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[email protected] 1 scheda tecnica titolo originale: THE MOTORCYCLE DIARIES durata: 126 minuti nazionalità: ARGENTINA, CILE. PERU', USA anno: 2004 regia: WALTER SALLES soggetto: CHE GUEVARA, ALBERTO GRANADO sceneggiatura: JOSE' RIVERA produzione: SOUTH FORK PICTURES, FILMFOUR, TU VAS VOIR PRODUCTIONS, SENATOR FILM PRODUKTION distribuzione: BIM DISTRIBUZIONE fotografia: ERIC GAUTIER montaggio: DANIEL REZENDE scenografia: CARLOS CONTI musiche: GUSTAVO SANTAOLALLA interpreti: GAEL GARCIA BERNAL CHE GUEVARA RODRIGO DE LA SERNA ALBERTO GRANADO MERCEDES MORAN CELIA DE LA SERNA JEAN-PIERRE NOHER ERNESTO GUEVARA LYNCH SUSANA LANTERI TIA ROSANA MIA MAESTRO CHICHINA FERREYRA GUSTAVO PASTORINI PASSEGGERO MARINA GLEZER CELITA GUEVARA LUCAS ORO ROBERTO GUEVARA WALTER SALLES Biografia Nato nel 1956, a Rio De Janeiro (Brasile) cresce in Francia e negli Stati Uniti prima di trasferirsi definitivamente in Brasile. Salles s'impone nell'industria cinematografica e televisiva brasiliana come regista di documentari di successo nel periodo della sua maggiore crisi, cioè negli anni '80 fino all'inizio degli anni '90. Interessato ai temi dell'esilio e della ricerca d'identità, inizia a muovere i primi passi nella fiction con il thriller "Arte Mortale" (1991). Nonostante la sua attività di documentarista sia concentrata in Europa, il regista decide di restare a vivere in Brasile dove dirige uno dei più importanti film brasiliani di quel periodo: "Terra Straniera" (1995), diretto con Daniela Thomas. Vincitore di vari premi internazionali, il film segna la rinascita della cinematografia brasiliana. Segue "Central Do Brasil" (1998), premiato a Berlino'98 come miglior film e per l'interpretazione di Fernanda Montenegro, e candidato all'Oscar come miglior film straniero. Filmografia ARTE MORTALE - regia - 1993 TERRA STRANIERA - regia, montaggio e sceneggiatura –1995 CENTRAL DO BRASIL - regia e soggetto –1998 MIDNIGHT - regia, soggetto e sceneggiatura - 1998 DISPERATO APRILE - regia e sceneggiatura 2001 THE ASSUMPTION - regia –2002 I DIARI DELLA MOTOCICLETTA - regia –2004 [email protected] 2 GAEL GARCIA BERNAL VIDAS PRIVADAS - attore - 2001 NESSUNA NOTIZIA DA DIO - attore - 2001 Filmografia IL CRIMINE DI PADRE AMARO - attore - 2002 AMORES PERROS - attore - 2000 DOT THE I - attore - 2003 Y TU MAMA' TAMBIEN - ANCHE TUA MADRE - attore - 2000 LA MALA EDUCACION - attore - 2004 I DIARI DELLA MOTOCICLETTA - attore 2004 Intervista –Gi anniMi nà“I nvi aggi oconCheGuevar a” PRIMA DELLA RIVOLUZIONE da Vivilcinema –di Barbara Corsi Per Gianni Minà il cinema rappresenta una nuova fase in una lunga e ricca carriera, cominciata come giornalista sportivo e proseguita come autore per la Rai di oltre 150 document ar i ,r epor t agedagl i St at iUni t iedal l ’ Amer i cal at i na,f amos ipr ogr ammi sul l ast or i a delj az z e del l a mus i ca sudamer i cana.L’ av v ent ur a ci nemat ogr af i ca comi nci a quando, emarginato dalla Rai sotto la presidenza Moratti - fra i primi nomi di una lunga serie –tenta senza successo di realizzare un film tratto da Notas de viaje di Che Guevara e Con el Che por America latina di Alberto Granado, i due diari del lungo, epico viaggio compiuto dai due giovani amici nel 1952 attraverso cinque stati del continente sudamericano. A sbloccare il progetto, quattro anni fa arriva improvvisa la telefonata di Robert Redford, che, av endocompr at oidi r i t t isul l ’ edi z i onei ngl esedell i br odelChe,chi edel acollaborazione di Minà, proprietario dei restanti diritti su entrambi i diari. Grazie al loro incontro, la storia del viaggio di Guevara e Granado è diventata un film, I diari della motocicletta diretto da Walter Salles, e un documentario, In viaggio con Che Guevara diGi anniMi nà,pr esent at o con successo al l ’ ul t i ma Ber l i nal e.I ldocument ar i o sarà trasmesso su Raitre a maggio, negli stessi giorni in cui il film passerà sugli schermi del festival di Cannes. Lei e Redford avete concordato il taglio da dare al film? Cisi amo t r ovat is ubi t o d’ ac cor do.Anchel uier a st at ocol pi t o da quest o aspet t o iniziatico della storia. Nel corso del viaggio i due ragazzi scoprono la sopraffazione, la miseria, lo