dalle discriminazioni al mobbing

Transcript

dalle discriminazioni al mobbing
Ministero del Lavoro
della Salute
e delle Politiche Sociali
Consigliere
di Parità
Provincia
di Ascoli Piceno
Provincia di Ascoli Piceno
Guida pratica:
dalle discriminazioni
al mobbing
PRIMA PARTE
Le discriminazioni
Sara Giorlando, Paola Petrucci
SECONDA PARTE
Il mobbing
Antonella Beriolla D’Alessio, Paola Casciati
Consigliere
di Parità
Provincia di Ascoli Piceno
Consigliere di Parità per la Provincia di Ascoli Piceno
ufficio: piazza Simonetti n. 36 – Ascoli Piceno
tel. 0736 277504 – 800 215809
[email protected]
www.consiglierediparita.org
Paola Petrucci
Consigliera di Parità effettiva
[email protected]
Paola Casciati
Consigliera di Parità Supplente
[email protected]
Sommario
9 PREFAZIONE
PARTE PRIMA
17 LE DISCRIMINAZIONE
Sara Giorlando, Paola Petrucci
19 L’UNIONE EUROPEA E LA PARITÀ TRA UOMINI E DONNE.
21 IL 2007 ANNO DELLE PARI OPPORTUNITÀ
23 GLI OBIETTIVI COMUNITARI DA PERSEGUIRE
Breve storia della normativa comunitaria in materia di pari
opportunità
27 GLI OBIETTIVI DA PERSEGUIRE E GLI STRUMENTI DA
UTILIZZARE
31 LE DIRETTIVE PIÙ IMPORTANTI
35 ALCUNE RACCOMANDAZIONI
37 ALCUNE RISOLUZIONI
39 LA CONSIGLIERA DI PARITÀ: RUOLO E FUNZIONI
43 I DIRITTI DEI GENITORI LAVORATORI
43 Il congedo di maternità
48 Il congedo parentale
48 I riposi giornalieri
49 Congedi e permessi per la malattia di tua figlia o di tuo figlio
50 Figlio/a con grave handicap
50 I diritti del papà: il congedo di paternità, i congedi parentali,
permessi
52 Le novità della finanziaria per il 2007 in favore della tutela della
genitorialità
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DALLE DISCRIMINAZIONI AL MOBBING: GUIDA PRATICA
53 Le novità della finanziaria per il 2008 in materia di adozioni e
affidamenti
54 Il diritto al mantenimento del posto di lavoro
55 Divieto di licenziamento
56 Il licenziamento a causa del matrimonio
57 Lavoro notturno
59 SULLE DISCRIMINAZIONI, LE MOLESTIE SESSUALI E IL
MOBBING
59 Le discriminazioni di genere sul lavoro
60 Le forme più frequenti di discriminazione di genere
62 L’intervento della consigliera di parità: un aiuto fondamentale
66 Molestie sul luogo del lavoro
69 IL MOBBING: come riconoscerlo e come difendersi
73 Cosa fare in caso di Mobbing
74 La Prevenzione del Fenomeno
75 Le altre forme di discriminazione
81 LE AZIONI POSITIVE: QUESTE SCONOSCIUTE!
89 LA VIOLENZA CONTRO LE DONNE
91 APPROVATO IL DISEGNO DI LEGGE N. 1440
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DALLE DISCRIMINAZIONI AL MOBBING: GUIDA PRATICA
PARTE SECONDA
95 IL MOBBING
Antonella Beriolla D’Alessio, Paola Casciati
95 IL MOBBING: UNA PROBLEMATICA DEL MONDO DEL LAVORO
97 PROFILI SOGGETTIVI E OGGETTIVI
101 LE FASI
105 I COMPORTAMENTI MOBBIZZANTI
106 Demansionamento
107 Forzata inattività lavorativa e trasferimento forzato
107 Molestie sessuali
110 Il mobbing nella pubblica amministrazione
113 GLI STRUMENTI DI TUTELA
113 La costituzione italiana e il diritto internazionale
114 La legislazione speciale
115 Tutela civile
115 Responsabilità contrattuale
116 Responsabilità extracontrattuale
117 La prova del mobbing
119 Tutela penale
121 I DANNI DA MOBBING
121 Danno patrimoniale
121 Danno biologico
124 Danno morale
125 Danno esistenziale
125 Danno alla professionalità
127 MOBBING, CHE FARE?
130 SERVIZI E RECAPITI UTILI
135 APPENDICE
137 CONSIGLIERA DI PARITÀ UNA FIGURA DI TUTELA DELL’UGUAGLIANZA
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DALLE DISCRIMINAZIONI AL MOBBING: GUIDA PRATICA
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DALLE DISCRIMINAZIONI AL MOBBING: GUIDA PRATICA
Prefazione
Nel corso del nostro mandato ci siamo proposte di predisporre
una serie di contributi pratici a sostegno delle parti sociali e
finalizzate alla conoscenza degli strumenti esistenti nel campo del
lavoro e della parità.
Inizialmente avevamo avviato una ricerca/raccolta di sentenze su
temi discriminatori scoprendo, così, che nel nostro territorio non
ci sono stati, ad oggi, pronunciamenti in materia.
Ci è sembrato allora indispensabile ripartire dalla conoscenza del
diritto e delle problematiche connesse per sensibilizzare l’utenza e
favorire il confronto sul territorio.
Abbiamo deciso, così, di occuparci del grande tema delle
discriminazioni di genere nella consapevolezza che proprio la
discriminazione di genere è la prima forma di violenza.
Troppo spesso assistiamo a fenomeni discriminatori, non solo
nei confronti delle donne, che condizionano le relazioni sociali,
familiari e lavorative.
Certamente il concetto di parità, intesa come garanzia di dare a
tutti le stesse opportunità, è ancora lontano dall’essere recepito
ed applicato.
In particolare si evidenzia come le nuove generazioni, dando per
scontati diritti e doveri, dimenticano la difficoltà di raggiungere
una parità effettiva.
Di questo siamo colpevoli noi tutti che siamo troppo poco
attenti a sfumature e particolari che, nell’ambito relazionale e
comunicazionale, fanno la differenza e che continuano a produrre
stereotipi e riferimenti valoriali negativi.
Ma cosa significa essere discriminati?
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DALLE DISCRIMINAZIONI AL MOBBING: GUIDA PRATICA
Cos’è una discriminazione?
È questo l’obiettivo che si pone la prima parte della presente
pubblicazione: spiegare in modo semplice e diretto cosa vuol
dire essere discriminati – con particolare riferimento all’ambito
lavorativo – e quali sono gli strumenti che possono essere
utilizzati per contrastare il fenomeno.
Una guida, quindi, agile ed utile per sollevare il problema ed
aiutare ad individuare percorsi utili alla risoluzione positiva dello
stato di fatto.
Siamo consapevoli della difficoltà a far emergere e denunciare le
situazioni discriminatorie nel mondo del lavoro particolarmente
in questa fase congiunturale ma siamo certe che il superamento
di atteggiamenti discriminatori fa bene alla collettività e che
l’ambiente di lavoro e la produttività non possono che giovarne.
Tra le forme discriminatorie esaminate nella guida emerge il
fenomeno del mobbing che si stà pericolosamente diffondendo
negli ambienti di lavoro e che è frutto di atteggiamenti
discriminatori e persecutori.
Consapevoli che le competenze in materia di mobbing delle
Consigliere di Parità si limitano a quei casi in cui la discriminazione
scatenante è di genere abbiamo ritenuto necessario affrontare
questa tematica che, pure essendosi manifestata da diversi anni,
non ha ancora trovato un inquadramento giuridico unico tale da
consentire percorsi giuridici lineari e certi.
Nella precarietà lavorativa che stiamo vivendo ancora più forti si
fanno le pressioni sui lavoratori che subiscono silenziosamente
pur di mantenere il posto di lavoro.
Spesso si tratta di vessazioni orizzontali, ossia tra colleghi, che
sottendono a favoritismi e/o avanzamenti di carriera ai danni di
coloro con i quali si dovrebbe collaborare in una sana ottica di
competizione.
Sulla base di queste considerazioni abbiamo pensato di affidare,
nell’ambito del nostro mandato, l’incarico per la redazione di una
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DALLE DISCRIMINAZIONI AL MOBBING: GUIDA PRATICA
guida pratica al mobbing allo scopo di favorire l’emersione del
fenomeno e dare strumenti utili al contrasto dello stesso.
Una guida che si rivolge non solo ai lavoratori ma anche a
quanti operano nel settore delle risorse umane e vedono
vanificate progettualità ed interventi a causa di faide interne che
appesantiscono il clima lavorativo e danneggiano sia i singoli
lavoratori che l’intera attività produttiva.
Vorremmo cogliere l’occasione per riaprire un dibattito su questo
tema e su quanto si importante fare prevenzione nei luoghi di
lavoro nell’interesse di tutte le parti sociali e ponendoci, così
come stabilito dal nostro ruolo, quali tecnici e mediatori di
relazioni ed interessi finalizzati al raggiungimento di una parità
reale nel mondo del lavoro.
Paola Petrucci
Paola Casciati
Consigliera di Parità effettiva
Consigliera di Parità supplente
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DALLE DISCRIMINAZIONI AL MOBBING: GUIDA PRATICA
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DALLE DISCRIMINAZIONI AL MOBBING: GUIDA PRATICA
Quando ho accettato di collaborare con l’Ufficio della Consigliera
di Parità, inizialmente, avrei dovuto raccogliere e analizzare le
sentenze emesse in materia di discriminazioni di genere nella
nostra Provincia compresa anche quella di Fermo. Non è stato
possibile rinvenire materiale abbastanza copioso sul quale imbastire
uno studio: vertenze che avessero un tale oggetto del contendere
non erano mai state iniziate o giunte ancora ad una sentenza.
L’analisi intuitiva che ne scaturì è che, molto probabilmente, la
problematica delle discriminazioni è ancora in una fase embrionale.
Così con Paola decidiamo di fare una miniguida circa le situazioni
più frequenti che in ambito lavorativo possono essere campo fertile
di discriminazioni non solo esclusivamente tra uomo e donna.
Le leggi ci sono, gli organi preposti a farle rispettare pure ma il
problema è sempre lo stesso anche in ambito di Pari Opportunità:
occorre sensibilizzare i soggetti che possono essere vittime di tali
discriminazioni e quelli che, per il ruolo che rivestono, possono,
anche se non di proposito, essere parte attiva della discriminazione
per metterli a conoscenza degli strumenti posti a tutela di tali
fattispecie discriminatorie.
Se io subisco un furto so, perchè fin da piccola mi hanno parlato
della Polizia,che devo rivolgermi alle forze dell’ordine. Se mi
faccio male so che devo chiamare il Pronto Soccorso perchè così
mi hanno insegnato ma se subisco una discriminazione sul posto
di lavoro in quanto donna, genitore, cittadino extracomunitario
od omossessuale nessuno mi ha mai detto che c’è un’istituzione
appositamente creata per risolvere il mio problema e pronta a
fornirmi addirittura assistenza legale.
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DALLE DISCRIMINAZIONI AL MOBBING: GUIDA PRATICA
Ecco spesso le istituzioni vengono create per scopi illustri ma la
mancanza di comunicazione con l’utenza fa sì che esse rischino di
diventare autoreferenziali e di sopravvivere attraverso una formale
esistenza. Solo una corretta informazione e una presenza forte
sul territorio riescono a creare un collegamento tra cittadini e
istituzioni. Perchè è attraverso la propria utenza che un’istituzione
ha senso di esistere.Un cittadino correttamente informato saprà
sempre a chi rivolgersi.
Questa piccola guida è nata con un linguaggio semplice proprio
perchè voleva spiegare, in sintesi, i vari ambiti della vita lavorativa
in cui si possono verificare discriminazioni e fornire una panoramica
degli strumenti posti a tutela dei lavoratori e delle lavoratrici.
Certo parlare di pari opportunità in un momento di crisi economica
ed occupazionale potrebbe sembrare superfluo ma invece è
davvero importante perchè è proprio nei momenti di maggiore crisi
lavorativa che i diritti acquisiti nel tempo rischiano di affievolirsi.
Di fronte ai cancelli delle fabbriche che chiudono e all’aumento
di disocuppati non bisogna mai rinunciare a quei diritti che con
fatica sono stati conquistati e nemmeno accantonarli nell’attesa
che tornino tempi migliori. In momenti come questi sono proprio
le donne e le categorie più deboli a rischiare un’autoespulsione
dal mondo del lavoro: di fronte a salari bassi e all’insufficiente rete
sociale presente sul territorio la donna potrebbe cadere nell’errore,
comunque dettato da esigenze di natura economica, di sentirsi più
utile a casa e di rinunciare all’affermazione di sé come individuo
e alla propria indipendenza che si determinano, soprattutto, sul
posto di lavoro.
Sara Giorlando
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DALLE DISCRIMINAZIONI AL MOBBING: GUIDA PRATICA
La continua evoluzione e diffusione del fenomeno del mobbing in
Italia pone una serie di problemi circa la corretta individuazione del
fenomeno e della tutela dei lavoratori.
Nonostante i continui interventi di sensibilizzazione, l’Italia non ha
ancora provveduto a dotarsi di una specifica normativa in materia,
ignorando, di fatto, una delibera del Consiglio Europeo del 2000
che vincolava gli Stati membri ad operare in tal senso.
Ad oggi, chi però subisce il cosiddetto mobbing può sicuramente
ottenere una tutela giuridica sia sotto il profilo civile che penale,
identificando i singoli comportamenti mobbizzanti come reati
penali e danni civili.
Il presente testo vuole dare un quadro d’insieme del fenomeno
senza pretendere di darne un’analisi esaustiva e, analizzandone i
soggetti attivi e passivi, le varie fasi e soprattutto i comportamenti
in cui si estrinseca il fenomeno, vuole essere uno strumento per
i cittadini, lavoratori e datori di lavoro, che aiuti ad identificare e
riconoscere il problema.
È sembrato pertanto opportuno concludere il lavoro con una sorta
di vademecum comportamentale per le vittime del mobbing da
lavoro.
Antonella Beriolla D’Alessio
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DALLE DISCRIMINAZIONI AL MOBBING: GUIDA PRATICA
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ANTONELLA BERIOLLA D’ALESSIO, PAOLA CASCIATI
PARTE PRIMA
Sara Giorlando
Paola Petrucci
Guida alle
discriminazioni
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IL MOBBING
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ANTONELLA BERIOLLA D’ALESSIO, PAOLA CASCIATI
L’unione Europea
e la parità tra uomini e donne
Si parla molto della parità tra donne e uomini soprattutto a livello
europeo. E poiché facciamo parte dell’unione europea è doveroso
rendere tutti partecipi di quanto a livello comunitario si sta facendo
nei confronti di quello, che è un diritto fondamentale, un valore
comune dell’UE e, soprattutto,una condizione necessaria per il
conseguimento degli obiettivi comunitari di crescita, occupazione e
coesione sociale.
L’UE ha compiuto notevoli progressi nell’attuazione della parità
tra i generi grazie alla normativa sulla parità di trattamento,
all’integrazione della dimensione di genere nelle politiche, ai
provvedimenti specifici volti a promuovere la condizione femminile,
ai programmi d’azione, al dialogo sociale e al dialogo con la società
civile.
Quello della parità è un problema che non si risolve in una mera
questione ideologica ma nel perseguimento di offrire concreti
strumenti alle donne per poter emergere nei più svariati settori.
Il Parlamento europeo, alla cui composizione partecipiamo noi
come cittadini ed elettorato attivo, è stato un partner importante
per la realizzazione di questi progressi. Numerose donne hanno
raggiunto i più alti livelli d’istruzione, sono entrate nel mercato del
lavoro e hanno svolto ruoli importanti nella vita pubblica. Tuttavia,
le disuguaglianze rimangono e possono aggravarsi, poiché
l’incremento della concorrenza economica su scala mondiale
richiede una forza lavoro più mobile e flessibile. Tali esigenze
possono pregiudicare maggiormente le donne, spesso costrette a
scegliere tra figli e carriera a causa della scarsa flessibilità degli orari
di lavoro e dei servizi di custodia dei bambini, del persistere degli
19
LE DISCRIMINAZIONI
stereotipi di genere nonché dell’ineguale
ua carico di responsabilità
familiari rispetto agli uomini.
I progressi compiuti dalle donne in settori chiave della strategia dii
Lisbona come l’istruzione e la ricerca,
non si riflettono pienamente
c
en
nt
nel mercato del lavoro.
Si tratta di uno spreco di capitale
ta umano, di immobilizzazione
onee di
d
energie che potrebbero dare m
molto alla società.
20
SARA GIORLANDO, PAOLA PETRUCCI
Il 2007 anno delle pari opportunità
Il 2007 è stato l’anno europeo delle pari opportunità per tutti, un
anno, cioè, dedicato alla lotta contro le discriminazioni basate sul
genere, sulla razza, sull’origine etnica, sulla religione, sulla diversità
di opinione, sulla disabilità, sull’età e sugli orientamenti sessuali.
Quattro sono stati i temi principali:
1. i diritti: aumentare la consapevolezza sul diritto alla parità e alla
non discriminazione, indipendentemente dal sesso, dalla razza o
dalle origini etniche, dalla religione o dalle convinzioni personali,
da eventuali handicap, dall’età o dalle tendenze sessuali;
2. la rappresentanza: stimolare il dibattito sui modi di aumentare
la partecipazione dei gruppi sotto rappresentati nella società;
3. il riconoscimento: celebrare la diversità e promuoverla come
me
beneficio per l’UE;
be
4. il ri
4
rispetto:
spetto: promuovere una società più solida
solidale e coesa.
L’iniziativa,
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promossa dal Consiglio e dal Parlamento europeo, è
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godere di un uguale trattamento e di vivere
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vita
libera da qualsiasi
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Quest iniziativa voleva
Ques
l
servire
rvire a rendere i cittadini
cit
dell’UE
consapevoli del
el proprio diritto a non essere discriminati,
disc
di
a
promuovere le pari opportunità in campi quali il lavoro e
l’assistenza sanitaria e per dimostrare come la diversità renda
l’Europa più forte.
È stata pubblicata la roadmap ( o tabella di marcia) per
combattere la “disparità” tra gli uomini e le donne, a casa e sul
lavoro, entro il 2010. Il progetto, che ha lo scopo di sensibilizzare
i Paesi membri sul tema, prevede la revisione dell’intera
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LE DISCRIMINAZIONI
legislazione comunitaria (dalla quale nessun stato membro può
prescindere) sull’eguaglianza di genere.
Nella roadmap sono indicati i settori prioritari di azione per i
prossimi cinque anni:
1. pari indipendenza economica per uomini e donne; conciliazione
nella vita professionale, familiare e privata;
2. pari rappresentanza nella presa di decisioni;
3. sradicamento di ogni forma di violenza e tratta di esseri umani
basata sul genere;
4. eliminazione degli stereotipi sessisti;
5. promozione della parità tra i generi nelle politiche esterne e di
sviluppo dell’UE.
Verranno esaminate le legislazioni nazionali in materia di
eguaglianza di genere, per verificare l’esistenza, al loro interno, di
norme che assicurino le pari opportunità in tutti gli Stati membri.
Sarà dato un impulso nuovo anche agli organismi nazionali che si
occupano di pari opportunità, lottando contro le discriminazioni
sessuali, che andranno a formare una vera e propria rete. Sul
tema del divario salariale, infine, la Commissione pubblicherà una
specifica comunicazione.
La Commissione europea ha, inoltre, attivato nel gennaio 2007
l’Istituto europeo per l’eguaglianza tra i sessi (la cui creazione
era stata proposta dal Consiglio europeo nel giugno del 2004).
L’Istituto Europeo dovrà istituire e coordinare una Rete europea
per lo scambio di informazioni e sensibilizzare i cittadini, ma anche
diffondere buone prassi e fornire consulenze a enti pubblici e
privati.
La proposta della Commissione intende costituire un’agenzia
operante come centro di eccellenza mondiale, autonoma
nell’adempimento dei propri compiti e dotata delle competenze
necessarie ad operare come sostegno tecnico delle istituzioni della
Comunità e degli Stati membri nella lotta contro le discriminazioni
fondate sul sesso.
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SARA GIORLANDO, PAOLA PETRUCCI
Gli obiettivi comunitari da perseguire
Breve storia della normativa comunitaria in materia di pari
opportunità
Negli ultimi anni la Comunità europea ha fatto notevoli passi in
avanti in materia attraverso una serie numerosa di direttive,racc
omandazioni e giurisprudenza della Corte di Giustizia, volte ad
affermare e sviluppare il concetto di parità in tutti gli aspetti della
vita dell’uomo.
Nonostante le difficoltà legate al rapporto tra diritto comunitario e
diritto degli Stati membri è possibile affermare che,grazie proprio
agli interventi comunitari tesi a risolvere quegli squilibri strutturali
esistenti nei paesi membri, da alcuni anni è stata raggiunta una
certa omogeneità a livello normativo.
Tutto ha avuto inizio con la Dichiarazione Universale dei
diritti dell’uomo del 1948 e con le Convenzioni OIL degli anni
cinquanta attraverso le quali si manifesta, per la prima volta a
livello internazionale, la valorizzazione della pari dignità sociale
degli esseri umani.
A livello europeo, invece, la norma principale in materia di parità
è rinvenibile nell’art. 119 del Trattato di Roma(oggi art. 141
TCE)il quale sanciva il principio di parità retributiva tra lavoratori
e lavoratrici in un contesto,però, in cui la politica sociale veniva
considerata come un’appendice della politica economica e in cui
prevaleva l’interesse principale di garantire un funzionamento
corretto e trasparente del mercato comune.
Negli anni settanta la questione del lavoro femminile viene
regolamentata dai singoli Paesi europei( in Italia veniva approvata
la legge n. 903 del 1977) conferendo così il proprio contributo
23
LE DISCRIMINAZIONI
all’evoluzione della normativa comunitaria in materia di pari
opportunità e di non discriminazione tra sessi. Nel dicembre
1989, i capi di Stato e di governo degli,allora, 11 Stati membri
hanno adottato a Strasburgo la Carta comunitaria dei diritti
sociali e fondamentali dei lavoratori, detta altresì Patto sociale
ovvero Carta sociale. Essa si basa in particolare sul Patto sociale
del Consiglio d’Europa e sulle convenzioni dell’OIL e stabilisce una
serie di diritti sociali che devono essere garantiti sul mercato del
lavoro europeo. Tra gli anni settanta e ottanta sono state adottate
numerose direttive tese a promuovere la parità e a migliorare le
condizioni di lavoro soprattutto delle donne.
Nel 1992 il Trattato di Maastricht ha ampliato le competenze
comunitarie nel settore della politica sociale. Viene sancito il
principio in forza del quale la Comunità non deve solo favorire un
miglioramento del livello di vita, ma anche assicurare un elevato
livello di protezione sociale. I compiti del Fondo sociale vengono
ampliati ed è stato introdotto un paragrafo interamente nuovo
riguardante l’istruzione e la formazione professionale.
Mentre i primi Trattati europei hanno istituito un complesso di
diritti dei cittadini,fondato essenzialmente sulla libera circolazione
delle persone tra i paesi, il successivo Trattato, il Trattato di
Amsterdam (1997), si è concentrato sui diritti fondamentali,vale
a dire i diritti alla base dei regimi costituzionali nazionali che
riguardano ogni persona. Da queste disposizioni emerge un
sistema di diritti abbastanza completo che mira tra l’altro a
riconoscere e rafforzare il diritto dell’Unione di prendere i
provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate
sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni
personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali.
In materia di parità tra uomini e donne, l’Unione va oltre al
principio di parità retributiva assumendosi il compito di promuovere
in tutte le sue politiche la parità tra i due sessi, al di là delle
regole già sancite dai precedenti trattati europei sul rispetto e
24
SARA GIORLANDO, PAOLA PETRUCCI
la promozione della parità in campo sociale e professionale. In
quest’ ultimo settore, il Trattato prevede la possibilità di concedere
vantaggi specifici, qualora uno dei due sessi sia manifestamente
sfavorito. L’articolo 141 afferma,infatti, che “allo scopo di
assicurare l’effettiva e completa parità fra uomini e donne nella
vita lavorativa, il principio della parità di trattamento non osta a
che uno stato membro mantenga o adotti misure che prevedono
vantaggi specifici diretti a facilitare l’esercizio di una attività
professionale da parte del sesso sotto rappresentato, ovvero
evitare o compensare svantaggi nelle carriere professionali”.
Questa norma è assolutamente centrale perché per la prima volta
legittima la nozione di normative particolari e derogatorie che
possono compensare, prevedere vantaggi specifici, per determinate
condizioni.
Nel 2000 anche la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
Europea (Nizza 2000) afferma che la parità deve essere assicurata
in tutti i campi compresi quelli in materia di occupazione, lavoro,
retribuzione, promuovendo la pratica delle azioni positive che
entrano ufficialmente a far parte dei programmi nazionali e locali,
modificando le relazioni fra i diversi soggetti.
Nella Conferenza internazionale di Pechino, nel 1995, si
comincia a parlare della necessità di un approccio più incisivo alla
questione che si basa su tre elementi: il mainstreaming, le azioni
positive e l’empowerment.
Il primo termine che letteralmente significa “nuotare al centro
della corrente” persegue il seguente scopo: quando si elabora
un qualsiasi tipo di politica, nella sua attuazione si deve tenere
presente la conseguenza che avrà su chi è diretta, si deve
considerare l’impatto sul destinatario, sul gruppo. Ed in particolare
sulle donne, infatti, prima di varare un programma o una legge,
bisogna vedere quale sarà la sua conseguenza, quale sarà la sua
ricaduta sulla donna: si pensi ad un programma di formazione
che non tenga conto della specificità del ruolo della donna o della
25
LE DISCRIMINAZIONI
necessità di conciliare il lavoro con la fa
famiglia.
va
Le azioni positive, concetto di derivazione
statunitense dove il
problema della diversità e della dis
discriminazione razziale è molto
sentito, servono come misure che
h devono compensare gli svantaggi
taag
che si incontrano nella partecipazione
alla vita civile, sociale e
p
politica. L’azione positiva è chiaramente
una norma correttiva
ia
iva che
h
non elimina la disuguaglianzaa ma interviene per correggerla.
ger
L’empowerment, ultimo dei ttre elementi, include la don
donna nei
e
processi decisionali.
