Lo Speaker della Camera dei Comuni: evoluzione del ruolo

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Lo Speaker della Camera dei Comuni: evoluzione del ruolo
Lo Speaker della Camera dei Comuni: evoluzione del ruolo
del Presidente d’Assemblea nel Parlamento di Westminster
Alessandro Torre
SOMMARIO: 1. “Modelli” di presiding officer e neutralità della speakership anglo-britannica. – 2. Dal parleur di epoca plantageneta alla prima metamorfosi della
speakership inglese. – 3. La seconda metamorfosi dello Speaker. – 4. Dalla
“Gloriosa Rivoluzione” all’avvento di Walpole. – 5. La lunga speakership onslowiana. – 6. Il consolidamento dello Speaker neutrale. – 7. L’attuale fisionomia dello Speaker di Westminster.
1.
“Modelli” di presiding officer e neutralità della speakership anglo-britannica
Se davvero le diverse fisionomie di presiding officer che emergono dall’osservazione comparativa del modus operandi di tali supremi magistrati parlamentari si potessero distribuire secondo tipologie fondamentali che si distinguano in ragione di almeno due caratteri, ebbene tali caratteri possono essere distinti nella neutralità
che è necessario contraddistingua l’autorità di chiunque sia posto
alla presidenza di un’assemblea quale alto garante della sua funzionalità, e della politicità che è intimamente connaturata al ruolo di chi
presiede poiché nelle moderne democrazie chi esercita tale funzione
è comunque eletto dall’assemblea stessa e pertanto ne è un’espressione politica. Quanto alla rappresentazione di tale distribuzione,
particolarmente efficace può risultare la struttura della curva di
Gauss (altrimenti detta “curva degli errori”, termine tecnico preso in
prestito dal lessico di altra disciplina scientifica, ma che nel caso di
specie invita il costituzionalista a guardarsi dall’intrinseca fallacia di
ogni operazione comparativa condotta secondo schemi rigidi), ovvero uno schema grafico universalmente noto il cui andamento tipico, nella sua forma classica, riproduce una campana.
La distribuzione normale dei “modelli” di presiding officer potrebbe pertanto essere resa graficamente pressappoco in tal modo:
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neutralità + politicità
presidenze a caratterizzazione mista
neutralità
politicità
Speaker della Camera dei Comuni
Speaker della Camera dei Rappresentanti
nel Parlamento di Westminster
nel Congresso USA
In un punto estremo della curva si può collocare il presiding
officer che ha caratteri di più spiccata neutralità rispetto agli schieramenti politici che operano nell’assemblea: tale, nella percezione corrente che si può accettare di buon grado1, è lo Speaker della Camera
dei Comuni britannica. All’estremo opposto si attesta un presiding
officer che è immediatamente coinvolto nelle dinamiche politiche bipolari dell’assemblea, e che pertanto presenta anche una forte fisionomia di leadership partitica: tale lo Speaker della Camera dei Rappresentanti del Congresso statunitense. Variamente distribuiti lungo
la curva e in gran parte concentrati nel valore medio (ovvero intorno
alla cuspide della curva, o in essa) restano pressoché tutti quei Presidenti d’Assemblea che, prendendo lezione dal prototipo dello
Speaker anglo-britannico esercitano la virtù dell’imparzialità2 – anche
se non sempre della neutralità, poiché spesso il gioco politico non
manca di coinvolgerli – di chi presiede, o quelli che, in ciò somi-
1 Se
si condivide un’idea di neutralità che può sembrare del tutto ripiegata su se
stessa e conchiusa all’interno di un ruolo autoreferenziale, ma che in realtà produce un
forte impatto sull’intera istituzione; tale l’opinione in P. SILK - R. WALTERS, How Parliament Works, London, 1998, 19 per cui «The Speaker’s more onerous modern duties are
more inward-looking, but have considerable repercussions on the way in which the House
operates».
2 Tema su cui si leggono utili annotazioni nel capitolo L’imparzialità dello Speaker,
in M. IACOMETTI, I Presidenti di Assemblea parlamentare, Milano, 2001, 44-87.
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gliando allo Speaker congressuale, non perdono di vista la loro estrazione di parte e in varia misura si rendono garanti dell’applicazione
di indirizzi politici maggioritari. Nelle sezioni mediane della curva si
ammassano moltissimi presidenti assembleari che genericamente si
possono definire di connotazione mista poiché nelle loro fisionomie
di ruolo i due elementi che in forma (quasi) pura è consueto ravvisare nei due Speakers, ovvero appunto la neutralità e il diretto coinvolgimento politico, sono presenti in dosi variabili.
In sostanza, la curva di Gauss rappresenta la distribuzione dei
casi in un fenomeno complesso, come appunto la distribuzione delle
fisionomie dei presiding officers che l’osservazione comparativa consente di individuare come commistioni dei due caratteri che si suppongono puri negli Speakers che si collocano alle basi estreme della
curva stessa.
Nondimeno questa distribuzione secondo la classica curva ogivale intende essere solamente una rappresentazione molto schematica il cui scopo è precisare che in ogni Presidente d’Assemblea, non
esclusi i due “modelli” configurati dallo Speaker della Camera dei
Comuni e dal suo omologo statunitense, i quali per comodità di rappresentazione si presumono puri, coesistono i caratteri sia della neutralità sia della politicità che sono gli ingredienti oggettivi, dai quali
non si può prescindere, della funzione del presiedere: in sostanza,
ogni Presidente d’Assemblea, inclusi i due Speakers che si assumono
come campioni della neutralità e della politicità, sono caratterizzati
da un intrinseco dualismo. Le due fisionomie di presiding officer
sono sì collocate agli estremi della curva, il che serve a dichiarare che
le estremizzazioni definitorie possono essere utili per fotografare i
caratteri preminenti dei termini di comparazione; ma dopo è necessario che l’osservazione si spinga più in profondità per evitare che la
comparazione stessa si trasformi in operazione meccanica. Come anche nel caso dei due Speakers che si sono localizzati agli estremi della
curva, è alquanto improbabile che nella realtà dei fatti esistano modelli che sia lecito considerare totalmente puri (e per tale motivo discutere di modelli e definire la loro catalogazione è attività da condurre con prudenza nella consapevolezza che la cristallizzazione di
un modello è operazione altamente retorica; si assumerà pertanto
che, alla stessa stregua della loro distribuzione nei diversi segmenti
della curva di Gauss, ogni individuazione di modello trova la sua
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giustificazione nella necessità di elaborare quella semplificazione che
sola può fornire il punto di partenza per lo sviluppo di analisi più
complesse: in ciò, dunque, la portata retorica della rappresentazione
gaussiana qui presa in prestito).
Da un lato si suole assumere, e non si può negare che ciò risponda a verità, che lo Speaker di Westminster sia un “modello” di
Presidente d’Assemblea che oggi è saldamente attestato su posizioni
di neutralità rispetto agli equilibri della maggioranza di governo e
dell’Opposizione di Sua Maestà; egli, tecnicamente, non farebbe
nemmeno parte dell’assemblea quale corpo politico, tant’è vero che
perfino il seggio che occupa nella rettangolare aula dei Comuni è
considerato costituzionalmente extraterritoriale3, o meglio si direbbe
extraparlamentare, sì da rimarcare la sua alta posizione di magistrato
imparziale. Dall’altro lato, lo Speaker statunitense è tutt’altro che un
presiding officer neutrale: infatti è uno dei più influenti ed ascoltati
esponenti della maggioranza congressuale4, e i poteri esercitati sul sistema delle commissioni, e attraverso esse sull’attività legislativa (un
potere che un tempo rasentava il despotismo e che diede luogo a una
vera e propria rivolta dei parlamentari produttiva, all’inizio del Novecento, di un’importante riforma che svincolò il sistema delle commissioni dall’esercizio autoritario e politicamente orientato dello
Speaker), nonché le esternazioni che in diverse occasioni l’hanno posto in diretta interlocuzione perfino con il Presidente federale e i Segretari di Stato, ne fanno un uomo politico a tutto tondo, partecipe
del dibattito congressuale e dotato di una visibilità che di gran lunga
sopravanza quella dello Speaker britannico.
Ciò detto, le cose possono essere considerate secondo una diversa ottica. Se per esempio si considera come nella Camera dei Comuni possano operare, ed effettivamente operino da diversi anni a
questa parte, diverse forze politiche di opposizione come quella che
3 Così
almeno nella percezione tradizionale, che nemine contradicente si può assumere come degna di rilievo: un testo classico in argomento è E. LUMMIS, The Speaker’s
Chair, Its Origin, the Procedures Historically Associated with It, and Biographical Sketches of Its Most Notable Occupants, London, 1910.
4 Infatti «In most foreign parliamentary assemblies, the presiding officer is a party
politician. In the US House of Representatives, for example, the Speaker is a leading party
politician and frequently takes part in controversial political debate»: P. SILK - R. WALTERS,
How Parliament Works, cit., 19.
