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rivista del dal 1928 M E N S I L E N . 1 0 O T T O B R E 2 0 0 9 € 3,50 fondazione ente™ dello spettacolo PERSONAGGI Stone e Moore La nuova faccia del capitalismo Film e star di Venezia 2009 Colpi di fulmine George in the Air? Roma fa festa En plein di divi e un inedito Scorsese CLOONEY PRENDE IL VOLO: DAL LIDO ALLA CAPITALE PER JASON REITMAN Poste Italiane SpA - Sped. in Abb. Post. - D.I. 353/2003 (conv. in L. 27.02.2004, n° 46), art. 1, comma 1, DCB Milano Quando l’Extravergine è uno spettacolo. Monini è presente al Festival Internazionale del Film di Roma. Passion for taste. rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo Nuova serie - Anno 79 N. 10 ottobre 2009 In copertina George Clooney - foto Pietro Coccia pu nti di vi st a DIRETTORE RESPONSABILE Dario Edoardo Viganò CAPOREDATTORE Marina Sanna REDAZIONE Gianluca Arnone, Federico Pontiggia, Valerio Sammarco CONTATTI [email protected] PROGETTO GRAFICO P.R.C. - Roma ART DIRECTOR Alessandro Palmieri HANNO COLLABORATO Alberto Barbera, Luciano Barisone, Gianluigi Ceccarelli, Pietro Coccia, Silvio Danese, Fabrizio Del Dongo, Karen Di Paola, Bruno Fornara, Antonio Fucito, Silvio Grasselli, Michela Greco, Claudio Lanzi, Massimo Monteleone, Franco Montini, Morando Morandini, Peppino Ortoleva, Anna Maria Pasetti, Angela Prudenzi, Franco Rossi, Boris Sollazzo, Marco Spagnoli REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE DI ROMA N. 380 del 25 luglio 1986 Iscrizione al R.O.C. n. 15183 del 21/05/2007 STAMPA Società Tipografica Romana S.r.l. - Via Carpi 19 - 00040 Pomezia (RM) Finita di stampare nel mese di settembre 2009 MARKETING E ADVERTISING Eureka! S.r.l. - Via L. Soderini, 47 - 20146 Milano Tel./Fax: 02-45497366 - Cell. 335-5428.710 e-mail: [email protected] DISTRIBUTORE ESCLUSIVO ME.PE. MILANO ABBONAMENTI ABBONAMENTO PER L’ITALIA (10 numeri) 30,00 euro ABBONAMENTO PER L’ESTERO (10 numeri) 110 euro SERVIZIO CORTESIA S.A.V.E. Srl, Fiano Romano (RM) tel. 0765.452243 Fax 0765.452201 [email protected]. PROPRIETA’ ED EDITORE PRESIDENTE Dario Edoardo Viganò DIRETTORE Antonio Urrata UFFICIO STAMPA [email protected] COMUNICAZIONE E SVILUPPO Franco Conta [email protected] Dovere di critica RdC e Tertio Millennio, Dalle Note sul cinematografo di Robert Bresson: “Rendete visibile quello che, senza di sono parti di un progetto, che, dieci voi, non potrebbe mai essere visto”. Il anni fa come oggi, riferimento è al ruolo che la critica deve avere non smette di nella circuitazione dei film a mercato zero. Una promuovere, sorta di preambolo nell’ideale deontologia professionale, in un momento in cui – esauritasi diffondere, seminare il buon cinema. Che non ha etichette particolari la spinta dirompente della cinefilia anni ’60 – la perché si può chiamare Tornatore o Wenders, critica è finita in un limbo di credibilità, divisa tra il popolare ossequio alle mode e l’autismo di De Oliveira o Salles, Zanussi o Burman. Può essere ironico o tragico, spettacolare o una vuota prosopopea. La prima, soffrendo di impervio, laconico o barocco. Purché capace di un complesso d’inferiorità, ha finito per parlare all’uomo, di colpirne sensorialità e assecondare direttamente il pubblico e sensibilità, corpo e ragione, intelletto e cuore. indirettamente il mercato, alzando una diga contro tutto quello che può turbare l’uno e Il buon cinema per noi è questo. La buona destabilizzare l’altro. La seconda, non sapendo critica gli cammina accanto. Sopra le sabbie scendere a patti con i meccanismi e le forme mobili del sapere, senza farsi della divulgazione, ha scelto trascinare giù né volare troppo un eremitaggio culturale che alto. Camminare fianco a fianco, rigetta il dialogo per Il decimo anniversario rispettandosi e rispettando il l’autocompiacimento retorico. del Bresson sia pubblico. Da Venezia – dove con l’occasione per ribadire Lebanon è uscito vincitore un Due derive che, fosse vivo festival di ricerca e di pubblico – oggi, Bresson probabilmente una filosofia, non per a Roma – la cui proposta di avverserebbe. Era lui a autocelebrarsi abbinare alla forma (il divismo dei sostenere che “girare un film vari Clooney, Gere e Streep) la vuol dire andare a un sostanza (i film), attende incontro”. E a quell’incontro – un’ulteriore verifica. Nella consapevolezza che col film e col pubblico – non può non andare il magico accordo tra l’industria e l’arte, lo anche la critica. Ecco perché nel ricordare il spettatore e l’autore, non può fare a meno dei decimo anniversario del premio intitolato al pontieri della critica e delle istituzioni. Perché il grande regista francese, la Fondazione Ente cinema non è dei produttori né dei registi, del dello Spettacolo – e la sua Rivista – preferisce ribadire una filosofia e un identikit piuttosto che pubblico o dei critici. Il cinema - da Venezia a Roma, ieri come oggi - è di tutti. autocelebrarsi. Il Premio Bresson, così anche COORDINAMENTO SEGRETERIA Marisa Meoni [email protected] DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE Via G. Palombini, 6 - 00165 Roma - Tel. 06.66.37.455 - Fax 06-66.37.321 [email protected] Associato all’USPI Unione Stampa - Periodica Italiana Iniziativa realizzata con il contributo della Direzione Generale Cinema - Ministero per i Beni e le Attività Culturali La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250 ottobre 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 5 s o m m a r io n. 10 otto bre 2009 PERSONAGGI 40 Registi “capitali” Oliver Stone e Michael Moore sulla $treet del dio denaro 52 Alexandre Desplat In ballo con Tree of Life e Mr. Fox: sarà Oscar per il compositore francese? SERVIZI 18 Dieci volte Bresson Da Salles a Tornatore, fotostoria del Premio FEdS ai grandi registi FILM DEL MESE 56 Il nastro bianco 60 Funny People 61 La ragazza che giocava con il fuoco 61 Un amore all’improvviso 62 La doppia ora 63 Baarìa 63 Parnassus – L’uomo che voleva ingannare il diavolo 64 Up 66 Lo spazio bianco 67 Genova 67 District 9 68 Motel Woodstock 69 Ricky 69 Good Morning Aman 20 Risorti a Venezia Dal Leone Lebanon al tutt’altro che Single Firth: vincitori (e non) della 66. Mostra Richard Gere tra le star più attese alla IV edizione del Festival di Roma 44 Roma: guarda che Luna! Antipasto del nuovo Twilight e parterre di star (Streep, Gere e i Coen): il Festival capitolino è sempre Extra Todd Solondz premiato a Venezia 36 COVER District 9 di Neill Blomkamp Clooney in “alta quota” Dalla passerella del Lido al red carpet della città eterna: George respira (e sospira…) sempre più italiano. E vola Up in the Air som ma ri o Ksenia Rappoport con la Coppa Volpi al Festival di Venezia 72 Dvd & Satellite 10 Morandini in pillole Mugnai, Berlusconeide e “intossicazione” pubblicitaria. Ridiamoci su: fine pen(n)a mai… 12 Circolazione extracorporea Il bello della tv: quando la serialità diventa forma d’arte 14 Glamorous Natalie Portman ha la cura per la crisi, Emma Watson a scuola in elicottero 16 Hollywood Ending Nina Moric non vede un euro da Corona. Mistero Connery per Indiana Jones 5 Crowe torna Gladiatore in Blu-ray. Bellocchio riprova a Vincere 78 Borsa del cinema Chiamata per le window. Informazione e prevenzione: anche la sala ci mette il cuore 80 Libri Background Balcani, riscoperta Soldati e pensiero Badiou 82 Colonne sonore Soundtrack “bastarda” e senza cuore per Quentin, Elfman al Motel di Ang Lee pensieri e parole Quello che gli altri non dicono: riflessioni a posteriori di un critico DOC MORANDINI in pillole di Morando Morandini Il direttore della Mostra di Venezia sa tirare bene l’acqua al suo mulino I mugnai Se si lasciano da parte quelli anglofoni (Miller), così numerosi che si prestano a una selezione, non amo molto i mugnai (in tedesco Müller) al cinema, nemmeno le mugnaie (Wertmüller). In francese (meunier) non esistono, escluso Edourard Molinaro dal cognome spagnoleggiante. Non amo molto nemmeno Marco che, come direttore della Mostra di Venezia, sa tirare troppo bene l’acqua al proprio mulino come anche recentemente ha dimostrato nell’escludere dal concorso L’uomo che verrà di Giorgio Diritti in obbedienza al diktat della potente Medusa che in concorso ha 3 titoli su 4. Gli preferisco l’omonimo yogurt che con piacere e profitto consumo quasi ogni giorno. Berlusconeide Sul numero di giovedì 26 marzo 2009 di City, uno dei giornali “free press” che escono a Milano lessi questo titolo: “Berlusconi, 150 libri dedicati a lui”. Il trafiletto diceva: “Il primo risale al 1990 e aveva un titolo inquietante, Il padrone del diavolo”. Da allora sono stati pubblicati più di 150 libri, tutti dedicati a Berlusconi: che, nel bene e nel male, è grande fonte di ispirazione… In 15 anni più di 150 libri pubblicati in Italia e all’estero. Di media, 10 all’anno”. Finisce così: “E ci sono persino le ‘chicche’: come il libro scritto da Walter Veltroni, Io e Berlusconi, purtroppo oggi introvabile”. A dire la verità, gli anni sono ormai 20: la media è di 7 libri all’anno. Non ho tenuto il conto: ma dal 26 marzo 2009 a oggi (inizio di settembre) sono passati altri 5 mesi e i libri nuovi su Berlusconi sono stati almeno una mezza dozzina. Siamo sopra la media. Mancano purtroppo notizie sulle vendite e sulla loro graduatoria. In pubblicità dire la verità è un reato, una colpa o almeno uno sbaglio 10 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo Intossicazione Già dal 1985 si parlava in Italia di intossicazione pubblicitaria e uno dei suoi difensori affermava che è “un sussidio indispensabile per la crescita della società”. Un quarto di secolo dopo quell’intossicazione non c’è più, sostituita dall’assuefazione inconsapevole o da un’accettazione rassegnata. Alla fine di agosto ho visto un’interessante produzione svedese: Una soluzione razionale, che ha come personaggi principali quattro cinquantenni. Nel press-book della Lucky Red il suo regista Jörgen Bergmark li presenta così: “Quattro persone, che pur non essendo più molto giovani …”. Sei parole invece che una – perché descrivere un film – d’amore, per giunta – come interpretato da quattro attori cinquantenni sarebbe, dal punto di vista pubblicitario, controproducente. In pubblicità dire la verità è un reato, una colpa o almeno uno sbaglio. ottobre 2009 FINE PEN(N)A MAI VISIONI FORZATE E INDULTI CRITICI Miracolo in Laguna: Lourdes fuori dal palmares. #### Croce e Letizia del Lido: Noemi senza Papi, Canalis con Clooney, D’Addario con l’apostrofo. C’era una volta la Mostra d’Arte... #### BIM bum bam! Valerio De Paolis centra il tris. Il croupier? Taiwanese. #### Giovane regista italiano: sotto i 50 anni. Giovane - e premiato - regista filippino: 22. (Pepe Diokno, Orizzonti e Opera Prima con Engkwentro ) #### Tom Ford: “Il cinema non è una moda”. Il pubblico: “La moda non è cinema”. #### Incredulità: femminile, plurale. “Due per il film con Colin Firth” – “A Single Man?” – “Impossibile. Controlli bene”. #### George A. Romero: “Difficile oggi distinguere tra vivi e morti”. Dopo Survival of the Dead, vale anche per lui. #### Riccardo Scamarcio: “Venezia è come la Champions League”. Con Il grande sogno, è come uscire al primo turno. ALMOST (IN)FAMOUS: DALLE STALLE ALLE STARLETTE “Bevo solo birra”, e il Cattivo Abel Ferrara rispedisce a Werner Herzog il whiskey della pace. Al cinema come al bancone… STOP “Ingmar lo beviamo anche nel latte”: la colazione razionale dello svedese Jorgen Bergmark. STOP “Non so fare niente, ma l’ho fatto bene”: parola di neo Miss Italia, Mirella Sessa. STOP Capitalism: mon aMoore. STOP Ombre rosse per Citto Maselli: titolo fedele, ma solo in veneto. Federico Pontiggia circolazione extracorporea IL BELLO DELLA TV Fruizioni multiple nell’era della riproducibilità a cura di Peppino Ortoleva La serialità sul piccolo schermo diventa forma d’arte in proprio: diversa da quella del cinema, ma non per questo inferiore Per più di cinquant’anni la contrapposizione tra cinema e televisione è stata, per la rappresentazione diffusa del sistema dei media, un punto di riferimento essenziale. Non mi riferisco tanto alla diversità tecnologica (dopo tutto si è cominciato abbastanza presto ad accettare, sia pure con riluttanza e con molti distinguo, che il film restasse tale anche se programmato sul piccolo schermo) quanto all’opposizione in termini di valori. Sul piano strettamente culturale il cinema è stato accolto quasi subito come mezzo potenzialmente produttivo, sia nelle sue possibilità artistiche sia in quelle di informazione-documentazione, mentre la TV è stata prevalentemente trattata come un medium culturalmente povero, e piatto, la cui funzione principale nel campo del sapere poteva essere quella di divulgatrice, insomma di educatrice collettiva. Con il dubbio ricorrente comunque (dal “frigorifero del cervello” della propaganda comunista anni ’50 o al “medium-zero” di Hans Magnus Enzensberger negli anni ‘80, fino alla “TV deficiente” di Franca Ciampi nel 2001) se non ci fosse un difetto cerebrale, per così dire, nel mezzo stesso. Sul piano estetico al cinema fin dai tempi di Pastrone e Chaplin si è cominciato a riconoscere al cinema lo statuto di arte nuova, di “occhio del Novecento” secondo la formulazione di Francesco Casetti, mentre le potenzialità artistiche della TV sono state accantonate già alle origini. Oggi però le cose sono parecchio cambiate: dopo le sperimentazioni di alcuni autori come Lynch, e prima di lui Fassbinder, si è affermata l’idea che la serialità televisiva, tanto più quella nuova serialità che è fondata su formule narrative di volta in volta reinventate, da Lost a 24, da Desperate Housewives a Life on Mars sia una forma d’arte in proprio. Diversa da quella del cinema (di serialità si tratta) ma non necessariamente inferiore. La circolazione extracorporea, sia dei prodotti filmici che di quelli TV, ha un ruolo essenziale, e duplice, in questo processo. Da una parte infatti la nuova serialità televisi- Sul piano estetico, va può essere apprezzata fino in fondo anche grazie alla possibilità di vedere e rivedere, scari- le potenzialità cando dalla rete o acquistando un cofanetto: pre- artistiche della Tv levando i suoi testi dalla circolazione effimera dei programmi ma conservandone la successione sono state temporale, almeno idealmente (ma non a caso il accantonate già gioco col tempo è uno dei caratteri più tipici di alle origini questa nuova corrente). Dall’altro può confrontarsi con il cinema ad armi pari, sul mercato dei DVD come su YouTube, dimostrando che anche se i suoi registi non sono necessariamente altrettanto noti il fascino delle sue storie e l’innovatività delle sue soluzioni anche di linguaggio non è inferiore. La cosiddetta “convergenza” non ha unificato cinema e TV come molti pensavano, ma sta sicuramente ridefinendo le differenze, e le interdipendenze, che esistono tra loro. DIFFERENZE E INTERDIPENDENZE Le quattro protagoniste di Desperate Housewives. Dal 27 settembre negli States al via la sesta stagione 12 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2009 glamo rous Ultimissime dal pianeta cinema: news e tendenze 14 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2009 a cura di Gianluca Arnone PIETRE SU MEGAN LA CRISI DI NATALIE Megan Fox poteva evitare di sbandierare ai quattro venti quel che pensa del suo mentore (“E’ come Hitler”), ma Michael Bay ha trasceso i limiti: “Megan è una stronza ingrata, priva di grazia e stupida come una pietra”. Che l’attrice non sia un modello di simpatia è un fatto. Che meriti perciò la gogna pubblica, un misfatto. Chi è senza peccato scagli la prima Megan. Natalie Portman dice la sua sulla crisi che sta distruggendo milioni di carriere: “E’ un periodo eccitante. Tutti stanno facendo dei tagli, e le persone si adeguano: lasciano lavori che odiano, si reinventano, coltivano il tempo libero e guardano di più alle proprie passioni”. Ottimo. E chi le paga, tu? EMMA VOLA BASSO “Voglio essere una ragazza normale. Dimenticare Harry Potter e vivere il college come chiunque altro”. E’ l’ora dei cambiamenti per Emma Watson, che abbraccia la nuova esperienza alla Browne University seppellendo fama, Hermione e bacchetta. Deluso chi si aspettava che arrivasse al campus in sella a una scopa. Emma ha scelto di atterrare con un banalissimo elicottero. Alla faccia della magia. E dei piedi per terra. CROWE ZITTISCE LA STAMPA Mai sfidare Russell Crowe. Dopo aver fatto mangiare la polvere a Baz Luhrmann, il gladiatore ha dato una lezione alla povera Annette Sharp, una cronista che aveva osato mettere in dubbio lo stato di salute della star australiana: “Russell Crowe si mette in forma con sigarette e cibi grassi”, aveva scritto. Il risultato? Sfida ad una gara in bicicletta su strada. Percorso: 20 chilometri. Già al terzo la Sharp dettava la rettifica al giornale. Dopo il quinto silenzio stampa. ottobre 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 15 FE ST IVAL DE L M ES E di Massimo Monteleone La vedova allegra a Pordenone, corti a Capalbio, Popoli compie 50 anni LE GIORNATE DEL CINEMA MUTO XXVIII edizione del prestigioso festival sul cinema muto mondiale. Rarità ritrovate e classici restaurati. Tra gli eventi: l’apertura con la proiezione speciale di La vedova allegra di Von Stroheim; un omaggio alle dive Francesca Bertini, Pola Negri, Asta Nielsen; una retrospettiva sul poliziesco inglese nel cinema degli anni ’10 e ’20. 