pro loco - Unpli Napoli
Transcript
pro loco - Unpli Napoli
unplinapoli.it Rivista di Cultura, Turismo e Spettacolo Somma Vesuviana I giapponesi e i misteri della “Villa Augustea” Liternum Prosegue la campagna di scavi Quarto La “fescina” abbandonata Nola Il villaggio preistorico Pozzuoli L’Assunta a mare Sommario 8 Unplinapoli.iT periodico di informazione, Turismo, Cultura, Spettacolo, Tempo libero e Sport anno 1 - numero 1 dicembre 2008 - gennaio 2009 Direttore Editoriale antonio altiero EDiToRialE 3 il SERViZio CiVilE 4 Direttore Responsabile armando De Rosa Condirettore Responsabile Fabrizio Borgogna Vicedirettore luigi De Martino art Director Tommaso Di nardo Coordinatrice di Redazione angela Fabozzi Redazione Massimo Montisano, Tobia iodice, Ciro Maresca, Domenico Savino, Federico lomasti, Giuseppe Santangelo, antonella Di Falco Collaborano i presidenti delle pro loco della provincia di napoli Segreteria: alessandra Fiengo, Teresa De Rosa, Brunella Marziani, Marialuisa pianese, anna Maria porcelli, Rossella Capone, Tommaso De Rosa, Fulvio attanasio, antonio Rossi Redazione Via Vittorio Emanuele, 173 - procida 80079 (na) Tel/Fax 081/ 506.22.72 e.mail: [email protected] Editore associazione Unpli napoli - sede legale Corso avezzana, 26 - Torre del Greco - 80059 - na Grafica, realizzazione e distribuzione in proprio armando De Rosa Ri-scopriamo napoli e la sua provincia. le pro loco “al servizio civile” a cura dell’Unpli napoli 11 RUBRiCHE 16 i Comuni e i prodotti tipici della provincia di napoli 35 Emigranti tra ieri e oggi. Un convegno organizzato dalla pro loco di napoli 40 la canzone napoletana di Mimmo liguoro 13 14 SERViZi 8 11 13 14 30 36 42 20 Somma Vesuviana: i giapponesi e i misteri della “Villa augustea” liternum: prosegue la campagna di scavi per il parco archeologico e il museo Striano: in fumo la più grande necropoli preistorica della valle del Sarno Quarto: la fescina nola: il villaggio preistorico pozzuoli: l’assunta a mare e il convento di San Gennaro procida: a Vivara resti archeologici dell’età del bronzo Villaricca: un santo a Villaricca 30 36 40 Stampa aura Graph Srl via Selva piccola, 25 - Giugliano - na autorizzazione del Tribunale di napoli n° 56 del 12-6-2007 in copertina la statua di Dioniso completamente ricostruita e restaurata nel 2004. (per gentile concessione della Missione archeologica Giapponese). u n p l i n a p o l i. it 1 u n p l i n a p o l i. it 2 editoriale armando de rosa Ri- Eccoci. Dopo circa un anno dalla prima uscita, con il numero zero, definito il piano editoriale, ci presentiamo di nuovo ai nostri lettori con la stessa veste grafica. E’nostro vivo desiderio condurre, una costruttiva sinergia fra tutte le pro-loco al precipuo scopo di tentare la valorizzazione dei tanti piccoli tesori di arte, di storia, di cultura, spesso trascurati per il disinteresse generale ma anche per obiettive difficoltà di varia natura, prime fra tutte quelle finanziarie. in tale ottica intendiamo sollecitare tutti gli interessati, enti e persone, a fornire indicazioni, idee, proposte e, perché no?, critiche costruttive che costituiranno prezioso contributo al nostro lavoro. il magazine Unplinapoli.iT uscirà periodicamente ogni tre mesi con servizi sui siti archeologici, presenti in ogni paese della provincia di napoli, tutti interessanti, alcuni di valore inestimabile, molti sconosciuti ai più, tanti abbandonati, per i quali ci impegniamo a profondere tutti i nostri sforzi perché sia posto rimedio a questo che è certamente un danno per la nostra terra. Riteniamo che questo impegno è proprio delle proloco, perciò abbiamo insistito molto con i presidenti delle stesse affinché ci dessero una mano. in tutti gli incontri ci siamo scambiati idee e ci siamo motivati reciprocamente per raggiungere questo scopo. oggi l’idea è patrimonio di tutti gli operatori delle proloco della provincia di napoli e siamo sicuri che ci caratterizzere- mo e ci affermeremo come vere e proprio sentinelle a presidio di queste ricchezze che il mondo intero ci invidia. la villa di augusto a Somma Vesuviana, la “fescina” monumento funebre a Quarto, il villaggio paleolitico a nola, il sito liternum a Giugliano, l’antica Striano e tant’altro. per ogni paese, nei prossimi numeri, scriveremo delle peculiarità dei loro luoghi. Un ampio servizio in questo numero è dedicato al servizio civile. oggi in 25 sedi di proloco della provincia di napoli tre giovani, per lo più laureati fanno questa interessante esperienza che la legge 64|2001 ha permesso. Molti di questi giovani, restano legati alle proloco ed appassionatisi, continuano anche dopo a collaborare con le stesse. il bene immateriale più prestigioso per napoli è certamente la musica e la canzone napoletana. oggi una legge nazionale stabilisce una serie di interventi a sostegno di tale bene. in questo numero, è presente un breve saggio sulla canzone napoletana, con una firma prestigiosa, quella di Mimmo liguro, già direttore del tg3 nazionale. Tutto ciò per continuare e rafforzare quello che da sette anni la proloco di Villaricca porta avanti con il premio Villaricca Sergio Bruni. la canzone napoletana nelle scuole. il premio è giunto alla sesta edizione e tutto iniziò nel 2001 quando la proloco di Villaricca organizzò una manifestazione per omag- giare l’illustre concittadino Sergio Bruni che compiva 80 anni. in occasione della mostra allestita per l’evento, grande fu la meraviglia di scoprire quanto il Maestro era conosciuto in tutto il mondo e quanto aveva contribuito a far conoscere la canzone napoletana in tutto il mondo. l’iniziativa fu apprezzata e valorizzata dai media. Feroce fu la critica del giornale il Mattino agli amministratori della città di napoli del tempo. il titolo di un articolo di questo giornale a firma del giornalista Federico Vacalebre a sei colonne titolava: “ E napoli dimentica la sua Voce solo Villaricca celebra gli ottant’anni di Sergio Bruni”. Con quella iniziativa e da allora grazie alla proloco di Villaricca tanto si è fatto e si sta facendo per la Canzone napoletana. Con un po’ di presunzione, possiamo dire che oggi a napoli due cose serie e di valore si fanno per la Canzone napoletana: il premio Villaricca Sergio Bruni la Canzone napoletana nelle scuole e le iniziative dell’ archivio sonoro della Rai che ha già catalogato circa 40.000 brani di canzone napoletane di cui circa 800 interpretate dal “Cantore di Villaricca” che Eduardo De Filippo definì la Voce di napoli. non abbiamo la pretesa di cambiare il mondo, ma vogliamo continuare a dare la sveglia. “Scetete napule chiu nu dormire”. u n p l i n a p o l i. it 3 Ri-scopriamo napoli e la sua provincia le pro loco al “Servizio Civile” u n p l i n a p o l i. it 4 il progetto “Ri-scopriamo napoli e quanto si possa oggi temere. del Greco, Villaricca. la sua provincia” intende promuo- il contesto territoriale e settoriale ai presidenti delle pro loco coin- vere, con il coinvolgimento di Enti, entro il quale si realizza il proget- volte nel progetto sono state rivol- associazioni e operatori Turistici to è costituito dai comuni della te due semplici domande. in que- locali, la conoscenza e la fruizione provincia di napoli dove sono sto numero ne riportiamo solo dei beni culturali, artistici e pae- situate alcune, proponendoci di pubblica- le pro loco aderenti saggistici del territorio da parte all’Unpli – Unione nazionale pro re le altre nei prossimi numeri degli abitanti e dei visitatori, turi- loco d’italia, da ritenersi omoge- della rivista. sti e studiosi. in particolare, il pro- nei per storia, cultura, tradizioni e getto vuole educare i giovani quadro socio-economico. le domande volontari alla Cittadinanza 1-parliamo del progetto attiva, inserirli in campa- “Riscopriamo insieme la gne di sensibilizzazione e provincia”, che impegna in iniziative di educazione 21 pro loco a copertura allo sviluppo su temi quali dell’intera la tutela dei diritti, il supe- napoli. il contesto territo- provincia di ramento di problematiche riale e settoriale entro il generatrici di ingiustizia e quale si realizza il proget- disagio sociale e sviluppa- to è costituito dai Comuni re il senso civico dell’ap- della provincia di napoli in partenenza e della parteci- cui le pro loco aderenti pazione attiva alla vita all’Unpli si battono da anni pubblica, sia essa sociale, per far emergere le reali culturale, peculiarità locali. Quale è economica e politica. alle sedi locali delle pro loco, si il reale vantaggio che può appor- Siamo fortemente convinti che il aggiunge la sede del Comitato tare un tale progetto alle pro loco ruolo delle generazioni “più vec- provinciale di napoli, sita in Torre ed ai singoli territori? in altre chie” debba essere quello di forni- del Greco, struttura capofila di parole è questa la strada da intra- re occasioni alle più giovani per coordinamento territoriale per il prendere per fare sì che le pro confrontarsi e sperimentare attivi- progetto di servizio civile. loco diventino veramente le refe- tà che possano portare alla realiz- i comuni interessanti e le pro loco renti dei loro territori per tutto zazione di una salda “etica della coinvolte sono: agerola, arzano, quanto riguarda il turismo, la sto- responsabilità” e costruire legami Camposano, ria e la cultura di un luogo? sociali ed umani con la propria Castello di Cisterna, Cicciano, Casamicciola, gente e il proprio territorio e, di Cimitile, Giugliano in Campania – 2-la vostra presenza sul territorio converso, far si che le generazioni zona costituisce punto di riferimento centro, Giugliano in “più vecchie”, ricevano stimoli, Campania – zona del litorale per l’Ente locale? Vi è sinergia con idee e opzioni sul futuro e sul Domitio, Grumo nevano, palma il Comune o le altre istituzioni mondo in modo da essere più Campania, poggiomarino, procida, impegnate nella promozione del sereni sulle opportunità di un Quarto, Santa Maria la Carità, territorio? la collaborazione in Saviano, cosa si concretizza? domani forse non migliore, ma sicuramente non peggiore di Somma Vesuviana, Striano, Torre annunziata, Torre pro loco di procida Fabrizio Borgogna presidente pro loco procida il progetto di servizio civile “Riscopriamo napoli e la sua provincia” è stato una manna dal cielo per le associazioni che ci onoriamo di rappresentare. avere dei volontari, preparati e motivati, che partecipano con entusiasmo al raggiungimento dei numerosi fini statutari delle pro loco, è un valore aggiunto che ha permesso di farci fare quel famoso salto di qualità a cui tanto aspiravamo. al servizio civile ho sempre creduto sin dalla sua istituzione, che, guardacaso, coincide con l’anno di fondazione della “mia” pro loco. E fui proprio io a suggerire al presidente Mario perrotti le opportunità offerte dalle legge istitutiva del servizio civile, che lui ha saputo cogliere al volo e sviluppare su scala nazionale raggiungendo risultati che altre organizzazioni nazionali ci invidiano. i nostri volontari sono impegnati nella ricerca e lo studio delle tradizioni locali, nell’infopoint, nella redazione di materiale promoinformativo, nell’organizzazione di eventi: tutte attività che gli permettono di acquisire competenze e professionalità da spendere in futuro impiego lavorativo. Sull'isola di procida, la pro loco è diventata un punto di riferimento per vari enti ed associazioni locali, soprattutto nella promozione delle varie iniziative organizzate. Ma ancor di più, la pro loco è referente di numerosi enti sovracomunali in progetti di marketing territoriale (Fam-Trip, press tour) che ha visto lo staff dell'associazione assistere ed accompagnare in giro per l'isola giornalisti e tour operator di tutto il mondo. in più la pro loco assiste troupe cinematografiche, testate giornalistiche di settore ed ogni altro ente che si prefigge di realizzare iniziative nell'interesse dell'isola e della sua collettività. pro loco di Torre annunziata Dal 1986 la pro loco di Torre annunziata gestisce un ufficio di informazione e di accoglienza turistica (i.a.T.). abbiamo chiesto al presidente dell'Ente, un'opinione riguardo i lavori di ristrutturazione della strada e qualche informazione in più sulla pro loco. D: presidente, la pro loco di Torre annunziata ha il servizio civile? R: Si, la pro loco ha tre giovani che svolgono il servizio civile dalle nove alle tredici di tutti i giorni esclusi i festivi. i ragazzi partecipano allo svolgimento di un progetto approvato a livello nazionale. D: Sono quindi effettivamente utili questi giovani alla città? R: Sono sicuramente utili, in quanto a disposizione dei turisti e di tutti coloro che hanno bisogno dell'aiuto della pro loco. alla nostra sede giungono diverse richieste di informazioni, che sono regolarmente e puntualmente soddisfatte dai ragazzi della protezione Civile. Tenga presente che la pro loco ha sede a pochi metri dagli scavi di oplonti e quindi rappresenta un punto di riferimento importante per i visitatori. D: Cosa pensa dei lavori di ristrutturazione di Via Sepolcri? R: E' stato fatto un bel lavoro ma bisognerebbe preoccuparsi di un'area di parcheggio, che allo stato attuale manca; mi farebbe piacere comunque avere una sede che fosse meno umida e anche ristrutturata poiché, come lei vede, la parete esterna è completamente coperta dai graffiti ed all'interno è piena di macchie di umido. Sarebbe auspicabile che l'amministrazione comunale si adoperasse a renderne migliore la vivibilità visto che i locali sono di sua proprietà. non esiste al momento un altro ufficio utile per coloro che vengono a visitare la nostra città. D: lei pensa che i giovani della Ciro Maresca protepresidente pro loco Torre annunziata zione civile potrebbero anche essere incaricati altrove per altre mansioni? R: Mi auguro che ciò non accadrà poiché perderemmo un valido aiuto. Finalmente qualcosa sembra cominciare a cambiare a Torre annunziata e noi ci auguriamo che possa aumentare il flusso turistico, così da poter svolgere a pieno il nostro ruolo. per tale impegno non vogliamo essere ringraziati perché lo abbiamo scelto e lo svolgiamo con disinteressata passione ma, al contempo non vorremmo essere ignorati. (intervista di Sara Formisano) u n p l i n a p o l i. it 5 luigi De Martino presidente pro loco litorale Domitio u n p l i n a p o l i. it 6 pro loco litorale Domitio Riscoprire la provincia di napoli, con esclusione di quei posti come Capri, ischia e Sorrento, famosi in tutto il mondo, ha una valenza ancora maggiore. infatti, far conoscere i tantissimi tesori che esistono intorno alla città di napoli è forse più faticoso ma certamente ha un valore enorme. pensiamo ai siti archeologici cosiddetti “minori” come liternum a lago patria dove attualmente sono in corso lavori finanziati dal Comune di Giugliano per espandere l’area visitabile. la pro loco litorale Domitio di Giugliano da dieci anni promuove in italia e all’estero la costiera giuglianese ed ha sviluppato da nove anni, tra le altre attività, un progetto “adottaliternum” patrocinato perfino dall’attuale Capo della polizia dr. Manganelli quando era Questore di napoli, con il quale abbiamo favorito la conoscenza del sito ai ragazzi delle scuole di Giugliano e dintorni ma anche ai tanti turisti visitatori. Ma la funzione delle pro loco che hanno in corso la realizzazione del progetto, è quella di rendere “attrattore turistico e culturale” tutto ciò che per vari motivi, molti anche comprensibili, non riesce ad entrare nel circuito della promozione turistica. E’ un compito arduo che le pro loco, tra cui quella che ho l’onore di presiedere, svolgono con fondi risibili, ma con l’instancabile entusiasmo del volontariato. Ecco perché le pro loco meritano il diritto a candidarsi quali Uffici di “front line” per il turismo. in ogni Comune ci sarebbero “info point” per i turisti, operanti quotidianamente e con un bagaglio di esperienza e competenza. la pro loco litorale Domitio di Giugliano opera in un territorio che costituisce la zona costiera della Città che, come molti sanno, è il Comune più vasto d’italia con 92 km\q. l’E.p.T. ha riconosciuto undici anni fa la pro loco, motivandone l’istituzione proprio per la vastità del territorio. la pro loco ha cercato di dare un “taglio” più turistico alla propria opera, promuovendo oltre ai prodotti locali ed ai siti, la Riviera e le innumerevoli strutture alber- ghiere, della ristorazione e del tempo libero e ha per prima aggiunto il termine di “Flegreo Domitio” al litorale, per “agganciare” la promozione dei già famosi Campi Flegrei alla trascurata costiera domitiana. oggi il termine litorale Flegreo Domitio è usato comunemente anche nella stesura dei provvedimenti legislativi. il Comune di Giugliano ha risentito di un repentino sviluppo abitativo della zona costiera ed ha realizzato in ritardo alcune infrastrutture primarie e secondarie. possiamo affermare, che le battaglie della pro loco, hanno contribuito a sensibilizzare le varie amministrazioni che hanno guidato il Comune e continua a farlo anche oggi. la collaborazione con il Comune si concretizza con diversi incarichi anche di promozione sociale e si spera che il legame operativo si rafforzi nel tempo per una sinergia nello sviluppo turistico e culturale del territorio che farà bene a Giugliano e a tutti i suoi abitanti. pro loco Villaricca i giovani armando De Rosa presidente pro loco Villaricca miazione, le cui ultime due edizio- Contattare le pro-loco; 2) che pre- ni s t a n o l’auditorium della Rai di napoli. le peculiarità territoriali e le mani- servizio Un lavoro immane, difficile da rac- festazioni di maggiore interesse; presso la pro-loco di Villaricca, contare, ma gratificante quando i 3) lavorare alla grafica e all’impa- lavorano ininterrottamente si sono svolte presso Richiedere loro articoli riguardanti al risultati sono quelli ottenuti dalla ginazione; 4) curare la segreteria “premio Villaricca Sergio Bruni la pro-loco di Villaricca, che collabo- e la catalogazione del materiale. canzone napoletana nelle scuole”. ra per questo evento in totale l’impegno dei volontari comincia il lavoro dei volontari si sostanzia sinergia con un’introduzione alle attività con l’amministrazione in varie attività. Volendo elencare comunale ed i dirigenti dei vari svolte dalla pro-loco; da subito alcune di esse potremmo così rias- uffici. loro divengono protagonisti dei sumere:1) Contattare e coinvolge- all’organizzazione re le scuole medie di secondo segue un impegno di notevole all’affascinante mondo pro-loco e grado della provincia di napoli; 2) importanza, non trascurabile per continuando a prestare la loro illustrare ai docenti referenti le la nostra pro-loco. Si tratta della opera nel tempo. del premio finalità del premio; 3) Curare l’in- rivista Unplinapoli.iT. tera organizzazione; 4) Convocare per la realizzazione del magazine la giuria del premio che seleziona i delle pro-loco della provincia di vincitori delle quattro sezioni; 5) napoli, l’impegno dei volontari si organizzare la cerimonia di pre- concretizza in varie fasi: vari progetti appassionandosi 1) pro loco Giugliano Sicuramente questo progetto ci rizzare verso la pro loco chi chie- nella chiesa farà sentire meno soli. Con la con- de notizie su Giugliano. la nostra d sapevolezza che in tanti lavoriamo pro loco è stata costituita nel purgatorio l e Mimmo Savino presidente pro loco Giugliano per la riuscita di un progetto che 1974 e da allora portiamo avanti e che oggi potrà, se portato avanti con tena- con spirito di sacrificio un lavoro di al di là di essere custodite nella cia ed impegno, dare a tutti buoni riscoperta del territorio. sede del Comando Vigili, sono