Descrivere il passato in italiano

Transcript

Descrivere il passato in italiano
Estratto dalla tesi di laurea “Dall’italiano L2 all’educazione linguistica nelle classi plurilingue” di Silvia
Cattani
Descrivere il passato in italiano
Passato remoto e passato prossimo nell’ italiano contemporaneo
Nella dinamica interna dell’italiano contemporaneo, improntata a un generale principio di
“semplificazione, all’economia linguistica, per cui una forma unica copre lo spazio
precedentemente occupato da due o tre forme” (Bruni 1984, p. 112), si sta assistendo
all’espansione, sempre più consistente, del passato prossimo e, in maniera complementare, alla
regressione del passato remoto. L’alternanza tra passato remoto e passato prossimo, codificata
nell’italiano standard sulla base dell’opposizione temporale e aspettuale tra le due forme1, è infatti
praticamente assente nelle varietà settentrionali, mentre “molte varietà del Centro e soprattutto del
Sud conservano la distinzione tra i due passati che vige nei dialetti sottostanti (stamattina ascoltai
una lunga conferenza) e la distinzione è inoltre salda in molti stili dello scritto, soprattutto - com’è
ovvio - in quelli narrativi” (Lorenzetti 2002, p. 76). Tuttavia, l’espansione del passato prossimo ai
danni del passato remoto si caratterizza sempre meno come un tratto marcato in diatopia e sempre
più come un tratto proprio dell’intero spazio geo-linguistico italiano. Questo fenomeno fa sì che,
nell’italiano contemporaneo, il passato prossimo assolva una duplice funzione, esprimendo, da una
parte, l’aspetto compiuto e, dall’altra, il valore aoristico ereditato dal passato remoto2.
Resta invece centrale il contrasto del passato prossimo con un altro passato, l’imperfetto,
determinato dai rispettivi valori temporali e aspettuali.
Passato prossimo e imperfetto: forma e funzione
In italiano, la costruzione del passato prossimo è un’operazione complessa3: richiede la scelta (e la
coniugazione) del verbo ausiliare e la formazione del participio passato del verbo che porta il valore
1
Analogamente all’opposizione present perfect/simple past in inglese o préterito perfecto/préterito indefinido in
spagnolo.
2
Nonostante il passato remoto abbia oramai ceduto il proprio valore aoristico al passato prossimo, tuttavia è importante
riconoscere come l’uso dell’uno o dell’altro, anche con uno stesso verbo (quindi in una situazione in cui le proprietà
semantiche inerenti di un verbo non influiscono sulla scelta del tempo verbale), sottolinei aspetti diversi di una
medesima azione. Si prendano, ad esempio, le frasi Il tribunale lo scagionò dall’accusa e Il tribunale lo ha scagionato
dall’accusa: mentre la prima mette l’accento sul momento preciso in cui la persona di cui si parla venne ufficialmente
riconosciuta innocente (una precisa mattina, in un preciso tribunale, attraverso una precisa sentenza pronunciata da un
preciso giudice), la seconda evidenzia piuttosto il fatto che quella persona, essendo stata assolta, ha riguadagnato la
propria reputazione, è cioè tuttora socialmente riabilitata.
3
Per avere un’idea della complessità formale, si pensi al problema della scelta dell’ausiliare, che in alcuni casi pone
problemi anche a un italofono (ad esempio, con i verbi marcire, fiorire, durare, persistere). Si pensi anche alla
formazione del participio passato dei verbi irregolari (ad esempio, prendere: preso; bere: bevuto; mettere: messo;
appendere: appeso, ecc.). Si pensi, infine, all’accordo: tendenzialmente, i passati prossimi costruiti con l’ausiliare avere
Estratto dalla tesi di laurea “Dall’italiano L2 all’educazione linguistica nelle classi plurilingue” di Silvia
Cattani
semantico, il quale, quando è regolare, viene marcato dal suffisso -to. La costruzione
dell’imperfetto è più semplice e trasparente: tutti i verbi costruiscono l’imperfetto in modo regolare,
aggiungendo al tema verbale le desinenze -vo, -vi, -va, -vamo, -vate, -vano. Si consideri, ad
esempio, il verbo guardare:
passato prossimo
imperfetto
1^ p.s. io ho guardato
io guardavo
2^ p.s. tu hai guardato
tu guardavi
3^ p.s. egli ha guardato
egli guardava
1^ p.p. noi abbiamo guardato noi guardavamo
2^ p.p. voi avete guardato
voi guardavate
3^ p.p. essi hanno guardato
essi guardavano
Eppure è importante “rispettare nell’insegnamento l’ordine naturale di acquisizione, spiegando agli
studenti prima il passato prossimo, che, seppur caratterizzato da maggiore complessità formale,
svolge una funzione cognitivamente più saliente e meno complessa da apprendere, e in seguito
l’imperfetto, che presenta una forma più regolare, ma una funzione meno saliente, quella
dell’incompiutezza nel passato, che può essere appresa appieno solo dopo l’acquisizione della
struttura più saliente del passato compiuto” (Rosi 2007, p. 251). Come si spiegherà nei paragrafi a
seguire, questa differenza di complessità cognitiva è dovuta all’aspetto verbale e, nello specifico,
alle interazioni tra aspetto, tempo e azionalità, le tre categorie che intervengono nel regolare
l’acquisizione dell’opposizione passato prossimo/imperfetto in italiano L2.