1 FESTIVAL INTERNATIONAL DU CINEMA MEDITERRANEEN DE MONTPELLIER XXXI edizione del festival dedicato ai film dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Lungometraggi e “corti” concorrono all’assegnazione dell’Antigone d’Oro e del Gran Premio del Cortometraggio. Località Montpellier, Francia Periodo 23 ottobre - 1 novembre tel. (0033-4) 99137373 Sito web www.cinemed.tm.fr E-mail [email protected] Resp. Jean-François Bourgeot 5 CAPALBIO CINEMA Torna, in inedita versione autunnale (dall’8 all’11 ottobre), Capalbio Cinema: la vetrina internazionale di cortometraggi, giunta alla XVI edizione, si apre quest’anno al confronto tra il cinema e le idee, ospitando anche un incontro/confronto tra Saverio Costanzo e Marco Bellocchio sul tema dell’utopia Località Capalbio, Italia Periodo 8–11 ottobre Sito web www.capalbiocinema.com E-mail [email protected] Resp. Tommaso Mottola 6 H o ll y wo o d Ending NINA VAGANTE Nina Moric ha perdonato Corona: “Un furbo che usa l’intelligenza in modo squallido e a nostro figlio non passa un euro”. Parole di stima anche per Belen: “Una brava ragazza che dovrebbe smettere di decidere la sua vita proclamandola all’Italia intera.” BOTTE STELLARI Lo “Jedi” Daniel Jones, fondatore della International Church of Jediism (mezzo milione di adepti che s’ispirano alla filosofia Star Wars), ha denunciato un negozio Tesco del North Wales perché malmenato da un membro della security che voleva fargli abbassare il cappuccio. Contro il manganello nulla ha potuto la spada laser. LICENZA DI TORNARE Sean Connery tornerà a fare il padre di Harrison Ford nel quinto episodio di Indiana Jones. Fonte (anonima) vicina alla produzione. Il baronetto non commenta. Spielberg è possibilista. Il Padre Eterno confuso. Ma non era morto nel quarto? 16 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2009 Località Pordenone, Italia Periodo 3-10 ottobre tel. (0432) 980458 Sito web www.giornatedelcinemamuto.it E-mail [email protected] Resp. David Robinson DEI POPOLI 7 LFESTIVAL edizione della più longeva EUROVISIONI 2009 XXIII festival internazionale di cinema e televisione. Il tema di quest’anno è: “Digitale e Bellezza: creatività ed innovazione nell’industria audiovisiva della convergenza”. Località Roma, Italia Periodo 11-14 ottobre tel. (06) 59606372 Sito web www.eurovisioni.it E-mail [email protected] Resp. Giacomo Mazzone manifestazione europea interamente dedicata al cinema documentario: dalla sperimentazione alla contaminazione fra realtà e finzione. Due concorsi internazionali, con 18 corti e lungometraggi, più una sezione non competitiva (Stile libero) dedicata ad omaggi ed eventi speciali. Con personale sul cineasta tedesco Thomas Heise. FESTIVAL DEL CINEMA LATINO AMERICANO XXIV edizione della rassegna competitiva, fra le principali in Europa ad occuparsi dei film dell’America Latina. Molti i titoli nelle varie sezioni: concorso ufficiale, contemporanea, la retrospettiva Premio Oriundi (su Rogerio Sganzerla), cinema e letteratura, cinema e memoria. Località Trieste, Italia Periodo 24 ottobre - 1 novembre tel. (041) 5382371 (rif. a Venezia) Sito web www.cinelatinotrieste.org E-mail [email protected] Resp. Rodrigo Diaz Località Firenze, Italia Periodo 1-7 novembre tel. (055) 244778 Sito web www.festivaldeipopoli.org E-mail festivaldeipopoli@festival deipopoli.191.it Resp. Luciano Barisone 2 3 RING! RELIGION TODAY FILM 4 VIII 8 FESTIVAL edizione del festival della critica cinematografica. Nel “quadrato da combattimento”, allestito sul palcoscenico del Teatro Comunale, si danno appuntamento cineasti, scrittori, giornalisti e critici nel corso di tre giorni di confronti e scontri. Viene inoltre assegnato il Premio Adelio Ferrero 2009. Località Alessandria, Italia Periodo 1-3 ottobre tel. (0131) 52266 Sito web www.teatroregionale alessandrino.it E-mail ufficiostampa@teatro regionalealessandrino.it Resp. B.Fornara, N.Lodato, L.Malavasi, L.Pellizzari (direttori artistici) XII edizione del “Festival internazionale di cinema e religione”, inteso a promuovere la conoscenza delle opere in cui l’esperienza religiosa assume una cifra estetica su cui riflettere. Il tema è “Rinascere dall’Alto. Vita nuova nella fede”. Fra le sezioni: film a soggetto, documentari, cortometraggi. Località Bassano (VI)-TrentoBolzano-Roma-Nomadelfia (GR), Italia Periodo 14-24 ottobre tel. (0461) 981853 Sito web www.religionfilm.com E-mail [email protected] Resp. K. Malatesta, D. Zordan DOMENICO PROCACCI PRESENTA MARGHERITA BUY LO SPAZIO BIANCO UN FILM DI “MOLTO EMOZIONANTE.” LA REPUBBLICA FRANCESCA COMENCINI “OTTIMA PROVA DI MARGHERITA BUY.” CORRIERE DELLA SERA “UN’OPERA FUORI DEL COMUNE, INTENSA, TUTTA INTERIORE, TOCCANTE”. LA STAMPA “DA VEDERE E RIVEDERE.” IL MESSAGGERO “MARGHERITA BUY È FANTASTICA. SAPPIAMO DA ANNI CHE È BRAVA, MA QUI SI SUPERA.” L’UNITÀ MARGHERITA BUY GAETANO BRUNO GIOVANNI LUDENO ANTONIA TRUPPO GUIDO CAPRINO SALVATORE CANTALUPO MASSIMO ANDREI CARLO CERCIELLO ANNA GIGANTE EMANUELA ANNECCHINO E CON MARIA PAJATO SOGGETTO E SCENEGGIATURA FRANCESCA COMENCINI FEDERICA PONTREMOLI CASTING ANNA MARIA SAMBUCCO COSTUMI FRANCESCA VECCHI ROBERTA VECCHI SCENOGRAFIA PAOLA COMENCINI SUONO ALESSANDRO ZANON MUSICHE NICOLA TESCARI MONTAGGIO MASSIMO FIOCCHI FOTOGRAFIA LUCA BIGAZZI ORGANIZZATORE GENERALE IVAN FIORINI SUPERVISORI ALLA PRODUZIONE VALERIA LICURGO CLAUDIO ZAMPETTI UNA PRODUZIONE FANDANGO IN COLLABORAZIONE CON RAI CINEMA PRODOTTO DA DOMENICO PROCACCI LAURA PAOLUCCI REGIA DI FRANCESCA COMENCINI FILM REALIZZATO CON IL CONTRIBUTO DEL MINISTERO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI – DIPARTIMENTO DELLO SPETTACOLO FOTO CHICO DE LUIGI D A L 16 O T T O B R E A L C I N E M A www.fandango.it www.01distribution.it DESIGN TRATTO DAL ROMANZO LO SPAZIO BIANCO DI VALERIA PARRELLA EDITO DA GIULIO EINAUDI EDITO RE rdc anniversari Bresson, dieci in Da Tornatore a Salles: il premio dell’Ente dello Spettacolo celebra la sua prima decade. Di grande cinema… di Luciano Barisone foto Pietro Coccia 18 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2009 NEL CINEMA di Robert Bresson gli elementi che costituiscono la drammaturgia di un’opera - i corpi, la loro messa in scena all’interno di spazi determinati, i dialoghi che li animano sono altrettante figure di un discorso etico, che supera la pura rappresentazione materiale degli atti per diventare domanda esistenziale. È all’insegna di questa ricerca spirituale che dieci anni fa l’Ente dello Spettacolo ha istituito un premio che, nel nome del cineasta francese, intende individuare, anno dopo anno, i registi che con i loro film indagano il complesso presente dell’uomo. Ne sono stati insigniti artisti dei quattro continenti: nel 2000 Giuseppe Tornatore, abile narratore di storie dove la sicilianità diventa sentimento universale; nel 2001 Manoel Il Card. Angelo Scola premia Aleksandr Sokurov; accanto Wim Wenders, Premio Bresson 2004 Giuseppe Tornatore. Nella pagina accanto Walter Salles con Maria Grazia Cucinotta, Müller e Mons. Ravasi Stuhr, che anche fisicamente «interpreta» i dubbi e le domande dell’uomo; nel 2006 Zhang Yuan, sensibile critico dei meccanismi di un potere che, in nome dello sviluppo, emargina i più deboli; nel 2007 Aleksandr Sokurov, che coglie nel presente contraddittorio del suo paese spunti di totale trascendenza; nel 2008 Daniel Burman, narratore commosso e spiritoso dell’Argentina degli umili. Quest’anno, a Venezia, in occasione regia Il regista Daniel Burman, Premio Bresson 2008 de Oliveira, che attraverso la storia del Portogallo traccia gli eterni cammini dell’anima; nel 2002 Theo Anghelopoulos, che usa la Grecia come teatro del mondo; nel 2003 Krzysztof Zanussi, da sempre lucido analista delle contraddizioni umane e sociali; nel 2004 Wim Wenders, che fa della memoria il dipanarsi di un’avventura «nel corso del tempo»; nel 2005 Jerzy Da sinistra: Scola con Jerzy Stuhr; Zhang Yuan; Andrea Piersanti (in piedi) festeggia Tornatore della 66° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica il Premio Bresson è stato consegnato a Walter Salles, attento indagatore dei meccanismi sociali di un continente dove le differenze di censo e di cultura sono enormi. Attraverso i suoi film, siano essi diretti individualmente o con Daniela Thomas – Socorro Nobre (1995), Terra estrangeira (1996), Central do Brasil (1998), Media noite (1998), Abril despedaçado (2001), Diarios de motocicleta (2004), Linha de passe (2008) – Salles, pur essendo autore di un cinema formalmente lontano da quello del maestro francese, si mostra un fedele discepolo delle sue motivazioni di fondo, indagando i dubbi dell’anima umana. Non stupiscono dunque le sue parole, quando dice: “Bresson ha significato molto per me, perché mi ha trasmesso l’importanza del tempo, del silenzio, dell’invisibile. Non sarei diventato un regista se non avessi visto i suoi film; anche se poi ciò che mi interessa è il processo di trasformazione dei personaggi, la loro ricerca di un’identità, sullo sfondo di un paese, come il Brasile, che compie lo stesso percorso”. % venezia 66 Nostalgh Protagonisti, vincitori e vinti. Ecco il meglio della 66ma Mostra Internazionale: tra lacrime e sorrisi (e qualche delirio) di Marina Sanna foto Pietro Coccia, Karen Di Paola, Claudio Lanzi 20 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2009 Jasmine Trinca, premio Mastroianni per Il grande sogno ia ottobre 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 21 venezia 66 PER FORTUNA ESISTONO LE GIURIE, indisciplinate e indipendenti. Delizia e tormento di ogni festival, sparigliano i verdetti delle ultime ore, accendendo polemiche destinate a cadere nell’oblio qualche istante dopo. I film erano molti, 25 solo nella competizione ufficiale, la selezione ricca e diseguale. Ma il Leone d’Oro a Lebanon è una grande vittoria, che conferma il trend pacifista inaugurato da Ari Folman l’anno scorso a Cannes Il Leone d’Oro a Lebanon è una grande vittoria, che conferma il trend pacifista inaugurato da Ari Folman con Valzer con Bashir (che non vinse nulla, contrariamente alle aspettative). Di questa 66ma Mostra, che ha chiuso in attivo con più 32% dei biglietti venduti nonostante i lavori in corso del nuovo Palazzo del Cinema, vogliamo ricordare film, personaggi e momenti che l’hanno resa indimenticabile. A incominciare dall’ex madrina Ksenia Rappoport, Coppa Volpi per l’esordio alla regia di Giuseppe Capotondi La doppia ora, mozzafiato nell’abito argentato, brava e candidamente felice. L’israeliano Samuel Maoz, emozionatissimo per il Leone a Lebanon, rielaborazione spietata di una tragedia personale e collettiva avvenuta Il regista Samuel Maoz, Leone d'Oro per Lebanon. In alto i giurati Ligabue e Ang Lee 22 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2009 in Libano nel 1982 e ambientata in un carro armato. La rivincita di Capotondi, massacrato incomprensibilmente dalla nostra critica (in ogni festival c’è sempre qualcuno che ci rimette le penne, basti pensare a come è stato trattato Vincere di Bellocchio all’ultima edizione di Cannes) per aver fatto con mestiere un’opera di genere. Il (di solito) compassato Colin Firth, Coppa Volpi per A Single Man di Tom Ford, straripante nell’elogiare l’Italia, i vini e la bellissima moglie. Il turco Fatih Akin che ha strappato il Gran Premio della Giuria con la scatenata commedia Soul Kitchen. Ancora: Jasmine Trinca, tanto amata dai francesi, che accetta con Romero in passerella, accanto la Cucinotta madrina del Festival commozione il Mastroianni per l’attrice emergente (ne Il grande sogno di Michele Placido). O quel geniaccio di Todd Solondz, che tutti davano per Leone d’Argento, mentre ritira con garbo impensabile un’Osella per la sceneggiatura per il bel Life During Wartime, e il giovanissimo filippino Pepe Diokno stravince in Orizzonti con un dramma sulle guerre tra bande di Un ruggito di pace C’ERA UNA VOLTA il cinema pacifista, da Niente di nuovo sul fronte occidentale a Uomini contro e Full Metal Jacket. Requisitorie sincere, umanesimo dispiegato a piene mani, rabbia e dolore urlati ad alta voce. I film realizzati da ex-combattenti possiedono invece una qualità altra, il sentore di una verità più intensa, l’eco potentissimo di una sofferenza autobiografica flagrante e incomprimibile: Platoon, Kippur, Valzer con Bashir. Diceva Sam Fuller, all’epoca de Il grande uno rosso, che per rendere più realistico il suo film avrebbe voluto sparare sul pubblico. Lebanon è il film che più si avvicina a dir poco sorprendente il doppio Herzog in competizione. Per non parlare di opere che non erano in concorso (vedi The Informant! di Soderbergh con il bravissimo Matt Damon) ma ci sarebbero state con onore. Altri titoli andrebbero ancora citati e forse è proprio questo il parametro con cui guardare a un festival, che si chiama, pur sempre, Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica. % adolescenti (Engwentro), e si aggiudica il Luigi De Laurentiis per la migliore opera prima (comprensivo di 100 mila dollari). E’ vero, c’erano film e attori significativi che non sono stati premiati. Il poco consolatorio Lourdes dell’austriaca Jessica Hausner (premio La Navicella e Signis), le straordinarie nonnine di Lola, proiettato il penultimo giorno del festival, conferma del feroce talento di Brillante Mendoza che passa con agilità dal crudele e insopportabile Massacro, presentato a Cannes, allo straziante ritratto di un luogo (Manila) dove si paga per sopravvivere. Michael Moore, poi, era in forma smagliante: Capitalism: A Love Story è uno dei suoi lavori migliori (vedi pag. 42); affascinante e malinconico il Prince of Tears del cinese Yonfan sul terrore bianco nella Taiwan anni ’50, e a In alto Giovanna Mezzogiorno protagonista del documentario Negli occhi. Sotto la Coppa Volpi Ksenia Rappoport con il direttore Müller L’orrore della guerra raccontato fuori campo, in un capolavoro di claustrofobia questo ideale di realismo immedesimativo. Samuel Maoz adotta un partito preso formale di radicale progettualità, costringendo lo spettatore nei pochi metri quadri dell’abitacolo di un carro armato Centurion. Per tutta la durata del film, solo i volti dei quattro giovani militari, la sporcizia sul pavimento, il sudore che cola. L’esterno è un riflesso decolorato, filtrato dal mirino a infrarossi del cannoniere, la scansione irreale di un orrore al quale è impossibile sottrarsi. Pochi film prima d’ora avevano saputo utilizzare con altrettanta efficacia le potenzialità del fuori campo nel generare un racconto di puro terrore claustrofobico. Maoz non giudica e non distingue (appena un po’ di antipatia malcelata per i falangisti schierati con Israele). Il sentimento prevalente è una pietas radicale, che non esclude il nemico. Peraltro invisibile, sino a quando un siriano ferito e ammanettato non viene calato all’interno del carro armato. Facendo piazza pulita di tutti i film-spettacolo sulla guerra, Maoz denuncia l’irriducibile assurdità di quest’ultima, semplicemente impossibile da giustificare. ALBERTO BARBERA ottobre 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 23 venezia 66 Lola DI BRILLANTE MENDOZA SEZIONE CONCORSO UNO DEI DUE FILM sorpresa della Mostra di Venezia era Lola del filippino Brillante Mendoza (l’altro era il film di Herzog My Son, My Son What Have Ye Done). Oltre che film sorpresa della Mostra, Lola è stato una sorpresa anche per noi spettatori: nel senso che è diverso dai precedenti film di Mendoza, almeno dai due che conosciamo, il caotico Serbis e il truculento Kinatay (ma Mendoza è già arrivato al nono film). Lola è un lavoro quasi neorealista nel suo pedinare, secondo la sempiterna lezione zavattiniana, due anziane donne e nonne: in filippino nonna si dice appunto lola. Nella caotica Manila, sommersa da piogge torrenziali, nonna Sepa e nonna Puring si trovano a confrontarsi per un caso tragico: il nipote di una ha ucciso il nipote dell’altra. Tutti e quattro, nonne e nipoti, 24 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2009 vivono miseramente, si arrangiano come possono: una nonna adesso deve mettere insieme i soldi per il funerale del morto, l’altra, per tirare fuori di galera il nipote. Finiscono per accordarsi. E il giudice prende atto che il caso, con l’accomodamento tra le parti, è chiuso e l’uccisore può lasciare il carcere (che è una maniera ben strana di amministrare la giustizia in un caso di omicidio...). Mendoza usa la macchina a spalla, sta addosso ai personaggi, lascia Mendoza usa la macchina a spalla, sta addosso ai personaggi correre le scene senza stacchi, sommerge le immagini sotto un rumore di fondo continuo e assordante, butta addosso alle due donne tutto il caos che le circonda. Gira in velocità, vuole catturare un attimo dopo l’altro, farne sentire la pesantezza. Non si preoccupa di costruire le inquadrature: insegue un’idea di cinema che prende forma e si realizza nel momento stesso in cui lo si fa. Si calma un po’ quando le nonne si incontrano faccia a faccia, si parlano, trattano e si accordano. Il caos si allontana per qualche momento: come se soltanto in quel colloquio le due protagoniste scoprissero, pur nella distanza che le separa, di essere in fondo uguali, entrambe povere, entrambe sole, a combattere faticosamente per un’esistenza grama. % BRUNO FORNARA Cose di casa Firth Altro che A Single Man, il suo segreto è la moglie: “Mi ispira, e mi sopporta…” “STARE QUI con questo premio, in questo paese è l’onore più grande della mia vita”. Parola e commozione di Colin Firth, Coppa Volpi a furor di popolo per A Single Man di Tom Ford. 49 anni, inglese, ha con l’Italia una relazione gioiosa: “Negli anni mi ha inondato di regali. Oltre alla cultura, la letteratura, il grande cinema, l’arte, la cucina, i vini e la grappa, mi ha dato anche una moglie bellissima (Livia Giuggioli, NdR) e due bambini meravigliosi”. Se nel presente si ispira a tanti colleghi “Soprattutto Julianne Moore, è stata una grande sfida non baciarla nel film, ma facevo il ruolo di un gay...” – i modelli del passato spaziano da Paul Scofield (“In Un uomo per tutte le stagioni ho visto in lui la sincerità che non avevo mai visto prima”) a Spencer Tracy (“Ho studiato le vecchie star, rubando pezzi qua e là”), ma il segreto della sua arte pare più privato: “Mia moglie, che mi ispira, mi ama e mi sopporta da 15 anni, tollerando questi strani ruoli, questi mariti diversi con cui vive”, dice del suo azzimato professore omosex nel debutto del designer Tom Ford. Leitmotiv il fascino, quel mix di ironia ed eleganza che in Laguna ha fatto più di una vittima. Non male per chi, quando gli venne offerto il ruolo di Darcy in Pride and Prejudice nel ’95, venne apostrofato dal fratello: “Darcy? Ma non dovrebbe essere sexy?”