Gli obiettivi di Lisbona richiedono
che il tasso
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o di occupazione
z ne
femminile raggiunga il 60%
Per conseguire
% entro il 2010. Pe
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obiettivo è necessario potenziare
la
dimensione
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della strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione.
Il rispetto della legislazione sulla
la parità dii trattamento e
un uso efficace dei Fondi strutturali
ral possono
on contribuire a
incrementare l’occupazione femminile.
nile
26
SARA GIORLANDO, PAOLA PETRUCCI
Gli obiettivi da perseguire e gli strumenti
da utilizzare
• Eliminare la disparità retributiva.
Nonostante gli intenti perseguiti dalla legislazione dell’Unione
Europea sulla parità retributiva, secondo la stessa Commissione le
donne guadagnano il 15% in meno degli uomini. Il persistere di
questo divario retributivo tra lavoratori e lavoratrici è rinvenibile
ancora sia in discriminazioni dirette contro le donne sia in una
serie di ineguaglianze strutturali, quali la segregazione in settori,
professioni e modalità di lavoro, l’accesso all’istruzione e alla
formazione, sistemi di valutazione e di retribuzione discriminanti e
stereotipi sessisti.
• Imprenditorialità femminile.
dell’UE.
Le donne costituiscono in media il 30% degli imprenditori dell
Spesso
Spe
esso esse affrontano maggiori difficoltà rispetto agli
ag uomini
nell’avviare
un’impresa e nell’accedere
ai finanziamenti. E’
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necessario attuare
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reti di imprenditori.
dit i
di
• Parità tra donne e uomini
i i nella
ll protezione sociale e lotta
contro la povertà.
I sistemi di protezione sociale dovrebbero eliminare i disincentivi
che dissuadono le donne e gli uomini dall’entrare o dal rimanere
nel mercato del lavoro, consentendo l’accumulo di diritti
pensionistici individuali. È tuttavia probabile che le donne abbiano
carriere più brevi o interruzioni di carriera e ottengano così meno
diritti degli uomini.
27
LE DISCRIMINAZIONI
Azioni chiave
Promuovere, in collaborazione con gli Stati membri, l’integrazione
della dimensione di genere e l’adozione di provvedimenti specifici
nella programmazione e nell’attuazione dei nuovi fondi strutturali.
Controllare e assicurare risorse adeguate al conseguimento
della parità tra uomini e donne. Promuovere l’imprenditorialità
femminile e un contesto imprenditoriale favorevole alla creazione e
allo sviluppo di imprese guidate da donne, nonché incoraggiare le
iniziative di responsabilità sociale delle imprese in tema di parità tra
uomini e donne.
• Favorire l’equilibrio tra attività professionale e vita
familiare.
Le politiche volte a conciliare lavoro e vita familiare contribuiscono
a creare un’economia flessibile, migliorando nel contempo la vita
sia degli uomini che delle donne.
Si tratta di politiche che dovrebbero aiutare ad entrare e rimanere
nel mercato del lavoro utilizzando l’intero potenziale della forza
lavoro favorendo equamente donne e uomini. Invece, il fatto
che siano in maggior numero le donne a ricorrere a forme di
orario flessibile crea uno squilibrio tra generi che si ripercuote
negativamente sulla posizione delle donne nel luogo di lavoro e
sulla loro indipendenza economica.
• Aumentare i servizi di custodia.
Una risposta al declino demografico europeo è costituita in parte
da un miglior equilibrio tra attività professionale e vita familiare,
mediante strutture di custodia per l’infanzia più economiche e
flessibili e grazie alla prestazione di servizi che rispondano esigenze
di assistenza degli anziani e delle persone disabili. La qualità di
questi servizi va migliorata.
• Migliori politiche di conciliazione tra lavoro e vita familiare
per donne e uomini.
I servizi e le strutture si adattano lentamente al fatto che le sia le
donne che gli uomini lavorano.
28
SARA GIORLANDO, PAOLA PETRUCCI
Pochi uomini optano per il congedo parentale o lavorano a tempo
parziale. Gli uomini andrebbero incoraggiati mediante incentivi
a prendere congedi parentali e ad utilizzare il diritto al congedo
come le donne.
Azioni chiave
Sostenere la realizzazione di servizi di custodia per l’infanzia e lo
sviluppo di altri servizi di assistenza attraverso i fondi strutturali e lo
scambio di pratiche ottimali.
Sostenere la ricerca sulle professioni del settore sanitario e sociale
collaborare con organizzazioni internazionali al fine di una migliore
classificazione di tali professioni.
• Promuovere la pari partecipazione delle donne e degli
uomini nei processi decisionali.
La persistente sottorappresentazione delle donne nel processo
decisionale politico costituisce un deficit democratico.
È necessario incoraggiare la partecipazione delle donne alla vita
politica e all’alta dirigenza dell’amministrazione pubblica a tutti i
livelli. Una partecipazione equilibrata delle donne e degli uomini
al processo decisionale economico contribuisce a creare un
ambiente e una cultura del lavoro più produttivi e innovativi.
La trasparenza nelle procedure di promozione, orari di lavoro
flessibili e la disponibilità di servizi di custodia dei bambini sono
essenziali.
La partecipazione delle donne alla scienza alla tecnologia può
contribuire ad aumentare l’innovazione, la qualità e la competitività
della ricerca scientifica ed industriale.
Azioni chiave
Promuovere l’accesso delle donne alle carriere tecniche e
scientifiche.
Istituire una rete di donne che occupano posizioni di responsabilità
a livello politico ed economico
29
LE DISCRIMINAZIONI
• Eliminare gli stereotipi di genere nella società: in
particolare nell’istruzione, nella formazione e nel mercato
del lavoro.
L’istruzione, la formazione e la cultura continuano a trasmettere
stereotipi di genere. Le donne e gli uomini seguono spesso percorsi
educativi e formativi tradizionali, che portano le donne a posti di
lavoro meno valutati e remunerati.
Nel mercato del lavoro le donne continuano a far fronte alla
segregazione sia orizzontale che verticale rimanendo, spesso,
impiegate in settori ad esse tradizionalmente riservati.
Azioni chiave
Sostenere interventi volti ad eliminare gli stereotipi di genere
nell’istruzione, nella cultura e nel mercato del lavoro attraverso
interventi specifici in materia nel Fondo sociale Europeo e
puntando sulla formazione permanente.
Sostenere campagne di sensibilizzazione su ruoli di genere non
stereotipati presso le scuole e le imprese e sviluppare attraverso
i mezzi di comunicazione la promozione di un’immagine delle
donne e degli uomini non stereotipata.
Oltre ai Trattati numerosi sono gli atti normativi europei che, nel
corso degli anni, si sono susseguiti al fine di regolamentare tutti i
settori in cui devono essere garantite le pari opportunità.
30
SARA GIORLANDO, PAOLA PETRUCCI
Le direttive più importanti
Direttiva n. 75/117: recante disposizioni volte al “Ravvicinamento
delle legislazioni degli Stati membri concernenti l’applicazione
del principio della parità delle retribuzioni tra i lavoratori di sesso
maschile e quelli di sesso femminile”. Nella direttiva viene stabilita
l’eliminazione di qualsiasi discriminazione basata sul sesso in
tutti gli elementi e le condizioni delle retribuzioni(art. 1). Inoltre
stabilisce l’obbligo in capo agli Stati membri di introdurre negli
ordinamenti misure atte a consentire ai lavoratori, che si ritengono
lesi in materia di trattamento economico, di ricorrere in via
giudiziale (art. 2).
Direttiva n. 76/207: recante disposizioni volte all’ “Attuazione
del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne
per quanto riguarda l’accesso al lavoro, alla formazione e alla
promozione professionale e le condizioni di lavoro”. Con questa
direttiva il principio di parità di trattamento viene esteso a tutti
gli aspetti della vita lavorativa e non più solo a quello retributivo.
Vengono prese in considerazione tutte le discriminazioni dirette
(quando - a parità di situazione - una persona è trattata meno
favorevolmente di un’altra a causa della propria origine razziale o
etnica, della religione o della professione di fede, di una invalidità,
dell’età o del proprio orientamento sessuale) ed indirette
(disposizione, criterio o pratica apparentemente neutrali ma che
in realtà discriminano le persone sulla base del loro orientamento
sessuale).
Direttiva n. 79/7: recante disposizioni volte ad una “Graduale
attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini
31
LE DISCRIMINAZIONI
e le donne in materia di sicurezza sociale”. La quale stabilisce
l’eliminazione delle discriminazioni per ciò che concerne i regimi
legali relativi a malattia, invalidità, vecchiaia, infortuni sul lavoro,
malattie professionali e disoccupazione.
Direttiva n. 86/378: Attuazione del principio della parità di
trattamento tra gli uomini e le donne nel settore dei regimi
professionali di sicurezza sociale. Estende i provvedimenti della
direttiva 79/7/CEE, per i medesimi rischi e categorie dì beneficiari,
ai regimi professionali di sicurezza sociale.
Direttiva n. 86/618: Applicazione del principio delle parità fra gli
uomini e le donne che esercitano un’attività autonoma, comprese
quelle nel settore agricolo, nonché tutela della maternità.
Estende il campo di applicazione della legislazione comunitaria
sulle pari opportunità - compreso in agricoltura - a coloro che
esercitano un’attività autonoma, la libera professione, nonché ai
loro congiunti non salariati che partecipino abitualmente all’attività
del lavoratore/lavoratrice. Prevede molte disposizioni specifiche per
le donne lavoratrici autonome in gravidanza e maternità.
Direttiva n. 92/85: Miglioramento della sicurezza e della
salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo
di allattamento. Prevede un congedo di maternità di almeno
14 settimane ininterrotte ripartite prima e/o dopo il parto; il
mantenimento della retribuzione e/o il versamento di una indennità
adeguata durante il periodo di congedo; il divieto di licenziamento
dall’inizio della gravidanza sino al termine del congedo; la
riorganizzazione temporanea delle condizioni e dei tempi di lavoro
o l’esonero da esso se rischioso per la salute della donna.
La direttiva è stata recepita in Italia solo nella parte riguardante la
salute, attraverso il decreto legislativo n. 645 del novembre ‘96:
in esso si individuano ulteriori rischi e fattori di nocività ai quali è
vietato esporre le donne durante il periodo di gravidanza.
32
SARA GIORLANDO, PAOLA PETRUCCI
Direttiva n. 96/34: dei Congedi parentali. È frutto del primo
accordo sindacale europeo tra la Confederazione europea dei
sindacati (Ces), gli imprenditori privati (Unice) e gli imprenditori
pubblici (Ceep). Prevede, tra le altre cose, un congedo parentale di
almeno 3 mesi per figli sino a 8 anni di età. Il congedo è un diritto
individuale del genitore (sia madre che padre) e quindi, in via di
principio, non trasferibile.
Direttiva n. 97/80: Onere della prova nei casi di discriminazione
basata sul sesso. Il 15 Dicembre ‘97 è stata approvata questa
direttiva che mira a garantire un’accresciuta efficacia dei
provvedimenti adottati dagli Stati membri in applicazione
del principio della parità di trattamento, diretti a consentire a
chiunque si ritenga leso dalla inosservanza nei suoi confronti di
tale principio di ottenere il riconoscimento dei propri diritti per via
giudiziaria, dopo l’eventuale ricorso ad altri organi competenti.
Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari affinché
spetti alla parte convenuta provare l’insussistenza della violazione
del principio di parità di trattamento ove chi si ritiene leso abbia
prodotto, dinanzi ad un organo competente elementi di fatto.
La direttiva fissa le norme minime in tema di onere della prova ,
derogabili in melius fra i singoli Stati membri.
Direttiva n. 2002/73: Modifica alla direttiva 76/207/CEE del
Consiglio relativa alla realizzazione del principio dell’uguaglianza
del trattamento tra i sessi nell’accesso al lavoro, alla formazione
ed alla promozione professionale e le condizioni di lavoro. Da
tale direttiva nasce il decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 145
(in G.U. n. 173 del 27 luglio 2005) - Attuazione della direttiva
2002/73/CE in materia di parità di trattamento tra gli uomini e le
donne, per quanto riguarda l’accesso al lavoro, alla formazione e
alla promozione professionale e le condizioni di lavoro. La direttiva
al punto n . 8 ha introdotto un concetto innovativo in materia
di molestie definendole come vere forme di discriminazione che
33
LE DISCRIMINAZIONI
si producono non solo sul posto di lavoro ma anche nell’ambito
dell’accesso all’impiego e alla formazione professionale.
Direttiva 2004/113/CE del Consiglio, del 13 dicembre 2004,
che applica il principio della parità di trattamento tra donne e
uomini nell’accesso ai beni e servizi e nella fornitura di beni e
servizi. La presente direttiva stabilisce un quadro per lottare contro
la discriminazione basata sul sesso nell’accesso ai beni e ai servizi
e nella fornitura di beni e servizi, in particolare nel settore delle
assicurazioni, al fine di rendere effettivo il principio di parità di
trattamento tra donne e uomini negli Stati membri.
Direttiva 2006/54/CE: Contenente le disposizioni per attuare il
principio della parità di trattamento attraverso una normativa che
regolamenta l’accesso al lavoro, alla promozione e alla formazione
professionale e che disciplina, inoltre, le condizioni di lavoro, la
retribuzione e i regimi professionali di sicurezza sociale. Si tratta di
un provvedimento ad ampio raggio perché non si limita a misure di
carattere normativo per un’attuazione della parità di trattamento
ma, attraverso gli Stati membri coinvolge tutte le forze interessate
a livello pubblico e privato, dai lavoratori alle parti sociali, dai datori
di lavoro ai responsabili della formazione professionale, affinché
siano combattute tutte le forme di discriminazione fondate sul
sesso dal punto di vista dell’occupazione e dell’impiego, adottando
altresì misure preventive contro le molestie e le molestie sessuali
sul posto di lavoro e nell’accesso al lavoro, alla formazione
professionale e alla promozione professionale, a norma del
diritto e della prassi nazionali. Per una migliore realizzazione degli
obiettivi, gli Stati membri dovrebbero prevedere sanzioni efficaci,
proporzionate e dissuasive in caso di mancata ottemperanza
agli obblighi indicati, l’esistenza di procedure giudiziarie o
amministrative adeguate, infatti, è ritenuta essenziale per l’effettiva
attuazione del principio della parità di trattamento.
34
SARA GIORLANDO, PAOLA PETRUCCI
Alcune Raccomandazioni
-Raccomandazione 84/635/CEE: sulle azioni positive. Prevede
la promozione di interventi ad hoc a favore delle donne, per
superare tutte le forme di discriminazione in campo lavorativo e
realizzare un’uguaglianza di opportunità. La ‘filosofia” di questa
raccomandazione è stata recepita in Italia dalla legge 125/91 sulle
azioni positive.
-Raccomandazione 92/131/CEE: Raccomandazione della
Commissione sulle molestie sessuali sul lavoro, alle quali
è stato affiancato un codice di buona condotta. Il testo della
raccomandazione, che non ha valore vincolante, sollecita i
Quindici ad adottare provvedimenti volti ad eliminare gli atti
di umiliazione e di intimidazione sessuale che bersagliano gli
individui più bisognosi e quindi più “ricattabili”, come le donne
divorziate o separate, le giovani al primo impiego o con contratti
precari, ma anche le categorie più indifese quali handicappati,
omosessuali e minoranze etniche. Il codice, invece, fornisce ad
imprenditori, sindacati e lavoratori gli orientamenti per prevenire
le molestie sessuali e garantire l’attuazione rapida di procedure,
prima informali poi legali, per risolvere il problema ed evitarne la
ripetizione.
-Raccomandazione 92/241/CEE: del Consiglio sulla custodia
dei bambini. Il testo invita i governi nazionali ad approntare una
serie di misure volte a creare strutture economicamente accessibili
e di buona qualità per la custodia infantile, aumentare i congedi
parentali nonché dividere più equamente all’interno di una
35
LE DISCRIMINAZIONI
coppia di genitori le responsabilità familiari che derivano dalla
custodia e dall’educazione dei figli.
-1994: Memorandum della Commissione sulla parità di
retribuzione per lavori di uguale valore. È volto a potenziare la
politica esistente in materia di pari opportunità tra donne e
uomini. Il testo, oltre a chiarire il significato dei concetti di lavoro
di pari valore, di classificazione e valutazione professionale, di
discriminazione e remunerazione, presenta alcune misure destinate
alla realizzazione concreta dell’equa retribuzione.
36
SARA GIORLANDO, PAOLA PETRUCCI
Alcune Risoluzioni
-1994: Risoluzione del Consiglio sulle pari opportunità
nell’ambito dei Fondi Strutturali. Il Consiglio invita gli Stati
membri a far sì che la promozione del principio di pari opportunità
tra uomini e donne sul mercato del lavoro sia debitamente
considerato nelle azioni cofinanziate dal Fondo sociale europeo,
in particolar modo in quelle mirate a migliorare la posizione delle
donne sul mercato del lavoro e a facilitarne l’inserimento nei
settori di attività economica.
-1994: Risoluzione del Consiglio sulle pari opportunità
nella strategia di crescita economica. Con questa risoluzione
il Consiglio ribadisce l’importanza di realizzare gli obiettivi che
possono facilitare e migliorare la partecipazione delle donne alla
strategia di crescita economica volta all’aumento dell’occupazione
in seno all’Unione. In particolare, il Consiglio invita la Commissione
a tenere conto di tutti questi obiettivi nel corso dell’elaborazione
del Quarto programma d’azione per le pari opportunità.
-1996: Comunicazione della Commissione relativa
all’applicazione del principio di mainstreaming.
-1996: Codice di condotta per l’applicazione della parità
retributiva tra uomini e donne per lavori di pari valore.
Partendo dalle motivazioni che determinano il permanere di
differenziali retributivi tra uomini e donne, il codice si rivolge in
particolare a imprese e partners sociali. Il testo propone alle parti
l’adozione, su base volontaria, di interventi di monitoraggio delle
37
LE DISCRIMINAZIONI
retribuzioni per identificare le cause delle discriminazioni salariali e
piani di azione per rimuoverle.
-1997: Relazione della Commissione del 22/05/97 sulla
situazione della salute delle donne nella Comunità europea
e risoluzione del Consiglio del 04/12/97 sulla relazione. La
Relazione della Commissione, che fornisce una serie di dati, si
pone l’obiettivo di evidenziare la necessità di analisi e interventi
sulla salute delle donne nelle varie fasi della vita; la risoluzione del
Consiglio ha l’obiettivo dì migliorare i sistemi di rilevazione dei dati
per consentire un’azione comunitaria maggiormente incisiva.
-2000: Risoluzione del Consiglio e dei Ministri incaricati
dell’occupazione e della politica sociale: Tale risoluzione
ribadisce due obiettivi importanti per la parità tra uomini e donne:
1) la partecipazione equilibrata degli uomini e delle donne
all’attività professionale e alla vita familiare;
2) l’equilibrata partecipazione di donne e uomini al processo
decisionale.
-2001: Risoluzione del Parlamento Europeo “Mobbing
sul posto di lavoro”. Il Parlamento Europeo ritenendo che il
mobbing costituisca un grave problema nel contesto della vita
professionale, indica agli Stati membri l’opportunità di prestare
maggiore attenzione e rafforzare le misure per farvi fronte, inclusa
la ricerca di nuovi strumenti per contrastare il fenomeno. Viene
richiamata, inoltre, l’attenzione sul fatto che le donne sono più
frequentemente vittime che non gli uomini di questo fenomeno.
38
SARA GIORLANDO, PAOLA PETRUCCI
La Consigliera di Parità: ruolo e funzioni
Le Consigliere di Parità sono nominate con Decreto del Ministero
del Lavoro,della Salute e delle Politiche Sociali, di concerto col
Ministro per le Pari Opportunità e sono designate dalle Regioni e
dalle Province.
Vengono scelte in base alla loro specifica competenza ed
esperienza in materia di lavoro femminile, di normative sulla
parità e di mercato del lavoro.
Sono presenti a livello nazionale, regionale e provinciale dove per
ciascuna Consigliera è nominata una supplente.
La loro attività si svolge in stretta collaborazione con gli
Assessorati, le Commissioni e con le amministrazioni regionali o
provinciali che forniscono la sede, le strutture e il personale per
l’espletamento dei compiti per cui sono adibite.
La storia della legislazione femminile potrebbe essere divisa in tre
grandi periodi, in cui prevalgono ora il principio della tutela, ora
quello della parità e da ultimo il principio delle pari opportunità
collegato alla realizzazione di pari condizioni di partenza tra
uomini e donne.
L’attuazione del principio delle pari opportunità ha richiesto la
presenza di una figura capace di promuovere le attività volte alla
realizzazione di tale principio e di vigilare sul rispetto del principio
di non discriminazione tra uomini e donne, soprattutto nel lavoro.
La Consigliera di Parità è stata istituita con la Legge n. 863/84
prevedendo, per la prima volta, una figura specifica con la
funzione di provvedere all’applicazione della Legge 903/77 sulla
parità tra uomini e donne nel lavoro pubblico e privato.
Poiché occorreva definire nei dettagli tale figura è intervenuta
39
LE DISCRIMINAZIONI
successivamente la Legge 125/91 recante “Azioni positive per
la realizzazione della parità uomo-donna nel lavoro” volta a
tradurre concretamente il concetto di azione positiva. Tale legge
individua i due obiettivi fondamentali per l’attuazione delle pari
opportunità:
• favorire l’occupazione femminile;
• realizzare l’eguaglianza sostanziale tra uomini e donne sul
lavoro, anche mediante l’adozione di misure denominate azioni
positive, finalizzate alla rimozione degli ostacoli che di fatto
impediscono le pari opportunità.
Infine il D.Lgs. 23.05.2000, n. 196 “Disciplina dell’attività
delle Consigliere e dei Consiglieri di parità e disposizioni
in materia di azioni positive, che ha potenziato, fornendole
maggiori poteri, il ruolo della Consigliera di Parità.
Tale intervento normativo costituisce il passo successivo verso
la concretizzazione dei principi di parità: completa la legge
125/91 sul piano normativo e rafforza il ruolo della Consigliera
conferendole numerosi compiti ma anche risorse necessarie
per garantire l’espletamento delle attività,rendendola, così, più
incisiva nei compiti e nelle funzioni assegnatele dalla legge.
Le Consigliere di Parità – Pubblici Ufficiali nello svolgimento delle
loro funzioni-operano secondo le seguenti tre linee di guida:
• monitorare l’applicazione delle leggi in materia di pari
opportunità – specialmente nel campo del lavoro – per misurare
le situazioni di squilibrio e di discriminazione
• promuovere le pari opportunità – specialmente nel campo
del lavoro – in coerenza con le linee di sviluppo territoriali e di
concerto con gli altri Enti preposti anche mediante l’attivazione
di progetti specifici;
• verificare l’attuazione dei piani di pari opportunità - nel
campo del lavoro – a carico egli Enti Pubblici e Privati anche
intervenendo contro situazioni discriminanti.
40
SARA GIORLANDO, PAOLA PETRUCCI
41
LE DISCRIMINAZIONI
La Consigliera di Parità può quindi:
• intraprendere iniziative per far rispettare il principio di non
discriminazione;
• promuovere i progetti di azioni positive;
• collaborare con le direzioni provinciali del lavoro;
• verificare i risultati delle azioni positive intraprese;
• elaborare e presentare ai rispettivi organismi di riferimento un
rapporto annuale sulla situazione delle pari opportunità.
La Consigliera di Parità della nostra Provincia
Con delibera n. 26 del 20 marzo 2001, la Provincia di Ascoli Piceno
ha provveduto, secondo i termini e le modalità fissati dalla legge,
a designare – a seguito di bando pubblico - la Consigliera di Parità
effettivo e la Consigliera di Parità supplente ed a comunicarne i
nominativi al Ministero per la nomina.
Con Decreto del 18 luglio 2001 il Ministero del Lavoro e delle
Politiche Sociali, di concerto con il Ministro per le Pari Opportunità,
ha nominato la Consigliera di Parità effettiva ed la Consigliera di
Parità supplente per la Provincia di Ascoli Piceno.
La Consigliera di Parità svolge una capillare attività di informazione
e di sensibilizzazione per sostenere politiche concrete di pari
opportunità all’interno delle aziende, della Provincia di competenza
e nei confronti dei lavoratori e delle lavoratrici.
La sua attività è specificamente orientata al mondo del lavoro con
una duplice funzione promozionale e di tutela antidiscriminatoria.
Nelle situazioni di squilibrio di genere sui luoghi di lavoro individua
le procedure efficaci contro le eventuali forme di discriminazione
riscontrate e, se ricorrono i presupposti, promuove e sostiene azioni
in giudizio.
SE RISCONTRI DI ESSERE VITTIMA DI DISCRIMINAZIONI DI GENERE O DI
MOLESTIE, SE INTENDI PROMUOVERE ATTIVITÀ O AZIONI CHE SIANO UTILI
A RIMUOVERE SITUAZIONI DI DISPARITÀ TRA UOMINI E DONNE, PRESENTI
NEL TERRITORIO, PUOI CONTATTARE LA CONSIGLIERA DI PARITÀ E IL SUO
UFFICIO.
42
SARA GIORLANDO, PAOLA PETRUCCI
I diritti dei genitori lavoratori
Qui di seguito sono elencate le principali opportunità di cui
mamme e papà lavoratori possono usufruire prima e dopo la
nascita di un/una bimbo/a e fino all’ottavo anno di età, al fine
di valutare, serenamente, come poter conciliare la vita familiare
con quella lavorativa attraverso gli strumenti previsti dalla Legge
53/2000.
