allegato 2 piano di zona 2011

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allegato 2 piano di zona 2011
Azienda ULSS n. 8 – Asolo
Piano di Zona 2011 -2015
Recepimento linee di indirizzo per la protezione dei bambini e degli adolescenti
ATTO DI RECEPIMENTO DELLE LINEE GUIDA, DEGLI ORIENTAMENTI
E DELLE LINEE DI INDIRIZZO REGIONALI PER LO SVILUPPO DEI
SERVIZI DI PROTEZIONE DEI BAMBINI E DEGLI ADOLESCENTI
(DGR N. 2416/2008)
PREMESSA
Nell’anno 2008 la Regione del Veneto ha adottato i seguenti documenti di indirizzo dello sviluppo degli
interventi di protezione e tutela dei minori:
• Linee guida 2008 “La cura e la segnalazione”, DGR 569 del 11.3.2008;
• Linee di indirizzo regionali per lo sviluppo dei servizi di protezione e tutela del minore, DGR 2416 del
8.8.2008;
• Linee guida 2008 “L’affido familiare in Veneto”, DGR 3791 del 2.12.2008;
• Orientamenti per la comunicazione tra scuola e servizi sociali e sociosanitari per la protezione e tutela
dei diritti dei bambini e dei ragazzi nel contesto scolastico, DGR 3898 del 9.12.2008.
Con il presente Atto vengono recepiti gli indirizzi regionali sopra citati e, a seguito del percorso territoriale di
analisi e proposta, vengono individuati i soggetti, le competenze, i percorsi operativi per la rilevazione, la
segnalazione e la presa in carico di minori in situazione di rischio o di pregiudizio.
GLI OBIETTIVI
•
•
•
•
•
•
Conoscere e intervenire tempestivamente, in maniera equilibrata rispetto alla gravità della
trascuratezza o del pregiudizio, nelle situazioni in cui un minore non sia adeguatamente protetto,
sostenendo prima di tutto le potenzialità e capacità genitoriali delle figure parentali;
Favorire il processo di de-istituzionalizzazione dei minori, attivando risorse educative e sociali,
pubbliche e della rete volontaristica locale, con particolare riferimento alle reti di famiglie solidali, per
sostenere la permanenza del minore nell’ambito della propria famiglia e per favorire il rientro nel
proprio contesto sociale ed affettivo dei minori allontanati;
Contrastare, in particolare, il ricorso all’inserimento in comunità residenziale di bambini piccoli e gli
inserimenti protratti nel tempo;
Potenziare il ricorso all’affido familiare, non solo per le situazioni di carenza delle figure genitoriali e
della famiglia allargata, ma estendendolo ai casi in cui, oltre alla carenza familiare, vi siano situazioni
di sofferenza, disagio, particolare problematicità da parte del ragazzo;
Accompagnare, nelle situazioni non risolvibili di grave pregiudizio, il percorso dei bambini verso
l’adozione, riducendo il rischio di fallimento adottivo;
Attivare pronte ed incisive azioni di tutela dei minori sottoposti a gravi situazioni di abuso e
maltrattamento, in stretta sinergia con i centri regionali di cura e protezione dei bambini, dei ragazzi e
delle famiglie.
1. L’ORGANIZZAZIONE TERRITORIALE DELLA PROTEZIONE E TUTELA DEI
MINORI
1.1
La titolarità della funzione di protezione e tutela dei minori
La titolarità della funzione di protezione e tutela dei minori è in capo ai Comuni.
Ai sensi dell’art. 23 del DPR 616/1977 e dell’art. 130 della LR 11/2001, tutti i 30 Comuni del territorio
dell’ULSS n. 8 hanno delegato alla stessa azienda ULSS:
1. le funzioni istruttorie, le competenze tecnico professionali di valutazione e di presa in carico in merito
alla tutela sociale minorile, nonché gli oneri per l’accoglienza dei minori privi di residenza in Italia e
le loro madri;
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2. le funzioni di gestione amministrativa, ivi compresa la parte economica, relative agli interventi a
favore dei minori in situazione di disagio e per l’inserimento presso famiglie e strutture tutelari.
Per la descrizione delle modalità amministrative della delega operata dai Comuni, si rinvia ai punti 2.2 e
5.2.2 dell’Area minori del presente Piano di zona.
1.2
L’esercizio della funzione di protezione e tutela dei minori
L’azienda ULSS n. 8 esercita le funzioni delegate avvalendosi dei propri consultori familiari.
Per la descrizione delle finalità e dei compiti dei consultori familiari, delle modalità operative e organizzative
e dei progetti che ne informano l’azione, si rinvia al punto 2.1 dell’Area minori del presente Piano di zona.
Nell’ambito dei consultori familiari, l’azienda ULSS n. 8, con deliberazione 1324 del 30.12.2003, ha istituito
l’ufficio tutela sociale minorile, al quale sono assegnate le sottoindicate funzioni di responsabilità e
coordinamento in materia di tutela sociale minorile:
a) assicurare metodologie di intervento uniformi sul territorio dell’unità locale socio-sanitaria, a fronte dei
diversi bisogni espressi dai minori, ed ispirate ai migliori criteri di efficacia ed efficienza;
b) garantire e coordinare l’assolvimento dei compiti di intervento, in particolare di quelli assegnati dagli
organi giudiziari;
c) assicurare uniformità di approccio metodologico nelle relazioni interistituzionali;
d) assumere i provvedimenti di affidamento familiare proposti dai servizi;
e) fungere da unico punto di riferimento per le comunicazioni con le altre istituzioni.