. % FEDERICO PONTIGGIA ottobre 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 25 Il magnifico outsider Due film in concorso, e la sublime reintepretazione della Bohème in chiave contemporanea L’AVER PRESTATO la voce al sacchetto protagonista di Plastic Bag di Ramin Bahrani, in concorso a Corto Cortissimo, non è la più sorprendente delle originalità che hanno caratterizzato l’avventura veneziana di Herzog. Da autentico mattatore, il regista tedesco ha affrontato l’irrituale offerta di andare in concorso con due film, mentre in Orizzonti Eventi veniva mostrato uno dei film più brevi e folgoranti dell’intera sua carriera. La schizofrenia sottesa alla genesi di due film così diversi, come The Bad Lieutenant: Port of Call New Orleans e My Son, My Son, What Have Ye Done, è però più apparente che effettiva. Film su commissione, hollywoodiano nelle sue componenti più vistose (dall’intreccio narrativo al casting) e realizzato con un budget di tutto rispetto, l’uno. Opera d’autore quanto mai personale e sorprendente, girato in poche settimane e a basso costo, secondo i dettami e l’estetica del cinema indipendente più autentico, l’altro. Eppure, concedendo qualcosa al gusto per il paradosso, si potrebbe anche sostenere il contrario, non senza motivo. Nel disegno perfettamente riuscito di ribaltare i cliché del cinema poliziesco, a forza di potenti iniezioni di ironia e di sottolineature eccessive, Il cattivo tenente - che non è per nulla il remake del film di Ferrara - si rivela infatti un’operazione singolarissima, una consapevole variazione d’autore a danno delle consuete convenzioni spettacolari, la vampiristica appropriazione di una sceneggiatura estranea per ricondurla a temi e ossessioni private e personali. Per contro, il secondo film non sembra immune dalla tentazione di misurarsi a tratti con le ricorrenze formali e oniriche del suo produttore (David Lynch), in una commistione di stili e accenti del tutto inaspettata in un regista tra i meno cinefili e citazionisti della storia del cinema. La verità è che Herzog, in entrambi i casi, non fa che aggiungere nuovi ritratti alla galleria di personaggi estremi che da sempre popolano il suo universo: folli e reietti, outsiders votati a una velleitaria ribellione destinata al fallimento, specchio rovesciato e oscuro della normalità mostruosa del nostro mondo, ontologicamente già condannato. Anche quando, come nell’irridente finale del Cattivo tenente, Herzog sembra rimettere a posto ogni cosa concedendosi il lusso di un improbabile happy ending (in realtà si sta solo facendo beffe dei molti che hanno preso tutto sul serio fino a quel momento). Tesi e antitesi, insomma. Nella loro abbagliante enigmaticità, i quattro minuti di La Bohème sono invece la perfetta sintesi del suo cinema: su una celebre aria dal primo atto del melodramma di Puccini (O soave fanciulla, in inglese per ragioni produttive), quattro coppie di giovani della tribù etiope dei Mursi fissano la macchina da presa, immobile, del regista. Ma l’estatica perfezione della musica e dei corpi è visibilmente contraddetta dai segni premonitori di un disagio irriducibile. I maschi imbracciano dei Kalashnikov, le coppie si separano dopo aver fissato a lungo l’obbiettivo. S’intuisce che non si rivedranno mai più. L’armonia e la bellezza non appartengono a questo mondo, se non per pochi istanti di sublime (e atroce) illusione. ALBERTO BARBERA Il cattivo tenente DI WERNER HERZOG SEZIONE CONCORSO WERNER HERZOG, quando girava film di finzione, in realtà li considerava film che documentavano un’impresa, di solito folle e irragionevole. La discesa delle zattere sul fiume andino in Aguirre. La nave su per la montagna in Fitzcarraldo. E Bruno S., e i nani, e gli attori sotto ipnosi. Stavolta, per la prima volta, Herzog si è trovato davanti la sceneggiatura di un film di finzione e di genere. Un poliziesco a New Orleans, dopo l’uragano. Dev’essergli piaciuta l’idea di trasformarlo in un film tutto suo: ci ha messo alligatori, iguana e pesci (“Sognano i pesci?”); ha premuto il pedale dell’inverosimiglianza caricando il tenente di ogni vizio, sesso, droga, alcol, scommesse, una faccia da idiota, un riso insensato, una 26 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2009 camminata da sciancato e una giacca sbilenca (e Nicolas Cage è stato magnificamente al gioco). Infine, mossa decisiva, ha trasformato il film in un esercizio di equilibrismo tra finzione e verità, menzogna e autenticità. Ha portato il film là dove non si può sapere se il regista crede al suo lavoro oppure no, là dove noi ci chiediamo se quello che vediamo ha uno statuto di verità oppure è falso e fittizio. Insomma, Herzog è riuscito nell’impresa di non farsi intrappolare dentro una finzione, abbattendone il tasso di veridicità grazie a una sfrenata ironia, credendo al suo film e al tempo stesso mostrando di non crederci affatto, come nel miracoloso happy end dove tutti i disastri vengono risolti. Così noi ce la godiamo a guardare un film che è di genere ma anche non lo è, che è di finzione ma è anche un documento del fatto che Herzog non crede alle finzioni. BRUNO FORNARA venezia 66 I quattro minuti della celebre aria di Puccini sono la perfetta sintesi del cinema di Herzog ottobre 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 27 La horde DI YANNICK DAHAN E BENJAMIN ROCHER SEZIONE GIORNATE DEGLI AUTORI SANGUINOLENTO, spietato e senza tregua: La horde è uno straordinario horror d’assedio che, senza inutili denotazioni o didascalie, riporta in auge il filone degli zombie-movie rileggendolo da un punto di vista tanto estetico quanto sociale: dall’assalto massificato di matrice romeriana nato sul finire degli anni ‘60 (e tristemente aggiornato all’ultimo Survival of the Dead…) alle banlieus di morti viventi de La horde, il passo è più breve di quello che sembra, e l’aumento esponenziale di famelici, indistruttibili morti viventi va di pari passo alla sempre più crescente violenza gratuita perpetrata dal disordine e dalle forze preposte per contrastarlo. % VALERIO SAMMARCO TEHRAN IN DIALETTO, come finora non l’aveva mai raccontata nessuno. Una capitale popolata da milioni di abitanti, soffocata dal traffico, polverosa nelle periferie miserabili e tirata a lucido nei quartieri dei ricchi, ma soprattutto una città che come molte metropoli occidentali (e non) nasconde un ventre malato. Ed è sulla parte sporca che punta l’attenzione: in questo senso un film esplosivo che parte aderendo al più classico dei generi, cioè al racconto realista, per poi diventare un gangster movie dagli esiti drammatici. Un esordio coraggioso, che è valso al regista il Premio della Settimana della Critica. % FABRIZIO DEL DONGO Tehroun DI NADER T. HOMAYOUN SEZIONE SIC Repo Chick DI ALEX COX SEZIONE ORIZZONTI “HO CHIESTO TROPPI FAVORI, mi sa che è il mio ultimo film”. Tra serio e faceto, una delle più belle sorprese veneziane: Alex Cox con il non-sequel Repo Chick, 25 anni dopo l’esordio Repo Man. Favori in assenza di cachet, per un film, girato in 11 giorni (con 7 mesi di post-produzione) e quasi interamente con il green screen, che “non è costato nulla. Ma non basta: l’indipendenza oggi si paga, comunque”. Storia di Pixxi De La Chasse (Jaclyn Jonet, magnifica), ereditiera à la Paris Hilton - diseredata in seguito ai numerosi arresti per guida pericolosa - che diviene la migliore recuperatrice (Repo Chick) su piazza, un film “per mettere al muro la connection tra crisi e celebs, create ad hoc per distrarci e divertirci: d’altronde, è sempre divide et impera, gli uni contro gli altri per la gioia degli happy few”. E’ il Sistema, tristezza. % FEDERICO PONTIGGIA 28 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2009 venezia 66 La guerra di Todd “Terrorismo e pedofilia per portare il conflitto negli Usa” “OGGI NON C’È PIÙ chiamata alle armi, nessun reclutamento: i nostri soldati o sono ferventi patrioti o provengono dalle aree più disagiate degli States. Così ci sono intere regioni con pochissime partenze per il fronte e la guerra rimane distante dalla nostra realtà”. Parola del regista-culto Todd Solondz, che ritorna al Lido in Concorso con il corale Life During Wartime, Osella d’Oro per la sua sceneggiatura. Inteso quale sequel “più riflessivo e politicamente attivo“ del capolavoro Happiness, concepito due anni fa e poi ripensato, rielaborato e limato per la difficoltà nel reperire i fondi, girato in digitale – davvero ottima la fotografia di Ed Lachman - per il budget ridotto, Life During Wartime “nasce per riportare l’impatto di questa guerra misconosciuta nella nostra realtà quotidiana”. Senza indicazione geografica tipica: non Iraq, non Afghanistan, guerra e basta. “Tema chiave è il perdono prosegue Solondz - che lega insieme temi quali pedofilia - la considero un’afflizione sia per le vittime che i carnefici - e terrorismo, associati verbalmente dalla confusione di un bambino di 10 anni: come d’abitudine, voglio provocare, ma unicamente per far riflettere il pubblico in modo differente, senza alcuna malizia”. Dieci anni dopo, dunque, un’altra Happiness: l’hippie- sciroccata Joy (Shirley Henderson al posto di Jane Adams) ha spinto al suicidio l’ex Andy (Paul Reubens) e si appresta a fare altrettanto con il marito perv Allen (l’afro-americano Michael Kenneth Williams, a rimpiazzare Philip Seymour Hoffman); la sorella Trish (Allison Janney al posto di Cynthia Stevenson) prova a ricostruirsi una vita dopo l’arresto per pedofilia del marito Bill (Ciaran Hinds nel ruolo di Dylan Baker); Helen (Ally Sheedy, subentrata a Lara Flynn Boyle), sorella di Joy e Trish, è scrittrice affermata, prostrata dal suo stesso successo. “Tutti i personaggi hanno assoluta libertà espressiva, senza voler simboleggiare qualcosa di più, in quello spazio di vita che è il film: sono affezionato ai loro fallimenti, il loro pathos e la loro comicità mi commuovono”, conclude Solondz. Con residua speranza: “L‘importante è la lotta: la loro lotta, e la loro dignità”. % FEDERICO PONTIGGIA ottobre 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 29 venezia 66 Mr. Nobody Persécution DI JACO VAN DORMAEL SEZIONE CONCORSO POTENTE e suggestiva riflessione sullo scorrere del tempo, ambizioso affresco filmico sulle infinite possibilità che contraddistinguono ogni singola esistenza, amaro apologo metalinguistico sulla finitudine e l’inevitabile dolore che accompagna le scelte nel corso di una vita: uno, nessuno e centomila, Mr. Nobody di Jaco Van Dormael è tutto questo, affabulazione più, ridondanza meno. Perché il nuovo film scritto e diretto dal regista belga, tornato al cinema 13 anni dopo L’ottavo giorno, ha dalla sua il prestigio di intrecci e situazioni visive care al “Kaufman touch”, ma alla fine rischia di girare troppo a vuoto, ripetendo un percorso che sfonda le barriere della narrazione per approdare - cullato da una colonna sonora al limite dell’“over phoning” (dalla Casta Diva della Callas al solito Satie, passando per il Pavane di Fauré e Where is My Mind dei Pixies) - nei sintetici lidi del loop. Un’opera complessa, irrisolta ed emozionante, sorretta dall’interpretazione totale di un Jared Leto sofferto e trattenuto, circondato da un “parterre de femmes” di prim’ordine: la disturbata Sarah Polley, l’innamorata Diane Kruger, l’algida Linh-Dan Pham. Osella d’Oro per la scenografia di Sylvie Olivè. % VALERIO SAMMARCO DI PATRICE CHEREAU SEZIONE CONCORSO Life During Wartime DI TODD SOLONDZ SEZIONE CONCORSO TODD SOLONDZ inventa cinema. Indipendente vero, coltissimo, questo nerd geniale ci ha regalato capolavori come Fuga dalla scuola media e Palindromi, e ora ci offre il sequel (ma ogni suo film è profondamente legato agli altri) di Happiness. A un passo dai cinquant’anni, li compirà il 15 ottobre, decide di mettere in un film tutto se stesso: l’attenzione per le tematiche preadolescenziali, il dramma della pedofilia, Cechov (le protagoniste sono tre sorelle tanto diverse quanto ugualmente irrisolte), Spoon River, Todd Haynes (lo cita col poster di Io non sono qui), l’America profonda sprofondata in una crisi economica dopo quella morale ed (est)etica, l’ironia dolorosa della sorte e della morte dei suoi personaggi, i sobborghi del Jersey dignitosi, colorati e tristi. E soprattutto la middle class di borghesi sempre più piccoli piccoli, famiglie anestetizzate dagli psicofarmaci e dall’ipocrisia, tragicomici epiloghi amorosi di un’involontaria(?) mantide religiosa. Il tutto spezzato, nel cuore e nel cinema di Solondz tutto dialoghi e visioni originali e geniali, dal punto di non ritorno del conflitto permanente (il wartime del titolo) post 11 settembre. Bentornato, poeta della grandiosità della meschinità e del fallimento. % BORIS SOLLAZZO 30 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2009 SI PUÒ ESSERE persecutori in tanti modi. La tirannia di Daniel (Romain Duris) si chiama amore. Muratore e cantiere aperto lui stesso, il protagonista di Persécution è scorza dura e dolore, cuore caldo che tormenta e logora. Così prossimo agli altri da bruciarli, donna compresa (Charlotte Gainsbourg). Attorno a lui Chereau tesse una tela esilissima di relazioni sofferte, legami incompleti, scambi deficitari. Daniel è vicino a tutti (persino agli anziani di una casa di riposo) senza toccare nessuno. Sarà l’incontro con uno sconosciuto che lo pedina e giura di amarlo, a metterlo al muro. Processo lento, non lineare. Chereau si prende tutto il tempo necessario per tracciare la sua personale fenomenologia delle passioni. Sussulti interiori che dettano il ritmo alle immagini, in attesa che una ruga, un’espressione del volto affiori e riveli qualcosa d’imprevisto. Brandelli di verità dentro parole che suonano come scuse, si ripetono stanche, e poi d’improvviso si accendono, aprono squarci. Quello di Chereau è cinema di grande sensibilità e pudore, ti lavora dentro implacabile. Forse il suo film non piacerà a tutti. Ma si rivelerà prezioso per coloro che abbiano ancora voglia di ricomporre i cocci della propria anima spezzata. % GIANLUCA ARNONE Matt(o) da legare! Damon bipolare e bugiardo per The Informant! “SAPER DIRE LE BUGIE è una cosa che richiede davvero troppa energia: ci si smentisce subito, infatti, se non si è abituati”. Sarà, ma il Matt Damon che abbiamo visto nelle vesti di Mark Whitacre, biochimico di una multinazionale che nel 1992 inizia a collaborare con l’FBI per portare a galla la condotta fraudolenta dell’azienda, a suo dire implicata in una truffa del controllo dei prezzi, è lontano anni luce da quello arrivato a Venezia con Steven Soderbergh per presentare (Fuori Concorso) The Informant!: intanto nell’aspetto, tornato quello “abituale” rispetto ai 15 chili in più e al parrucchino “indossati” per il film, poi perché non ce ne voglia - il suo personaggio è talmente bipolare da aver convinto anche noi, una volta di più, di quanto sapesse mentire bene quando, ancora in erba, ci aveva fatto credere di essere nulla più che un semplice “attorino”. Se ne accorgerà anche l’Academy? % VALERIO SAMMARCO Prodigiosa Hausner La regista austriaca ha regalato un piccolo miracolo di “finzione” HA CONVINTO TUTTI, meno i giurati. La prima volta di Jessica Hausner al Lido - in gara con Lourdes - somiglia alla storia del bicchiere mezzo vuoto. Indiscussa affermazione autoriale – come provano i premi collaterali collezionati dalla giovane regista austriaca - e nessun riconoscimento importante. Esperienza ambivalente, come quella che ci racconta nel film: “Una commedia attorno a un evento impossibile che diventa tragedia di un prodigio improbabile”. Per la Hausner il miracolo è la sostituzione di Dio con i suoi segni. Al futuro il compito di stabilire se Lourdes sarà stato per il cinema un caso irripetibile scambiato per la scoperta di un grande talento. % GIANLUCA ARNONE ottobre 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 31 venezia 66 Lourdes DI JESSICA HAUSNER SEZIONE CONCORSO LA STORIA È SEMPLICE. Avviene tutti gli anni, più volte all’anno, in varie parti del mondo. Degli esseri umani si spostano in pellegrinaggio nei luoghi della fede, nella speranza di un evento che faccia loro riguadagnare la salute. È semplice e complessa. Se gli atti, gli spostamenti fisici nello spazio, e le volontà, i desideri di salvezza, sono chiaramente espressi dai movimenti e dalle parole, misteriosa è l’alchimia che sottende lo spirito così come lo scopo delle azioni stesse, uno “star bene” dai confini ambigui e non quantificabili. Così Lourdes, che racconta uno degli innumerevoli viaggi alla grotta della Vergine, si colloca esattamente all’incrocio fra la semplicità del documentario e la complessità della finzione. In questo senso il dispositivo adottato dalla regista austriaca Jessica Hausner è al contempo “rosselliniano” e 32 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2009 “bressoniano”. Da una parte la mimetizzazione degli attori professionisti nella folla di pellegrini conferisce al film il senso di una realtà colta nel momento stesso in cui si manifesta; dall’altra le dinamiche dei personaggi all’interno di uno spazio scenografico circoscritto (sia esso il refettorio, lo studio medico o la montagna) danno ai corpi il