sfruttamento di cui sono vittime gli esseri umani nel loro continente, e tornano cambiati. Guevara diventa un rivoluzionario, Granado sceglie di fare il ricercatore in un paese povero. Io avevo sempre sognato di ripercorrere le tappe di questo viaggio, così ho detto a Redford che invece dei soldi, volevo il permesso di segui r el al avor az i one delf i l m con l a mi at r oupe.Al l ’ i ni z i ol a mi ai dea er a di realizzare un making of, poi ho capito che sarebbe stato più bello accompagnare Gr anadoneipost idovel uier ast at oci nquant ’ annipr i ma.A 80anniGr anadoha accol t ol ’ i nvi t o, malgrado avesse avuto da poco un infarto, e il documentario è di vent at ounl ungomet r aggi odovel ’ at t or epr ot agoni st aèl ui ,ment r eWal t erSal l es , Gael Garcia Bernal e Rodrigo De La Serna (regista e protagonisti del film) sono i comprimari. Com’ er al ’ America latina che scoprirono allora Granado e Guevara? Iduer agaz z inel’ 52f ur onoipr i miadat t r aver s ar el eAndei nmot oc i cl et t a,conuna vec chi aNor t on500del‘ 39.Andar onopr i maver soi lmar e,poiat t r aver sol eAnde, [email protected] 3 nel sud del Cile. Lì videro le miniere di rame e le condizioni in cui lavoravano i mi nat or i ,pois ispi nser onel l ’ Amaz z oni aper uvi anaef i ni r ononell ebbr osar i odiSan Pablo, dove lavorarono quasi un mese. Da lì in Colombia, dove parteciparono a manifestazioni giovanili e furono arrestati, e infine in Venezuela, dove Granado, che era biologo, si fermò per fare il ricercatore. Guevara rientrò in Argentina, si laureò e ripartì per raggiungere il suo amico, ma durante il viaggio si imbatté nella repressione violenta dello sciopero dei minatori in Bolivia e nel colpo di stato in Guatemala e in Messico. Conobbe i giovani cubani che stavano preparando la rivoluzione contro il dittatore Fulgencio Batista e si unì a loro. Quattro anni dopo era già il comandante Che Guevara, otto anni dopo chiamava a Cuba il suo vecchio amico. Granado lo raggiunse, fondò la scuola di medicina di Santiago e avviò la ricerca biotecnologica. Ora ha 82 anni ed è un pensionato povero, mentre avrebbe potuto essere un ricco barone, ma non si è mai pentito di aver fatto questa scelta. È unesempi ocheperesser ef el i c inoncont anosol oisol di ,maanchel ’ esser ei n pace con se stessi. Cosapensadel l ’ i mmagi nediCheGuev ar asf r ut t at apermagl i et t eemani f est i ,e‘ adot t at a’ anche da giovani che non ne conoscono realmente la figura storica? La faccia del Che è finita sulle magliette perché il capitalismo è spietato, e si appropria delle cose senza pagarle: la famiglia Guevara non ha mai visto una lira. Quest o sar ebbe un pec cat ov eni al e,dovut o sol o al l a medi ocr i t à del l ’ i dea di mer c at o,l acosagr aveèi lt ent at i vo,i nun’ epocasenz aet i caesenz amor al e,di ridurre questo personaggio scomodo a un gadget. Ma non ci sono riusciti, perché il Che parla col suo esempio. Non è normale che due giovani che partono in motocicletta per cercare avventura e ragazze, finiscano per lavorare senza mascher i ne e senz a guant ii n un l ebbr osar i o.Una donna che al l ’ epoca er a r i cover at ai nquel l ’ ospedal edi cedelgi ovaneEr nest oche“ er amuydec ent e” ,un modo di dire spagnolo per indicare una persona di sentimenti nobili. Il cinema spaz z er àvi at ut t iit ent at i vidif os si l i z z ar ei lChei nun’ i mmagi nesuunamagl i et t ao dir i dur l o a un’ uni ca di mensi one,quel l a coni lf uci l ei nmano.Dopo Idi ar idel l a motocicletta, fra qualche anno uscirà il film di Terence Malick con Benicio Del Toro e del Che si parlerà ancora. Ha altri progetti cinematografici, dopo questo? In autunno dovrei iniziare a dirigere un mio film, intitolato Vedrai vedrai, come la canzone di Luigi Tenco. Si tratta di una commedia amara sulla mia generazione, t r oppo gi ovaneperl ar es i st enz a,t r oppo v ec chi a peri l’ 68,che per ò havi ssut o un’ epocai r r i pet i bi l ei ncuisipr oducev ai lmegl i odelci nema,del l al et t er at ur a,del l a musi ca.L’ avevo s cr i t t o mol t iannif ac on Rodol f o Sonego e Leone Col onna, purtroppo scomparsi entrambi. Adesso, dopo la collaborazione con Redford, mi è stato più facile trovare un produttore, che è Massimo Vigliar. Giovanna