L’uniformità degli interventi e delle modalità di approccio tra le diverse èquipe consultoriali sono oggetto
delle riunioni di inter-équipe e vengono ulteriormente garantiti dal lavoro di consulenza/supervisione
dell’ufficio tutela minorile, al quale gli operatori possono sempre riferirsi.
I Comuni hanno mantenuto la facoltà / l’obbligo di esprimersi in ogni decisione che comporti il collocamento
di un minore in comunità educativa diurna, in affido familiare, anche se diurno o solo per alcuni giorni alla
settimana, in struttura residenziale. Tale facoltà viene esercitata sia nelle équipe funzionali attivate dai
consultori familiari di valutazione della situazione e di predisposizione del progetto quadro, sia nella
partecipazione alle sedute dell’unità di valutazione multidimensionale di approvazione del progetto quadro e
delle connesse decisioni relative al minore.
1.3
Il mandato operativo: la segnalazione e la stima delle informazioni
All’interno dei consultori familiari, l’attività di accoglienza dell’utenza e primo filtro, per le problematiche
psicologiche e sociali, viene effettuata dall’assistente sociale, quando la richiesta o segnalazione appare inerire
l’aspetto sociale e quando viene esplicitamente richiesto di incontrare un assistente sociale; viene effettuata
dallo psicologo quando appare prevalere l’aspetto psicologico ovvero la richiesta è l’incontro con uno
psicologo. In entrambe queste modalità, tutti i casi in cui la richiesta o primo colloquio evidenzia una
segnalazione di trascuratezza o un sospetto di pregiudizio per un minore, vengono presi in carico
dall’assistente sociale (case manager) per il necessario approfondimento (stima delle informazioni).
L’informazione al consultorio (segnalazione) di una possibile situazione di rischio o di pregiudizio in cui
incorre un bambino o un adolescente può pervenire da parte di soggetti individuali (lo stesso minore d’età, un
familiare, un parente, un vicino di casa e qualsiasi altro cittadino) o collettivi (scuole, ospedali, strutture di
accoglienza, servizio sociale comunale o altri servizi dell’azienda ULSS, associazionismo, forze dell’ordine,
Pubblico Tutore dei minori).
Tutto il percorso viene effettuato nel rispetto dei diritti e delle responsabilità degli esercenti la potestà e dei
principi del consenso informato.
Nei casi in cui l’informazione comunicata presenti i caratteri di un reato è d’obbligo la denuncia all’Autorità
Giudiziaria o agli organismi di competenza.
Nella fase di stima delle informazioni, si persegue un duplice obiettivo:
1. approfondire la conoscenza della situazione segnalata, verificare l’esistenza di una situazione di scarsa
protezione del minore e di comportamenti pregiudizievoli nei suoi confronti;
2. perseguire l’aggancio: instaurare una positiva relazione con il minore e con le persone della sua
famiglia, che crei reciprocità e possa fondarsi sulla fiducia dell’intervento dell’operatore, secondo
l’orientamento che vede il consultorio quale “servizio relazionale”.
Per l’approfondimento si usano quindi modalità di approccio di volta in volta individuate in base al contesto
della segnalazione / richiesta, tali da ridurre al minimo l’effetto di pregiudicare la possibilità di “agganciare”
l’utente, soprattutto se genitore, in un percorso da lui condiviso di miglioramento della sua situazione familiare
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e genitoriale, pur con la consapevolezza che, nelle situazioni più gravi, l’aggancio dell’utente potrebbe non
verificarsi affatto.
1.4
La rete dei servizi
Nel percorso di approfondimento e di presa in carico, l’assistente sociale consultoriale, che ha competenze
specifiche in materia di tutela, si interfaccia con il servizio sociale comunale, che ha conoscenza del territorio
in cui opera, per un confronto sulle possibili risorse che possono essere attivate a sostegno della famiglia e,
quindi, per arrivare a condividere una prima bozza di progetto di intervento o progetto quadro: quali le cause
della situazione di pregiudizio, quali gli obiettivi realisticamente perseguibili, quali interventi mettere in
campo.
L’assistente sociale consultoriale si rapporta con gli altri soggetti che sono attivi nel territorio e che possono
essere utili nella fase di conoscenza della situazione e di individuazione delle risorse attivabili: la scuola, il
mondo parrocchiale e dell’associazionismo, le reti di famiglie solidali, ecc.
L’assistente sociale si rapporta inoltre con altri servizi distrettuali dell’azienda ULSS che possono essere
intervenuti nei confronti del minore o di un componente della sua famiglia, ovvero che possono attivarsi per
intervenire in relazione ai problemi e alle criticità del caso rilevate dall’assistente sociale:
• il servizio di neuropsichiatria infantile;
• il centro di salute mentale;
• l’ambulatorio adolescenti e giovani adulti del Dipartimento di salute mentale;
• il servizio tossicodipendenze;
• il servizio alcologia e tabagismo.