in frutti. al territorio per la riscoper- proprio per non perdere la memo- condizioni indescrivibili. Sono ta dei tesori del proprio patrimonio ria di tutti gli scritti su Giugliano in necessari 12 mila euro per ogni storico e culturale e alle pro loco questo momento stiamo lavoran- restauro e proprio in questi giorni alle quali verrà riconosciuto il do alla informatizzazione di tutti i mi è giunta notizia che il Sindaco ruolo culturale che hanno sempre libri scritti dai nostri concittadini. si impegnerà in prima persona per svolto. a lavoro concluso tutti potranno restaurare leggerli ciccando il sito della pro Mercurio, mentre per i quadri di la tela di Carlo la sinergia non esiste assoluta- loco. nicola mente anche se l’ufficio cultura del Dopo il restauro dell’antifonario, ancora cercare qualche sponsor. Comune non è in grado di fornire stiamo raccogliendo fondi per tutte le notizie storiche. restaurare tre importanti tele della non c’è il pensiero naturale di indi- fine del 1700 che erano accolte Cacciapuoti bisognerà u n p l i n a p o l i. it 7 i giapponesi e i misteri della “Villa augustea” di Somma Vesuviana di franco mosca u n p l i n a p o l i. it 8 Ha meno di quattro anni ma già ha fatto migliaia e migliaia di chilometri. E di sguardi estasiati ne ha intercettati addirittura milioni e milioni. Stiamo parlando del Dioniso di Somma Vesuviana. Da quando è stato portato alla luce tra il 2003 e il 2004 ne ha visto già tante. Dalla sua terribile distruzione avvenuta nel 472: una lava di fango e detriti lo buttò giù dal piedistallo alto tre metri dal pavimento. la rovinosa caduta ed il suo trascinamento lo spezzarono irrimediabilmente in decine di pezzi. la testa da una parte, il busto da un'altra, poi una spalla, le braccia più in là e le gambe disperse chissà ancora dove. Un primo scavo nel 1935 già recupera qualcosa: l’avambraccio, la spalla destra e qualche scheggia. nel 2003 poi la grande svolta. per mano giapponese vengono alla luce i resti più significativi sparsi un po’ su tutto il pavimento della cosiddetta Villa augustea, dieci metri circa di profondità dall’attuale piano di campagna. per la verità si cercava qualcosa che avesse a che fare con ottaviano augusto ma la scena alla fine l’ha rubata lui. E che scena! a gennaio 2005, appena dopo il restauro (un vero miracolo per la perfezione e la velocità eseguito da Giancarlo napoli), subito una mostra a Somma Vesuviana. l’aula Consiliare smise la veste di sede delle interminabili discussioni notturne sul futuro e sul presente della cittadina vesuviana per vestire i panni solenni dell’onore al passato di questa terra misteriosa ed affascinante. Davanti alla sta- la statua di Dioniso complecompletamente ricostruita e restaurata nel 2004. (per gentile concessione della Missione archeologica Giapponese) tua del Dioniso e della meno nota “peplofora”, più piccola ma altrettanto bella, tra lo stupore di esperti e non, transitano migliaia e migliaia di visitatori incantati. il Dioniso di Somma (160 cm circa), di impostazione ellenisticoromana, è raffigurato con corona d’edera. Ha le spalle coperte dalla “nebris”, un corto mantello ricavato dalla pelle di un capretto. il corpo si appoggia sulla gamba destra, poggiata ad un tronco d’albero. la gamba sinistra è portata in avanti in modo da far assumere al corpo un inarcamento del fianco destro. il braccio destro è disteso lungo il fianco. Con il braccio sinistro il dio regge un cucciolo di pantera. E questa è una vera novità: sembra che questo Dioniso sia l’unico trovato finora ad avere la pantera in braccio. Di solito l’animale che lo accompagna è raffigurato ai suoi piedi. l’altra statua, alta 110cm, è statua trovata “murata” dal fango indurito nella sua nicchia e rappresenta una donna vestita di peplo. il volto dai tratti regolari è incorniciato da una pettinatura con ciocche tirate all’indietro, racchiusa da una cuffia annodata sulla fronte. Mancano le mani e gli eventuali attributi per identificarne il personaggio raffigurato. la statua era sicuramente dipinta perché il mantello conserva ancora tracce di colore glicine nelle pieghe. Entrambe le statue, databili agli inizi del i. secolo d. C., sono state realizzate con diversi blocchi di marmo lavorati a parte e successivamente assemblati secondo le tecniche utilizzate allora in Campania. Si pensa specificatamente alle botteghe artigiane flegree che operavano su committenza imperiale ed alle quali risalgono sicuramente anche le sculture del ninfeo imperiale di punta Epitaffio a Baia. la mostra dal titolo “il ritorno di Dioniso” fu un grande successo. Uno degli eventi più importanti capitati a Somma negli ultimi cinquant’anni. Bastò un manifesto e qualche luce per richiamare nei dieci giorni di gennaio 2005 grande attenzione sullo scavo di Starza della Regina, su Somma, ma soprattutto sul Monte Somma e i suoi abitanti, le sue bellezze e le sue distruzioni. panoramica dall’elicottero del sito archeologico di Starza della Regina con lo sfondo del Monte Somma (2003). (per gentile conces sione della Missione archeologica Giapponese). Già c’era però il biglietto aereo per Tokyo. i Giapponesi stupirono tutti con una notizia incredibile. il Governo italiano, su suggerimento del prof Masanori aoyagi, direttore della Missione archeologica italiana, aveva deciso di portare le statue alla grande Expo mondiale di nagoya (due milioni di abitanti; quarta città del Giappone; la zona industriale più famosa al mondo: per intenderci la città della Toyota). E’ stato l’evento mondiale più importante per il Giappone con la presenza di circa 15 milioni di visitatori in sei mesi di apertura (25 marzo - 25 settembre 2005). Un vero trionfo per il nostro Dioniso! Chi avrebbe mai potuto immaginare qualche anno prima quando timidamente e forse senza entusiasmo i giapponesi di Somma cominciarono in località Starza la grande avventura scientifica, economica e mediatica che si sarebbe di lì a poco registrata. alla stessa Expo l’italia e la sua cultura millenaria dunque erano rappresentate da due grandi opere. Mazara del Vallo inviò il famoso Satiro danzante (bronzo del iV-iii secolo a. C. rinvenuto in mare nel 1998) in bella mostra nel settore espositivo italiano ed il nostro Dioniso invece a rappresentare i padroni di casa qualche centinaio di metri più in là. pare che i Giapponesi abbiano molto gradito la presenza della particolare coppia. Hanno infatti un’ attrazione per gli antichi richiami “dionisiaci”. E quale tema poteva avere l’ Expo giapponese più tecnologica mai vista al mondo?: “la Saggezza della natura”! Ma non è finita qui. il 6 luglio scorso si è chiusa una grande mostra sull’influenza dell’arte greca in italia al palazzo Te di Mantova. oltre cento pezzi di arte antica provenienti da i maggiori siti e musei sparsi per il mondo sotto il titolo “la forza del bello”. nella seconda sezione: la Grecia conquista Roma, sotto il titolo “sensualità degli dei, gioia di vivere: afrodite e Dioniso” ritroviamo ancora una piacevola sorpresa: il Dioniso “sommagiapponese”. (in catalogo: “Statua di Dioniso Giovane inizio i secolo d. C. ; da Somma Vesuviana – Marmo; altezza 152 cm – Somma Vesuviana (napoli); Deposito Soprintendenza ai Beni archeologici di napoli e Caserta.”) oltre tre mesi di visite (inaugurazione il 29 marzo 2008) in una città che “produce” cultura 365 giorni all’anno. Sede prestigiosa ed ancora più prestigioso l’occasione per presentare ai mantovani ed all’italia intera questo gioiello restituito dalla campagna sommese. Grandi cose nasconde questo sito. Esempi ne sono le grandi opere di architettura riportati in luce. pilastri quadrigemini, mosaici per centinaia di metri quadri, absidi decorati, figure di nereidi, colonne e capitelli corinzi, archi, volte, frontoni ecc. ecc. tutto sigillato a quasi quindici metri dal suolo di campagna attuale. E dire che prima dell’arrivo dei giapponesi si credeva che il tutto fosse stato distrutto nel 79 d. C. come pompei ed Ercolano. invece la sorpresa nella sorpresa è stato constatare che l’eruzione è stata quella meno famosa ma altrettanto devastante del 472 d.C. e detta di “pollena”. il sito è coperto dai flussi vulcanici (cenere, lapilli, fango, massi) per uno spessore di circa 10 metri. Questo particolare apre scenari inimmagi- il prof. Masanori aoiagy durante la campagna di scavi 2004 mentre sovrinsovrintende al trasporto del busto della statua di Dioniso appeappena venuto alla luce. (per gentile concessione della Missione archeologica Giapponese) u n p l i n a p o l i. it 9 non ha prodotto qui le stesse devastazioni della costa avvenute da Ercolano a Stabia. Forse i sopravvissuti della tragedia di Ercolano (Somma confina con Ercolano a sud-ovest) son venuti ad abitare qui… E questo è solo uno dei tanti misteri. Ma ottaviano augusto cosa c’entra? Gli storici antichi dicono che è morto da queste parti (apud nolam). il territorio del Comune di ottaviano (confinante orientale di Somma) conserverebbe il toponimo la prima statua (donna con “ottaviano” proprio (2003) rinvenuta peplo) ancora al suo posto ma per le terre appar“sigillata” dal fango indurito tenute agli ottavi. subito prima del suo recuperecupeperò è successo il ro. (per gentile concessione della Missione archeologica 14 d. C. Se la Giapponese). “villa” di Starza di Somma è stata nabili fino a qualche anno fa. distrutta nel 472 d. C. quando è probabilmente la vita di queste stata costruita? Esisteva già nel 14 popolazioni al di qua del Monte d. C.? E’ questa la villa dell’imSomma è continuata senza le interruzioni del dopo 79. peratore? probabilmente l’eruzione pliniana a parte la sontuosità e la grandio- u n p l i n a p o l i. it 10 sità dei pochi ambienti scavati (2.000 metri circa a fronte di 20.000 metri ipotizzati) tracce della presenza imperiale non si sono registrate. Gli archeologi si sa non azzardano mai supposizioni pericolose. Ma i Sommesi continuano a indicare il sito come la Villa di augusto. Del resto è facile comprenderli. a 100 metri dal sito archeologico “internazionale” sorge la Starza della Regina (Giovanna). nella storia è un luogo importante quello. E come può quella villa appartenere a gente modesta. E se la modesta “starza” (100 stanze) ha visto il chiacchierato matrimonio di Giovanna iV di napoli e suo nipote Re Ferrantino d’aragona, la villa con i pilastri quadrigemini e la statua di Dioniso come minimo era proprietà dell’ imperatore. Dove è morto augusto? poco interessa alla popolazione. E’ più argomento da accademia che da marciapiedi. infatti è più appagante, sicuramente beneaugurante, parlare del culto di Bacco con i suoi riti “dionisiaci” che qui probabilmente dovevano svolgersi. Fra l’altro che dire delle storie scurrili e irripetibili legate alle vicende dell’inconsolabile Regina Giovanna (a pochi passi nel suo “privato” palazzo reale, di “Starza della Regina”)? liternum prosegue la campagna di scavi per la costruzione del parco archeologico e del Museo di angela fabozzi in una modesta villa, attendendo ai lavori agricoli trascorse gli ultimi anni della sua vita publio Cornelio Scipione l’africano, vincitore di annibale, che si ritirò nell’ameno “liternino” disgustato dalle accuse di peculato fatte circolare da Marco porcio Catone e dal processo che i suoi nemici avevano intentato contro di lui per farlo “scomparire dalla scena politica. il grande condottiero romano Scipione l’africano morì nel 183 a.C. a liternum e qui fu sepolto. l’area di liternum è densa di storia e archeologia, ma per troppo tempo è stata avvolta nel torpore, che fa calare anche sulle cose più uniche, un pesante drappo di indifferenza. Fortunatamente da qualche mese, grazie all’interessamento dell’amministrazione di Giugliano in condivisione con la Soprintendenza ai Beni archeologici, è partita una campagna di scavi finalizzata alla valorizzazione di tutta l’area ed alla costruzione del “parco e del museo archeologico di liternum”. u n p l i n a p o l i. it Tomba di Scipione l’africano 11 la colonia romana di liternum alla luce dei recenti scavi a cura della dott.ssa patrizia gargiulo u n p l i n a p o l i. it 12 nel territorio a nord di Cuma, già frequentato in età preistorica e preromana da popolazioni indigene e di stirpe osco-sabellica, liternum fu fondata nel 194 a.C., insieme a puteoli e Volturnum, come colonia marittima presso la sponda sinistra del lago patria (la literna palus, citata nelle fonti letterarie, dove sfociava l’antico Clanis) ed assegnata a 300 veterani della seconda guerra punica, probabilmente appartenenti all’esercito di p. Cornelio Scipione l’africano, che vi si rifugiò esule in una villa fortificata e, secondo la tradizione, vi fu sepolto. al periodo della deduzione coloniare risalgono lo schema urbanistico e l’impianto originario del Foro, riportato in luce nel 1932, con i resti del Capitolium, della Basilica e del Teatro. la città ebbe il periodo di massimo sviluppo edilizio ed economico in epoca augustea e soprattutto tra la fine del i ed il ii secolo d.C., dopo essere stata collegata con i centri della costa flegrea grazie alla via Domitiana, che attraversava l’area forense. Un progressivo abbandono, dovuto anche all’impaludamento della zona, portò ad una rapida decadenza della città a partire dalla tarda età imperiale. Esterni alla cinta muraria sono l’anfiteatro e l’area necropoli con sepolture soprattutto di epoca imperiale, entrambi oggetto di recenti indagini. Sempre nel corso di nuove campagne di scavo sistematiche sono stati esplorati settori dei quartieri abitativi e tratti della viabilità urbana, nonché, lungo la sponda sinistra del lago, un sacello circondato da un’area porticata, costruita su ambienti pertinenti ad un complesso termale e ad un quartiere artigianale, con resti di una fornace e di impianti da riferire forse alla produzione ceramica e ad una locale lavorazione del vetro. Gli interessanti materiali rinvenuti saranno esposti nel futuro Museo inserito nel progetto di istituzione del parco archeologico e di recupero dell’area del Foro. Striano in fumo la più grande necropoli preistorica della valle del sarno a cura della pro loco di striano la Valle del Sarno, in Campania, costituisce un’estesa pianura fluviale formata da depositi vulcanici sedimentari, delimitata ad occidente dal complesso vulcanico del Somma Vesuvio e ad oriente dalla catena dei monti lattari. il fiume Sarno, che dà il nome alla piana, l’attraversa dividendola in due settori: quello occidentale che ricade nella provincia di napoli e quello orientale che ricade nella provincia di Salerno. i tempi caratterizzati dalla tragica eruzione del 79 d.C., che interessò pompei ed i paesi limitrofi, segnano un periodo di tristezza per l’intera Valle: fu forte il rammarico di vedere scomparire la testimonianza storica di secoli di storia! Quella di Striano è indubbiamente la più grande necropoli di tutta la Valle del Sarno nell’età del ferro, prima del sorgere delle città di pompei, nocera e Sarno. Essa copre un arco cronologico che va dall’età del ferro (seconda metà del iX sec. a.C. ) all’orientalizzante Recente (640-570 a.C.) fino all’inizio del periodo arcaico. Dalle testimonianze pervenute sino a noi, si rileva la cultura contadina della nostra Valle e le centinaia di tombe finora affiorate lasciano intendere l’usanz a d i inumare il defunto supino nella nuda terra, circondato dai propri averi, ossia ciottoli e corredo e con la testa sempre collocata a SE. anticamente, c’era la dicerìa che Striano fosse stata atterrata cinque volte e che esso fosse il paese delle Salvatore palomba non scrive mai un verso a caso. in quasi cinquant'anni ha scritto poche poesie, scavate nel silenzio, modulate su alcune parole essenziali: miracolo, vico, mare, preta, mistero. alcuni suoi versi, diventati canzoni, sono entrati a far parte del patrimonio culturale e sentimentale della città. "nu cielo piccerillo" coniuga il bilancio esistenziale dell'autore con una personale visione della sua città, napoli. la lingua è il dialetto materno, un napoletano asciugato dalla retorica, da cui emergono una forza espressiva e una saggezza quasi "antica", che interroga quel misterioso impasto di dolore e speranza che è la vita. streghe, le quali profferivano magie in grandi “caccavèlle” e per questo i nostri antenati chiamavano Striano: “Stregano”. Successivamente, con l’inurbazione del centro abitato di Striano, furono ritrovati insieme alle ossa dei defunti, anche moltissimi reperti archeologici come anfore, cuspidi di lance, anelli, pesi da telaio, fibule, orecchini, i quali venivano presi e conservati nelle dimore di chi li trovava. Questo ha provocato la dispersione di gran parte del patrimonio storico strianese, per cui invitiamo gli abitanti di Striano a collaborare con la Sovrintendenza agli Scavi archeologici di pompei e consentire in maniera corretta e legale lo scavo del restante patrimonio, che non può continuare ad andare disperso!!! (adamo Claudia, Dardo Maria Vittoria, palmigiano Beatrice Volontarie del Servizio Civile nazionale presso la pro loco di Striano) l’autore Salvatore palomba (napoli, 1933) ha cominciato a scrivere versi da giovanissimo e ha firmato, specialmente in coppia con Sergio Bruni, canzoni di successo, fra cui l’ormai classica Carmela. le sue poesie, apparse su giornali e riviste, sono state raccolte in parole overe (1975) e Chisto è nu filo d’erba e chillo è ‘o mare (1992). Ha pubblicato inoltre: napoli, parole e poesie (1998), la canzone napoletana (2001), la poesia napoletana (2003), Sergio Bruni. Una voce senza tempo (2004). u n p l i n a p o l i. it 13 la “fescina” di Quarto la struttura più antica è il monumentale mausoleo a cuspide piramidale, volgarvolgarmente noto come "Fescina", con la recinzione ad esso perpertinente. il Comune di Quarto il Comune di Quarto seppur ubicato in una zona periferica dei Campi Flegrei, rivestì un importante ruolo nell'antichità: lungo le sue pendici è stato, infatti, possibile riconoscere varie tracce di insediamenti preistorici, e certo in età greca essa dovette avere un suo ruolo precipuo in relazione alla vicina Cuma. le maggiori testimonianze monumentali, comunque, risalgono all'età romana, quando la zona, con l'apertura della via Campana, vide crescere la sua importanza economica. il modello insediativo e di utilizzo del territorio sembra riconducibile, più che a quello di un vero e proprio centro abitato, con un unico nucleo principale, a una serie di strutture abitative rurali - ville rustiche - disposte lungo i vari diverticoli della Via Campana e a mezza costa lungo le pendici della conca. Ecco come è ridotta la “fescina” di angela fabozzi u n p l i n a p o l i. it 14 Fa male vedere in che stato è ridotto uno dei luoghi più suggestivi dell'area di Quarto: la necropoli che ospita il caratteristico Mausoleo a cuspide piramidale. il filmato testimonia come oggi il degrado e la sporcizia siano i veri padroni della necropoli di via Brindisi portata parzialmente alla luce nel corso degli anni settanta e ottanta; prima di allora era visibile solo il livello superiore del mausoleo a cuspide, utilizzato come deposito di attrezzi agricoli. oggi sono i rovi a ricoprire tutto lo spazio in cui si trova il Mausoleo. il cancello d’ingresso è spalancato ma l’accesso è ostruito dalle carcasse di ingombranti ed a meno di brutte sorprese è da folli avventu- rarsi. Un palo dell’illuminazione si erge nello spazio della necropoli, ma la speranza è che almeno resti spento. per evitare di illuminare una vergogna! E’ impossibile accedere alla necropoli di via Brindisi. il varco del can cello è ostruito da carcarcasse di frigoriferi e