Mezzogiorno e Adriano Giannini saranno due dei quattro protagonisti. [email protected] 4 I DIARI DELLA MOTOCICLETTA: LATESTI MONI ANZADIMI NA’ da Vivilcinema –di Barbara Corsi Prima di approdare a Cannes, il prossimo maggio, I diari della motocicletta prodotto da Robert Redford è stato presentato al Sundance Film Festival, dove è stato accolto da un quar t od’ or adis t anding ovation. Parliamo del film con Gianni Minà, supervisore artistico del progetto. Ci sono voluti sette mesi di lavorazione per ripercorrere le tappe del viaggio di Che Guevara e Alberto Granado nei luoghi impervi e bellissimi del Sud America, che raggiunsero con la loro vecchia motocicletta. Il regista, Walter Salles, è stato scelto da Redford, ma io lo conoscevo dai tempi di Central do Brasil. Salles ha molta sensibilità cinematografica per i grandi spazi. Con Eric Gautier, direttore della fotografia, hanno lavorato moltissimo con la camera a spalla, per dare al film un ritmo nervoso, in movimento continuo. I due giovani attori, Gael Garcia Bernal, che fa Che Guevara, e Rodrigo De La Serna, che fa Granado, sono bravissimi. Rodrigo è ingrassato molto peri nt er pr et ar eGr anado,chedagi ovaneer asopr annomi nat o“ i l pet t or ut ” . In fase di preparazione, Salles è venuto in Italia per parlare con me della sceneggiatura, firmata poi da Josè Rivera. Ci ha dato una mano anche Ettore Scola, che insieme a Maccari aveva scritto il primo grande road movie del cinema italiano, Il sorpasso, e quindi aveva la mano giusta per descrivere il viaggio di due giovani uomini. Io sono stato anche supervisore e consulente per tutti i particolari storici. Il film era delicato, perché i n par t i col ar ei n Sud Amer i ca c’ è una t al e passione per Che Guevara, che se avessimo fatto degli sbagli anche minimi, avremmo provocato reazioni. Bisognava essere precisi, verificando tutto. Alla proiezione del Sundance, Granado non ha potuto essere presente perché non gl ihanno dat oi lv i st o.Nel l ’ Amer i cadiBushc’ èmol t acensur ae ver so i lf i l ms i nutriva una certa diffidenza, che poi è stata superata. Variety ha scritto che è “ pol i t i cament eac cet t abi l e” ,mai lf i l m nonnas ceconunf i ne‘ pol i t i co’ .Sono le cose che si vedono e le reazioni dei protagonisti che lo fanno diventare politico e lo rendono attuale. Facendo questo film, ci si è resi conto che la condizione socioeconomica del continente sudamericano è uguale o addirittura peggiore a quella descr i t t adaGuevar anelsuodi ar i o.I nquest ici nquant ’ annic’ èst at osv i l uppo,ma nonpr ogr esso” . SALLES RACCONTA IL `SUO` CHE da www.musibrasil.net l giorno successivo alla presentazione del film Diarios de motocicleta in concorso al Festival di Cannes abbiamo incontrato Walter Salles. Affabile e disponibile oltre che soddisfatto per la buona accoglienza riservata dalla stampa al suo film e per i lunghi minuti di applausi a scena aperta durante la sessione per il pubblico al Grand Théâtre Lumière, il regista ha risposto alle nostre domande alternando francese, inglese e spagnolo. Che cosa la ha spinta a partecipare al progetto del film e a dirigerlo? L’ i deaor i gi nar i adif ar eunf i l mt r at t odall i br o‘ Not asdevi aj edi Ernesto Guevara fu del produttore esecutivo Robert Redford che coinvolse quelli che divennero i produttori, Michael Nozik e Karen Tenkhoff, della Wildwood Enterprises. In seguito, nel 2001 FilmFour decise di partecipare e cofinanziare la produzione. Walter Salles sul set del film Central do Brasil [email protected] 5 Accettai la proposta di Redford nel 1999, considerando la reciproca fiducia esi st ent e gr az i e al l ’ appoggi o del Sundance I nst i t ut e a Central do Brasil. Nonost ant eal l ’ i ni z i oavess iuncer t ot i mor enel l ’ af f r ont ar eunaf i gur ami t i cacome quella del Che, devo dire che la lettura del libro mi coinvolse moltissimo e mi stimolò realmente a partecipare al progetto. Il motivo principale è che racconta di un vi aggi oal l ascoper t adiun’ i dent i t ài ndi vi dual e,maalt empost es sovisii nser i scel a ricerca di un’ i dent i t àcol l et t i val at i noamer i cana.Quandosit er mi nal al et t ur a,siha l ’ i mpr ess i onedipot err eal ment ecambi ar el ecosei nquest