Nell’ambito dell’équipe consultoriale vengono discussi e valutati i percorsi di approfondimento e presa in
carico dei casi di tutela, vengono definiti gli interventi di altri operatori (psicologo, educatore, consulente
legale) e le loro collaborazioni con l’assistente sociale, che assume la presa in carico e la funzione di case
manager; viene infine condivisa la proposta di Progetto Quadro, per la cui stesura e verifica si seguono le linee
guida regionali 2008 sulla cura e la segnalazione.
1.5
I protocolli tra servizi dell’azienda ULSS n. 8
Situazione attuale:
A. Protocolli di collaborazione:
1. protocollo di collaborazione sul percorso nascita (che coinvolge i consultori, i reparti ospedalieri di
ginecologia e pediatria e i Pediatri di Libera Scelta);
2. protocollo di collaborazione con il reparto di pediatria per la comunicazione della diagnosi (in caso di
diagnosi di handicap o grave malattia, la comunicazione ai genitori si svolge con la partecipazione di
uno psicologo consultoriale);
3. protocollo di collaborazione sul progetto mamma-bambino (che coinvolge i consultori, il dipartimento
di prevenzione e i reparti ospedalieri di ostetricia e pediatria e i Pediatri di libera scelta);
4. protocollo di collaborazione per l’IVG;
5. protocollo di collaborazione sulla genitorialità con il Servizio Tossicodipendenze per i pazienti con
figli;
6. protocollo di collaborazione con il dipartimento di salute mentale.
B. Collaborazioni consolidate:
7. collaborazione con il servizio di neuropsichiatria infantile per la tutela sociale minorile;
8. collaborazione con il Servizio Adolescenti Giovani Adulti del Dipartimento di salute mentale;
9. collaborazione con l’Ufficio educazione alla salute, in particolare per quanto riguarda il piano annuale
di interventi nelle scuole;
10. collaborazione con il Dipartimento di prevenzione relativa agli interventi del consultorio in materia di
tutela delle lavoratrici madri;
11. progetti condivisi con il Servizio alcologia e tabagismo;
12. collaborazione con i Comuni per la gestione del servizio Reti di famiglie solidali (ex Piano Infanzia
Adolescenza e Famiglia).
Proposte:
• consolidare la verifica annuale, con eventuale aggiornamento, dei protocolli sul percorso nascita e sul
progetto mamma-bambino;
• formalizzazione dei protocolli operativi in tutti i settori precedentemente elencati;
• definizione delle collaborazioni (invii, feed-back, …) con MMG e PLS, tramite l’unità operativa
distrettuale Medicina di comunità.
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La Consultorio familiare e la rete di connessioni e collaborazioni per la protezione e la cura del bambino e dell’adolescente.
Servizio alcologia
e tabagismo
Rete dei tutori
volontari
Servizio
tossicodipendenze
Tribunale per i Minorenni
Tribunale Civile
Consultorio Familiare
Servizio
neuropsichiatria
infantile
Ufficio tutela
sociale minorile
Centro per l’Affido
Servizio Sociale
Comunale
Consultorio
Giovani
Equipe Adozioni
Risorse
territoriali
aggregative
sportive
estive
Comunità per
minori
Reti di famiglie
solidali
Famiglie
affidatarie
Spazio Neutro
Equipe
mamma/bambino
Centro Salute
Mentale
Ospedale
Pediatri di libera
scelta
Ministero della
Giustizia
1.6
I livelli di intervento
La fase di stima della segnalazione può esitare come segue:
a) non emerge alcun rischio di pregiudizio per il minore: il consultorio provvede alla “restituzione” al
segnalante, al fine di contestualizzare correttamente il motivo della segnalazione;
b) emerge un lieve o moderato rischio di pregiudizio per il minore: il consultorio provvede a
calendarizzare un’attività di monitoraggio, con cadenza periodica e con modalità possibilmente
condivise dagli esercenti la potestà, al fine di verificare l’evolversi della situazione e il superamento di
ogni rischio. In questi casi può essere utile la predisposizione del Progetto quadro condiviso tra le
figure professionali coinvolte e la famiglia, pur non portato all’approvazione dell’UVMD, in modo
che l’intervento acquista maggiore spessore e impegno, sia per il servizio che per la famiglia stessa;
c) emerge una situazione di serio rischio o di pregiudizio: il caso viene preso in carico e attivata l’équipe
funzionale.
Qualora emerga l’opportunità di inserire il minore in un contesto protetto (affido o comunità), di tipo
diurno o residenziale, viene predisposto il Progetto quadro e chiesta la convocazione dell’UVMD,
viene predisposto il Piano educativo individualizzato.
Inoltre, qualora gli esercenti la potestà non condividano il progetto di intervento formulato dal
consultorio familiare, viene inoltrata segnalazione all’autorità giudiziaria competente.
Il percorso di tutela può esitare in:
o segnalazione alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni, con il
consenso degli esercenti la potestà ovvero in mancanza del loro consenso;
o messa in sicurezza del minore, in situazioni di urgenza (art. 403 c.c.), previo accordo con la
Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni;
o presa in carico per il sostegno e la cura.