IL CONGEDO DI MATERNITÀ
Tale istituto, poiché incide nel periodo della gravidanza e nei
primi mesi di vita del bambino, resta di esclusiva della donna
lavoratrice, il padre può utilizzare tale congedo nel caso di decesso
o grave infermità e di abbandono da parte della madre e di
affidamento esclusivo al padre. Si tratta di un periodo di tempo
che generalmente va dai due mesi prima della nascita e tre mesi
successivi oppure un mese prima della nascita e quattro dopo, cd
maternità flessibile.
Ricordiamo che la flessibilità viene concessa a condizione che il
medico specialista del Servizio Sanitario Nazionale (o con esso
convenzionato)ed il medico competente ai fini della prevenzione
e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che ciò non può
recare alcun danno alla salute della madre o del bambino.
Nel caso in cui il bambino nasca morto, o deceda
successivamente al parto, la lavoratrice ha comunque diritto alle
prestazioni economiche per i tre mesi successivi al parto.
Se il/la bambino/a è nato/a prematuro/a, rispetto alla data
prevista, è possibile rimanere in congedo anche nei giorni non
utilizzati prima del parto.
43
LE DISCRIMINAZIONI
La prestazione economica è erogata dall’Inps(per le lavoratrici
dipendenti è anticipata dal datore di lavoro) ed è pari al’ 80%della
retribuzione, i contratti collettivi nazionali di lavoro, in genere,
garantiscono l’intera retribuzione , impegnando il datore di lavoro
a pagare la differenza. L’indennità viene corrisposta alle lavoratrici
per il periodo del congedo per maternità o anche per interruzione
della gravidanza dopo il 180°giorno dall’inizio della gestazione.
Il periodo di assenza conta come anzianità di servizio,anche ai
fini della tredicesima e delle ferie. I contributi previdenziali sono
garantiti al 100%.
TI CONSIGLIAMO, PER AVERE UNA MAGGIORE CONSAPEVOLEZZA
DEI TUOI DIRITTI, DI LEGGERE SEMPRE IL CONTRATTO COLLETTIVO DI
LAVORO APPLICATO DALLA TUA AZIENDA.
L’indennità di maternità spetta alle lavoratrici subordinate, alle
lavoratrici autonome, alle lavoratrici parasubordinate e, in alcuni
casi, alle madri disoccupate.
Se sei una lavoratrice subordinata
Per quanto concerne le lavoratrici subordinate i requisiti
essenziali richiesti per l’indennità sono i seguenti:
> uno stato di gravidanza accertato, seguito dal parto;
> un rapporto di lavoro subordinato in corso con diritto alla
retribuzione.
All'interno di questa categoria ci sono delle lavoratrici subordinate
per le quali sono richiesti dei requisiti particolari. Vediamo quali:
> lavoratrici agricole: è richiesta l’iscrizione per almeno 51
giornate negli elenchi nominativi dell’anno precedente la data
di inizio del congedo obbligatorio di maternità;
> lavoratrici a domicilio:se sei una lavoratrice a domicilio sei
tenuta a consegnare all’inizio del congedo tutte le merci al
tuo committente e anche il lavoro non ultimato. Nel caso in
cui la riconsegna avviene dopo l’inizio del periodo di congedo,
44
SARA GIORLANDO, PAOLA PETRUCCI
l’indennità di maternità spetta a partire dal giorno successivo
alla riconsegna della merce e del lavoro.
> Lavoratrici domestiche (colf e badanti):devi avere almeno
52 contributi settimanali nei due anni precedenti l’inizio
del congedo oppure 26 contributi settimanali nei 12 mesi
precedenti il congedo.
> Se sei in mobilità all’inizio dell’astensione obbligatoria o
durante il periodo di interdizione dal lavoro l’indennità di
mobilità viene sostituita da quella di maternità. Non si darà
luogo ad un prolungamento del trattamento economico di
mobilità al termine dei periodi stabiliti dalla legge.
Non sarà computato il periodo di astensione obbligatoria ai fini
della permanenza nelle liste di mobilità cioè la sola iscrizione nelle
liste slitterà dei mesi relativi all’astensione obbligatoria.
Non si procede alla cancellazione dalla lista se, durante il
congedo, si rifiuta un’offerta di lavoro o di avviamento a corsi di
formazione.
Se il tuo rapporto di lavoro è cessato hai diritto all’indennità
a condizione che tra la data di cessazione del rapporto di lavoro
e l’inizio del periodo di congedo di maternità non siano trascorsi
più di 60 giorni. In caso contrario hai diritto all’indennità solo nei
seguenti casi:
> se all’inizio del periodo di congedo di maternità hai diritto
all’indennità di disoccupazione ;
> se hai lavorato alle dipendenze di datori di lavoro non soggetti
all’obbligo dell’assicurazione contro la disoccupazione a
condizione che, al momento dell’astensione obbligatoria dal
lavoro, non siano trascorsi più di 180 giorni dalla cessazione
del rapporto, inoltre nel biennio precedente tale periodo
devono risultare versati almeno 26 contributi settimanali ai
fini dell’assicurazione di maternità(è il caso ad esempio delle
apprendiste).
45
LE DISCRIMINAZIONI
Se sei disoccupata, il trattamento economico di maternità
spetta alla lavoratrice anche se il congedo di maternità ha inizio
dopo 60 giorni la cessazione del rapporto di lavoro purché
all’inizio del congedo risulti disoccupata e titolare dell’indennità
di disoccupazione: in tal caso hai diritto all’indennità di maternità
anziché quella di disoccupazione.
Questa previsione è stata estesa anche per chi beneficia
dell’indennità disoccupazione con requisiti ridotti.
Se sei una lavoratrice autonoma (artigiana, commerciante,
coltivatrice diretta), hai diritto al congedo di maternità ma la
misura dell’indennità cambia a seconda della tipologia di lavoro
autonomo. Non hai l’obbligo di astensione dal lavoro per fruire
dell’indennità.
Se sei una libera professionista, iscritta ad una delle varie casse
previdenziali hai diritto all’indennità di maternità per il periodo
corrispondente ai due mesi precedenti il parto e ai tre mesi
successivi.
La misura dell’indennità è pari al’80% di 5/12 del reddito percepito
e denunciato dalla professionista nel secondo anno precedente il
parto. L’importo mensile del trattamento non può, in ogni caso,
essere inferiore a 5 mensilità di retribuzione calcolata nella misura
pari all’80% del salario minimo giornaliero degli impiegati del
commercio.
Occorre sottolineare che la categoria delle libere professioniste non
è stata coinvolta dalle novità introdotte dalla legge in materia di
congedi, poiché si tratta di una norma destinata prevalentemente
ai lavoratori dipendenti.
> Se sei una lavoratrice madre (lavoratrici o ex-lavoratrici che
hanno almeno 3 mesi di contributi nel periodo compreso tra i nove
e i diciotto mesi prima del parto, e madri che hanno lavorato per
46
SARA GIORLANDO, PAOLA PETRUCCI
almeno 3 mesi negli ultimi 9 mesi), ma non hai raggiunto i requisiti
per l’indennità di maternità o quest’ultima risulta di importo
inferiore all’assegno hai diritto all’assegno di maternità statale.
> Se non lavori o hai un reddito basso, hai diritto all’assegno
di maternità comunale, il diritto all’assegno è subordinato a limiti
di reddito, alla numerosità della famiglia e ad altre specifiche
condizioni, considerate attraverso dei parametri, l’Indicatore
della Situazione Economica (Ise), e l’Indicatore della Situazione
Economica Equivalente (Isee).
Entrambe le prestazioni, non cumulabili tra loro, vanno richieste
entro i 6 mesi dalla nascita del figlio o dall’ingresso in famiglia in
caso di adozione o affidamento.
In entrambi i casi sia per l’assegno di maternità dello Stato sia per
quello dei Comuni è l’Inps che paga.
Gli assegni sono erogati alle madri, italiane o straniere
regolarmente soggiornanti in Italia, per tutti i bambini residenti
in Italia e nati, adottati o presi in affidamento nell’anno in corso.
Se, per qualche motivo, la madre non è presente nella famiglia
(abbandono del figlio, separazione, ecc.), l’assegno spetta al padre.
Se non hai il permesso di soggiorno,devi sapere che, nel
rispetto della privacy, hai diritto di usufruire gratuitamente delle
cure mediche e ospedaliere urgenti e anche continuative durante il
periodo di gravidanza ed al momento del parto presso gli ospedali
del Servizio Sanitario Nazionale(puoi rivolgerti all’Asl, ai Servizi
sociali del Comune o al consultorio familiare).
Non partorire da sola, il nostro ordinamento tutela sempre
e comunque la maternità, anche se sei irregolare non puoi
essere espulsa durante lo stato di gravidanza e per i 6 mesi
successivi alla nascita del/della tuo/tua bambino/a. Hai diritto
al rilascio di un permesso di soggiorno per motivi di gravidanza.
Ugualmente non potrà essere espulso per lo stesso periodo tuo
marito se convivente. Potrai richiedere il permesso di soggiorno
47
LE DISCRIMINAZIONI
presentando, all’atto della richiesta, un certificato medico nel quale
sia attestato lo stato di gravidanza e la data presumibile del parto.
IL CONGEDO PARENTALE
Nei primi otto anni di vita del bambino il padre e la madre,
lavoratori dipendenti, hanno diritto ad assentarsi dal lavoro anche
contemporaneamente, ma per un periodo complessivo non
superiore agli 11 mesi.
Nel caso i cui tu sia l’unico genitore, hai diritto ad usufruire
di un periodo di congedo continuativo e frazionato per la
durata massima di 10 mesi. Ricordati che devi preavvisare il
datore di lavoro almeno 15 giorni prima della data in cui vuoi
iniziare l’astensione. Per quanto riguarda l’indennità hai diritto
al 30% della retribuzione fino ai 3 anni del/della bambino/a.
Successivamente non percepirai nessuna retribuzione a meno
che il tuo reddito sia inferiore a 2,5 volte il trattamento minimo di
pensione.
Se sei una lavoratrice autonoma, e mamma di un bambino nato
a decorrere dal 2000 hai diritto al congedo parentale comprensivo
di trattamento economico limitatamente a tre mesi ed entro il
primo anno di vita del/della bambino/a con l’obbligo di astensione
dal lavoro.
Se i bambini sono due o più di due hai diritto ad usufruire dei mesi
di congedo previsti per ciascun/a figlio/a.
I RIPOSI GIORNALIERI
Durante il primo anno di vita del/della bambino/a hai la possibilità
di avvalerti dei riposi giornalieri.
Se hai un orario superiore a 6 ore puoi disporre di due riposi
anche cumulabili nella giornata. Un’ora per ogni riposo.
Se hai un orario inferiore alle 6 ore puoi disporre di un solo
riposo. Nel caso in cui tu usufruisca di Asilo nido o di struttura
idonea istituita dall’azienda nell’unità produttiva o nelle immediate
48
SARA GIORLANDO, PAOLA PETRUCCI
vicinanze il periodo di riposo ha la durata di mezz’ora.
Nel caso di parto plurimo i riposi raddoppiano e le ore aggiuntive
possono essere utilizzate dal papà.
Nel caso di adozione o di affidamento puoi utilizzare le
medesime regole entro il primo anno dall’ingresso dal bambino
nella famiglia.
Dal punto di vista retributivo i riposi corrispondono a tutti gli effetti
alla durata e retribuzione del lavoro. Per quanto riguarda gli aspetti
previdenziali i riposi sono coperti da contribuzione figurativa.
CONGEDI E PERMESSI PER LA MALATTIA DI TUA FIGLIA
O DI TUO FIGLIO
Se tuo figlio/a si ammala i congedi sono un tuo diritto, in
alternativa al papà fino al’8° anno di età del/della bambino/a.
Il congedo spetta al genitore richiedente anche qualora l’altro
genitore non ne abbia diritto.
Fino a tre anni: Puoi assentarti dal lavoro in qualsiasi momento,
senza vincoli di tempo e fino alla completa guarigione, per periodi
corrispondenti alla malattie di ciascun/a figlio/a.
Nel caso di adozione e affidamento il limite di età è elevato a sei
anni.
Dai tre agli otto anni: Puoi assentarti dal lavoro per un massimo
di 5 giorni lavorativi all’anno per ogni figlio/a(anche per le adozioni
e gli affidamenti).
Nel caso in cui, alla data dell’adozione o dell’affidamento, il minore
abbia un’età compresa tra i 6 e 12 anni, il congedo per la malattia
del bambino è fruito nei primi tre anni dall’ingresso del minore nel
nucleo familiare.
Ricorda di presentare il certificato medico di malattia da un
medico specialista del Servizio Sanitario Nazionale o con esso
convenzionato. Nel caso in cui avvenga un ricovero ospedaliero
nel periodo delle ferie queste possono essere sospese per l’intera
durata del ricovero. Dal punto di vista retributivo non è prevista
49
LE DISCRIMINAZIONI
alcuna indennità. I congedi sono utili,invece, per il calcolo
dell’anzianità, ma non delle ferie e delle mensilità aggiuntive. Per
quanto riguarda il trattamento previdenziale i periodi di congedo
entro i tre anni di vita del bambino prevedono la contribuzione
figurativa, tra i tre e gli otto anni la contribuzione figurativa è
ridotta.
FIGLIO/A CON GRAVE HANDICAP
Nel caso in cui tuo/tua figlio/a sia portatore di handicap grave,
secondo i criteri stabiliti dalla legge n. 104/92, i permessi e i riposi
previsti da questa legge possono essere cumulati con il congedo
parentale e con il congedo per malattia.
Fino ai 3 anni di età: estensione del congedo parentale ad un
massimo di tre anni, sempre che il/la bambino/a non sia ricoverato
in istituiti specializzati a tempo pieno;diritto a due ore di riposo
giornaliero.
Dai 3 ai 18 anni di età: tre giorni di permesso mensile, anche
continuativi.
Oltre i 18 anni di età: tre giorni di permesso mensile anche
continuativi a patto che il/la figlio/a sia convivente o che lo assisti in
modo continuativo e d esclusivo.
Dal punto di vista retributivo nel caso di prolungamento del
periodo di congedo parentale l’indennità corrisponde al 30% della
retribuzione.
Per quanto riguarda, invece, i riposi giornalieri e di permessi mensili
la retribuzione è completa. Sul piano previdenziale la contribuzione
è figurativa in entrambe le situazioni.
I DIRITTI DEL PAPÀ: IL CONGEDO DI PATERNITÀ, I CONGEDI
PARENTALI, PERMESSI
Se sei un papà lavoratore e sei l’unico genitore oppure la
mamma è gravemente malata, hai diritto ad assentarti dal
lavoro per un periodo che si chiama congedo di paternità
50
SARA GIORLANDO, PAOLA PETRUCCI
e che dura per tutto il tempo che sarebbe spettato alla
mamma(complessivamente 5 mesi).Dovrai solo presentare al tuo
datore di lavoro la certificazione che attesti la morte, l’abbandono,
la grave infermità della mamma o l’affidamento esclusivo. Il
trattamento economico e previdenziale è lo stesso previsto per il
congedo di maternità.
Se sei in mobilità, il congedo non si calcola nel periodo di
permanenza nelle liste, mentre l’indennità di mobilità ti continuerà
ad essere pagata sempre per il periodo massimo previsto. Non vieni
cancellato dalla lista se, durante il congedo, rifiuti un’offerta di
lavoro o di avviamento a corsi di formazione.
Nel caso di adozione o di affidamento, potai chiedere il
congedo per paternità per i primi tre mesi successivi all’effettivo
ingresso in famiglia nel caso in cui il/la bambino/a:
- non abbia più di sei anni, a meno che non provenga da un paese
straniero;
- non abbia già chiesto il congedo la madre;
- la mamma non ci sia o sia gravemente malata.
Il congedo parentale per i papà
La novità introdotta dalla legge 53 del 2000 è stata proprio quella
di riconoscere anche ai papà, lavoratori dipendenti, la possibilità
di assentarsi dal lavoro in alternativa o contemporaneamente alla
donna, rimarcando il diritto alla genitorialità. Valgono le stesse
regole previste per la donna in tema di congedo parentale.
Sembra opportuno soffermarsi sulle varie possibilità di utilizzo del
congedo previste dalla legge.
I relativi congedi parentali dei genitori non possono
complessivamente eccedere il limite di 11 mesi. Nell’ambito del
predetto limite il diritto ad astenersi dal lavoro compete:
1) alla mamma lavoratrice trascorso il periodo di congedo di
maternità per un periodo continuativo o frazionato non
superiore a 6 mesi;
51
LE DISCRIMINAZIONI
2) al papà lavoratore, dalla nascita del/della figlio/a, per un periodo
continuativo o frazionato non superiore a 6 mesi;
3) qualora vi sia un solo genitore, per un periodo continuativo o
frazionato non superiore a 10 mesi.
Qualora il papà lavoratore eserciti il diritto di astenersi
dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non
inferiore ai 3 mesi, il limite complessivo dei congedi parentali
dei genitori è elevato ad 11 mesi, anziché 10.
Riposi giornalieri
Spettano in primo luogo alla mamma, il papà può utilizzarli
quando:
- i figli siano affidati solo al papà;
- la mamma lavoratrice dipendente non li utilizzi;
- la mamma non sia lavoratrice dipendente;
- la mamma sia la lavoratrice autonoma o libera professionista;
- vi sia il decesso o una grave malattia del mamma.
In caso di parto plurigemellare i permessi raddoppiano e
la quota eccedente può essere utilizzata anche dal padre,
contemporaneamente alla mamma.
Congedi e permessi per la malattia di tuo figlio
Valgono le stesse regole previste per la mamma. Infatti se tuo/
tua figlio/a si ammala i congedi sono anche un tuo diritto, in
alternativa alla mamma.
LE NOVITÀ DELLA FINANZIARIA PER IL 2007
IN FAVORE DELLA TUTELA DELLA GENITORIALITÀ
La legge 27 Dicembre 2006 n. 296(Finanziaria per il 2007)ha
disposto l’estensione di una serie di tutele già previste per i
lavoratori subordinati in favore degli iscritti alla gestione separata
di cui all’art. 2, comma 26, della Legge 8 agosto 1995 n. 335 ed in
particolare dei c. d. parasubordinati. È stato emanato il Decreto 12
52
SARA GIORLANDO, PAOLA PETRUCCI
Luglio 2007 il quale disciplina l’applicazione delle disposizioni di
cui agli articoli 17 e 22 del Dlgs 151 del 2001 a tutela e a sostegno
della maternità delle lavoratrici a progetto e categorie assimilate,
nonché delle associate in partecipazione iscritte nella medesima
gestione separata INPS. Vediamo le novità più importanti:
1) è stato esteso ai committenti e agli associanti in partecipazione il
divieto di adibire le donne al lavoro:
- durante i due mesi precedenti la data presunta del parto, salvo
in caso di particolari condizioni che consentono la flessibilità
del congedo (un mese prima e quattro dopo il parto);
1) - per il periodo intercorrente tra la data presunta e la data
effettiva del parto;
1) - durante i tre mesi dopo il parto
1) - durante gli ulteriori giorni non goduti prima del parto, qualora
il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta.
Questi giorni sono aggiunti al periodo di congedo di maternità
dopo il parto.
2) A questi periodi obbligatori può aggiungersi l’astensione
anticipata dal lavoro in tutti i casi in cui l’attività lavorativa
può rivelarsi pregiudizievole per la gravidanza. La possibilità
di chiedere l’interdizione anticipata dal lavoro vale anche per
le libere professioniste iscritte alla stessa gestione separata
che potranno fruire della indennità di maternità solo se auto
certificheranno di essersi effettivamente astenute dal lavoro.
3) Per le collaboratrici a progetto la maternità comporterà anche
il diritto alla proroga di 180 giorni del contratto di lavoro.
L’indennità di maternità alla quale avranno diritto le lavoratrici è
dovuta solo a patto che risultino accreditate almeno tre mensilità
di contribuzione nei 12 mesi precedenti.
LE NOVITÀ DELLA FINANZIARIA PER IL 2008
IN MATERIA DI ADOZIONI E AFFIDAMENTI
Allo scopo di equiparare il trattamento dei genitori adottivi e
53
LE DISCRIMINAZIONI
affidatari a quello dei genitori naturali in materia di congedi di
maternità, paternità e parentali la nuova finanziaria ha apportato
delle importanti novità. Vediamo quali. Fino ad ora era possibile
avere il congedo di maternità retribuito solo per tre mesi e solo
dopo l’avvenuta adozione. Con la nuova normativa è possibile
fruire del congedo per cinque mesi, a prescindere dall’età del
minore adottato, e per tre mesi nel caso di affido. I congedi
possono essere utilizzati anche prima dell’ingresso del bambino in
Italia, nel caso di adozioni internazionali, quando la coppia si reca
all’estero per incontrare il minore per perfezionare le procedure
adottive. Altra novità riguarda l’età del/della bambino/a per la
fruizione dei congedi parentali:è stato abolito il limite di età di
12 anni. Le nuove disposizioni si applicano per tutti i casi (adozione
nazionale, internazionale e affido)per i minori adottati dal 1
Gennaio 2008 e per quelli adottati nel 2007 per i quali, però, non
siano decorsi i cinque mesi dall’inizio dell’adozione o dell’affido.
Per quanto riguarda il congedo parentale la novità è che i
genitori adottivi e affidatari, analogamente ai genitori biologici,
possono fruire del congedo parentale entro i primi otto anni
dall’ingresso del minore in famiglia indipendentemente dall’età
del minore e, comunque, non oltre il compimento della maggiore
età. Al padre lavoratore spetta il congedo di paternità, alle
stesse condizioni per la madre, per tutta la durata del congedo di
maternità o per la parte residua in alternativa alla madre lavoratrice
che vi rinuncia anche solo parzialmente. Il padre lavoratore potrà
usufruire dei congedi anche in caso di decesso o infermità della
madre o nei casi di abbandono o affidamento esclusivo.
IL DIRITTO AL MANTENIMENTO DEL POSTO DI LAVORO
Al tuo rientro dal congedo per maternità hai diritto a conservare
il tuo posto di lavoro e hai diritto di restarvi fino al compimento
di un anno di età del/della bambino/a. Dovrai essere adibita alle
stesse mansioni che svolgevi prima del congedo oppure ad altre
54
SARA GIORLANDO, PAOLA PETRUCCI
mansioni che, secondo il contratto collettivo, sono considerate
equivalenti. Gli stessi diritti ti competono al rientro dopo un
congedo parentale, un permesso o un riposo.
Le stesse disposizioni si applicano anche ai papà lavoratori che
rientrano da un congedo per paternità o parentale.
DIVIETO DI LICENZIAMENTO
Le mamme lavoratrici non possono essere licenziate
dall’inizio del periodo di gravidanza fino al termine di
interdizione dal lavoro(congedo di maternità), nonché fino
al compimento di un anno di età del/della bambino/a.
Il divieto opera in connessione con lo stato oggettivo di gravidanza
e la lavoratrice, licenziata nel corso del periodo protetto, è tenuta
a presentare al datore di lavoro idonea certificazione dalla quale
risulti l’esistenza all’epoca del licenziamento delle condizioni che lo
vietavano. Il licenziamento intimato in violazione del divieto è nullo.
Occorre segnalare l’ultimo orientamento della Cassazione
(sentenza n. 9549 del 9.9.1995)secondo cui la lavoratrice licenziata
non ha diritto alla reintegrazione ma al semplice risarcimento dei
danni. Anche in caso di dimissioni che avvengono nel periodo
di tutela la legge prevede un iter particolare volto a contrastare
che, dietro alla volontà della lavoratrice di recedere dal rapporto di
lavoro, si nasconda un vero e proprio licenziamento.
Infatti,l’art. 55 del D .lgs. 151/2001 prevede che le dimissioni
presentate dalla lavoratrice durante il periodo di gravidanza e
dalla lavoratrice o del lavoratore durante il primo anno di vita
del bambino o nel primo anno d’ingresso del minore adottato o
affidato devono essere convalidate dal servizio ispezioni del
lavoro della Direzione Provinciale del lavoro.
A detta convalida è condizionata la risoluzione del rapporto di
lavoro e la lavoratrice o il lavoratore non sono tenuti al preavviso.
Nel caso di dimissioni volontarie presentate durante il periodo per
cui è previsto il divieto di licenziamento la lavoratrice ha diritto alle
55
LE DISCRIMINAZIONI
indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso
di licenziamento.
Questa disposizione si applica anche al padre lavoratore che
ha fruito del congedo di paternità.
Nel caso di adozione e di affidamento la disposizione si
applica entro un anno dall’ingresso del minore nel nucleo
familiare.
Anche se sei collaboratrice domestica e la tua gravidanza è
iniziata all’interno del periodo di lavoro non puoi venire licenziata
fino al terzo mese dopo il parto.
Non puoi comunque essere licenziato/a perché chiedi i congedi
parentali o ti assenti per malattia del/della bambino/a.
Il licenziamento invece può essere comunicato: se ci sia una
tua colpa grave che costituisca giusta causa (ma non perdi il
diritto all’indennità), se l’azienda cessa l’attività, se sia terminata
la prestazione per la quale eri stata assunta oppure sia scaduto
il contratto a termine e anche se non hai superato il periodo di
prova. Su quest’ultima ipotesi,tuttavia, bisogna verificare che non
ci sia stata una discriminazione proprio perché incinta o perché, in
quanto padre, hai chiesto il congedo per paternità.
IL LICENZIAMENTO A CAUSA DEL MATRIMONIO
Non solo la maternità ma anche il matrimonio può essere, per una
donna, causa di licenziamento illegittimo.
Così la legge interviene (Legge n. 7/63) prevedendo che
il licenziamento della lavoratrice (con esclusione di quelle
domestiche) effettuato per causa di matrimonio è nullo.