omondo,sesir i escea comprenderle e se ne viene coinvolti. In realtà credo che il film riveli la geografia fisica ed umana del l ’ Amer i ca l at i na e che si a, cont empor aneament e, una straordinaria storia del processo di maturazione di due giovani adulti. Diarios de motocicleta definisce la essenza, a livello emotivo, ma anche politico, di quello che diventeranno Ernesto e Alberto nel futuro. Per quali ragioni ha scelto come sceneggiatore il portoricano José Rivera, del Board del Sundance Institute, e come si è sviluppata la collaborazione con lui? Fra tutti gli sceneggiatori che ho consultato per il progetto Diarios de motocicleta, José risultò essere il più chiaro e orientato rispetto a quella che doveva essere la sceneggi at ur af i nal e.Egl iposel ’ accent o sul l anecess i t à dif ocal i z z ar e gl iaspet t i umani di questi personaggi così singolari. Il film tratta gli avvenimenti di otto mesi cruciali nella vita di questi due giovani uomini, nei quali si confrontano in una realtà t ot al ment edi ver sadaquel l aconosc i ut anell or oPaesed’ or i gi ne,l ’ Ar gent i na.Jos é ha recepito immediatamente che quella realtà li portò a prendere una posizione, ed in ultima analisi, a decidere che itinerario percorrere in futuro. Per rendere la storia in forma equilibrata rispetto ai due personaggi, Rivera ha utilizzato come fonte di riferimento, oltre a Notas de viaje di Guevara, il diario dello stesso Alberto Granado, intitolato Con el Che por Sudamérica, che documenta fedelmente, con immediatezza e humour, la cronaca dei fatti. Si tratta quindi di un testo essenziale perr i cos t r ui r es i agl iepi sodisi al aper sonal i t àdel l ’ aut or e.I nf i ne v ogl i or i cor dar e l ’ apporto del giornalista e documentarista italiano Gianni Minà, già editore in Europa di Mi primer gran viaje, diario del viaggio del Che in America latina, che ha partecipato al progetto nella funzione di supervisore artistico. In effetti Minà organizzò il pr i movi aggi odel l ’ équi pedel l apr oduz i one,aCuba,dovei ni z i òi ll avor o di ricerca e dove incontrammo per la prima volta il vero Alberto Granado, che oggi ha 82 anni, la vedova di Guevara, Aleida Marine e i suoi figli, Aleida, Camilo e Ernesto. Che cosa può dirci rispetto al lavoro di ricerca che fu effettuato per realizzare il film, rispetto alle location e al rodaggio? Per realizzare il film dalla sua ideazione ad oggi sono stati necessari cinque anni, di cui tre per le attività di inchiesta e ricerca. José e io abbiamo letto tutte le biografie pubblicate su Guevara, in particolare quella dello scrittore messicano Paco Ignacio Taibo, che per me è stata la più interessante. Dopo il primo viaggio, sono tornato varie volte a Cuba dove ho effettuato vari incontri ed interviste. Prima di girare ho ef f et t uat oduevol t el ’ i t i ner ar i oat t r aver soiv i l l aggiel ec i t t àdescr i t t ineidi ar i ,per conoscere in prima persona le strade percorse da Ernesto ed Alberto 50 anni fa. Fin dal l ’ i ni z i o pensaiche,perot t ener el ’ aut ent i ci t à,er a neces sar i o che i lf i l m s i svolgesse dove erano accaduti gli eventi originali. La scelta delle location iniziò in Ar gent i nanelnov embr edel2001esipr ol ungò,conl ’ i ndi v i duaz i onedegl iest er ni , negli altri Paesi, fino a maggio del 2002. Abbiamo girato in più di 30 luoghi diversi in Argentina, Cile e Perù. In particolare voglio citare la Patagonia, le Ande, il deserto di [email protected] 6 Atacama, il bacino del Rio Amazonas e il lebbrosario di San Pablo, presso Iquitos, nel l ’ ar ea amaz z oni c a per uana.Abbi amo sopportato temperature inferiori a zero sulle Ande e superiori a 45° in Perù. Nei limiti del possibile abbiamo utilizzato i luoghi che furono realmente visitati da Ernesto ed Albero. In realtà, rispetto ad allora, molte delle zone più remote sono state ben poco modificate per effetto del cos i ddet t o“ pr ogr ess o” . Che genere di storia racconta il film e qual è il suo significato più profondo? E` la storia di due giovani adulti che si avventurano alla scoperta di un continente che non conoscono e di come il l or o vi aggi o siconver t ei n un’ esper i enz a di rivelazione della loro stessa identità. È un film sulle opzioni politiche