Osservatorio Calabria
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Osservatorio Calabria
Legalità: l’opinione dei giovani studenti universitari L’indagine sulla percezione della legalità che verrà presentata in occasione del convegno dal titolo “Lavoro, giovani e legalità: la sfida del presente in un mondo che cambia” nasce nell’ambito dell’esperienza degli Osservatori Regionali Acli delle Politiche Sociali, che da due anni svolgono studi e ricerche su differenti tematiche sociali e di welfare. Le attività degli Osservatori sono organizzate su scala regionale, ma non mancano esempi virtuosi di collaborazioni interregionali, come la presente indagine, che registra la partecipazione attiva delle Acli Siciliane, Campane e Calabresi, dimostra. Il lavoro di ricerca, di cui queste pagine costituiscono un’anticipazione, ha preso avvio in Sicilia con una inchiesta di sfondo, che ha utilizzato un approccio metodologico di tipo etnografico. I risultati di questo studio, oltre ad essere utili sul piano conoscitivo, hanno permesso di costruire con maggior precisione gli strumenti metodologici della successiva ricerca quantitativa sulla percezione della legalità economica dei giovani di età compresa tra i 18 e i 35 anni, svolta contemporaneamente in Campania e Calabria, su un campione complessivo di 1000 studenti e/o lavoratori. Lo studio interregionale completo, a cura di Federica Volpi e David Recchia, verrà pubblicato sul secondo numero della rivista del centro studi Mons. Cataldo Naro, Prosopon. Nuovi percorsi dell’agire sociale. La presente sintesi rappresenta un focus di approfondimento delle informazioni raccolte in Calabria su un campione a scelta ragionata, quindi non probabilistico, di 510 studenti universitari, di cui il 52% uomini e il 30% iscritto ad una facoltà umanistica. Prima di addentrarci nell’esame dei risultati, per comprendere meglio le risposte fornite dagli intervistati, è utile notare che il 40% di costoro dichiara di associare alla normale attività di studio anche un impegno lavorativo, molto spesso in nero: 1 studente-lavoratore su 2 dichiara di non avere nessun contratto. Come molte indagini sul tema mostrano, il rapporto tra gli italiani e la politica non è roseo, negli ultimi tempi il fronte dei critici sembra essere addirittura aumentato. Tale tendenza è stata riscontrata anche nei giovani intervistati: riguardo la fiducia verso i partiti, infatti, ben l’88% ha espresso un sentimento negativo; una percentuale simile riguarda sia il Governo che il Parlamento (in entrambi i casi, l’87% degli intervistati ha dichiarato di avere poca o per niente fiducia). Maggiore affidabilità invece è stata accordata all’Unione Europea, che raccoglie il consenso del 42% del campione. A questo sentimento negativo riguardo le maggiori istituzioni politiche si associa anche una visione del futuro tutt’altro che ottimistica. Infatti, circa la metà degli intervistati ritiene probabile di dover rinunciare alle vacanze, in futuro. Ancor più allarmante è la percezione di un’elevata probabilità di non arrivare a fine mese (91,5%) e di perdere il lavoro (93,3%). Questo ultimo è un elemento fondamentale per la progettazione della vita oltre l’università, lo dimostra il fatto che, quando agli intervistati abbiamo chiesto quale fosse la cosa più importante per sentirsi realizzato nel lavoro, la maggior parte ha scelto la retribuzione (70%) e la stabilità (66%). D’altro canto, però, gli universitari non si limitano ad attribuire all’occupazione aspetti solo materiali, ma, pur con minore intensità, riconoscono nell’attività lavorativa anche una dimensione espressiva/partecipativa. Infatti, alla domanda “al giorno d’oggi il lavoro è:”, la maggioranza relativa dei giovani (38%) ha risposto che esso costituisce un luogo dove è possibile esprimere il proprio impegno sociale. Al lavoro, dunque, viene assegnata una grande importanza, che però rischia di essere frustrata da un contesto poco avvezzo a lasciar spazio ai migliori: soltanto il 40% degli universitari crede che i giovani vengano valutati secondo il merito; mentre il 34% dichiara esplicitamente che per lavorare occorra una raccomandazione, a fronte del 20% che crede, invece, che il posto di lavoro venga effettivamente assegnato in base alle competenze del candidato. Giunti a questo punto del ragionamento, non stupisce che i giovani nutrano dei sentimenti negativi verso la classe dirigente del Paese e verso il contesto lavorativo ed economico, che ai loro occhi sembra essere caratterizzato anche da una forte presenza dell’illegalità: l’86% del campione crede che il lavoro nero incida significativamente su tutta l’economia regionale; il 30% ha dichiarato che l’occupazione illegale costituisce l’unica opzione praticabile per cominciare a guadagnare dopo l’università. Leggendo i dati in filigrana si intravede una convivenza forzata con l’illegalità, che talvolta appanna i contorni della legalità economica e finisce per proporsi come scelta obbligata di molti giovani che, vedendo l’economia legale refrattaria ai loro talenti, intraprendono la strada del lavoro nero per sbarcare il lunario. Fortunatamente però, almeno secondo i dati dell’indagine, gli studenti universitari mostrano di essere ben saldi nel giudizio negativo circa la dimensione illegale dell’economia: il 72% degli intervistati crede che l’economia sommersa non aiuterà a superare la crisi; il 55%, invece, sostiene che il lavoro nero non sia assimilabile ad una forma di sciopero fiscale; infine, il 51% dichiara che tali forme di illegalità non aiutino le imprese neanche nella fase di start-up. Un’ombra, tuttavia, si addensa all’orizzonte: da una lettura attenta dei dati emerge che tale opinione non è condivisa da tutti, anzi esiste una parte degli intervistati più accondiscendente rispetto all’illegalità. Si tratta degli studenti-lavoratori che, come indicato in precedenza, costituiscono il 40% del campione. Rispetto ai colleghi dediti solamente allo studio, questi ragazzi credono con maggior frequenza (34%) che l’economia sommersa aiuterà l’Italia a superare la crisi (la media campionaria è pari al 27,5%). L’aspetto più preoccupante, che emerge dallo studio approfondito delle opinioni di questo sottogruppo, è la tendenza ad assolvere sia le imprese sia i lavoratori che praticano il lavoro nero. Infatti, il 57% degli studenti-lavoratori sostiene che i lavoratori irregolari non dovrebbero essere puniti, questo valore scende al 48% tra gli studenti che non lavorano; mentre, il 72% di questi ultimi è convinto che le imprese “sfruttatrici” dovrebbero essere chiuse, tale dato si riduce al 67% tra gli studenti che lavorano. Appare chiaro che esiste una relazione tra la pratica del lavoro e la presenza significativa di atteggiamenti assolutori verso le forme illegali dello stesso. Probabilmente questa tendenza è favorita anche dal fatto che una buona parte degli studenti-lavoratori da noi intervistati svolge la propria attività al di fuori della protezione del diritto, in condizioni di illegalità. L’impressione finale è che il lavoro illegale costituisca una forma di socializzazione ai valori dell’illegalità. Per il momento questa è solo un’ipotesi che, assieme ad altre, si cercherà di corroborare in seguito, quando si analizzeranno anche i dati provenienti dalla Campania.