È considerato, anche, nullo per causa di matrimonio il recesso
intimato nel periodo intercorrente tra il giorno della richiesta delle
pubblicazioni fino ad un anno dopo la celebrazione.
Al datore di lavoro spetta l’onere della prova per dimostrare
che il licenziamento disposto nel corso di tale periodo è stato
56
SARA GIORLANDO, PAOLA PETRUCCI
determinato da altre ragioni: giusta causa, cessazione dell’attività
aziendale, per ultimazione dei lavori ecc.
Conseguenze: la nullità comporta l’obbligo di riammissione in
servizio e il pagamento della retribuzione globale di fatto sino
al giorno della riammissione. La lavoratrice che rifiuta di ritornare
in servizio dichiarando di recedere dal contratto si considera
dimissionaria per giusta causa, col diritto al relativo trattamento e
alla retribuzione fino al giorno del recesso.
LAVORO NOTTURNO
È vietato adibire le donne al lavoro, dalle ore 24 alle ore 6,
dall’accertamento dello stato di gravidanza (o dal momento in cui il
datore di lavoro ne sia venuto a conoscenza) fino al compimento di
un anno di età del bambino.
Qualora sopraggiungano condizioni di salute che comportino
l’inidoneità della prestazione di lavoro notturno, accertata dal
medico competente o dalle strutture sanitarie pubbliche, la
lavoratrice verrà assegnata al lavoro diurno, ad altre mansioni
equivalenti, se esistenti e disponibili (art. 15 D. lgs.66/2003)
secondo le modalità definite dalla contrattazione collettiva.
Mentre il lavoro notturno non deve essere obbligatoriamente
prestato:
• dalla lavoratrice madre di un figlio con meno di tre anni (in
alternativa al padre lavoratore);
• dalla lavoratrice (o dal lavoratore) unico genitore affidatario di un
figlio convivente con meno di 12 anni;
• dalla lavoratrice (o dal lavoratore)che abbia a proprio carico un
soggetto disabile (a norma della L . 104/1992).
Se sei un lavoratore o una lavoratrice e ti trovi in une delle
condizioni sopra elencate puoi, quindi, legittimamente
rifiutare di prestare il lavoro notturno. Il datore di lavoro che
non rispetta tali disposizioni di legge è sanzionabile.
57
LE DISCRIMINAZIONI
58
SARA GIORLANDO, PAOLA PETRUCCI
Sulle discriminazioni, le molestie sessuali
e il mobbing
LE DISCRIMINAZIONI DI GENERE SUL LAVORO
Costituisce discriminazione qualsiasi atto o comportamento che
produca un effetto pregiudizievole discriminando anche in via
indiretta i lavoratori e le lavoratrici in ragione del sesso e comunque
il trattamento meno favorevole rispetto a quello di un’altra
lavoratrice o di un altro lavoratore in situazione analoga
(art. 4 L. 125/1991).
Per discriminazione diretta, deve intendersi la situazione nella
quale una persona è trattata meno favorevolmente in base al sesso
di quanto sia, sia stata o sarebbe stata un’altra in una situazione
analoga.
Per discriminazione indiretta, deve intendersi ogni trattamento
pregiudizievole conseguente all’adozione di criteri o prassi
apparentemente neutri che:
> svantaggino in modo proporzionalmente maggiore i lavoratori
dell’uno e dell’altro sesso;
> riguardino requisiti non essenziali allo svolgimento del rapporto
di lavoro.
Si ha, dunque, discriminazione indiretta quando, non
discriminando direttamente il soggetto perché uomo o donna, si
richieda, ad esempio, per l’accesso ad una data organizzazione
delle struttura produttiva, un prerequisito seppure neutro
(l’esempio classico è quello del possesso di un’ altezza minima per
un certo tipo di lavoro) che di fatto viene proporzionalmente a
svantaggiare molto di più un sesso rispetto ad un altro.
Tra le principali finalità dell’attività istituzionale della Consigliera di
Parità è annoverata la tutela contro la discriminazione di genere
59
LE DISCRIMINAZIONI
in ambito lavorativo, attraverso l’attività di vigilanza sul rispetto
del principio di non discriminazione tra uomini e donne nel lavoro
pubblico e privato e attraverso la promozione delle iniziative per la
diffusione di tale principio.
Il perché, spesso, siano le lavoratrici a subire discriminazioni di
genere sul lavoro è rinvenibile nella difficile conciliazione tra
famiglia e vita professionale che le vede ancora protagoniste, nel
fatto che i momenti di difficoltà del mercato del lavoro e l’aumento
della flessibilità contrattuale rallentino ulteriormente il loro
inserimento lavorativo.
LE FORME PIÙ FREQUENTI DI DISCRIMINAZIONE DI GENERE
Il colloquio di lavoro
Spesso il colloquio di lavoro è un momento in cui la
discriminazione di genere può manifestarsi attraverso
apparenti domande neutre circa i tuoi progetti futuri poste dal
selezionatore (se sei sposata, se hai figli o se intendi averne).
Situazione che aveva spinto il nostro Parlamento ad adottare un
provvedimento di Legge che è entrato in vigore il 23 Novembre
scorso (Legge 17 Ottobre 2007, n.188) recante disposizioni in
materia di modalità per la risoluzione del contratto di lavoro
per dimissioni volontarie. L’obiettivo principale consisteva nel
tentativo di scoraggiare la prassi, appunto, delle dimissioni in
bianco.
Questa pratica pone, infatti, i lavoratori nella condizione di
rinunciare all’esercizio dei propri diritti per tutta la durata
del rapporto di lavoro, pena la certezza di un licenziamento
immediato che, tuttavia, rimane formalmente occultato dalla
presenza delle lettere di dimissioni. La legge prevedeva in caso
di dimissioni volontarie l’obbligo per il lavoratore o la lavoratrice
di compilare dei moduli appositi diffusi gratuitamente presso le
Direzioni Provinciali del Lavoro, gli uffici comunali, i Centri per
l’impiego e la formazione o resi disponibili anche attraverso il sito
60
SARA GIORLANDO, PAOLA PETRUCCI
del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale.
Ciò permetteva un valido monitoraggio delle dimissioni volontarie
sia perché la mancata compilazione dei moduli comportava la
nullità delle stesse dimissioni sia perché veniva conferita una
validità temporale di 15 giorni alle dimissioni.
Tale previsione riguardava tutti i datori di lavoro, privati e pubblici,
ed interessava i lavoratori subordinati, i co.co.pro., i soci lavoratori
di cooperative, gli associati in partecipazione.
Purtroppo senza avere la possibilità di constatare la
concreta efficacia di questa nuova procedura di convalida
delle dimissioni volontarie, dal 25 Giugno 2008 (art. 39
lettera l comma 10 D.L. 112 del 2008) tale norma è stata
abrogata, e dalla procedura informatizzata si è ritornati alla
mera presentazione delle dimissioni al datore di lavoro.
Il rientro dalla maternità
La difficoltà da parte delle aziende di sperimentare nuove formule
di organizzazione del lavoro e la difficoltà di mantenere un
contatto con chi si assenta per motivi familiari dal lavoro sono
elementi che possono dare luogo a forme di discriminazione.
Ricordiamo che il lavoratore o la lavoratrice al rientro dal periodo
di congedo hanno diritto alla conservazione del posto di lavoro e
ad essere adibiti alle mansioni precedentemente svolte o ad esse
equivalenti.
La richiesta di part-time
Il part-time potrebbe essere uno strumento di conciliazione dei
tempi di lavoro e tempi di vita, ma spesso le esigenze di flessibilità
dell’azienda non coincidono con quelle di flessibilità familiare.
Richieste del genere non sono ben viste.
Risultano necessarie nuove soluzioni per favorire la
diversificazione dei tempi di lavoro senza penalizzare l’azienda e
lo sviluppo professionale delle lavoratrici e dei lavoratori.
61
LE DISCRIMINAZIONI
Passaggio di carriera
Spesso è nei passaggi di carriera che le donne rimangono
indietro, a vantaggio dei colleghi uomini i quali sono sempre più
numerosi a coprire cariche direttive e di alta responsabilità. Le pari
opportunità nell’accesso alla progressione di carriera garantiscono
il riconoscimento della professionalità e della qualità del tempo che
le persone dedicano all’azienda.
L’INTERVENTO DELLA CONSIGLIERA DI PARITÀ:
UN AIUTO FONDAMENTALE
Cosa fare in caso di discriminazioni di genere individuale
Se sei un lavoratore o una lavoratrice e ritieni di essere oggetto di
una discriminazione di genere puoi rivolgerti alla Consigliera di
Parità della tua Provincia:
> telefonicamente;
> mediante l’inoltro di una denuncia scritta. A seguito dei quali,
sempre che tu lo voglia, può seguire un incontro con la stessa.
Scopo del colloquio con la Consigliera di Parità è esclusivamente
di tipo conoscitivo circa la natura del problema, in modo da
permetterle di valutare l’esistenza di elementi di discriminazione e
le modalità di intervento.
La tua collaborazione è molto importante per questo è utile, ai fini
di una tutela efficace, fornire o mettere la Consigliera di Parità nelle
condizioni di ottenere più informazioni possibili.
Al termine dello studio della pratica se la Consigliera di Parità
ritiene che nel tuo caso è presente una discriminazione, previo tuo
espresso consenso, può attivarsi attraverso due procedure.
> Procedura informale
Con questo tipo di procedura la Consigliera di Parità si pone in una
posizione di mediazione tra lavoratrice/ore e azienda.
Attraverso un contatto con l’azienda la Consigliera di Parità cerca
di trovare la soluzione migliore per entrambe le parti. A volte
una forma di discriminazione può essere dettata da una cattiva
62
SARA GIORLANDO, PAOLA PETRUCCI
interpretazione o dalla mancata conoscenza della normativa
antidiscriminatoria. In questo modo è possibile evitare di ricorrere
in giudizio, situazione che creerebbe più stress al lavoratore o alla
lavoratrice.
> Procedura formale: azione in giudizio della Consigliera di
Parità.
Nel caso in cui la mediazione informale non approdi ad una
soluzione e quindi all’arresto del comportamento discriminante,
puoi intraprendere un’azione giudiziale, previo tentativo di
conciliazione, avvalendoti dell’ausilio della Consigliera di
Parità la quale provvederà ad affiancarti gratuitamente la
difesa di un avvocato.
Puoi promuovere l’azione giudiziale (dinanzi al Giudice del Lavoro
o al T. A. R., se dipendente privato o pubblico) direttamente tu
e in questo caso la Consigliera di Parità interverrà nel giudizio
da te autonomamente e precedentemente instaurato oppure
promuoverà lei stessa la causa su tua espressa delega.
La fase più difficile del procedimento è quella in cui occorre
dimostrare l’esistenza di un comportamento discriminatorio. In
questa particolare forma di azione il legislatore è intervenuto a
favore del lavoratore e della lavoratrice (allo scopo di sollevarti
in parte dalle difficoltà che una causa di questo tipo comporta)
stabilendo un alleggerimento dell’onere della prova: infatti cade sul
datore di lavoro/responsabile del comportamento discriminatorio
dimostrare che non sussiste alcuna discriminazione, mentre
il/la lavoratore/trice deve limitarsi a fornire gli elementi di fatto
(anche di carattere statistico) che in relazione alle vicende del
rapporto (assunzione, trasferimento, licenziamento, ecc) fondino
una presunzione precisa e concordante sulla esistenza della
discriminazione.
Discriminazioni di genere collettive
Per quanto riguarda l’azione collettiva questa può essere
63
LE DISCRIMINAZIONI
promossa solo dalla Consigliera Regionale (o dalla CdP nazionale
per i casi di rilevanza nazionale) quando rilevi l’esistenza di atti,
patti o comportamenti discriminatori diretti o indiretti di carattere
collettivo, cioè quando non sia possibile individuare i soggetti
materialmente colpiti dalla discriminazione.
La Consigliera di Parità se ritiene che vi siano i presupposti
necessari può promuovere, inizialmente, una fase pre - contenziosa
che viene interamente gestita dal suo Ufficio con lo scopo di
giungere ad una soluzione stragiudiziale.
In questa fase la Consigliera di Parità sollecita l’autore della
discriminazione /datore di lavoro alla predisposizione di un piano
per rimuovere le discriminazioni accertate entro un termine non
superiore ai 120 giorni.
La predisposizione del piano avverrà attraverso anche le
soluzioni proposte dalla stessa Consigliera la quale medierà tra
la rivendicazione del gruppo svantaggiato e il datore di lavoro o
gli autori delle discriminazioni per trovare un’intesa che consenta
di raggiungere una conciliazione capace di realizzare un piano di
rimozione delle discriminazioni accertate.
Se il piano è considerato idoneo alla rimozione delle
discriminazioni, la Consigliera di Parità regionale promuove il
tentativo di conciliazione ed il relativo verbale, in copia autenticata,
acquista forza di titolo esecutivo con decreto del tribunale in
funzione di giudice del lavoro.
Se non si raggiunge una soluzione s’instaura l’azione giudiziaria in
cui la Consigliera non svolge più un ruolo di mediazione ma quello
di garante delle opportunità tra lavoratori e lavoratrici.
Al termine del giudizio se il Giudice nella sentenza accerta le
discriminazioni ordina all’autore della discriminazione di definire
un piano di rimozione sentite anche le rappresentanze sindacali
di categoria e la Consigliera di parità regionale competente per
territorio. Il piano di rimozione è sottoposto a criteri temporali
fissati dallo stesso Giudice.
64
SARA GIORLANDO, PAOLA PETRUCCI
I Procedimenti sommari
Premesso che l’ordinamento processuale antidiscriminatorio si basa
su due azioni ordinarie-individuale e collettiva- in caso di urgenza
il legislatore ha previsto anche due procedure sommarie qualora la
fattispecie discriminatoria che si intende reprimere richieda tempi
processuali più brevi.
Nel caso di azione individuale è possibile ricorrere in tempi
brevi e senza esperimento del tentativo di conciliazione ad un
procedimento previsto dall’art 15 della L . 903/77 che ricalca
il procedimento ex art. 28 dello Statuto dei lavoratori (per la
repressione delle condotte antisindacali)in cui il Giudice fissa in
termini brevissimi l’udienza, sente sommariamente le persone
informate dei fatti e decide con decreto opponibile nel termine di
15 giorni.
Anche in caso di discriminazione collettiva la Consigliera di
Parità può proporre ricorso in via d’urgenza, senza esperire
il tentativo di conciliazione, davanti al Tribunale in funzione
di Giudice del Lavoro o al Tribunale Amministrativo Regionale
territorialmente competenti. Il giudice adito, nei due giorni
successivi, convocate le parti e assunte sommarie informazioni,
ove ritenga sussistente la violazione di cui al ricorso, con decreto
motivato e immediatamente esecutivo ordina all’autore della
discriminazione la cessazione del comportamento pregiudizievole e
adotta ogni altro provvedimento idoneo a rimuovere gli effetti delle
discriminazioni accertate, ivi compreso l’ordine di definizione ed
attuazione da parte del responsabile di un piano di rimozione delle
medesime. Contro il decreto è ammessa entro quindici giorni dalla
comunicazione alle parti opposizione avanti alla medesima autorità
giudiziaria territorialmente competente, che decide con sentenza
immediatamente esecutiva.
Quali sono le conseguenze sul piano processuale, qualora il
Giudice accerti l’esistenza di comportamenti discriminatori?
65
LE DISCRIMINAZIONI
- Tale tipo di azione giudiziaria fa sorgere il diritto per la/il
lavoratrice/lavoratore di chiedere il risarcimento dei danni
extracontrattuali o contrattuali dovendo nel primo caso
dimostrare la colpa o il dolo del datore di lavoro e nel secondo
basandosi sulla presunzione di colpa di questo ultimo.
- L’accertamento di atti discriminatori può determinare la revoca di
benefici economici concessi e dei contratti di appalto , attinenti
all’esecuzione di opere pubbliche, servizi e forniture.
Nei casi più gravi o di recidiva può essere decisa l’esclusione da
qualsiasi ulteriore agevolazione finanziaria o creditizia fino a due
anni.
Scarso utilizzo degli strumenti processuali
Per quanto riguarda le discriminazioni di genere, ossia
l’accertamento giudiziale di discriminazioni dirette o indirette
stabilito dalla Legge 125/91, le cause portate davanti al Giudice
del lavoro sul territorio nazionale non sono state numerose e nella
nostra Provincia inesistenti.
Diversi sono i fattori che possono aver contribuito al mancato
utilizzo della Consigliera di Parità(la poca notorietà della figura
della Consigliera di Parità, la scarsa diffusione degli strumenti
normativi a tutela delle discriminazioni di genere)anche se la
scarsità o l’inesistenza di sfruttamento della via giudiziaria per il
contrasto delle discriminazioni sul lavoro è, in realtà, frutto di tante
altre ragioni di tipo sociale, economico, culturale.
Soprattutto la mancanza di posti di lavoro e la precarietà spingono
i lavoratori e le lavoratrici ad accettare, loro malgrado,di convivere
con comportamenti discriminatori.
MOLESTIE SUL LUOGO DEL LAVORO
(cosa sono e come difendersi)
Sono considerate discriminazioni fondate sul sesso e sono pertanto
vietate:
- le molestie, ovvero quei comportamenti indesiderati, posti in
66
SARA GIORLANDO, PAOLA PETRUCCI
essere per ragioni connesse al sesso, aventi lo scopo o l’effetto
di violare la dignità e di creare un clima intimidatorio,ostile,
degradante, umiliante o offensivo;
- le molestie sessuali, espresse in forma fisica , verbale o non
verbale .
Il D. lgs. 145/2005 (Attuazione della direttiva 2002/73/CE in
materia di parità di trattamento tra gli uomini e le donne,
per quanto riguarda l’accesso al lavoro, alla formazione e alla
promozione professionale e le condizioni di lavoro) inserisce
tra gli atti discriminatori le molestie e le molestie sessuali:
come espressamente previsto dalla norma le molestie sono
quei comportamenti originati da ragioni connesse al sesso
ma non caratterizzati da un’impronta sessuale tipica, perché
apparentemente neutri e che,tuttavia, hanno lo scopo o il risultato
di violare la dignità personale e di creare un clima intimidatorio,
ostile, degradante, umiliante od offensivo.
Più chiara è la disposizione di molestie sessuali che vengono
definite come quei comportamenti che si esprimono con parole
o con azioni che hanno diretta attinenza con il sesso, quali le
battute sull’aspetto fisico, i palpeggiamenti. Tali comportamenti
sono dichiarati inaccettabili quando indesiderati, offensivi,umili
anti,quando il rifiuto o l’accettazione influisce implicitamente o
esplicitamente sulle decisioni riguardanti la posizione lavorativa,
assumendo la forma di vero e proprio ricatto.
Cosa prevede la legge
Il nostro ordinamento giuridico non si è ancora dotato di una
specifica disciplina in materia, né il Codice Civile né quello penale
prevedono reati per la molestia sessuale: nel codice penale si parla
di atti di libidine violenta, atti osceni, atti contrari alla pubblica
decenza, violenza privata ed aggressione, abuso d’ufficio.
In assenza di una legge che disciplini il caso delle molestie sul
luogo di lavoro è intervenuta la giurisprudenza che ha elaborato
alcuni importanti principi.
67
LE DISCRIMINAZIONI
Le molestie sessuali del datore di lavoro nei confronti di lavoratrici
dipendenti determinano le seguenti conseguenze:
- violazione dell’obbligo di tutela dell’integrità fisica e della
personalità morale del lavoratore (art. 2087 c. c.) che, se
connesse con dolo e colpa ed attuate durante l’orario di
lavoro,determinano responsabilità contrattuale e violazione del
dovere di buona fede e correttezza (Cass. n. 7768 del 17.7.1995);
- legittimità del licenziamento del lavoratore molestatore anche
in assenza di apposita previsione da parte del codice disciplinare
(Cass. n. 5049 del 18.4.2000);
- legittimità del trasferimento del dipendente molestatore;
- violazione dell’art. 609-bis del codice penale: Il dirigente che
compie nei confronti di un’impiegata non consenziente atti
sessuali, posti in essere con consapevole volontà da un soggetto
e aventi l’idoneità di incidere sulla libertà di disporre del proprio
corpo nella sfera sessuale commette il delitto di violenza sessuale
in base all’art. 609 c. p. che prevede la reclusione da cinque a
dieci anni.
Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti
sessuali:
1) abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della
persona offesa al momento del fatto;
2) traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole
costituito ad altra persona.
Oltre a ricorrere per le vie giudiziali ordinarie puoi sempre
rivolgerti alla Consigliera di Parità, ai Sindacati e al
Consigliere di Fiducia se il tuo contratto di lavoro prevede
l’introduzione del Codice di condotta.
L’intervento della Consigliera di Parità
Strumenti volti alla prevenzione e alla repressioni di atti di molestia
sessuale sul lavoro sono rinvenibili nella legge 125/91 sulle Pari
Opportunità Uomo/Donna sul lavoro che all’art. 4 prevede la
possibilità di agire in giudizio contro il datore di lavoro per qualsiasi
68
SARA GIORLANDO, PAOLA PETRUCCI
atto o comportamento che porti ad una discriminazione diretta o
indiretta sul lavoro in ragione del sesso.
L’intervento dei Sindacati
Il decreto legislativo 145 del 2005 introduce la possibilità
per le Organizzazioni sindacali, delegate dalla persona che
intende procedere, ovvero per quest’ultima direttamente, la
possibilità di richiedere, con lo strumento del ricorso d’urgenza
già previsto dall’art. 15 della L . 903/77, oltre alla cessazione
del comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti
discriminatori, anche il risarcimento dei danni non patrimoniali.
L’intervento della Consigliera di Fiducia e i codici di condotta
Quasi tutti i contratti collettivi di lavoro hanno recepito il Codice
di condotta europeo. Ci si può difendere perciò ricorrendo al
contratto della propria categoria il quale prevede la presenza della
Consigliera di Fiducia presso l’azienda in cui lavori la quale , a
richiesta, fornisce indicazioni e attiva le procedure previste dal
regolamento e dal CCNL per la risoluzione del problema. In caso di
molestia è possibile attivare la procedura informale e la procedura
formale secondo i termini stabiliti dal codice di condotta adottato.
IL MOBBING: COME RICONOSCERLO E COME DIFENDERSI
Si tratta di un fenomeno in crescita nel nostro Paese inteso come
forma di violenza morale e psichica attuata dai datori di lavoro/
superiori (mobbing verticale) o dai colleghi(mobbing orizzontale).
Si manifesta attraverso molteplici condotte munite di potenzialità
lesiva reiteratamente poste in essere al fine persecutorio di vessare
o discriminare un lavoratore. Tali condotte possono distinguersi in
tre categorie:
1) quelli aventi rilevanza penale che costituiscono di per se stesse
reato anche prese singolarmente(l’ingiuria, percosse, ecc.);
2) quelle sfornite di rilievo penale ma perseguibili, per la loro
illegittimità dal Giudice del lavoro (trasferimenti ingiustificati del
dipendente; dequalificazione, demansionamento, sottrazione di
69
LE DISCRIMINAZIONI
compiti e responsabilità);
3) quelle pienamente legittime sotto il profilo civilistico ma che,
essendo poste in essere con finalità persecutorie, costituiscono
grave offesa alla dignità del lavoratore e della lavoratrice(ripetute
visite fiscali, continui richiami pretestuosi, procedimenti
disciplinari inconsistenti).
Elenchiamo qui di seguito una serie di comportamenti riconducibili
alla fattispecie del mobbing:
Le situazioni più ricorrenti:
> Un atteggiamento aziendale difforme da quello ordinariamente
riservato ad altri dipendenti;
> Calunnie, diffamazione, ingiurie da superiori e/o colleghi e
sistematico discredito;
> Dequalificazione con conseguente perdita dell’autostima;
> Provocazioni, pettegolezzi, maldicenze, accuse generiche non
supportate da fatti o circostanze;
> Rimproveri e provocazioni immotivate,umiliazioni d’ogni
genere,preferibilmente in assenza di testimoni o, se presenti, di
parte;
> Ruoli ambigui,attribuzione di compiti ordinari con ordini scritti
indicanti anche i tempi di produttività;
> Richiesta frequente di controlli medico-fiscali nello stesso periodo
di malattia;
> Asportazione o negazione di strumentazione aziendale(telefono,
computer, scrivania, armadietto, ecc.)
> Isolamento dall’organizzazione del lavoro;
> Diniego immotivato di permessi e ferie;
> Ingiustificati e/o ripetuti trasferimenti.
Il mobbing intervenendo in forma lesiva e, nei casi più gravi,
distruttiva degli aspetti più profondi ed intimi della personalità
di un individuo, trova nel nostro ordinamento giuridico, se
pur sfornito di una normativa specifica ad esso dedicata,
una significativa tutela sia dal punto di vista dei diritti
70
SARA GIORLANDO, PAOLA PETRUCCI
fondamentali dell’uomo, sia dal punto di vista della tutela
della dignità e della salute psicofisica del lavoratore e della
lavoratrice.
Nella Costituzione Italiana:
art. 2 La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili
dell’uomo e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di
solidarietà;
art. 3 La persona ha diritto al suo pieno sviluppo e all’effettiva
partecipazione, assieme a tutti i lavoratori,all’organizzazione
politica, economica e sociale del Paese. Al fine di favorire tale
possibilità qualsiasi ostacolo deve essere rimosso sia di ordine
economico che sociale che in concreto possa limitare la piena
libertà e l’eguaglianza tra i cittadini.
art. 32 La salute è il fondamentale diritto dell’individuo e l’interesse
primario della collettività.
art. 35 Il lavoro è tutelato in tutte le sue forme.
art. 41 Qualsiasi attività economica non può svolgersi se in
contrasto con l’utilità sociale e se reca danno alla sicurezza alla
libertà e alla dignità umana.