ed emotive che ognuno di noi è portato ad adottare nel corso della vita. Ma è anche un film sul l ’ ami c i z i aesul l asol i dar i et à.I nf i neciparla della necessità di trovare il proprio posto nel mondo, un posto per il quale valga la pena di lottare. Si può dire quindi che r ac cont a un vi aggi oi ni z i at i co al l a r i cer c a del l o spi r i t o e del l ’ i dent i t à latinoamericani. Non è un film storico, nasce invece da unaver a“ ur genz a”che viene da una realtà. La mia impressione è che i problemi strutturali e sociali che descrissero Ernesto e Alberto nel 1952 continuano, per la maggior parte, a non essere risolti. La modernità e la contemporaneità dei loro libri è stata per me una rivelazione e spero che il film abbia comunicato il senso di scoperta di alcune realtà politiche e sociali della cultura latinoamericana che non sono granché cambiate in tutto questo tempo. Potrebbe descrivere le personalità di Granado ediGuev ar aal l ’ epocadelv i aggi o? Quando inizia la vicenda, raccontata nel film, Alberto Granado ha 29 anni, vive a Córdoba in Argentina, lavora in un ospedale e non gradisce il sistema di cure che vi è attuato. Da anni sta sognando quel viaggio attraversol ’ Amer i caLat i naevuol e effettuarlo prima di compiere i 30 anni. Ernesto Guevara de la Serna è un grande amico di suo fratello Tomás e Alberto gli propone di accompagnarlo nel viaggio. Quando partono da Buenos Aires, nel gennaio del 1952, Ernesto ha 23 anni. Vive in unaf ami gl i abor ghese,del l ac osi ddet t a“ c l asemedi aal t a” ,mal asuacur i osi t àei suoi interessi vanno molto al di là dei limiti imposti dalla sua condizione sociale. Ha letto molto e ha già viaggiato in Argentina. È studente di Medicina prossimo alla Laur eaedèas mat i cof i ndal l ’ i nf anz i a. Ci può parlare degli aspetti documentaristici del film e della sua tecnica personale di rodaggio? E` ispirato a fatti reali successi nel 1952 nella vita di Ernesto Guevara e Alberto Granado. Non è quindi un documentario di ricostruzione di quella avventura. Vuole recuperare lo spirito sociale del viaggio. Il rodaggio è avvenuto in ordine cronologico e questo ha incrementato le nostre possibilità narrative. Ho voluto che il film descrivesse per quanto possibile gli incontri che Alberto ed Ernesto fecero durante il loro cammino e che diedero forma al loro viaggio. Per esempio, in luoghi quali Cuzco o il Machu Pichu, abbiamo stimolato gli attori a porsi in relazione con la gente che incontravano, come Alberto ed Ernesto fecero mezzo secolo fa. Questo materiale, totalmente improvvisato, è stato integrato con la sceneggiatura più strutturata di José Rivera. In sostanza abbiamo introdotto scene che integravano nella struttura del film quello che la realtà ci offriva tanto generosamente. Questo avvenne concretamente dopo che la motocicletta si ruppe. Quando viaggiavano in moto, potevano andare da A a B di r et t ament e,ma quando se ne pr i var ono,f ur ono obbl i gat ia f ar el ’ aut ost op e logicamente ebbero molte più opportunità di contatto diretto con la gente. Questa [email protected] 7 esperienza, già descritta nei diari, si è ripetuta per la nostra troupe, specialmente in Perù, quando entrammo in contatto con la eredità Inca, vale a dire con gli indios che parlano il Quechua e volevano dialogare con noi. In un certo senso queste scene sono realmente vicine allo spirito originale del viaggio, quantunque, ovviamente, non siano contenute nei diari. Recensioni la Repubblica (21/5/2004) Paolo D'agostini C'è un momento chiave nel film prodotto da un americano del nord (Robert Redford), diretto da un brasiliano (Walter Salles), interpretato da un messicano (Gael Garcia Bernal: Ernesto) e da un argentino (Rodrigo de la Serna, il suo compagno di viaggio Alberto Granado tutt'oggi vivente). Ne mette in evidenza il valore rivelando la natura profonda del personaggio principale, Ernesto Guevara. Durante l'ormai famoso viaggio giovanile in moto da Buenos Aires a Caracas, che dette luogo a un diario - il "Che" è sempre stato un grafomane, da prima di diventare il leggendario comandante guerrigliero - e a un libro pubblicato in anni recenti da Feltrinelli come "Latinoamericana" che del film è il fondamento, Ernesto e