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La stima della segnalazione
SEGNALAZIONE
scuola, servizio sociale comunale, pediatra
libera scelta, parenti, privati cittadini, altri
servizio consultoriale
raccolta informazioni
genitori
parenti
SNPI
servizi sociali
comunali
Altri
Difensore Civico
Carabinieri
pediatra di libera
scelta
studio del caso
SOSTEGNO
TUTELA
1.7
L’unità di valutazione multidimensionale distrettuale
L’unità di valutazione multidimensionale distrettuale (UVMD), organo competente per l’approvazione del
progetto quadro e delle connesse decisioni relative al minore, è chiamata a pronunciarsi in ogni decisione che
comporti il collocamento di un minore in comunità educativa diurna, in affido familiare, anche se diurno o
solo per alcuni giorni alla settimana, in struttura residenziale. Come previsto nel regolamento approvato dalla
Conferenza dei Sindaci nella seduta del 14.12.2009 e dal Direttore Generale dell’ULSS con deliberazione n.
1730 del 30.12.2009, alle sedute dell’UVMD che trattano di minori, oltre al personale del Consultorio
Familiare interessato, partecipa l’assistente sociale comunale in rappresentanza del Comune di residenza.
Detto regolamento prevede che, nell’Area Minori, è necessaria la valutazione in UVMD, nel caso di
prestazioni che non siano di esclusiva competenza comunale, per :
- l’accesso alla comunità educativa (anche diurna) o familiare;
- l’accoglienza presso una famiglia affidataria;
- l’accesso alla comunità educativa riabilitativa;
- casi previsti dalla DGR 569/2008: Linee guida 2008 “La cura e la segnalazione”;
- casi previsti dalla deliberazione della Conferenza dei Sindaci dell’ULSS n. 8 adottata in data 26.5.2008;
- casi complessi.
La richiesta di convocazione dell’UVMD è di norma presentata dall’assistente sociale del consultorio familiare
che ne esercita la presa in carico, accompagnata dalla proposta di progetto quadro. Qualora la richiesta
provenga da altri servizi, sia interni all’ULSS che esterni, si richiede un preventivo approfondimento al
consultorio familiare, quale servizio deputato alla protezione e cura del minore. In ogni caso l’UVMD è tenuta
a dare riscontro al richiedente.
Ricevuta la richiesta di valutazione di un caso, il presidente dell’UVMD, che è il Direttore del distretto
sociosanitario, provvede a convocare tutti gli operatori interessati, che vengono individuati sulla base della
proposta di progetto quadro; in ogni caso sono invitati l’assistente sociale del Comune e il referente del Centro
Affido.
Le decisioni UVMD, che vengono sempre verbalizzate assieme alle motivazioni delle stesse, tengono conto
della volontà degli esercenti la potestà, salvo il caso di provvedimenti assunti dal Tribunale per i Minorenni o
altra autorità giudiziaria. Inoltre, le decisioni dell’UVMD sono sempre subordinate alla verifica della
sostenibilità economica delle stesse, in relazione alle somme che i Comuni si impegnano a trasferire
all’azienda ULSS per la copertura degli oneri della tutela sociale minorile, come previsto nell’atto di delega.
A cura della segreteria UVMD, le decisioni dell’UVMD, compresa l’individuazione del case manager,
vengono comunicate formalmente a tutti i servizi interessati. Data la delicatezza dei rapporti professionali con
il minore e gli esercenti la potestà, è compito del case manager comunicare agli stessi dette decisioni, nel
quadro della relazione di presa in carico.
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1.8
Il Progetto Quadro
Il progetto quadro contiene l’insieme degli interventi coordinati e integrati rivolti al minore di età, alla famiglia
e ai suoi ambiti di vita quotidiana. Si compone di tre parti:
1. La valutazione della situazione: riporta gli esiti della fase di stima della segnalazione e degli
approfondimenti conoscitivi.
2. L’elaborazione del progetto: obiettivi, azioni, soggetti coinvolti, tempi, fattibilità anche in ordine ai
costi e alle fonti di copertura degli stessi.
3. Il monitoraggio e la valutazione: criteri, tempi e modalità, con particolare attenzione per l’ascolto del
minore e il coinvolgimento della famiglia.
4. La sottoscrizione delle parti: il case manager, l’assistente sociale comunale, eventuali altri componenti
dell’équipe funzionale, gli esercenti la potestà (la sottoscrizione degli esercenti la potestà non è
obbligatoria quando il progetto quadro attua decisioni oggetto di decreti dell’autorità giudiziaria), il
minore di età, in relazione alle sue capacità di discernimento e alle ragioni di opportunità.
Il Progetto quadro, che specifica gli obiettivi generali della permanenza del bambino nella famiglia affida tria
o in comunità, i tempi e i modi del rientro nella famiglia di origine e quelli intermedi di verifica, viene messo a
conoscenza della comunità di accoglienza o della famiglia affidataria.
1.9
Il Progetto Educativo Individuale (PEI)
In caso di affido familiare o collocamento in comunità, entro tre mesi dall’inserimento del minore viene
redatto il PEI, che specifica gli obiettivi, i contenuti e le modalità degli interventi con il minore e della verifica
degli stessi, secondo le indicazioni regionali. Il PEI viene condiviso dalla famiglia affidataria o struttura
ospitante e dal case manager e, per quanto possibile, con il bambino e la sua famiglia.
Nel PEI sono quindi delineati i percorsi e le metodologie educative e gli impegni assunti dalle parti nei
confronti del bambino e della sua famiglia.