carattere di figure, elementi di un discorso più ampio. Ecco allora che il “miracolo” avviene inavvertitamente, tocco fugace di una La guarigione è definitiva? Dubbio che rimane senza risposta roccia che segna l’inizio di un movimento del corpo, filmato nel corso di una ripetitività fideistica cui si è abituati a non avere risposta. Ma ciò che lo segue (e che lo precede) è dell’ordine di una drammaturgia che indaga sul senso della salvezza stessa, ponendosi le stesse domande di tutti: cos’è il miracolo? Perché avviene per alcuni e non per altri? La guarigione è definitiva? La Hausner non dà risposte. Si limita a mettere in scena i suoi personaggi, seguendo la straordinaria performance minimalista di Sylvie Testud, il suo stupore di miracolata, il suo assaporare le piccole cose della vita, il suo mesto ritorno alla sedia a rotelle. All’eterna questione sui perduti e i salvati, preferisce il sommesso dubbio di una felicità precaria. % LUCIANO BARISONE Ricetta Fatih “Risate più difficili delle lacrime”: l’inedito Soul di Akin “MI DIVERTONO I CLASSICI, ma anche Celentano o Bud Spencer. Ho messo tutto in pentola, ma non sapevo se avrebbe funzionato: l’umorismo è decisamente più complicato del dramma”. Tra Amburgo (“E’ la mia città, le dovevo un film”) e la musica black (“Tutti gli immigrati, e soprattutto i turchi, vi si identificano, e ad Amburgo puoi ascoltare il soul migliore fuori dagli Usa”), è l’inedito Fatih Akin di Soul Kitchen, commedia musical-culinaria Premio Speciale della giuria. Protagonisti Adam Bousdoukos e Moritz Bleibtreu (“Potrebbero davvero essere fratelli!”), una cucina di novità: “Mi annoiano i cineasti che fanno sempre lo stesso film”. Tutto il resto è musica… % FEDERICO PONTIGGIA Detective Cage Grazie a Herzog ritrova la strada, dopo Via da Las Vegas UN ALTRO DETECTIVE. ”Per Via da Las Vegas mi ero ispirato alla camminata sbilenca dell’Albert Finney di Under the Volcano, e mi bevevo qualche bicchiere per “scaldarmi”; viceversa, qui interpreto un poliziotto drogato, ma nella vita reale non tocco alcuna sostanza da 5 anni: ho lavorato molto di immaginazione”. Parola del Cattivo tenente herzoghiano Nicolas Cage, ma c’è da credergli? O forse ha preso in prestito il copione del bugiardo cronico Matt Damon in The Informant! ? Sarà, ma gli occhi lucidi, e non solo quelli, segnalano un’addiction dura a morire. Almeno per i detective: “Con il mio Terence McDonagh, non ho mai sentito di incarnare il male. Piuttosto, ritornare a New Orleans, dove la mia vita ha trovato una svolta – e sono fatti miei -, mi incuteva un certo timore. Ma alla fine è stato catartico”. Anche per lo spettatore, che in questo Cattivo tenente “reloaded” ritrova l’ex grande attore (definizione del collega Sean Penn) poi sommerso da troppe prove alimentari. E bravo Cage, che pare pronto per un Via da Hollywood: “Non amo il glamour, la vanità: il red carpet mi mette a disagio, mi rende nervoso. Oggi giro quattro film all’anno, ma vorrei arrivare presto a una vita contemplativa”. E’ lui o Damon? % FEDERICO PONTIGGIA SI RINGRAZIA L’ISTITUTO SUPERIORE DI FOTOGRAFIA ottobre 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 33 COVER I due volti di George: mastino dei padroni in Up in the Air, soldato e figlio dei fiori in The Men Who Stare At Goats 36 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2009 L’UOMO DEI DUE DA VENEZIA A ROMA, MANO NELLA MANO CON LA CANALIS: LA LUNA DI MIELE TRA CLOONEY E L’ITALIA È SEMPRE PIÙ UP DI GIANLUCA ARNONE FESTIVAL ALESSANDRO MAGNO studiava mosse e contromosse dell’avversario. Il raggiro era pane quotidiano per Cesare. L’imprevedibilità il cavallo di battaglia di Napoleone. Un sorriso è bastato a George Clooney per conquistare il mondo. Guardatelo in The Men Who Stare At Goats: un beota che pensa di vincere la guerra con trucchetti da figlio ottobre 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 37 COVER dei fiori. La star è adepta del “New Earth Army”, un reparto segreto dell’esercito americano fondato dall’impresentabile tenente Bill Django (Jeff Bridges in una riedizione del “grande Lebowski”). L’idea guida? Cultura hippie in funzione bellica e, al posto delle armi, Woodstock-music, compassione e manipolazione mentale. Risultati poco esaltanti, ma Clooney fa un figurone. Ridicolo, penoso, adorabile. Un fascino che travalica quello che fa. Ricorda Cary Grant, è vero. Quest’ultimo però era il divo chiuso dentro l’Olimpo Hollywoodiano, mentre Clooney è uno di noi, il vicino di casa gentile (case: sono quattro le ville acquistate in “quel ramo del Lago di Como”), l’uomo della Provvidenza sceso tra i terremotati dell’Aquila per dispensare ottimismo, l’amico americano venuto a rapire il cuore dell’Elisabetta nostrana. E poco importa se i machiavellici cronisti di casa nostra montino intrighi sull’ultimo “affare” amoroso del nostro: il gracchiare delle cornacchie è un bel sentire per George, che del teatrino del gossip è il puparo. Da manuale il modo in cui al Lido ha liquidato la “Iena” Mauro Casciari, rea di essersi lanciata in L’attore con Anna Kendrick in una scena di Up in the Air 38 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2009 un impertinente agguato a base di strip e lusinghe omosex. Sorriso e stoccata: “Sai, la cravatta è carina, solo non è lunga abbastanza”. Un trionfo. Clooney è così: professionista fuori e dentro lo schermo. Capace di passare da una passerella a una nuova missione umanitaria con immutata grazia. Inutile sublimazione del proprio carattere, la cialtroneria elevata a vanto e bellezza. E non poteva non conquistare gli States, dove però ne apprezzano soprattutto la faccia liberal e riescono a premiarlo solo quando si produce in ruoli contriti e drammatici (vedi l’Oscar per Syriana). Chissà cosa penseranno ora i perbenisti Clooney è una figura prismatica dello show-business, che assomma aspetti e qualità diverse chiedersi quale volto si nasconda dietro la maschera mite ma beffarda, solare e indecifrabile. E cosa diamine accomuni l’uomo-copertina all’(ottimo) uomo di cinema – non è solo un bravo attore, ma un promettente regista, vedi il gioiellino Good Nigh And Good Luck. George è così, una figura prismatica dello showbusiness, che assomma aspetti e qualità diverse. Impegnato e leggero, sornione e iperattivo, glamour e progressista. Più che una filosofia, uno stile che non poteva non ammaliare l’Italia, per la quale Clooney rappresenta la d’Oltreoceano di Ryan Bingham, il personaggio che Jason Reitman gli ha cucito addosso in Up In The Air: un liquidatore di risorse umane che vola da una parte all’altra del Continente per rabbonire i “dismissed” convincendoli che perdere il lavoro è un’opportunità. Una commedia al passo coi tempi, ossia un dramma. E lui da Oscar. Impagabile bastardo dentro. Altrove – e con la crisi in corso - susciterebbe sconcerto. In Italia – Clooney sarà al Festival di Roma per accompagnare il film in concorso – vorrebbero clonarlo. % Storie di vita. Storie di cinema. Nel cinema, come a casa, è con gli ingredienti migliori che si preparano le torte più buone, da gustare raccontandosi le storie più sincere. In autunno le Torte Versa e Inforna sono in scena nel nuovo film di Luis Prieto “Meno male che ci sei”, una storia autentica da gustare fetta dopo fetta. Gioca e vinci con cameo su www.versaeinforna.it Nel di egno Wall Street A Venezia con Chavez, a New York sul set del nuovo sequel con Michael Douglas e Shia LaBeouf: Oliver Stone docet di Marina Sanna foto Pietro Coccia Nell’altra pagina Oliver Stone con il leader venezuelano Chavez 40 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2009 AFFABULATORE, diabolico, irresistibile: Oliver Stone è capace di convincerti che un dittatore è un uomo onesto e tutti i media sono manipolati dalle lobby internazionali. Dalla sua ha mestiere ed esperienza: con i presidenti Usa ha incominciato nel ’91 (JFK) per proseguire con Nixon (Gli intrighi del potere) e chiudere la “trilogia cinematografica” con George Bush jr. (W). Parallelamente ha filmato leader mondiali, da Arafat (Persona non grata) a Fidel Castro (Comandante e Looking for Fidel). Fin dagli esordi si è occupato non solo del Vietnam, in cui ha combattuto, ma anche di altri disastri causati dalla politica estera americana (era il 1986 quando con Salvador raccontava gli scontri tra la guerriglia popolare e la guardia nazionale di focus on ottobre 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 41 focus on Shia LaBeouf. A sinistra Michael Douglas estrema destra, appoggiata da Reagan). Col passare degli anni il suo proverbiale temperamento si è mescolato con l’umorismo. “Invecchiando - dice - si cambia. Si affina l’intelligenza, si diventa più spiritosi e umili”. E’ arrivato in fretta e furia al festival di Venezia per accompagnare il documentario South of the Border, reportage sulle svolte politiche in America latina. Partendo dal Venezuela di Chavez, lo vediamo nella Bolivia di Morales masticare foglie di coca (da non confondere con la cocaina…), in Argentina dai coniugi Kirchner, nell’ Ecuador di Rafael Correa, in Brasile con Lula e nella Cuba di Raul Castro. “Chavez è un ex soldato che cerca di amministrare le risorse del suo Paese al meglio. E’ un uomo colto, un personaggio affascinante. Dorme pochissimo, 4 o 5 ore a notte, per leggere saggi di economia e filosofia. Non credete alla falsa propaganda di giornali e televisioni che lo demonizzano: non costituisce una minaccia per la nostra società. Abbiamo sette basi militari in Colombia e una pessima reputazione in tutto il Sudamerica ”. Toccata e fuga, Stone è tornato di corsa a New York sul set di Wall Street, 20 anni dopo. Protagonista ancora Michael Douglas, alias Gordon Gekko (Oscar come migliore attore nel 1988), mentre Shia LaBeouf è un giovane agente di borsa. “I tempi sono mutati - spiega Stone -. Gekko è uscito dal sistema e non può rientrarci, anzi sta scrivendo un libro”. Se il primo era un ritratto della rapacità del capitalismo degli anni ‘80, il sequel è ambientato nei giorni del collasso finanziario americano. Come già World Trade Center, sulla tragedia dell’11 settembre, anche questo avrà un Capitalism ? Nel mirino del documentarista IDEALE CHIUSURA del cerchio aperto nel 1988 da Roger & Me, Capitalism: A Love Story - accolto trionfalmente al Festival di Venezia, nelle nostre sale dal 30 ottobre - sferra il suo attacco alle corporation e ai banchieri, ma non dimentica le alte sfere del potere 42 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2009 approccio personale e non sociologico. “Mi interessano le storie degli individui, attraverso i singoli si comprende meglio il contesto collettivo, il grande disastro. Cercherò di spiegare alla gente il ruolo centrale della Federal Reserve, come influenza la politica monetaria”. Stesso spirito di Capitalism: A Love Story di Michael Moore? “Sono d’accordo con lui: non c’è umanità, solo vittime. Ho visto il suo documentario, è ben fatto ed efficace. Roosevelt diceva: ‘l’unica cosa che dobbiamo temere è la paura’. Le conseguenze dell’11 settembre sono state persino peggiori dell’attentato, l’orizzonte si è fatto più cupo. Ora è arrivato Obama, ma le cose devono ancora cambiare”. Lei cosa farebbe al suo posto? “Sono vecchio, vorrei andare in pensione (ride). Politicamente mi sento indipendente, o meglio socialdemocratico. Ammiro le persone che ogni mattina si alzano per andare al Congresso, ci vogliono fegato e volontà. Forse voterei per far entrare più immigrati nel nostro Paese: è grande abbastanza e loro lavorano duramente”. % No M(o)ore USA corporation e banchieri: “La gente deve iniziare a ribellarsi” politico, tanto i repubblicani quanto i democratici: “La cosa divertente è che in passato i deputati, quando mi vedevano, scappavano - racconta ridendo Michael Moore - e invece adesso sembra quasi mi vengano a cercare: questo è il primo effetto del cambiamento portato dall’elezione di Obama, ma spero che alcuni di questi, dopo aver visto il film, ricomincino a scappare”. Da sempre oppositore del governo Bush, apertamente schierato al fianco di Barack Obama, Michael Moore non fa mistero attraverso il suo film che proprio la Goldman Sachs (una delle più influenti banche d’affari nel mondo, “obiettivo” numero uno del documentarista) abbia contribuito al finanziamento della campagna elettorale del nuovo Presidente USA: “Gli hanno dato un milione di euro, è vero, ed è giusto che lo sappiano tutti. E voglio che anche Obama sappia che ne siamo al corrente, perché il fatto di averlo eletto non esclude la nostra volontà di osservare tutto quello che farà: è un uomo libero, magari con questa mossa hanno pensato di ‘possederlo’, ma non credo che alla fine ci riusciranno...”. Dopo aver raccontato il fallimento della General Motors, il fenomeno delle “armi facili”, le ombre sull’11 settembre e la (mala)sanità USA, Moore questa volta “Faccio questi film da 20 anni: sono un essere umano e sono stanco” si concentra su un sistema terribilmente malato, che garantisce ricchezza al solo 1% della popolazione americana, facendo sprofondare nel baratro la restante, stragrande maggioranza delle persone: “Faccio questi film da 20 anni. Sono un essere umano, e sono stanco. Soprattutto di non vedere risultati positivi immediati. Non può essere tutto sulle mie spalle, o su quelle di Obama. La gente deve svegliarsi, si deve alzare, partecipare massicciamente. Non posso e non voglio bruciarmi, soprattutto non da solo. In futuro farò film di finzione perché posso raccontare storie di questo tipo anche attraverso lungometraggi di fiction”. Magari un film sul nostro Presidente del Consiglio? “Al momento no, dice il regista di Flint, e poi da voi ci sono già personaggi come Benigni e Sabina Guzzanti che se ne occupano”. V.S. ottobre 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 43 schermi capitolini Roma Luna 44 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2009 Helen Mirren e Richard Gere tra le star. Il vero "colpo", però, sono i materiali inediti da regista di Heath Ledger LE LUCI DELL’AUDITORIUM stanno per essere accese sulla quarta edizione del Festival Internazionale del Film, la prima diretta da Piera Detassis, rinnovata nelle linee principali a cominciare da un concorso e un fuori concorso che miscelano al meglio qualità e divismo. A contendersi il Marc’Aurelio d’Oro quattordici registi tra cui Jason Reitman con Up in the Air, Denis Tanovich con Triage, Cédric Kahn con Les Regrets oltre a cineasti in cerca della definitiva conferma come Michael Hoffman con The Last Station e debuttanti assoluti come l’italo-danese Nicolò Donato con Brotherhood. Significativa la pattuglia italiana: Donatella Maiorca porta Viola di mare con Valeria Solarino e Isabella Ragonese, Giorgio Diritti L’uomo che verrà con Maya Sansa e Alba Rohrwacher, Alessandro Angelini Alza la testa interpretato da Sergio Castellitto. Mischia autori noti a registi di culto pure il fuori concorso che vanta The City of Your Final Destination di James Ivory con Antony Hopkins, A Serious Man dei Coen, The Warrior and the Wolf di Tian Zhuanzhuan con la lanciatissima Maggie Q. A proposito di divi, attesi sul red carpet dei veri pesi massimi. Se infatti Ancora più festival (che festa) la prima edizione diretta da Piera Detassis. Che rafforza il concorso e punta sulle star a cura di Angela Prudenzi crescente ottobre 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 45 schermi capitolini rivedremo attori di casa in Italia come George Clooney e Helen Mirren, da segnalare l’apparizione di Richard Gere. E’ la star di Hachi di Hallström, storia di un professore legato da profondo affetto al proprio cane: preparare i fazzoletti. Risate assicurate invece grazie a Julie & Julia di Nora Ephron, con una Meryl Streep che sullo schermo danzerà tra i fornelli mentre sul palco, dal vivo, ritirerà il Marc’Aurelio d’Oro alla carriera. Per la gioia delle fan più giovani ecco poi il rude Colin Farrell, fotogiornalista in Triade, in un duello a distanza con l’italiano del momento Luca Argentero, tra gli interpreti di Oggi sposi di Luca Lucini. E flash assicurati per Carolina Crescentini e Isabella Ragonese, Maya Sansa e Valeria Solarino. Ma occhio anche alle proiezioni speciali. Piera Detassis ci tiene a precisare che non si tratta solo di eventi per il grande pubblico ma spesso di incursioni in territori di pura cinefilia. Così se si prevedono orde di ragazzine per le prime sequenze di New Moon, secondo capitolo della saga tratta dai romanzi di Stephenie Meyer, sono per palati raffinati i materiali inediti firmati come regista da Heath Ledger. E a conferma di un programma eccentrico la trilogia inglese Red Riding, non un serial ma film autonomi di registi diversi ambientati in più decenni e incentrati sulla caccia a un killer. % Meryl Streep. In basso Triage di Tanovic, a sinistra L'uomo che verrà di Diritti Si prevedono orde di ragazzine per le prime sequenze di New Moon 46 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2009 Manachas del ring. Sotto il visionario Bunny and the Bull Percorsi Altri “Compito delle manifestazioni è individuare le tendenze ed evidenziare i fili rossi di un universo in costante fermento”, dice Mario Sesti. Sempre al timone di Extra Documentari, film di finzione, incontri con registi, cantanti, scrittori e star: “Altro cinema/Extra”, curata da Mario Sesti, si conferma sezione poliedrica e pronta a raccogliere i segnali di novità che arrivano da tutto il mondo. Senza limiti di formato, genere, durata, in cartellone le opere più innovative in grado di segnalare la nascita di un autore, l’emergere di una linea tematica ed estetica. Come orientarsi? “Compito dei festival è sì individuare le tendenze - spiega Sesti - ma anche proporre programmi