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è attualmente configurata dai vivace drappello del sei deputati dello
Scottish National Party eletti nel maggio 2010 e promotori di orientamenti esplicitamente indipendentistici, o come il nucleo dei separatisti del nordirlandese Sinn Féin in quali, pur eletti, rifiutano di
prestare la propria lealtà allo Stato britannico e disertano sistematicamente il seggio parlamentare (oppure anche come i Liberal Democrats che solamente per effetto dell’incidente elettorale del 2010 sono
stati associati al governo), ebbene senza abbandonare la propria fisionomia di Presidente d’Assemblea essenzialmente neutrale lo
Speaker di Westminster non può né deve trascurare le proprie responsabilità di garante delle minoranze. Tale è un elemento di
profonda e, oggigiorno, ineludibile politicità parlamentare che un
tempo, nell’epoca del bipolarismo classico, non era minimamente
contemplato nel catalogo delle funzioni della speakership della Camera dei Comuni tutrice della politica “di avversari” e del mero funzionamento del dibattito in aula, e che allo stato attuale pone lo
Speaker di fronte a quesiti inediti: fino a che punto i contributi di opposizioni con diversi punti di vista debbono essere accolti o comunque garantiti nelle loro espressioni alla luce di un sistema costituzionale che, pur senza negare il pluralismo, ha sempre privilegiato la
stabilità delle proprie istituzioni e, pertanto, l’integrità e la governabilità del paese? Questa più moderna evoluzione del ruolo del presiding officer dei Comuni ha assunto caratteri alquanto vistosi in epoca
thatcheriana sotto la speakership del conservatore Bernard Weatherill
(1983-92), che già aveva ricoperto la carica di whip tra il 1974 e il
1979 (ovvero negli anni in cui si era affermata la leadership di Margaret Thatcher alla testa dell’Opposizione tory): nonostante la sua
precedente militanza partitica, egli si è reso garante dei diritti dei
backbenchers, ovvero di quei deputati “degli ultimi posti” che formano uno schieramento trasversale e a cui spesso, in precedenza,
erano state riservate ben poche opportunità di espressione dalle rispettive dirigenze del parliamentary party di appartenenza; questo
ruolo garantistico, che pone lo Speaker di fronte al dato di fatto che
in molte situazioni «the House is rarely a cohesive unit»5, è esercitato
5 Una
realtà invero diventata fisiologica nel secondo dopoguerra, come rileva R.L.
BORTWICK nel capitolo The Floor of the House, 64 ss., in S.A. WALKLAND - M. RYLE (cur.),
The Commons Today, Glasgow, 1977, 78.
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a favore di ogni componente parlamentare, e confermato anche in altre occasioni (come per esempio in relazione alle rimostranze dei deputati eletti nei collegi scozzesi, in gran parte appartenenti all’opposizione laburista e alla formazione dei nazionalisti), ha procurato a
Weatherhill lo sfavore della “Signora di ferro” e perfino una campagna denigratoria nei suoi riguardi, condotta in sordina ma non per
questo meno inconsueta sul piano politico perché in essa si è reso
evidente un coinvolgimento diretto della corrosiva leadership di governo. Se si guarda invece alla posizione dello Speaker nel Congresso
statunitense (ma più propriamente nella prima Camera visto che nel
Senato la presidenza assembleare, con singolare commistione di ruoli
costituzionali in un sistema che ha posto la separazione dei poteri al
centro della sua dogmatica, è attribuito al Vice-Presidente federale),
ebbene fino a qual punto è lecito negare aprioristicamente che, nel
momento in cui esercita le classiche funzioni presidenziali di derivazione jeffersoniana6, il presiding officer statunitense dia prova di imparzialità in quelle mansioni di regolazione del dibattito e di mantenimento dell’ordine in aula che, pena l’eclisse della sua autorità superiore e della stessa democrazia del corpo assembleare (sia esso un
Legislativo, sia un consiglio di Facoltà o un’assemblea di condominio) non possono mai esulare dal corredo potestativo e dall’azione
concreta di chi presiede? La rivolta congressuale del 1910, che allontanando lo Speaker Cannon dalla presidenza del Rules Committee
ne sopprimeva il potere di governare politicamente la composizione,
l’attività e le decisioni delle commissioni (e, nella medesima occasione, la fissazione di più precise regole procedurali che impedissero
allo Speaker di selezionare gli interventi in aula dando la massima
preminenza a quelli di esponenti del proprio partito e limitando o
addirittura impedendo la parola al partito avverso) resta uno dei più
6 Il riferimento è al manualetto di procedura parlamentare che Thomas Jefferson,
eletto Vice-Presidente nel 1796 e pertanto chiamato all’esercizio delle funzioni di presiding officer del Senato federale, ampiamente prendeva spunto dagli usi e costumi della
Camera dei Comuni britannica per fissare i termini – tuttora in uso – non solo della
speakership ma anche dell’intera attività dell’assemblea. Per un’accurata rassegna dei caratteri della speakership migrata oltreoceano dalle sale di Westminster (se è vero che
«The Speakership in Washington is, like so many other elements in Congress, of British
derivation», 54), nella loro rielaborazione jeffersoniana, v. K. BRADSKAW - D. PRING, Parliament and Congress, London, 1972, 49 ss.
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emblematici punti di affioramento dell’impartiality in un’assemblea
presieduta da un leader pienamente partecipe della politica attiva.
Sembra a questo punto sufficientemente chiaro che l’aver collocato lo Speaker di Westminster all’estremo della curva gaussiana riveli la sua fondamentale peculiarità, il suo canone distintivo: essere
un Presidente d’Assemblea totalmente imparziale rispetto a ciò che
accade in aula sotto l’egida della politica del party system.
Ma non sempre è stato così. Invero lo Speaker della Camera dei
Comuni non si presta nel Regno Unito ad essere argomento di una
diffusa letteratura, ma dalle poche opere disponibili, che si distribuiscono in un arco di tempo alquanto ampio7, si evince invariabilmente
quanto importante sia la ricostruzione storica nella prospettiva dell’individuazione delle odierne caratteristiche di quello che, più che
un’istituzione in senso astratto, si propone come una pragmatica magistratura dell’assemblea8.
L’odierna condizione di neutralità si è largamente sedimentata
nel tempo ed è il prodotto di un’evoluzione plurisecolare di «an office of great antiquity and dignity»9 che si è articolata attraverso le va7 Una
rassegna di tale sporadica produzione può partire dai due ampi volumi di
M. MACDONAGH, The Speaker of the House, London, 1914 e di P. LAUNDY, The Office of
the Speaker, London, 1964 (che costituisce il più competo studio sull’evoluzione storica
della carica presidenziale nella Camera dei Comuni). Alquanto più schematico l’Hansard
Society Pamphlet di P.M. BRIERS, The Speaker, London, 1946; di recente: M. KANDIAH G. STAERK - B.K. WINETROBE, The Role of Speaker in the House of Commons, London,
2005. Un quadro critico sufficientemente completo degli studi apparsi in argomento è
delineato nella Introduction di P. SEAWARD (cur.), Speakers and the Speakership: Presiding
Officers and the Management of Business from the Middle Age to the 21st Century, numero speciale di Parliamentary History, 29-2010, 1-7.
8 Per la ricostruzione di tale caratterizzazione si voglia fare riferimento ad A.
TORRE, Il magistrato dell’assemblea. Saggio sui presidenti parlamentari, Torino, 2000: uno
studio di carattere comparatistico, ma del quale uno spunto di base – o, se si vuole, il
motivo scatenante della riflessione – è stata la lettura dell’Essay on Political Tactics
scritto da J. Bentham nel 1788-89 e qui, in particolare, il sommario delle funzioni e del
ruolo assembleare di un presiding officer idealizzato, ma ampiamente tributario del prototipo configurato dallo Speaker di Westminster, offerto dall’Utilitarista inglese ai costituendi Stati Generali del regno di Francia: un testo sui cui contenuti si veda nuovamente A. TORRE, The emergence of parliamentary presidency models in late eighteenthcentury legislatures (reflections on a fragment by Jeremy Bentham), in Parlaments, Estates
and Representation, 22-2002, 89-124.
9 Così si esprime, a proposito della Speakership, LORD CAMPION in An Introduction
to the Procedure of the House of Commons3, London, 1958, 73.
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rie epoche del parlamentarismo prima inglese e quindi britannico, rispecchiando sia i mutamenti del sistema politico, sia le trasformazioni del quadro costituzionale, sia l’influenza delle biografie di alcuni emblematici Speakers che, individualizzando il ruolo di quello
che oggi si suole definire un presiding officer, hanno dato un’impronta di sé a quello che, più che definirsi un’istituzione in senso
classico – e pertanto un’entità impersonale – si configura come un
ruolo neutrale spiccatamente monocratico al vertice dell’organizzazione parlamentare. Ma prima di arrivare all’odierna condizione di
neutralità, che tuttavia non è necessariamente avulsione dalle dinamiche assembleari, lo Speaker ha conosciuto significative fasi di forte
asserzione della propria personalità politica. Sotto tale profilo, appunto quello di una personalizzazione spinta fino al personalismo, si
può ravvisare una diretta analogia tra lo Speaker e un’altra figura fondamentale e considerevolmente più appariscente che è l’espressione
più squisita del sistema parlamentare del Regno Unito: tale il premier, il cui prepotente delinearsi nel contesto della transizione politica determinata dall’avvento della dinastia hannoveriana e del bipolarismo politico dei tories e dei whigs non può essere compreso e interpretato se non alla luce del finora ineguagliato (1721-42) e
fortemente individualizzato periodo di egemonia del “primo Primo
ministro” Robert Walpole. In poche parole, ciò che nella sostanza
accomuna due cariche costituzionali, l’una governativa e l’altra parlamentare, che sono apparentemente molto distanti, quasi agli antipodi, e che rispettivamente si associano, nel pieno dell’evoluzione
del parlamentarismo settecentesco e liberale, da un lato al potente
uomo politico inventore di un nuovo Ufficio che condizionerà l’intera forma di governo del regno e che occuperà il baricentro dell’intera forma di governo, e dall’altro lato a un influente Presidente
d’Assemblea detentore di un incarico di antica origine annidato nell’aula di Westminster e destinato alla quasi invisibilità, sarà proprio
una buona dose di egocentrismo di ruolo.