Nel caso di un inserimento del bambino o del ragazzo in una comunità di accoglienza, il progetto di comunità
viene formulato in modo da accogliere e a far fronte alle specifiche esigenze educative previste nel Progetto
Quadro. Nel caso di affidamento familiare, la famiglia affidataria viene scelta in funzione delle esigenze
educative del minore d’età.
Nel PEI sono precisati:
a) L’operatore della struttura responsabile della sua attuazione;
b) la valutazione multidimensionale del minore, presente nel PQ;
c) gli obiettivi fattibili di medio e lungo termine che si vogliono raggiungere con l’inserimento o
l’affidamento del bambino;
d) la definizione degli interventi e delle loro modalità di attuazione, specificando i soggetti ai quali
compete la loro attuazione e gli ambienti da coinvolgere: la comunità tutelare o la famiglia affidataria,
i gruppi amicali, la scuola, l’associazionismo e, in generale, il tessuto sociale e culturale specifico del
territorio in cui vive il minore;
e) le specifiche attività rivolte a rinsaldare il legame tra il minore d’età e la sua famiglia e a mantenere le
relazioni, se opportuno, tra questi e il suo eventuale tutore;
f) il lavoro di rete, anche a diversi livelli, con le altre istituzioni del territorio che collaborano al
raggiungimento degli obiettivi e alla realizzazione degli interventi previsti;
g) la definizione dei tempi necessari alla realizzazione degli interventi e al raggiungimento degli
obiettivi;
h) le attività di monitoraggio e di verifica del progetto;
i) le fasi di conclusione del progetto, stabilite in modo condiviso dai diversi soggetti coinvolti.
Anche la fase finale del PEI è oggetto di una specifica progettazione che prevede un percorso di
accompagnamento del minore nella fase del rientro in famiglia o, comunque, dell’uscita dalla comunità di
accoglienza. Al minore dovrebbe essere data la possibilità di sperimentare la futura condizione, per un
passaggio graduale costruito sulla base di tempi rispettosi della sua specifica condizione.
1.10 Diffusione delle Linee guida e Orientamenti
Le attività di diffusione nel territorio delle Linee guida e Orientamenti regionali è iniziata formalmente con il
convegno “Sguardi diversi progetti condivisi” e sta proseguendo con attività realizzate con la Scuola, con le
Reti delle famiglie solidali e con le associazioni interessate, come illustrato nel successivo punto 2.3.
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1.11 La conoscenza dei bisogni dei minori per la definizione delle politiche sociosanitarie locali.
Il percorso territoriale di analisi e proposta è stato attivato dalla Direzione dei Servizi Sociali dell’azienda
ULSS n. 8 che, d’intesa con la Conferenza dei Sindaci, ha costituito un gruppo di lavoro di cui sono parte,
oltre alla stessa Direzione, i servizi/unità operative dell’area materno-infantile (consultorio familiare, servizio
di neuropsichiatria infantile, u.o. ospedaliera di pediatria) o ad essa correlati (servizio per le
tossicodipendenze, servizio alcologia e tabagismo, servizio psichiatrico territoriale), una rappresentanza
politica e tecnica dei Comuni, i referenti del privato sociale e delle strutture di accoglienza presenti nel
territorio, i referenti della Scuola e del Ministero della Giustizia.
Il gruppo di lavoro continuerà ad operare per la raccolta dei bisogni dei minori a fini programmatori, in stretta
collaborazione con il Direttore dei distretti sociosanitari n. 1 e n. 2 e la Direzione amministrativa dei distretti,
che curano l’attività delle UVMD e delle funzioni amministrative ed economiche delegate dai Comuni, nonché
con l’Ufficio Piano di zona.
1.12 L’attività di vigilanza
La normativa vigente affida i compiti di vigilanza alle Regioni, ai Comuni, al servizio sociale titolare del caso,
alla Procura per i minorenni. In Veneto, accanto a questi soggetti, si affianca l’Ufficio del Pubblico Tutore dei
Minori.
Scopo dell’attività di vigilanza è verificare che il bambino o il ragazzo allontanato dalla propria famiglia,
inserito presso una famiglia affidataria o una comunità, trovi un’accoglienza adeguata ai suoi bisogni e priva di
elementi di pregiudizio per il suo sviluppo.
La vigilanza, per essere sempre più un’attività orientata alla crescita del sistema dei servizi e meno agli aspetti
sanzionatori, si basa fondamentalmente sulla collaborazione tra i diversi soggetti competenti, sulla ricerca di
forme condivise per la gestione delle situazioni difficili.
Il consultorio familiare vigila sullo stato di attuazione del PEI, avendo cura di comunicare alla competente
Autorità Giudiziaria ogni evento di particolare rilevanza.
La legge prevede che le comunità tutelari inoltrino semestralmente una relazione al procuratore presso il
Tribunale per i minorenni per ogni minore accolto; analogamente il consultorio inoltra una relazione al
Giudice tutelare in caso di affidamento familiare consensuale e al Tribunale per i minorenni in caso di
affidamento familiare giudiziale.
In Veneto la raccolta delle relazioni avviene tramite Osservatorio Minori, giovani e famiglia che, in base ad un
protocollo d’intesa, provvede a trasferirle alle Autorità Giudiziarie di competenza.