Alberto sostarono a lungo in un lebbrosario sulle rive del Rio delle Amazzoni. La notte prima di partire Ernesto traversa temerariamente a nuoto le acque minacciose per andare a congedarsi dai pazienti più gravi isolati sulla riva opposta all'ospedale. Quel gesto contiene il suo carattere ardimentoso e moralista, coraggioso e credente nell'esempio personale, senza però - fondamentale per la qualità del film imporsi come la forzata prefigurazione di un destino rivoluzionario ed eroico. Rimane il gesto, compiaciuto ed esibizionista, di un ragazzo borghese dei primi anni 50 folgorato dalla rivelazione di un'America Latina piagata dalle sofferenze e dalle ingiustizie. Infine: fa pensare che nella gerarchia del vasto reliquiario guevariano i reperti giovanili e prerivoluzionari abbiano soppiantato l'ormai obsoleto armamentario ideologico. Corriere della Sera (22/5/2004) Maurizio Porro E' il road movie per eccellenza e arriva pieno di ideali e fresco dell'applauso forte di Cannes: nei Diari della motocicletta il giovane Che Guevara con l'amico Alberto Granado, addì 1952, temprano affetti e ideali percorrendo oltre diecimila km, spesso cadendo dalla scassata Norton 500 del ' 39, poi anche a piedi e in battello, da Buenos Aires a Caracas passando per le antiche civiltà di Cile, Perù, Colombia. Walter Salles, agli ordini democratici di Redford - ma i diritti erano di Gianni Minà costruisce un film divertente e polveroso, in cui l'educazione sentimentale va di pari passo con quella politica, con la coscienza dei problemi reali della gente. Non è il santino del Che che esce dal picaresco, variopinto film di viaggio dai panorami meravigliosi e tristi, ma la premessa: il ragazzo borghese laureando in medicina capisce che deve curare tutta la società. La storia scorre nello sguardo incantato e poi disincantato dei due amici palpitanti di voglia di vivere e dei vari ed eventuali partner. Gael García Bernal, l' attore di Almodóvar, è molto convincente, simpatico e anche eroico. tanto che nuota senza controfigura nel notturno Rio delle Amazzoni per salutare i lebbrosi, e gli sta molto bene al fianco Rodrigo de la Serna. Il loro finale saluto all'aeroporto sarà, come sappiamo, solo un arrivederci perché quel fantastico viaggio per prenotarsi un sogno diventa l' insegnamento morale di un film anche per questo bello e necessario Film TV (30/5/2004) Alberto Crespi Ci sono voluti anni, molti produttori e lo sforzo indefesso di Gianni Minà, che deteneva i diritti di "LatinoAmericana" (il diario del Che sul suo viaggio in America Latina, Feltrinelli) e che é ringraziato nei titoli di coda: ma "I diari della motocicletta" é finalmente realtà, con la regia del brasiliano Walter Salles e il decisivo apporto produttivo di Robert Redford. E' quasi inevitabile che, dopo tale attesa, e con il Mito che Ernesto Che Guevara si porta dovunque appresso, il film sia una [email protected] 8 mezza delusione: ma solo mezza, ed é già un gran risultato. Diciamo anzi che Salles ha fatto quasi il massimo che si poteva pretendere: una regia discreta, al servizio del paesaggio, che fa di I diari della motocicletta un road-movie di grande impatto visivo, un Easy Rider tutto a Sud del Rio Grande. Rispetto al celeberrimo diario c'è meno introspezione, e la presa di coscienza politica del Che (borqhese argentino, destinato alla laurea in medicina, che di fronte alla povertà diffusa nel continente decide di darsi alla rivoluzione) é più enunciata che mostrata. C'è ovviamente più "trama", più dialoqhi, e viene fuori il personaggio di Granado, donnaiolo e fanfarone, simpatico Sancho Panza al servizio di quel po' po'di Don Chisciotte. Film TV (1/6/2004) Alberto Crespi Ci sono voluti anni, molti produttori e lo sforzo indefesso di Gianni Minà, che deteneva i diritti di "LatinoAmericana" (il diario del Che sul suo viaggio in Àmerica Latina, Feltrinelli) e che é ringraziato nei titoli di coda: ma I diari della motocicletta é finalmente realtà, con la regia del brasiliano Walter Salles e il decisivo apporto produttivo di Robert Redford. E' quasi inevitabile che, dopo tale attesa, e con il Mito che Ernesto Che Guevara si porta dovunque appresso, il film sia una mezza delusione: ma solo mezza, ed é già un gran risultato. Diciamo