:0) aumentano i livelli di colesterolemia è legato principalmente al fatto che essi limitano l’attività dei recettori specifici della membrana cellulare (recettori Apo-B) deputati al riconoscimento della proteina Apo-B presente nelle LDL, impedendo in questo modo l’ingresso delle LDL nella cellula. Gli acidi grassi polinsaturi (ma anche i monoinsaturi), attivano invece l’attività dei recettori di membrana Apo-B favorendo in questo modo’ingresso delle LDL, abbassando di conseguenza i livelli di colesterolemia. Per questo motivo (era stato sostenuto che i polinsaturi ω-6 (in particolare l’acido linoleico, presente prevalentemente negli oli di semi) fossero preventivi contro le lesioni vascolari (Keys A, 1970), in quanto riducono i livelli plasmatici P. Viola del colesterolo contrastando a livello di membrana gli effetti inibenti degli acidi grassi saturi, e fu pertanto consigliato di somministrare nella dieta 2 grammi di polinsaturi per combattere gli effetti di 1 grammo di saturi (formula di Keys, Anderson e Grande). Attualmente questa concezione non si ritiene più valida e per certi aspetti viene ribaltata, e si ritiene che i polinsaturi ω-6, invece di diminuire il rischio aterogeno, lo aumenterebbero perchè esposti ai fenomeni perossidativi con formazione di radicali liberi, ed inoltre perché dall’acido arachidonico si formano alcuni eicosanoidi (leucotrieni e trombossano) che favoriscono il processo infiammatorio e l’aggregazione piastrinica. A questo proposito si ricorda che la malattia aterosclerotica non viene oggi più considerata una malattia metabolica, ma una malattia infiammatoria nella quale un ruolo rilevante viene giocato dalla perossidazione degli acidi grassi polinsaturi ω-6 presenti nelle LDL. Una volta perossidate, le LDL ossidate non possono infatti entrare nella cellula per consegnare il colesterolo in quanto si è alterata la proteina Apo-B (anche se i recettori cellulari sono efficienti), rimanendo nel sangue e diventano tossiche per l’endotelio. La raccomandazione restrittiva dei grassi degli animali terrestri a favore degli oli di semi non trova d’altra parte oggi concordi tutti i ricercatori, ed anzi esistono studi prospettici che negano le sicure evidenze di rapporti tra il consumo dei cosiddetti “prodotti di fattoria” e la malattia aterosclerotica tanto sostenute, in quanto recenti ricerche indicano l’esistenza di un diverso comportamento nell’evoluzione dell’aterosclerosi tra popolazioni aventi i medesimi parametri metabolici di rischio (come la colesterolemia) descritti dal Seven Countries Study. Nella patogenesi della malattia, ripetiamo, sta infatti sempre più emergendo l’importanza dell’intervento dei radicali liberi dell’ossigeno (ROS) che agiscono perossidando i polinsaturi della serie ω-6 cui consegue una reazione a catena, così come viene rivolta l’attenzione sull’importanza della attività infiammatoria favorita dalla formazione dell’AA 17 La Rivista di Scienza dell’Alimentazione, numero 1, (C20:4 ω-6), precursore di eicosanoidi pro-infiammatori, pro-trombotici e vasocostrittivi (TX2, PGE2 e LT4) che conducono ad una disfunzione endoteliale favorendo il danno vascolare. La prevenzione dietetica della malattia aterosclerotica non deve perciò essere realizzata solo limitando l‘assunzione degli acidi grassi saturi e del colesterolo, ma deve essere soprattutto realizzata combattendo il rischio perossidativo attraverso una riduzione del substrato perossidabile (cioè dei polinsaturi ω-6) ed attraverso un incremento dei polinsaturi ω-3 a lunga catena (pesce azzurro) realizzando un rapporto ω6/ω-3 pari a 10 a 1, ma che molti ritengono dovrebbe essere pari a 5/1. Tale risultato può essere ottenuto da un ridotto apporto degli ω-6 sostituiti con i monoinsaturi (ac. oleico), i quali risultano essere 160 volte meno suscettibili al rischio perossidativo rispetto all’acido arachidonico (Sevanian A, 1988), associando ovviamente un aumentato apporto degli ω-3. Importante è comunque fornire sempre una adeguata assunzione di agenti antiossidanti (tocoferolo, acido ascorbico, carotenoidi, polifenoli, selenio) attraverso i vegetali, ma anche attraverso i loro derivati come l’olio di oliva vergine, il tè verde, il cacao bruno, oltre al vino (purchè in quantità controllate). Accanto a questi suggerimenti non deve essere poi sottovalutato