pol trone dimesse. la Fescina notizie storiche Delimitata da una bassa recinzione realizzata in opera reticolata, ne fanno parte della necropoli di via Brindisi tre mausolei funerari con basamento quadrangolare e vano ipogeo, un triclinio all'aperto, alcuni vani di servizio e due recinti minori. la struttura più antica è il monumentale mausoleo a cuspide piramidale, volgarmente noto come "Fescina", con la recinzione ad esso pertinente. attraverso un varco alle spalle del monumento è possibile accedere al recinto, originariamente chiuso, in cui si rinvennero tracce di incinerazioni, urne, anfore con resti di inumati e tombe a cappuccina che documentano la continuità d'uso della necropoli fino ad epoca tarda. nell'antichità tali spazi recintati erano detti ustrinae perché destinati soprattutto alla cremazione dei defunti. la camera superiore presenta un ingresso ad arco, visibile non appena si giunge nella zona archeologica: esso è posto a circa 1 metro di altezza dall'attuale piano di campagna e, dal momento che non esiste traccia di una rampa di accesso, si deve ipotizzare in antico l'utilizzo di scale mobili in legno. Si tratta di un colombario a pianta quadrangolare esternamente cilindrico, con volta a botte e dotato di cinque nicchie, molto danneggiato dall'utilizzo prolungato da parte dei contadini del luogo. Questo ambiente è più piccolo rispetto al vano ipogeo posto al di sotto di esso, sia per dimensioni che per il numero di nicchie ricavate nelle pareti, tutte con tracce d'intonaco, due a pianta quadrangolare nelle pareti laterali, ed una a pianta semicircolare nella parete di fondo. la copertura del mausoleo è una cuspide piramidale a pianta esagonale, con due camere di alleggerimento, la cui tipologia non trova facili riscontri in ambito flegreo e campano, ma è diffusa invece in ambito microasiatico e alessandrino. il prototipo architettonico è rappresentato dal celebre mausoleo d'alicarnasso del iV sec. a. C. (alto basamento rettangolare sormontato da una peristasi coronata da piramide a gradini), che influenzò numerosi monumenti minori in epoche successive; la ripresa di tale modello nel monumento di Quarto sembra rientrare in un attardamento di tale tradizione. Questo fenomeno ben si colloca nel quadro dei frequenti scambi di natura commerciale e culturale fra puteoli divenuta il grande porto di Roma nella prima età imperiale e nel cui ambito territoriale rientrava la piana di Quarto - e il mondo orientale. Sul retro del monumento, una scala moderna conduce all'ingresso del dromos, un corridoio coperto a volta, attraverso il quale si accedeva al vano sotterraneo situato all'interno del basamento quadrangolare. il dromos, nella sua forma attuale, è il risultato di tre interventi costruttivi, come si evince da un esame della superficie esterna della sua copertura, separata in tre parti di differente tecnica edilizia. inizialmente esso era coperto da pareti cui si appoggiano tre letti con pulvini per i pasti rituali; due feritoie illuminano il vano dall'alto. l'ambiente è purtroppo soggetto a frequenti allagamenti durante la stagione invernale. Sul retro del mausoleo, lungo questo ipotetico asse viario, sulla sinistra, si incontrano altri due spazi recintati, privi di un varco di accesso, destinati probabilmente anch'essi a funzioni funerarie (agri religiosi). appena oltre, è possibile accedere al grande recinto (maceria), che ingloba tutto il complesso, attraverso una soglia di pietra lavica con chiare tracce di tardi rimaneggiamenti che hanno comportato anche un innalzamento del livello di calpestio. Giunti all'interno, sulla sinistra, realizzato in uno spazio di risulta, si incontra un piccolo ambiente intonacato a pianta trapezoidale, pavimentato in cocciopesto, oggi quasi del tutto privo dell'originaria copertura (sono visibili sul fondo tracce dell'imposta di una volta). procedendo si giunge di fronte a un triclinio all'aperto, costituito da una mensa centrale di forma rettangolare e da tre letti a sezione trapezoidale su tre lati, sistemato a ridosso del recinto e destinato ai banchetti funebri. È noto infatti che negli anniversari della morte o nelle celebrazioni commemorative dei defunti come il dies violae (22 marzo) e il dies rosae (21 maggio) si consumavano pasti funebri pianta della necropoli rituali in appositi triclini, costruiti negli spazi antistanti il sepolcro, o all'interno del una piccola volta a botte solo nella monumento stesso, oppure su banparte adiacente al basamento. coni e sedili di muratura eretti Successivamente, anche un primo lungo le facciate. Dal solaio (non è tratto del dromos venne dotato di ricostruibile l'assetto originario del copertura a volta, contemporanea piano superiore) si scendeva nel alla realizzazione del recinto del vano ipogeo attraverso una scala a mausoleo e non interamente con- doppia rampa, ora inagibile a causa servata poiché tagliata all'altezza di un crollo. l'ambiente, a pianta dell'arco; in base a questo partico- quadrangolare e con volta a botte, lare, si deve supporre un cammina- presenta su tre pareti 15 nicchie mento più lungo dell'attuale, che distribuite variamente su uno o due probabilmente doveva correre al di ordini; un'altra nicchia è ricavata sotto di un asse viario situato in sulla volta di costruzione della quest'area, sebbene non ancora scala. l'illuminazione era garantita individuato con certezza. infine, da due feritoie che si aprivano su anche la zona intermedia venne pareti adiacenti. ricoperta in opera cementizia di Di fronte e con orientamento opposommaria esecuzione. attraverso sto, il mausoleo "n" presenta un una piccola rampa di scale ed un basamento a pianta rettangolare, al ingresso ad arco si accede all'ipo- cui lato lungo si appoggia la scala geo vero e proprio, un ambiente che conduceva al livello superiore. quadrangolare con volta a botte, interamente intonacato, con 11 nicchie a pianta semicircolare sulle u n p l i n a p o l i. it 15 i Comuni e i prodotti tipici della provincia di napoli in questo numero afragola agerola anacapri arzano Bacoli Boscoreale a cura di unpli napoli l’obiettivo perseguito dalle proloco è quello di valorizzare, il patrimonio artistico-culturale, riscoprire e soprattutto diffondere le peculiarità del territorio. per raggiungere tale scopo le pro-loco provvedono alla u n p l i n a p o l i. it 16 il kaki riproduzione di materiale cartaceo ed organizzano manifestazioni ed eventi. in questo numero del magazine la pubblicazione di alcuni servizi (schede) riguardanti i 92 paesi della provincia di napoli e i prodotti tipici che sono la vera ricchezza dei luoghi. la pera pennata nei prossimi numeri continueremo con altri servizi, sugli altri comuni, con l’impegno di rappresentarli tutti. l’albicocca vesuviana aFRaGola ETiMoloGia l’etimologia del toponimo è controversa, con molta probabilità il nome deriva dalla parola Fragola, più precisamente dalla modifica, avvenuta nel tempo, di la Fragola in l'afragola. Si racconta che il luogo si chiamasse città delle Fragole. Secondo un'altra ipotesi, il nome deriva da a-fragore, per il rumore (fragore) proveniente da una cascata ormai scomparsa. SToRia la storia di afragola è stata ricostruita alla luce di scavi archeologici condotti sul territorio che hanno smentito l'ipotesi della fondazione della città ad opera dei normanni (tra il iX e il Xii secolo), dimostrando origini più antiche. nell'ultimo ventennio, sono state ritrovate tombe appartenenti a necropoli sannitiche che gli studiosi hanno potuto datare intorno al iV-iii secolo a.C.. altro importante ritrovamento è quello di un'ara augustea, in epoca romana, risalente al i d.C. sulla quale era incisa la scritta aUG. SaCR. la città ha avuto origine da più antichi agglomerati di case rustiche, abitate da contadini dediti alla coltura dei campi; in seguito vennero ad aggiungersi anche i profughi delle città di atella ed acerra che, contribuirono ad incrementare questi piccoli villaggi situati nel territorio afragolese. Tali insediamenti ebbero anche un nome, tra i più importanti ricordiamo: arcopinto e Cantariello. E' proprio da questi piccoli villaggi che nascerà afragola, che nel 1131 viene menzionato, per la prima volta in un documento, con il nome di afraore. in epoca ducale, cioè prima della conquista normanna, si conosce ben poco dell'organizzazione amministrativa di tali villaggi. Molto probabilmente alcuni fecero capo ad organismi centrali del ducato, mentre altri furono retti da un magister militum che soprintendeva un territorio abbastanza ampio. in seguito, con la venuta dei normanni e l'unificazione del regno, la pianura napoletana raggiunse una condizione di prosperità e tranquillità. Questa condizione favorì lo sviluppo di vari casali che furono considerati parte integrante della capitale, così come i suoi abitanti. Fin dal 1278, ai tempi di re Carlo i, si possono riscontrare vestigia di feudalità, alcuni documenti, infatti, fanno riferimento ad un certo paolo Scotto e a un certo pandolfo Gennaro che possedevano entrambi un feudo nel casale di afragola. non tutta la città fu però feudale, durante il periodo angioino, infatti,gli abitanti dei casali si organizzarono in Universitas, aggregazioni di piccoli proprietari terrieri e di contadini del casale che, per tutelare i propri interessi, organizzavano una specie di amministrazione locale per risolvere giuridicamente le controversie con il potere feudale e per raccogliere fondi da utilizzare in opere di utilità collettiva. Con il passare del tempo le dispute fra feudatari ed Universitas si fecero sempre più aspre, al punto che l'imperatore Carlo V, nel 1536, accordò a quest'ultima la possibilità di riscattarsi dal potere feudale versando la somma corrispondente al valore del feudo. la fine del potere feudale, non si tradusse in piena autonomia amministrativa; la corona napoletana, infatti, si riservò la prerogativa di nominare un regio governatore per l'amministrazione generale del casale. nel 1639 il Viceré di napoli, duca di Medina, per incrementare le entrate necessarie a finanziare la Guerra dei Trent'anni, dispose che i casali di napoli, quelli di nola e molte altre proprietà del Regio Demanio fossero vendute. Molte furono le opposizioni legali dei vari casali, ma queste furono ignorate. l'insoddisfazione generale esplose pochi anni dopo nel 1647 in modo violento, con la rivolta di Masaniello. Un altro vigoroso grido di rivolta fu rappresentato dall'eroica esperienza della Repubblica partenopea, sorta nel gennaio 1799, dopo la fuga di Ferdinando iV di Borbone in Sicilia. afragola tentò invano di resistere con le sole sue forze all'offensiva della Seconda coalizione e l'isolamento in cui si ritrovò costrinse la città alla resa nel giugno dello stesso anno; quindi il "mezzogiorno"(circa XViii- XiX secolo) fu nuovamente dei Borboni. in seguito la storia di afragola segue parallelamente le sorti del Regno di napoli. Dopo i moti carbonari e le guerre d'indipendenza, il colpo definitivo ai Borboni fu inferto dalla famosa spedizione dei Mille (1860). Questa si concluse con l'incontro a Teano (26 ottobre 1860) tra re Vittorio Emanuele ii e Giuseppe Garibaldi che consegnò nelle mani del re il Mezzogiorno d'italia da lui liberato. Così il 17 Marzo 1861 il parlamento subalpino proclamò Vittorio Emanuele ii "re d'italia per grazia di Dio e volontà della nazione" suggellando così l'unità d'italia. Durante il fascismo come ogni cittadina anche afragola fu governata da un podestà. il dottor luigi Ciaramella. Questi, nonostante fosse stato lasciato indisturbato alla guida dell'amministrazione afragolese, non abusò mai della sua alta carica, e anzi promosse numerose opere di ristrutturazione pubblica. u n p l i n a p o l i. it 17 EDiFiCi REliGioSi E CiVili il territorio di afragola presenta una moltitudine di chiese: la Basilica minore pontificia: fu eretta in stile barocco a partire dal 1613 con annesso convento dei "Frati minori riformati" dell'ordine francescano. inizialmente dedicata all'immacolata Concezione e quindi a san Francesco, fu infine dedicata a sant’antonio di padova. Essa conserva al proprio interno il "Crocifisso del frate Umile da petralia" e una statua in legno di sant'antonio da padova risalenti al Xii secolo. nella sacrestia è conservato un dipinto di agostino Beltrano con "apparizione del Bambino Gesù a sant'antonio" (1630). parrocchiale di San Giorgio: risalente al XiV secolo fondata dalla regina Giovanna i ma rifatta in forma settecentesca. Santuario di Sant’ antonio di padova: Meta di pellegrinaggi, è stato fondato nel 1633 e possiede una biblioteca ricca di 12mila volumi. il Castello: documentato sin dal 1495, fu probabilmente costruito nel 1380 dalla famiglia che deteneva in quel momento il feudo di afragola (Capace-Bozzuto). Secondo la tradizione fu residenza della regina Giovanna i d’angiò. Si presentava in origine come un vasto quadrilatero protetto da quattro torri e circondato da un fossato, più tardi riempito. la Chiesa del Rosario, situata nell’omonimo quartiere, è tra le più interessanti di afragola dal punto di vista artistico. Edificata dai padri Domenicani, presenti sul territorio fin dal 1583. alla semplicità della facciata si contrappone il ricco interno barocco, con cornici, stucchi e marmi policromi. l’edificio è a croce latina, con abside piatta, ed è completato da un chiostro. la navata centrale è affiancata su ciascun lato da cinque cappelle. al centro del soffitto un affresco raffigura San Domenico ai piedi della Vergine, opera di Domenico Cozzolino. FESTE ED EVEnTi Festa di sant'antonio di padova (13 giugno): sebbene il santo non sia il patrono di afragola (che è invece ufficialmente san Gennaro) viene considerato dagli afragolesi il vero protettore della città. Secondo la tradizione nei giorni precedenti dei carretti giravano casa per casa per raccogliere le offerte in natura per la festa, che venivano infine vendute all'asta. la tradizione della raccolta delle offerte continua tuttora, ma vengono raccolte solo offerte in denaro. la statua del santo, ospitata nella basilica di Sant'antonio, viene quindi trasportata sul sagrato durante la notte precedente e vengono celebrate messe per tutta la giornata. Si svolgono quindi le processioni che interessano tutto il territorio comunale. incendio del campanile: secondo un'antica tradizione ripristinata negli anni 1990 il giorno dell'assunzione si svolge un grandioso spettacolo pirotecnico che ha come fulcro il campanile della basilica di Sant'antonio. Festa di San Marco evangelista, patrono del quartiere "Casavico" (meglio noto nella dizione dialettale Casuobbeche), che si tiene il 25 aprile Festa dei Fujenti, legata al culto della "Madonna dell'arco", venerata nell'omonimo santuario del comune di Sant'anastasia e che fu introdotta nel XiX secolo. il kaki nome geografico abbinato: Kaki Regione: Campania provincia/e: napoli, Caserta e Salerno. Città: zone flegrea, acerrana e vesuviana (provincia di napoli), la zona maddalonese-cancellese (provincia di Caserta) e la zona nocerino-paganese (provincia di Salerno). u n p l i n a p o l i. it 18 Storia: l’introduzione del loto in italia avvenne già durante l’epoca romana (plinio), ma la sua coltivazione ha avuto inizio proprio in Campania nei primi anni del ‘900. atti di archivio e fonti di letteratura tecnica attendibili testimoniano di impianti specializzati realizzati in provincia di Salerno. l’espansione della domanda mercantile e il clima temperato-caldo della Campania hanno fatto di questa regione, già a napoletano”. Descrizione sintetica del prodotto: Frutti medi, di forma leggermente appiattita con buccia di colore giallo arancio alla maturazione di raccolta, rosso – arancio fino a rosso, alla maturazione fisiologica. partire degli anni ‘20, il primo bacino di produzione di questa specie a livello europeo. in particolare, la provincia di napoli ha detenuto per lunghi decenni il primato produttivo nazionale e sui mercati italiani il prodotto era soprattutto conosciuto come cachi o in dialetto “cachìss Descrizione delle metodiche di lavorazione: il prodotto fecondato (vainiglia) è una specificità tutta campana che alimenta un mercato regionale in continua espansione. la richiesta di riconoscimento della Denominazione di origine protetta al Kaki napoletano ai sensi del Reg. CEE 2081/92, è all’esame del Ministero delle politiche agricole e Forestali. aGERola ETiMoloGia Sembra che il nome derivi dal latino ager (campo) a cui veniva aggiunto il suffisso -ula. Un'altra ipotesi vuole che derivi dal termine “area” (spiazzo, terrazza): questa supposizione trova riscontro nella presenza ad agerola di diversi campi "a terrazze". SToRia le origini storiche di agerola risalgono all'epoca pre-romana. nota già ai tempi di Galeno (medico greco ellenista del ii secolo d.C) che vantò nel suo trattato “De metodo memendi” la bontà e le qualità terapeutiche del latte che in questa località si produceva. per la sua vicinanza con amalfi fu possedimento della Repubblica amalfitana di cui condivise splendore e decadenza. la sua storia ha subito periodi di varie dominazioni: svevo-normanna (tra il iX ed il Xii sec.), angioina (Xiii sec.), aragonese (XV sec.) e borbonica (XViii). nel settecento agerola visse un periodo assai prospero, durante il quale si verificò una riduzione delle tasse, un miglioramento delle condizioni economiche, attestato anche dalla crescita esponenziale del numero dei suoi abitanti e dal forte calo del fenomeno del brigantaggio. la condivisione delle idee ispiratrici la Rivoluzione Francese da parte dei nobili agerolesi residenti a napoli determinò l'adesione di agerola alla costituzione democratica della repubblica partenopea. in quella circostanza venne piantato nello spiazzo antistante la chiesa Madonna di loreto, un tiglio, simbolo di libertà, che da allora è stato sempre ripiantato. nel 1854 il Generale paolo Martino avitabile ottenne la scissione di agerola dalla provincia di Salerno (principato Citeriore) per aggregarla a quella di napoli. la città venne, allora, separata dal territorio di amalfi con il quale aveva condiviso secoli di storia rimanendovi unicamente legata per la giurisdizione religiosa comune. Con la costruzione della strada di collegamento con la vicina Castellammare di Stabia, agerola si è resa uno dei comuni più attrattivi della provincia napoletana, sia sotto il profilo turistico che quello economico per le sue diver- se attività presenti sul territorio. Riscoprire alcune peculiarità di agerola, ricca di verde, d'aria pulita, rappresenta occasione di distensione, ma anche di contatto autentico con una natura che va sempre più amata e più rispettata. Questo luogo, rappresenta il punto ideale per ammirare, dalle sue balconate naturali, le bellezze della costiera amalfitana. Balconate stupende: Castello lauritano, punta San lazzaro, punta Belvedere, parco Corona, paipo. proprio per quella sua caratteristica di oasi immersa nel verde, ad agerola venivano a riposarsi Francesco Crispi, Benedetto Croce, il musicista Cilea e Salvatore Di Giacomo, che compose la famosa canzone "luna d'agerola". Roberto Bracco scrisse in questi luoghi il suo capolavoro "il piccolo Santo" ispirato a personaggi e ambienti locali. EDiFiCi REliGioSi E CiVili numerose sono le chiese presenti sul territorio di agerola. Tra queste vi è la Chiesa di tutti i Santi. Tale Chiesa rappresenta il fulcro di una tradizione popolare molto viva nel paese che trova il suo culmine nella processione che si snoda per le strade di Bomerano il 12 settembre di ogni anno. l'esistenza di questo culto legato alla Vergine, risale al 1490, ed è