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Historic Car Club Sile
ABARTH 850 TC
La Fiat-Abarth 850 TC è una fuoriserie di stampo sportivo che possiede già nel suo nome il
significato del suo DNA; Turismo Competizione; un’auto da usare tutti i giorni ma pronta per le
corse del fine settimana.
A differenza dei modelli che l’hanno preceduta, vale a dire la
Derivazione Abarth 750 su base Fiat 600 e la Derivazione
Abarth 850 su base Fiat 600D, che venivano assemblati
smontando inizialmente delle 600 già pronte all’uso, la FiatAbarth 850 TC, grazie ad un accordo con la casa madre,
veniva montata partendo da Fiat 600D parzialmente
assemblate che, tolte dalla catena di montaggio, venivano
spedite allo stabilimento Abarth in Corso Marche 38 a Torino.
L’inizio di questo accordo e, conseguentemente l’inizio della
produzione
della 850TC avvenne nel Febbraio 1961. Le
modifiche a livello meccanico comprendevano
albero a camme, albero motore, bielle e pistoni
alleggeriti, carburatore Solex 32 PBIC, collettore di
aspirazione maggiorato, coppa olio in alluminio
dalla capacità di 4 kg, collettore di scarico e la
famosa marmitta Abarth. L’alesaggio risulta essere
di 62,5 millimetri e la corsa di 69 millimetri (per la
600D erano rispettivamente di 62 e 63,5 millimetri)
per una cilindrata totale di 847 centimetri cubici (a
differenza dei 767 centimetri cubici della 600D). Per migliorare il raffreddamento venne posto un
radiatore supplementare trasversalmente sotto il pianale. Tali modifiche permettevano una potenza
massima di 52 CV a 5.800 giri/min (in luce dei 29 CV a 4.800 giri/min. della Fiat 600D).
All’anteriore troviamo una coppia di freni a disco di marca
Girling con pinze a tre cilindretti e un assetto che risulta
ribassato montando una balestra con occhielli rovesciati. Al
posteriore viene inserito un riduttore di pressione per
equilibrare la frenata a tutte le velocità, anche qui l’assetto
risulta migliorato sostituendo le molle originali con delle altre
più corte.
Esternamente la 850 TC risultava essere riconoscibile dalla
calandra con i baffi, il fregio a coda di rondine sul cofano
anteriore, gli stemmi con fulmine tricolore sui parafanghi, i
cerchi Fergat dotati di finestrelle con risvolto esterno oppure,
come optional, i cerchi in lega Amadori & Campagnolo da 12 pollici; al posteriore la scritta
ABARTH 850 TC posta sull’angolo in basso a destra del cofano, in obliquo, dal basso verso l’alto.
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L’interno veniva impreziosito da un volante in alluminio a tre razze con corona nera o di legno, lo
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strumentazione a tre elementi circolari, e
sulla plancia dinanzi al passeggero la scritta
850 TC ed un piccolo stemma.
Tali modifiche meccaniche, unite alla
leggerezza dell’auto (610 kg in ordine di
marcia), permisero prestazioni di
accelerazione e velocità massima (140
chilometri orari) che all’epoca erano virtù di
automobili di categoria superiore. Il prezzo
di 850.000 lire (a discapito dei 990.000 necessari per la Derivazione 750 e gli 885.000 per la
Derivazione 850), si rivelò un’arma vincente.
I risultati arrivarono quasi subito con la prima vittoria ottenuta
dal pilota Carotenuto nella corsa in salita S. Benedetto del
Tronto-Acquaviva nel giugno del 1961, alla quale ne
seguirono diverse altre nella categoria Turismo 850, le quali
portarono alle casse del’Abarth notevoli benefici, in luce di
un accordo con la Fiat, la quale si era impegnata a fornire un
premio economico per ogni vittoria riportata nelle
competizioni, fino ad arrivare all’apoteosi il 3 Settembre dello
stesso anno con uno storico primo-secondo-terzo nella
medesima categoria sopracitata alla 500 km del Nurburgring,
con Furtmayr, Foitek e Mc Cowen.