il contenuto degli isomeri del linoleico e dell’α-linolenico (CLA e LCLA) del latte e dei latticini, che agiscono con un quadruplice meccanismo protettivo, cioè: a) come ipolipemizzanti b) come limitanti della fosforilasi A2 (liberazione di acido arachidonico) c) come inibitori dell’enzimi ciclossigenasi (formazione del trombossano e della prostaglandina PGE2) e dell’enzima lipossigenasi (formazione dei leucotrieni LT4) d) come agenti antiossidanti (Ferreira Santos-Zago L et al, 2007) In particolare, a livello delle LDL, il CLA interviene direttamente, sia proteggendole dal rischio perossidativo, sia diminuendo i livelli delle sdLDL (small density lipoprotein) che vengono considerate a maggior rischio nei confronti 18 gennaio-aprile 2014, ANNO 43 della patogenesi dell’aterosclerosi. Inoltre è stato anche descritto un favorevole aumento dell’attività della paraoxonasi, l’enzima contenuto nelle HDL dotato di attività antiossidante che contribuisce all’attività vasculo-protettiva di queste lipoproteine. Prevenzione dell’obesità Un altro aspetto interessante del CLA è legato al fatto che la sua assunzione svolge effetto dimagrante (Silveira MB et al, 2007, Wendel A et al, 2009). L’obesità è una malattia complessa legata a numerosi fattori, in parte congeniti ed in parte comportamentali (eccesso calorico e ridotta attività fisica), tutte situazioni nelle quali, oltre ad una possibile terapia farmacologica, va seguito un controllo dietetico. La somministrazione di dosi elevate di CLA e di LCLA sembra dimostrarsi utile poichè determina una diminuzione del grasso del tessuto adiposo indipendentemente da un aumento del consumo calorico, aspetto che li fa considerare un ottimo coadiuvante nelle terapie dimagranti, anche se da alcuni studiosi vengono mossi dei dubbi e incertezze. L’attività dimagrante degli isomeri coniugati non si verifica attraverso un’inibizione del centro della fame, né attraverso un aumento del tasso metabolico, ma agendo direttamente sulla composizione corporea attraverso un effetto diretto di riduzione della massa grassa a favore della massa magra, con diminuzione degli accumuli di grasso nel tessuto adiposo indipendentemente dal contenuto lipidico della dieta e dal suo valore calorico. I migliori risultati positivi sono stati però riscontrati negli studi condotti sui roditori (topi, ratti e hamster) (Evans M et al, 2002, Navarro V et al, 2006), mentre in quelli condotti sull’uomo attendono conferma. In ogni caso, dalle sperimentazioni condotte per quanto riguarda il rapporto massa magra/ massa grassa, si è visto che il CLA può ridurre l’accumulo dei grassi nel tessuto adiposo indipendentemente dall’apporto energetico dei cibi. Ciò ha fatto pensare che il CLA potrebbe stimola- Attività biologiche degli isomeri coniugati degli acidi grassi essenziali linoleico e α-linolenico re la lipolisi o potrebbe provocare una riduzione della captazione da parte del tessuto adiposo dei trigliceridi veicolati dal sangue, forse attraverso una inibizione dell’enzima lipoproteinlipasi o forse ancora attraverso un decremento del volume delle cellule adipose (Wendel A et al, 2009)Viene perciò sostenuto che il CLA, specificamente l’isomero trans-10,cis-12, ridurrebbe il tessuto adiposo attraverso una combinazione di meccanismi che includono apoptosi, diminuzione della differenziazione dei pre-adipociti e della lipogenesi e una aumentata ossidazione degli acidi grassi con consumo energetico (Hause RL et al, 2005). I dati appaiono tuttavia per certi aspetti contrastanti e pertanto il meccanismo d’azione non è del tutto chiaro. Alcuni studiosi ritengono comunque che l’aumentato consumo energetico da parte del CLA possa essere determinato da un aumento della termogenesi, anche se il CLA non modifica, o in alcuni casi diminuisce, la produzione del tessuto adiposo bruno. L’attività dei diversi isomeri del CLA, ma anche del LCLA, ha ricevuto in questi ultimi anni molta attenzione per la loro capacità di ridurre la massa adiposa e pertanto attualmente sono disponibili anche prodotti commerciali che contengono una mistura di questi isomeri (Poli A et al, 2001) Tra questi un’attività specifica è stata riscontrata nel trans-10,cis-12, il quale sembra agire attraverso una combinazione dei descritti meccanismi che includono l’apoptosi, la diminuzione della