2. PRINCIPALI PARTNER TERRITORIALI
2.1.
La scuola
All’interno del tavolo territoriale, è stato costituito il gruppo scuola/servizi, che persegue i seguenti obiettivi:
• Sviluppo della collaborazione e dell’integrazione fra servizi che appartengono a diversi sistemi.
• Integrazione tra i tre sistemi Sociosanitario, Scolastico e Servizio per la Giustizia, sia per la
realizzazione dei singoli progetti che la programmazione locale e regionale.
• Definizione delle modalità di approccio, di valutazione, di gestione e di collaborazione nelle situazioni
“di confine”: quali porte di accesso, modi e tempi della progettazione individualizzata.
Il recepimento degli orientamenti nel rapporto Scuola - Servizi territoriali ha aperto quindi un percorso
orientato alla definizione di:
1. chiari riferimenti, dei modi e delle forme delle eventuali segnalazioni;
2. modalità di collaborazione e di consulenza nelle situazioni che non necessariamente portano a
segnalazioni all’autorità giudiziaria (situazioni di disagio che se affrontate con tempestività potrebbero
avere percorsi positivi).
Nel suddetto percorso ci si avvale dei seguenti strumenti:
• le linee guida e orientamenti regionali;
• il Piano di zona 2011-2015;
• gli atti di recepimento e di programmazione in tema di protezione e cura dei minori e di risorse
accoglienti, allegati al Piano di zona 2011-2015.
2.2.
Strutture e luoghi di accoglienza
La presentazione delle strutture di accoglienza attive nel territorio dell’ULSS n. 8 è contenuta nell’Area
minori, punto 2.3, del presente Piano di zona e viene qui riportata.
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Recepimento linee di indirizzo per la protezione dei bambini e degli adolescenti
Come per l’affido familiare, anche le strutture per minori si affiancano alla famiglia di origine del minore
(comunità educative diurne) ovvero accolgono il bambino e il ragazzo in forma residenziale (comunità
familiari e comunità educative). Si tratta di risorse preziose per la gestione dei casi che non potrebbero
sostenere un percorso di affido familiare.
Precisato che alcuni minori vengono collocati in strutture ubicate al di fuori del territorio dell’ULSS n. 8,
salvaguardando comunque la maggiore prossimità possibile con il contesto sociale di provenienza, sono attive
in questo territorio le seguenti strutture:
Comunità diurne:
Denominazione
Girora'
L'isola Che C'e'
Antares
Il Furetto
Tipologia
Comunità diurna per
minori/adolescenti
Comunità diurna per
minori/adolescenti
Comunità diurna per
minori/adolescenti
Comunità diurna per
minori/adolescenti
Titolare giuridico
società cooperativa sociale
"Adelante"
Comunità Murialdo
(Associazione)
Comunità Murialdo
(Associazione)
società cooperativa sociale
"Sonda"
Comune
sede della struttura
Crocetta del
Montello
Giavera del
Montello
Capacità
ricettiva
10
10
Montebelluna
10
Riese Pio X
10
Comunità residenziali:
Denominazione
Tipologia
Il Pettirosso
Comunità familiare
Comunità di Capodarco
Veneto – Onlus
Comunità familiare
Casa Aurora
"Giuseppe Olivotti"
S.C.S.
Comunità educativa
mamma-bambino
Comunità per
minori/adolescenti
Titolare giuridico
Bavaresco Daniela
Campagnolo Roberto
Associazione Comunità di
Capodarco Veneto Onlus
Società Cooperativa Sociale
"Una Casa Per L'uomo"
Società Cooperativa Sociale
"Giuseppe Olivotti"
Comune
sede della struttura
Capacità
ricettiva
Castelfranco
Veneto
6
Cavaso del Tomba
6
Montebelluna
8
San Zenone degli
Ezzelini
8
2.3.
La rete del territorio
Nel territorio dell’ULSS n. 8 è stata effettuata una sensibilizzazione degli operatori della rete dei servizi
formali, del volontariato e del terzo settore sui temi riguardanti la cura, il sostegno e la tutela dell’infanzia e
l’adolescenza. Oltre a progetti di formazione mirati, per diffondere le linee di indirizzo regionali è stato
organizzato il convegno “Sguardi diversi progetti condivisi”, in collaborazione con la Regione del Veneto,
l’Ufficio del Pubblico Tutore, la Conferenza dei Sindaci; a tale iniziativa hanno partecipato le varie agenzie
che si occupano a vario titolo di minori, con grande affluenza di pubblico.
Sono stati quindi attivati gruppi di lavoro su tematiche diverse ed è ora attivo un tavolo di lavoro trasversale,
composto da operatori del consultorio familiare e del servizio di neuropsichiatria infantile e da rappresentanti
della scuola, che persegue l’obiettivo di organizzare momenti di formazione indirizzati agli operatori e agli
insegnanti sull’applicazione locale degli orientamenti regionali per la collaborazione tra scuola e servizi sulle
modalità e strumenti di collaborazione e segnalazione già esistenti.