Nel codice civile:
art. 2043 È obbligato al risarcimento del danno, chiunque pone in
essere un fatto, doloso o colposo, che comporta un danno a d altri
non giustificato.
art. 2087 L’imprenditore deve adottare per lo svolgimento della
sua attività le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e al
personalità morale dei lavoratori in base alla particolarità del lavoro,
l’esperienza e al tecnica.
art. 2103 Il lavoratore non può essere in nessun caso trasferito se
non per provate ragioni tecniche, organizzative e produttive. Egli
deve essere adibito alla mansione per la quale è stata assunto o alla
mansione superiore avendola acquisita.
art. 2697 Per far valere in giudizio un diritto occorre che la persona
provi i fatti che ne costituiscono il fondamento. Lo stesso nel caso di
71
LE DISCRIMINAZIONI
prova dell’inefficacia dei fatti, di modifica od estinzione dei diritti.
Nel Codice Penale:
art. 582 Pena della reclusione per chiunque procura
volontariamente una lesione personale dalla quale si verifica una
malattia del corpo e della mente.
art. 583 Le lesione di cui all’articolo precedente possono essere
gravi o gravissime. L’intensità influisce sulla pena aumentando gli
anni della reclusione.
art. 589 Pena della reclusione per colui che procura delle lesioni ad
una persona per colpa. La pena è maggiore se il fatto si crea anche
a causa della violazione delle norme di prevenzione sugli infortuni
sul lavoro.
art. 590 Pena della reclusione per colui che procura delle lesioni
a duna persona per colpa. La pena è maggiore se il fatto si crea
anche a causa della violazione delle norme di prevenzione sugli
infortuni sul lavoro. Il procedimento è d’ufficio e non a seguito di
denuncia della parte offesa, nei soli casi di violazione delle norme
di prevenzione sugli infortuni sul lavoro o relative all’igiene del
lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale.
art. 595 La pena è comminata per offese alla reputazione, tramite
diffamazione perdi fronte a terzi.
art. 612 Configura la fattispecie delle minacce.
Nella Legge 300/70:
LO Statuto dei lavoratori è un compendio di norme poste a tutela
dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici a partire dalle libertà
sindacali, dal diritto di tutela della salute e della dignità (art. 9)
per giungere alla tutela contro atti discriminatori (art. 15) o da
assegnazioni a mansioni inferiori (art. 13).
Nel D. lgs. 626/94:
Tale decreto richiamando quale obbiettivo principale l’attuazione di
misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della
salute dei lavoratori durante il lavoro e stabilendo che il datore di
lavoro ha la responsabilità esplicita di valutare e di prevenir ei rischi
72
SARA GIORLANDO, PAOLA PETRUCCI
per la sicurezza e soprattutto la salute - psicofisica - del lavoratore,
si presta interamente a rappresentare una forma di tutela per
chiunque si trovi a subire un danno sul posto di lavoro.
Nel D.lgs. 38/00:
art. 10, comma 4 Si sottolinea che possono essere malattie
professionali anche quelle che non risultano espressamente
richiamate nelle tabelle delle malattie professionali riconosciute
dall’INAIL per l’indennizzo, sempre che il lavoratore riesca a
dimostrare l’origine professionale.
art. 13 Il lavoratore è tutelato da una assicurazione obbligatoria
contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali che
ricomprende anche il danno biologico quale lesione all’integrità
psico-fisica del lavoratore valutata da parte del medico legale. La
quota dell’indennizzo non dipende dalla capacità di produzione del
reddito danneggiato.
COSA FARE IN CASO DI MOBBING
Poiché in sede giudiziale spetta al lavoratore mobbizzato provare
la sussistenza di una serie concatenata di comportamenti
sintomatici di mobbing e il nesso di causalità rispetto alla lesione
della sua personalità morale, è consigliabile raccogliere le prove
fin da quando i comportamenti si manifestano, anche se ancora
non chiaramente individuabili nella fattispecie di mobbing(ad
esempio raccogliendo la documentazione medica o conservando la
documentazione relativa a disposizione dell’ufficio, mettendo per
iscritto ogni richiesta e comunicandola per raccomandata A. R.).
Non si può affrontare da soli una situazione di mobbing né
tanto meno un’azione giudiziale volta al risarcimento dei danni
e alla cessazione delle condotte lesive. Anche se la legge tutela
il lavoratore nella pratica occorre che si appoggi ad organismi
preposti a fornirgli assistenza legale e sostegno psicologico.
1) Se in azienda è presente il sindacato puoi rivolgerti al delegato
sindacale o al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;
73
LE DISCRIMINAZIONI
2) Se l’azienda ha adottato il codice di condotta ed è presente
la Consigliera di Fiducia puoi rivolgerti a questa figura;
3) se in azienda non sono presenti né il sindacato né la Consigliera
di Fiducia puoi comunque rivolgerti alle strutture sindacali
presenti nella tua Provincia o alla Consigliera di Parità.
Questi organismi, pur con le proprie peculiarità, saranno in grado
di fornirti la dovuta assistenza principalmente attraverso un’attività
di mediazione nei confronti dei responsabili al fine di evitare il
ricorso alle vie legali e consigliandoti gli atteggiamenti migliori da
tenere in sede lavorativa. Laddove il tentativo di mediazione fallisse
sono in grado di aiutarti nella scelta dell’avvocato e nel fornirti il
sostegno necessario per affrontare una causa giudiziale.
LA PREVENZIONE DEL FENOMENO
Anche se è in via di approvazione un disegno legge volto alla
tutela specifica del mobbing l’unica vera arma contro tale
fenomeno si chiama prevenzione. Negli ultimi anni il dilagarsi del
fenomeno ha sollecitato attività di informazione e di prevenzione
per sensibilizzare imprenditori, dirigenti e lavoratori al fine di
contribuire ad un clima nell’ambiente di lavoro più sereno per tutti.
Ecco perché gli organismi volti alla tutela dei lavoratori contro
questo, purtroppo, diffuso fenomeno, si stanno mobilitando per
affrontare il problema in una logica più di prevenzione che di
repressione, stipulando e sollecitando accordi aziendali,favorendo
l’istituzione di Commissioni ed organi paritetici in grado di vigilare
con la dovuta strumentazione.
Il problema va risolto impedendo che forme di mobbing
s’instaurino all’interno del luogo di lavoro ricordando che una
efficace tutela psico-fisica dei lavoratori crea un clima di benessere
organizzativo generale che non può non incidere in maniera
positiva sulla motivazione e sulla produttività.
Nell’attesa dell’approvazione di una legge sistemica in
materia di mobbing, se ti riconosci vittima sul lavoro di
74
SARA GIORLANDO, PAOLA PETRUCCI
atteggiamenti mobbizzanti da parte dei superiori o dei
colleghi puoi rivolgerti:
- alla Consigliera di Parità della tua Provincia;
- al Sindacato;
- al Consigliere di Fiducia se presente nella tua azienda/
ufficio.
LE ALTRE FORME DI DISCRIMINAZIONE
Quello di discriminazione è un concetto molto vasto che
contiene in sé varie declinazioni presenti nel nostro ordinamento
e, recentemente, sottoposto a una serie di rivisitazioni in cui
coesistono nozioni parzialmente diverse di “discriminazione”.
Il campo principale di attività della Consigliera di Parità è quello
delineato dalla L. 125 del 1991 (e successive modifiche)e cioè
quello delle discriminazioni di genere la cui disciplina è già stata
ampliamente trattata. Ma il nostro ordinamento tutela ogni forma
di discriminazione. Vediamo quali e come.
Attraverso i decreti legislativi n. 215 (Attuazione della
direttiva 200/43/CE per la parità di trattamento tra le persone
indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica) e n. 216
del 2003 (Attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità
di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di
lavoro) il nostro ordinamento ha inteso fornire le disposizioni
relative all’attuazione della parità di trattamento tra le persone
indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica, da un lato,
e indipendentemente dalla religione, dalle convinzioni personali,
dagli handicap, dall’età e dall’orientamento sessuale,dall’altro.
Anche in questo campo valgono le distinzioni fatte tra
discriminazione diretta e indiretta.
Il principio di parità di trattamento si applica sia nel settore
pubblico che in quello privato ed è suscettibile di tutela
giurisdizionale con specifico riferimento alle aree: dell’accesso
all’occupazione e al lavoro, sia autonomo che dipendente,
75
LE DISCRIMINAZIONI
76
SARA GIORLANDO, PAOLA PETRUCCI
77
LE DISCRIMINAZIONI
compresi i criteri di selezione e le condizioni di assunzione;dell’occu
pazione e condizioni di lavoro, compresi gli avanzamenti in carriera,
la retribuzione e le condizioni del licenziamento;dell’accesso a
tutti i tipi e livelli di orientamento e formazione professionale,
perfezionamento e riqualificazione professionale, inclusi i tirocini pr
ofessionali;dell’affiliazione e attività nell’ambito di organizzazioni di
lavoratori, di datori di lavoro o di altre organizzazioni professionali
e prestazioni erogate dalle medesime organizzazioni;della
protezione sociale, assistenza sociale e dell’Istruzione.
Tutela verso le discriminazioni in base alla razza e all’origine etnica
in ambito lavorativo e socio-assistenziale
La tutela giurisdizionale verso queste forme di discriminazioni si
svolge nei modi previsti dall’art. 44(c. d. azione civile contro le
discriminazioni), commi 1 a 6, 8 a 11, del T.U. delle disposizioni
concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla
condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio
1998, n. 286. Si tratta di un procedimento che ricalca, a grandi
linee, quello previsto per le discriminazioni di genere.
Devi esperire il tentativo di conciliazione, hai l’onere di dedurre in
giudizio gli elementi di fatto precisi e concordanti che dimostrino
la sussistenza di un comportamento discriminatorio. Il Giudice se
ritiene che la tua richiesta sia fondata ordina il risarcimento del
danno anche non patrimoniale, la cessazione del comportamento/
condotta/atto discriminatorio, nonché la rimozione degli effetti.
Puoi agire in giudizio da solo o delegando una delle associazioni o
enti iscritti in un apposito elenco.
Tutela contro le discriminazioni in base alla religione, alle
convinzioni personali,agli handicap, all’età e all’orientamento
sessuale in materia di lavoro
Devi sapere che ai sensi dell’art. 15 dello statuto dei lavoratori è
nullo qualsiasi atto o patto diretto a subordinare l’occupazione,
78
SARA GIORLANDO, PAOLA PETRUCCI
il licenziamento, il demansionamento, il trasferimento, di un
lavoratore in ragione al sesso, alla razza, alle convinzioni personali
e alla religione. Anche in questo caso puoi ricorrere con le stesse
modalità previste dall’art. 44, commi 1 a 6, 8 a 11, del T . U. sulle
Immigrazioni. Puoi agire direttamente o tramite delega rilasciata
ad una delle rappresentanze locali delle organizzazioni sindacali
maggiormente rappresentative.
La legge 67/2006 “Misure per la tutela giudiziaria delle persone
con disabilità vittime di discriminazioni”
Per quanto riguarda la tutela contro le discriminazioni delle persone
affette da disabilità si riscontrava una certa frammentarietà
dell’intervento del legislatore nell’ambito dei diversi settori
dell’ordinamento, il che poneva l’esigenza di una disciplina che,
facendo salve le varie normative settoriali di garanzia, affrontasse
il problema della tutela delle persone disabili in una prospettiva
generale. Si è sentita la necessità di introdurre nuovi strumenti
giuridici idonei a garantire l’effettività della parità di trattamento
e a promuovere pari opportunità per le persone disabili,qualora si
trovino a subire a causa della loro disabilità discriminazioni anche
in ambiti diversi da quelli lavorativi, fattispecie già tutelata dal
D.lgs 216/2003. Con la Legge 67/2006 viene estesa la particolare
tutela giurisdizionale(ricorso ex art. 44 commi 1 a 6, 8 a 11, del T.
U. delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e
norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo
25 luglio 1998, n. 286), già accordata ai disabili vittime di
discriminazioni nel contesto lavorativo, a tutte quelle situazioni in
cui il disabile risulti essere destinatario di trattamenti discriminatori
al di fuori del rapporto di lavoro.
Questo intervento normativo consente di soddisfare l’esigenza di
completezza del sistema al fine di garantire alle persone disabili
una piena parità di trattamento in ogni settore della vita.
79
LE DISCRIMINAZIONI
80
SARA GIORLANDO, PAOLA PETRUCCI
Le azioni positive: queste sconosciute!
Il presente paragrafo è dedicato in particolare modo a chi ha
un’impresa al fine di sponsorizzare questo utile strumento che
non va visto come un peso per l’imprenditore ma come una
interessante opportunità volta a conciliare i tempi di vita e di lavoro
dei propri dipendenti, conciliazione che se si realizza non può
che recare benefici ad entrambi. Vogliamo illustrare, per prima
cosa, il significato di tale strumento: per azioni positive si intende
l’insieme di misure positive finalizzate a rimuovere le differenze e gli
ostacoli che di fatto impediscono le pari opportunità tra i due sessi
nell’ambito del posto di lavoro (art. 1 L. 125/91). Si sostanziano
in interventi promozionali finalizzati a valorizzare le capacità
professionali delle donne e per creare uguaglianza di opportunità
tra la lavoratori e lavoratrici. Non sono forme di tutela tradizionale
del lavoro femminile basate sulla predisposizione di limiti e divieti
che inibiscono o riducono la capacità lavorativa delle donne, ma
strumenti per la rimozione di discriminazioni e per l’incremento di
forza-lavoro femminile in posizioni professionali precedentemente
caratterizzate per il sesso. Non è risultato sufficiente, ai fini della
realizzazione di uno stato di pari opportunità, il raggiungimento di
posizioni giuridicamente o di fatto identiche, perché le garanzie che
si affidano a meccanismi statici difficilmente riescono a difendere
una condizione di uguaglianza sostanziale dalle aggressioni
dei mutevoli fatti storici, culturali e ambientali. Ecco perché le
azioni positive, dotate di quella flessibilità quanto ai modi di
funzionamento e ai soggetti e schemi di adozioni capaci di adattarsi
ai mutevoli risvolti sociali, risultano lo strumento più idoneo per
garantire concretamente la realizzazione delle pari opportunità.
81
LE DISCRIMINAZIONI
Come agiscono le azioni positive
Gli ambiti di intervento delle azioni positive riguardano la
formazione scolastica e professionale, l’accesso al lavoro, la
progressione di carriera, l’inserimento femminile nelle attività e
nei settori professionali in cui le donne sono sotto rappresentate,
l’equilibrio e una migliore ripartizione tra i due sessi delle
responsabilità familiari e professionali.
Vengono considerate azioni positive le misure specifiche che:
> favoriscano l’occupazione delle donne e la promozione
dell’imprenditorialità femminile;
> valorizzino il potenziale e il lavoro femminile, sia in termini
quantitativi che qualitativi in ogni settore, mansione e grado;
> dentifichino e, successivamente, correggano le disparità che
colpiscono le donne nell’accesso e nella partecipazione al
mercato del lavoro.
Le misure sono volte ad eliminare gli effetti negativi derivanti dalla
tradizionale divisione dei ruoli tra uomini e donne all’interno della
famiglia e della società e a conciliare le responsabilità familiari con
quelle professionali.
Circa l’individuazione dei soggetti promotori delle azioni positive la
Legge 125 del 1991 prevede:
> una via istituzionale: la promozione da parte del Comitato
Nazionale di Parità, delle Consigliere di parità,dei Centri per
la Parità e le Pari Opportunità a livello nazionale, locale e
aziendale;
> una via sindacale:da parte delle organizzazioni sindacali
nazionali e territoriale;
> una via imprenditoriale: da parte dei datori di lavoro privati e
pubblici.
Azioni positive ex Legge 125 del 1991
Dopo l’entrata in vigore del nuovo codice delle pari opportunità tra
uomo e donna e la conseguente abrogazione di numerose leggi
82
SARA GIORLANDO, PAOLA PETRUCCI
esistenti in materia, tra cui anche la L. 125 del 1991, tranne l’art.
11, la materia delle azioni positive è trattata nel Libro III- Capo IV
del Codice dal titolo “Promozione delle pari opportunità”.
Gli articoli 42 e seguenti, infatti, stabiliscono cosa sono, come
si realizzano e come si possono finanziare, sia nel pubblico,
che nel privato.
Al fine di incentivare il ricorso alle azioni positive la legge ha
previsto un elenco di soggetti privati e pubblici che hanno diritto
di richiedere il rimborso degli oneri finanziari nel caso in
cui abbiano sostenuto delle spese per l’adozione di piani
per l’attuazione di azioni positive. Si tratta di un’elencazione
non tassativa, ma di puro valore definitorio, come è tipico delle
normative promozionali. Tra i tanti destinatari sono elencati gli
enti pubblici economici e privati, le cooperative e i loro consorzi, le
organizzazioni sindacali e territoriali a prescindere dal loro indice di
rappresentatività.
Come si finanziano i progetti di azioni positive:
Per quanto concerne le modalità di finanziamento delle azioni
positive Il Comitato Nazionale di parità, formula, entro il 31
Maggio di ogni anno, un Programma obiettivo nel quale vengono
indicate le tipologie di progetti di azioni positive che intende
promuovere, i soggetti ammessi per le singole tipologie ed i
criteri di valutazione. I progetti di azioni positive vanno presentati
al Ministero del Lavoro e per la loro attuazione sono previsti,
su domanda e a precise condizioni, rimborsi totali o parziali a
copertura degli oneri finanziari.
Con Decreto Ministeriale 15 marzo 2001 “Disciplina delle
modalità di presentazione, valutazione e finanziamento dei
progetti di azione positiva per la parità uomo-donna nel lavoro
di cui alla legge 10 aprile 1991, n. 12”,sono state precisate le
modalità di presentazione della richiesta, i criteri di erogazione dei
fondi e i tempi di realizzazione del progetto. Il progetto di azioni
83
LE DISCRIMINAZIONI
positive va accompagnato da apposita domanda di ammissione
ai benefici economici. Nella domanda, oltre i soggetti proponenti
e le finalità, vanno indicati i tempi e le fasi di realizzazione del
progetto, che non possono superare complessivamente i 2 anni ma
sono finanziabili comunque anche i progetti di breve durata, che
si esauriscono nell’arco di un semestre. Qualora si verifichi la non
attuazione in toto o in parte di un progetto di azioni positive,ne
consegue la decadenza totale o parziale dei contributi concessi e la
restituzione delle relative somme indebitamente percepite.
L’altro canale di finanziamento delle azioni positive per i progetti
attuati mediante formazione professionale e approvati dal Fondo
Sociale Europeo è dato da una quota dello stesso fondo ed è
ripartita tra le regioni in misura proporzionale all’ammontare dei
contributi richiesti per i progetti approvati.
Azioni positive ex L. 53/00: per la flessibilità in favore della
conciliazione tra vita professionale e familiare.
Ci rivolgiamo particolarmente alle imprese, alle aziende, alle
cooperative perché possano intravedere nelle azioni positive un
modo migliore, più intelligente e alla lunga più produttivo di
organizzare i tempi di lavoro dei dipendenti e delle dipendenti,
consultando anche la Consigliera di parità della propria Provincia
al fine della presentazione di un valido progetto. L’art. 9 della L.
53/00, ha introdotto forme di flessibilità dell’orario, con riferimento
in via prioritaria, ma non esclusiva, alla cura dei figli, prevedendo
contributi, nell’ambito del Fondo per l’occupazione, a favore di
aziende che applichino accordi contrattuali che prevedono azioni
positive per la flessibilità ed in particolare:
a) progetti articolati per consentire alla lavoratrice madre o al
lavoratore padre di usufruire di particolari forme di flessibilità di
orario;
b) programmi di formazione per il reinserimento dei lavoratori
dopo il periodo di congedo;
84
SARA GIORLANDO, PAOLA PETRUCCI
c) progetti che consentono la sostituzione del titolare di impresa o
del lavoratore autonomo, che benefici del periodo di astensione
obbligatoria o dei congedi parentali, con altro imprenditore o
lavoratore autonomo.
Soggetti finanziabili
Con riferimento alle tipologie di azioni di tipo a) flessibilità di orario
e b) programmi di formazione per il reinserimento dei lavoratori
dopo un periodo di congedo parentale, possono essere ammesse
al finanziamento:
- le imprese di diritto privato, individuali e collettive e/o a
partecipazione pubblica, totale e parziale (a patto che detta
partecipazione non intacchi il regime di tipo privatistico nel quale
esse operano d agiscono) e che applichino accordi contrattuali
che prevedono azioni positive per la flessibilità.
Per i progetti di cui alla lettera c) ovvero che consentano la
sostituzione del titolare di impresa o del lavoratore autonomo,
che benefici del periodo di astensione obbligatoria o dei congedi
parentali, con altro imprenditore o lavoratore autonomo,sono
ammessi al finanziamento i seguenti soggetti:
1) titolare di impresa, inteso come colui che esercita
individualmente l’attività d’impresa;
2) lavoratore/trice autonomo/a, inclusi i/le liberi/e professionisti/e;
3) lavoratori/trici a progetto(a condizione che via sia l’assenso
esplicito del committente sulla sostituzione e sul sostituto).
La durata massima delle azioni è di 24 mesi.
Per i progetti riferiti alle tipologie b e c, in considerazione
della natura delle azioni cui sono riferite, sono necessarie
alcune precisazioni aggiuntive, che comportano una ulteriore
delimitazione dei termini temporali cui riferire al durata dell’azione:
- la durata dei programmi di formazione al rientro (lett. b)
deve essere proporzionata alle effettive esigenze, in relazione
alle mansioni svolte e alla posizione ricoperta in azienda, del
85
LE DISCRIMINAZIONI
lavoratore/trice in rientro da un congedo parentale, e quindi
alla durata dello stesso. La necessità di attuare un programma
di formazione al rientro si configura a partire da un periodo di
congedo di almeno 60 gg.
- l’astensione del congedo parentale di cui alla lettera c non può
eccedere i 12 mesi.
Finanziaria per il 2007 e azioni positive ex L . 53/00:
Viene riformulato l’art. 9 della legge n. 53/2000 in materia di
conciliazione tra tempi di vita e tempi lavorativi.
È prevista l’erogazione di contributi, di cui almeno il 50% destinati
ad imprese fino a 50 dipendenti, in favore di aziende, aziende
sanitarie locali (Asl) e aziende ospedaliere che applichino accordi
contrattuali che prevedano le seguenti azioni positive:
1) progetti articolati per con sentire alla lavoratrice madre o al
lavoratore padre, anche quando uno dei due sia lavoratore
autonomo, o quando abbiano in affidamento o in adozione un
minore, di usufruire di particolari forme di flessibilità degli orari,
con priorità per i genitori che abbiano bambini fino a 12 di età
o fino a 15 anni, in caso di affidamento o di adozione, o figli
disabili a carico;
2) programmi di formazione per il reinserimento dei lavoratori
dopo il periodo di congedo;
3) progetti che consentano la sostituzione del titolare di impresa o
del lavoratore autonomo, che benefici del periodo di astensione
obbligatoria o dei congedi parentali, con altro imprenditore o
lavoratore autonomo.
4) interventi ed azioni volti a favorire la sostituzione, il
reinserimento, l’articolazione della prestazione lavorativa e la
formazione dei lavoratori con figli minori o disabili a carico o con
anziani non autosufficienti a carico.
Vogliamo fornire una panoramica dei campi in cui le azioni positive
hanno bisogno di emergere e di essere sostenute:
86
SARA GIORLANDO, PAOLA PETRUCCI
- attivare rapporti con enti specializzati in servizi di cura(mediante
ad esempio stipula di convenzioni) al fine di alleviare i lavoratori
dall’ulteriore cura dei familiari bisognosi;
- progettare piani di spostamento casa-lavoro e soluzioni di
trasporto alternativo;
- incrementare il telelavoro attraverso una progettazione
sistematica di linee di attività telelavorabili.
Se vuoi saperne di più sui progetti per l’attuazione delle azioni
positive contatta la Consigliera di Parità, si tratta di disposizioni che
promuovono la parità tra uomo e donna e il tempo che i lavoratori
dedicano alla propria famiglia in un clima di collaborazione con le
aziende mediante rimborsi per queste ultime.
Sostegno all’imprenditoria femminile
La Legge 215/92 recante ”Azioni positive per l’imprenditoria
femminile”costituisce il fondamento degli interventi attuativi
del disegno di riequilibrio tra i sessi in relazione al mondo
dell’imprenditoria. Con questo provvedimento il Legislatore non
si è limitato ad incentivare la realizzazione delle azioni positive in
termini generali, ma è intervenuto a indicare nello specifico quelle
iniziative da adottare per il conseguimento di una sostanziale parità
tra uomo e donna. Obiettivi della legge sono quelli di:
> favorire la creazione e lo sviluppo dell’imprenditoria femminile;
> promuovere al formazione imprenditoriale e qualificare la
professionalità delle donne imprenditrici;
> agevolare l’accesso al credito per le imprese a conduzione o a
prevalente partecipazione femminile;
> favorire la qualificazione imprenditoriale e la gestione delle
imprese familiari da parte delle donne.
Se vuoi avviare un’attività imprenditoriale o intendi espandere
un’attività esistente puoi usufruire di diversi tipi di finanziamenti, si
tratta di fondi stanziati da leggi nazionali, ma anche da enti locali.
87
LE DISCRIMINAZIONI
88
SARA GIORLANDO, PAOLA PETRUCCI
La violenza contro le donne
Sembra un paradosso ma, mentre l’Unione europea, le istituzioni
nazionali e locali si occupano di pari opportunità il fenomeno delle
violenze nei confronti delle donne è in costante aumento tanto che
le stesse forme di violenza sono in continua evoluzione e le nostre
leggi stentano ad inquadrarle in fattispecie penali già esistenti.