che rendano evidenti i fili rossi che attraversano un universo in costante fermento. In questa edizione ad esempio, pur se appartenenti a culture diverse il giapponese Human Comedy in Tokyo di Koji Fukada e l’inglese Bunny and the Bull di Paul King testimoniano entrambi di vite amputate, e non solo metaforicamente, segno di un disagio esistenziale che non conosce confini. La non fiction, invece, lascia trasparire due componenti più forti delle altre. La prima, legata alla produzione italiana, conferma come negli ultimi anni l’arte e la letteratura, per non parlare della televisione, abbiano lasciato al documentario il confronto con la realtà del paese. La seconda riguarda la rigenerazione del documentario d’arte, che non si limita più a presentare il catalogo delle opere di artisti più o meno famosi, ma privilegia la costruzione di un intreccio narrativo attorno all’oggetto d’indagine”. Ed ecco “Extra” in numeri: 13 doc in concorso per il Marc’Aurelio d’argento, 11 film, 5 eventi speciali, 6 incontri. ottobre 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 47 gli imperdibili (extra) L’American Boy di Scorsese Nel ‘78 Scorsese filma l’amico Steven Prince, trentenne dotato di personalità psicotica, parlantina sciolta e grande abilità nel raccontare aneddoti esilaranti. Il documentario, a lungo rimasto sepolto, rivela un personaggio al quale il regista deve essersi non poco ispirato. A trenta anni di distanza Tommy Pallotta torna a intervistare Prince scoprendo che non solo è sopravvissuto ad alcol e droghe, ma ha continuato a influenzare autori di culto del calibro di Tarantino e Linklater. I due doc compongono l’incredibile American Boy: A Profile Of Steven Prince / American Prince, luce per gli occhi dei cinefili. Soldati per Olmi Dedicato a Mario Soldati, Rupi del vino di Ermanno Olmi ripete il tragitto che portò lo scrittore-regista a realizzare L’avventura in Valtellina. Il grande maestro, da qualche anno tornato con successo all’antico amore per il documentario, si immerge in atmosfere magiche, scandaglia realtà ferme nel tempo, palpita per persone ancorate a valori insuperati, ma non dimentica di cantare il dono per eccellenza offerto dalla natura, il vino della Valtellina. L’invito finale è semplice, “cinque sono i motivi per bere: l’arrivo di un amico, la bontà del vino, la sete presente e quella che verrà, e qualunque altro”. Made in Japan Ignorato dalle distribuzioni di casa nostra, il cinema giapponese continua a tenere banco nei festival internazionali. I titoli selezionati per “Extra”, Human Comedy in Tokyo di Koji Fukada e Gravity’s Clowns di Jun-ichi Mori, costituiscono un ulteriore brillante tassello di una produzione variegata e infinitamente ricca. Due storie che scavano nell’animo umano con stili diversi, se infatti il primo riporta alle atmosfere della Nouvelle Vague e di Rohmer in particolare, il secondo è un classico thriller esistenziale. Entrambi danno conto dell’eterna difficoltà dell’uomo a definire il proprio ruolo nel mondo. 48 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2009 Alice nella città Tartarughe da viaggio C’era una volta il critofilm Cosa rende un artista tale? Latta e Cafè - Riccardo Dalisi, Napoli e il teatro della decrescita di Antonello Matarazzo in collaborazione con Bruno Di Marino, prova a rispondere scandagliando la produzione di un artista e designer di rilievo internazionale la cui opera è ricca di vitalità, di gesti concreti, di soluzioni giocose che trasmettono gioia e serenità. Matarazzo segue con successo il nuovo corso del documentario d’arte rappresentato all’interno di “Extra” anche da Maria Lai. Ansia d’infinito di Clarita Di Giovanni, PIN2011 Erinnerung an die Strasse di Torsten König, Con Artist di Michael Sladek. Paola Cortellesi? Una tartaruga. Succede ad Alice nella città, dove l’attrice dà voce a L’incredibile viaggio della tartaruga, affascinante doc diretto dal premio Emmy Nick Stringer. In sala con Bolero dal 22 ottobre, la storia vera di una piccola tartaruga marina, che ripercorre nell’oceano il viaggio dei suoi antenati, iniziato 200 milioni di anni fa. La tartaruga nasce in una spiaggia della Florida: dopo 25 anni e dopo aver perduto oltre 10.000 compagni di viaggio, arriverà nelle acque calde dei Caraibi, per riprodursi. Donne sul ring Carmen Rosa la Campeona, Yolanda la Amorosa, Jennifer dos Caras: ragazze dotate di braccia robuste e animate da una originale propensione allo scontro fisico. Yolanda e le altre mamachas praticano con gioia il wrestling, e per amore di questo sport tipicamente maschile arrivano a mettere in secondo piano persino la vita privata. La novità è che siamo in Bolivia, dove ancora oggi non è per nulla scontato scegliere un mestiere da uomini. La regista Betty M. Park ha realizzato Mamachas del ring alternando riprese dal vero a sequenze animate filmate in stop motion. Un vero gioiello. Italia nostra L’Italia è una Babele di lingue, idee, razze, ambienti sociali. L’Italia è una Babele architettonica devastata da costruzioni che ne sfregiano la bellezza. Eppure, socialmente e culturalmente divisa nonché etnicamente differenziata, è una sola Italia quella che scorre di fronte ai nostri occhi nei doc L’Italia del nostro scontento di Elisa Fuksas, Francesca Muci, Lucrezia Le Moli e Fratelli d’Italia di Claudio Giovannesi, entrambi in concorso nella sezione “Extra”. Lavori diversi per taglio e stile, ma che idealmente costituiscono un dittico fondamentale per comprendere lo stato delle cose. ottobre 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 49 visioni retrò Zampa alla Romana Il festival dedica una retrospettiva al regista de Il vigile. E presenta il restauro del film con la Lollobrigida di Luca Pallanch LA RETROSPETTIVA del Festival del Cinema di Roma su Luigi Zampa (19051991), curata da Mario Sesti e fortemente voluta dal presidente Gian Luigi Rondi, colma una grave lacuna. Invano cercherete nelle librerie specializzate una monografia sul regista romano, risalendo l’unica pubblicazione su di lui al lontano 1956, ad opera di Domenico Meccoli; forse su qualche bancarella, se sarete fortunati, troverete una copia dei suoi romanzi, Il successo (1957), Sazia di giorni (1962) e Il primo giro di manovella (1979). Bisognerebbe ripartire dalla lettura del primo: la storia del regista Giulio Barni, che con grandi sforzi riesce a sfondare nel mondo del cinema sacrificando, in parte, i propri ideali e i propri affetti. Dove autobiografico, al di là delle affinità con il protagonista, è lo sguardo di Zampa sull’universo che lo circonda, la Roma dei cinematografari, ovvero l’illusorio fascino della macchina 50 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2009 da presa che cambia i destini delle persone, condannando talune all’infelicità, altre a un effimero successo. Da cui, a differenza della sua creatura letteraria, Zampa seppe sempre tenersi a debita distanza, memore delle sue origini popolari («Mio padre era ferroviere e tutti miei compagni di giochi erano figli di operai») e di una partecipazione emotiva ai piccoli eroismi della vita quotidiana («La gente che si alza la mattina e va a lavorare è l’umanità più ricca che ci sia»). L’umanità che rivive nei personaggi indimenticabili di Vivere in pace e L’onorevole Angelina, che offrirono una connotazione più leggera al neorealismo. Nel cinema di Zampa ritroviamo le tracce evidenti delle sue idee e del suo modo di pensare. Non stupisce che un personaggio come lui, schivo e realmente anticonformista, abbia suscitato l’interesse di uno studioso di Pietro Germi come Mario Sesti. Accomunano i due registi l’attenzione rivolta al Sud, con uno sguardo che abbraccia il presente e il passato, legati indissolubilmente (Processo alla città, Gente di rispetto), il gusto per la satira, la grottesca visione dell’homo italicus (Anni difficili, Anni facili, Anni ruggenti, L’arte di arrangiarsi, frutto, in gran parte, della straordinaria collaborazione con Vitaliano Brancati) e, per contro, l’amore per le piccole cose, per una semplicità utopistica, dinanzi alle sollecitazioni della vita moderna. Di cui Zampa ha colto una delle sue facce più “seducenti”: l’arrivismo, che ha svelato ne Il vigile e ne Il medico della mutua. Questo a sottolineare la profonda attualità del suo cinema, nel quale ritroviamo non solo parte della nostra storia, ma cause e sintomi di un malessere perdurante. Le frasi di Zampa sono tratte dall’ultima intervista concessa dal regista, nel volume di Francesco Bolzoni e Mario Foglietti Le stagioni del cinema. Trenta registi si raccontano, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2000. Gusto per la satira, attenzione al Sud e semplicità: come Germi, sul filo dell’utopia (antimoderna) intervista Il compositore francese svela i segreti di Wes Anderson e Terrence Malick. Mentre sogna Scola e aspetta l’Oscar di Michela Greco Fantastic 52 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2009 DUE CANDIDATURE ALL’OSCAR (Il curioso caso di Benjamin Button nel 2008 e The Queen nel 2006), un Orso d’Argento per Tutti i battiti del mio cuore nel 2005, una manciata di César e tre Golden Globe. Se non bastasse, è stato scelto da Terrence Malick per il film della sua vita, quel Tree of Life (L’albero della vita) di cui si parla già da tempo ma di cui si sa poco o nulla. Ecco chi è Alexandre Desplat, compositore francese scoperto dal grande pubblico grazie alle colonne sonore dei film di Jacques Audiard e ormai lanciatissimo a Hollywood. E’ considerato il degno erede di musicisti quali Michel Legrand, Georges Delerue e Mr. Desplat ottobre 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 53 intervista Maurice Jarre e non perde occasione di dimostrare quanto sia meritata questa reputazione, tanto che nei prossimi mesi ascolteremo le sue note, oltre che in The Tree of Life, anche in altre due attesissime pellicole: Fantastic Mr. Fox di Wes Anderson e New Moon (secondo capitolo della saga vampiresca Twilight). “Film molto diversi, ma accomunati dal fatto di raccontare amori impossibili”, dice lui. Di passaggio a Roma per presentare a Villa Medici il concerto del Traffic Quintet “Nouvelles Vagues de Godard à Audiard” (trascrizioni per quintetto d’archi dei più famosi brani per il cinema), Alexandre Desplat ci ha svelato alcuni segreti del suo mestiere e, per l’occasione, anche di quello di Terrence Malick: “E’ stato il primo a chiedermi di comporre la musica partendo dalla sceneggiatura. Gli ho già consegnato la partitura ma ho potuto vedere solo poche immagini del film. Negli ultimi due anni abbiamo avuto approfondite conversazioni sulla sua idea e alla fine ho composto brani lunghi, anche di cinque o dieci minuti, che si sviluppano come movimenti ripetitivi. E’ come se questa colonna sonora fosse un fiume che scorre accanto al film, intervallata da eventi improvvisi, quasi degli uccelli che si tuffano per un momento sull’acqua. Il processo di lavoro è stato qualcosa di molto vicino al suo universo poetico, in cui la natura viene sublimata. Alla fine Malick ha montato il film sulla base della musica, qualcosa che avrebbe sempre voluto fare, ma senza mai riuscirci”. Su The Tree of Life, quinta pellicola dello schivo regista americano, sono trapelate pochissime voci: di certo c’è solo che sarà interpretato da Brad Pitt e Sean Penn e quello che ci racconta Desplat, che a luglio ne ha registrato le musiche a Londra: “Opera filosofica e metafisica sulla trasmissione dell’amore. Come sempre nei film di Malick, le immagini sono di una bellezza incredibile, descrivono volti ed emozioni segrete, alla ricerca della purezza. Il film alterna visioni poetiche della terra, dalla creazione dell’universo all’osservazione della vita quotidiana di una famiglia texana negli anni ’50. Un’opera "Il regista di Tree of Life è stato il primo a chiedermi di creare la musica partendo dalla sceneggiatura" The Fantastic Mr. Fox. In alto Alexandre Desplat, nel riquadro Terrence Malick 54 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2009 semplicemente magnifica”. Per lui comporre la musica di un film vuol dire “trovare un equilibro tra la visione estetica del regista e la propria, profonda e sincera” e non vede differenze nel lavoro per un film hollywoodiano o europeo, “tutto dipende, piuttosto, da ciò che il cinema richiede alla musica, se un ruolo di funzione o di finzione: nel primo si accompagnano le immagini illustrando qualcosa; nel secondo bisogna creare ulteriore profondità di campo. Senza dubbio preferisco il secondo”. Compositore “feticcio” del talentuoso Jacques Audiard, che gli ha aperto le porte di Hollywood – “Ho lavorato con Peter Webber a La ragazza con l’orecchino di perla grazie alla colonna sonora di Sulle mie labbra”– Desplat ha una sorta di venerazione per il cinema e per i musicisti italiani, tanto che la sua massima aspirazione sarebbe “rubare il posto” a uno di loro. “I film di Pasolini, Scola e Rossellini mi hanno portato in Italia prima ancora che la visitassi, e la musica di Rota e Morricone ha forgiato la mia personalità. Ho visto C’eravamo tanto amati al cinema dieci volte, e quando mi è capitato, anni fa, di trovarmi seduto vicino a Ettore Scola non ho osato parlargli, tale è l’ammirazione che provo per lui. Se potessi scegliere un regista italiano con cui lavorare sarebbe senz’altro lui, ma è da molto che non fa film e ha già il suo compositore di fiducia: Armando Trovajoli”. Intanto, per il prossimo futuro, Desplat ha un’agenda fitta di impegni: le colonne sonore del thriller The Ghost di Roman Polanski, con Ewan McGregor e Pierce Brosnan, del secondo film tratto dal celeberrimo fumetto belga Largo Winch e della nuova pellicola di Stephen Frears Tamara Drewe, (tragi)commedia sociale ambientata ai giorni nostri. Stavolta l’Oscar arriverà? % Con un film in DVD ti giostri la serata a casa come vuoi tu. Con un DVD sei tu a scegliere il programma della serata, è un palinsesto che puoi decidere e mandare in onda all’ora che vuoi. Un DVD è libertà e divertimento: contributi speciali, backstage, interviste e making of. Un film da vedere, rivedere e collezionare. Un’opera unica che puoi goderti solo in DVD. DVD. Molto più di un film. The show must go home. TM OTTIMO BUONO SUFFICIENTE MEDIOCRE SCARSO Il nastro bianco Michael Haneke racconta crudeltà e perversioni di un paesino di provincia. Alle soglie della Prima Guerra Mondiale i film del mese anteprima APPLAUDITO, con qualche dissenso, a Cannes, forse per la solita nota di formalismo che è croce e delizia dell’autore di La pianista e Funny Games, Il nastro bianco ha vinto una Palma d’Oro agevolata, secondo certe voci, dalla presidenza di Isabelle Huppert. Michael Haneke, anche in 56 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2009 questo caso, è capace di inserire il dettaglio nell’universale, l’analisi di un gesto, di un evento circoscritto, nel passo del tempo e della Storia, aprendo il film al pensiero. Non c’è una strana aria, in giro, che il distacco tra i valori e la condotta stia attraversando Regia Con Genere Distr. Durata Michael Haneke Susanne Lothar, Ulrich Tukur Drammatico, Colore Lucky Red 144’ un’inestimabile e irrefrenabile divergenza, proprio nella prospettiva della Storia e dell’educazione delle ottobre 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 57 i film del mese generazioni? Se la formazione dell’uomo è la sola, concreta, potenzialità di salvare la nostra società (da cosa? dal delirio di inerzia, rapacità, dimenticanza, razzismo, individualismo), le forze, le idee e le scelte, dovrebbero concentrarsi sull’infanzia, l’adolescenza, sulla giovinezza come radice del “ragionare sul Bene”, sul sapere come esperienza affettiva e speculativa, emotiva e virtuosa, sull’“addestramento” a pensare in comune contro ogni potere corrotto, sul futuro quindi. E’ vero che questo nuovo film di Haneke interroga con la crudeltà necessaria l’origine di una crisi profonda, alle soglie della Prima guerra mondiale, tra i padri e i figli, tra il presente forgiato nel nome della castrazione (di verità, sentimento, condivisione, moralità) e un futuro fondato sulla distruzione, risultato di questa afasia dell’umano pronto all’uso di massa (il nazismo). Ma nonostante l’ambientazione centenaria (siamo nel 1913 in un villaggio protestante del nord della Germania) di una vicenda accaduta, l’attualità emotiva e fenomenologica che si sente è più di una suggestione del presente. In un minuscolo villaggio il pastore frusta e lega le mani del figlio sospetto di masturbazione, il medico vedovo commette incesto con la figlia 14enne e denigra e insulta l’amante che gli fa da infermiera, il figlio infante del barone viene rapito e torturato, e così succede al bambino handicappato dell’infermiera. Soltanto il maestro sembra avere un equilibrio, 58 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2009 Nonostante l'ambientazione centenaria, l'attualità emotiva è più di una suggestione del presente un istinto che lo impegna alla verità, come ultima salvezza, e in una profonda solitudine, segno di una sparizione della moralità. Chi è stato a cavare gli occhi al piccolino? Impossibile trovare chi è stato perché la verità (si suggerisce che siano i due figli deviati del pastore) è dirompente, quindi censurabile e censurata. E, soprattutto, è negata, nell’incipit di una paradossale onda d’urto sulla società tedesca, a partire da un microcosmo studiato e raccontato come un tappo sulla bottiglia esplosiva del ‘900, a partire da volti originari, lombrosiani, che devono alle foto di August Sander l’energia coatta di fucili sterminatori. L’immagine in bianco e nero, come la secca impassibilità dell’inquadratura (ricorda più Dreyer che Bergman), riflettono la freddezza di un minuscolo mondo