testimoniato dal frammento dell'affresco relativo alla Madonna delle Grazie, oggi collocato sulla parete destra della Chiesa, ed è attribuibile ad un pittore tardo-gotico. ai primi dell'ottocento si fa risalire un rifacimento della chiesa, come si rileva dalla scritta sul dipinto al centro del soffitto della navata, datata 1805, che raffigura una Madonna del Rosario tra San Domenico e Santa Rosa: l'opera è interessante soprattutto in quanto vi sono raffigurati i membri della Congrega del Rosario, ancora oggi attiva. Fra gli edifici religiosi è da ricordare la parrocchiale dell’annunziata, a San lazzaro, in stile barocco. l’interno è suddiviso in tre navate, di cui quella centrale è a botte ribassata. a Bomerano si trova la piccola Chiesa di San lorenzo, che risale al XVi secolo. l’interno è a unica navata con volta a botte, mentre l’abside ha una pianta rettangolare. la parrocchiale di San Matteo apostolo, recentemente restaurata. Risale al 1580 ed è stata ricostruita su una chiesa preesistente. u n p l i n a p o l i. it 19 l’interno è a tre navate con absidi alle estremità. il soffitto della chiesa ricorda, nell’impianto e nelle decorazioni, quello della Cattedrale di amalfi. a pianillo, sulla strada statale, si trova la parrocchia di San pietro la cui facciata è in stile barocco. l’interno è a tre navate con volta a crociera nelle navatelle. il campanile è a cinque ordini e termina con una cupola in maioliche. la parrocchiale di Santa Maria la Manna, situata in località Santa Maria, risalente al secolo XV, custodisce al suo interno una statuetta che la leggenda vuole sia stata trasportata dal levante. FESTE ED EVEnTi Significative sono le "Sagre" in occasione di alcune festività particolarmente sentite. Sagra della Caponata in occasione della festa della Madonna delle Grazie, nel mese di luglio. Sagra dei prodotti tipici FioRDiFESTa, a pianillo in occasione dei festeggiamenti per Sant'antonio abate protettore di agerola, nel mese di agosto. E’ una vera e propria sagra dei sapori e delle tipicità locali, destinata ad esprimere la vocazione produttiva, turistica e culturale del territorio della zona dei lattari. alle degustazioni si uniscono, durante i giorni della Sagra, momenti culturali, di spettacolo, che parlano di un paese consapevole delle proprie potenzialità e fermamente intenzionato ad esprimerle e comunicarle. la festa, il cui centro propulsore è la contrada pianillo, intende essere in momento forte di aggregazione per tutte le frazioni di agerola, a significare che le peculiarità del territorio, pur nella loro irripetibile unicità, sono parte indivisibile di un tutto che esprime una storia degna di essere raccontata e valorizzata nell'ottica della costruzione di un futuro ricco di nuove prospettive. Sagra della salsiccia a Santa Maria, in occasione della ricorrenza della festa dell'assunzione nel mese di agosto. Sagra del peperone a San lazzaro in occasione dei festeggiamenti di San Gregorio, nel mese di agosto. Sagra del fagiolo nella ricorrenza dei festeggiamenti della Madonna di tutti i Santi a Bomerano, nel mese di settembre. Sagra della trippa a Bomerano in occasione dei festeggiamenti di San Matteo, nel mese di settembre. Sagra delle castagne nella ricorrenza di San Francesco di assisi a Madonna di loreto, nel mese di ottobre. il pane tipico agerolese, unito ai pomodori e alle verdure che conservano il sapore proveniente dalla coltivazione in terreni ancora salvaguardati dall'inquinamento selvaggio, accompagna degnamente i formaggi e i salumi di questo territorio che, oltre a costituire una ricchezza gastronomica, sono una ricchezza per l'imprenditoria locale. la pera pennata nome geografico abbinato: pera pennata Regione: Campania provincia/e: napoli Città: Monti lattari u n p l i n a p o l i. it 20 Storia: Descrizione sintetica prodotto: pera di colore verde scuro, di forma rotondeggiante simile a quella della annurca, di sapore pastoso e dolce. Questa varietà di pera è ricca di zuccheri naturali e semplici, specialmente di fruttosio, ma ideale per la dieta poiché l’apporto calorico è di circa 100 cal. E’ consigliata anche ai diabetici o a chi vuole limitare l’apporto di calorie senza rinunciare al sapore dolce del frutto. E’ inoltre ricca di fibra, elemento che aiuta il funzionamento dell’apparato digerente, riduce il rischio di cancro, abbassa il livel- lo di colesterolo nel sangue. Contiene potassio e la vitamina C, antiossidante che regola il metabolismo cellulare e la ricostruzione dei tessuti, previene i danni da radicali liberi, mantiene la pelle giovane e levigata ed aumenta le difese immunitarie contro le più comuni infezioni. la pera pennata ha un impiego molto versatile, viene infatti utilizzata per marmellate, torte, dessert e distillati. Descrizione delle metodiche di col- tivazione: la pianta è tradizionalmente coltivata in frutteti misti nella zona di agerola sui Monti lattari, in provincia di napoli. il frutto si coglie manualmente tra agosto e settembre. la pera pennata cresce su alberi altissimi che raggiungono anche 20 metri e per coglierla occorrono delle scale lunghe con le quali si può arrivare sino ai tetti delle case; è per questo motivo che viene chiamata “pennata”, che in dialetto napoletano significa tetto. il frutto è un ecotipo locale, oggi a rischio estinzione, la sua diffusione è infatti limitata all’area di produzione e raramente viene portata al di fuori del mercato locale. Un tempo rientrava nella costituzione degli orti-frutteti a conduzione familiare. anaCapRi ETiMoloGia Capri è un isola costituita prevalentemente da roccia calcarea. Geologicamente è una continuazione della penisola Sorrentina, all’estremità della quale punta Campanella dista pochissimo. il nome deriva da un toponimo paleoitalico, poi mantenuto in forme diverse dai Greci ( Kaprìae, Kapria, Kaprea) i romani (Capreae, Caprae), con il significato di isola delle capre selvatiche. Gli studi più recenti hanno motivato, infatti, l’inattendibilità delle vecchie ipotesi: Kapros = cinghiale; Kaprea = isola delle aspre pietre; Kaprium = isola dei due villaggi. l’isola di Capri consta di due altopiani: uno a ovest anacapri, di forma quadrangolare, culminante col monte Solaro, e l’altro a Est meno elevato dove si eleva il monte Tiberio. attualmente l’isola è divisa in due comuni: Capri e anacapri. il nome anacapri ha origine dal termine greco ano (sopra) e da Capri, proprio per indicare la posizione del luogo, elevata rispetto a Capri. anacapri, ovvero Capri di sopra, così come l'avevano soprannominata i greci, è uno splendido borgo, che oggi costituisce un comune a sé stante. le prime scoperte risalenti all’epoca romana portarono alla luce resti umani e animali risalenti all’età della pietra, come tramandatoci dallo storico Svetonio (75140 d.c.) i racconti di Svetonio vennero confermati dai lavori di scavo del 1905- 1906 quando vennero alla luce ossa di mammiferi estinti come il Mammut e l’Ursus Spelaeus. SToRia l’epoca Greca: le origini della comunità di Capri possono essere individuate con maggiore certezza nel Vii-Vi secolo a. C., quando i Cumani, che all’epoca controllavano tutta la vita politica e marittima del Golfo di napoli, fondarono una loro colonia sull’ isola, costruendo il loro villaggio in parte al riparo delle mura megalitiche e in parte presso la spiaggia di Marina Grande. Dal V secolo a.C. fu possedimento di neapolis. Già in epoca greca a Capri vi erano due cittadine in seguito ridotte ad una sola. Una delle due cittadine era probabilmente collocata dove sorge l'odierna Capri. Ciò è confermato dalla presenza di resti delle mura di fortificazione, costruite con grandi massi di calcare nella parte inferiore e da blocchi squadrati nella parte superiore; questi chiudevano l'antico abitato (V-iV sec. a.C.). Sembra, inoltre, che la prima cittadina fosse anch'essa il risultato di due nuclei: uno, in alto, tra il monte San Michele e il Castiglione e l'altro in prossimità del porto. per quanto riguarda la seconda cittadina, tante ipotesi sono state avanzate, ma la più attendibile è quella che la riconduce ad anacapri in base anche all'esistenza della Scala Fenicia che la collegava al porto. Fu così che l'isola di Capri ebbe un abitato alla marina (Capri) e uno sul monte (anacapri), come le isole greche dell'Egeo. a differenza di Capri che aveva due marine d'approdo (la Grande e la piccola), anacapri ne era priva e dovette cercare un collegamento con la marina dell'altra cittadina attraverso un sentiero rupestre che diede origine alla Scala Fenicia che, scavata in parte nella roccia, congiungendo il porto ad anacapri. Da rilevare che, nonostante la sua denominazione, non può essere stata realizzata dai fenici, ma fu opera dei coloni greci. l’epoca Romana: Gaio Giulio Cesare ottaviano augusto, il primo imperatore romano, la visitò nel 29 a. C. e secondo la tradizione, avendo avuto un ottimo presagio dal rinverdire di un leccio secco, la ottenne, in cambio della più fertile e vasta isola di ischia, dalla città di napoli che la dominava dal 328 a.C. Tiberio, il suo successore, la scelse come residenza stabile nel 26 o 27 d.C. in un volontario esilio da dove continuava a governare l’impero. S e c o n d o Tacito, dodici furono le ville t i b e r i n e dell‟isola, ma oggi le uniche attestate sono: la Jovis ubicata sulla collina della cappella di Santa Maria del Soccorso; quella sul pianoro Damecuta presso anacapri; e una terza sulla spianata del palazzo a Mare con i cosiddetti Bagni di Tiberio. l’epoca Medievale: Con la fine dell'epoca imperiale, Capri ritornò a far parte dello stato napoletano e iniziò a diventare il centro di scorrerie e di saccheggi da parte di pirati, ben motivati dalla posizione dell'isola sulla rotta fra agropoli ed il Garigliano. nell'866 passa sotto il dominio di amalfi, quando l'imperatore ludovico ii, la donò agli amalfitani per i servigi offertigli nella lotta contro i saraceni nella liberazione del vescovo di napoli attanasio. la dipendenza di Capri da amalfi, che aveva rapporti frequenti con l'oriente, è particolarmente evidente nell'arte e nell'architettura, nelle quali furono introdotti, sui saldi stilemi classici, moduli bizantini ed islamici (come l'impiego delle volte estradossate). u n p l i n a p o l i. it 21 nel X secolo l’isola fu presa dal principe longobardo Guaimario iV, quindi passò sotto Roberto il Guiscardo. al tempo di Ruggiero ii tentò inutilmente di ribellarsi al dominio normanno; nel 1191 fu degli Svevi, nel 1230 ebbe il primo grande feudatario nel conte Eliseo arcucci; nel 1284 il principe di Salerno fece ricostruire le mura del centro di Capri contro gli aragonesi. l’epoca tra gli angioini e gli aragonesi. nel ‘300 Con gli angioini, Capri ebbe il suo primo signore nel conte Giacomo arcucci, segretario della regina Giovanna i d’angiò, che la elargì di u n p l i n a p o l i. it 22 molti privilegi e tra il 1371 e il 1374 vi fondò la grandiosa certosa di San Giacomo nella valle fra il Castiglione e il Monte Tuoro, su un territorio donato dalla regina. Sull'isola continuavano a configurarsi due realtà urbane, opposte l'una all'altra come due isole. il dominio spagnolo. il 24 ottobre 1496 Federico i di napoli, nipote di alfonso V d’aragona che nel 1442 aveva fatto il suo ingresso trionfale a napoli, stabilì la parità tra Capri ed anacapri, riconoscendo a questa le stesse franchigie ed immunità dell'altra, separandone le amministrazioni e le rendite. Durante l'impero di Carlo V e del il governo del suo viceré Don pietro di Toledo le continue scorrerie dei pirati degenerarono nel 1535 quando l’ammiraglio di Solimano Khair er-Din, detto Barbarossa, distrusse il castello di anacapri, ai resti del quale rimase poi legato il suo nome; in seguito, nell’agosto 1553, il corsaro Dragut saccheggiò e bruciò la Certosa di Capri. il pericolo di incursioni come queste portò Carlo V ad autorizzare gli abitanti a girare armati, e nuove torri vennero costruite a difesa dell'isola, accanto a quelle già esistenti del Castiglione e di Torre Materita. Solo la conquista da parte della Francia degli stati barbareschi nel 1830 pose fine alla pirateria. Fra i regnanti della dinastia borbonica, Carlo iii ed il figlio Ferdinando iV furono quelli che mostrarono più interesse per l'isola. in un periodo di grande fervore per le scoperte archeologiche, si iniziarono sull'isola i primi scavi archeologici a quegli anni risale il dissotterramento di Villa Jovis. Dopo la caduta della Repubblica partenopea (1799) ed una breve occupazione francese, Capri cadde nelle mani degli inglesi. Comandati dal Colonnello Hudson lowe, le truppe inglesi fortificarono l'isola tanto che fu coniata per essa la definizione di piccola Gibilterra. non furono però in grado di opporsi alla brillante operazione militare voluta da Gioacchino Murat a seguito della quale, nel 1808, i Francesi riconquistarono Capri. a partire già dalla fine del XViii secolo, l'sola era intanto diventata una delle mete del Grand Tour, il percorso tra i luoghi di maggiore interesse storico ed artistico di viaggiatori inglesi, tedeschi e francesi. nel 1826 due stranieri, Kopisch e Fries, accompagnati dal pescatore caprese angelo Ferraro, scoprirono la Grotta azzurra, in realtà già conosciuta ed ammirata dagli imperatori augusto e Tiberio. anacapri ebbe il suo periodo di massimo splendore fra ottocento e novecento, quando divenne un ambìto "buen retiro" per artisti di tutta Europa, che qui venivano a trascorrere delle felici vacanze e a trovare ispirazione. Con la graduale trasformazione dell'economia isolana da agricola e marinara in turistica, avvenuta tra il XiX e XX secolo, Capri si è poco a poco dotata di una serie di servizi e di infrastrutture fondamentali per una moderna ed efficiente stazione turistica di fama internazionale. l'isola, infatti, con decreto governativo fu dichiarata Stazione di Cura, Soggiorno e Turismo sia per le moderne ed efficienti strutture di accoglienza e soggiorno che per la salubrità del clima e per la mitezza della temperatura. EDiFiCi REliGioSi E CiVili Castello Barbarossa – anacapri Sulle rupi a nord est di anacapri, su uno dei picchi minori del massiccio del Monte Solaro, si ergono i ruderi del Castello Barbarossa, dal soprannome dato al feroce corsaro turco Khair-ad-din che lo espugnò nel 1535. il Castello Barbarossa si trova a circa 412 metri sul livello del mare. i pareri sul periodo della sua costruzione sono discordi, la realizzazione si data tra il X e Xii secolo. Da via orlandi si può vedere molto bene la cinta muraria di fortificazione, delimitata da due torri, costruita sul lato rivolto verso il paese che più facilmente veniva attaccato. il lato rivolto verso Capri aveva come difesa naturale lo strapiombo sottostante. Restano oggi una piccola cappella e due piccoli vani con un piccolo campanile a vela. il Castello di Barbarossa fa parte del complesso di Villa San Michele, attualmente proprietà del consolato svedese, dal 1956 vi risiede una stazione ornitologica per l'osservazione e l'inanellamento degli uccelli migratori. Villa imperiale di Damecuta. E' ubicata ad anacapri ed è una delle dodici ville fatte erigere da Tiberio a Capri nel i sec. d.C. Ben riconoscibili i ruderi, portati alla luce negli scavi tra il 1937 ed il 1948. nel medioevo, all'estremità est della loggia è stata costruita una torre cilindrica a salvaguardia delle incursioni piratesche dell'epoca . Villa San Michele. Costruita dallo svedese medico - scrittore axel Munthe sulle rovine di un' antica residenza romana; è una costruzione maestosa, di grande libertà stilistica. Mette assieme reperti archeologici di epoca romana trovati a Capri. Chiesa di San Michele. Si trova ad anacapri la chiesa di San Michele codesta risale al 1719. Costruita in stile barocco da un proggetto di Domenico antonio Vaccaro a pianta ottagonale inscritta in una croce greca, è ricca di stucchi. Conserva l'importante pavimento maiolicato realizzato su disegno di Francesco Solimena, uno sfavillante tappeto di maioliche, raffigurante il "paradiso terrestre". l'opera, della seconda metà del XVii sec., è del famoso maiolicaro abruzzese leonardo Chiaiese. Su via orlandi si trova la Casa Rossa , fatta costruire dopo il 1876 a ridosso dell’adiacente torre difensiva del sec. XVi. Si impone per i colori accesi e per la bizzarra architettura voluta da generale statunitense Jhon Clay Mac Kowen che la fece costruire e la decorò con reperti di scavo e sculture di epoca romana altomedievale. Secondo alcuni studiosi l’artefice del progetto fu un capomastro del luogo, ideatore di quell’intrico di scalette e piccoli ambienti ricchi di marmi e piastrelle maiolicate. Villa orlandi nasce dalla trasformazione di un ‘casino di campagna’ del ‘700 attuata dalla famiglia orlandi e completata da Edwin Cerio degli anni ’30 del XX sec. Villa orlandi attualmente ospita il Centro internazionale per la Cultura Scientifica. BEni paESaGGiSTiCi la Grotta azzurra è una delle maggiori attrattive dell’isola, nota in tutto il mondo per la colorazione intensamente azzurra del suo interno e lo splendore bianco argenteo che assumono gli ogget- ti immersi nelle sue acque. E’ un’antica cavità carsica. l'ambiente interno appare tutto di colore azzurro, la volta, definita Duomo azzurro, ha un'altezza media di 7 metri arrivando a 14 nella parte più interna; la cavità d'erosione è lunga circa 60 metri e larga al massimo 25. la grotta continua con la Galleria dei pilastri, tre rami comunicanti tra loro che confluiscono nella Sala dei nomi, chiamata così per le numerose firme dei visitatori apposte sulle pareti, e il passaggio della Corrosione, fino all'estremo punto accessibile, la Sala della Corrosione. la colorazione azzurra della Grotta azzurra è dovuta al fatto che la luce del giorno entra attraverso una finestra sottomarina che si apre esattamente sotto il varco d'ingresso, subendo in tal modo una filtrazione da parte dell'acqua, che assorbe il rosso e lascia passare l'azzurro. FESTE E TRaDiZioni processione di San Costanzo la Festa in onore di San Costanzo, il Santo protettore di tutta l'isola di Capri, si celebra il 14 maggio di ogni anno. processione S. antonio di padova. il Santo protettore di anacapri, la festa è celebrata il 13 giugno di ogni anno. Settembrata anacaprese. prima settimana di settembre. la Settembrata anacaprese, organizzata ogni anno dal Comune di anacapri, è una gara tra le quattro antiche contrade del paese: le Boffe, la porta, le Stalle e la pietra. Santa Maria del Soccorso (Tiberio). la festa di Santa Maria del Soccorso si celebra, la sera del 7 settembre, nella chiesetta ubicata negli scavi di Villa Jovis, nella l o c a l i t à Tiberio, che è illuminata a festa. la mattina dell'8 settembre è celebrata la messa in onore della Vergine. lo stesso giorno, nella valletta antistante il sito archeologico, ha luogo la piedigrotta Tiberiana, con concerti e degustazioni di prodotti gastronomici locali. Un tempo, la Festa di Santa Maria del Soccorso era per le coppie fidanzate che si recavano sulla montagna per confermare il loro giuramento d'amore, col buon auspicio di sposarsi entro l'anno e, dopo il rito religioso, facevano baldoria tutta la notte nella valle in onore della Vergine. Santa Maria Della libera la Festa di Santa Maria della libera si celebra la domenica successiva all'8 settembre, per non farla coincidere con i festeggiamenti di Tiberio. la devozione alla Madonna della libera è antica e si pensa venisse invocata dal popolo per salvare i familiari fatti prigionieri, per liberarli. la statua della Madonna è custodita nella Chiesa omonima a Marina Grande e proprio nel borgo