Per definire la peculiarità della presidenza della Camera dei Comuni occorrerà pertanto distinguere ciò che lo Speaker “è” da ciò
che lo Speaker “fa”, e se ci si vuole orientare entro queste due dimensioni essenziali di questa originale figura di presiding officer un
primo approccio è necessariamente quello della lettura storica, che
darà modo di verificare come la speakership di matrice inglese non
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sia una figura astratta né giuridicamente predeterminata, e che il suo
ruolo è affidato alle evoluzioni che latamente definiremmo “costituzionali” e che trovano il loro punto critico nel rapporto tra parlamento e potere di governo.
L’antichità della carica dello Speaker è condizione essenziale
della sua autorevolezza: è stato detto che «The Speakership of the
Commons draws strenght from its antiquity»10, e che uno studio dei
suoi caratteri odierni non può essere in alcun modo disgiunto dalla
ricostruzione delle sue principali tappe evolutive.
Prima della grande svolta settecentesca alcune figure fortemente
rappresentative di Speakers hanno caratterizzato alcune fasi di svolta
della forma di governo. Di essi parlano, spesso diffusamente, le cronache parlamentari e politiche del periodo delle rivoluzioni e, come
detto poc’anzi, del Settecento ponendo in risalto un protagonismo
politico che si sarebbe sbiadito sempre più una volta realizzata la
fase liberal-vittoriana dello Stato britannico, con un ruolo del presiding officer sempre più stabilizzato in via convenzionale in aderenza
agli “usi e costumi del Parlamento” di cui si tratta ancora oggi quel
manuale di Erskine May, la Parliamentary Practice, apparso nel 1849
ed oggi giunto ad un’ennesima edizione11, nel quale si parla dello
Speaker12, più che per definirne le modalità di designazione, per fissare i dettagli delle sue funzioni di portavoce dell’assemblea e di regolatore del suo dibattito.
2.
Dal parleur di epoca plantageneta alla prima metamorfosi della
speakership inglese.
Ciò detto, si può tentare una sommaria periodizzazione dalla
quale evincere quelle stratificazioni che, avvicendandosi, sovrapponendosi o integrandosi a seconda delle diverse forme di organizza10 K.
BRADSKAW - D. PRING, Parliament and Congress, cit., 49.
testo aureo del parlamentarismo britannico, di cui era autore T. ERSKINE MAY,
appariva con il titolo originario di A Treatise upon the Law, Privileges, Proceedings and
Usage of Parliament, London, 1849, ed oggi, nella dizione semplificata Parliamentary
Practice, London, 2011 è alla 24ª edizione.
12 Ovvero, con minimi cenni, nel Cap. 1 The constituent parts of Parliament; e con
qualche dettaglio in più, ma limitato all’elezione dello Speaker, nel Cap. 4 Members and
Officers of Parliament (including Payment of Members).
11 Il
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zione del potere politico, hanno contribuito alla costruzione dell’odierna connotazione della speakership di Westminster.
Per ragioni ovviamente funzionali il ruolo dello Speaker ha origine con il parlamento stesso, e forse – almeno stando alle ricostruzioni storiografiche – anche prima che l’istituzione parlamentare del
regno d’Inghilterra acquistasse una propria fisionomia di base distaccandosi dalle convenzioni del primordiale assemblearismo feudale normanno-plantageneto.
Stando alle convenzioni storiografiche è nel 1265, con il parlamento autoconvocato di Simon de Montfort (due cavalieri per ogni
shire, due cittadini per ogni città maggiore, due borghesi per ogni borough) che si data la nascita di un’assemblea parlamentare come immediata espressione, al tempo, di una contesa baronale erede dello
spirito della Magna Carta e caratterizzata da aspre rivendicazioni nei
confronti della monarchia feudale del debole Enrico III. In un clima
di forte contrapposizione tra un’assemblea che si attribuisce una
forma non più rudimentale di rappresentatività e una monarchia che
tenta di affermare il proprio potere, il parlamento è un aggregato fazioso, e il suo portavoce – tutt’altro che un Presidente neutro e mediatore tra due istanze che già nella metà del Duecento si configurano secondo il modulo “potere-contropotere” – è diretta espressione del ceto baronale. Si riconosce in tale periodo la prima figura
emblematica di Speaker di cui si ha memoria esplicita (anche se il termine entrerà in uso nei resoconti a partire dal parlamento del 1377),
il Peter de Montfort proveniente dal rango dello sceriffato regio, legato da una diretta parentela al capo dei baroni ribelli e prolocutor
del c.d. “Mad Parliament” riunito ad Oxford nel 1258; fortemente
coinvolto nella Seconda Guerra dei Baroni, resterà ucciso nella battaglia di Evesham (1265). Il coinvolgimento dello Speaker nelle contese armate perdurerà fino alla Guerra delle Due Rose, a testimonianza dell’estrazione per lungo tempo feudale del presiding officer
del Comuni13.
Nei primi tempi, compito della persona designata a presiedere
l’assemblea parlamentare è non altro che farsi latore, nei riguardi del
monarca, della volontà del parlamento e delle sue determinazioni
13 Così in A. CURRY. Speakers at War in the Late 14th and 15th Century, in P.
SEAWARD (cur.), Speakers and the Speakership, cit., 8-21.
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(«to act as the mouthpiece of the Commons and to communicate their
resolutions to the King»14). In un clima di forti contrapposizioni politiche tale compito, che forma uno dei due nuclei essenziali della
funzione di presidenza nell’assemblea (l’altro sarà la regolazione del
dibattito in aula), non postula necessariamente una condizione di
neutralità, ma anzi esige una diretta immissione nelle contese del momento. La storia personale di Peter de Montfort rivela che, se la
guerra civile è un’altra forma di partecipazione politica, in epoca
plantageneta lo Speaker ne è spesso un attore di primo piano pronto
a sostenere le ragioni di un parlamento che è ancora primitivo15 in
quanto assemblea meramente rivendicativa dominata dal ceto baronale, e che tale resterà a lungo. Detto anche parleur (nel francese che
costituiva la lingua ufficiale della Corte angioino-plantageneta) o prolocutor (nel lessico della Cancelleria), o anche procurator, il Presidente parlamentare è incaricato di operare come mero trasmettitore
della voce assembleare – compito, questo, spesso scomodo e compromettente, «often an unenviable task»16 –, e tuttavia, all’epoca, è
essenzialmente un uomo di Stato pienamente partecipe delle tensioni
sociali, politiche e giuridiche (le cronache registrano che ben nove
Speakers siano morti in circostanze violente soprattutto nel corso
della Guerra delle Due Rose), ma già portatore delle istanze di un’assemblea parlamentare che, come s’è detto, è ancora sostanzialmente
nobiliare ma già cosciente, per via dell’esordio in essa dei borghesi
rappresentativi delle città dotate di franchigia, del proprio ruolo di
arbitro delle prestazioni tributarie dovute alla Corona e, attraverso
esse, dell’operato della spesso corrotta e familistica amministrazione
del regno.
Alla fine del Duecento il parlamento attraversa una significativa
metamorfosi ad opera di Edoardo I, grande riformatore delle istituzioni e del diritto, e lo Speaker riflette tale trasformazione. Fissato il
principio-cardine del “no taxation without representation” e regolata
la composizione di quello che lo storico F.W. Maitland definirà il
“Model Parliament” (tale infatti il parlamento edoardiano del 1295
14 N. WILDING - P. LAUNDY, An Encyclopædia of Parliament, London, 1968, ad
vocem, 692.
15 Sui cui caratteri, e con molto sporadici cenni sulla speakership delle origini, v.
J.R. MADDICOTT, The Origins of the English Parliament, 924-1327, Oxford, 2010.
16 N. WILDING - P. LAUNDY, in An Encyclopædia of Parliament, cit., 692.
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che, ancora unicamerale, ricalcava la medesima struttura di rappresentanza mista di baroni, ecclesiastici e borghesi profeticamente congegnata da Simon de Montfort), il sovrano riconosce all’assemblea la
legittimazione a presentare in forma ufficiale petizioni, lagnanze e altre richieste, il che ritualizza giuridicamente il rapporto tra monarchia e parlamento quale principale finanziatore della politica regia,
attribuendo al suo portavoce una più esplicita fisionomia di mediatore tra le istanze dei contribuenti – fra i quali assumono dignità gli
abitanti dei centri urbani dotate di franchigia ed obbligate da vincoli
fiscali nei confronti della Corona – e del potere del re. La rapida trasformazione sociale della figura dello Speaker segue tale mutamento:
da esponente del ceto baronale, egli proverrà dall’aristocrazia intermedia e, in particolare, dal rango dei funzionari della Corona.