anzi che Salles ha fatto quasi il massimo che si poteva pretendere: una regia discreta, al servizio del paesaggio, che fa di I diari della motocicletta un road-movie di grande impatto visivo, un Easy Rider tutto a Sud del Rio Grande. Rispetto al celeberrimo diario c'è meno introspezione, e la presa di coscienza politica del Che (borghese argentino, destinato alla laurea inmedicina, che di fronte alla povertà diffusa nel continente decide di darsi alla rivoluzione) é più enunciata che mostrata. C'è ovviamente più "trama", più dialoghi, e viene fuori il personaggio di Granado, donnaiolo e fanfarone, simpatico Sancho Panza al servizio di quel pò pò di Don Chisciotte. Sole 24 Ore (30/5/2004) Roberto Escobar "Viaggiamo per viaggiare", dice Ernesto Che Guevara de la Serna (Gael García Berna) a chi gli domanda perché mai, con il suo amico Alberto Granado (Rodrigo De La Serna), stia attraversando l'America Latina. Avrebbe potuto rispondere in molti modi: per conoscere un continente grande e sfortunato, o per arrivare su in alto, fino a San Pablo e al suo lebbrosario, o anche per prender congedo dalla giovinezza. Ma il futuro "Che" non indica altra meta per il loro viaggio che il viaggio stesso. E in questa risposta lasciata aperta sta il senso migliore di "I diari della motocicletta" "Diarios de motocicleta", Argentina, Usa, Germania e Gran Bretagna, 2004, 125'). Sono molte le ragioni che un viaggiatore può addurre per la sua decisione di mettersi in cammino, e almeno altrettanti sono gli scopi, alcuni anche sinceri. E però tutti rischiano di impoverire la sua esperienza. Avere una meta, "conoscerla" già prima d'esserci arrivati, banalizza il viaggio. Se non è solo in transito, se non si sposta solo da luogo a luogo, il viaggiatore è una sorta d'eroe che s'avventura oltre la soglia dell'ovvio. Il suo valore è misurato dalla sua disponibilità a disorientarsi, e a perdersi. Perdersi, alla fine, è la condizione per rotrovarsi. Disponibili a disorientarsi, aperti all'infinita ricchezza del possibile, Ernesto e Alberto salgono dunque sulla loro "Poderosa", sulla vecchia e (felicemente) inaffidabile Norton 500. Siamo nell'Argentina di Juan Péron, ed è il 4 gennaio '52. Da qui a meno di tre anni, la Francia dovrà andarsene dal Vietnam, per poi essere sostituita dagli Usa. Nella Saigon di "The Quiet American", nel '55 (ma nel libro si tratta del '52) Graham Green farà dire a un suo personaggio che "presto o tardi occorre prender partito, se si vuole restare umani". A parigi, nel '51 Albert Camus ha scritto qualcosa di molto simile in "L'homme revolté". E ora, proprio in questo gennaio, Jean-Paul Sartre decide di farlo attaccare da Francis Jeanson. Non è ortodosso, Camus, non si fida di alcuna verità, e non ci si affida: questa è la sua colpa. Intanto, appunto, Ernesto e Alberto si mettono in viaggio. Alle spalle si lasciano il loro breve passato, davanti hanno il futuro. Così inizia il film che Walter Salles e lo sceneggiatore Jose Rivera traggono da due autobiografie di Guevara e Granado: senza altra preoccupazione, senza altra "cura" che stare in sella alla "Poderosa". I giorni e le settimane non hanno limiti, nemmeno quelli che Alberto ha programmato sulla carta geografica. Volentieri il cinema s'abbandona a quest'infinitezza sospesa. L'amore di Ernesto e Chichina (Mia Maestro), le avventure veloci di Alberto, gli stratagemmi per rimediare un pranzo e un letto, la neve inaspettata sulle montagne del Cile, la fuga da un marito ubriaco e geloso: tutto arriva e tutto scorre via, nell'ingenuità di un tempo [email protected] 9 che sembra ostinarsi a non conoscere direzione e senso. E tuttavia, di settimana in settimana, il viaggio cerca e trova la sua direzione e il suo senso. Capita per esempio che i due amici arrivino a Macchu Picchu, e che vedano quel che resta d'una grandezza ormai morta. E capita anche, semplicemente, che vedano gli uomini e le donne, nelle strade e nei mercati: volti e voci che, d'improvviso, non sono più lontani, e che costringono a interrogarsi. Un uomo e una donna vedono sopra tutti gli altri: costretti a fuggire, derubati della loro stessa casa, agli occhi di Ernesto e di Alberto sono una domanda di carne e di sangue. Come si può non prender partito, come