marinaro si svolgono i festeggiamenti: le strade vengono addobbate con luci colorate e nel pomeriggio ha luogo la processione. la sera è organizzato un concerto e a u n p l i n a p o l i. it 23 mezzanotte è sempre previsto uno spettacolo con fuochi d'artificio. Festa di Capodanno e la Tarantella la sera dei giorni 1 e 6 gennaio nelle due piazze principali di Capri ed anacapri sono organizzate le gare tra i gruppi folkloristici dell'isola. i ballerini, i musicisti ed i cantanti dei gruppi indossano i costumi tradizionali: per le donne consiste in una gonna rossa, ampia e lunga, con bordi con nastri colorati, un grembiule bianco, una camicia bianca ed un succinto corpetto nero. i capelli sono raccolti sotto un fazzoletto dipinto e ai piedi scarpe di corda. l'abbigliamento maschile è costituito da pantaloni neri alla zuava, una fusciacca rossa in vita, una camicia bianca, un berretto di lana e scarpe di corda. i gruppi portano nelle piazze la musica antica napoletana e ballano la Tarantella, un ballo antico e tipico di tutto il sud italia. la Tarantella. la Tarantella é un ballo popolare antichissimo diffuso nel sud italia e tramandato di generazione in generazione. il tema principale della performance è la passione fra uomo e donna, che viene rappresentata con musica, balli e canti. le origini della Tarantella si perdono nell'antichità: c'è chi addirittura sostiene, con una tesi romantica, che le Grazie abbiano insegnato questa danza alle donne di Capri per dare loro un mezzo per esaltare la bellezza e competere con l'ammaliante canto delle Sirene. altri ritrovano nell'erotismo della danza il culto del dio Dioniso dell'antica Grecia, molto diffuso in tutta la Magna Grecia, e rivedono nella danza frenetica delle donne le antiche baccanti. Gli strumenti usati dai musicisti sono anch'essi tipici: il putipù, il triccheballacche, lo scetavaiasse ed il siscariello. l’albicocca vesuviana nome geografico abbinato: albicocca. Regione: Campania provincia/e: napoli Città: Boscoreale, Boscotrecase, Cercola, Ercolano, Massa di Somma, ottaviano, pollena Trocchia, portici, S. anastasia, S. giorgio a Cremano, S. Sebastiano al Vesuvio, S. Giuseppe Vesuviano, Somma Vesuviana, Terzigno, Trecase, Torre annunziata, Torre del Greco. Sinonimi: crisommole (in dialetto locale). u n p l i n a p o l i. it 24 Storia: Tracce della coltivazione delle albicocche nella regione sono presenti già nel iV secolo, ma è nel 1500 che si fanno più precise quando Gian Battista Della porta, illustre scienziato napoletano dell’epoca, nel trattato “Suae Villae pomarium” le divide in due grandi gruppi: 1.bericocche, più comuni, di forma rotonda e polpa bianca e molle, aderente al nocciolo; 2.crisomele, di pezzatura variabile con pasta non aderente al nocciolo, molto più pregiate per sapore e colore. Da questo antico termine deriverebbe il napoletano “crisommole”, un vocabolo ancora oggi usato per indicare le albicocche. la coltivazione di questo prodotto è documentata già dal secolo scorso, come emerge dal “Breve ragguaglio dell’agricoltura e pastorizia del Regno di napoli”. la coltivazione si è estesa, nel tempo, a tutto il territorio dell’area vesuviana, caratterizzata dalla particolare fertilità dei terreni, che, essendo di natura vulcanica, sono ricchi di minerali e in particolare di potassio, elemento abbondante in queste albicocche, che risultano, perciò, particolarmente saporite. la natura del terreno rappresenta quindi anche in questo caso uno dei fattori più importanti nel legame prodotto-ambiente ed è sicuramente quello che maggiormente influenza le particolari caratteristiche organolettiche al prodotto. Da ciò emerge quindi anche la restri- zione territoriale di questi biotipi alla sola area vesuviana. Descrizione sintetica prodotto: Con tale nome si indica un insieme di oltre quaranta diversi biotipi originari, per la maggior parte, dell’area vesuviana. Ci sono diverse varietà, sono: leccona, palumella, S. Castrese, Vitillo, Fracasso, pelecchiella, Bocuccia liscia, Boccuccia Spinosa. le varietà considerate migliori dal punto di vista organolettico sono la pellecchiella e la Boccuccia Spinosa, caratterizzate da ottimo sapore della polpa, che risulta molto dolce, succosa e poco acida. la drupa della pellecchiella è di forma oblungoellittica e di colore giallo aranciato con sovracolore rosso sfumato, poco esteso. la drupa della Boccuccia liscia è invece di forma ovata, di colore giallo aranciato con sovracolore rosso punteggiato, di media o scarsa intensità, poco esteso. Descrizione delle metodiche di coltivazione: la forma di coltivazione tradizionale è a vaso libero, con una densità non superiore a 500 piante. la presenza di altre varietà è consentita per un massimo del 15% rispetto alla suddetta densità. la raccolta avviene verso la metà di maggio. aRZano ETiMoloGia Ci sono diverse ipotesi sull'origine di tale nome. E' possibile che derivi da un arco antico situato nella zona, oppure dal latino acer sano (luogo sano). l' ipotesi più attendibile riguarda la derivazione dall'antico proprietario delle terre, il signor artius a cui con il tempo si è aggiunto il suffisso -anus che indica l'appartenenza. nei documenti storici di epoca normanna (iX Xii sec.), angioina (Xiiisec.), spagnola (XVi sec), il villaggio di arzano viene costantemente chiamato arczanum ovvero arzanum. al nome del paese che diverra' arzano sono stati attribuite varie interpretazioni inteso come aersano da aer Sania cio' luogo di aria sana, alsano terminante in ano che secondo un'interpretazione di epoca romana e' un termine appartenente ad una nobile casata. SToRia la citta' di arzano ha origini molto antiche, il suo nome e' collocabile in eta' etrusca (meta'del Vii e Vi sec. a.C.). le zone a sud di napoli facevano parte dell'etruria campana tra cui anche artianum. nella zona detta Squillace ad arzano nel 1978 durante dei lavori di sbancamento vennero alla luce una necropoli formata da tredici tombe con corredi funerari formati da coppe, anfore, ghirlande dipinte e monete, resti andati poi persi. in epoca cristiana poi in questi luoghi sorgera' la chiesetta di S. Maria della Squillace tuttora esistente. Un altro nucleo urbano sorgera' presso l'attuale cimitero di Secondigliano sulla via Cassano ai confini di arzano dove sorgera' la chiesa di S, Maria la Bruna. arzano nel 1600 si trasformerà da villaggio a casale contenendo piu' di 1500 abitanti. Da un piccolo centro essenzialmente agricolo, arzano e' divenuta agli inizi degli anni '70, una cittadina popolosa in cui sono presenti molteplici attivita' produttive, l'agricoltura e' quasi del tutto scomparsa dovuta ad una crescita smisurata dell'attivita' edilizia. arzano era ed è oggi uno dei cen- dizione: la bottega del fabbro, del calzolaio, il forno per il pane e soprattutto i bassi abitati da famiglie numerose. tri industriali più importanti della Campania; infatti negli anni sessanta era soprannominata la Brianza del Sud a causa delle numerosissime aziende site nel suo territorio. i nuclei abitativi nascono compatti con una struttura di case a corte che si dispongono intorno ad un edificio sacro. nascono luoghi denominati “in mezzo arzano”, “casa piscopo”, “arzaniello”, “lavinaio”, “piazza nova o Chiazza nova”, ancora esistenti e delineati nella struttura urbana del paese, in essa ancora sussistono esercizi commerciali di antica tra- FESTE ED EVEnTi la festività di S. agrippino, patrono della città di arzano, si svolge il 9 novembre. il culto è legato ad una reliquia del corpo del Santo, vescovo di napoli donata dal Cardinale Spinelli al parroco del tempo Don agnello de Rosa. la giornata ha inizio con una solenne celebrazione liturgica e termina con fuochi e sante processioni. arzano è nota anche per il "Festival", una manifestazione canora che si tiene ogni anno nella città. EDiFiCi REliGioSi E CiVili Tra i monumenti più importanti ricordiamo: la Chiesa di S. agrippino (il santo patrono),che contiene la Cappella del Rosario costruita nel 1634; Caratteristica per lo stile barocco, riccamente rivestita di stucchi ed ornata da dieci tele sulle pareti e cinque pitture sul soffitto rappresentanti i quindici misteri del Rosario, era dotata di un coro ligneo di cui sono rimasti solo i pannelli perimetrali. la Villa Comunale è un naturale punto di incontro per i cittadini, che grazie a questo parco modernamente attrezzato possono incontrarsi per diversi scopi ricreativi e culturali. il parco dispone di attrezzature per il gioco,un pista di pattinaggio,un campo di bocce, una piccola arena dove poter ospitare feste. u n p l i n a p o l i. it 25 BaColi ETiMoloGia Secondo la tradizione il nome deriva dal termine Bauli, in greco Boualia o Bualia (stalla); in riferimento alle stalle create da Ercole per i buoi portati dalla Spagna. u n p l i n a p o l i. it 26 SToRia l'area del comune di Bacoli è di origine vulcanica. appartiene al sistema dei Campi Flegrei e si è formata nell'ultima fase eruttiva chiamata "Terzo periodo Flegreo". la storia di Bacoli è legata alla storia dei Campi Flegrei, infatti Bacoli ne entra a far parte subito dopo di Cuma da parte dei coloni greci. Durante il Vi sec.a.C., infatti, l'area misenate fu uno dei punti fondamentali dello scacchiere difensivo creato dal popolo Cumano a difesa del Golfo di napoli. Città termale continuò ad esercitare il suo richiamo sull'aristocrazia romana almeno fino al iV sec.d.C. nell'età augustea Bacoli diventò addirittura il principale avamposto militare e capitale elettiva della politica, della cultura e della mondanità. in seguito alla caduta dell'impero romano la città di Bacoli decadde anche a causa di alcuni fenomeni geologici come il bradisismo e le erosioni. nei secoli XVii, XViii e XiX la città rinacque e divenne una delle mete preferite dagli europei, grazie a una colonia di ebrei napoletani che ridiede vita al borgo basando la propria economia sulla pesca, il vino, le cave di tufo e pozzolana. EDiFiCi REliGioSi E CiVili il Sepolcro agrippina: riconosciuto dalla tradizione umanistica come sepolcro della madre di nerone, fatta uccidere dal figlio in una villa sul lago lucrino e sepolta a “Bauli”; in realtà si tratta dei resti della cavea di un piccolo odeon di una villa marittima romana, con altri avanzi del corridoio a volta che sosteneva la gradinata inferiore. le Cento Camerelle: testimoniano la presenza e la costruzione di numerose ville nell’età repubblicana. in pratica sono due conserve d’acqua, su quote diverse, importanti per la vita nella villa. la cisterna superiore è divisa in quat- tro navate a tre file di pilastri mentre quella inferiore è costituita da una maglia di vani collegati e tra loro comunicanti. la piscina Mirabile è situata sul promontorio che domina il porto di Miseno, una delle più grandi cisterne romane dell’età augustea che sono rimaste quasi perfettamente intatte nei nostri giorni. a pianta rettangolare e copertura voltata, è divisa da cinque navate da quattro file di pilastri cruciformi. presso Baia, frazione di Bacoli, un tempo luogo di villeggiatura del patriziato romano, sorge l’imponente Castello aragonese che si sviluppa su una superficie di 45.000 mq. e raggiunge l'altezza di mt. 94 circa sul livello del mare. Costruito sui resti di un grandioso complesso residenziale di età augustea, forse la villa di Cesare, appare oggi come l'insieme di sovrapposizioni architettoniche realizzate nel corso dei secoli. la costruzione del castello risale al 1490 quando per volere del Re alfonso ii d’aragona fu avviata una vasta fortificazione della costa per difenderla dalle incursioni saracene. il castello domina l'intero golfo di pozzuoli e rappresentava, insieme alle fortificazioni di pozzuoli (Rione Terra) e nisida, un vero e proprio limite invalicabile per chiunque avesse tentato di sbarcare lungo quelle coste. il Castello di Baia però non fu solo una struttura militare, ma rappresentò anche luogo di incontri politici e mondani. E' per volontà del viceré don pietro d'aragona, coadiuvato dal segretario del regno Giulio Cesare Bonito e dai medici Vincenzo Crisconio e Sebastiano Bartoli, che inizia una vasta opera di valorizzazione del termalismo flegreo e di quello baiano in particolare, riprendendo quella tradizione già nota in epoca romana. il Castello fu anche luogo di pena e di esecuzione delle più barbare sentenze di condanna. Dal 17 Settembre 1993, la Sovrintendenza archeologica, alla quale il manufatto veniva affidato, istituiva il primo nucleo del Museo archeologico dei Campi Flegrei con le statue del "Sacello degli augustali" rinvenute a Miseno e i "Gessi di Baia". nell’area di Baia sono inoltre presenti importanti testimonianze dell’epoca romana che formano il parco archeologico. a parte il Tempio di Venere (in realtà aula termale della prima metà del ii sec. d.C.) ed il Tempio di Diana (presumibilmente un’aula termale più tarda), che sono situati in proprietà private, il resto delle strutture monumentali romane di Baia è concentrato all’interno del parco. nella parte più alta è la Villa dell’ambulatio (con prima fase di ii-i sec. a.C. e seconda fase di i d.C.), un esempio magnificente e ottimamente conservato di villa tardo-repubblicana, la cui terrezza principale offre una suggestiva visione dall’alto di Baia. la restante parte del parco comprende una serie di impianti termali di diversa epoca e con diverse fasi. a nord, il settore di Mercurio (del i sec. a.C. con rimaneggiamenti di iii d.C.) è dominato dall’impressionante Tempio di Mercurio (un’enorme aula termale a cupola, che non cessa di destare meraviglia con l’atmosfera irreale che caratterizza l’interno della struttura, invasa dall’acqua). il settore della Sosandra con fasi dall’età sillana al iii sec. d.C., era in origine una villa, dotata in epoca claudia di teatroninfeo e forse trasformata nel ii d.C. in impianto termale o in hospitalia (alloggi) per i clienti delle vicine terme. il settore di Venere si trova nella parte meridionale del parco, ed è interamente occupato da edifici termali: le "piccole Terme", in alto, costruite nella seconda metà del i a.C. e ristrutturate nel ii d.C., le terme del livello intermedio (dal ii al iV sec. d.C) e le terme del livello inferiore (con fasi principali della prima età imperiale e di età adrianea), in cui si trovano le cosiddette stanze di Venere che conservano una ricca decorazione in stucco. Stucchi, mosaici, pitture sono ben conservati in molti vani dei complessi edilizi del parco. Si è ipotizzato che tutto il complesso facesse parte del palatium imperiale di Baia di cui ci parlano le fonti. nello specchio di mare di Baia è possibile vedere i resti di una città sommersa che dal 2002 è divenuta un’area marina protetta, cono- sciuta come parco sommerso di Baia. la particolarità di tale zona è legata al fenomeno vulcanico del bradisismo che ha interessato da sempre l'intera costa nord della provincia di napoli. Questo fenomeno ha causato movimenti verticali dell'area provocando negli ultimi 2000 anni l'inabissamento della linea di costa romana di circa 6/8 metri. intorno al primo secolo a. C. infatti l'intera zona costiera a nord di napoli era una fiorentissima stazione climatica. lo straordinario valore di quest’area è dato sia dal notevole stato di conservazione dei reperti archeologici, oltre che dal loro valore storico archeologico oggettivo. Mosaici, tracce di affreschi, sculture, tracciati stradali e colonne, sono sommersi a circa 5 metri sotto il livello del mare tra anemoni stelle marine e branchi di castagnole. inoltre la presenza di ecosistemi sommersi di pregio come il fondale a precoralligeno e comunità di fanerogame marine fanno di tali luoghi ambienti di valore naturalistico rilevante, riconosciuti come tali sia dalla legislazione nazionale italiana, sia da quella Comunitaria. il luogo è straordinariamente suggestivo, e fa di questo tratto dei fondali una piccola atlantide romana. presso un’isoletta del lago Fusaro, altra frazione del comune di Bacoli, è ubicato un suggestivo casino di caccia borbonico conosciuto come Casina Vanvitellina. a partire dal 1752 l'area del Fusaro divenne la riserva di caccia e pesca dei Borbone, che affidarono a luigi Vanvitelli le prime opere per la trasformazione del luogo. Salito al trono Ferdinando iV gli interventi furono completati da Carlo Vanvitelli, figlio di luigi, che nel 1782 realizzò il Casino Reale di Caccia sul lago, a breve distanza dalla riva. Questo edificio fu adibito alla residenza degli ospiti illustri, come Francesco ii del Sacro Romano impero, che qui soggiornò nel maggio 1819. all'interno dell'edificio furono accolti anche Wolfgang amadeus Mozart, Gioachino Rossini e, più recentemente, il presidente della Repubblica luigi Einaudi. Dal punto di vista architettonico, la Casina si inserisce tra le più raffinate produzioni settecentesche. l'edificio voluto dai Borboni presenta una pianta assai articolata, composta da tre corpi ottagonali che si intersecano l'uno alla sommità dell'altro, restringendosi in una sorta di pagoda, con grandi finestre disposte su due livelli; un lungo pontile in legno collega inoltre la Casina alla sponda del lago. EVEnTi E FESTE 26 luglio - Festa patronale in onore di Sant'anna. Sagra delle cozze. Questa sagra gastronomica si svolge per tre giorni verso la fine del mese di luglio, durante la quale si potrà assaggiare, degustare e acquistare i prodotti del mare e vini D.o.C. Sagra del Dolce, Festa del Mare tra luglio e agosto. u n p l i n a p o l i. it 27 BoSCoREalE ETiMoloGia il nome Boscoreale ha origine dalla presenza di un bosco (foresta di Schifati o Scafati) usato come riserva di caccia dai Re di napoli, Carlo i, Carlo ii e Roberto d'angiò. Tale bosco venne chiamato nemus Regalis, Bosco Reale appunto. u n p l i n a p o l i. it 28 SToRia il territorio adesso occupato dal Comune di Boscoreale era abitato già in età preistorica dagli osci (Viii a.C.) come testimoniato dalle tombe rinvenute in contrada Marchesa, appartenenti alla cosiddetta “cultura delle tombe a fossa”. in età sannitica e romana (iV a.C.) invece, furono costruite ville di produzione sulle pendici collinari intorno a pompei e sulle circostanti alture vesuviane. Solo all'inizio del iii-iV sec. d.C., però, troviamo tracce documentate di abitanti nel luogo: il rinvenimento di necropoli, di lucerne con il simbolo della croce, di un edificio con impianto termale, è prova sicura che la vita del luogo continuò nei suoi aspetti sociali ed economici. nel XiV sec. il territorio viene scelto quale riserva di caccia dei Re di angioini e prende il nome di nemus Schyfati (Bosco Reale). E’ nel Settecento che, con la costruzione della chiesa parrocchiale dedicata all'immacolata Concezione, si sviluppa il nuovo abitato, da cui ha origine l'attuale tracciato viario a forma di quadrilatero, composto da via promiscua, via Giovanni Della Rocca, Via Croce e via Sotto Tenente Ernesto Cirillo. Con la venuta dei Francesi, Boscoreale acquista l'autonomia comunale grazie alla legge del 1806 di Re Giuseppe . per tutto l'ottocento l'attività economica va sempre crescendo specie nell'agricoltura e nell'estrazione della pietra vesuviana con la quale si provvede ad opere pubbliche e private in italia ed all'estero. il 29 marzo 1928 Boscoreale perde la sua autonomia comunale, venendo aggregata con Boscotrecase alla città di Torre annunziata. Tale aggregazione, favorita dal regime fascista, durò solo 18 anni. Dopo i gravi lutti e le privazioni subite nel periodo bellico, la cittadina ha ripreso con alacrità il lavoro accostando alla tradizionale attività agricola una notevole attività industriale e a conduzione con l'impianto