La modernizzazione del concetto stesso di parlamento e la fissazione della struttura del 1295 come paradigma per alcuni secoli a venire non impediranno tuttavia che l’assemblea posta sotto la riorganizzazione sovrana, prima di suddividersi nel due rami giunti fino ai
nostri giorni (dopo la riforma edoardiana ancora per lungo tempo il
Parlamento conserva una struttura monocamerale, ma in esso prevale numericamente la componente borghese dei commoners), acquisisca di diritto una limitata funzione legislativa di livello minore, ma
di fatto un considerevole potere di controllo fiscale. Ciò consentirà
all’assemblea di porsi di fronte alla Corona come sua diretta e spesso
impegnativa interlocutrice: così nel c.d. “Good Parliament” del 1376,
convocato da Edoardo III, che si rende protagonista di un duro confronto con la Curia Regis molti dei cui aristocratici membri sono
emarginati per determinazione parlamentare. Entra a questo punto
in scena uno Speaker ben più rappresentativo del de Montfort, il Sir
Peter de la Mare proveniente dal rango dei cavalieri investiti dal sovrano di importanti mansioni amministrative (in qualità di sceriffo
nell’Herefordshire, addetto alla raccolta delle imposte e in seguito
rappresentante della contea in parlamento) e promotore della, invero
non lunga, stagione di influenza parlamentare sugli orientamenti politici della Corte. La carriera di de la Mare, prima della stabilizzazione del suo ruolo presidenziale, conoscerà delle battute d’arresto,
gravi contraccolpi delle alterne vicende politiche legate alla crisi dei
rapporti tra parlamento e monarchia: gettato in prigione a causa dell’opposizione parlamentare e sua personale nei riguardi di Edoardo
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III e dei suoi dignitari, sarà censurato dal c.d. “Bad Parliament” convocato nel 1377 (e così detto per via del suo asservimento al sovrano), e riabilitato solo con il parlamento successivo, al termine di
una fase di violente convulsioni monarchico-parlamentari nella quale
si delinea un’alterna fisionomia di Speaker che in qualche misura è
l’immediata controparte del presiding officer “parlamentare” configurato da de la Mare e che incarna il prototipo dello Speaker “monarchico” destinato a riproporsi sistematicamente fino all’epoca Tudor. Il programma di egemonizzazione regia dell’attività parlamentare si concretizza infatti anche assumendo il controllo della
speakership, secondo una prassi che si protrarre pressappoco fino all’epoca dell’assolutismo stuartiano.
Non più esponente autonomo dell’assemblea e della sua volizione (quand’anche una volizione ancora sotto egida baronale, ma
già in alleanza con la borghesia municipale e con il cavalierato rurale
da cui proviene la gran parte dei presidenti dell’assemblea di Westminster), lo Speaker, pur consapevole di essere parte di un contesto
di lealtà incrociate e di dover salvaguardare la propria incolumità, diventa un uomo di fiducia del Re: così nel caso di Thomas Hungerford (che in deliberato antagonismo a de la Mare assume la presidenza del “Bad Parliament”, ossia del parlamento sostenitore della
reazione monarchista), già proveniente dall’amministrazione e dal
servizio privato della casa di Lancaster come sceriffo del Wiltshire, e
in seguito ricompensato con cariche altamente remunerative. Di questa figura di presiding officer si evidenziano la lunga carriera parlamentare, che esprime una diretta continuità fra il conseguimento di
cariche di diretto conferimento regio e rappresentanza a Westminster, e l’appartenenza dello Speaker alla classe dirigente del regno.
Nonostante la sua diretta aderenza agli orientamenti del potere
monarchico lancasteriano, Hungerford rivela una lunga militanza
parlamentare e, abbandonate le tradizionali denominazioni, è il Presidente assembleare che per primo, nei verbali di Westminster, risulta formalmente definito come Speaker: di lui si diceva infatti che
fosse l’autentico portavoce della componente borghese del parlamento nei confronti della Corona, ovvero che «avait les paroles pur
les communes d’Angleterre en cet parlement». Egli delinea una magistratura suprema dell’assemblea in cui coesistono, in relativa autonomia, i ruoli di portavoce del parlamento e del monarca, ma con una
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oggettiva prevalenza di quest’ultimo almeno fino a che, in alcune
particolari fasi di indebolimento del potere regio e di dissanguamento della classe aristocratica di antica ascendenza feudale, il parlamento non eserciterà la sua influenza sul governo del regno fino a
diventare arbitro della successione al trono.
Non è casuale che al termine del regno di Edoardo III, ovvero
di un periodo di governo inusitatamente lungo (1327-77) in cui il
parlamento sviluppa la sua inarrestabile influenza fiscale e costituzionale, emerga in tutta la sua politicità autonoma l’istituzione che da
quell’epoca si definisce la Camera dei Comuni. Nel 1377 l’aristocrazia se ne distacca a formare un secondo ramo assembleare a numero
chiuso costituito da baroni personalmente convocato tramite un
summon del re, e pertanto a Westminster si concretizza la ben nota
istituzione bicamerale. Fin dall’epoca del Good Parliament presieduto da Peter de la Mare si creano alcuni importanti strumenti parlamentari di contrasto con i ministri della Corona, tra cui assume rilievo l’impeachment, e lo Speaker è posto a governare questo peculiare procedimento di messa in stato d’accusa operando in un regime
di quasi-giurisdizione. Una simile maggiore assunzione di responsabilità politiche determina non solo la nascita dello Speaker come Presidente formalmente designato come tale, ma anche la sua prima metamorfosi che si determina nel periodo hungerfordiano attraverso la
genesi della fisionomia che si può definire come caratterizzata dalla
componente-chairman, ovvero di una magistratura politicamente caratterizzata ma anche dotata di un compito “tecnico” come organizzatrice dell’attività parlamentare e garante del suo corretto andamento. È pressappoco nel medesimo clima culturale che apparirà
(sebbene molti storici del diritto inglese antiquario abbiano nutrito
serie perplessità sulla sua collocazione storica e perfino sull’autenticità del documento), quel Modus Tenendi Parliamentum, edito nel
regno di Edoardo II (1307-27), che forma il primo manuale – ad uso
dei parlamentari e dello stesso Speaker – di procedura assembleare
adottato nel regno d’Inghilterra17.
17 Su tale significativo documento v. V.H. GALBRAITH, The Modus Tenendi Parliamentum, in Journal of the Warburg and Courtauld Institutes, 16-1953, 81-99; e M. PRESTWICH, The Modus Tenendi Parliamentum, in Parliamentary History, 1-1982, 221-226. Il
suo testo è stato riprodotto nella sezione The Manuscripts of the Modus Tenendi Parliamentum della English Historical Review, 1919, 209-225.
ALESSANDRO TORRE
59
In questa particolare fase evolutiva e nelle condizioni che seguiranno, come il parlamento – e i Comuni in particolare, se è vero che
si fa risalire a Edoardo III l’invito ai baroni a non occuparsi più delle
decisioni in materia fiscale e latamente finanziaria, ovvero di quei disegni che in seguito saranno definiti money bills, poiché tali decisioni
competono ai rappresentanti del veri contribuenti riuniti nella Camera “bassa” – acquisisce sempre maggiore influenza sulle cose del
regno, così anche il suo Speaker, sempre meno assimilabile a un royal
official annidato nell’assemblea, acquisisce dignità e potere quale presiding officer, regolatore dei procedimenti in aula ormai giunti a un
rifinito livello di funzionalità sotto l’egida degli “usi e costumi” parlamentari, e veicolo verso la Corona delle petizioni con cui i Comuni
esprimono le loro grievances nei riguardi delle azioni dei funzionari
del re (categoria da cui, come s’è visto, molti Speakers inclusi de la
Mare e Hungerford, sono cooptati). Risalgono pressappoco a tale
clima politico la genesi della caratterizzazione dello Speaker come
chairman posto a presidio della prassi parlamentare e l’uso della sua
designazione, che ha luogo da parte dell’assemblea, per elezione, tra
i suoi membri all’inizio di ogni sessione18. Frequenti saranno, sotto
tale regola, le rielezioni e, sovente, le riconferme per acclamazione: si
rammenta, per esempio, la reiterata designazione al ruolo dello
Speaker lancasteriano Thomas Chaucer, figlio del celebre autore dei
Canterbury Tales, nelle sessioni 1407-11, 1414, 1421.
L’affermarsi dell’elettività dello Speaker è direttamente collegata
al consolidamento, nel contesto di quel complesso di garanzie che
formano il privilege dei Comuni, dell’insindacabilità dello Speaker
per gli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni come “parleur”
e come “chairman”. In sostanza, il rapporto tra Presidente e assemblea rileva una struttura biunivoca: senza dire del contributo che con
il suo apporto individuale ogni titolare dalla carica darà all’incremento della sua alta dignità parlamentare, la speakership intesa come
funzione trae un fondamentale vantaggio dall’inviolabilità della persona del presiding officer; nel contempo anche l’inviolabilità della Camera dei Comuni, pur tra vicende alterne, si afferma gradualmente
18 Una
vivace e dettagliata descrizione delle norme consuetudinarie che ancora
oggi regolano l’elezione dello Speaker, si può leggere nell’agile volume del deputato D.