Ne è un esempio il fenomeno dello “stalking”, con questo termine
si identificano un insieme di condotte vessatorie, sotto forma
di minaccia, molestia, atti lesivi continuati che inducono, nella
persona che le subisce, un disagio psichico e fisico e un ragionevole
senso di timore. I comportamenti che possono realizzare l’ipotesi
di “stalking” sono fra i più variegati: messaggi, sms, mms, email,
telefonate, appostamenti, inseguimenti, invio di regali ed altro.
Come già accennato sopra si tratta di un fenomeno molto diffuso
di cui molte donne sono vittime. L’atteggiamento più frequente
nelle vittime di stalking è quello di cercare di risolvere il problema
da sole poiché spesso conoscono il loro persecutore, infatti nella
maggior parte di casi esaminati è proprio una persona conosciuta
(marito, convivente, fidanzato, collega di lavoro) ad assumere tali
atteggiamenti.
Fino a poco tempo fa nel nostro codice penale non esisteva ancora
un’ipotesi di reato specifica per questo fenomeno ma, in base agli
elementi descritti dalla vittima, era possibile ascrivere la condotta a
singoli reati: minacce, molestie, lesioni o violenza privata.
Per questi motivi è stata al vaglio del Parlamento un disegno di
legge,approvato da poco, che prevede l’introduzione di una nuova
fattispecie di reato all’art. 612 -bis c. p. rubricato “Atti persecutori”
che recita: “Chiunque ripetutamente molesta o minaccia taluno in
89
LE DISCRIMINAZIONI
modo tale da turbare le sue normali condizioni di vita ovvero da
porre lo stesso in uno stato di soggezione o grave disagio fisico
o psichico, ovvero tali da determinare un giustificato timore per
la sicurezza personale propria o di persona a sé legata da stabile
legame affettivo, è punito, a querela della persona offesa, con la
reclusione fino a quattro anni”.
L’introduzione di tale articolo comporta una risposta giuridica
efficace qualificando tipi di condotte come atti persecutori
che altrimenti,pur rientrando in fattispecie di reato già previste
nel nostro ordinamento (ingiurie, percosse), se singolarmente
perseguite non consentirebbero un’efficace tutela nei confronti di
chi le subisce per via dei limiti edittali molto bassi per i quali non è
prevista l’applicazione di misure cautelari.
Numerosi sono stati gli studi effettuati sul fenomeno il quale è
stato suddiviso in base anche alla tipologia dell’autore di questi atti
vessatori, infatti i casi più frequenti di stalking sono propri quelli
in cui l’autore è un ex partner. Il resto dei casi invece vede come
autori conoscenti o semplici sconosciuti.
Consigliamo a tutte le donne che si trovano a subire situazioni simili
a non sottovalutare il problema e a non avere alcun timore nel
richiedere aiuto alle forze dell’ordine. Siamo consapevoli che narrare
certe vicende così private sia uno sforzo di non poco conto ma il
silenzio, in molti di questi casi, non migliora la situazione.
La prima cosa da fare è denunciare quanto sta accadendo, magari
raccogliendo anche testimonianze di chi ti è vicino, conservando gli
eventuali biglietti o messaggi ricevuti, i referti del pronto soccorso se
sei stata addirittura aggredita, e poi presentare denuncia-querela.
Siccome quella della denuncia-querela è una fase molto delicata
dalla quale poi dipendono anche le sorti investigative e processuali
consigliamo di farsi aiutare da un avvocato specializzato in questi
reati magari consultando le associazioni e i centri antiviolenza o
le stesse Consigliere di parità della tua Provincia che sapranno
indirizzarti verso il professionista giusto.
90
SARA GIORLANDO, PAOLA PETRUCCI
Approvato il disegno di legge n. 1440
Il 25 Febbraio 2009 è entrato in vigore il Decreto Legge 11/2009,
riportiamo le novità recepite in tema di stalking.
A. Il reato di “atti persecutori” e le aggravanti connesse: è
previsto un aumento della pena se gli atti persecutori sono stati
posti in essere da chi abbia intrattenuto con la persona offesa
una relazione sentimentale (al di là del tipo di qualificazione
formale di tale relazione) e un aumento sino alla metà se il
fatto è commesso in danno di minore o in una delle ipotesi
aggravanti previste dall’art. 339 c.p.
B. La procedibilità d’ufficio per le fattispecie aggravate.
C. L’avviso orale da parte del Questore: è prevista la possibilità
per la persona che si senta vittima di atti persecutori di richiedere
al Questore, prima di procedere a querela, l’ammonimento dello
stalker. Purtroppo nel disegno di legge non è stato fatto alcun
riferimento alla Legge 1423/56 “Misure di prevenzione nei
confronti delle persone pericolose per la sicurezza e la pubblica
moralità” che prevede all’art. 4 una serie di garanzie nel caso
in cui il soggetto pericoloso ammonito non ottemperi a quanto
impartito dal Questore.
D. Il divieto di avvicinamento: il Giudice oltre a disporre il divieto
di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla vittima dell’indagato
anche quello di comunicare,attraverso qualsiasi mezzo, con la
vittima e i congiunti.
E. Possibilità di effettuare intercettazioni,incidente
probatorio ed esame protetto: è stata estesa anche per
questo tipo di reato l’ammissibilità di intercettazioni. Inoltre
su richiesta della parte offesa è possibile esperire l’incidente
91
LE DISCRIMINAZIONI
probatorio ciò significa dare la possibilità alla vittima di
atti persecutori di non rivivere a distanza di mesi o anni in
dibattimento la rievocazione di quanto subito.
F. Il prolungamento della validità degli ordini di protezione
contro gli abusi familiari:la validità degli ordini di protezione
civile (art. 342-bis e 342-ter del codice civile) viene modificata nel
disegno di legge da sei mesi ad un anno.
G. Sostegno alle vittime di atti persecutori: Previsti nuovi
obblighi per le forze dell’ordine,i presidi sanitari e le istituzioni
pubbliche che ricevono dalla vittima notizie di reato di atti
persecutori. Si devono fornire alla vittima tutte le informazioni
utili relative ai centri anti-violenza presenti sul territorio e, in
particolare, nella zona di residenza della vittima
NELLA REGIONE MARCHE
la nostra regione si è dotata di una legge, la n. 32 dell’11
novembre 2008 che prevede interventi contro la violenza sulle
donne.
Questa legge si affianca localmente a quanto intrapreso poi
anche dal Decreto Legge n. 11/2009 che istituisce un numero
verde (15.22) nazionale a favore delle vittime di atti persecutori
presso il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del
Consiglio,attivo 24 ore su 24.
A seguito della legge regionale n. 32/08 la Regione Marche ha
promosso e finanziato la costituzione di nuovi centri antiviolenza
– uno per Provincia in collaborazione con Associazioni di
volontariato ed organizzazioni attive sul territorio. Tutte le donne
che sono vittime di maltrattamenti in famiglia, di molestie sessuali,
atteggiamenti vessatori, possono rivolgersi a questi centri.
Nel rispetto dell’anonimato, si può avere tutto il sostegno e
l’aiuto di cui si ha bisogno mediante il contatto telefonico e,
successivamente, l’accoglienza in sede e il ricorso a consulenze
legali o psicologiche.
92
SARA GIORLANDO, PAOLA PETRUCCI
Si tratta di uno strumento gratuito che nel rispetto delle proprie
scelte intende accompagnare le donne nella risoluzione dei
problemi senza intraprendere alcuna iniziativa se non su loro
esplicita richiesta.
Per la Provincia di Ancona
c/o la sede dell’Associazione Donne e Giustizia
via Cialdini n. 24A – Ancona
tel. 800 032810 – 071 205376
e-mail [email protected]
Per le Provincie di Ascoli Piceno e Fermo
c/o il Punto di Accoglienza Territoriale
piazzale Marconi n. 14 – Porto Sant’Elpidio
tel. 800 215809
e-mail [email protected]
Per la Provincia di Macerata
Centro antiviolenza SOS donna
Piazza Vittorio Veneto (San Giovanni) n. 14 – Macerata
tel. 0733 1990133
e-mail [email protected]
Per la Provincia di Pesaro-Urbino
Centro antiviolenza Parla con noi
Via Diaz n. 10 – Pesaro
tel. 0721 639014
e-mail [email protected]
93
LE DISCRIMINAZIONI
94
DALLE DISCRIMINAZIONI AL MOBBING: GUIDA PRATICA
PARTE SECONDA
Antonella Beriolla D’Alessio
Paola Casciati
Il fenomeno
del Mobbing
95
DALLE DISCRIMINAZIONI AL MOBBING: GUIDA PRATICA
Il mobbing:
una problematica del mondo del lavoro
Il Mobbing definisce una problematica antica da sempre presente
nel mondo del lavoro, legata alla violenza psicologica perpetrata
all’interno di un gruppo di persone che lavorano nella stessa
azienda.
Il termine mutuato dall’etologia dove sta ad indicare il
comportamento del branco che vuole allontanare un proprio
simile, è il participio presente del verbo anglosassone “to mob”
che significa “assaltare insieme, aggredire in massa”. E’ stato
introdotto nella medicina del lavoro dallo psicologo tedesco Heinz
Leymann che con il termine Mobbing definisce una complessità
di comportamenti e di atteggiamenti vessatori e persecutori messi
enza
in atto sul posto di lavoro, e caratterizzati da terrorismo e violenza
psicologica, che portano a mortificare, offendere e avvilire la
vittimaa designata fino a determinarne l’allontanamento
l’allontana
dal posto
di lavoro,
avoro,, tramite
tr
il licenziamento o le dimissioni.
riporta non solo la grave
La vittima, soggetta
getta a queste
este aggressioni,
agg
rave
ave
lesione
propri diritti ma anche una serie di di
disturbi
one dei p
bi psichic
psichici o
psicosomaticii che nei casi
ca estremi possono sfociar
sfociare in una vera e
propria patologia
i psichiatrica.
i hi ica
Le azioni persecutorie
ec torie messe in atto nel Mobbing
Mobbin sono
Mobb
prevalentemente di tre tipi:
> viene interrotta o limitata la possibilità di comunicare;
> viene attaccata la reputazione del lavoratore con pettegolezzi ed
offese;
> s’interviene sulle prestazioni affidando incarichi o molto al di
sotto della qualifica o molto al di sopra o escludendo il soggetto
da ogni tipo di attività.
97
DALLE DISCRIMINAZIONI AL MOBBING: GUIDA PRATICA
Il primo ad introdurre in Italia il concetto di mobbing è stato lo
psicologo del lavoro prof. Ege che nel 1996 ne ha elaborato “il
modello italiano” articolato, come vedremo in seguito, in sei fasi.
La prima definizione giuridica di Mobbing nasce, invece, dalle due
ormai storiche sentenze del tribunale di Torino del 16 novembre
1999 e del 30 dicembre 1999, riguardanti un isolamento lavorativo
la prima e un demansionamento la seconda, che hanno offerto
una tutela giuridica piena contro le azioni vessatorie sofferte
dai lavoratori. In seguito, a livello nazionale ed internazionale,
numerose sono state le sentenze che hanno affrontato la tematica
del Mobbing tanto che oggi si dispone di una ormai ricca
esperienza giurisprudenziale ad uso degli avvocati specialistici
affinché i mobbizzati possano ottenere giustizia dei torti subiti.
In Italia il problema del Mobbing è presente in tutti i settori del
mondo del lavoro, nella media e grande impresa nonché nella
Pubblica Amministrazione. Il suo notevole proliferare si può
attribuire in parte alla natura stessa del sistema economico, volto
al profitto a scapito di quei principi fondamentali che dovrebbero
imperare nell’ambiente di lavoro, quale quello della correttezza e
della buona fede, ed in parte alla ricerca di metodi alternativi di
scioglimento del contratto di lavoro, data la rigidità a cui questo è
sottoposto nel nostro ordinamento.
98
DALLE DISCRIMINAZIONI AL MOBBING: GUIDA PRATICA
Profili soggettivi e oggettivi
Sotto il profilo soggettivo nel Mobbing si riconoscono due figure:
il mobber che opera la violenza psicologica e il mobbizzato che la
subisce.
Il mobber è il soggetto che attiva la violenza psichica e può essere
un singolo o un gruppo di persone che si possono succedere e/o
alternare nell’espletamento della strategia di vessazione.
L’azione del mobber, a seconda da dove parte la violenza
psicologica, si può muovere in direzione verticale o orizzontale.
Mobbing Verticale o “bossing” – quando l’azione viene fatta da
un superiore nei confronti di un subordinato o, viceversa, da un
gruppo di dipendenti nei confronti di un superiore, ipotesi questa
più rara perché di più difficile realizzazione;
Mobbing Orizzontale – quando il fenomeno viene attuato tra pari
grado.
Si parla invece di mobbing collettivo quando le vittime sono un
intero gruppo di persone, attuato in genere con lo scopo di ridurre
o razionalizzare gli organici.
Spesso l’azione del mobber è sostenuta dall’acquiescenza dei
colleghi, definiti in questo caso side mobbers, che, pur non
operando alcuna attività discriminatoria diretta, si rendono estranei
ed assenti alle ingiustizie che la vittima sta subendo.
Il mobbizzato è colui che subisce l’aggressione nella propria sfera
psichica; la violenza consiste in una minaccia sottile, larvata, senza
urla o insulti, ma fatta di scherzi e di messe in ridicolo, è una
svalorizzazione sistematica delle capacità e del lavoro svolto, una
critica continua, fino ad arrivare a casi più gravi, demansionamento
o molestie etc, etc... Tutti questi comportamenti nel lungo periodo
99
DALLE DISCRIMINAZIONI AL MOBBING: GUIDA PRATICA
portano la vittima, dopo essere stata messa in una posizione di
debolezza e mancanza di difesa, ad una estromissione dal posto di
lavoro.
Per l’aspetto oggettivo non è possibile individuare un elenco
tassativo di condotte tipiche che configurano il Mobbing
perchè queste sono varie e diversificate, però in base alla già
cospicua realtà del fenomeno, la giurisprudenza, il legislatore e
la contrattazione collettiva hanno individuato, a livello nazionale
e aziendale, i presupposti e le caratteristiche che devono essere
sempre presenti perché si configuri il mobbing.
Le caratteristiche tipiche si possono così riassumere:
1. la natura dei comportamenti subiti e il fine persecutorio con cui
sono perpetrati;
la ripetitività e la sistematicità delle azioni;
la durata , dovendo queste protrarsi per un congruo periodo,
quantificato in almeno 6 mesi.
100
DALLE DISCRIMINAZIONI AL MOBBING: GUIDA PRATICA
Le fasi
Come si è già detto, non esiste una condotta tipica che possa
configurare il Mobbing ma solo degli elementi tipici in cui, anche se
con modalità diverse, si estrinseca il fenomeno che è un processo
che si evolve in un periodo di tempo piuttosto lungo, anche per
anni. Lo psicologo del lavoro, Herald Ege, ha elaborato un modello
di Mobbing “il modello italiano” che è un ampliamento del
modello realizzato a sua volta dallo studioso Leymann, strutturato
in sole 4 fasi e ritenuto insufficiente per la realtà italiana, troppo
diversa da quella scandinava e tedesca per cui il modello di
Leymann era stato costruito.
Si può schematizzare in sei fasi progressive precedute da una prefase detta condizione zero; esse costituiscono come un percorso
che il lavoratore designato come vittima, in modo più o meno
ignaro, segue.
– Condizione zero – È la fase iniziale, quella in cui il mobbing
è solo potenzialmente presente; consiste nel conflitto fisiologico
tipico di ogni azienda italiana che non viene avvertito come
pericoloso ma ritenuto normale ed accettato.
La competitività esasperata, le ripicche, i diverbi di opinione, le
accuse, le antipatie costituiscono il terreno favorevole e fertile
perché si sviluppi il Mobbing; bisogna però sottolineare che nella
condizione zero manca la volontà di danneggiare, è solo presente
la volontà di emergere sugli altri.
1° Fase – Conflitto mirato – Il Mobbing ha inizio con
l’individuazione della vittima e la nascita dell’intento persecutorio
101
DALLE DISCRIMINAZIONI AL MOBBING: GUIDA PRATICA
nel mobber; l’obiettivo non è più quello di emergere ma quello di
distruggere l’avversario, che viene attaccato anche nel suo privato.
2° Fase – Inizio del mobbing – Il mobber pone in essere una
serie di attività vessatorie: la vittima avverte una sensazione di
disagio e di fastidio, il che provoca un inasprimento nei rapporti tra
i colleghi e/o con i superiori; si crea una disfunzione dalle relazioni
interpersonali.
3° Fase – Primi disturbi psicosomatici – Con il protrarsi della
soggezione ai comportamenti mobbizzanti, incominciano a
manifestarsi i primi problemi di salute, insonnia, insicurezza e lieve
depressione. Questi disturbi psicosomatici possono essere avvertiti
per un lungo periodo di tempo e potrebbero portare il mobbizzato
ad assentarsi dal lavoro per malattia e di conseguenza a riportare
un calo nel lavoro, sia qualitativo che quantitativo.
4° Fase – Errori ed abusi dell’amministrazione del personale –
La situazione conflittuale è ormai a conoscenza di tutti. Il soggetto,
a causa dei disturbi generati dalle vassazioni, tende ad assentarsi
dal lavoro sempre con maggiore frequenza.
L’ufficio che gestisce il personale normalmente nota il mutamento
nella vittima ma commette errori di valutazione richiamandolo
ulteriormente per le continue assenze o per un eventuale deficit
nella prestazione lavorativa e ponendo quindi in essere dei
provvedimenti inutili anzi peggiorativi della situazione; questo
perché spesso il fenomeno del Mobbing non è ancora conosciuto
dalle imprese come una realtà così diffusa.
5° Fase – Peggioramento dello stato psico-fisico della vittima
– Con il peggiorare della situazione la vittima può versare in uno
stato di vera e propria disperazione, soffrire di disturbi di tipo
depressivo e arrivare ad una patologia psichiatrica. Il mobbizzato
102
ANTONELLA BERIOLLA D’ALESSIO, PAOLA CASCIATI
si convince di essere lui la causa di tutto e di vivere in un mondo di
ingiustizie che niente e nessuno potrà mai cambiare.
6° Fase – Esclusione dal mondo del lavoro – Siamo all’ultimo
stadio: l’esclusione del soggetto dal mondo del lavoro, questa
si potrà concretizzare o, in modo diciamo “spontaneo”, con le
dimissioni volontarie o con il vero e proprio licenziamento.
Lo stato di disperazione e la depressione della vittima può portare
alla conclusione del processo con atti estremi come il suicidio o la
vendetta sul mobber.
Il mobbizzato che ha subito una lesione del proprio equilibrio
psichico potrebbe anche scaricare tutte le sue frustrazioni e i disagi
e le sofferenze nella sua famiglia, determinando un peggioramento
della sua vita anche al di fuori del luogo di lavoro.
È questa la situazione in cui, nei casi più estremi, si può verificare
il doppio Mobbing perché la famiglia, dopo un primo momento di
comprensione e complicità, potrebbe isolare a sua volta l’individuo,
privandolo della comprensione e dell’aiuto un tempo concesso.
103
IL MOBBING
104
ANTONELLA BERIOLLA D’ALESSIO, PAOLA CASCIATI
I comportamenti mobbizzanti
Le azioni mobbizzanti protratte nel tempo si caratterizzano, come
si è detto, per il loro potere di estromissione, reale o virtuale, della
vittima dal posto di lavoro e possono essere di diversa natura, per
cui è impossibile definirne una tabella.
Senza avere la pretesa di essere esaustivi, ma piuttosto a titolo
esemplificativo, nelle pagine seguenti se ne elencano alcuni che
sono già riconosciuti e sanzionati dalla giurisprudenza:
> demansionamento
> forzata inattività lavorativa e trasferimento forzato
> molestie sessuali
Altri comportamenti che possono far scaturire il Mobbing sono
le ingiurie; le dimissioni indotte (il lavorare sceglie di lasciare il
lavoro non per una libera scelta ma perché vi è costretto dall’opera
del mobber); il licenziamento ingiurioso (un licenziamento
accompagnato da ingiurie e/o discriminazioni lesive della dignità
e del decoro del lavoratore); la discriminazione ai danni della
lavoratrice in stato di gravidanza; l’abuso del potere disciplinare
(l’utilizzo da parte di un superiore gerarchico di un mezzo lecito
ma travalicando i limiti delle legittimità); le promozioni effettuate
senza rispettare il principio di correttezza; la perdita di chance
lavorativa (la mancata possibilità di ottenere un risultato utile); il
diniego di ferie o permessi; il surmenage lavorativo (il superlavoro
sproporzionato del lavoratore); fissare obiettivi impossibili etc. etc.
È ovvio come in queste condotte deve essere chiara la volontà
persecutoria e il danno per l’integrità fisica, la dignità morale e la
professionalità del mobbizzato.
105
IL MOBBING
Demansionamento
L’esempio tipico di comportamento da Mobbing, in particolare
di bossing, è il demansionamento cioè la dequalificazione
professionale del lavoratore inserita in un disegno eliminatorio e
persecutorio che determina una lesione alla dignità personale della
vittima.
Esso si configura quando il lavoratore non è più addetto alle
mansioni per le quali era stato assunto ed è quindi o esautorato
dalle sue mansioni precedenti, o assegnato a mansioni inferiori che
non solo non hanno contenuto qualificante ma che comportano la
dispersione della professionalità già acquisita; si ha in questo caso
una vera e propria lesione del diritto del lavoratore ad eseguire la
prestazione lavorativa propria della qualifica professionale
Il demansionamento protratto nel tempo non provoca solo
una sofferenza psicofisica ma si riflette negativamente anche
sull’immagine professionale del lavoratore che vede così
deprezzato il suo ruolo e competitività nel mercato del lavoro.
Per tutelarsi la vittima ha a disposizione due possibilità:
> può rifiutarsi di eseguire la prestazione lavorativa dequalificante
perché non corrispondente a quella pattuita in sede contrattuale,
con l’accortezza a che il suo rifiuto non sia sproporzionato e
contrario al principio di buona fede che regola il rapporto di
lavoro.
> può ricorrere al rimedio giudiziale e chiedere la tutela del giudice
del lavoro ed ottenere la nullità dell’atto illecito adottato dal
datore, il risarcimento del danno e la condanna per il datore alla
corretta esecuzione dell’obbligo contrattuale con l’assegnazione
al lavoratore delle mansioni spettanti.
Per quanto concerne il risarcimento del danno, è già cospicuo
l’intervento della giurisprudenza a tutela sia del danno alla salute
e alla professionalità, che di quello morale e patrimoniale e spetta
al lavoratore fornire la prova del pregiudizio concreto ed effettivo
subito per ottenere il risarcimento.
106
ANTONELLA BERIOLLA D’ALESSIO, PAOLA CASCIATI
In caso di demansionamento si può citare per tutte la sentenza
della Corte di Cassazione n. 14496 del 2005 che ribadisce che
le mansioni inferiori rispetto a quelle previste dal contratto di
lavoro non rientrano fra gli obblighi che discendono dal rapporto
di lavoro; pertanto, il lavoratore che si rifiuta di svolgerle non
può essere considerato inadempiente né tanto meno può essere
sottoposto a procedimenti disciplinari o licenziamento. Va precisato
che l’azione legale contro il mobbing, in questo caso, non è altro
che un’azione per violazione del contratto di lavoro.
Forzata inattività e il trasferimento illecito
Nell’ambito della dequalificazione va incluso anche
l’esautoramento da un qualsiasi tipo di attività lavorativa, la c. d.
forzata inattività, che si realizza quando il lavoratore viene privato,
ad esempio, dei mezzi tecnici per poter prestare la sua opera
o trasferito ingiustificatamente in un ufficio deserto o in altre
sedi distaccate. Va ricordato che nel nostro ordinamento non è
consentito il trasferimento per motivi disciplinari.
Il datore, per non essere condannato alla reintegra del lavoratore
trasferito e al risarcimento del danno, deve dimostrare che
l’operazione di mobilità sia stata sorretta da comprovate
giustificazioni oggettive e/o soggettive.
Molestie sessuali
Il fenomeno delle molestie sessuali è certamente un problema
sociale ed è particolarmente avvertito all’interno dei luoghi di
lavoro, in presenza di una struttura gerarchica e dello stato di
soggezione e debolezza di alcune particolari categorie di lavoratori,
come le donne e i soggetti con contratti precari.
Le molestie sessuali, operate dal datore di lavoro, dai i suoi stretti
collaboratori o da colleghi di pari grado nei confronti dei lavoratori
soggetti al potere gerarchico, costituiscono senza dubbio uno
dei comportamenti più detestabili tra quelli che possono ledere
107
IL MOBBING
la personalità morale e di conseguenza l’integrità psicofisica dei
lavoratori.
Per inquadrare quali fattispecie possono essere incluse sotto il
genus delle molestie sessuali dobbiamo riferirci alla normativa
europea dato che nel nostro ordinamento non ne è stata ancora
formulata una precisa definizione.
La disciplina comunitaria per molestia sessuale intende qualsiasi
“situazione nella quale si verifica un comportamento indesiderato
a connotazione sessuale, sia espresso in forma fisica che verbale
o non verbale, avente lo scopo o l’effetto di violare la dignità di
una persona, creando un clima intimidatorio, ostile, degradante,
umiliante o offensivo”1.
Alla luce della definizione comunitaria, quindi, quello che
caratterizza la molestia sessuale è il fatto che si tratti di un atto
indesiderato da parte di chi lo subisce, dal momento che solo il
singolo individuo può stabilire quale comportamento tollerare e
quale ritenere offensivo.
La molestia sessuale, subita sul luogo di lavoro, isolata e finalizzata
a se stessa, pur configurando di per sé un illecito penalmente
rilevante, non è però Mobbing.
Affinché si rilevi quale fattispecie di Mobbing, sono necessari quei
presupposti determinanti propri per l’individuazione delle condotte
mobbizzanti e cioè una pluralità di azioni ripetute per un periodo
considerevole e rette, sotto il profilo soggettivo, da un intento
vessatorio, persecutorio e discriminante.