apparentemente quieto e laborioso dove in realtà i sentimenti e le emozioni sono frustrati, poi uccisi definitivamente. Ma, come diceva Dostoevskij rendendo il biglietto di ritorno a Dio, i bambini, loro, che cosa c’entrano? SILVIO DANESE % # # Vi invita a votare per il suo film europeo preferito e vinci un viaggio per due persone per lo European Film Award in Germany’s Ruhr Metropolis, Capitale Europea della Cultura RUHR 2010 # # # T H E E U R O P E A N F I L M A C A D E MY I N O M I N AT I S O N O : # DER BA ADER M EI N HOF KOM P LEX # MÄN SOM HATAR KVI N NOR (L A BAN DA BA ADER M EI N HOF ) (L A R AGA ZZ A CON I L TATUAGGIO DEL DR AGO) Diretto da Uli Edel Scritto da Bernd Eichinger, Stefan Aust e Uli Edel Prodotto da Bernd Eichinger Diretto da Niels Arden Oplev Scritto da Nikolaj Arcel & Rasmus Heisterberg Prodotto da Søren Stærmose # # LOS AB R A ZOS ROTOS # L ÅT DEN R ÄT TE KOM MA I N (GLI AB B R ACCI ROT TI) Scritto e diretto da Pedro Almodovar Prodotto da Augustin Almodovar (LET TH E R IGHT ON E I N) Diretto da Tomas Alfredson Scritto da John Ajvide Lindqvist Prodotto da John Nordling & Carl Molinder # COCO AVANT CHAN EL (COCO P R I MA DI CHAN EL) # P R ANZO DI F ER R AGOSTO Diretto da Anne Fontane Scritto da Anne e Camille Fontane Prodotto da Carole Scotta, Caroline Benjo, Philippe Carcassonne e Simon Arnal (M I D-AUGUST LU NCH) # # Diretto da Gianni di Gregorio Scritto da Gianni di Gregorio & Simone Riccardini Prodotto da Matteo Garrone # L A DUCH ESS # SLU M DOG M I LLIONAI R E Diretto da Saul Dibb Scritto da Jeffrey Hatcher, Anders Thomas Jensen e Saul Dibb Prodotto da Gabrielle Tana e Michael Kuhn Diretto da Danny Boyle Scritto da Simon Beaufoy Prodotto da Christian Colson # # F LY M E TO TH E MOON # # # Diretto da Olivier Megaton Scritto da Luc Besson & Robert Mark Kamen Prodotto da Luc Besson & Steve Chasman # # Diretto da Ben Stassen Scritto da Domonic Paris Prodotto da Gina Gallo, Charlotte Huggins, Mimi Maynard & Caroline Van Iseghem # TR ANSPORTER 3 # # V O TA O N L I N E : European Film Academy riunisce 2,000 professionisti del cinema europeo con l’obbiettivo comune di promuovere la cultura cinematografica europea. Il vincitore del People’s Choice Award sarà presentato dalla European Film Academy e EFA Productions nello scenario della cerimonia di premiazione. w w w. p e o p l e s c h o i c e aw a r d . o r g Tutti i voti devono essere presentati prima del 1 novembre 2009. Il concorso è soggetto a leggi e regolamenti disponibili su richiesta presso Ernst & Young GmbH # Il 22.MO EUROPEAN FILM AWARDS 12 Dicembre 2009 # Funny People Regia Con Genere Distr. Durata Adam Sandler, Seth Rogen Commedia, Colore Universal Sandler “malincomico” al servizio di Apatow e del suo meta-cabaret: sentito e irresistibile 145’ GEORGE SIMMONS (Sandler) è un idolo. Cabarettista e attore comico di enorme successo, non fa un passo senza che qualcuno lo fermi per una foto ricordo o, meglio ancora, senza che qualcuna finisca nel suo letto. Quando gli viene diagnosticata una grave malattia del sangue, però, tutto inizia a perdere di senso: come sarebbe la sua vita se non avesse perso per strada l’amore vero, se non avesse tagliato i ponti con la famiglia e, soprattutto, se avesse avuto al fianco qualche sincero, buon amico? L’occasione per rimettersi a pari, inaspettata, si presenta grazie al giovane Ira Wright (Rogen), aspirante cabarettista – buon talento in scrittura ma un po’ carente sul palco… – che viene assunto da Simmons in qualità di assistente e autore: per entrambi, sarà l’incontro della vita. 60 in uscita Judd Apatow rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2009 Terzo film da regista per Judd Apatow – dopo 40 anni vergine e Molto incinta – che per la prima volta (anche da produttore e sceneggiatore) porta sullo schermo una storia prendendo spunto da molte situazioni autobiografiche, inerenti il mondo del cabaret e le persone accanto alle quali è cresciuto: ne viene fuori un racconto sentito e irresistibile, a metà strada tra il metacinema (con le Il regista Judd Apatow varie locandine e gli spezzoni di finti film demenziali interpretati da George Simmons, vedi MerMan, “Il sirenetto”…) e il metacabaret, riflessione dolceamara su una realtà solo in apparenza greve e scanzonata, universo soprattutto negli States popolato da star affermate e pseudonerds in cerca di fama e popolarità. Funny People, per l’appunto, disadattati – chi più chi meno – ma dotati comunque di enorme talento: così come gli attori al servizio di Apatow, dal “malincomico” Sandler all’alter ego del regista Seth Rogen, da Eric Bana (tornato alla comicità delle origini, “The Eric Bana Show Live”) a Leslie Mann, moglie di Apatow nella vita reale. Per non parlare del solito, finto crepuscolare Jason Schwartzman e di Jonah Hill, altro enfant prodige della comicità a stelle e strisce. Curiosità: il collega di Rogen al fast food è il rapper RZA, mentre Eminem si concede una cenetta con Sandler. VALERIO SAMMARCO % La ragazza che giocava con il fuoco Un amore all’improvviso Sulla carta dirompente, statico sullo schermo. Bana avanti e indietro nel tempo: alla fine vince la noia Regia Con Genere Distr. Durata in sala Annacquato sequel di Uomini che odiano le donne. Noomi Rapace non basta MENO MALE CHE LISBETH C’É. Senza di lei, La ragazza che giocava con il fuoco avrebbe incenerito solo la pazienza del pubblico. E fortuna che Lisbeth sia ancora Noomi Rapace, perché nessun’altra sarebbe riuscita a divorare il film così, ghermendo ogni scena con primitiva brutalità, conturbante malessere, losca fascinazione. L’animale rantola però. Schiacciata da una macchina narrativa non all’altezza. Il secondo film tratto dalla Millennium Trilogy di Larsson, é come Uomini che odiano le donne svuotato di appeal. La storia - l‘hacker si trova implicata in un caso di triplice omicidio, che toccherà al solerte Blomkvist (Michael Nyqvist) risolvere – è una specie di preambolo posticipato, dove conta di più scavare nel passato di Lisbeth che nella melma della società svedese. E dire che proprio l’ambientazione era stata il punto di forza del capostipite, con le sue atmosfere mortifere e i personaggi perversi, unitamente all’utilizzo delle immagini in chiave investigativa. Qui invece - con Alfredson al posto di Oplev dietro la mdp - l’azione annaspa dietro rivelazioni e incartamenti, i cattivi sono ridicoli, la confezione è di stampo televisivo. Per terra rimangono tre cadaveri, ma il delitto è uno solo, perpetrato in cabina di regia. GIANLUCA ARNONE % Regia Con Genere Distr. Durata Robert Schwentke Eric Bana, Rachel McAdams Sentimentale, Colore 01 distribution 112’ AFFETTO DA UNA RARA ANOMALIA GENETICA, Henry (Eric Bana) è costretto suo malgrado a viaggiare avanti e indietro nel tempo, materializzandosi e smaterializzandosi senza alcun preavviso. Non riesce a cambiare il corso di eventi tragici (la morte della madre), ma durante questi “spostamenti” ha trovato l’amore della vita, Clare (Rachel McAdams), che già da bambina lo aspetta ogni giorno nel prato della tenuta di famiglia. Tratto dal bestseller di Audrey Niffenegger (La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo, ed. Mondadori), Un amore all’improvviso – questo l’infelice titolo italiano del film – avrebbe dalla sua potenzialità dirompenti che proprio il mezzo cinematografico, per sua natura, potrebbe e dovrebbe esaltare: peccato però che, sin da subito, le apparizioni e le sparizioni di Bana finiscano paradossalmente per rendere statica l’intera narrazione, alla fine nulla più che un collage di momenti amorosi, dolorosi, drammatici o divertenti. L’assunto di fondo – “un amore che continua a vivere nonostante il tempo e le forzate assenze” – è chiaro dopo cinque minuti e ribadito a scadenze più o meno regolari, così come l’impossibilità da parte di Robert Schwentke (alla seconda regia USA dopo Flightplan) di dirigere un film che regali nient’altro, se non meno, di ciò che promette. VALERIO SAMMARCO % in sala Daniel Alfredson Noomi Rapace, Michael Nyqvist Thriller, Colore BIM 127’ ottobre 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 61 i film del mese La doppia ora Regia Con Genere Distr. Durata Ksenia Rappoport, Filippo Timi Thriller, Colore Medusa L’esordio di Capotondi con un bel mistery che diventa cattivo melodramma 95’ DOPPIA ORA? Buona la prima. Ovvero il film in una frase. Perché il debutto di Giuseppe Capotondi merita apprezzamento; perché le cose migliori si vedono tutte nella prima ora. Dopo cambia, cala. Ma tant’è, dei 4 italiani in concorso a Venezia, La doppia ora è quello che ne esce meglio. Film assolutamente inedito nel panorama tricolore, immune alle sue derive/ossessioni/velleità autoriali. Non che difetti di profondità, se è vero che offre a Ksenia Rappoport un personaggio esemplare e l’opportunità – messa a frutto – di portare a casa una Coppa Volpi. Semplicemente ogni vezzo stilistico è subordinato al cinema di genere, al suo funzionamento. Operazione al confine tra mistery, noir e melò. “Una storia d’amore venata di mistero”, la chiama Capotondi. Avrebbe 62 in uscita Giuseppe Capotondi rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2009 funzionato meglio come mistery venato d’amore: tra i due, è la love story ad apparire meno credibile. Protagonisti Guido (Filippo Timi) e Sonia (la Rappoport), solitudini che s’incontrano in uno speed date torinese. La scintilla scocca all’istante, la fiamma si spegne bruscamente. Incursione romantica in villone fuori città, e tragedia: la coppia viene prima presa in ostaggio da un Il regista Giuseppe Capotondi gruppo di rapinatori a mano armata, poi colpita. Guido addirittura a morte. Sonia è illesa, ma non salva. Strani avvenimenti la perseguitano, terrificanti visioni, le continue apparizioni di Guido su tutte. L’uomo è veramente morto? La risposta che arriva dopo un’ora incalzante e tesa segna purtroppo la fine del film. Come spesso avviene in pellicole del genere, più aumentano gli enigmi più la soluzione delude. Anziché continuare a pigiare il pedale sull’irrazionale, l’onirico e il conturbante, Capotondi preferisce sterzare sull’epilogo logico, e il delitto e castigo con ghost-story lascia posto a un sentimentalismo posticcio. Gli interpreti funzionano, lo script è ricco di spunti, il lavoro sul sonoro prezioso. La regia diligente, ma senza guizzi. La doppia ora resta un buon thriller rovinato da un pessimo melodramma. Un ibrido irrisolto, a metà tra l’esordio promettente e l’occasione sprecata. GIANLUCA ARNONE % Parnassus L'uomo che voleva ingannare il diavolo Baarìa Bigger than life nelle premesse, il Nuovo Cinema Tornatore è fastidioso: perché il kolossal non abita più qui Regia Con Genere Distr. Durata anteprima L’ultima prova di Heath Ledger per Terry Gilliam, l’uomo che volle ingannare la morte PARNASSUS – L’uomo che voleva ingannare il diavolo, ovvero Gilliam, l’uomo che volle ingannare la morte. La morte di Heath Ledger, alla sua ultima prova, terminata dal trio delle meraviglie Johnny Depp, Jude Law e Colin Farrell. “Heath è stato il co-regista, perché con la sua scomparsa la tentazione di chiudere tutto è stata forte”, ma il progetto è stato infine realizzato, con il trio che ha devoluto i compensi alla figlia di Ledger, “un uomo che contagiava tutti con la sua energia”. Tratto da un libro che Gilliam ama molto, Parnassus è un inno alla vita nonostante tutto e un accorato peana alle virtù salvifiche dell’immaginazione, in cui personaggio (Parnassus) e persona (Gilliam, e Ledger) si fondono per celebrare la fantasia, il lascito sulla retina di un altro mondo possibile - al netto del lato oscuro, che Tom Waits incarna alla perfezione, con mood dark e occhiate luciferine. Fantasia che nel progresso tecnologico trova briglia sciolta, ma senza dimenticare il passato, anzi: “Non tutto è stato girato in blue screen, e per qualche scena ci siamo ispirati alla cronaca nera: l’inquadratura degli impiccati sul Tamigi si ispira al ritrovamento di Roberto Calvi”. Rimane un saluto: ciao, Heath… FEDERICO PONTIGGIA % Regia Con Genere Distr. Durata Giuseppe Tornatore Francesco Scianna,Margareth Madè Drammatico, Colore Medusa 150’ FOSSE RIUSCITO, gli americani avrebbero parlato di film bigger than life. Definizione che avrebbe corrisposto le intenzioni di Giuseppe Tornatore, tornato a fare il Tornatore dopo la parentesi thriller de La sconosciuta. I mezzi a disposizione – ufficialmente 25 milioni di euro – lo consentivano, il progetto semi-biografico era accarezzato da una vita, il cast radunava – ma è un pregio? – una teoria di stelle tricolori, nonché due protagonisti esordienti (Bravo Francesco Scianna, mediocre Margareth Madè), perché le ambizioni, e il conseguente successo, da Nuovo Cinema Paradiso in scala kolossal fossero peregrine. Ma tra carta e schermo, a volte, si apre l’abisso, quello che inghiotte la famiglia bagheriota dei Torrenuova: 70 anni, per un affresco corale sulla storia, in cui la memoria tradisce se stessa, con “braccia troppo corte”, quelle dei Torrenuova, e occhi troppo ingenui, quelli di Tornatore, per afferrare la Storia e il Cinema. A terra rimangono gli stereotipi “scambiati” per ricordi, la ricostruzione inadempiente perché repressa in 150’ – non è ironia – e in testa una tremenda constatazione: che il kolossal non faccia più parte del nostro repertorio. Non solo produttivamente, ma artisticamente: perché da questa Porta del vento entrano solo spifferi fastidiosi. FEDERICO PONTIGGIA % in sala Terry Gilliam Heath Ledger, Johnny Depp Fantastico, Colore Moviemax 122’ ottobre 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 63 i film del mese Up Film aereo e avventuroso: fantasia, sentimenti e poesia per l’ennesimo capolavoro targato Pixar Regia Genere Distr. Durata VOLARE VIA. Up è il decimo film della Pixar e il primo d’animazione ad aprire il festival di Cannes. Toy Story ha inaugurato la serie Pixar nel 1995. Da allora gli stregoni digitali non hanno sbagliato un colpo, con Nemo, Cars, Ratatouille, fino a Wall·e: e John Lasseter, sorridente patron storico della compagnia in camicia hawaiana, riceve a Venezia il Leone alla carriera. La Disney ha acquistato la Pixar nel 2006 ma, grazie a uno scambio di 64 in uscita Pete Docter, Bob Peterson Animazione, Colore Walt Disney Pictures Italia 96’ rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2009 Il regista Pete Docter azioni, è Steve Jobs, fondatore della Apple e proprietario della Pixar, a ottenere una quota della Disney e ad assicurare libertà ideativa ai suoi uomini. Come sempre a Hollywood, sono storie di soldi e di grandi imprese, ma anche di idee. I film Pixar sono fatti di buone idee. Le tecnologie sanno rendere sfumature, forme, colorito umano, pori della pelle e finissimi capelli al vento. Così, il punto centrale non sta più nella tecnica, via via migliorata e migliorabile. Il punto sta, sempre di più, nella costruzione di buone storie, bei personaggi, attraenti sceneggiature e argute messinscene. Sta nel fare un buon film. Alla Pixar ci riescono (molto di più che negli studi tradizionali). Quelli della Pixar sono in gara con quegli altri della Dreamworks, quelli di Shrek e di Madagascar. Alla Dreamworks sono bravi nell’uso e riuso della parodia e dei generi. Alla Pixar sono più bravi con la fantasia e con i sentimenti. In Up, film aereo e avventuroso, ci sono fantasia, sentimenti (buoni e meno buoni) e persino qualche tocco di poesia cosmica. Firmato in coppia da Pete Docter, il regista di Monsters & Co, e da Bob Peterson, Up racconta di un vecchietto ottuagenario (che è già uno strappo alle convenzioni dell’animazione) di cui veniamo a conoscere la vita e la vita e la morte della moglie carissima (altra malinconica e tenera infrazione alle regole). Per mantenere una promessa alla signora, Carl vola verso le foreste del Sudamerica, lui, la sua casa sospesa a un grandioso grappolo di palloncini e Russell, ragazzino boy scout cicciotto e intraprendente (quelli della Pixar i ragazzini li fanno cicciotti). Prende il via la dimensione aeronautica, domonautica e avventurosa del film dove si incontrano civiltà perdute, le cascate Paradiso, uccelli preistorici che non sanno ancora volare, una ranasveglia e nemici canini e umani. Si diceva una volta che, con i cartoni animati, si ritornava tutti bambini. Davanti all’animazione della Pixar (come davanti a quella di Miyazaki) si può, a scelta, restare adulti o tornare bambini e godersela in ogni caso. Dire “è un film Pixar”, almeno per questi primi dieci, è come dire film piacevole, intelligente, simpatico, moralmente sano, anche fantasiosamente ribelle. Via per i cieli, nonnino. BRUNO FORNARA % Come con Miyazaki si può, a scelta, restare adulti o tornare bambini e divertirsi ottobre 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 65 i film del mese Lo spazio bianco Regia Con Genere Distr. Durata Margherita Buy, Gaetano Bruno Drammatico, Colore 01 distribution La Comencini ripiega sul privato per raccontare l’altra faccia della crisi. Discreto 98’ SE A CASA NOSTRA era stato il mosaico cupo, macroscopico, dell’Italia oggi, Lo spazio bianco ne è un intimo frammento, un riverbero interno. Là era l’intreccio di misfatti pubblici e disfatte private a delineare le proporzioni della crisi – politica, collettiva, morale -, stavolta il procedimento è sineddotico, il taglio personale, il malessere circoscritto, ma l’effetto di risonanza non meno contestuale. Nell’adattare l’omonimo romanzo di Valeria Parrella, Francesca Comencini ha operato uno slittamento decisivo, trasformando il disagio interiore in inquietudine generale, lo smarrimento del singolo in spaccatura sociale. Il dramma di una madre – Maria (tra le prove migliori di Margherita Buy), che aspetta la nascita definitiva