DAVIES, A Guide to Parliament, Harmondsworth, 12 ss.
60
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attraverso la definizione per via consuetudinaria dei suoi privilegi
quale corpo costituzionale. Le due dimensioni dell’inviolabilità, dell’assemblea e dei suo Presidente, sono speculari: in virtù di questo
fattuale concatenamento di garanzie, se lo Speaker si rende garante
della locuzione assembleare nei riguardi del monarca e dello stesso
diritto dei Comuni a influenzare la politica del regno obbligando il
re perfino a motivare adeguatamente le richieste di nuovi tributi e gli
impegni di nuove spese (tale potere si afferma già nella metà del regno di Edoardo III, ponendo limiti quasi invalicabili all’esercizio dell’imposizione fiscale per prerogativa regia), allo stesso modo si impegna come relatore delle istanze del re, prevalentemente fiscali, nei
confronti della Camera dei Comuni. Agendo in tal modo, lo Speaker
è nella condizione di ottenere il rispetto, contro le rappresaglie del
re, dell’inviolabilità dei Comuni e dell’immunità dei suoi membri
(per esempio, sotto l’egida della libertà di parola, ancora allo stato
molto embrionale nel regno di Edoardo III e pertanto da esercitare
con grande circospezione: solamente con le rivoluzioni del Seicento
essa sarà consacrata appieno tra i privilegi parlamentari), e nel contempo si pone sotto la protezione dell’assemblea, di cui è generalmente riconosciuto come «the mouth». In questo gioco di garanzie
incrociate si affermano i canoni di una best practice magistratuale
concretamente preventrice di conflitti sociali che giova sia ai Comuni
che alla Corona, i primi orientati verso posizioni interlocutorie che
consentano di accordare tributi fiscali alla monarchia ottenendone in
cambio privilegi e concessioni di vario genere, e la seconda mirante a
salvaguardare il gettito fiscale conservando, per quanto possibile, il
proprio controllo sull’assemblea. Posto al centro di tale complesse e
non sempre scorrevoli relazioni, lo Speaker si trasforma presto in
un’istituzione monocratica necessaria per il funzionamento dell’intero sistema assembleare (e segnatamente per la legittimità stessa
delle determinazioni dei Comuni): simbolismo e funzionalità concreta del plenum assembleare della Camera dei Comuni trovano il
loro moderno punto di fusione in quella pronuncia, emanata nel
1961 dallo Speaker di estrazione tory Harry Hylton-Foster, per cui
nessuna votazione in aula può essere effettuata né acquistare legittimità se la Mace, prezioso simbolo dell’autorità reale e, in connessione a questa, dell’autorità dello Speaker, non è stata regolarmente
deposta «on the Table of the House».
ALESSANDRO TORRE
61
Dal reciproco giovamento che inevitabilmente lega i Comuni e
la Corona in epoche non particolarmente conflittuali trova definizione una figura di presiding officer non ancora neutra ma già ibrida
nelle sue funzioni, dotata di autorevolezza consolidata in quanto di
espressione parlamentare e di influenza regia, ma che si trova oggettivamente ad agire tra i due fuochi di interessi antagonisti: una condizione, questa, destinata a permanere fino all’intera epoca dell’autoritaria monarchia rinascimentale Tudor19 nel cui corso mediano si
colloca la breve speakership (aprile-agosto 1523) tenuta dall’umanista
Thomas More, e che si collega ad alcune pratiche parlamentari tuttora vigenti, che possono sembrare curiose agli occhi del parlamentarista europeo-continentale, ma che trovano il loro senso in tale
contesto di schermaglie permanenti e che come formante hanno proprio la doppia dimensione del ruolo della speakership, ossia della
presidenza assembleare come istituzione, ma soprattutto dello
Speaker, ovvero del diretto titolare della carica.
Tra queste un particolare rilievo la prassi del Committee of the
Whole House, ovvero quell’artificio procedurale con cui l’intera Camera dei Comuni si trasforma in commissione e – per così dire –
“cambia pelle” adottando un modo di procedere e di deliberare più
snello, di più agevole gestione, e informato a maggior libertà di discussione, ma soprattutto a maggiore autonomia e relativa assenza di
pregiudiziali dettate dall’esterno della Camera (e di cui lo Speaker, si
rendeva spesso veicolo). Trasformandosi in “Commissione dell’intera
Camera”, infatti, la Camera dei Comuni mutava la propria presidenza affidandola a un chairman nominato appositamente e invitando pertanto lo Speaker ad abbandonare il seggio, e in tal modo allontanava dal dibattito quelle ingerenze monarchiche che troppo
spesso trovavano nelle posizioni di Speakers monarchisti o semplicemente influenzabili un fattore di condizionamento del discorso assembleare. Osserva in proposito un autorevole studioso delle pratiche parlamentari che, tra le diverse esigenze che motivarono l’invenzione di tale tipo di commissione speciale (consentire un dibattito
più aperto a interventi di singoli deputati, superare problemi di quorum delle commissioni ristrette) non secondario era proprio l’intento
19 Una condizione analizzata in A. HAWKYARD, The Tudor Speakers, 1485-1601:
Choosing, Status, Work, in P. SEAWARD (cur.), Speakers and the Speakership, cit., 22-48.
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di fare fronte a situazioni indesiderate, o in altri termini, come nella
parole di un parliamentarian di tradizione classica, di realizzare «the
greater freedom of debate secured by the removal of the constraining
presence of the Speaker, who was at this period expected to look after
the interests of the King»20. Realizzato estromettendo temporaneamente lo Speaker dalla presidenza dell’aula, un simile mutamento di
geometria della Camera dei Comuni era pertanto un fattore della tutela di quella libertà di dibattito che, sebbene ancora non tradotta in
una autentica freedom of speech individuale, ne risultava agevolata
quanto meno sul piano collettivo. Dissolti in età contemporanea i timori di ritorsioni regie a danno di chi abbia contrastato gli orientamenti della Corona nel dibattito ordinario, l’istituto del Committee
of the Whole House oggi si applica ai Comuni per il dibattito su progetti di legge (bills) particolarmente controversi, per i quali si richiede una procedura più fluida in quanto – appunto – “di commissione”, ed è presieduta dal Chairman of Ways and Means, altra figura
supplementare, o a dir meglio ausiliaria, che un tempo presiedeva
l’omonimo Committee attivo tra il 1641 e il 1967 per l’esame specializzato di misure in materia fiscale, e che oggi esercita la supplenza
quale Deputy Speaker. Alla medesima logica, ma riguardo non più
alla Corona bensì al Governo di Sua Maestà, risponde la prassi del
Committee of the Whole House nella Camera dei Pari, che fino all’abolizione della carica (Constitutional Reform Act 2005) era presieduta dal Lord Chancellor, presiding officer della Camera alta ma anche esponente di primo piano dell’esecutivo; anche nella Camera dei
Rappresentanti statunitense e in parlamenti del Commonwealth sussistono, ma con modalità diverse, analoghi congegni che sono un
chiaro lascito, o almeno un’ispirazione, dell’esperienza maturata a
Westminster.
Un considerevole balzo in avanti è praticato dallo Speaker nel
Seicento, ovvero nel secolo delle rivoluzioni parlamentari: la Prima
rivoluzione, o “Grande Ribellione” (convulsa fase politica che si articola in numerose fasi di guerra civile che, tra il 1639 e il 1651 oppongono alla monarchia di Carlo I il parlamento e/o, in alleanza con
questo o separatamente, irlandesi e scozzesi) e la Seconda rivoluzione, o “Gloriosa Rivoluzione” che nel 1688 allontana definitivamente lo Stuart Giacomo II e produce il Bill of Rights del 1689.
20 LORD
CAMPION, to the Procedure of the House of Commons, cit., 27.
ALESSANDRO TORRE
63
I caratteri di questa complessa transizione costituzionale sono
ben noti perché ad essa si fa risalire la genesi del moderno sistema
parlamentare inglese che, agli inizi del Settecento, si trasformerà in
britannico fondendo due figure di presiding officer, l’inglese e la scozzese, ma di fatto imponendo la prima sulla seconda destinata a dissolversi. Sui caratteri parlamentari di tale fase pertanto non conviene
soffermarsi se non per sottolineare che in concomitanza con la svolta
assolutistica della monarchia stuartiana, e dell’acuirsi dei contrasti tra
il re e la Camera dei Comuni, si radica sempre più in quest’ultima, anche sulla base dell’evoluzione maturata nel corso del regime monarchista Tudor, un non immotivato sospetto che, nonostante la crescita
dell’istituzione parlamentare come interlocutrice diretta della Corona
(e certamente anche a causa di tale condizione), il presiding officer si
sia di fatto pienamente trasformato in un “uomo del Re”. Per tale motivo molto frequenti sono all’epoca le accuse di parzialità nei riguardi
dello Speaker e sempre più numerosi, nei primi anni del Seicento –
ovvero nel regno di Giacomo I e nella prima parte di quello di Carlo
I – gli interventi vessatori degli agenti del monarca nei riguardi di
quei deputati dei Comuni che, avvalendosi della libertà di dibattito di
cui lo Speaker stesso si suppone garante, subiscono ritorsioni di varia
natura, restrizioni della libertà personale e condanne per lesa maestà.