Inoltre, nell’ambito del Piano Infanzia Adolescenza Famiglia, area 2, si è operato per il consolidamento del
sistema di Reti di famiglia, reti di solidarietà per l‘infanzia e l’adolescenza. Il progetto prevedeva la
promozione e creazione in tutto il territorio dell’ULSS 8 di reti di solidarietà tra famiglie. Dopo un primo
momento di contatto e sensibilizzazione si è offerto un percorso di formazione rivolto alle famiglie interessate.
In parallelo sono stati realizzati percorsi di formazione rivolti agli amministratori dei comuni interessati alle
politiche familiari.
Attualmente nella comunità locale esistono delle reti formali ed informali di famiglie che stanno già lavorando
in sinergia con i servizi pubblici, sostenendo ed aiutando altre famiglie in difficoltà o a rischio ovvero con
interventi specifici di sostegno domiciliare al nucleo familiare impegnato nell’accoglienza.
2.4.
Privato sociale e associazionismo orientato ai minori
Una delle risorse con cui il sistema di tutela collabora maggiormente è l’associazione Strada Facendo che è
formata da famiglie affidatarie legate al Centro affido dell’azienda Ulss 8.
Infatti il Centro Affido ha mantenuto costanti contatti con le famiglie motivate e disponibili all'affido, non solo
in funzione di preparazione e di formazione, ma anche per favorire il reciproco scambio e sostegno,
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Azienda ULSS n. 8 – Asolo
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Recepimento linee di indirizzo per la protezione dei bambini e degli adolescenti
sollecitando i partecipanti a riflettere sull'opportunità di darsi una struttura in funzione di reciproco sostegno e
di rappresentanza pubblica. Dopo una fase di riflessione interna e di maturazione delle motivazioni, si è
costituita l’Associazione Strada Facendo nel luglio 2006. L'associazione vuole essere uno strumento per
favorire la nascita e lo sviluppo di progetti finalizzati alla promozione di attività dedite all'accoglienza, alla
condivisione, alla solidarietà e all'autopromozione della famiglia:
• accoglienza come valorizzazione di ogni individuo;
• condivisione come cultura del riconoscimento del valore di ogni persona;
• solidarietà come vicinanza a chi vive situazioni di isolamento, di disagio sociale, di marginalità;
• autopromozione come consapevolezza di possedere le peculiarità e potenzialità che la rendono una
comunità di amore e di vita" (dall'art.3 dello Statuto).
Tra le finalità perseguite dall'associazione da sottolineare le seguenti: "promuovere la conoscenza e la
diffusione dell'istituto dell'affidamento del minore; favorire scambi di esperienze fra le famiglie affidatarie,
aiutarle e sostenerle nel loro compito, con particolare riguardo ai problemi della coppia e dei figli ." (dall'art.4
dello Statuto).
Attualmente l'associazione collabora attivamente con il Centro affido senza sovrapposizione, con funzioni
diverse ma complementari nel sostegno e tutoraggio alle famiglie affidatarie che intraprendono per la prima
volta questa esperienza .
3. PRINCIPALI SOGGETTI SOVRA-TERRITORIALI
3.1.
Autorità giudiziarie
L’avvio del percorso di tutela
TUTELA
CONSENSO DEI
GENITORI
ASSENZA CONSENSO DEI
GENITORI
Progetto quadro
P.E.I.
Segnalazione alla
Procura della Repubblica del
Tribunale per i Minorenni
U.V.M.D.
Giudice Tutelare
AFFIDO
CONSENSUALE
richiede
l’intervento del
Giudice del
Tribunale per i
Minorenni
COMUNITA’
non interviene
Nell’ambito del consultorio familiare, l’Ufficio tutela minori assume i provvedimenti di affidamento familiare
consensuale, funge da punto di riferimento per le comunicazioni con le altre istituzioni e assicura uniformità di
approccio metodologico nelle relazioni interistituzionali.
Il consultorio familiare si rapporta con:
- il Giudice tutelare:
o segnalazione dei minori privi di un esercente la potestà genitoriale;
o trasmissione degli affidamenti consensuali ai fini dell’esecutività;
o richiesta di autorizzazione in situazioni di richiesta di IVG da parte di minorenni prive del
consenso dei genitori;
o segnalazione di situazioni di conflitto nell’esercizio della potestà genitoriale.
- la Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni:
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o segnalazioni di serio rischio e pregiudizio effettuate al termine del percorso di stima della
segnalazione, salvo casi d’urgenza, e perfezionate, come previsto dalla circolare n.1258/2055
del 21.12.2005 della Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Venezia,
utilizzando l’apposito frontespizio per la segnalazione delle situazioni di pregiudizio alla
Procura presso il TM;
o segnalazioni di impedimento immotivato per gli interventi di cura su di un minore in
condizioni di pregiudizio;
o segnalazioni per la modifica del regime giuridico precedentemente ratificato o stabilito.
il Tribunale per i Minorenni:
o relazioni sullo stato di esecuzione dei decreti emessi dal Tribunale e sull’evoluzione della
situazione del minore;
o relazioni di approfondimento delle situazioni, su richiesta dello stesso Tribunale,
o relazioni periodiche sulla situazione dei minori affidati al Servizio Sociale.
il Tribunale ordinario:
o segnalazioni o relazioni richieste dallo stesso Tribunale riguardo le condizioni di affidamento
dei figli nelle separazioni e divorzi conflittuali;
o relazioni sull’andamento dei rapporti e degli incontri tra minore e genitore non affidatario,
quando il Tribunale abbia prescritto il loro svolgimento in luogo protetto, quindi presso lo
Spazio neutro del consultorio familiare;
Procura della Repubblica presso il Tribunale Ordinario:
o Segnalazione di notizie di reati a danno dei minori compiuti da adulti e successive relazioni.