d'attrezzati laboratori nel campo alimentare, manifatturiero e del terziario. il terremoto del 23 novembre 1980 ha arrecato al patrimonio urbanistico di Boscoreale danni notevoli. per venire incontro ai senza tetto, con i finanziamenti dello Stato, sono sorti in Boscoreale due nuovi rioni con alloggi destinati ai terremotati locali ed a quelli di napoli. l'aumento demografico dovuto a questi nuovi insediamenti ha portato Boscoreale, alla soglia del terzo millennio, ad una popolazione di circa trentamila abitanti. EDiFiCi REliGioSi E CiVili Di fondazione benedettina (Xiii sec.) è la Chiesa. S. Maria Salome la chiesa è stata oggetto di restauro tra gli anni 1991-92. l'intervento ha interessato anche l'interno con consolidamenti strutturali. infine poi tenendo conto dell'importanza che nel Settecento aveva lo slargo antistante la chiesa, sede di scambi commerciali. S. Maria di Montevergine: la cappella intitolata alla Madonna di Montevergine fu costruita dopo la catastrofica eruzione vesuviana del 1631. Scavi archeologici effettuati tra l'ottocento ed i principi del novecento, hanno riportato alla luce circa trenta ville, alcune delle quali divenute celebri nel mondo per i loro ritrovamenti. la più importante è quella cosiddetta di lucio Cecilio Giocondo, scavata nel 1894-99 in un suo fondo di via Settetermini alla pisanella. Vi si rinvenne un tesoro di argenterie (128 pezzi tra vasi, posate ed oggetti) di squisita arte alessandrina, oggi al louvre di parigi. Tale villa è inoltre fondamentale per lo studio degli apprestamenti agricoli romani. altra villa famosa è quella cosiddetta di publius Fannius Synistor, portata alla luce nel 1899-1902 dal De prisco nel fondo Vona in via Grotta, nella grande dimora suburbana si rinvennero magnifici affreschi di ii stile, conservati al Museo archeologico di napoli, al Metropolitan Museum di new York, al louvre di parigi ed in altri musei esteri. Di questa villa sono celebri il cubiculum (stanza da letto) ricco di affreschi con motivi architettonici ed il grande triclinio con affreschi megalografici. Un’altra villa, scoperta nel 1977, a seguito di lavori edilizi, fu Villa Regina, le cui campagne di scavo, furono dirette da Stefano De Caro nel 1980. la villa, di piccole dimensioni (mq 450 circa), era destinata alla produzione del vino. Tale attività era sotto la protezione del dio Dioniso, ricordato da un bustino marmoreo nel larario della villa e raffigurato su una parete dipinta del torcularium. nelle adiacenze dell'area archeologica di Villa Regina sorge l'antiquarium, inaugurato nel marzo del 1991. Una delle due sale ospita reperti provenienti dall'area vesuviana che consentono di ricostruire l'ambiente e l'economia di età romana, prima che l'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. distruggesse i centri di pompei, Ercolano, oplontis e le ville di Stabiae; l'altra ospita i principali rinvenimenti archeologici del territorio di Boscoreale, dove in età romana esistevano numerose ville signorili e di produzione. in Via luisa Sanfelice, infine, si affaccia il palazzo De prisco, di chiaro gusto neoclassico. proprietario del palazzo, a fine '800 fu l'on. Vincenzo de prisco. nel 1898, come si evince dall'incisione sul fermo portale, lo riadattò al suo gusto. il palazzo, oggi vincolato e dichiarato M o n u m e n t o nazionale, rappresenta per la città di Boscoreale ciò che resta dell'enorme ricchezza rinvenuta nelle ville della pisanella e di Fannio Sinistore, purtroppo ammirate da pochi osservatori di fine ottocento. EVEnTi E FESTE Tra le feste che si svolgono sul territorio cittadino vi è la festa della Madonna del Carmine, il 16 luglio, che è anche la festa della santa patrona. altra festa religiosa ed importante è la Festa di Santa Maria Salòme, che si svolge il secondo fine settimana di luglio, presso la chiesetta di Santa Maria Salòme, ubicata nell'omonima piazzetta. la festa, ha una forte valenza simbolica per gli abitanti di Boscoreale, in quanto la chiesa costituisce il centro ideale attorno al quale sorse, nel corso del XVii secolo, il primo nucleo urbano della cittadina. Del culto abbiamo notizie fin dal 1323.Da un documento del 1820 si apprende che durante la festa si svolgeva la processione e vi era una fiera di cin- processione che inizia nel pomeriggio e si conclude a sera inoltrata. i festeggiamenti vengono conclusi da uno spettacolo di fuochi pirotecnici. Durante la festa viene organizzata la Sagra delle "Zandraglie". Si tratta di un dolce semplice tipico della cultura gastronomica contadina locale. il dolce è un impasto di farina uova e latte fritto e ricoperto di miele. Tutti ne acquistano e li portano nelle loro case. infine, ad ottobre, si svolge la festa del vino. Tale manifestazione, organizzata dal 1993 dall’organizzazione “il vino 2000 anni di storia” in collaborazione con l ' a s s o c i a z i o n e "Vesuviamo" e il patrocinio del Comune di Boscoreale, ha come obiettivo la degustazione dei vini locali e di quelli prodotti nell'area vesuaffreschi rinvenuti nella villa con- viana come il "lacryma publius Fannius Synistor e conservati al Metropolitan Museum Christi" del Vesuvio, il di new York "Caprettone" e la "Falanghina", abbinata que giorni. Sono nate molte leg- alla promozione dei prodotti tipici gende sulla Santa come quella dif- campani. fusasi a seguito dell'eruzione luogo prescelto per l'evento è il vesuviana del 1906. Si narra che centro storico di Boscoreale, chiuuna guardia forestale nei giorni so al traffico e allestito per l'occadell'evento notò una donna vicino sione in modo da coniugare i peralla lava nel bosco a monte della corsi enogastromici classici alle chiesa. espressioni dell'artigianato locale. Richiamata dall'uomo sul pericolo a fare da cornice alla degustazioche incombeva su di lei, ella lo ne del "nettare degli dei", numerassicurò. Ritornando a casa e, per rose ricostruzioni storiche tra cui caso, entrando nella Chiesa di la visita alle cantine della zona e Santa Maria Salome, riconobbe un momento dedicato al processo nella statua della Santa la donna tradizionale dell'imbottigliamento che aveva incontrato al mattino. Si del vino. gridò al miracolo e moltissime per- l'ampio spazio dedicato al teatro sone accorsero ad invocare la da strada e ai concerti di musica Santa. la festa inizia il secondo classica e folkloristica rende la venerdì di luglio con una fiera di manifestazione allo stesso tempo animali ed attrezzi agricoli. il enogastronomica e culturale, fruisabato è dedicato agli eventi bile da un pubblico vasto e non musicali con esibizione di bande. solo dagli appassionati di vino. la domenica è caratterizzata dalla u n p l i n a p o l i. it 29 nola pro loco “Città d’arte” Ha soffiato quest'anno le sue prime trenta candeline: un bel traguardo per la pro loco di nola da sempre impegnata nella promozione e valorizzazione del territorio mediante una serie di appuntamenti di alto spessore culturale e sociale. nella foto il duomo di nola a dx il palazzo comunale a cuda della pro loco di nola u n p l i n a p o l i. it 30 Ha soffiato quest'anno le sue prime trenta candeline: un bel traguardo per la pro loco di nola da sempre impegnata nella promozione e valorizzazione del territorio mediante una serie di appuntamenti di alto spessore culturale e sociale. Manifestazioni importanti e significative dislocate nel corso dell'anno che hanno ricevuto di volta in volta consensi positivi da parte di pubblico e critica. Un'associazione attenta, da anni presente in città nella sua sede in corso Tommaso Vitale, concessa in comodato d'uso a titolo gratuito dalla Curia Vescovile. Tante le iniziative svolte sino ad ora, tante ancora in cantiere in via di realizzazione. Sulla scia dell'enorme successo ottenuto nel mese di novembre con la partecipazione alla tradizionale fiera di San Felice "nola Expò", alla sagra del “tutero e dell'ombrello”ed al convegno/presentazione del libro di luigi Vecchione dedicato a Vincenzo Spampanato, illustre cittadino nolano, biografo di Giordano Bruno, nell'80° anniversario della sua morte, fitto ed interessante è anche il calendario dei prossimi mesi. preparativi già in fermento in vista soprattutto delle festività natalizie. a tenere a battesimo il ricco programma di dicembre due nomi importanti del panorama partenopeo...Benedetto Casillo e Gino Rivieccio, rispettivamente in calendario l'undici ed il diciassette dicembre prossimi. Un piccolo assaggio di spettacolo, in attesa del grande concerto di natale con l'esposizione di opere artistiche realizzate da artigiani locali. prove tecniche per dare il benvenuto al 2009. Con le attività si parte nel mese di febbraio, mese dedicato principalmente alla cultura con la presentazione di due libri scritti da due "storici "nolani: Guido Del Giudice e Franco Manganelli. appuntamento ormai fìsso e consolidato della pro loco è il Carnevale nolano con l'assegnazione della "Maschera d'argento" al bambino con il costume più originale. appuntamento atteso da tutti in città per il clima spiccatamente festivo e folkloristico che si vive in quei giorni in piazza Duomo e lungo le strade cittadine. il mese di marzo sarà il mese dedicato alla "scultura" con la realizzazione di una teca (scelta tra tre progetti presentati da architetti locali) che accoglierà le due campane del '600 appartenenti alla exChiesa di S. Giuseppe, attuale sede della pro loco. Ma il clou delle manifestazioni si avrà sicuramente nel mese di giugno, mese tanto caro ai nolani, protagonista indiscusso di una delle feste più belle a livello nazionale e non solo...la Festa dei Gigli. "Estemporanea di pittura", un premio giornalistico dal tema "nola città da scoprire...Viaggio tra le bellezze della nostra terra" tra le iniziative in programma. Una manifestazione quest'ultima che vedrà impegnati oltre tremila giovani delle scuole medie inferiori e superiori della città che si cimenteranno in articolati elaborati sulle tradizioni storico-artistiche e culturali del nostro territorio; un modo diverso e costruttivo per avvicinare i ragazzi allo studio di una città in continua crescita, ricca di storia. pro loco e riscoperta degli antichi sapori...potrebbe essere questo il filo conduttore della manifestazione organizzata in collaborazione con la condotta locale dello Slow food, promotrice del p r e m i o "Ruperto da noia": un "concorso" in cui saranno assegnati riconoscimenti al migliore cuoco, produttore agricolo e diplomato alla scuola alberghiera della Regione Campania. infine, sempre a giugno, la pro loco sarà impegnata ad accogliere con notizie utili, attraverso depliant informativi e con apposite postazioni strategiche, le migliaia di turisti provenienti come ogni anno da tutto il mondo per assistere alla tradizionale ed affascinate ballata delle macchine da festa. Tutto pronto anche per il periodo estivo in cui sono previsti spettacoli soprattutto per anziani e bambini organizzati nella Villa Comunale. Un modo simpatico e divertente per intrattenere coloro che magari sono impossibilitati, per giuste cause, a trascorrere l'estate fuori. insomma, un calendario ricco di appuntamenti, attento alle esigenze di tutte le fasce, stilato con scrupolosità dal consiglio di amministrazione ed approvato dall'assemblea dell'associazione. perché valorizzare il territorio con iniziative utili che siano da ulteriore sprono per la salvaguardia e la tutela della città deve essere l'obiettivo cardine di ogni singolo Ente. il Villaggio preistorico di tullio palo (estratto da: nola Città Museo Guida Turistica di Tullio palo) il Villaggio preistorico di nola, la cosiddetta pompei della preistoria, è uno straordinario sito archeologico dell'Età del Bronzo antico, seppellito dall'eruzione del Vesuvio detta delle pomici di avellino (1860-1680 a.C.). l'eccezionalità, unica al mondo, del ritrovamento di nola è dovuta al fatto che le capanne, sepolte dall’eruzione vulcanica, si sono conservate attraverso il loro calco nel fango e nella cenere che le ha inglobate, sigillando anche tutte le suppellettili che si trovavano nelle stesse al momento del disastroso evento. per la prima volta è stato così possibile comprendere la forma che avevano queste costruzioni, l'orditura dei tetti e la carpenteria e quale organizzazione avessero dato gli abitanti agli spazi delle abitazioni, nello svolgimento delle attività di ogni giorno. E' una straordinaria fotografia di una laboriosa comunità preistorica cancellata dalla forza distruttrice del Vesuvio. idolo femminile (1800 - 1600 a.C.) Museo Storico-archeologico (Soprintendenza per i Beni archeologici di napoli e Caserta) u n p l i n a p o l i. it 31 u n p l i n a p o l i. it 32 inSEDiaMEnTo DEl BRonZo anTiCo: tra il XiX e XVii sec. a.C., il vulcano Somma Vesuvio ebbe una grande eruzione di tipo pliniano, detta delle “pomici di avellino” per essersi spinta con le sue ricadute di pomici e ceneri , principalmente verso nord-est, in direzione appunto dell’attuale città di avellino. l’area ad est del vulcano e in particolare la regione di nola fu colpita dalla caduta di pomici e di ceneri e tutti gli insediamenti vennero distrutti, un po’ come avvenne per pompei e le città vesuviane devastate, qualche millennio più tardi, dall’eruzione del 79 d.C. in un vasto raggio di circa 1000 mq., a sei metri dal piano di campagna, sono state messe in luce tre grandi capanne a forma di ferro di cavallo che fanno parte di un agglomerato certamente più esteso. orientate tutte in direzione no-SE, le capanne sono al margine di una zona di recinti nei quali si sono potuti riconoscere una vasta aia, alcuni forni, una gabbia in argilla e legno nella quale erano stipate 9 capre, tutte gravide, e una serie di spazi chiusi dove erano concentrati gli animali (pecore, mucche, maiali). Ma ancora più eccezionale e’ la conservazione delle strutture abitate che hanno la forma di un ferro di cavallo con apertura nella parte rettilinea. nella capanna più lunga (mt.15,60x4,60, alt. mt. 4,30/4,50 circa) una stretta apertura metteva in comunicazione la zona destinata ad abitazione con quella di forma absidata, usata come dispensa, mentre una seconda apertura la col- legava ad un vano d’ingresso. nelle altre due c a p a n n e (mt.7,50x4,50, alt. mt. 4,30/4,50 e mt. 15,20x9,00, alt. mt. 5 circa) era solo un tramezzo con un’apertura che metteva in comunicazione la zona principale con la stanza più piccola. E’ li’ che erano i vasi più grandi usati come riserva di derrate, mentre la vita si svolgeva nell’ambiente in cui si trovava il focolare. più di 200 vasi in buono stato di conservazione, alcuni dei quali con il loro contenuto (mandorle, farina, spighe di grano), sono stati ritrovati nelle capanne. la posizione di alcuni oggetti mostra che l’eruzione ha sorpreso gli abitanti nel corso delle loro occupazioni quotidiane: intorno al forno erano disposti piatti, tazze, sostegni su piede alto, mentre una brocca era ancora posta all’interno del forno. Cippus abellanus: l’unico documento in lingua osca giunto fino a noi e conservato nel Seminario Vescovile, è un blocco monolitico di pietra comune che riporta scolpito sulle due facce, con caratteri che vanno da destra a sinistra, in scrittura osca un trattato federale tra nola ed avella. il masso ha forma quadrangolare: alto mt. 1,83, largo mt. 0,51, profondo mt. 0,26; su una faccia vi sono 32 righe, sull’altra 25. il blocco, scoperto causalmente nel 1745 da Gian Stefano Remondini, era sistemato come soglia ad una porta carraia per cui risultava usurato dal tempo e dal passaggio di uomini e carri. numerosi archeologi hanno studiato l’iscrizione riportata sul Cippus dandone una propria traduzione e interpetrazione. la più conosciuta è quella che ne ha dato il Mommsen. Villa romana di Via Saccaccio: venne alla luce nel 1978 nel corso dei lavori per la costruzione del collettore di depurazione del Golfo di napoli. Gli scavi hanno portato alla luce un vasto edificio che presenta varie fasi costruttive, che per le decorazioni pittoric h e presenti è da considerare residenza extraurbana di età imperiale. Tra il secondo secolo a.C., periodo a cui forse risale il primitivo nucleo della villa, ed il primo secolo a.C., sono state individuate almeno tre fasi costruttive; esse sono riconoscibili in particolare nell’ambiente iV, dove si sovrappongono tre piani pavimentali: uno in cocciop e s t o ornato con tessere bianche, un secondo in cocciopesto con rete di rombi a tessere bianche ed emblema centrale a mosaico bianco con tessere nere e rosse, ed un terzo in mosaico bianco bordato di nero. Verso la fine del i secolo d.C. forse in conseguenza dei danni causati dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., che distrusse pompei, Ercolano e Stabia, si effettuarono restauri e si apportarono modifiche agli ambienti. la villa continuò ad essere abitata fino al V secolo d.C. come attestano alcuni ritrovamenti di monete e di ceramiche. i restauri realizzati nel ii secolo d.C., non mutarono l’o- riginaria destinazione degli ambienti. Durante la seconda metà del V secolo d.C. infine in concomitanza con l’avanzata dei Vandali di Genserico (455 d.C.) la villa fu gra- dualmente abbandonata e quindi in parte coperta dall’eruzione del 472 d.C. anFiTEaTRo RoMano in Via Mario De Sena l’anfiteatro è un edificio tipicamente romano, che ebbe origine in età repubblicana in Campania e che conobbe una rapida diffusione successivamente in tutto l’impero. la costruzione è a forma ellittica e l’asse maggiore non supera in genere di molto quello minore: una forma del tutto rotonda non sarebbe stata pratica per lo scopo dell’anfiteatro, destinato ai ludi gladiatori e alle lotte degli animali (venaziones). il luogo dove sembra che tali giochi abbiano avuto origine, e dove probabilmente è da ricercarsi anche l’origine dell’edificio ad essi destinato, è la Campania, dove si svolgevano già verso la fine del iV secolo a.C. , infatti in alcune pitture tombali di tale periodo compaiono gladiatori. i giochi gladiatori furono introdotti a Roma e offerti nel Foro Boario per la prima volta nel 264 a.C. e ben pre- sto divennero lo spettacolo preferito dalla popolazione romana. nel 29 a.C. sorge il primo anfiteatro in pietra e quindi molto dopo quello di pompei, dove già nell’80 a. C. esisteva un anfiteatro, e quello di nola che è dello stesso periodo. nel mese di ottobre del 1997 iniziarono i lavori di scavo dell’anfiteatro di nola ubicato alle spalle della c. d. Muraglia” (il complesso di m u r a tardo-repubblicane. Completamente sepolto, anche se la sua ubicazione era riconoscibile per l'innalzamento delle quote del piano di campagna e per l’emergenza dell’imboccatura di un vomitorio e di alcuni brevi tratti di murature, è stato oggetto di varie campagne di scavi ma solo nell’ultima campagna è stato possibile portare alla luce un quarto dell’intero edificio ed è stato possibile determinarne anche le dimensioni che sono di circa mt. 138 sull’asse maggiore e mt. 108 sull’asse minore. le strutture presentano varie fasi: la più antica, con cubilia di grande modulo con allineamento obliquo discontinuo, si può datare alla metà circa del i secolo a.C.. l’anfiteatro subì nel tempo alcune ristrutturazioni: una prima interessò una parte delle strutture che furono modificate in opera reticulata con cubilia di piccolo modulo e allineamento obliquo continuo e fu rifatto il pavimento e la volta del corridoio principale. Una seconda ristrutturazione interessò, tra il ii e iii secolo, il muro perimetrale rifatto in opera vittata di u n p l i n a p o l i. it 33 u n p l i n a p o l i. it 34 una parte delle strutture che furono modificate in opera reticulata