Gli “usi e costumi” del parlamento, in altre parole, regolano con sufficiente approssimazione quella procedura che tradizionalmente ed
ancora oggi si riassume nel termine The Table e come tale si pone
sotto la tutela dello Speaker che vi esercita forti poteri discrezionali
per lo più inerenti alla regolazione delle sedute21, ma non ancora includono all’epoca quelle garanzie dello status del parlamentare che ne
formano il moderno corredo protettivo.
3.
La seconda metamorfosi dello Speaker.
Il momento-chiave che dà luogo, per una indifferibile necessità
politica, alla seconda metamorfosi dello Speaker si realizza nella crisi
del gennaio 1642. Snodo essenziale è l’episodio dell’invasione della
Camera dei Comuni da parte del re: per trarre in arresto per alto tra21 Numerosi
spunti in merito al «tremendous discretionary power» dello Speaker
trovano sviluppo in E. TAYLOR, The House of Commons at Work, London, 1979, 39 ss.;
ed anche cfr. P. SILK - R. WALTERS, How Parliament Works, cit., 19 ss.
64
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dimento alcuni leaders parlamentari di parte puritana Carlo I, alla testa di un reparto di armigeri, entra nell’aula, occupa il seggio presidenziale assumendo di fatto – con un atto che trascende il dato simbolico – la presidenza dei Comuni, e chiede allo Speaker William
Lenthall che gli siano indicati i deputati da imprigionare. Con la celebre risposta che gli è attribuita «May it please your Majesty, I have
neither eyes to see, nor tongue to speak in this place but as the House
is pleased to direct me, whose servant I am here; and I humbly beg
Your Majesty’s pardon that I cannot give any other answer than this to
what Your Majesty is pleased to demand of me», il presiding officer dichiara senza perifrasi l’appartenenza della speakership alla Camera
dei Comuni quale incarico di un suo officer servente, e non già una
sua soggezione diretta alla Corona, segnando un punto di non ritorno che solamente negli anni della Restaurazione, una volta conclusa la parabola del parlamentarismo repubblicano del Commonwealth di Cromwell (1653-60), sembrerà reversibile. Per effetto
della deprecabile aggressione stuartiana all’autonomia della Camera
dei Comuni, dei suoi deputati e dello stesso Speaker si profila, dal
1642 in poi, quel costume ancora in uso per cui al sovrano non è più
consentito fare il suo ingresso in parlamento, se non una sola volta
l’anno in occasione del Royal Speech che apre la sessione parlamentare (è questo l’unico momento in cui, con il monarca e le Camere
riunite, si rende visibile quella fittizia figura costituzionale nota come
King – o Queen – in Parliament, alla quale è conferita la sovranità).
La non agevole condizione dello Speaker nell’età della prima rivoluzione e della repubblica cromwelliana dimostra fino a qual
punto sia variabile la geometria dell’alta magistratura assembleare:
sotto il regime militare instaurato da Oliver Cromwell, infatti, un assemblearismo spinto all’eccesso ridimensiona l’importanza del presiding officer non più mediatore con la monarchia, che è mantenuto in
auge nell’organizzazione di un parlamento diventato monocamerale
ma ridotto di fatto al rango di mero simulacro dell’autonomia di tale
istituzione: così come in alcuni occasioni Carlo I aveva tentato di interrompere l’attività dei Comuni chiedendo la consegna della Mace,
al momento dell’egemonizzazione militare sul parlamento la materiale, solenne e pubblica distruzione della Mace – che sarà ripristinata con la Restaurazione – è espressiva di questo radicale mutamento istituzionale che rende se non superflua almeno di limitata ef-
ALESSANDRO TORRE
65
ficacia l’autorità di uno Speaker22, che, nonostante se ne asserisca la
formale imparzialità, torna a rivestirsi di una fisionomia oggettivamente politica non tanto per la sua attiva partecipazione alle vicende
dell’epoca o per una leadership esercitata su un’assemblea retta da un
unico partito, quanto piuttosto per la sua immediata soggezione agli
orientamenti dell’esercito e del Lord Protettore.
Un’altra significativa biografia di Speaker, quella del William
Lenthall disobbediente nei riguardi di Carlo I, illustra perfettamente
il senso della temporanea eclisse della speakership nel clima rivoluzionario puritano. Singolare figura di uomo politico detentore di diverse importanti cariche amministrative e parlamentari, e figura camaleontica che attraversa varie esperienze di parlamento dalla guerra
civile alla Restaurazione, Lenthall è in origine deputato per il collegio di Woodstock nello Short Parliament (convocato da Carlo I e da
questi sciolto nello stesso aprile 1640) e nel più duraturo Long Parliament (1640-60) che sarà protagonista della svolta rivoluzionaria;
designato all’alta carica per diretta volontà di Carlo I ma a quest’ultimo opposto in difesa del privilegio parlamentare e dell’immunità
dei deputati, a seguito di tale episodio ottiene un notevole aumento
salariale e contemporaneamente accumula altre importanti e ben retribuite prebende governative, rassegna le dimissioni per effetto del
trasferimento della potestà parlamentare sotto l’egida dell’esercito
cromwelliano (1647), trasferisce la Mace da Londra per unirsi alla
New Model Army e da questa è reinsediato come Speaker restando in
ufficio fino al 1653, anno del colpo di stato di Cromwell che dissolve
il Long Parliament. Una nuova sua designazione alla presidenza, non
più dei Comuni ma del repubblicano Protectorate Parliament, lo
vede in carica fino al 1654 e, dopo alterne vicende che lo vedono sostenitore del Rump Parliament (ovvero in quell’ultimo spezzone di
assemblea che sostiene fino all’ultimo i precari equilibri del Protettorato) e che riunirà in forma autogestita nella sua residenza come
Master of the Rolls, e nuovamente Speaker nel 1659-60 fino alla vigilia della Restaurazione.
L’esperienza maturata attraverso la carriera di Lenthall ha
quanto meno il merito di porre in risalto, nel periodo che precede il
22 È
quanto si evince dalla ricostruzione operata in S.K. ROBERTS, The Reputation
and Authority of the Speaker and the Speakership of the House of Commons, 1640-60, in
P. SEAWARD (cur.), Speakers and the Speakership, cit., 75-89.
66
IL FILANGIERI - QUADERNO 2012-2013
ritorno dello Stuart e nuove aggressioni nei riguardi dell’autonomia
parlamentare, la fondamentale ambiguità di una speakership esposta
a molteplici pressioni politiche ed a lealtà incrociate tra Comuni e
Corona. Se già un presiding officer di epoca elisabettiana, l’Edward
Coke che era stato Speaker nel 1593-98, aveva dato prova di grande
abilità nel conservare senza danno la doppia identità di magistrato
del parlamento e di servitore di una monarchia ancora paternalista
(ne dice P. Laundy che egli «having mastered the difficult art of serving two masters, showed a remarkable dexterity in the manipulation
of procedure and precedent in order to expedite businessand comply
with the wishes of the Queen»23), la presa di coscienza delle necessità
di attribuire una dignità autonoma al Presidente dell’assemblea diventa definitiva in epoca restaurativa allorché Carlo II rifiuta la sua
approbation alla rielezione dello Speaker Edward Seymour (1673-79)
e genera un forte contrasto con la Camera dei Comuni che si risolve
solamente con l’emersione di una terza candidatura di genuina ed
esclusiva designazione parlamentare. In seguito a questo episodio,
che prelude agli aventi della “Gloriosa Rivoluzione”, l’elezione dello
Speaker è definitivamente affrancata dall’influenza monarchica. Nondimeno la presidenza della Camera dei Comuni è ancora lontana dall’acquisire quell’autorità neutrale che è oggi a noi nota.
4.
Dalla “Gloriosa Rivoluzione” all’avvento di Walpole.
Il terzo momento di metamorfosi dello Speaker coincide con la
breve fase di sviluppo del sistema parlamentare nella sua forma pura:
una forma che trova sintesi nel revolution settlement e che, definita
come del government by influence, è stata caratterizzata dall’intreccio
di nuove connessioni che, messo ai margini il governo diretto del re,
si organizzano tra un parlamento emerso trionfante dalla svolta rivoluzionaria del 1688-89 e i nuovi protagonisti della vita politica del
paese, ovvero gli schieramenti parlamentari dei tories e dei whigs.
In realtà la distribuzione degli orientamenti parlamentari in
senso bipolare aveva trovato luogo già negli anni della Restaurazione,
23 P.
LAUNDY. The Office of Speaker, cit., 182 (come anche citato in K. BRADSHAW
- D. PRING, Parliament and Congress¸ cit., 50). Coke, passato alla magistratura delle
Corti, sarà un autorevole, attivo parliamentarian e l’estensore nel 1628 della Petition of
Right.