Il Tribunale per i Minorenni:
1) Si esprime sulla valutazione delle capacità genitoriali e, se del caso, interviene con decreto in merito
alla limitazione o sospensione o decadenza della potestà genitoriale.
2) Può disporre l’affido giudiziale a una famiglia o comunità, essendo l’unico organo che può decidere a
prescindere dal consenso dei genitori. In questo caso l’affido può:
a. Prevedere un termine e concludersi con il rientro in famiglia;
b. Non prevedere scadenza, ma protrarsi fino alla maggiore età, fatti salvi fallow up periodici;
c. Concludersi con la dichiarazione di adottabilità e quindi con l’adozione del minore.
3) Nel caso di sospensione o decadenza della potestà genitoriale, nomina un tutore legale. La tutela può:
a. Chiudersi per reintegro dei genitori;
b. Protrarsi fino alla maggiore età del ragazzo;
c. Chiudersi al termine dell’anno di affido preadottivo, nel caso di adozione del minore.
Le decisioni del Tribunale per i Minorenni
VALUTAZIONE
CAPACITA’
GENITORIALI
GIUDICE DEL TRIBUNALE
PER I MINORENNI
positive
negative
AFFIDO GIUDIZIALE
O
COMUNITA’
rientro in
famiglia
sine die
adozione
TUTELA
chiusura per
reintegro
genitori
10
fino alla
maggiore
età
anno di
affido
preadottivo
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3.2.
Centri regionali per la cura e protezione dei bambini, dei ragazzi e delle famiglie.
I Centri regionali per la cura e protezione dei bambini, dei ragazzi e delle famiglie offrono consulenza agli
operatori dei servizi territoriali e predispongono e realizzano interventi terapeutici per i minori che hanno
vissuto situazioni di abuso o di grave maltrattamento e per i loro familiari.
Nell’esperienza dei consultori familiari dell’azienda ULSS n. 8, per i casi di abuso sessuale, che sono piuttosto
rari, sono avviate utili collaborazioni con due centri regionali di cura e protezione dei bambini.
3.3.
Centro per la giustizia minorile
Il Centro per la giustizia minorile è un organo del Ministero della Giustizia e si occupa di minori ultra14enni
sottoposti a misure penali. Il Centro per la giustizia minorile comprende l’Ufficio si servizio sociale per
minorenni, l’Istituto penale minorile e il Centro di prima accoglienza.
I consultori familiari mantengono efficaci rapporti di collaborazione con l’Ufficio di servizio sociale per
Minorenni per interventi alternativi alla pena e di reintegro familiare e sociale del minore.
3.4.
Pubblico Tutore dei minori
I servizi socio-sanitari e sociali possono ricorrere all’ufficio del Pubblico Tutore dei minori del Veneto per
consulenza e/o mediazione in caso di difficoltà di comunicazione e collaborazione. In particolare, la richiesta
può riguardare: specifici chiarimenti di carattere giuridico ed amministrativo, attività di mediazione tra il
cittadino e le istituzioni, promozione di percorsi di mediazione interistituzionali, eventuali segnalazioni alle
autorità competenti sullo stato di rischio e sulla necessità di interventi e di iniziative.
In adesione alla proposta del Pubblico Tutore dei minori, viene realizzato il “progetto tutori” che consiste nel
reperire, formare e sostenere persone disponibili ad assumere la tutela legale, in modo da creare nel territorio
una lista di potenziali tutori volontari, già formati e selezionati, idonei e competenti per assumere questo
ufficio. A questa lista attingono gli organi giudiziari, nei casi in cui devono nominare il tutore per un minore. Il
consultorio si rapporta quindi con il tutore nella definizione del progetto di intervento per ogni singolo
bambino. Al momento sono circa 40 persone le persone formate e disponibili per il ruolo di tutore di minori.
4. FORMAZIONE E RICERCA
4.1.
Formazione
L’azienda ULSS n. 8 offre da anni la possibilità, per i consultori familiari, di organizzare momenti di
formazione e di supervisione sulle diverse tematiche di pertinenza e molte occasioni hanno riguardato la tutela
sociale minorile.
L’adozione del presente Atto di recepimento e dell’Atto di programmazione dei servizi di tutela saranno
accompagnati da percorsi formativi, sia rivolti agli operatori consultoriali, sia allargati agli operatori di altri
servizi ULSS, dei Comuni e del mondo della Scuola.
4.2.
Ricerca
La raccolta sistematica delle informazioni, sia quantitative che qualitative, delle situazioni in carico e degli
interventi messi in atto, effettuata dal Consultorio familiare (ufficio tutela sociale minorile e centro affido),
dalla Direzione amministrativa dei distretti (segreteria UVMD e gestione amministrativa ed economica della
delega della tutela sociale minorile) e dall’Ufficio di Piano fornirà la base per il monitoraggio degli interventi e
per una riflessione ampia, da condividere con gli stakeholder territoriali, sui bisogni dei minori e sulle
necessarie politiche sociali.
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