si può non "prendersene cura", se si vuole restare umani? Ora davvero i due viaggiatori han varcato una soglia. Si sono persi nel continente che credevano di conoscere, ma di cui conoscevano solo la carta geografica. Si sono disorientati. Ed è stato proprio quel che hanno visto a farli perdere, a disorientarli. Ora per loro si tratta di ritrovarsi, e dunque di cominciare ad avere un futuro, nella serietà della vita adulta. Ma non sarà lo stesso futuro, ne sarà lo stesso "prendersi cura". Uno, Alberto, sceglierà la via più normale, più oscura: in ospedale, giorno dopo giorno, a tentare e ritentare, nella faticosa speranza d'essere utile. Non è incoerente, questa sua scelta, con la sua abitudine di considerare la vita con troppo rigore. E' pronto a mentire, e a perdonarsi molto. Dunque, è pronto a perdonarlo agli altri. E soprattutto è pronto a tentare e ritentare. Ernesto è più sofferente e più duro. Ed è più preoccupato della verità, che gli sembra più importante degli uomini e delle donne a cui la dice, e più della sua stessa vita. Che sia la sua, la scelta giusta, o che sia invece quella di Ernesto, in ogni caso i due viaggiatori han finito per trovare il senso del loro viaggio. l'Unità (20/5/2004) Alberto Crespi "Diari della motocicletta", così come Che Guevara li aveva raccolti in un libro che in italiano si intitola LatinoAmericana (appena riedito da Feltrinelli per la modica cifra di 5 euro), erano un romanzo di formazione, l'incontro con la povertà della "Maiuscola America", il sogno di udire prima o poi "il grido belluino del proletariato trionfante". Insomma, la trasformazione del giovane borghesuccio argentino Ernesto Guevara, destinato a un matrimonio d'interesse e a una sicura laurea in medicina, nel "Che", futuro leader rivoluzionario nonché icona da sezione di partito, da negozio di magliette, da curva di stadio. Tutto ciò che sappiamo del "Che" - anche, come no?, la sua mutazione in santino - nasce da lì, da un viaggio lungo tutta l'America Latina compiuto assieme all'amico Alberto Granado dal dicembre del 1951 al luglio del 1952. Una simile storia non poteva non diventare un film. Gianni Minà ci ha girato intorno per anni, coinvolgendo in tempi diversi Ettore Scola e Luis Puenzo, e arrivando infine ad un produttore di lusso come Robert Redford, che per fortuna è stato sufficientemente illuminato da assoldare un regista sudamericano e imporre un cast ispanico ("il Che non può dire okay", è stata la massima che ha guidato Redford: muchas gracias, Bob; per altro, con tutti gli ispanici che ormai vivono negli Usa, potrebbe essere una scelta intelligente anche sul piano commerciale). Il progetto è finito nelle mani del brasiliano Walter Salles, che poteva anche distruggerlo: per fortuna lo stile pseudo-neorealista del suo Central do Brasil ha prevalso su quello videoclipparo-neocolonialista di Abril despedacado. Salles ha fatto un film onesto. Si è messo al servizio degli attori (il messicano Gael Garcia Bernal è il Che, Rodrigo de la Serna è Granado) e dei paesaggi, "sospendendo" lo stile, facendo parlare il continente. Il risultato è un affascinante film "on the road" che mescola Easy Rider con il Don Chisciotte (dove naturalmente il Che è il cavaliere dalla triste figura e Granado il suo simpatico, debordante, sensuale Sancho Panza). Ciò che manca, per la serie "vorrei ma non posso", è la nascita del leader: non basta che Bernal, nel finale, mormori con aria mesta "c'è tanta ingiustizia in questo mondo" per spiegare come il grazioso giovanotto visto sullo schermo diventerà un guerriero capace di aiutare Castro in una rivoluzione. I diari della motocicletta è un ritratto del rivoluzionario da giovane, in cui il "giovane" finisce per mettere in ombra il "rivoluzionario". Vi regalerà comunque due ore piacevoli (da domani è nei cinema, distribuito dalla Bim) e vi farà, garantito, l'effetto che fanno sempre i road-movies azzeccati: l'irrefrenabile voglia di recarvi nella più vicina agenzia di viaggi. In quanto al Che, il suo personaggio tornerà presto sugli schermi con la grinta ben più ruvida di Benicio del Toro in un film che sarà diretto da Steven Soderbergh; doveva dirigerlo Terrence Malick, che purtroppo si è fatto da parte. [email protected] 10