con cubilia di piccolo modulo e allineamento obliquo continuo e fu rifatto il pavimento e la volta del corridoio principale. Una seconda ristrutturazione interessò, tra il ii e iii secolo, il muro perimetrale rifatto in opera vittata di tufo, la pavimentazione del corridoio dell’asse maggiore e la realizzazione di un ambiente esterno a pianta rettangolare con divisioni interne forse destinato al ricovero degli animali. l’ima cavea era costituita da tre gradini ed era separata mediante una balaustra da un corridoio che correva lungo il bordo del parapetto. l’arena presenta un parapetto alto mt. 2,60 rivestito con lastre rettangolari di marmo bianco verticali dell’altezza di mt. 2,10, coronato da lastre orizzontali alte mt. 0,45, la parte terminale era costituita da blocchi di calcare a bauletto che probabilmente doveva sostenere una balaustra metallica. alla fine del V – inizio Vi secolo d.C., l’anfiteatro ormai abbandonato da tempo, subì spoliazioni divenendo quasi una cava di materiale da costruzione, Questa opera di smantellamento continuò anche in epoca medievale, quando furono scavate numerose fosse per recuperare elementi dell’edificio da riutilizzare, un esempio di tale riutilizzo è palazzo orsini, mentre altri elementi (metope) si ritrovano utilizzati come basamento del palazzo Covone e del campanile della Cattedrale. MaUSolEi FUnERaRi di età romana di Via polveriera più conosciute come “Torricelle”. a. leone nel De nola così descrive la zona: “Fuori dell’anfiteatro laterizio poi vi è anche ora una via ampia per la quale in via retta si va verso occidente e che porta a napoli. Si ritiene che questa via fosse appartenuta alla città antica, da una parte perchè sembra che quel luogo sia stato chiamato sempre porta e una cappella, che è nelle vicinanze, fu chiamata S. pietro presso la porta, dall’altra parte perchè lungo la stessa via si trovano alcune antichissime tombe. Tali tombe sono artisticamente costruite, non però molto elevate sul livello del suolo. Sono ampie, rotonde, adorne di una cornice e il loro tetto, venendo fuori da un cerchio, lentamente si va restringendo e termina a forma di cono con una punta in mezzo; la struttura è a mattoni e tanto bene compaginata da sembrare un masso solido.” Questi monumenti si trovano in località polveriera (sono più comunemente conosciute come “le Torricelle”). Di esse quella conservata meglio presenta nel perimetro del podio circolare ventiquattro nicchie semicircolari. la costruzione sembra essere in “opus incertum” con inserzioni in laterizio. Questo particolare nella costruzione porta a datarla alla metà del secolo i^ d.C. TERME GRECo-RoManE, chiesa di S. Biagio in piazza G. Bruno. nel 1989, durante i lavori di restauro post terremoto, a seguito del cedimento del pavimento, al di sotto della navata della chiesa, vennero alla luce una serie di strutture murarie che presentano quattro fasi costruttive, corrispondenti ad un utilizzo diverso della zona in periodi successivi. FaSE 1^ : strutture in calcare ed in blocchi di tufo di probabile età repubblicana. Di tale costruzione restano solo due muri, inglobati nelle strutture successive. FaSE 2^ : impianto termale di età imperiale. in età imperiale nell’area fu realizzato un impianto termale, probabilmente pubblico; di tale edificio sono visibili due ambienti, uno di forma ottagonale con absidi negli spigoli, da identificare forse con un “laconicum”, e accanto l’ altro, di forma circolare o absidato su un lato, forse un “frigidarium”. la tecnica edilizia impiegata in questo edificio, tipica dell’età imperiale, è caratterizzata da un “opus vittatum” costituito da fasce di tufelli e mattoni, collegato in alcuni casi a murature in laterizio. FaSE 3^: domus del iii^ sec. d.C. l’impianto termale, dalla seconda metà del iii sec. d.C., fu riutilizzato ed adattato a nuove funzioni, probabilmente a quelle di una domus di proprietà di una famiglia di ceto elevato. allora vennero realizzati i pavimenti a mosaico, battuto e signino conservati in situ. Di particolare interesse e’ il mosaico databile all’età Severiana (iii sec d.C.) raffigurante un kantharos (vaso) a basso piede da cui si dipartono dei girali, motivo frequentemente riprodotto dalla prima età imperiale fino al Vi secolo d.C. FaSE 4^: ipogei Successivamente alla costruzione della chiesa di S.Francesco, voluta dalla famiglia orsini nel XiV sec., in più riprese, furono realizzati degli ipogei al di sotto della navata, come era consuetudine, per la sepoltura dei morti. in particolare quello più grande era di forma rettangolare con nicchie semicircolari nelle quali erano posti a “scolare” i cadaveri. Reperti dello stesso periodo sono stati portati alla luce nel cortile di palazzo orsini oggi sede del Tribunale situato di fronte alla chiesa sul lato opposto della piazza. (estratto da : nola Città Museo – Guida Turistica di Tullio palo) “Emigranti tra ieri e oggi” un convegno della pro loco di napoli di martina montisano i recenti studi storiografici sull’emigrazione italiana all’estero, notevolmente cresciuti negli ultimi anni hanno affrontato con innegabile competenza, le diverse tematiche di natura politica, sociale ed economica del nostro movimento migratorio. Dalle statistiche effettuate si è ormai consapevoli che i nostri connazionali presenti nel mondo, tra oriundi ed emigrati raggiungono la cifra di almeno 60 milioni. nel periodo successivo al secondo conflitto mondiale migliaia di nostri corregionali, lasciarono i propri paesi di origine per tentare la fortuna in america ed in australia. Molti ebbero uno sviluppo felice, specie quelli che scelsero i paesi del nord america e dell’australia, mentre meno fortuna trovarono invece gran parte dei nostri emigrati che scelsero le terre del Sud america, coinvolti loro malgrado nelle vicissitudini travagliate della storia di quei paese. purtroppo, questi importanti contributi per la conoscenza del fenomeno migratorio italiano, hanno spesso tralasciato alcuni ambiti di ricerca, come quello delle professionalità espresse dai nostri emigranti, che forse caratterizzano più di altri fattori la nostra emigrazione. la storia delle comunità dei nostri emigranti ci da un senso di fierezza italiana in quanto da emarginate e povere sono riuscite ad integrarsi diventando cittadini a tutti gli effetti dei paesi ospitanti e arrivando, in molti casi, al successo in diversi settori produttivi come l’imprenditoria, lo spettacolo, la politica, la ricerca, ecc. il fenomeno migratorio può sicuramente essere un supporto utile, purchè non prenda il sopravvento, per la nostra crescita economica e sociale in conseguenza del contributo che le nostre comunità presenti su tutto il pianeta, possono dare al mercato “Made in italy”. i nostri connazionali e corregionali svolgono, con la loro presenza e la loro attività un servizio che torna alla nazione e, come tali vanno onorati. E’ vero che oggi si è acuito un fenomeno molto rischioso per il nostro paese : intellettuali italiani che emigrano alla ricerca di un lavoro, un fenomeno conosciuto più come “fuga dei cervelli”. Così come gli italiani che una volta, con pochi soldi in tasca, partirono per le americhe, così i laureati di oggi emigrano. Sono ingegneri, ricercatori, architetti, biologi e molti altri che fuggono da un paese che non da loro l’opportunità di affermarsi come meritano. i ricercatori italiani fuggono per le strutture inesistenti, soprattutto nel campo delle scienze e delle tecnologie , per la mancanza dei fondi, per gli stipendi inadeguati, per un sistema di selezione che taglia fuori chi non è raccomandato. Emigrano e se ne rammaricano, perché l’estero li accoglie e ne vanta le professionalità garantendo loro lavori dignitosi e meritevoli, cosa che il paese d’origine che li ha formati non fa. Ed è per queste ragioni, che il Consiglio Direttivo e la presidenza dell’associazione pro loco di napoli, consapevoli del lavoro certosino dei soci sulle iniziative che programmeranno per l’anno 2009 (mostre d’arte, manifestazioni di interessi, eventi per valorizzare la cultura e la tradizione napoletana, partecipazione alla settima Edizione del “premio Villaricca – Sergio Bruni – la canzone napoletana nelle scuole”) organizzerà insieme all’Unpli di napoli un convegno sull’emigrazione “Dal 1880 ai giorni nostri”. l’iniziativa che si intende realizzare si muoverà in un ambiente di concertazione cercando di coinvolgere altre associazioni, amministrazioni pubbliche, istituti di ricerca e di cultura, enti ed istituzioni che operano nel campo dell’emigrazione, forze economiche e produttive. u n p l i n a p o l i. it 35 pozzuoli l’assunta a mare e il Convento di San Gennaro di angela fabozzi Continua ad essere la chiesetta dei marinai, anche con l’ultima celebrazione in onore di Santa Barbara, la loro patrona, la chiesa dell’assunta è stata al centro dei festeggiamenti. posta ai piedi della rocca del Rione Terra, tra il mare aperto e quello che i puteolani chiamano “’o valione”, la minuscola rada dove le chi coltiva la passione per il mare approda la sua barchetta, la chiesa dell’assunta a Mare si erge a baluardo di un culto antico. Quelle pochi metri quadrati hanno un fascino particolare per tutti i puteolani dai più anziani ai più giovani che, come tradizione vuole, da anni scelgono il piazzale a mare della Chiesa come luogo dove rifugiarsi quando si fa filone a scuola. lo sapevate che ... l’accademia aeronautica sorge in una cava. la "Cava Regia", diventata ormai improduttiva, fu abbandonata nella metà degli anni Cinquanta e, tra u n p l i n a p o l i. it 36 il 1958 e il 1962, fu costruito il complesso dell'accademia aeronautica, su progetto dell'ingegnere pasquale amodio, che domina l'intero arco del golfo di pozzuoli. la prestigiosa struttura militare si sviluppa su un'area di circa 245.000 metri quadrati, resa quasi pianeggiante col taglio della cima di Monte olibano ovvero la collina di San Gennaro anche detta della Solfatara. l’assunta a mare di pozzuoli la chiesa dell’assunta, sorge in uno dei luoghi più caratteristici di pozzuoli: la “darsena del borgo marinaro. l’assunta ai piedi del Rione Terra, con il molo e le vicine banchine del porto e le barche ormeggiate nella darsena, costituisce un unicum di particolare suggestione, efficacemente tramandatoci anche da pittori e disegnatori del passato, e il cui fascino non viene scalfito neanche dalle moderne costruzioni. più che per l’arte, ha nella storia di pozzuoli un ruolo particolare, nella cultura e nelle tradizioni popolari essendo la chiesa dei pescatori del borgo marinaro. l’edificio fu costruito nel “1621” e dedicato alla “purificazione di Maria”, ad opera della omonima Confraternita; per la sua posizione la chiesa era chiamata “purificazione a mare”. la devozione dei pescatori per la Madonna assunta, qui venerata, ha fatto si che nel tempo fosse più conosciuta con quest’altro nome. Stando alle cronache, pare che non abbia avuto vita molto facile, in quanto, sorgendo molto vicina al mare, ha subito sistematicamente l’invasione delle mareggiate, per cui, per gran parte dell’inverno diventava inaccessibile e più volte fu danneggiata. proprio per questo motivo, i confratelli decisero di costruire una nuova chiesa in un luogo più sicuro. Su un suolo donato dal Municipio di pozzuoli (lungo l’attuale via G. Marconi) edificarono un nuovo tempio, dedicato sempre alla purificazione di Maria e i cui lavori furono ultimati nel 1743. la Confraternita le amministrava entrambe, e i confratelli si riunivano in estate nella chiesa della darsena e in inverno nella nuova. Sorsero dei dissidi fra i confratelli e i marinai che curavano la purificazione a mare, i quali accusavano i primi di disinteressarsi di questa chiesa. le divergenze durarono per lungo tempo e sempre con maggiore vigore fino a diventare insanabili e, terminarono soltanto nel 1876 per l’intervento del vescovo Gennaro De Vivo (1876 -1893), il quale sancì la definitiva separazio- ne dei due luoghi di culto. a ricordo del comune passato, il presule decise, inoltre, che i rappresentanti della purificazione a mare avrebbero partecipato alla festa della purificazione di Maria, il 2 febbraio, e quelli della nuova chiesa avrebbero preso parte alla festività dell’assunta, il 15 agosto. il 4 dicembre 1872, una mareggiata più violenta delle altre, che provocò molti danni anche alla città, distrusse la chiesa che fu ricostruita a spese dei pescatori nel 1876. Quella che oggi si vede è appunto la costruzione del 1876 edificata in posizione più arretrata rispetto alla precedente, per tenerla il più possibile lontano dal mare. la costruzione si presenta all’esterno molto sobria ed ha poco di artistico, identica essenzialità si riscontra anche all’interno, un ambiente ad una navata con volta a botte. l’altare maggiore del 1890 è sovrastato da una tela dello stesso periodo, di autore ignoto, che raffigura la presentazione di Gesù al tempio. Questa tela era molto rovinata ed è stata da qualche anno restaurata. oltre al maggiore, vi si trovano solamente altri due altarini datati al 1895; quello a sinistra dell’ingresso dedicato al Sacro Cuore di Gesù, mentre l’altare a destra è ben più importante, in quanto è dedicato alla Madonna assunta. in una nicchia sopra l’altare è sistemata, infatti, una statua dell’assunta in legno e stoffa, del XiX secolo. alla venerazione dell’assunta sono legati gli annuali festeggiamenti del 15 agosto. Questa festa, oltre che dalla processione religiosa che si snoda tra i vicoli del borgo, è caratterizzata dal tradizionale momento laico del pennone; una versione marinara dell’albero della cuccagna. il pennone consiste, infatti, di un lungo palo di legno sistemato obliquamente sulla banchina e sporgente verso il mare. i partecipanti alla gara, camminando sul palo insaponato, tentano di afferrare delle bandierine poste in cima a questo. Tale festa è l’unica sopravvissuta, delle tradizioni popolari di pozzuoli. il nome deriva con tutta probabilità dall’albero maestro delle imbarcazioni a vela, che nel dialetto puteolano è detto pennone. u n p l i n a p o l i. it 37 il convento di San Gennaro e il Belvedere d i a n g e l a f a b o zz z zi u n p l i n a p o l i. it 38 Vicino alla Solfatara, ove nel 305, Gennaro, Vescovo di Benevento, subì il martirio, sorse, tra la fine del Vi e l'inizio del Vii secolo, una basilica in suo onore. Molto verosimilmente, di essa è rimasto soltanto l'altare, noto alla pietà popolare come la pietra sulla quale sarebbe stato decapitato il Santo. l'eruzione della Solfatara, avvenuta nel 1198, provocò la sua rovina e fu più volte restaurata in seguito ai ricorrenti sismi, specialmente quelli che precedettero la tremenda eruzione con la formazione del Monte nuovo (1538). Fu ricostruita in forme più ampie nel 1584, a spese del Comune di napoli, su progetto dell'architetto Benvenuto tortelli, come ha scritto Raffaele Giamminelli ( ozzuoli, luoghi, Storie e personaggi, 2, pozzuoli 1998, pp., 111 - 112), e su una porzione di suolo di proprietà dei canonici della cattedrale di pozzuoli. nello stesso tempo, accanto alla chiesa, fu edificato il convento dei Frati Minori Cappuccini i quali fin d'allora l'occupano ed officiano il sacro edificio con cura e zelo. in un resoconto - Relatio ad Sacra limina - sulla diocesi di pozzuoli, inviato al papa nel 1589 dal vescovo leonardo Vairo (1587 - 1603), si legge: " ... la grande et universale devotione delli signori napolitani hanno edificato un nobile et bello monastero de' padri Capuccini sotto la invocatione di detto santo Gianuario, dove officiano con tanta devotione et essemblarità di vita, che piamente si crede che per l'orationi di detti padri sia cessati li terremoti ch'erano tanto grandi et assidui che facevano cascare le case, et davano gran spavento a gli habitanti, et da cinque anni in qua che fu edificato detto monastero non se n'è sentito altro gratia al Signore..." (D.ambrasi, a. D'ambrosio, la Diocesi e i Vescovi di pozzuoli, napoli 1990, p.90). la chiesa di San Gennaro, dopo il 1584 sia pure gradatamente, diventò un famoso luogo di culto del Santo e Vescovo martire e meta di continui e devoti pellegrinaggi, specialmente da napoli, sì da meritare il titolo di santuario; per tanto, tra il 1701 e il 1708, su progetto dell'architetto F e r d i n a n d o Sanfelice fu ampliato e reso più decoroso. Ma un incendio, scoppiato nella notte tra il 21 e 22 febbraio 1860, lo semidis t r u s s e . Restaurato in breve tempo, su disegno dell'architetto ignazio Rispoli e a spese del comune di napoli e dei fedeli puteolani, nel 1926 fu arricchito di marmi e pitture di luigi Tammaro. l'11 febbraio 1945 il vescovo di pozzuoli alfonso Castaldo (1934 - 1966) elevò il santuario a parrocchia, intitolandola a San Gennaro vescovo e martire e Santi Festo e Desiderio martiri, affidandone la cura vivacizzato con le vetrate isto- aulitto (1997). delle anime agli stessi Frati riate ad l'area presbiterale, coperta da Minori unica navata, coperta da volta una pseudo cupola decorata, Cappuccini. parroco fu il padre primo di Maria Russo, è Carmelo a botte unghiata, separata dal insieme ai pennacchi, da luigi Giugliano (1910 - 1975). Una presbiterio con un grande arco Tammaro, è arricchita dal poli- lapide marmorea - posta sulla trionfale. l'ingresso cromo altare marmoreo, siste- facciata trova posto il coro dei Frati mato secondo le norme liturgi- che è la sede delle opere par- Minori Cappuccini. che del Concilio Vaticano ii rocchiali - ne ricorda le bene- nella cappella a destra dedica- (962-1965) e sovrastato dalla merenze dell'attiguo con edificio queste Sopra parole, ta a san Gennaro, sono custo- grande tela, dipinta nel 1678 affiancate ad un basso rilievo diti l'altare paleocristiano con da pietro Gaudioso, rappresen- raffigurante il suo volto: la fenestella confessionis, pro- tante la decapitazione di San a p. CaRMElo GiU- Gennaro. Gliano pella dedicata a San / Cino/i° CappUC- paRRoCo/ apoSTolo Francesco inSTan- ubicata CaBilE/ E UoMo Di GRanDi nella d'assisi, di quella ViRTU'/ cap- fronte di Gennaro, è a San stata di non DiSSE Mai Di recente no allE/ MolTiSSi- sotto ME aniME aFFiDa- scultura di legno poli- TE/ Mini- cromo paSToRalE/ morto, al SUo STERo la CoMUniTa' 50° DElla/ nEl collocata, l'altare, del una Cristo attribuita ad un ignoto del secolo paR- XV. nella lunetta di RoCCHia RiCoRDa/ sinistra è raffigurato GRaZiE San Francesco, dipin- SiGnoRE/ 11-2-1945 1995. il 11-2- to da Salvatore Volpe, santuario, - in quella di destra, il danneggiato negli beato Geremia (frate anni 1983 - 84 dalle scosse veniente dall'antica basilica, e telluriche causate dal bradisi- il busto marmoreo del Santo, giornò nell' attiguo convento), smo fu aperto al culto il 7 apri- risalente di antonio isabettini (1992). le del 1990, dopo ai primi anni del minore cappuccino che sog- radicali secolo XiV. Sovrasta l'altare Di opere di restauro, progettate e una tela di ignoto napoletano anche dirette lucio del Seicento raffigurante San aulitto (1974), posta presso dall'architetto Gennaro in estasi. all'esterno l'ingresso del santuario. nella Margherita lonardo. della cappella, sul lato sini- navatella dopo la cappella di la facciata, preceduta da un stro, l'altorilievo San Francesco c'è un dipinto viale dall'ingegnere D'oriano e alberato, si è notevole questo una Beato tela si di ammira Vincenzo presenta marmoreo di lorenzo Vaccaro della Madonna del Sorriso di semplice e suggestiva con un che raffigura il martirio di san Flora profondo pronao, arricchito da Gennaro, donato al santuario autentico due colonne tuscaniche, le cui nel 1697 dal cardinale arcive- ammira