L’Abarth, cavalcando l’onda di tale successo, decise, nel
novembre dello stesso anno di presentare una versione
potenziata denominata “Nurburgring” dalla potenza di 55 CV
e dal prezzo di 900.000 Lire. La Nurburgring si poneva a
metà della gamma, in quanto un gradino sopra c’era la 850
TC/SS con una potenza di 57 CV. Quest’ultima versione fu
prodotta solo da fine 1961 a dicembre 1962 quando venne
rimpiazzata dalla 850 TC Corsa.
Di quest’ultima, fresca di omologazione per la
categoria turismo, la scocca risultava rinforzata,
l’assetto ribassato, la pompa benzina fu sostituita con
una elettrica, la targa posteriore venne inserita in un
telaietto con luce di illuminazione, le ruote posteriori
vennero dotate di freni a disco, il radiatore fu
posizionato anteriormente, ganci di sicurezza furono
posti sul cofano anteriore, un termometro dell’olio fu
messo al posto del posacenere e dei supporti a traliccio vennero aggiunti per tener sollevato il
cofano posteriore. Compresi nel prezzo, venivano inclusi marmitta da corsa “T81” e tromboncino
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d’aspirazione a patto di un utilizzo
esclusivamente agonistico. Esteticamente
inoltre, si notavano gli stemmini con logo
“campione del Mondo”; il tutto venduto per
la cifra di 1.269.900 lire.
La competitività della vettura era indubbia e le
vendite furono un successo. Un numero
eccezionale di vittorie in qualsiasi tipo di
competizione, che fossero pista, salita, rally o che fossero riportate da piloti privati o ufficiali non
faceva differenza.
Nell’ottobre 1964, venne presentata la nuova
850 TC Corsa/65, la quale, a colpo d’occhio si
distingueva subito per il nuovo radiatore
anteriore, più grande e inglobato tra due
rostri. Questo radiatore fu ampiamente
collaudato negli anni precedenti al 1965;
mostrandosi al pubblico dapprima con una
rudimentale versione, cammuffata da una
piccola lamiera, al Rally di Montecarlo 1964
(da qui il nome del radiatore, ossia “tipo
Montecarlo”), in seguito, alla 500 km del
Nurburgring per l’occasione senza alcuna lamiera di cammuffamento.
La forma di questo radiatore ebbe però vita
breve, perché già alla 4 ore di monza 1965 le
vetture ufficiali si presentarono con un rinnovato
radiatore combinato acqua-olio, esteticamente
riconoscibile da due “ali” che proseguono
esternamente a partire dai rostri.
In realtà le modifiche erano ben più consistenti e
comprendevano un nuovo sistema di scarico, un
differenziale autobloccante e un anteriore ove la
balestra aveva solo funzione di braccio inferiore
della sospensione, perché erano presenti molle
con ammortizzatori che assolvevano al compito
elastico. Il tutto completato da barra antirollio e da un giunto cardanico sul piantone guida.
Le vittorie, sia di privati che di ufficiali, continuavano ad essere copiose, ma a questo punto,
considerato anche che gli aggiornamenti collaudati dai piloti ufficiali venivano poi girati ai privati,
fece si che la 850 TC Corsa aumentasse il proprio costo in maniera esponenziale. Carlo continuò
con convinzione le sue evoluzioni tecniche, tanto che alla 4 ore di Monza 1966, le “ufficiali”, con
la scocca della nuova 600D “fanalona” mostrarono evoluzioni a livello meccanico, uno
spinterogeno Magneti Marelli “S122” e un nuovo radiatore senza più “ali” ma che si congiungeva
integralmente fino alla fine del parafango.
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A quel punto le 850 TC esistevano solo in
versione corsa, visto che le stradali vennero
rimpiazzate dalle derivate Fiat 850, e non erano
nemmeno più in listino tanto più che ormai i
privati potevano procurarsi solo le “ex-ufficiali”.
Unito al fatto che Abarth decise di impegnarsi
maggiormente nelle categorie superiori, gli
aggiornamenti furono man mano sempre meno,
fino a smettere di lì a poco qualsiasi supporto
ufficiale e lasciare così ai privati il continuo della
gloriosa storia della Fiat Abarth 850 TC.