differenziazione degli adipociti e della lipogenesi e una aumentata ossidazione degli acidi grassi e della spesa energetica (House R et al, 2005), dati che richiedono comunque una conferma. Conclusioni Si è sempre sostenuto che il burro, i formaggi, le uova ed il grasso degli animali terrestri possono giocare un ruolo negativo nella patogenesi delle cardiovasculopatie e delle neoplasie e, per molti aspetti questo concetto è vero. Come si è detto però recenti studi avrebbero in parte contestato questo rapporto, ponendo in risalto il rischio P. Viola perossidativo al quale sono esposti i polinsaturi ω-6 presenti negli oli di semi. Inoltre, qualora nel latte e nei derivati che presentano una scarsa concentrazione di polinsaturi, il CLA sia presente in quantità sufficiente, questi stessi alimenti potrebbero invertire i loro effetti e svolgere un insospettato ruolo protettivo. Quanto esposto fa comprendere l’utilità di una assunzione quotidiana degli isomeri coniugati del linoleico e dell’α-linolenico, ma purtroppo la quantità presente nel latte e nei latticini che abitualmente assumiamo generalmente non è elevata e può variare anche notevolmente a seconda della provenienza (mediamente da 3 a 25 mg/grammo) essendo correlata principalmente all’alimentazione del bestiame. L’acido linoleico da cui deriva il CLA è, come si è detto, presente negli erbaggi che crescono spontaneamente nei campi, in particolare delle zone alpine. Pertanto le mucche allevate in zone che ne sono povere, o peggio, se allevate con mangimi industriali a scarso contenuto in acido linoleico, posseggono un contenuto modesto in CLA. Ne consegue che deve essere incoraggiato da parte degli allevatori la somministrazione agli animali di quegli alimenti precedentemente elencati che conducono ad un aumentata produzione di CLA con i conseguenti effetti benefici. Oggi molti produttori aggiungono al latte gli ω-3 e ne fanno una grande battaglia pubblicitaria, ma sarebbe utile se, accanto agli ω-3, venisse aumentata anche la presenza del CLA e del LCLA. Per molti aspetti va rivalutata la criticata assunzione dei cosiddetti “prodotti di fattoria”, sia perché molte teorie che avevano fatto allontanare il consumatore non si sono dimostrate del tutto efficaci, sia perchè la presenza del CLA nel latte e nei formaggi può avere effetto protettivo, qualora provenienti dalle zone notoriamente ricche in acido linoleico. Non va infine dimenticato che il CLA può essere presente anche nelle carni, anche se la fonte principale è in ogni caso rappresentata dal latte e dai suoi derivati. I dati emersi dalle recenti ricerche tendono a dimostrare che negli organismi umani il CLA è 19 La Rivista di Scienza dell’Alimentazione, numero 1, metabolizzato in maniera simile a quello degli esperimenti sugli animali. Viene efficientemente metabolizzato nei perossisomi e costituisce un buon ligando per i PPAR, influenza il metabolismo degli acidi grassi e lo scambio cellulare delle molecole liposolubili. Tutti questi fattori possono spiegare bene l’effetto favorevole del CLA nell’influenzare l’infiammazione, la proliferazione cellulare, la tolleranza al glucosio e funzioni immuni implicate negli stati patologici. In conclusione, anche se al momento attuale i non sembra giustificato un aumento del consumo di latte e latticini, i benefici effetti descritti dagli isomeri degli acido linoleico ed α-linolenico (soprattutto derivanti da animali alimentati al pascolo alpino) aprono un interessante aspetto su una possibile integrazione alimentare. Va infine tenuto conto, che, se il CLA non sembra possedere effetti tossici collaterali nella forma degli isomeri 18:2 cis,9-trans 11 (c9-t11) ed il 18:2 trans-10,trans-12 (le forme più comuni), alcuni isomeri del CLA possono essere mal tollerati, ma, come si è detto,il contenuto nel latte di tali isomeri è modesto e non sembrano destare preoccupazione. Purtroppo vi è attualmente uno scarso interesse sul tema descritto, e i dati di cui si dispone fino ad oggi, relativi agli effetti sull’organismo, anche se confortanti, sono a livello sperimentale, mentre ancora incerti (anche se promettenti) sono i dati relativi all’uomo per cui appare auspicabile continuare gli studi. Bibliografia BANNI S. (2002): Conjugated Fatty Acids - Curr. Opin. 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