Tempo e aspetto in italiano
In italiano, i tempi verbali codificano linguisticamente non solo la scansione temporale dell’azione,
ossia il rapporto di anteriorità, contemporaneità o posteriorità tra l’evento descritto dal verbo e un
punto preso a riferimento (momento dell’enunciazione: scansione deittica; momento del
riferimento: scansione anaforica), ma anche l’aspetto, categoria ignorata dalla tradizione italiana di
insegnamento ma cruciale, che indica il punto di vista assunto rispetto all’azione: “l’aspetto è la
categoria del verbo che segnala come viene presentato lo svolgersi di un evento” (Banfi & Bernini
2003, p. 78) .
presentano il participio passato invariabile (ad esempio, Ho mangiato una mela), mentre il participio passato dei passati
prossimi costruiti con l’ausiliare essere concorda in genere e numero con il soggetto (ad esempio, Io e mia sorella siamo
andate al mare); tuttavia, nei verbi transitivi coniugati con l’ausiliare avere il participio passato presenta l’accordo
qualora il complemento oggetto sia costituito da un pronome personale anteposto al verbo, come accade nelle
dislocazioni a sinistra (ad esempio, L’ho già prenotata io la vacanza).
Estratto dalla tesi di laurea “Dall’italiano L2 all’educazione linguistica nelle classi plurilingue” di Silvia
Cattani
La presa in considerazione dell’aspetto, imponendo una chiara differenziazione tra tempi e aspetti,
scardina ciò che l’educazione linguistica tradizionale definisce tempi verbali, mettendo in luce
come essi, in realtà, combinino tratti sia temporali che aspettuali, e propone di distinguere in
italiano tre tempi e cinque aspetti.
TEMPI
•
passato
•
presente
•
futuro
ASPETTI
•
perfettivo puntuale (= passato remoto)
•
perfettivo compiuto (= passato prossimo)
•
durativo (= presente, imperfetto)
•
progressivo (= imperfetto, gerundio)
•
abituale (= presente, imperfetto).
Proprio una differenza di valore aspettuale è alla base del diverso uso in italiano di passato prossimo
(e, seppure in decadenza, passato remoto) da un lato, imperfetto dall’altro: “l’imperfetto
l’imperfetto ed il
passato prossimo/remoto sono caratterizzati
dai tratti opposti della indeterminatezza e della
determinatezza relativamente alla visualizzazione della conclusione dell’evento
dell’evento” (Lo Duca 2004, p.
140).
L’imperfetto esprime un evento di aspetto imperfettivo.
Un evento espresso si definisce in dimensione imperfettiva quando viene presentato:
•
nel suo svolgimento/imperfetto progressivo:
es. Camminavamo di fretta (stavamo camminando) quando incontrammo un vecchio amico;
•
nella sua abitualità e ricorrenza/aspetto abituale:
es. Quando frequentavo l’università, prendevo tutti i giorni il treno;
•
come un’attitudine, un’inclinazione:
es. Mia nonna era una brava sarta;
•
nella sua continuità/aspetto continuo:
es. Mentre l’insegnante correggeva i compiti, gli studenti ripassavano in silenzio la lezione.
Estratto dalla tesi di laurea “Dall’italiano L2 all’educazione linguistica nelle classi plurilingue” di Silvia
Cattani
I passati prossimo e remoto esprimono, invece, un evento di aspetto perfettivo.
Nell’italiano standard, essi esprimono rispettivamente la perfettività compiuta (passato inclusivo) e
la perfettività aoristica (passato definitivo), mentre, come si è spiegato, nell’italiano contemporaneo,
questa differenziazione funzionale tende a indebolirsi ed è il passato prossimo a farsi sempre più
carico di entrambi i valori.
Un evento espresso si definisce in dimensione perfettiva quando viene presentato:
•
nella sua globalità:
es. Ho conosciuto i genitori del mio fidanzato;
•
nella sua conclusa compiutezza:
es. La polizia catturò i malviventi.
E’ interessante ricordare che, per esprimere l’aspetto verbale, l’italiano dispone anche di
mezzi non morfologici (Serianni & Castelvecchi 1989, p. 391):
- mezzi sintattici, come la perifrasi progressiva stare + gerundio;
- mezzi lessicali (addormentarsi, ad esempio, ha valore ingressivo, indicando l’inizio
dell’azione; dormire ha invece valore durativo, indicando l’azione in sé);
- mezzi derivativi (ad esempio, attraverso il suffisso -icchiare un verbo può designare
un’azione ripetuta e attenuata, come in dormicchiare).