Va sottolineato che alla base del Mobbing sessuale non deve
necessariamente esserci da parte del mobber un interesse
carnale per la vittima, perché la molestia è solo un mezzo per
l’eliminazione, l’allontanamento o la distruzione del mobbizzato.
1 Cit. Art. 2.2 della direttiva 2002/73 CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 settembre 2002.
108
ANTONELLA BERIOLLA D’ALESSIO, PAOLA CASCIATI
109
IL MOBBING
Contro questo tipo di comportamenti il nostro ordinamento offre
tutela sia in sede penale che civile.
La tutela penale si innesca a mezzo denuncia per configurazione
dei reati di molestie, violenza sessuale, ingiuria e maltrattamenti.
La tutela civile invece si realizza davanti al giudice del lavoro ed è
volta ad ottenere in primo luogo la cessazione del comportamento
lesivo e poi il risarcimento del danno.
Il Mobbing nella Pubblica Amministrazione
Il Mobbing non è un fenomeno legato unicamente alla realtà
lavorativa dell’impiego privato, è purtroppo presente e molto
diffuso anche nella Pubblica Amministrazione.
Un aggravamento della situazione si è avuto in seguito alla
conclusione del processo di privatizzazione del pubblico impiego2
per cui la struttura pubblica si è uniformata ai principi di efficienza,
economicità ed efficacia3 tipici del lavoro privato, potenziando a
questo fine sia la struttura organizzativa che le risorse umane.
L’organizzazione degli uffici infatti segue un modello che ricalca
fortemente quello privatistico, per cui gli stessi devono essere
funzionali in relazione ai compiti, flessibili, collegati tra loro grazie
a sistemi di comunicazione e di interconnessione per garantire
l’imparzialità e la trasparenza dell’azione amministrativa, e con
orari di sevizio e di apertura gestiti in funzione dell’utenza.
La riforma ha posto una netta separazione tra il potere
politico e quello gestionale affidando al governo le scelte per
l’organizzazione degli uffici e ai dirigenti pubblici la gestione dei
2 La privatizzazione del pubblico impiego si è avuto prima ad opera del
Decreto Legislativo n. 29 del 1993 e poi del Decreto Legislativo 30 marzo
2001, n. 165 “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze
delle amministrazioni pubbliche”
3 Il principio del risultato, del profitto che è principio economico cardine del
lavoro privato.
110
ANTONELLA BERIOLLA D’ALESSIO, PAOLA CASCIATI
rapporti di lavoro, e quindi il potere gestionale.
I dirigenti sono stati così equiparati ai datori di lavoro privato, di
cui assimilano le capacità e i poteri nella gestione del rapporto di
lavoro4 e l’attività tendente al risultato; di conseguenza il lavoratore
pubblico ha visto sostanzialmente mutata la propria posizione,
suscettibile ora di modificazioni ad opera della dirigenza, le cui
decisioni non sono più soggette ai rigidi controlli di legittimità del
passato.
È chiaro, pertanto, che l’ampio potere in mano alla dirigenza
pubblica diviene terreno fertile per la nascita di situazioni
mobbizzanti, in particolare di tipo verticale, ad opera dei dirigenti
e degli organi di vertice nei confronti dei dipendenti e questo per
ragioni politiche, sindacali o per esigenze di riorganizzazione degli
uffici.
Per quel che concerne l’individuazione del giudice competente
in materia, va fatta una precisazione in quanto, a seguito della
privatizzazione del pubblico impiego, tutte le controversie di lavoro
sono state devolute al giudice unico di primo grado in funzione di
giudice del lavoro, mentre antecedentemente la competenza era
del giudice amministrativo.
Una recente sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite5
ha chiarito che la competenza in materia di controversie tra datore
di lavoro e dipendente pubblico è distinta in base al momento in
cui si sono consumati i comportamenti mobbizzanti; se queste
sono antecedenti all’entrata in vigore del Decreto Legislativo n.
80 del 1998, e quindi al 30 giugno del 1998, sono devolute al
giudice amministrativo, viceversa sono di competenza del giudice
ordinario.
4 Art. 5, comma 2 D. Lgs. 30 marzo 2001, n. 165.
5 Sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 8438 del 4 maggio
2004.
111
IL MOBBING
La prima sentenza in cui è stato riconosciuto
nos
il Mobbing all’interno
di un rapporto di lavoro pubblico, indipendentemente
da altri
ind
procedimenti, è quella del 2003 de
del Tribunale di Tempio Pausania
a6
in cui il Comune è stato condannato
al risarcimento del danno per
nn
pe
p
dequalificazione professionale e al risarcimento da danno biologico
ogico
g
e esistenziale.
La giurisprudenza per questa tipologia
di mobbing non è
t
ancora consistente, senza dubbio
per la particolare reticenza
b
etic
che potrebbero incontrare le vvittime a denunciare qu
questo tipo
o
di vessazioni data la rilevanza dei
d soggetti coinvolti,
olt il che rende
d
la situazione ancora più esasperata
di quella che,
e
e purtroppo,
normalmente già si riscontra nei
ei casi di Mobbing.
in
6 Sentenza Tribunale di Tempio Pausania del 10 luglio 2003, n. 157.
112
ANTONELLA BERIOLLA D’ALESSIO, PAOLA CASCIATI
Gli strumenti di tutela
Sebbene nel nostro ordinamento giuridico manchi un’esplicita
normativa legislativa che regolamenti la problematica del Mobbing
non si deve ritenere che questa patologia del mondo del lavoro sia
irrilevante per il nostro ordinamento e che il mobbizzato sia privo di
un’adeguata protezione.
Il lavoratore vittima di molestie psicologiche e vessatorie, come
abbiamo già accennato, aveva ed ha tuttora a disposizione
tutta una serie di norme giuridiche sia di diritto nazionale che
internazionale alle quali potersi appellare e nelle quali trovare
tutela: in primo luogo la Carta Costituzionale, le norme dei codici
civile e penale, le leggi speciali come quali lo statuto dei lavoratori,
eria
le norme in materia di molestie sessuali, la legislazione in materia
di igiene e sicurezza sul lavoro e infine il Decreto Legislativo n.
n 38
del 2
2000
000 che ha introdotto la tutela assicurativa INAIL
I
del danno
ologico.
biologico.
La Costitu
Costituzione Italiana e il Diritto Internazionale
l
Gli arti
articoli della
ar
lla Costituzione
Costituz
a cuii maggiormente si può far
riferimento sono:
rifer
rife
L’art 2 che riconosce
onosce
osce e garantisce i diritti in
inviolab
inviolabili
io
dell’uomo in
tutte le formazioni sociali incluso ovviamente l’ambiente di lavoro.
L’art. 3 che sancisce il principio di uguaglianza di tutti i cittadini
davanti alla legge.
L’art. 4 che riconosce il diritto al lavoro e promuove le condizioni
che rendano effettivo questo diritto.
L’art. 13 che sancisce il principio della libertà personale.
L’art. 35 che tutela il lavoro in tutte le sue forme.
113
IL MOBBING
L’art. 37 che tutela la donna lavoratrice e il lavoro minorile.
L’art. 32 che sancisce il diritto fondamentale dell’individuo e della
collettività alla salute fisica e psichica, diritto inviolabile che viene
normalmente leso nelle ipotesi di Mobbing.
L’art. 41 che al suo secondo comma pone un chiaro divieto a
che l’iniziativa economica possa svolgersi in modo da ledere la
sicurezza, la libertà e la dignità umana.
Questa ultime due sono le norme costituzionali più richiamate dalla
giurisprudenza per stabilire una responsabilità del datore di lavoro
e conseguentemente ottenere un risarcimento.
Tra le norme di diritto internazionale che tutelano il lavoratore
contro azioni di Mobbing è bene ricordare:
> La Dichirazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948
> La Convenzione Europea del 1950 che riconosce il diritto alla
vita, all’uguaglianza e alla sicurezza sui luoghi di lavoro.
> La Carta Sociale Europea del 1961che, tra l’altro, garantisce il
diritto dei lavoratori a non essere licenziati ingiustificatamente e il
diritto a condizioni di lavoro giuste ed eque
> La nuova Carta Sociale Europea del 1996 che promuove la
sensibilizzazione e la prevenzione in materia di atti condannabili,
ostili ed offensivi diretti in modo ripetuto contro il lavoratore sul
luogo di lavoro.
> La Risoluzione del Parlamento Europeo sul Mobbing del
2001 che affronta in modo completo la problematica delle
persecuzioni psicologiche e morali nei luoghi di lavoro in ambito
europeo.
La legislazione speciale
L’antesignano della tutela per il danno da Mobbing è senza dubbio
lo statuto dei lavoratori. Particolarmente significativi sono gli articoli
5, 7, 8 e 15.
L’art. 5 proibisce gli accertamenti sanitari e le visite mediche
domiciliari di controllo disposte con fini persecutori.
114
ANTONELLA BERIOLLA D’ALESSIO, PAOLA CASCIATI
L’art. 7 prevede l’obbligo di conoscenza delle infrazioni e relative
sanzioni mediante affissione in luogo accessibile a tutti.
L’art. 8 proibisce le indagini sulle convinzioni politiche del
lavoratore.
L’art 15 sancisce la nullità di qualsiasi atto che abbia finalità
discriminatorie ai danni del lavoratore per le sue convinzioni
politiche, religiose e sindacali, di lingua o di sesso. Questo articolo
per la sua ampia formulazione può essere utilizzato per sanzionare
qualsiasi discriminazione posta in essere dal datore di lavoro.
Tra la legislazione speciale bisogna menzionare senz’altro la legge
contro le molestie sessuali (66/96) e il D. Lgs. 626/94 che nella
distribuzione dei compiti obbliga il datore di lavoro di tenere conto
“delle capacità e delle condizioni dei lavoratori in rapporto alla loro
salute e sicurezza”.
Tutela Civile
Le molestie psicologiche e vessatorie configurano precise
responsabilità civili, contrattuali e extracontrattuali.
La tutela è volta ad ottenere in primo luogo la cessazione del
comportamento persecutorio e conseguentemente il risarcimento
per il danno subito.
Responsabilità Contrattuale
La norma giuridica più importante per la tutela del mobbizzato
è, senza dubbio, l’articolo 2087 del codice civile “tutela delle
condizioni di lavoro”, in base al quale sul datore di lavoro grava
l’obbligo di salvaguardare non solo l’integrità psicofisica ma anche
la personalità morale dei lavoratori, adottando a questo fine tutti
i mezzi, le cautele e gli strumenti necessari. Con la violazione di
questo obbligo contrattuale il datore diviene responsabile dei
possibili danni riportati dai lavoratori.
Per il datore non c’è solo il divieto di compiere direttamente
qualsiasi comportamento lesivo ma anche il dovere di prevenire
115
IL MOBBING
e eventualmente neutralizzare gli stessi comportamenti posti in
essere da altri dipendenti o superiori gerarchici. Infatti il datore ha
il potere, grazie all’art. 2087 e alla legge n. 300/1970 – lo Statuto
dei Lavoratori – di intervenire per impedire e/o interrompere attività
vessatorie di cui è venuto a conoscenza7.
Il principio di responsabilità del datore per la tutela delle condizioni
di lavoro va inteso anche in relazione agli articoli 32 e 41 della
Costituzione (il diritto inviolabile e soggettivo alla salute e
quello alla libertà di iniziativa economica privata, di cui però si
vieta l’esercizio che può recare danni alla sicurezza, alla libertà,
alla dignità umana) e al principio di correttezza e buona fede.
Rientrano tra le ipotesi di responsabilità per inadempimenti
contrattuali anche le ipotesi di demansionamento e trasferimenti
illeciti.
Il datore che però fornisce la prova dell’adempimento dell’obbligo
ex art. 2087 cod. civ. e che dimostri di aver attuato tutte le
precauzioni per evitare danni ai suoi dipendenti, è escluso dalla
responsabilità per i danni subiti dei suoi dipendenti, imputabili
pertanto a cause a lui estranee.
Responsabilità Extracontrattuale
L’art. 2043 del codice civile “risarcimento per fatto illecito”
introduce il principio del neminem laedere – non far del male a
nessuno – proprio di ogni società civile che porta alla necessità di
riparare ad un danno arrecato consapevolmente o colpevolmente.
Questo articolo fornisce al lavoratore, a differenza di quello
precedentemente esaminato, uno strumento di tutela diretta
in quanto configura per l’autore materiale del Mobbing una
7 Con la sentenza del Tribunale Milano del 9 Maggio 1998 il datore di lavoro è
stato condannato al risarcimento del danno per violazione ex art. 2087 cod.
civ. per non aver provveduto a tutelare una dipendente molestata da un altro
dipendente pur essendone a conoscenza.
116
ANTONELLA BERIOLLA D’ALESSIO, PAOLA CASCIATI
responsabilità extracontrattuale: questi ha l’obbligo di rispettare il
principio del neminem laedere non solo se e in quanto datore di
lavoro ma come soggetto inserito nella società.
Questa forma di tutela è particolarmente utile nei casi di Mobbing
orizzontale quando cioè tra il mobber e il mobbizzato manca un
collegamento di tipo contrattuale per cui non si potrebbe sostenere
una richiesta di risarcimento in base all’articolo 2087.
Sono già molte le sentenze che affermano la risarcibilità delle
condotte illecite perpetrate, con dolo o colpa dall’autore del
Mobbing, direttamente lesive di diritti assoluti e di valori esistenziali
dell’individuo, come il diritto alla salute.
Se la vittima vorrà essere risarcita per il danno subito avrà a suo
carico un onere della prova particolarmente gravoso in quanto,
oltre alla condotta mobbizzante, al danno subito e al nesso
di casualità intercorrente tra questi due, dovrà dimostrare la
volontarietà o la colpevolezza delle condotte persecutorie attuate
dal mobber.
L’art 2049 cod. civ. introduce un’altra forma di responsabilità
extracontrattuale ma oggettiva e indiretta. E’ quella dei datori di
lavoro per i fatti illeciti commessi dai propri dipendenti, domestici
e commessi nell’esercizio della prestazione lavorativa, ove il danno
non derivi direttamente dall’opera del datore di lavoro (es. caso
Mobbing orizzontale).
Il datore è responsabile semplicemente perché un suo dipendente,
in base all’incarico che da lui gli è stato affidato, ha posto in essere
una condotta vessatoria sempre però riconducibile al rapporto di
lavoro; se, invece, la condotta va al di là delle mansioni attribuite
dal datore, quest’ultimo è escluso dalla responsabilità ex art. 2049.
La prova del Mobbing
Nodo cruciale per ottenere una tutela risarcitoria è quello
dell’onere della prova sancito dall’art. 2697 cod. civ., secondo cui la
vittima che vuole far valere in giudizio un proprio diritto ha l’onere
117
IL MOBBING
di dimostrarne i fatti che ne costituiscono il fondamento e quindi
deve reperire le prove delle condotte mobbizzanti subite.
L’onere della prova è reso particolarmente difficile per due ordine
di ragioni; la prima perché, per la natura dei comportamenti,
i mobbers compiono le loro vessazioni in modo occulto e non
davanti a testimoni e con una tipologia di azioni che spesso non
sono di per sé illecite ma come in uno stato di border line con il
lecito; la seconda perchè i possibili testimoni colleghi della vittima
ma anche dipendenti o colleghi del più forte mobbers potrebbero
essere reticenti o subire ricatti e ritorsioni tali da farli dissuadere
dalla testimonianza.
Spesso, anche se con rammarico, la vittima che non crede di
poter riuscire a reperire delle prove che possano sufficientemente
ricostruire la sua vicenda lavorativa e la strategia persecutoria
subita, si vedrà costretta a desistere dall’intento di ottenere una
tutela giuridica.
Schematizzando semplicisticamente la vittima deve provare:
Il fatto dannoso – Una serie di comportamenti attuati dal mobber
illegittimi e lesivi dell’integrità fisica e della personalità morale del
lavoratore, con la conseguente inadeguatezza dell’ambiente di
lavoro. I comportamenti devono essersi verificati in modo ripetitivo
e sistematico.
La lesione – La lesione dell’integrità psicofisica, professionale,
morale o esistenziale del mobbizzato, e cioè il danno subito;
Il nesso di casualità – La relazione tra le condotte lesive del mobber
e il danno subito dal mobbizzato.
L’elemento psicologico – Il fatto dannoso può essere compiuto
dall’autore con dolo o con colpa, nel primo caso l’azione è
compiuta volontariamente, il mobber ha quindi previsto e voluto
l’evento lesivo; nel secondo caso l’azione è stata compiuta a causa
di negligenza, imprudenza o imperizia del mobber, egli non voleva
che si verificasse l’evento. Quest’ultimo elemento non è necessario
nel caso di prova per responsabilità contrattuale.
118
ANTONELLA BERIOLLA D’ALESSIO, PAOLA CASCIATI
Ogni tipo di responsabilità implica una diversa portata dell’onere
della prova ma si può dire che, in mancanza degli elementi richiesti,
non si potrà sperare di ottenere alcun tipo di responsabilità del
datore e di conseguenza nessun risarcimento, e quindi sarebbe
vano intraprendere un’azione legale contro il mobbing.
Tutela Penale
Si è già detto che nel nostro ordinamento il Mobbing, in quanto
tale, non è sanzionato come reato da norme specifiche ma,
considerando l’indubbio rilievo costituzionale dei beni giuridici lesi
dai comportamenti vessatori, può e deve avere autonoma rilevanza
penale prescindendo da un risarcimento del danno in sede civile.
Il Mobbing come realtà dannosa viene, quindi, perseguito
penalmente non in sé ma solo in base agli effetti che produce,
quando questi vanno a configurare una fattispecie penalmente
rilevante e così pertanto sanzionata.
I reati a carico del soggetto che pone in essere il Mobbing possono
essere molteplici; i più frequenti sono:
L’ ingiuria è il reato che commette chi offende l’onore e il decoro
di una persona presente, si può concretamente realizzare anche
attraverso comunicazione telefonica o scritta;
La diffamazione è perpetrata da chi offende la reputazione di un
soggetto fatta davanti a terze persone quando la vittima non è
presente;
Le lesioni personali dolose consistono in lesioni, nel corpo o nella
mente, che portano ad un danno degenerativo della persona
umana. Il reo le infligge volontariamente e conscio del danno che
cagioneranno;
Le lesioni personali colpose sono previsioni a carattere generale,
che sanzionano chiunque cagioni per colpa una lesione a un altro
soggetto. Possono rientrare in questa fattispecie tutte le situazioni
dovute ad una inosservanza da parte del datore della normativa di
sicurezza e igiene del lavoro.
119
IL MOBBING
La violenza privata è il crimine di chi, con minaccia o violenza,
in modalità diretta o indiretta, costringe altri a fare, tollerare od
omettere qualche cosa in modo contrario alla propria volontà.
Con il termine di molestie sessuali si vogliono comprendere i reati
che puniscono tutte le tipologie di comportamenti che violano la
libertà sessuale di un soggetto.
Ricordiamo anche i ricatti lavorativi qualificabili come vere e proprie
estorsioni o il reato di abuso d’ufficio, che è proprio del pubblico
ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio che nell’esercizio
delle sue funzioni arrechi un danno ingiusto violando leggi o
regolamenti. Questo reato è più facilmente riscontrabile nel settore
del pubblico impiego privatizzato.
Alcuni di questi reati, per la gravità dei delitti, come le lesioni
personali dolose e colpose, sono previsti perseguibili d’ufficio, altri
invece, ad esempio i reati d’ingiuria e diffamazione, solo a querela
della vittima.
120
ANTONELLA BERIOLLA D’ALESSIO, PAOLA CASCIATI
I danni da mobbing
La condotta persecutoria e discriminatoria del mobber sul luogo
di lavoro procura danni all’integrità psicofisica del lavoratore, alla
sua professionalità, alla sua capacità di produrre reddito e alla sua
integrità e dignità morale.
Si parla, pertanto, di danno biologico, professionale,
patrimoniale, morale ed esistenziale; questi possono verificarsi
singolarmente o congiuntamente gli uni con gli altri .
Danno Patrimoniale
Nel genere del danno patrimoniale vanno racchiuse tutte
le effettive perdite economiche subite dal lavoratore e
concretizzatesi in una riduzione della sua capacità di produrre
reddito, sia nel senso di effettiva diminuzione che di mancato
possibile incremento futuro.
Senza pretendere di dare un’elencazione esaustiva delle condotte
che possono comportare un danno patrimoniale, si può dire che
la perdita si può verificare per una diminuzione dello stipendio,
per un mancato guadagno, per una perdita di chance lavorative
e mancata progressione di carriera, per mancati compensi speciali
dovuti in caso di incarichi da cui il mobbizzato viene interdetto.
Danno Biologico
Il danno biologico, il c.d. danno non patrimoniale, è il danno
alla salute della persona nella sua dimensione psico-fisica
complessiva, a prescindere dalle conseguenze economiche che
possono derivarne.
121
IL MOBBING
Anche se di introduzione relativamente recente, la giurisprudenza8
è ormai consolidata nel riconoscere e risarcire questo tipo di danno.
E’ grazie a questa sua accezione così ampia che è sempre più
spesso richiamato nelle cause di Mobbing e nelle altre richieste di
risarcimento.
In caso di Mobbing il pregiudizio alla salute va sempre risarcito e
rileva fino al punto da ricomprendere non solo le lesioni organiche
ma tutte quelle sofferenze di carattere nervoso e psichico che, pur
non fisicamente esteriorizzate, danneggiano la persona umana nel
suo complesso, anzi si può senz’altro affermare che il danno alla
salute da Mobbing è più di frequente danno psichico che lesione
organica.
Per valutare il risarcimento da danno biologico, va accertata con
perizia medico legale la realtà del danno lamentato dal lavoratore,
con la constatazione obiettiva della lesione ed il nesso di casualità
tra il comportamento illecito del mobber e il fatto lesivo; non
è sufficiente, infatti, dimostrare che il fatto sia potenzialmente
lesivo. Va provata, inoltre, l’entità del danno in quanto la misura
del risarcimento sarà in proporzione a questo. Affinché il danno
biologico possa essere quantificato monetariamente e quindi
liquidato, sono stati sviluppati negli anni diversi criteri.
Il primo è il sistema del punto tabellare, il c.d. calcolo a punto
variabile, che si basa su criteri matematici e progressivi e lascia
poco spazio alla discrezionalità equitativa del giudice a differenza
dell’altro criterio, quello equitativo puro, che viene utilizzando
quando la vittima non può provare il danno nel suo preciso
ammontare.
8 La sentenza della Corte Costituzionale del 28 luglio 1991 n. 356 che ha
sancito la salute come valore personale e diritto fondamentale dell’individuo
garantito dalla Costituzione rispetto a tutte le attività, le situazioni e i rapporti
in cui la persona esplica e realizza sé stessa e la propria vita e non soltanto in
riferimento alla sfera produttiva.
122
ANTONELLA BERIOLLA D’ALESSIO, PAOLA CASCIATI
123
IL MOBBING
Va, infine, citato il sistema introdotto dal Decreto Legislativo n. 38
del 23/02/2000 - e approvato con Decreto Ministeriale 12 luglio
2000 - della tutela assicurativa INAIL del danno biologico le cui
tabelle hanno una portata generale tale da garantire un criterio di
liquidazione uniforme.
Danno Morale
Il danno morale si ha quando il comportamento persecutorio del
datore di lavoro va a ledere l’integrità psicofisica e la dignità morale
del dipendente, valori primari garantiti dalla Costituzione.
In principio il danno morale non patrimoniale era richiamato
dall’articolo 2059 del cod. civ. che ne limitava il risarcimento
“nei soli casi espressamente previsti dalla legge” e cioè come
conseguenza di un fatto illecito integrante reato ex art. 185 e 589
codice penale; e veniva identificato come danno morale soggettivo
inteso come dolore, sofferenza spirituale passeggera determinata
da un fatto costituente reato.
Un progressivo ampliamento del concetto è venuto sia dal
legislatore che dalla giurisprudenza9 per cui il danno non
patrimoniale ex articolo 2059 del codice civile non identifica
più solo un danno morale soggettivo ma una categoria ampia
comprendente tutte le lesioni di un valore inerente alla persona,
costituzionalmente garantito.
Grazie a questa evoluzione, anche il danno da Mobbing può essere
ricompreso in questa rinnovata categoria di danno morale che va a
toccare i diritti essenziali ed intrinseci della personalità umana quali
l’integrità e la dignità morale del lavoratore.
Pensiamo, per esempio, al terrorismo psicologico, agli attacchi,
alla reputazione, all’onore, alla personalità della vittima, alla sua
9 Le sentenze della Corte di Cassazione del 31 maggio 2003 n. 8827 e 8828 e
la sentenza della Corte Costituzionale dell’11 luglio 2003 n. 233
124
ANTONELLA BERIOLLA D’ALESSIO, PAOLA CASCIATI
credibilità, all’isolamento sistematico e ai turbamenti della sfera
emotiva; non va dimenticato che le persecuzioni psicologiche
possono portare a separazione e divorzi.
La giurisprudenza ha ormai riconosciuto un danno morale nelle
ipotesi di molestie sessuali, di malattia nervosa, di licenziamento e
di abuso del potere nel controllo della malattia del lavoratore.
Danno Esistenziale
Proprio attraverso il Mobbing ha fatto il suo ingresso nel mondo
del lavoro il concetto di danno esistenziale che è stato qualificato
come la modificazione in segno negativo della personalità del
soggetto leso, per la forzosa rinuncia al “fare”, alle proprie
abitudini di vita e a tutte quella attività non remunerative
riguardanti “la dimensione uomo nel suo complesso”.