La prova
L’esemplare di Fiat-Abarth 850 TC iscritto all’Historic Car Club Sile, risulta essere uscito dalle linee
della catena di montaggio dell’Abarth S.p.A. nel 1962 e dichiarata venduta dalla stessa, per la cifra
di 850.000 lire il 26 giugno 1962.
Originariamente targata TO458564, la
vettura rimase in provincia di Torino fino al
1966 quando, a causa di un cambio di
proprietà, l’auto venne trasferita in provincia
di Venezia ove subì un aggiornamento della
carta di circolazione con conseguente
cambio di targa: la stessa che ha
attualmente.
Fu allora che l’attuale proprietario,
ammaliato dalle imprese sportive che in
quegli anni l’Abarth riportava nelle gare di
tutto il mondo, iniziò a vedere per le strade nei dintorni di casa la vettura, fino a che, all’inizio degli
anni ‘80, grazie ad una fortuita concatenazione di avvenimenti, l’auto venne salvata dalla
rottamazione ritrovandola in mezzo ad un campo incolto assieme ad altre vetture e riconoscendola
grazie alle tre gobbe del cruscotto Jaeger. Acquistata e sottoposta allora ad un accurato e
doveroso restauro dove il radiatore che in origine era posto trasversalmente sotto al pianale, venne
spostato all’anteriore, come in molti facevano all’epoca sull’onda della TC Corsa per migliorare il
raffreddamento e per evitare costosi danni in
seguito agli urti con i dossi, e l’eliminazione dei
rostri dai paraurti per vezzo del proprietario, l’auto
è arrivata fino ai giorni nostri percorrendo in
questo lasso di tempo 16500 chilometri.
Aprendo le porte controvento tipiche della Fiat
600D, ci si accomoda in un abitacolo che ai giorni
nostri si definirebbe angusto, ma che all’epoca del
boom economico si definiva libertà. La vettura
monta un volante di marca Personal, che a
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differenza dell’originale presenta le fessure delle tre razze più sottili. Tutto il resto è originale,
compreso il fregio sulla plancia ed il cruscotto.
Una volta messa in moto, il timbro vocale del quattro cilindri che esce dalla “marmitta Abarth”, ci fa
subito capire che lo scorpioncino è pronto a
pungere, emettendo un rombo elevato per gli
standard odierni, ma non per questo fastidioso.
Alla guida fa strano pensare ad una fuoriserie
sportiva visto il grande diametro del volante, ma
era una necessità vista l’assenza di qualsiasi
forma di servosterzo ed il bisogno di assicurare
una buona guida in tutte le condizioni.
Il profumo del tessuto interno e i suoni
provenienti dalla trasmissione, come pure l’ululato che il motore emette agli alti regimi fanno
immaginare, anche a chi quei tempi non li ha vissuti, momenti epici del motor sport italiano e non
solo, dove quasi tutti avevano la possibilità, con l’auto che usavano tutti i giorni -auto anche
esattamente uguali a questa- di cimentarsi nelle gare della domenica, dove chi aveva talento
veniva premiato, dove c’era Gente, con la G maiuscola, che impugnando un volante e scorgendo
un contagiri come questo, si lanciava in salite di oltre 17 chilometri come la Trento-Bondone, con la
sola “sicurezza” dei paracarri a proteggerli dai
burroni, o a meravigliosamente folli gare in
mezzo al traffico come la Targa Florio, gare in
cui si rischiava tantissimo, ma allo stesso
tempo permettevano di vivere al massimo ogni
singolo istante, privilegio di pochi, privilegio
che rendeva anche il pilota più sconosciuto un
Campione, pronto a raccontare poi le proprie
avventure al bar, circondato dagli amici, seduti
al tavolo con un bicchiere di rosso… e “l’otto e
mezzo”, segnata dalle gare, nel parcheggio
del bar, sempre pronta a riportare il campione
a casa.
Altri tempi, altre auto…pura poesia.
Emanuele Romano
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