Azionalità in italiano
L’azionalità riguarda le proprietà semantiche intrinseche di un verbo, le quali forniscono
informazioni sulle fasi temporali dell’evento predicato dal verbo. Questa categoria, definita anche
Aktionsart, azione verbale, aspetto inerente o aspetto lessicale - per distinguerla dall’aspetto
grammaticale, cui peraltro è strettamente legata - comprende tre parametri fondamentali:
•
la TELICITÀ
Si può distinguere tra verbi intrinsecamente orientati al raggiungimento di un fine, detti telici (ad
esempio, arrivare, dipingere un quadro) e verbi caratterizzati dall’assenza di un culmine proprio del
processo che descrivono, detti atelici (ad esempio, dipingere, stupirsi);
•
la DURATIVITÀ
I verbi dell’italiano possono essere disposti lungo un continuum ideale, ai cui due estremi si
trovano, da una parte, i predicati dotati di una natura interna protratta nel tempo, definiti verbi
Estratto dalla tesi di laurea “Dall’italiano L2 all’educazione linguistica nelle classi plurilingue” di Silvia
Cattani
durativi (ad esempio, dormire, crescere), dall’altra, i predicati dalla natura interna istantanea, in cui
momento iniziale e finale idealmente coincidono, detti non durativi (ad esempio, cadere, esplodere);
•
la STATIVITÀ
Si può distinguere tra verbi che descrivono eventi suscettibili di interruzione, detti dinamici (ad
esempio, lavorare, stirare) , e verbi che indicano qualità e condizioni non passibili di interruzione,
detti stativi (ad esempio, possedere, essere felice).
Intersecando i tre tratti semantici, si individuano quattro classi azionali, all’interno delle quali,
attraverso specifici procedimenti, possono essere ricondotti i verbi della lingua italiana:
l’inclusione di un determinato predicato in una categoria azionale è una funzione
dell’esito di batterie di test sintattici e inferenziali che verificano la compatibilità del
predicato con determinati avverbiali di tempo, con la perifrasi progressiva e il modo
imperativo (per i verbi di stato) e con il tipo di inferenze possibili sulla conclusione
dell’evento una volta che è stato interrotto (Rastelli 2007, p. 172).
•
VERBI STATIVI (states) – classe stativa: hanno durata; non hanno dinamicità e telicità (ad
esempio, sapere, possedere, amare);
•
VERBI DI ATTIVITÀ (activity
terms) – classe continuativa: hanno durata e dinamicità; non
hanno telicità (ad esempio, camminare, lavorare, prendere il sole);
•
VERBI DI COMPIMENTO (accomplishment
terms) – classe risultativa:
hanno durata,
dinamicità e telicità (ad esempio, fare la doccia, imparare, salire le scale);
•
VERBI DI RAGGIUNGIMENTO (achievement
terms) – classe trasformativa: hanno dinamicità e
telicità; non hanno durata (ad esempio, riconoscere, esplodere, frantumarsi).
Estratto dalla tesi di laurea “Dall’italiano L2 all’educazione linguistica nelle classi plurilingue” di Silvia
Cattani
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Banfi, E. & Bernini, G. (2003). “Il verbo”. In A. Giacalone Ramat (a cura di), Verso l’italiano.
Roma: Carocci, pp. 70-115.
Bruni, F. (1984). L’italiano. Elementi di storia della lingua e della cultura. Torino: Utet.
Chini, M., Desideri, P., Favilla, M.E. & Pallotti, G. (a cura di) (2007). Atti del 6° Congresso
Internazionale dell’Associazione Italiana di Linguistica Applicata (Napoli, 9-10 febbraio
2006). Perugia: Guerra.
Giacalone Ramat, A. (a cura di) (2003). Verso l’italiano. Percorsi e strategie di acquisizione. Roma:
Carocci.
Lo Duca, M.G. (2004). Esperimenti grammaticali. Riflessioni e proposte sull’insegnamento della
grammatica dell’italiano. Roma: Carocci.
Lorenzetti, L. (2002). L’italiano contemporaneo, Roma: Carocci.
Rastelli, S. (2007). “L’azione verbale nei dati di un corpus di italiano scritto di americani”. In M.
Chini, P. Desideri, M.E. Favilla & G. Pallotti (a cura di), Atti del 6° Congresso
Internazionale dell’Associazione Italiana di Linguistica Applicata (Napoli, 9- 10 febbraio
2006). Perugia: Guerra, pp. 167-186.
Rosi, F. (2007). “Imparare il passato italiano in classe”. In M. Chini, P. Desideri, M.E. Favilla & G.
Pallotti (a cura di), Atti del 6° Congresso Internazionale dell’Associazione Italiana di
Linguistica Applicata (Napoli, 9-10 febbraio 2006). Perugia: Guerra, pp. 235-256.
Serianni, L. & Castelvecchi, A. (1989). Grammatica italiana. Italiano comune e lingua letteraria.
Torino: Utet, pp. 379-486 (“Il verbo”).