della figlioletta Irene, nata 66 in uscita Francesca Comencini rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2009 prematura e imprigionata in un’incubatrice dalla quale non sa se uscirà mai – che rifrange un’angoscia più grande. Non è sbagliato parlare di dramma vaginale per l’ultimo film della Comencini, ma limitante sì. La regista non ha voluto fare un film sulle e per sole donne, ma costruire attorno alla solitudine di un personaggio un’atmosfera, un colore ambientale. La La regista Francesca Comencini storia che racconta Lo spazio bianco è a densità zero: non succede nulla, tutto è attesa, ripetizione, sonorità musicali e interiori. E’ un film liquido dove è facile scivolare fuori, smarrirsi. La Comencini dice tutto dove non racconta nulla, nella messa in scena di una Napoli atipica, sempre deserta, nelle volte in cui ci fa vedere la Buy al telefono mentre “parla” con nessuno, nelle parentesi oniriche, talvolta forzate, come quella del balletto in ospedale con le altre “madri in attesa”, tutte nude ad eccezione della protagonista, incapace fino in fondo di spogliarsi, consegnarsi senza difese. E’ da questa ritrosia ad aprirsi all’altro, in questa crisi di fiducia che la Comencini riparte per avviare un nuovo confronto tra cinema, società e politica. Più aperta alla speranza stavolta. In attesa che dall’incubatrice prima o poi esca anche l’Italia. GIANLUCA ARNONE % District 9 Gli alieni sono tra noi, e non vediamo l’ora di sbarazzarcene. Sorprendente opera prima, prodotta da Peter Jackson Regia Con Genere Distr. Durata in uscita Talentuoso e stiloso il Michael Winterbottom trapiantato in Liguria. Ma non è sufficiente E’ RARO AL CINEMA provare più fastidio che per un automobilista che non guarda la strada. Fatto sta che il professor Joe (Colin Firth) rimane vedovo e accetta un insegnamento a Genova, offerto dalla vecchia amica Barbara (Catherine Keener): nel capoluogo ligure, la figlia 16enne Kelly (Willa Holland, stupenda) imparerà l’amore, mentre la minore Marey (Perla Haney-Jardine) si perderà, anche letteralmente, seguendo le visioni della madre morta (Hope Davis, irritante). Se il cast è ben diretto e uniformemente all’altezza, Winterbottom si conferma regista eclettico e talentuoso, maestro del digitale (il direttore della fotografia Marcel Zyskind ci regala fascinose viste in “camera-scooter”) e artefice di un nuovo docu-drama. Ma, pur importanti, i pregi di Genova, realizzato con troupe al 50% locale, si fermano qui: l’amaro in bocca non è tanto per l’infelicità formato famiglia, ma per la dabbenaggine con cui è procurata. Perché il professor “non si sa di che” Joe non fa vedere da uno bravo la piccola Marey? Semplice, perché il film finirebbe ancor prima di iniziare. Morale: seguendo con stile e sapienza un ricetta sbagliata, non viene fuori una bella torta. E nemmeno il pandolce genovese. FEDERICO PONTIGGIA % Regia Con Genere Distr. Durata Neill Blomkamp Sharlto Copley, David James Sci-fi, Colore Sony Pictures Releasing Italia 112’ POCO MENO DI 30 ANNI FA un’enorme astronave “parcheggiava” sopra il cielo di Johannesburg. Nessun segno di vita: dalla terra fanno irruzione. Ammassati e denutriti, profughi alieni vengono portati giù e “ospitati” nel Distretto 9, all’interno di baracche provvisorie. Si riproducono velocemente, vanno matti per il cibo per gatti e agli occhi degli umani – che li chiamano gamberoni – diventano un fastidio di cui sbarazzarsi. Ci penserà, in teoria, la MNU, società interessata a far funzionare le armi aliene, attraverso l’operato di Wikus van der Merwe (Copley), chiamato a notificare lo sfratto ai non umani e poi, una volta contagiato da un virus che ne tramuta rapidamente il DNA, bersaglio numero uno della stessa azienda. Sorprendente opera prima di Neill Blomkamp – 30enne sudafricano già autore di cortometraggi e spot pubblicitari – District 9 ha il grande merito di non polverizzarsi dietro l’esplosione scatenata dalle strategie di viral e guerrilla marketing: con un fascino vagamente retrò e la metafora nemmeno poco accennata di alieni-immigrati brutti sporchi e cattivi, il film prodotto da Peter Jackson esalta il genere e lo rilegge nell’ottica di una quotidianità (finte testimonianze, finti reportage) che non ammette più il diverso: neanche se un minuto prima era uno di noi. VALERIO SAMMARCO % in sala Michael Winterbottom Colin Firth, Willa Holland Drammatico, Colore Officine Ubu 92’ ottobre 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 67 film del mese Genova Motel Woodstock in uscita Regia Con Genere Distr. Durata Ang Lee Demetri Martin, Liev Schreiber Commedia, Colore familiare per Ang Lee. Innocuo e divertente BIM 111’ STATI UNITI, 1969. Il giovane Elliot Teichberg (il comico Demetri Martin), che con gli stravaganti genitori (Imelda Staunton e Henry Goodman) gestisce un motel ai piedi dei monti Catskills, scova una brillante idea per coprire i debiti di famiglia: dare in affitto il proprio terreno a un festival musicale. Si accorderà con il promotore Michael Lang (Jonathan Groff) per organizzare il più grande evento nella storia del rock: il concerto di Woodstock. Tratto dal memoriale Taking Woodstock: A True Story of a Riot, a Concert, and a Life di Elliot Tiber, ecco il rock-movie di Ang Lee, premio Oscar per Brokeback Mountain, presentato in anteprima al festival di Cannes. Rock-movie secondo le previsioni della vigilia, ma in realtà, anche per gli esosi diritti musicali, nella colonna sonora 68 Altro che rock-movie: “sordina” rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2009 curata da Danny Elfman le hit si contano sulle dita di una mano: Maggie M’Gill dei Doors, Wooden Ships di Crosby, Stills & Nash, China Cat Sunflower dei Grateful Dead e Sweet Sir Galahad di Joan Baez. Lontano, come il titolo presagiva, pure il celebre palco, oltretutto manipolato digitalmente nella visione lisergica di Tiber, Motel Woodstock è viceversa una commedia formato famiglia, quella Il regista Ang Lee border line dei Teichberg, con la dispotica madre ebrea russa, il padre rassegnato e acciaccato e il figlio, che trascinato dall’ondata hippie troverà forse la forza per andarsene di casa. Sono loro il nucleo - simpatico e affiatato, buone le interpretazioni - della famiglia allargata di capelloni, performer e travestiti (lo strepitoso Liev Schreiber) che cambierà per sempre il territorio rurale e antropologico del paesino nello stato di New York. Dal grande (Woodstock) al piccolo (la famiglia Teichberg) è anche la traiettoria poetica del film, che sceglie di volare basso, mettendo nel fuoricampo il palco e scegliendo il backstage temporale di un evento capitale, non solo musicalmente. Il risultato? Un divertente, innocuo e “sterilizzato” Bildungsroman, ma il rock - e Woodstock - è un’altra cosa... Suonala ancora, Lee! FEDERICO PONTIGGIA % Ricky Good Morning Aman Claudio Noce tra malessere multiculturale e identità trasversali. Per il debutto tricolore più importante degli ultimi anni Regia Con Genere Distr. Durata Claudio Noce Said Sabrie, Valerio Mastandrea Dramamtico, Colore Cinecittà Luce 103’ in uscita La vita breve di un bebé con le ali. Da uno spunto originale, l’occasione mancata dell’ex promessa Ozon DI TUTTO si può accusare François Ozon tranne che di mancanza di originalità. L’ex promessa del nuovo cinema francese questa volta sceglie il realismo magico e imbastisce Ricky, favola inerpicata sul dramma sociale, a tratti commedia fantascientifica, ad altri tenero divertissement per famiglie. Di certo metafora dell’approccio – e accettazione – con il diverso, per natura o volontà. Ricky è il nome di un bebé che – nato dalla relazione tra Katie (Alexandra Lamy) e Paco (Sergi Lopez) – sviluppa dopo pochi mesi di vita caratteristiche “non umane”, sconvolgendo a dir poco gli equilibri di mamma e sorellina Lisa di 7 anni (prodigiosa Melusine Mayance), mentre papà Paco si prende un periodo di distanza dalle routine familiari. Film discontinuo, inizialmente con toni dardenniani per sfociare nel surrealismo-horror simil Cronenberg, (ma anche Lynch o Terry Gilliam) Ricky appare più come l’occasione mancata di una bella idea, peraltro non originale perché tratta dal racconto della britannica Rose Tramain. L’anti-Elephant Man versione baby col pannolone sorvola ma non coglie le possibilità di penetrare emozioni e riflessioni negli spettatori, che si limitano a (sor)ridere, talvolta commuoversi, di certo stupirsi un po’. Che già è qualcosa. ANNA MARIA PASETTI % Regia Con Genere Distr. Durata DUE STORIE uguali e contrarie, quelle di Aman (Said Sabrie), teenager di origine somala, e del romano Teddy (Valerio Mastandrea), ex pugile 40enne, unite dalla ricerca dell’identità, un’identità trasversale. Per entrambi, si tratta di un romanzo di formazione: crescita verso la vita per Aman, crescita verso la morte per Teddy, in un intreccio di esistenze, corpi e parole supportato da una palese, e ambiziosa, volontà di stile. Immigrazione senza “sfiga”, insonnia multiculturale e una nausea che decenni dopo Sartre è ancora più invasiva e nonsense: tutto questo, incredibile e vero, in un film italiano, l’opera prima del premiato cortista Claudio Noce, Good Morning Aman, già in concorso alla Settimana della Critica. Radicalizzando poetica e stile di Vicari sotto il faro di Cassavetes, il 34enne regista costruisce un viaggio al termine della notte nei dintorni di Piazza Vittorio, incrociando le derive uguali e contrarie di Mastandrea – mai così bravo – e del protagonista Sabrie, somalo de Roma. Noce (si) concede qualche sbavatura, ma non si nasconde e ritrae il malessere globale senza se razziali e senza ma generazionali. Firmando l’esordio tricolore più importante degli ultimi anni. FEDERICO PONTIGGIA % in uscita François Ozon Sergi Lopez, Alexandra Lamy Drammatico, Colore Teodora 90’ ottobre 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 69 telecomando teratura: novità e bilanci Homevideo, musica, industria e let DVD Russell Crowe gladiatore in Blu-ray. Il Che in cofanetto Borsa del Cinema Finestra sulle window. Informazione e prevenzione nelle sale Libri Sguardo ai Balcani, approfondimento su Soldati e giovani inquietudini Colonne sonore Tarantinate musicali per Bastardi senza gloria. This Is It: Michael Jackson Mamma che Mostri ! Tre edizioni (con sorpresa) per la guerra agli alieni firmata DreamWorks Telecomando DVD • BORSA DEL CINEMA • LIBRI • COLONNE SONORE DVD di Valerio Sammarco Il film di Ridley Scott per la prima volta in Blu-ray, con oltre 11 ore di extra Il ritorno del Gladiatore 72 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2009 “AL MIO SEGNALE, scatenate l’inferno!”. Piacque poco alla critica, ma trovò massicce adesioni tra il pubblico (facendo registrare uno dei maggiori incassi a livello mondiale del 2000, al di poco inferiore di 460 milioni di dollari) e, soprattutto, convinse l’Academy, che lo premiò con 5 Oscar (tra cui miglior film e migliore attore protagonista): Il gladiatore di Ridley Scott, dal 2004 titolo in DVD di maggior successo targato Universal (con un totale di 5.372.000 pezzi venduti nel mondo), arriva per la prima volta nel formato Blu-ray, in una confezione a due dischi con 11 ore di extra. Oltre alla versione estesa del film (171’ contro i 155’ della versione Joaquin Phoenix è Commodo. Nelle altre immagini, Russell Crowe nei panni del generale Massimo Decimo Meridio. In basso, con Connie Nielsen preferite durante la visione del film, e creare un elenco di scene da approfondire in un secondo momento grazie agli extra contenuti nel disco due. Che include anche Forza e Onore: La Creazione del Mondo del Gladiatore (anche con la funzione PictureIn-Picture), un documentario sulle origini del film, sulla realizzazione e sull’impatto mondiale dopo l’uscita in sala. DISTR. UNIVERSAL cinematografica), il primo disco contiene il commento audio del regista e di Russell Crowe, le scene tagliate e La Visione di Elisium: Topic Portal un nuovo contenuto U-Control che consente di selezionare le scene ottobre 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 73 Telecomando DVD • BORSA DEL CINEMA • LIBRI • COLONNE SONORE DVD La cl as se de i cl as si ci a cura di Bruno Fornara REGIA Lewis Milestone CON Corinne Griffith, Lowell Sherman GENERE Commedia (1928) DISTR. Ermitage The Garden of Eden Titanus d’Argento Tornano in home video quattro classici firmati dal maestro del brivido L’uccello dalle piume di cristallo, Il gatto a nove code, Tenebre e Phenomena: prosegue senza sosta la distribuzione in Home Video della library Titanus da parte di 01, che a metà ottobre propone quattro dei più noti gialli/horror firmati dal maestro del brivido italiano, Dario Argento. Dalla galleria d’arte del primo all’istituto di ricerche del secondo (realizzati nel 1970 e nel 1971, primi due capitoli della “trilogia degli animali” conclusa poi da Quattro mosche di velluto grigio), per arrivare all’EUR di Roma in Tenebre (1982) e alla “quiete” svizzera di Phenomena (1985), film quest’ultimo che ha regalato il primo ruolo da protagonista all’allora giovanissima Jennifer Connelly, un anno prima voluta da Sergio Leone in C’era una volta in America per il ruolo della Deborah bambina. In vendita anche singolarmente, dal 14 ottobre, purtroppo sprovvisti di contenuti speciali. DISTR. 01 DISTRIBUTION 74 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2009 A dimostrazione del fatto che il cinema, anche prima del sonoro, ha sempre considerato essenziale la musica, basta guardare (e ascoltare...) il non-silenzio del film muto The Garden of Eden di un Lewis Milestone che negli anni Venti ha girato altre commedie notevoli, come ad esempio Two Arabian Knights (Notte d’Arabia, Oscar nel 1929). Alla sceneggiatura lavora Hans Kraly, stretto collaboratore di Lubitsch. Le scenografie sono dello specialista William Cameron Menzies. Film in tre movimenti: I) lento: la viennese Toni LeBrun vuole fare la cantante lirica ma finisce in un cabaret da strapazzo, a Budapest; II) andante: a Montecarlo, Toni viene contesa da una coppia di ricchi, zio e nipote; III) vorticoso e brillante: chi riuscirà a sposarla? Belle invenzioni visive: la gag delle luci dell’hotel accese spente accese spente..., la gag del sonnifero, addormentati svegli addormentati svegli..., la marcia nuziale con lei in sottoveste. E buone battute (cioè didascalie): “Sono sicura che Adamo, nell’Eden, avrà detto a Eva che lei, per lui, era l’unica donna al mondo”; e in aggiunta, davanti agli invitati riuniti per il matrimonio: “Eva era fortunata. Adamo non aveva parenti”. Fi lm in or bi ta a cura di Federico Pontiggia Mad Men (Rai4) Ogni sabato doppio appuntamento con Mad Men (2007), serie ideata da Matthew Weiner sui professionisti di Madison Avenue, la culla dell’industria pubblicitaria newyorkese. Imperdibile. Nip/Tuck (Mya) Gli ultimi 8 episodi della V stagione, con i due chirurghi plastici di Miami, che entreranno perfino in un reality show. Guest star Madonna, Morissette e Kidman, un serial ai ferri corti. La fortezza (Rai4) Nazi-horror d’annata (1983) per il celebrato Michael Mann: qui a mezzo servizio, comunque stiloso. Della serie, non svegliar il mostro che dorme: perché se la svastica è male, c’è di peggio… Che colpo B.O.B.! Mostri, alieni, Blu-ray e un’inedita avventura in 3D Dalla sala al lettore VINCERE Il duce (Filippo Timi) secondo Bellocchio. Che guarda al futurismo, e al melodramma, per concentrarsi sull’amore negato di Ida Dalser, madre di un figlio prima riconosciuto, poi negato. DISTR. 01 DISTRIBUTION ANGELI E DEMONI Campione d’incassi in tutto il mondo, il secondo adattamento da Dan Brown di Ron Howard arriva in tre differenti edizioni, anche in gift pack “limitato” formato Blu-ray con fermalibri da collezione. DISTR. SONY PICTURES HOME ENTERTAINMENT CHE (COFANETTO 3 DISCHI) Benicio Del Toro è il Guevara di Soderbergh: Che – L’argentino e Che – Guerriglia più un disco dedicato agli extra. Tra questi, “Making Che (Backstage)” e “Cronaca di un mito: il ‘Che’ dalla storia al cinema”. DISTR. 