ALESSANDRO TORRE
67
fortemente condizionando il ruolo stesso dello Speaker e imponendogli una condizione di incertezza che, nella consapevolezza che –
come ai tempi di Coke – il rifugio nella rigida correttezza del procedimento fosse una garanzia sufficiente per non incorrere nelle sanzioni di monarchi in vena di assolutismo, ne aveva trasformato in
senso formalistico l’esercizio della funzione di governare la procedura d’assemblea24. Sotto tale riguardo il presiding officer è e tuttora
resta un regolatore dei lavori parlamentari ispirato ai canoni della
common law come diritto essenzialmente procedimentale, e laddove
le circostanze epocali lo richiedono, egli stesso organizzatore delle
regole del procedimento e garante della loro corretta applicazione da
parte dei deputati25. Non stupisce che nell’arco di tempo, che grosso
modo coincide con il declino della tensione restaurativa, con il regno
di Guglielmo III d’Orange e dei suoi successori, e arriva all’avvicendamento degli Hannover (Giorgio I, 1714), lo Speaker si leghi in
modo appariscente al Governo di Sua Maestà, sovente ricoprendovi
incarichi di rilievo come il Robert Harley che è contemporaneamente
Speaker (1701-05) e, in questo caso in aperta competizione con aristocratici di alto rango, Segretario di Stato per il Dipartimento del
Nord (1704). Ma stavolta il legame con gli interessi della Corona non
è diretto e non procede dall’alto verso il basso, ma al contrario, in un
sistema in cui ancora il re è posto a capo del potere esecutivo attraverso il filtro dell’emergente sistema dei partiti26.
5.
La lunga speakership onslowiana.
La fase di transizione come accennato, è comunque molto breve
e presto evoluta nella forma “a Primo Ministro” nel lungo periodo di
governo del premier Robert Walpole (1721-42) in cui sono poste
pone le premesse per una quarta metamorfosi della speakership che
24 Utili
annotazioni ricostruttive di questo temporaneo regresso della Spaakership
del Comini si rintracciano nell’accurato studio di D.T. WHITCOMBE, Charles II and the
Cavalier House of Commons, 1663-74, Manchester, 1966.
25 Come per esempio si legge nel prontuario curato da SIR C.P. ILBERT, Manual of
Procedure in the Public Business: Laid on the Table by Mr Speaker for the Use of Members, London, 1951.
26 Questo stato di cose è analizzato in P. SEAWARD, The Speaker in the Age of Party,
1672-1715, in P. SEAWARD (cur.), Speakers and the Speakership, cit., 90-101.
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IL FILANGIERI - QUADERNO 2012-2013
coincide con la graduale evoluzione del sistema parlamentare caratterizzata dallo spostamento di equilibrio nel rapporto parlamento-gabinetto. Tale evoluzione si articola per la maggior parte del Settecento e
giunge fino al primo trentennio dell’Ottocento, ovvero, ormai in
piena età liberale, fino al Great Reform Act 1832). Ancora una volta è
la biografia di uno Speaker di grande autorità, l’Arthur Onslow che ricopre l’incarico tra il 1728 e il 1761), a informare di sé la nuova trasformazione del ruolo.
Al contributo di Onslow, che ha esercitato una presidenza tra le
più celebrate della storia della Camera dei Comuni, si attribuisce per
unanime opinione la stabilizzazione in senso autenticamente imparziale del ruolo dello Speaker27: e, con essa, l’affermazione nei riguardi
dell’esecutivo di maggiori garanzie dell’autonomia della Camera dei
Comuni, a fronte dei molti tentativi governativi di esercitare influenza su di essa. Lo Speaker diventa sempre più “uomo del Parlamento”, carattere, questo, che in Onslow trova la più eloquente premessa nell’elezione ai Comuni (1727) con una maggioranza mai
eguagliata da altri candidati, e nell’unanime designazione come
Speaker in ripetute votazioni (1735, 1741, 1747 e 1754), segno di un
altissimo prestigio e della capacità di dare una risposta, in una Camera dei Comuni sempre più polarizzata intorno alle discriminanti
politiche dettate dal party system e nella quale il conflitto, non più armato, è costituzionalizzato e “parlamentarizzato”, alla fondamentale
esigenza dell’imparzialità. L’agiografia parlamentare racconta della
proverbiale integrità onslowiana, manifestata sia nel contrastare severamente la corruzione dei parlamentari, sia nella capacità di partecipare con equilibrio ad attività che oggi sono rigidamente precluse allo
Speaker, quali il lavoro di commissioni e il voto in esse, pur restando
sostanzialmente uomo di partito. Una particolare cura nell’applica27 Un’imparzialtà che, invero, non sembra sia stata la caratteristica dominante
l’azione degli Speakers. Per esempio, così si esprimono in argomento K. BRADSHAW - D.
PRING, in Parliament and Congress, cit., 50: «The advent of the Speaker as impartial servant of the House took much longer. The distinguished tenure of Onslow (1728-61) set a
standard of impartiality not approached by his predecessors or by his successors for another
three-quarters of a century. […] Thus in close to 600 years of the unbroken succession of
Speakers (1377-1970) only in 164 (including Onslow’s 33 years) could modern standards
of impartiality be said to have existed». Ma ovviamente alla luce delle presidenze dei decenni successivi alla pubblicazione dello studio dei due clerks dei Comuni la percentuale
di anni di imparzialità va molto aumentata.
ALESSANDRO TORRE
69
zione della procedura e nella salvaguardia degli usi e costumi della
Camera dei Comuni, ispirata ai princìpi della Rivoluzione del 168889 e alla garanzia del privilegio dei Comuni declinata soprattutto in
termini di tutela dell’autonomia dei singoli deputati, sono altri caratteri della speakership onslowiana destinati, come gli altri, ad ispirare
i suoi successori ottocenteschi alcuni tra i quali ben propensi ad esercitare con rigida autorità le proprie mansioni di regolatori della parliamentary practice (nel frattempo fissata su carta dal librarian dei Comuni Erskine May)28. Su tali fondamenti, in tempi a noi più vicini, la
saldatura tra la libertà di dibattito e l’osservanza della procedura ha
formato un concetto più completo di parliamentary privilege di cui lo
Speaker è l’indiscusso regolatore, scevro da protagonismi individuali
(non pronuncia discorsi, né partecipa ai dibattiti e al voto) ma con
singolare efficacia: «Speakers are also barred from making speeches.
They must be scrupolously impartial in their behaviour and ensure that
the rights, privileges and dignities of the Houre are maintained»29.
6.
Il consolidamento dello Speaker neutrale.
Fino a Onslow e dopo di lui lo Speaker resta pur sempre persona di partito whig o tory, e poi liberale, conservatore e – in tempi
più recenti laburista, e almeno fino all’età pre-vittoriana non del
tutto immune dal godimento di incarichi governativi di varia natura
e di cospicua retribuzione (come quella di Tesoriere della Marina,
conferita a Onslow), e tuttavia nell’Ottocento il carattere dell’imparzialità della speakership si va definendo con sempre maggior rigore.
Se in epoche precedente la componente che si definirebbe “chairman”,
o “presidenziale” della speakership ne aveva caratterizzato la fisionomia, la metamorfosi onslowiana si distingue per l’emersione dell’ele28 Su tale attitudine degli Speakers di età liberale si sofferma SIR W. MCKAY,
Nothing Could Exceed the Badness of His Character Even in This Bad Age, in P. SEAWARD
(cur.), Speakers and the Speakership, cit., 129-135.
29 D. DAVIES, A Guide to Parliament, cit., 16. Tuttavia vè anche chi sottolinea che,
sebbene in occasioni cerimoniali e certamente non politiche, lo Speaker è autore di proprie pronunce, come per esempio in occasione delle celebrazioni del Cinquantenario
della seconda guerra mondiale o quando si dà rilievo alla sua funzione di portavoce istituzionale della Camera dei Comuni o nell’irrogazione di provvedimenti per contempt
che pososno arrivare fino alla restrizione della libertà personale di chi abbia gravemente
oltraggiato i Comuni (cfr. P. SILK - R. WALTERS, How Parliament Works, cit., 19).
70
IL FILANGIERI - QUADERNO 2012-2013
mento “officer”, attento alla parliamentary practice di natura consuetudinaria e all’essere portavoce fedele e, per quanto possibile, politicamente autonomo della volontà parlamentare nei confronti non più
direttamente del re («before the King»), ma a fronte di leaderships
partitiche e di premierships costituzionali sempre più invasive.