Il danno esistenziale non fa alcun riferimento al reddito o al
patrimonio del soggetto leso (danno patrimoniale), non tocca il
bene salute in senso stretto come lesione dell’integrità psicofisica
dell’individuo suscettibile di accertamento medico (danno
biologico), non consiste in un “sentire”, non riguarda cioè la sfera
dell’emotività, non comporta sofferenze morali o abbattimenti
dello spirito o prostrazione dell’animo (danno morale), ma tutela
la sfera del fare e della libera attività e personalità dell’uomo
cioè il complesso dei valori esistenziali consacrati dalla nostra
Costituzione.
La figura aggiuntiva del danno esistenziale si presta così a
salvaguardare il profilo relazionale – sociale dell’individuo come
risarcimento del peggioramento della qualità della sua vita non
rapportabile ad una lesione dell’integrità psicofisica.
Danno alla professionalità
Quest’ultima tipologia di danno si configura quando le azioni
mobbizzanti recano un danno diretto alla professionalità del
lavoratore e al proprio valore sul mercato del lavoro. Infatti nei casi
125
IL MOBBING
di demansionamento, di illecito trasferimento o licenziamento,
quello che viene danneggiato è anche l’immagine, il valore
professionale del lavoratore, la possibilità di far carriera e la perdita
di esperienze e di capacità concorrenziali sul mercato.
Per ottenere il risarcimento, andrà valutato l’entità del danno
patrimoniale riportata dalla vittima, o come effettiva diminuzione
dello stipendio o come perdita di possibili ulteriori guadagni.
Al danno alla professionalità potrà naturalmente andare ad
affiancarsi un danno di tipo biologico, morale o esistenziale in
quanto il pregiudizio subito sul piano strettamente professionale
porterà conseguenze anche nella vita relazionale e nell’equilibrio
psicofisico del lavoratore.
126
ANTONELLA BERIOLLA D’ALESSIO, PAOLA CASCIATI
Mobbing, che fare?
Il Mobbing è una realtà anche nella nostra società e come tale va
contrastato.
È doveroso premettere che, non essendo il Mobbing un istituto
ben conosciuto, a volte è chiamato in causa anche in mancanza
dei suoi presupposti; tipico l’esempio dei lavoratori che vivono un
contrasto interiore che però non ha origine dall’ambiente di lavoro,
ma dal modo in cui affrontano i rapporti interpersonali e pertanto
estraneo alla fattispecie in oggetto.
Non c’è una soluzione universale che consenta di evitare il
Mobbing negli ambienti di lavoro, ma accorgimenti che possano
prevenirlo, poiché il Mobbing è la società stessa in cui l’individuo è
potenzialmente vittima e aggressore.
La prevenzione può essere attuata mediante una sorta di
campagna d’informazione sul fenomeno, rivolto non solo ai
lavoratori ma anche, forse soprattutto, alle aziende, mostrando
tutti gli effetti negativi che esso può comportare, e per l’azienda e
per il datore di lavoro.
Se ci si rende conto di essere una vittima del Mobbing, è necessario
cercare di porvi rimedio il più presto possibile. A questo punto pare
opportuno formulare alcuni suggerimenti pratici – una sorta di
vademecum di comportamento – su come difendersi ed affrontare
correttamente il problema Mobbing:
Valutare se si tratta effettivamente di “mobbing”; in caso di
valutazione positiva armarsi prima di tutto di calma e pazienza
perché il percorso contro il Mobbing è lungo, duro e difficile.
Dopo aver preso coscienza della persecuzione che si sta
subendo recuperare l’equilibrio psico-fisico compromesso dai
127
IL MOBBING
comportamenti vessatori grazie ad un supporto di uno psicologo o,
per cominciare, rivolgendosi al proprio medico di famiglia.
Annotare su un supporto cartaceo o digitale tutti gli elementi della
condotta Mobbing e cioè data, ora, luogo, autore, descrizione,
persone presenti, testimoni.
Reperire il materiale probatorio.
Raccogliere la documentazione rilevante la propria posizione
lavorativa (per es. ordini di servizio, trasferimenti, cambio
di mansioni, lettere di richiamo, provvedimenti disciplinari,
contestazione di addebito etc etc…) che possa suffragare le
accuse. L’accesso agli atti di ufficio che vi riguardano è un vostro
diritto: legge 241/90 sulla trasparenza amministrativa e legge
675/96 sulla privacy.
Cercare di risolvere stragiudizialmente la violenza psicologica
che si sta vivendo parlandone alla presenza di un collega con il
responsabile delle risorse umane o anche con il datore di lavoro.
Al rifiuto di ogni forma di colloquio chiedere spiegazioni per iscritto
o per raccomandata; all’assenza di risposta denunciare, divulgare
con affissioni in bacheca o interventi in assemblea o volantini, la
situazione di disagio vissuta per sollecitare l’appoggio dei colleghi.
Mettere in forma scritta e far protocollare o spedire per
raccomandata A/R ogni richiesta e trasformare in forma scritta
qualsiasi ordine verbale ricevuto.
Rivolgersi ai sindacati, alle associazioni di categoria, agli enti
no profit che affrontano e offrono assistenza per le vittime del
Mobbing.
Per la tutela del lavoratore che si trova in una situazione di
debolezza e di mancanza di difesa l’aiuto di associazioni specifiche
o psicologi del lavoro o sindacati è fondamentale per trovare in
questi soggetti degli alleati che possano cogliere e valutare la
gravità del disagio, magari sin dal suo sorgere, prima che sfoci in
patologia e porti concreti danni.
Tenere un resoconto delle conseguenze psicotiche delle azioni
128
ANTONELLA BERIOLLA D’ALESSIO, PAOLA CASCIATI
mobbizzanti; il mobbing fa ammalare e i sintomi possono essere
psichici (insonnia, ansia, depressione, attacchi di panico etc, etc..),
fisici (emicrania, cefalea, dolori muscolari, precordialgie, acidità
gastrica, tremori, inappetenza o eccessivo appetito, di munizione
della potenza o del desiderio sessuale etc, etc..), e comportamentali
(perdita dell’autostima, mancanza di fiducia in sé stessa, senso di
inutilità etc, etc…).
Se non si riesce ad ottenere alcun risultato, ci si vedrà costretti a
ricorrere alle vie legali.
Si può decidere di agire in sede civile o penale ma conviene sempre
iniziare prima il procedimento civile. Rivolgersi ad un avvocato
specializzato in diritto del lavoro e che abbia già affrontato cause
di Mobbing e non abbia legami con l’azienda, chiarire subito gli
obiettivi che si vogliono raggiungere.
Coinvolgere il minor numero di persone per non lottare contro
eserciti di avvocati che si coalizzeranno contro di voi.
Quando si ritiene di non poter sopportare ulteriormente la
pressione psicologica sarà opportuno prendersi un periodo di
riposo con una certificazione specialistica che attesti il nesso di
causalità tra il comportamento del mobber e la patologia psicotica;
evitare, però, un eccessivo prolungamento della malattia; se la
situazione deteriorata non consente la prosecuzione del rapporto
di lavoro in un certo reparto, si potrà chiedere, se possibile, il
trasferimento per motivi di salute presso un altro settore.
Ci si augura di aver fatto un po’ di chiarezza nei riguardi di un
istituto che nel nostro ordinamento sta diventando quasi “di
moda”, anche se come prevaricazione, pressione psicologica e
umiliazioni in effetti è sempre esistito, al fine di creare nei lavoratori
una reale coscienza dell’istituto in modo che questi possano
orientarsi e rivolgersi verso il rimedio giusto da applicare al caso
concreto.
129
IL MOBBING
Servizi e recapiti utili
CGIL Ascoli Piceno
Confederazione Generale Italiana del Lavoro
Sportello o servizio
analogo a tutela dei
lavoratori
Ufficio vertenze
A chi è aperto
Aperto a tutti, non solo iscritti al sindacato
Cosa offre
Informazioni e preconsuleza legale a tutti
Apertura pratica ai soli iscritti al sindacato;
possibilità di godere di una tutela legale
con uno studio convenzionato
Viale Costantino Rozzi n. 13/F
Ascoli Piceno
Recapito
Orari
Referente
130
tel 0736345318
San Benedetto del Tronto
0735781079
Ascoli Piceno
Lunedì 16.00 - 18.30
Giovedì 16.00 - 18.30
Sabato 9.00 - 12.00
San Benedetto del Tronto
Mercoledì 9.00 - 12.30 16.00 - 18.30
Venerdì
9.30 - 12.30
Romolo Rossi – Ufficio vertenze
ANTONELLA BERIOLLA D’ALESSIO, PAOLA CASCIATI
CISL Ascoli Piceno
Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori
Sportello o servizio
analogo a tutela dei
lavoratori
A chi è aperto
Aperto a tutti, non solo iscritti al sindacato
Cosa offre
Informazioni e consulenza legale a tutti.
Apertura pratica ai soli iscritti al sindacato;
possibilità di godere di una tutela legale
con uno studio convenzionato
Recapito
Via Vittorio Emanuele, 37
63100 Ascoli Piceno
Tel. 073624951
Orari
Dal lunedì al Venerdì
dalle ore 9,00 / 12,00 alle 15,30/18,30
il Sabato dalle ore 9,00 alle ore 12,00
previo appuntamento
131
IL MOBBING
UGL Ascoli Piceno
Unione Generale del Lavoro
Sportello o servizio
analogo a tutela dei
lavoratori
Problema sentito, gestito
sindacalmente, categoria per categoria
A chi è aperto
Il servizio è aperto a tutti ma ovviamente
gli iscritti al sindacato hanno un canale
agevolato potendosi rivolgere direttamente
ai rappresentanti sindacali all’interno delle
aziende.
Cosa offre
Informazioni e consulenza legale
A livello nazionale hanno un servizio online
completo con assistenza legale, medica e
sindacale
Recapito
tel. 0736251164
Orari
Mattina e pomeriggio
Referente
G. Marucci
132
ANTONELLA BERIOLLA D’ALESSIO, PAOLA CASCIATI
UIL Ascoli Piceno
Unione Italiana del Lavoro
Sportello o servizio
analogo a tutela dei
lavoratori
Ufficio legale e patronato
A chi è aperto
Aperto a tutti, non solo iscritti al sindacato
Cosa offre
Informazioni e assistenza legale
Recapito
Patronato Ital
Via Dino Angelini 31
63100 Ascoli Piceno
Tel. 0736251156
Orari
Mattina e pomeriggio
9.00/12.30 16.00/18.30
Referente
R. Conti
133
IL MOBBING
CGIL Ancona - Confederazione Generale Italiana del Lavoro
Sportello o servizio
analogo a tutela dei
lavoratori
A chi è aperto
Aperto a tutti, non solo iscritti al sindacato
Cosa offre
Informazioni e preconsuleza legale a tutti
Apertura pratica ai soli iscritti al sindacato;
possibilità di godere di una tutela legale
con uno studio convenzionato
Recapito
Via Primo Maggio,142/A
Ancona Tel. 071 285741
Orari
Solo su appuntamento
CISL Ancona - Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori
Sportello o servizio
analogo a tutela dei
lavoratori
A chi è aperto
Aperto a tutti, non solo iscritti al sindacato
Cosa offre
Informazioni e consulenza legale a tutti.
Apertura pratica ai soli iscritti al sindacato;
possibilità di godere di una tutela legale
con uno studio convenzionato
Recapito
Via Ragnini, 4 Ancona
Tel. 07128221
Orari
Orario d’ufficio assistenza al Mobbing
all’interno di ogni categoria di riferimento
in base al proprio contratto
134
ANTONELLA BERIOLLA D’ALESSIO, PAOLA CASCIATI
UGL Ancona - Unione Generale del Lavoro
Sportello o servizio
analogo a tutela dei
lavoratori
Problematica gestito sindacalmente,
categoria per categoria
A chi è aperto
Il servizio è aperto a tutti ma ovviamente
gli iscritti al sindacato hanno un canale
agevolato potendosi rivolgere direttamente
ai rappresentanti sindacali all’interno delle
aziende.
Cosa offre
Informazioni e consulenza legale
A livello nazionale hanno un servizio online
completo con assistenza legale, medica e
sindacale
Recapito
tel. 071 203800
Orari
Mattina e pomeriggio
Referente
A. Criscuolo
UIL Ancona - Unione Italiana del Lavoro
Sportello o servizio
analogo a tutela dei
lavoratori
Ufficio legale e patronato
A chi è aperto
Aperto a tutti, non solo iscritti al sindacato
Cosa offre
Informazioni e assistenza legale
Recapito
Via XXV Aprile, 37/A 60125 Ancona Tel.
0712275386
e-mail [email protected]
Orari
Mattina e pomeriggio 9.00/12.30
16.00/18.30
Referente
135
IL MOBBING
CGIL Pesaro - Confederazione Generale Italiana del Lavoro
Sportello o servizio
analogo a tutela dei
lavoratori
Ufficio Vertenze
A chi è aperto
Aperto a tutti, non solo iscritti al sindacato
Cosa offre
Informazioni e preconsuleza legale a tutti
Apertura pratica ai soli iscritti al sindacato;
possibilità di godere di una tutela legale
con uno studio convenzionato
Recapito
Via Gagarin,179 - 61100 Pesaro
Tel. 0721/420230
[email protected]
Mattina e pomeriggio 9.00/12.30
16.00/18.30
Orari
Referente
D. Paganelli
CISL Pesaro - Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori
Sportello o servizio
analogo a tutela dei
lavoratori
A chi è aperto
Aperto a tutti, non solo iscritti al sindacato
Cosa offre
Informazioni e consulenza legale a tutti.
Apertura pratica ai soli iscritti al sindacato;
possibilità di godere di una tutela legale
con uno studio convenzionato
Recapito
Via Porta Rimini, 11 - 61100 Pesaro
Tel. 0721380511
Orari
Orario d’ufficio assistenza al Mobbing
all’interno di ogni categoria di riferimento
in base al proprio contratto
136
ANTONELLA BERIOLLA D’ALESSIO, PAOLA CASCIATI
UGL Pesaro - Unione Generale del Lavoro
Sportello o servizio
analogo a tutela dei
lavoratori
Problematica gestito sindacalmente,
categoria per categoria
A chi è aperto
Il servizio è aperto a tutti ma ovviamente
gli iscritti al sindacato hanno un canale
agevolato potendosi rivolgere direttamente
ai rappresentanti sindacali all’interno delle
aziende.
Cosa offre
Informazioni e consulenza legale. A
livello nazionale hanno un servizio online
completo con assistenza legale, medica e
sindacale
Recapito
Via Giusti,10 - 61100 Pesaro
Tel. 0721396975
e-mail [email protected]
Orari
Mattina e pomeriggio
9.00/12.30 16.00/18.30
Referente
Massimo Maccagno
UIL Pesaro - Unione Italiana del Lavoro
Sportello o servizio
analogo a tutela dei
lavoratori
Ufficio legale e patronato
A chi è aperto
Aperto a tutti, non solo iscritti al sindacato
Cosa offre
Informazioni e assistenza legale
Recapito
Ufficio legale e patronato
Via della Vittoria, 90 - 61100 Pesaro
telefono: 0721. 31678
telefax: 0721. 34655
e-mail: [email protected]
Orari
Mattina e pomeriggio
9.00/12.30 16.00/18.30
137
IL MOBBING
CGIL Macerata - Confederazione Generale Italiana del Lavoro
Sportello o servizio
analogo a tutela dei
lavoratori
Ufficio Vertenze
A chi è aperto
Aperto a tutti, non solo iscritti al sindacato
Cosa offre
Informazioni e preconsuleza legale a tutti
Apertura pratica ai soli iscritti al sindacato;
possibilità di godere di una tutela legale
con uno studio convenzionato
Recapito
Via Garibaldi, 45 - 62100 Macerata
Tel. 0733245711
Orario 9,00/12,30 -15,30/ 18,30
dal lunedì al venerdì
il sabato dalle 9,00 alle 12,30
Orari
CISL Macerata - Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori
Sportello o servizio
analogo a tutela dei
lavoratori
Inas
A chi è aperto
Aperto a tutti, non solo iscritti al sindacato
Cosa offre
Informazioni e consulenza legale a tutti.
Apertura pratica ai soli iscritti al sindacato;
possibilità di godere di una tutela legale
con uno studio convenzionato
Recapito
Via Ghino Valenti, 27/35
62100 Macerata - Tel. 0733407511
Orari
Dal lunedì al Venerdì
dalle ore 9,00 / 12,00 alle 15,30/18,30
previo appuntamento
138
ANTONELLA BERIOLLA D’ALESSIO, PAOLA CASCIATI
UGL Macerata - Unione Generale del Lavoro
Sportello o servizio
analogo a tutela dei
lavoratori
Problematica gestito sindacalmente,
categoria per categoria
A chi è aperto
Il servizio è aperto a tutti ma ovviamente
gli iscritti al sindacato hanno un canale
agevolato potendosi rivolgere direttamente
ai rappresentanti sindacali all’interno delle
aziende.
Cosa offre
Informazioni e consulenza legale. A
livello nazionale hanno un servizio online
completo con assistenza legale, medica e
sindacale
Recapito
Via Dei Velini,1/A - 62100 Macerata
Tel. 0733232608
Orari
UIL Macerata - Unione Italiana del Lavoro
Sportello o servizio
analogo a tutela dei
lavoratori
Ufficio legale e patronato
A chi è aperto
Aperto a tutti, non solo iscritti al sindacato
Cosa offre
Informazioni e assistenza legale
Recapito
Patronato Ital - Via D. Annibali, 17
62010 Piediripa - Macerata
telefono: 0733. 231645
telefax: 0733. 233726
e-mail: [email protected]
Orari
Mattina e pomeriggio
9.00/12.30 16.00/18.30
139
IL MOBBING
CGIL Fermo - Confederazione Generale Italiana del Lavoro
Sportello o servizio
analogo a tutela dei
lavoratori
Ufficio Vertenze
A chi è aperto
Aperto a tutti, non solo iscritti al sindacato
Cosa offre
Informazioni e preconsuleza legale a tutti
Apertura pratica ai soli iscritti al sindacato;
possibilità di godere di una tutela legale
con uno studio convenzionato
Recapito
Via Dell’Annunziata ,1 63023 Fermo
Tel. 0734220811
Orari
Orario 9,00/12,30 -15,30/ 18,30 dal lunedì
al venerdì
il sabato dalle 9,00 alle 12,30
Referente
Ufficio vertenze
140
ANTONELLA BERIOLLA D’ALESSIO, PAOLA CASCIATI
APPENDICE
141
IL MOBBING
142
ANTONELLA BERIOLLA D’ALESSIO, PAOLA CASCIATI
Consigliera di parità
Una figura di tutela dell’uguaglianza
Le Consigliere di Parità sono figure istituzionali incaricate di rilevare e
rimuovere discriminazioni di genere in ambito lavorativo e di promuovere
l’uguaglianza tra uomini e donne nell’accesso al lavoro, nella formazione,
nell’avanzamento di carriera e nella retribuzione. In ogni regione e
provincia esiste una Consigliera di Parità effettiva e una Consigliera di
Parità supplente, entrambe nominate dal Ministero del Lavoro di concerto
con il Ministero per le Pari Opportunità, che restano in carica per quattro
anni. Nell’esercizio delle loro funzioni, sono pubblici ufficiali con obbligo
di segnalazione all’autorità giudiziaria, per i reati di cui vengono a
conoscenza.
CONTRO LA DISCRIMINAZIONE
Le Consigliere di Parità:
> effettuano rilevazioni sugli squilibri di genere per promuovere e garantire
il rispetto delle norme di parità;
> su richiesta delle lavoratrici e/o delle organizzazioni sindacali,
intervengono nei casi di discriminazioni individuali e collettive presso
il soggetto che attua la discriminazione e, qualora si renda necessario,
promuove azioni in giudizio presso il tribunale per tutelare la parte lesa.
A FAVORE DELLA PARITÀ
La promozione di azioni positive è parte altrettanto rilevante dei compiti
delle Consigliere che collaborano con le aziende, le istituzioni e i sindacati
per l’attuazione di politiche e progetti per le pari opportunità sul lavoro e
per la conciliazione lavoro famiglia.
LE CONSIGLIERE DI PARITÀ:
> garantiscono il rispetto delle norme a tutela della maternità e paternità;
143
IL MOBBING
> sostengono le politiche attive del lavoro, comprese quelle formative, a
favore delle pari opportunità fra uomo e donna;
> promuovono l’attuazione delle politiche di pari opportunità da parte dei
soggetti pubblici e privati che operano nel mercato del lavoro attraverso
la realizzazione di Piani di Azioni Positive;
> promuovono l’attività d’informazione e formazione sui problemi delle
pari opportunità e sulle varie forme di discriminazione;
> collaborano con gli assessorati al lavoro e con gli organismi di parità
degli enti locali al fine di realizzare progetti e iniziative in materia di pari
opportunità.
L’UFFICIO DELLA CONSIGLIERA DI PARITÀ SI RIVOLGE:
1. ai cittadini che:
> chiedono informazioni;
1. > chiedono tutela fino all’assistenza in giudizio in caso di
discriminazione di genere sul lavoro e violazione delle pari
opportunità;
2. ai soggetti sindacali che intendono:
1. > segnalare casi di discriminazione di genere;
1. > collaborare alla tutela dei lavoratori e delle lavoratrici;
1. > collaborare a progetti di promozione delle pari opportunità;
3. alle aziende, pubbliche e private per:
1. > essere coadiuvate a realizzare Piani di Azioni Positive;
1. > presentare progetti sulla flessibilità;
1. > istituire organismi di parità;
4. alle istituzioni locali per:
1. > istituire organismi di parità;
1. > promozione del Piano di Azioni Positive, in base all’art. 43 del D.lgs
198/06.
NORMATIVA DI RIFERIMENTO
PRINCIPI COSTITUZIONALI
Art. 3
“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla
legge, senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni
144
ANTONELLA BERIOLLA D’ALESSIO, PAOLA CASCIATI
politiche, di condizioni personali e sociali”. Proclamato il principio, la
norma prosegue assegnando alla Repubblica il compito di rimuovere gli
ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e
l’uguaglianza dei cittadini. Emerge così nella normativa la consapevolezza
che l’uguaglianza formale resta sulla carta, se non si costruisce
l’uguaglianza sostanziale.
Art. 37
“La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse
retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono
consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e
assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione”.
LEGISLAZIONE DI RIFERIMENTO
> D.lgs 11 aprile 2006 n. 198
Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, a norma dell’art. 6
della Legge 28 novembre 2005, n. 246 (G.U. n. 125 del 31/5/2006
Suppl. Ordinario n. 133)
> D.lgs 26 marzo 2001, n. 151
Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno
della maternità e della paternità, a norma dell’art. 15 della Legge 8
marzo 2000, n. 53 (G.U. 26 aprile 2001, Suppl. Ordinario n. 96)
> Legge 8 marzo 2000, n. 53
Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto
alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città
(G.U. 13 marzo 2000, n. 60)
> D.lgs 25 novembre 1996, n. 645
Recepimento della direttiva 92/85/CEE concernente il miglioramento
della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere
o in periodo di allattamento (G.U. 21 dicembre 1996, n. 299)
> Legge 25 febbraio 1992, n. 215
Azioni positive per l’imprenditoria femminile (G.U. 7 marzo 1992, n. 56)
> Legge 10 aprile 1991, n. 125
Azioni positive per la realizzazione della parità uomo donna nel lavoro
(G.U. 15 aprile 1991, n. 88)
145
IL MOBBING
CONSIGLIERE REGIONALI
Catalini Paola (effettiva)
[email protected]
Orciani Bianca Maria (supplente)
[email protected]
CONTATTI:
Ufficio Consigliera di Parità Regione Marche
P.F. Pari Opportunità e Informadonna
Via Tiziano, 44
60100 ANCONA
tel. 071 2076886
fax 071 53973
[email protected]
CONSIGLIERE PROVINCIALI
ANCONA
Barigelletti Patrizia (effettiva)
[email protected]
Nichilo Rosanna (supplente)
[email protected]
CONTATTI:
Ufficio Consigliera di Parità Provincia di Ancona
Via Ruggeri, 5 – 60100 ANCONA
tel. 071 5894220
fax 071 5894464
[email protected]
www.consiglieraparita.provincia.ancona.it/
146
ANTONELLA BERIOLLA D’ALESSIO, PAOLA CASCIATI
ASCOLI PICENO e FERMO
Petrucci Paola (effettiva)
[email protected]
Casciati Paola (supplente)
[email protected]
CONTATTI:
Ufficio Consigliera di Parità Provincia di Ascoli Piceno
Piazza Simonetti, 36 – 63100 ASCOLI PICENO
tel. 0736 277504
numero verde 800 215809
[email protected]
www.consiglierediparita.org
MACERATA
Landi Paola (effettiva)
Pirro Adele Maria Pia (supplente)
CONTATTI
Ufficio Consigliera di Parità Provincia di Macerata
Corso della Repubblica, 28 – 62100 MACERATA
tel. 0733 248278 fax 0733 248531
PESARO E URBINO
Maria Luisa Carobbio (effettiva)
Fatima Farina (supplente)
CONTATTI
Consigliera di Parità della Provincia di Pesaro e Urbino
Ufficio presso il Servizio Formazione e Lavoro
della Provincia di Pesaro e Urbino
Largo Aldo Moro, 13 - 61121 PESARO
tel. 0721 359349/933
fax 0721 359759
[email protected]
www.consigliera.provincia.ps.it
147
IL MOBBING
148
ANTONELLA BERIOLLA D’ALESSIO, PAOLA CASCIATI
Finito di stampare
nel mese di novembre 2009
presso la TECNOSTAMPA Edizioni
di Ostra Vetere (AN)
Progetto grafico e stampa
Tecnostampa Ostra Vetere (AN)
[email protected]
www.tecnostampasrl.com
le immagini si riferiscono ad iniziative delle Consigliere di Parità
per la Provincia di Ascoli Piceno
149
IL MOBBING
150
ANTONELLA BERIOLLA D’ALESSIO, PAOLA CASCIATI