01 DISTRIBUTION THE INTERNATIONAL TRE EDIZIONI per Mostri contro alieni: formato disco singolo, doppio disco e Blu-Ray, queste ultime due corredate da 4 paia di occhialini per godersi al meglio l’inedita avventura Che colpo B.O.B!, incentrata sul simpatico eroe, tutto gelatina e niente cervello, realizzata in 3D. Oltre alla “Creazione del mostro moderno”, “Tre scene eliminate”, “Il video Jukebox DreamWorks Animation”, l’edizione Blu-Ray prevede tra gli extra “L’angolo degli Animatori – 2D (HD)” e “Quiz e curiosità – 2D (HD)”, con il gioco interattivo in 3D, “Karaoke Music Party” e altre ore di contenuti speciali, presenti anche nell’edizione DVD doppio disco. DISTR. PARAMOUNT Owen agente Interpol e Watts procuratore distrettuale. Uniti per smascherare le attività illecite e terroristiche di una potente banca. “Dietro le quinte” e “La sparatoria al Guggenheim” tra gli extra. DISTR. SONY PICTURES HOME ENTERTAINMENT Errata corrige: rispetto a quanto segnalato sul numero di settembre, il regista di The Reader è Stephen Daldry, non Stephen Frears. ottobre 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 75 Telecomando DVD • BORSA DEL CINEMA • LIBRI • COLONNE SONORE DVD Vintage da collezione Dal musical all’horror, passando per il western: le proposte Warner Home Video IL MAGO DI OZ - 70TH ANNIVERSARY Ultimate Collector’s Edition (4 dischi) per il capolavoro di Fleming. Nuovo riversamento in digitale della versione restaurata, oltre 4 ore di tesori audio, con materiali di registrazione, spettacoli radiofonici e promo. Italians, brava gente Tripla edizione per il campione d’incassi di Veronesi, anche in Blu-ray DISCO SINGOLO, SPECIAL EDITION in 2 Dvd e Blu-ray per il campione d’incassi della scorsa stagione, Italians, “movie-movie” diretto da Giovanni Veronesi e interpretato da Sergio Castellitto, Riccardo Scamarcio, Carlo Verdone e Ksenya Rappoport (fresca Coppa Volpi a Venezia per La doppia ora). Dubai e San Pietroburgo le mete degli “italians” in trasferta, chi per portare Ferrari rubate e trovare un riscatto bramato da anni, chi per presenziare ad un convegno dentistico e sperare in notti piccanti. Tra i contenuti speciali dell’edizione 2 dischi e Blu-ray, 32’ di scene inedite, il Backstage e lo speciale del film, 20’ di papere sul set, gli spot per le tv e il video musicale “Meraviglioso”, cantata dai Negroamaro. DISTR. FILMAURO Rea ltà e fant asia Uncharted 2: Covo dei ladri In esclusiva per PS 3: suggestioni alla Indiana Jones e sano humour Si è spesso parlato di videogiochi tratti da film, ma che succede invece quando un videogioco stesso tende ad avere velleità cinematografiche? E’ il caso di Uncharted 2: Covo dei Ladri, titolo di azione e avventura che uscirà in esclusiva su PlayStation 3 nella seconda metà di ottobre. Prendete infatti Indiana Jones per le sue atmosfere e ambientazioni condite da scene spettacolari, mescolatele con sano humour e tantissima azione e avrete il titolo sviluppato dai Naughty Dog, nel quale bisogna impersonare tale 76 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2009 SARANNO FAMOSI Arriva nelle sale il remake di Fame. Per i nostalgici, ecco “il film originale” in Bluray. Tra gli extra, “Commento di Alan Parker”, “Making of” e visita alla scuola da cui tutto ebbe origine. BALLA COI LUPI Per la prima volta in Blu-ray, l’esordio alla regia di Kevin Costner che valse 7 premi Oscar. Dal romanzo omonimo di Michael Blake, la guerra di Secessione arriva anche in alta definizione. VENERDI’ 13 Nathan Drake alla ricerca di tesori sparsi in giro per il mondo, seguendo le vicende di Marco Polo e di altri illustri personaggi al limite tra realtà e fantasia. Per saperne di più visitate www.multiplayer.it ANTONIO FUCITO Nel mese di Halloween, non poteva mancare il recupero di uno dei capisaldi dell’horror anni ‘80: il primo di una lunga “saga”, firmato Sean S. Cunningham e interpretato da un giovanissimo Kevin Bacon. Telecomando DVD • BORSA DEL CINEMA • LIBRI • COLONNE SONORE Borsa del cinema di Franco Montini Window scricchiolanti Qual è il giusto intervallo tra uscita in sala e home video? Si riaccende il dibattito tra abolizionisti e fautori SULLA SPINTA DI COLORO Auspicabile una maggiore flessibilità, con i film analizzati da un apposito comitato 78 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2009 che sostengono la necessità di abolire l’intervallo fra l’uscita di film in sala e la loro pubblicazione in dvd, si riaccende il dibattito attorno alle window. Le ragioni degli abolizionisti sono due: fornire ai potenziali spettatori che vivono in bacini di utenza privi di sale cinematografiche la possi- bilità di consumare un prodotto senza dover attendere mesi, il che significa spesso rinunciare al suddetto consumo, e contrastare la pirateria. Se sul primo punto qualche ragione è evidente, perché sono ormai numerosi i comuni, anche popolosi, privi di sale, per ciò che concerne la lotta nei confronti della pirateria, l’a- bolizione delle window non sembra affatto una soluzione, per il semplice motivo che ciò che interessa il pirata non è tanto una questione temporale, poter vedere un film senza attendere la sua commercializzazione in dvd, quanto la differenza fra il pagare, indipendentemente dalla cifra richiesta, e consumarlo gratuita- Cast & Crew di Franco Rossi bene al cuore fa a m e in c il o d n a Qu Informazione e prevenzione contro i rischi cardiovascolari mente. Insomma si può prevedere che, anche se il film uscisse subito sul mercato home video, la pirateria non sparirebbe: andrebbero contrastati il camcording, ovvero il furto di un film in sala, il file-sharing e il downloading, lo scaricamento illegale dalla rete, con una legge come quella approvata in Francia. In compenso, se le window sparissero i maggiori introiti derivati dalle vendite di dvd difficilmente potrebbero compensare le perdite dei ricavi del mercato sala. Anche a prescindere dal danno per l’esercizio e dall’impoverimento culturale delle nostre città, l’impressione è che il fatturato del prodotto film alla fine sarebbe minore di quanto non sia oggi. C’è da considerare, infatti, che, nonostante il prezzo di vendita di dvd in uscita in contemporanea potrebbe essere innalzato rispetto ai normali prezzi odierni, una rivoluzione di questo tipo dovrebbe prevedere un abbattimento dei costi di noleggio per le sale e una diminuzione del valore di vendita del film sui successivi vari mezzi di consumo. Del resto se negli Usa, che è il maggiore e più evoluto mercato cinematografico, l’ipotesi di abolizione delle window non si pone nemmeno, qualche ragione, ovviamente economica, deve pur esserci. Gli americani devono aver fatto due calcoli e verificato come le window aiutino ad incassare di più. Un’uscita del film scadenzata nel tempo tende a moltiplicare il numero di volte che il singolo spettatore è disposto a consumare il film in questione. Non è affatto raro, infatti, che la gente paghi per vedere il film in sala, e successivamente, sia anche disposta ad acquistare il dvd. In altre Unire l’utile al dilettevole. Ovvero abbinare una campagna di prevenzione a un momento di intrattenimento e svago. E’ l’idea alla base del progetto sostenuto da Takeda Italia Farmaceutici e denominato “In prima fila contro il rischio cardiovascolare”, iniziativa che prevede sia la distribuzione presso le sale cinematografiche di un opuscolo informativo, sia la proiezione presso le stesse sale di uno spot girato da Marcello Lucini. Perché affidare proprio al cinema il vostro messaggio? Lo chiediamo a Maurizio Castorina, Presidente e Amministratore Delegato di Takeda Italia Farmaceutici. Anzitutto perché il cinema è cultura, con la quale Takeda ha un lungo sodalizio. E poi, recenti indagini indicano il cinema come la forma di spettacolo più rappresentativa, seconda solo alla musica quanto a coinvolgimento. Quindi alla base della vostra scelta anche precise considerazioni di marketing… In realtà preferirei usare la parola “coinvolgimento”. Con questa iniziativa infatti vogliamo soprattutto affermare il nostro coinvolgimento e il nostro impegno in quello che facciamo, ovvero affermare l’importanza della prevenzione e offrire soluzioni terapeutiche in grado di favorirla. Abbiamo voluto pertanto rivolgerci a un target ampio e qualificato cui trasmettere un messaggio preciso: il valore della prevenzione in un ambito, quello delle malattie cardiovascolari, che oggi purtroppo rappresenta una delle mag- giori minacce per la nostra salute. Al cinema per informarsi anche sui grandi temi della salute e sulla cultura della prevenzione: la strada è aperta. Azione. box office (aggiornato al 28 settembre) 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Baarìa G-Force: Superspie in missione L’era glaciale 3 Basta che funzioni District 9 La ragazza che giocava con il fuoco Pelham 123: Ostaggi in metropolitana Il grande sogno Ricatto d’amore G.I. Joe – La nascita del cobra € 12,106,599 € 31,317,162 € 28,021,848 € 12,235,785 € 13,633,615 € 11,476,144 € 31,668,230 € 22,781,962 € 33,951,075 € 32,624,712 N.B. Le posizioni sono da riferirsi all’ultimo weekend preso in esame. Gli incassi sono complessivi parole pagando il film due volte. Dell’argomento window si è discusso anche in un convegno svoltosi nell’ambito della Mostra del Cinema di Venezia dove, per la verità, produttori, distributori ed esercenti, più che ipotizzarne l’abolizione, si sono confrontati su diverse ipotesi temporali. C’è chi come Andrea Stratta, diretto- re generale della catena di multiplex Uci Italia, ha auspicato una regolamentazione a livello europeo, prendendo a modello la Francia, dove le window sono regolate per legge a 4 mesi. E chi come Giampaolo Letta, amministratore delegato di Medusa Film, ha sostenuto la necessità di accorciare a 8-10 settimane le window italiane, ora previste attorno alle 17-20 settimane. Più ragionevolmente si potrebbe pensare ad una maggiore flessibilità, con i singoli film analizzati da un apposito comitato, a seconda del successo ottenuto in sala. Ma le categorie cinematografiche italiane sono sufficientemente mature per un normale, sereno confronto? ottobre 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 79 Telecomando DVD • BORSA DEL CINEMA • LIBRI • COLONNE SONORE Libri Il backstage cinematografico dell’Europa orientale. Bellocchio e Tarkovskij oltre lo sguardo Ieri, oggi e Balcani Eas t is Eas t Scr itti Sol dat i Propaganda per i regimi comunisti, crisi degli anni’90, il mercato globale del XXI secolo: è il cinema dei Balcani, come rileva Il mestiere del cinema nei Balcani – Storia di un’industria e dei suoi protagonisti dagli anni settanta ad oggi, a cura di Luisa Chiodi e Irene Dioli (Osservatorio Balcani e Caucaso, pagg. 120). Tra Albania, Bulgaria, Bosnia Erzegovina, Croazia e Serbia, passando da Tito alla globalizzazione, dall’industry bulgara alla (auto)censura albanese, un utile strumento di lavoro, che indaga il backstage strutturale dei Balcani su grande schermo. Corredato da filmografia, bibliografia e sitografia ragionate, focus sulle locali Cinecittà e photogallery del Kinostudio albanese, una panoramica sul meglio del “vicinissimo oriente”, ovvero il cinema: unica eccellenza nella marginalizzazione politicoculturale dei Balcani. Non più, non solo, “un letterato al cinema”, ma un “regista con la macchina da scrivere”: Mario Soldati e il cinema a cura di Emiliano Morreale (Donzelli Editore, pagg. 155, € 15,00) nasce con l’intento di rendere giustizia ad un cineasta che – attraverso piccole commedie prima e grandi classici poi (Piccolo mondo antico e Malombra da Fogazzaro, La provinciale da Moravia) – segnò un’intera stagione del cinema italiano. Diviso in due parti (“Un narratore al cinema” e “Soldati par lui-même”), il libro raccoglie gli interventi di importanti critici e intellettuali italiani (tra gli altri, Amelio, Aprà, Lizzani, Martini e Mereghetti), un’intervista a Soldati realizzata da Jean A. Gili nel 1992 per “Quaderni di Cinecittà International” e un Album fotografico a cura di Anna Cardini Soldati. FEDERICO PONTIGGIA 80 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2009 VALERIO SAMMARCO Lenzi ad Harlem Dopo l’esordio alle prese con i Delitti a Cinecittà, il detective Bruno Astolfi, sempre in bilico fra debiti, tentazioni amorose e tensioni mai sopite con la Polizia di regime, torna sul set per vigilare sulle riprese di Harlem, il nuovo film di Carmine Gallone. Siamo nel 1942, e i guai non tarderanno ad arrivare… Ce lo racconta il regista Umberto Lenzi in Terrore ad Harlem (Coniglio Editore, pagg. 208, € 12,00), confermando versatilità artistica e gusto per la scrittura. Con guest star d’eccezione che vanno da Indro Montanelli a Mario Soldati, Aldo Fabrizi e i fratelli De Filippo, il divertimento è assicurato, ma c’è di più: l’evasione non dimentica il milieu, compresi prigionieri di guerra usati come comparse. Consigliato a chi vo’ fa’ l’americano. E, ovviamente, ai tanti fan (compreso Tarantino) del regista di Roma a mano armata e Orgasmo. Pensiero Badiou Ricostruzione coerente e sistematica: a raccolta i saggi del filosofo francese di Silvio Grasselli FEDERICO PONTIGGIA Spe cch i del l’irreal e “Il film, quando non è documentario, è sogno. Per questo Tarkovskij è il più grande di tutti”. Così Bergman – citato in Tarkovskij – La nostalgia dell’armonia di Francesca Pirani (Le Mani, pagg. 141, € 12,00) – sull’opera del regista russo. Cinema come ragnatela di segni che appartengono all’anticamera del mondo. Perché il reale - scriveva Sartre - non è, si fa. E Tarkovskij, a 20 anni dalla morte, è capace ancora di fare, costruire, suggerire. Oltre le scatole cinesi del mondo, oltre le immagini, ci sono i suoi film, che il saggio della Pirani “apre” per cercarne la bellezza dietro al mistero. Cifra anche del lavoro di Patrizia Caproni su Bellocchio (Lo sguardo inquieto, Le Mani, pagg. 141, € 12,00), di cui analizza l’ultima produzione - da L’ora di religione a Vincere - per catturarne la dimensione liminare, tra immaginario e realtà. GIANLUCA ARNONE Gio van i, car ini e... “Che cosa cercano le nuove generazioni?”. Se lo chiede Mario Dal Bello in Inquieti. I giovani nel cinema italiano del Duemila (Effatà Editrice, pagg. 176, € 12,50). Una domanda che lo studioso non affronta – solo – dalla prospettiva del cinefilo, piuttosto interrogando le immagini – quattro i filoni cinematografici: generazionale-giovanilista, psicologico, sociale, “dell’interiorità” – per portare alla luce del buio, quello in sala, le traiettorie, gli scarti, gli ostacoli e le speranze di una generazione inquieta. Un saggio informato e appassionato, che regala, anzi ascrive, al cinema una residua speranza: i giovani cercano la felicità, ed è proprio questa ricerca il comune denominatore della “giovane” produzione italiana. E poi, come diceva lo scrittore francese Julien Green, “finché si è inquieti, si può stare tranquilli”. Anche al cinema. FEDERICO PONTIGGIA Alain Badiou Del capello e del fango Riflessioni sul cinema A cura di Daniele Dottorini Luigi Pellegrini Editore €20,00 Pp. 288 Alain Badiou, tra i migliori pensatori contemporanei, è tra quelli che hanno spinto la propria ricerca filosofica sul terreno del cinema. Daniele Dottorini ha di recente curato e in parte tradotto una raccolta di testi di Badiou dedicati al cinema, alcuni dei quali inediti anche in Francia. Del capello e del fango però non è una semplice panoramica teorica sulla multiforme e disparata produzione del filosofo francese, quanto piuttosto una coerente ricostruzione del suo modo di pensare e di lavorare con il cinema. Filosofia e cinema sono entrambi creatori e descrittori delle fratture nell’ordine fittizio del mondo: entrambi in grado di stimolare nell’essere lo strappo dell’evento, il cinema, come la filosofia, crea “rapporti là dove non esiste possibilità di rapporti”. Dai saggi alle relazioni per convegni, fino agli studi monografici dedicati a singoli film, Bodiou descrive la ricchezza e la produttività del cinema come terreno ulteriore per l’incessante interpellazione che la filosofia porta sul presente, come occasione perché la visitazione dell’idea cinematografica sia mutata in concetto dall’elaborazione filosofica. Il cinema come la filosofia crea, per Badiou, “sintesi disgiuntive”, giocando il suo ruolo di non-arte contemporanea proprio nell’essere movimento che mette in relazione l’inconciliabile attraverso la separazione. ottobre 2009 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 81 Telecomando DVD • BORSA DEL CINEMA • LIBRI • COLONNE SONORE di Gianluigi Ceccarelli Colonne Sonore Visti da vicino Bastardi senza cuore Saccheggi morriconiani, blaxploitation e Bernstein per il “solito” score by Tarantino Gli intriganti pot-pourri musicali che il sagace Quentin Tarantino assembla per i suoi film sono ormai un evento parallelo all’uscita delle pellicole del regista di Knoxville. Ma quindici anni dopo Pulp Fiction è difficile aspettarsi sorprese dal suo modus operandi, a meno di non considerar tale l’assenza dei dialoghi originali che, disseminati tra le tracce, erano ormai un collaudato marchio di fabbrica. Tarantino pesca un po’ ripetitivamente dal barile senza fondo dello spaghetti western e dalla sterminata produzione morriconiana del periodo: il maestro è letteralmente saccheggiato, da Revolver e La resa dei conti di Sollima (After the Verdict, splendida nel citare “Per Elisa” di Beethoven) ad Allonsanfàn dei Taviani, per tacere di ciò che non è stato incluso su CD. Ma al solito, c’è posto per la blaxploitation (Slaughter del compianto Billy Preston), e menzioni per Charles Bernstein (McKlusky, metà uomo e metà odio), e per Cat People di David Bowie, colonna sonora del remake de Il bacio della pantera di Paul Schrader. Inglorious Basterds, afferma Tarantino, è “un western travestito da film bellico”. Le scelte musicali sono consequenziali, pedisseque a una nuova, cerebrale riflessione sul cinema come conscio artificio del reale, che fa di Tarantino il più dichiarato tra gli ammiratori di Brian De Palma. Ma forse stavolta, in questo percorso obbligato, la testa sembra aver prevalso sul cuore. Per tut ti i gus ti a cura di Federico Pontiggia This Is It Gli ultimi giorni di Michael Jackson: le prove in vista del grande tour londinese, i dietro le quinte umani, troppo umani, e un’immensa tristezza. Rimane la musica, e una constatazione: il Re è morto. Lunga vita al Re! 82 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2009 Motel Woodstock Rock-movie? Insomma. Per gli esosi diritti musicali, nella OST curata da Danny Elfman le hit si contano sulle dita di una mano: Maggie M’Gill (Doors), Wooden Ships (Crosby, Stills e Nash), China Cat Sunflower (Grateful Dead) e Sweet Sir Galahad (Joan Baez). Baarìa “Mi son contenuto, senza alzare gli ottoni al cielo”. Parola di maestro, Ennio Morricone, che ritrova il suo Peppuccio per C’era una volta in Sicilia. Ovvero, il solito Morricone, marchio di fabbrica che inizia a suonare da archeologia industriale. In prima fila contro il rischio cardiovascolare SENTRIX ITALIA Come prendersi cura del proprio cuore (tra un film e l’altro) Nel mese di ottobre andare al cinema fa bene al cuore. Presso alcune delle più importanti sale cinematografiche italiane potrete trovare spettacolo, cultura, ma anche un po’ di sana informazione su come prevenire il rischio cardiovascolare. UN PROGETTO A CURA DI Takeda Italia Farmaceutici PASSIONE PER LA RICERCA, AMORE PER LA VITA. IN COLLABORAZIONE CON