Si giunge in tal modo alla quinta metamorfosi che si realizza in
età liberale e vittoriana: fase in cui lo Speaker diventa sempre più il
presiding officer neutrale, e il suo ruolo si stabilizza in maniera pressoché definitiva. Secondo il punto di vista degli storiografi d’inizio
Novecento, la moderna speakership britannica è il punto d’arrivo di
un processo storico che, senza tener conto di alcuni elementi di antiquaria pratica parlamentare, in Onslow trova il suo culmine30. Nel
1841 la convenzione della neutralità partitica e la stessa possibilità
della continuity nel ruolo in successive legislature si affermano con la
rielezione, da parte di una maggioranza conservatrice capeggiata da
Peel, di Charles Shaw-Lefevre, esponente whig imparentato con il
Lord Grey promotore nel 1832 del Great Reform Act, e Speaker dal
1839 al 1857. In questa fase storica che occupa la prima età vittoriana, sulla falsariga dello stile consolidato da Onslow lo Speaker si
impone come Presidente neutro in conformità all’uso per cui tuttora,
una volta eletto, egli abbandona il proprio partito con cui recide di
fatto ogni connessione; da quell’epoca ogni Speakler potrà a ragione
sostenere, con le parole di Horace King, primo uomo politico laburista eletto posto a ricoprire l’alto incarico nell’arco 1965-71, «I now
sever myself completely from all party politics». Il che tuttavia non impedirà, ove ritenuto opportuno, allo Speaker in carica di ripresentarsi
alle elezioni al termine della legislatura o in caso di scioglimento anticipato della Camera dei Comuni: contingenza, questa, che in virtù
di un’altra convenzione fortemente intrisa di cortesia politica non vedrà mai lo Speaker essere costretto a rendersi protagonista, nella constituency d’origine, di una campagna attiva per sua rielezione che lo
metta a confronto con avversari di altri partiti. Questa rielezione non
gli sarà comunque negata poiché il collegio in questione viene considerato il collegio dello Speaker seeking re-election come candidato in30 Tale
la tesi prevalente nelle interpretazioni di A. IRVIN DASEN, The Speakers of
the House of Commons, London, 1911; e M. MACDONAGH, The Speaker of the House,
London, 1914: il primo caratterizzato da un approccio più biografico, e il secondo attento alla caratterizzazione istituzionale della speakership.
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dipendente destinato a suo piacimento, in caso di rielezione, a restare in carica (e la rielezione gli è garantita poiché, e qui si apprezza
l’elemento delle cortesia, nessun partito avverso ne contesta il seggio
schierando un candidato che aspiri a qualche affermazione politica e
rinunciando, nel collegio, a condurre una propria campagna elettorale o a far ciò in modo appena formale). Questa prassi – che al pari
della nomina alla Camera dei Pari che è conferita a chi abbia già ricoperto la presidenza dei Comuni è considerata una retribuzione
della forzata neutralità politica esercitata in corso di mandato – consente di non ledere la dignità dello Speaker le cui dimissioni, meramente formali al termine della legislatura, non ne escludano la disponibilità ad essere rieletto per proseguire nell’esercizio delle sue
funzioni (il che presuppone comunque la verifica del consenso della
maggioranza dei deputati, di solito non negato a presiding officers di
prestigio), confermando nel contempo la sua condizione di neutralità
politica. Strettamente aderente alle vicende dell’assemblea che presiede, lo Speaker non è coinvolto in esse e la sua rielezione alla carica
è convenzionalmente garantita.
7.
L’attuale fisionomia dello Speaker di Westminster.
Senza dire delle più recenti evoluzioni della speakership che, pur
senza intaccarne la fisionomia rigidamente neutra, ne hanno rese più
fluide la conduzione e la stessa procedura di designazione (fino all’elezione della prima Speaker di sesso femminile, la Betty Boothroyd
che ha tenuto l’incarico nel 1992-200031; e alla scelta di un presiding
officer della sinistra laburista, il Michael Martin in carica nel 200009), il ruolo oggi osservabile della speakership dei Comuni è, pertanto, prevalentemente di matrice onslowiana e come tale si è consolidato nel corso del vittorianesimo, restando aderente alle sue premesse storiche ed attestandosi in una condizione di indiscusso
primato nel quadro dell’assemblea presieduta32. Sulla scorta delle sue
31 A
cui si deve la stesura sulle evoluzioni della “nuova” Speakership: BARONESS
BOOTHROYD, The Role of the Speaker in the 20th Century, in P. SEAWARD (cur.), Speakers
and the Speakership, cit., 136-144.
32 Un tipo di primato che è stato descritto in questi termini: «Within the Assembly, the Speaker indisputably occupies the first place and this is not contested by anyone.
Accordingly, parliamentarians accord his office and almost always his person as well many
external marks of respect. Describing the ceremonial surrounding the Speaker at West-
72
IL FILANGIERI - QUADERNO 2012-2013
premesse storiche la fisionomia del presiding officer della Camera dei
Comuni ha mutuato quei caratteri che oggi gli attribuiscono la ben
nota posizione neutrale che lo erigerebbe a modello rendendolo degno di occupare a pieno diritto uno degli estremi della curva di
Gauss la cui rappresentazione grafica ha formato il punto di partenza di queste riflessioni.
Con l’eccezione di alcuni elementi di inevitabile adattamento
alla modernità parlamentare, sostanzialmente immutata rispetto all’età liberale è la configurazione di tale ruolo33, per illustrare la quale
si possono classificare, in estrema sintesi, alcune categorie di funzioni
che si desumono dal manuale di Erskine May. In primo luogo, legata
all’originaria fisionomia della speakership è la sua funzione di rappresentanza (The Speaker as a representative of the House of Commons). Questa funzione si articola in relazione A) alla Corona, con
riferimento inter alia sia alle petizioni legate al privilegio dei Comuni,
sia alla conduzione dei deputati nella Camera alta in occasione dell’apertura della sessione parlamentare e del Queen’s Speech, sia infine
nel caso della trasmissione dei progetti di legge approvati dai Comuni e dei quali si chiede l’apposizione dei Royal Assent che li trasforma da bills as Acts; B) alla Camera dei Lords, con particolari
mansioni di vigilanza sugli emendamenti che questo ramo del parlamento abbia eventualmente approvato in contrasto con i “financial
privileges” dei Comuni; e C) ad altre autorità pubbliche, in situazioni
che possono andare dai messaggi ufficiali rivenuti da interlocutori
esterni ed alle diverse ipotesi quasi-giurisdizionali che si estrinsecano
in provvedimenti penali (esercitati tramite appositi warrants, soprattutto in casi di oltraggio o contempt ai Comuni) legati al privilegio
parlamentare. Viene in secondo luogo la funzione di presiding officer,
che secondo Erskine May è esercitata con «authority and impartiality». Questa funzione si pone sotto l’egida della Royal Mace e si suddividono in mansioni che lo Speaker esercita A) «under usage», ovvero
minster, an experienced observer noted aptly: the office of Speaker is a very presgtious
dinstinction and a writer at the beginning of this century saw in it many of the attributes
of royalty», in G. BERGOUGNOUS, Presiding Officer of National Palriamentary Assemblies.
A World Comparative Studiy, Geneva, 1997, 35.
33 Su cui v. P. LAUNDY, The Speaker and His Office in the Twentieth Century, in
S.A. WALKLAND (cur.), The House of Commons in the Twentieth Century, Oxford, 1979,
132 ss.
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in via di consuetudine (mantenimento dell’ordine in aula; regolazione della parola e della presentazione di mozioni ad emendamenti
ai progetti di legge; consulenza ai deputati su punti di procedura); B)
in via discrezionale (per esempio; nell’aggiornamento del dibattito;
della regolazione dei tempi del procedimento in aula; della precedenza da attribuire a mozioni d’urgenza); C) di regolazione del dibattito (è il caso classico delle misure antiostruzionistiche, che si concretizzano per prassi nella limitazione degli interventi secondo la regola della guillotine, nella preventiva fissazione della durata massima
degli interventi, nella closure del dibattito stesso in tempi abbreviati,
e perfino nel rifiuto di dare luogo a votazioni surrettizie o di procedere con una mozione di aggiornamento del dibattito o della seduta;
e D) di prevenzione dei disordini un aula (classico il «naming a
Member», ovvero la sua ammonizione solenne che può essere provvedimento sufficiente per ricondurre alla ragione il deputato intemperante, o preludere alla sua espulsione dall’aula o alla temporanea
sospensione). E infine, in terzo luogo, le funzioni di carattere amministrativo attengono alla supervisione presidenziale: A) sul complesso di «accomodation and services» nello storico edificio di Westminster; B) sulle pubblicazioni parlamentari (es. il Journal dei Comuni); sull’attività della House of Commons Commission; e quelle
c.d. «under Statute», legate a doveri previsti da diversi Atti parlamentari per cui lo Speaker è posto ad operare come trustee o come
esecutore di specifici mandati. Non rientrano solitamente fra le attribuzioni dello Speaker quelle forme di c.d. “diplomazia parlamentare” che sono state sviluppate da altre presidenze assembleari europee, e purtuttavia nel contesto della devolution realizzata dal 1998 in
poi una forma di rapporti che senza dubbio si possono definire di
natura diplomatica ha trovato concretizzazione in una serie di incontri con i presiding officers del parlamento scozzese e delle altre assemblee istituite in Galles e in Irlanda del Nord, ovvero ai presidenti
attivi – come si legge nei comunicati ufficiali – in «legislatures across
the United Kingdom»: questi incontri, il cui obiettivo è «to discuss developments in their jurisdictions», configurano una nuova espressione
delle capacità relazionali che lo Speaker di Westminster è in grado di
porre in essere con nuovi interlocutori istituzionali e della creatività
stessa del ruolo di tale prototipica figura del Presidente assembleare
che è il prodotto di numerose stratificazioni storiche.