sul portone dell'atti- pareti ospitano numerose epi- scovo Giacomo guo convento, è il campanilet- grafi che ricordano gli eventi Cantelmo (1691 1702). to con l'orologio rivestito di più importanti della storia del attraverso una monumento. Sul portale inter- passa in un ampio locale che di napoli - porticina, si no si ammira un delicato bas- ospita sorilievo marmoreo raffiguran- (1994), sovrastato da un ovale il fonte battesimale te il volto di Gesù, con la coro- ligneo na di spine, databile al XVii emerge, a bassorilievo, il volto secolo. del Cristo risorto, di Vincenzo l'interno, di recente policromo dal quale Bartolini (1994). gioiellino, che Un si riggiole maiolicate, riccamente decorate, del Settecento. u n p l i n a p o l i. it 39 la canzone napoletana paquito Del Bosco con Mimmo liguoro alla Vi edizione del premio Villaricca - Sergio Bruni, la canzone napoletana nelle scuole nell’auditorium della Rai di napoli di viale Marconi. di mimmo liguoro u n p l i n a p o l i. it 40 la canzone napoletana è stata un fenomeno artistico di lunghissima durata, originato e poi sostenuto dall’intrecciarsi di diversi, decisivi elementi. Ci fu, alla base, un incontro di straordinaria complessità tra i caratteri di una popolazione, che conservava e accresceva una salda vocazione alla musica e al canto poetico , e la passione di autori (musicisti e poeti) che nelle radici della cultura popolare trovavano una attraente fonte di ispirazione. Questa fusione di costumi di vita, suggestioni, ispirazioni, riuscì a dare larghi orizzonti a una forma d’arte che via via acquistò un profilo sempre più stabile , pur nelle tante variazioni tematiche. Così, una antica vena musicale si trasformò, per propria forza interna, in un ‘genere’ preciso , che nella sua carta di identità includeva molteplici elementi, tenuti insieme però da un riconoscibile filo conduttore. il canto (con molte varianti vocali), la musica con la sua flessibilità, le parole venute dal passato e reinterpretate da cantori di strada (i posteggiatori, per le vie e nelle ‘taverne’) o da salotto (chiamati a intrattenere gli ospiti di famiglie in festa): su questa ‘rete’ si posò e poi si sviluppò nel tempo la grande canzone napoletana, eseguita in base a moduli ormai inconfondibili e resa sempre più ‘nobile’ dalle firme di eccellenti poeti e compositori. Un cammino luminoso, che dal ‘500 proseguì fino al ‘900. E c’era, sotto questo tracciato già artisticamente importante, un filo rosso che ne disegnava la fisionomia in modo ancor più determinante. la produzione canora a napoli ebbe sempre rapporti stretti con la storia e le condizioni sociali della città. Da questo terreno di vita vissuta – nel bene e più spesso nel male della precarietà – nascevano i sentimenti e i pensieri, gli amori felici o frustrati, le passioni senza fine e le rassegnazioni disperate, l’ironia sorridente o il sarcasmo amaro. adriana Bruni con il maestro antonio landolfi E le donne e gli uomini tra il Vesuvio, la campagna e il mare divenivano – nell’ispirazione degli autori- il paradigma dell’amore e del dolore universali. napoli, dunque, riflessa con la sua personalità collettiva (e i suoi modi di vivere, gioire, soffrire) emerge da ogni verso, da ogni nota delle sue canzoni più vere, descritta e raccontata dai suoi poeti e musicisti. non ce ne sarebbe bisogno, tuttavia, a mò d’esempio, citiamo solo Di Giacomo e Bovio, Russo e Murolo, nicolardi, Capurro e Viviani, il contemporaneo palomba con Valente, Falvo, Gambardella, Cioffi, Vian e tantissimi altri. E i cantanti, nelle diverse stagioni, offrirono alla canzone voci straordinarie per tecnica e sensibilità. allora, nei canti di napoli c’è un altro messaggio, non dichiarato ma evidente e visibile. in quei versi, e nelle cadenze della musica, c’è la lunga e travagliata storia della città, che è stata scrigno di esperienze umane, oltre le connotazioni geografiche. Fare esempi sarebbe troppo lungo, pochi cenni possono bastare . in ‘napule ca se ne va ‘ c’è la dolente malinconia di un’epoca che si chiude. in ‘Munastero ‘e Santa Chiara’ , l’amarezza per tutte le distruzioni della guerra. in ‘Guapparia’, i costumi degli antichi guappi e la loro sotterranea fragilità. in ‘Marechiare’ , la perduta leggerezza degli innamoramenti sotto le finestre. in ‘E lampadine elettriche ‘, l’entusiasmo per le nuovissime tecnologie . in ‘popolo po’ , l’atmosfera orgiastica delle passate piedigrotte . in ‘Dove sta Zazà’, il ritorno del sorriso dopo i bombardamenti e il dopoguerra. in ‘luna rossa’ e in ‘Scalinatella’, la delusione per legami che non durano più. in ‘napule canta’, l’animo canoro e sensibile di un’epoca svanita. in ‘Caravan petrol’ , lo sberleffo per i moderni imprenditori immaginari. in ‘Carmela’, l’identificazione piena tra napoli e una donna: l’una e l’altra, di fronte alle offese della storia,sono ‘ rosa, preta e stella ‘ . Un percorso nel mondo della canzone, dalle origini a oggi, offrirebbe imprevedibili materiali per ricostruzioni storiche dei periodi che hanno segnato la vicenda ‘Michelemmà’ - va ben oltre il ritmo di una simpatica filastrocca. E’ la triste avventura di una fanciulla rapita dai pirati saraceni e portata in mezzo al mare, in un tempo di incursioni e scorrerie. C’è un’ ulteriore lettura ,in conclusione, per le canzoni, oltre le forme artistiche e spettacolari. nelle poesie e nelle note si rispecchiano i momenti storici e gli stati d’animo conseguenti. Una relazione tra la città e i suoi artisti (di scrittura, di pentagramma, di voce, di musica) che non è stata mai elusa. E che riguarda un’idea di napoli manifestata in pienezza di riflessioni. Quelle calibrate sul ‘sentire’ e sull’appartenenza, e quelle nate dalla disincantata osservazione della realtà. lo dimostra un singolare confronto. Fu l’archivio sonoro Raffaele Viviani (l’artidella canzone napoletana sta che dalla realtà presso la sede Rai di napoli cruda di napoli attingeva motivi e storie) a della città. Una vicenda sempre sanzionare un legame tanto forte aggrovigliata e incardinata su ine- con la città da considerarla l’unico sorabili punti fermi: il verticismo posto per poterci morire. del potere, il privilegio delle classi nella sua canzone intitolata “ ‘o dominanti. E, dall’altro lato della mare ‘e Margellina”, Viviani, piramide, le condizioni misere del descrivendo le ‘tirate di rezza’ dei popolo, o plebe, o sottoproletaria- pescatori, dice che i pesci cadono to che dir si voglia. nella rete ‘ mieze stunate ‘ al potere, impersonato in era .potrebbero andarsene ma non lo medioevale dall’imperatore fanno. perché da quel pezzo di Federico ii, si rivolgevano i versi mare non si può fuggire : “ …è ‘o della composizione nota come meglio pizzo ‘e munno pè murì…”. ‘Canto delle lavandaie del Vomero E fu Salvatore Di Giacomo, il ‘: ‘ tu m’haje prummiso quatto grande poeta considerato da una muccature…’ (Tu mi hai promes- parte della critica come lontano so quattro fazzoletti…). il canto dai problemi sociali della città, a ha un timbro di rivendicazione. scrivere , nella canzone “ ‘a luna per quattro fazzoletti? Ma bisogna nova“, una esortazione rimasta intendere – osservano alcuni stu- memorabile: “puozze ‘na vota diosi – ‘fazzoletti di terra’,aree resuscità, scetate, scetate, coltivabili per i contadini. napule , na’….. “ protesta, si, ma protesta sociale. anche l’altro antico canto - u n p l i n a p o l i. it 41 a Vivara resti archeologici dell’età del bronzo a cura della pro loco di procida u n p l i n a p o l i. it 42 procida è un’isola ricca di fascino e mistero. È la più piccola delle isole partenopee, ma non per questo la meno interessante. anzi. procida è sole, mare, natura, ma anche cultura, storia, folclore, tradizione. E pochi sanno che procida può vantare anche degli interessanti scavi archeologici. l’isola, tramite un ponte, è collegata a Vivara, un isolotto disabitato di circa 32 ettari, dove sono stati rinvenuti reperti risalenti al secondo millennio a.C. negli anni ’70 gli scavi effettuati hanno portato alla luce i pavimenti di due abitazioni, costituiti da terreno biancastro pressato ed indurito risalente, molto probabilmente, all’età del bronzo. il ritrovamento, successivo, di tazze, ciotole, scodelle, vasi di grandi dimensioni e di una grande piastra di terracotta per la cottura dei cibi, hanno rilevato l'esistenza di un intenso popolamento databile tra il XVi e il XV secolo a.C., probabilmente di coloni Micenei o premicenei (cultura appenninica). Tali ritrovamenti testimoniano un’intensa attività commerciale tra le Cicladi, Creta, il peloponneso e le culture del Mediterraneo occidentale. Grazie ad una missione archeologica patrocinata dall’istituto Universitario Suor orsola Benincasa e dall’ istituto Universitario orientale di napoli è stato rilevato un porto-approdo preistorico, oggi sprofondato nel cratere dell’isola (golfo di Gènito) a circa 10 metri di profondità. all'epoca, il golfo era infatti una grande distesa di sabbia e ciottoli totalmente emersa che collegava la zona di Santa Margherita di procida con Vivara. Qui sono stati rinvenute delle strutture che facevano da paravento ad aperture naturali e scale intagliate nel tufo, nonché un grosso quantitativo di frammenti di vasi. Tutto ciò fa pensare che Vivara costituiva un nodo di collegamento e di commercio in una "rete" di comunicazioni marittime che collegava le regioni dell'alto Tirreno, sede di importanti affioramenti di minerali metallici (fra i quali il rame), con il Mediterraneo orientale. Di recente, presso l’istituto Universitario orientale, per l’importanza dei reperti ritrovati, sono stati costituiti una serie di laboratori archeologici nei quali vengono studiati e documentati gli oggetti di volta in volta messi in luce. Questo piccolo paradiso, però, abitato sin dall’antichità, tra lo stupore e la curiosità di migliaia di turisti oggi è chiuso. Si, avete capito bene: è chiuso per l’inagibilità del ponte. nel 2009, saranno dieci gli anni da quando è stato sbarrato l’ingresso sull’isolotto di Vivara, già oasi di protezione naturale, al centro dell’a.M.p “Regno di nettuno”, e dal 2002 anche riserva naturale statale nonché sito di importanza comunitaria, il cui presidente designato è attualmente l'imprenditore napoletano Maurizio Marinella. Quando riaprirà è ancora un grosso punto interrogativo. Riparato il ponte, a dividere Vivara ed i tanti visitatori sono subentrati problemi di carattere burocratico. Studiosi, ricercatori, studenti, docenti universitari, associazioni ambientaliste e turistiche, semplici cittadini sono anni che sollecitano le istituzioni per porre fine a questo scandalo italiano. il 2009 sarà la volta buona? Speriamo… a cura delle volontari in s.c. Mariella, Marinella, angelica S. alfonso M. de liguori Un santo a Villaricca a cura di brunella marziani “Sant’alfonso Maria de liguori, fertile autore di canti e di melodie religiose, un compositore ancora poco conosciuto”. il Tannoia, biografo assai utile, nelle “memorie” del Santo narra che lo Stesso dopo essere entrato nel sacerdozio, a partire dal 1726, si riuniva con altri ecclesiastici nella villetta del De alteriis presso napoli e dopo la parca cena se la divertivano a cantare dolci inni e canzoni. Sempre dal Tannoia apprendiamo che Don Michele De alteriis, morto in concetto di Santità nacque a panecocolo (Villaricca) agli inizi del 1700. Si iscrisse come novizio alla Congregazione dei Cinesi in napoli dove conobbe alfonso Maria De liguori il quale lo condusse con lui nell’iniziare la propria missione ma contro la volontà del padre. Questi con la forza e le minacce riuscì a riprendersi il figlio per riportarselo a casa contro la volontà de Sant’alfonso. Quest’atto di violenza gli costò la morte del proprio primogenito dopo appena un paio di mesi tanto da fargli affermare: “io ho tolto un figlio a Dio e Dio ha tolto un figlio a me”. più tardi accettò il sacerdozio di Michele il quale visse da Santo tanto da morire in concetto di Santità e da suggerire ad un autore dell’epoca di scrivere e pubblicare la sua vita. (da Vita di Sant’alfonso del padre Tannoia part. ii pag. 100) Gaetano Errico il santo del iii millennio il Generale Superiore dell’ordine dei Sacri Cuori, padre alfonso izzo, in visita a Villaricca anche Gaetano Errico, il Santo napoletano del terzo millennio, fondatore dell’ordine dei Sacri Cuori è “presente” a Villaricca. Determinante l’incontro tra il Santo e la signora Fiorenza Majone di Villaricca avvenuto nel 1847, utile a che la stessa Signora donasse lo stabile per la fondazione dell’orfanotrofio femminile M.M. S.S. dell’addolorata a Villaricca. la notizia è riportata in un articolo del giornale edito in occasione della manifestazione per l’avvenuta ristrutturazione dell’orfanotrofio nel 1954. il 10 dicembre di questo anno, su invito del presidente della pro-loco armando De Rosa, il Generale superiore dei Missionari dei Sacri Cuori, Salvatore izzo, si è recato a Villaricca, insieme al presidente del comitato per la qualità della vita, Vincenzo D’onofrio per incontrare il presidente della proloco, il parroco, Gaetano Bianco, l’assessore alle politiche sociali del comune di Villaricca, Enzo Granata. in tale occasione si è deciso che giovedì 18 dicembre 2008, l’ora di adorazione dei parrocchiani della Chiesa S. Maria Dell’arco si terrà a Secondigliano, nella casa del Santo. in quella occasione sarà donato al museo del Santo Gaetano Errico l’opuscolo a testimonianza di un’altra buona azione da attribuire al Santo stesso. u n p l i n a p o l i. it 43 ElEnCo Unpli napoli aCERRa CaMpoSano presidente: luigi Raiola GRaGnano pro loco di acerra presidente: Ciano Montesarchio Tel. 081.5202816 pro loco Camposano presidente: aniello Gatta Tel: o81.8265299 CaSTEllo Di CiSTERna pro loco di Gragnano presidente: Ruggiero Sabato Tel: 081.8733686 aFRaGola pro loco di afragola presidente: Grillo Claudio Tel. 081.8694697 aGERola pro loco di agerola presidente: Claudio Grillo Tel: 081.8694697 anaCapRi CaSalnUoVo Di napoli pro loco di Casalnuovo di napoli presidente: Michele piccolo Tel: 081.8421362 CaSaMaRCiano pro loco “Hyria” presidente: Fausta alfano Tel: 081.8231614 aRZano CaSaMiCCiola TERME pro loco di arzano presidente: Ciro Mainini Tel: 081.7312241 pro loco di Casamicciola Terme presidente: andrea di Massa Tel/Fax: 081.980310 pro loco di Bacoli presidente: Giorgio Costigliola Tel: 081.5234563 BaColi pro loco di Baia presidente: Maria Rodriquez Fax: 081.8687397 BoSCoREalE pro loco “Vesevus” presidente: Ciro Trito Tel: 081.5372134 BRUSCiano pro loco di Brusciano presidente: Sebastiano piccolo 44 pro loco di Capri presidente: Ferraro Tel: 081.8382910 pro loco “apragopoli” presidente: antonio de Turris Tel: 081.8371065 BaColi u n p l i n a p o l i. it CapRi CaiVano pro loco di Caivano presidente: luigi popolo CaiVano pro loco di Caivano presidente: Sebastiano paolone CalViZZano pro loco di Calvizzano presidente: Giuseppe Mazzei CaSanDRino pro loco di Casandrino presidente: Francesco d’abronzo Tel: 081.8339732 CaSaVaToRE pro loco di Casavatore presidente: Biagio puzone Tel: 081.5732842 CaSola Di napoli pro loco di Casola di napoli presidente: Maria Giuseppa abbagnale Tel: 081.8012457 CaSoRia pro loco di Casoria presidente: Donatella Fatone Tel: 081.7361205 CaSTEllaMMaRE Di STaBia pro loco di Castellammare di Stabia presidente: antimo assuntore CaSTEllaMMaRE Di STaBia pro loco di Castellammare di Stabia pro loco “Castrum” presidente: arch. andrea Di Sena Tel: 081.8038560 CERCola pro loco di Cercola presidente: Francesco Romano CiCCiano GRUMo nEVano pro loco di Grumo nevano presidente: Carlo Capuano Tel: 081.5055157 iSCHia pro loco Cicciano presidente: prof. Barbato napolitano Tel: 081.8248887 pro loco d’ ischia presidente: Davide Mannini CiMiTilE lETTERE pro loco di Cimitile presidente: Maurizio Martiniello Tel: 081.5123126 pro loco di lettere presidente: antonio Ruocco Tel: 081.8021337 CoMiZiano MaRiGlianElla pro loco di Comiziano presidente: Severino Restaino Tel.: 081.8234365 pro loco di Mariglianella presidente: Giuseppe Guarnaschelli ERColano pro loco “Hercvlanevm” presidente: Domenico Cuciniello Tel: 081.19312044 FRaTTaMaGGioRE pro loco di Frattamaggiore presidente: angelo della Corte Tel: 081.8891407 FRaTTaMinoRE pro loco di Frattaminore presidente: Carmine Crispino Tel: 081.8315110 GiUGliano in CaMpania pro loco di Giugliano presidente: pasquale Domenico Savino Tel: 081.5065872 GiUGliano in CaMpania pro loco di litorale Domitio presidente: luigi De Martino Tel: 081.8391410 MaRano Di napoli pro loco di Marano di napoli presidente: Maria Veccia Tel. 081.7426319 MaRiGliano pro loco di Marigliano presidente: Carolina Bellonato Tel: 081.8851913 MaSSa Di SoMMa pro loco di Massa di Somma presidente: Gerardo Vicedomini Tel. 081.7719248 MaSSa lUBREnSE pro loco di Massa lubrense presidente: Gaetano Milone Tel: 081.5339021 MaSSa lUBREnSESanT’aGaTa SUi DUE GolFi pro loco di Sant’agata sui due Golfi presidente: Donato iaccarino Tel: 081.5330135 METa Di SoRREnTo pimonte San ViTaliano SoRREnTo pro loco “Terra delle sirene” presidente: Francesco Marra Tel: 081.5321402 poMiGliano D’aRCo pro loco di San Vitaliano presidente: antonio Spiezia Tel: 081.8441461 pro loco di Sorrento presidente: Ugo nappi Tel: 081.8074713 MonTE Di pRoCiDa pro loco di pomigliano d’arco presidente: nicola Foglia Tel/Fax: 081.8033476 poMpEi pro loco di Monte di procida presidente: Valentino parascandola Tel: 081.8681161 pro loco di pompei presidente: Giuseppe alfredo Berrito Tel: 081/8636353 MUGnano Di napoli poRTiCi pro loco di Mugnano presidente: Francesco Vallefuoco pro loco di portici presidente: luigi Snichelotto Tel: 081.7754012 napoli pro loco di napoli presidente: Massimo Montisano nola pro loco di nola presidente: luigi Buonauro Tel/Fax: 081.5124901 oTTaViano pro loco di ottaviano presidente: Salvatore Visone Tel: 081.8278278 palMa CaMpania pro loco di palma Campania presidente: antonio Ferrara Tel: 081.8246304 piano Di SoRREnTo pro loco di piano di Sorrento presidente: Giovanni iaccarino Tel: 081. 8028592 piMonTE pro loco di pimonte presidente: Carmine longobardi Tel: 081.8792550 poGGioMaRino pro loco di poggiomarino presidente: Renato palmieri Tel: 081.3381569 pollEna TRoCCHia associazione pro loco di pollena Trocchia presidente: Francesco poZZUoli pro loco di pozzuoli presidente: luigi loporchio Tel: 081.5249572 pRoCiDa pro loco di procida presidente: Fabrizio Borgogna Tel: 081.8968089 QUaRTo pro loco di Quarto presidente: Francesco Baiano Tel: 081.8762420 QUaliano pro loco di Qualiano (na) presidente: luigi Catuogno RoCCaRainola pro loco di Roccarainola presidente: Domenico Sirignano Tel: 081.5119301 San GioRGio a CREMano pro loco di San Giorgio a Cremano presidente: Gennaro improta Tel: 081.486793 San GiUSEppE VESUViano pro loco di San Giuseppe Vesuviano presidente: Gennaro ambrosino Tel: 081.822178 SanTa MaRia la CaRiTa’ pro loco di Santa Maria la Carità presidente. Gianpaolo Di Ruocco Tel: 081.8026588 SanT’anaSTaSia pro loco Sant’anastasia presidente: Enrico Cascone SanT’anTiMo pro loco di Sant’antimo presidente: arcangelo Stanzione Tel: 081.5059082 San GEnnaRo VESUViano pro loco di San Gennaro Vesuviano presidente: Donato alfani Tel: 081.8286354 San paolo BElSiTo pro loco di San paolo Belsito presidente: Maria Rosaria Coda Tel: 081.5105085 San SEBaSTiano al VESUVio pro loco di San Sebastiano al Vesuvio presidente: luigi Di Fiore Tel: 081. 7717917 SaViano pro loco “il Campanile di Saviano” presidente: antonio Baggiani Tel: 081.5510432 SanT’anTonio aBaTE pro loco di Sant’antonio abate presidente: Ciro D’antuono Tel: 081.8735377 SoMMa VESUViana pro loco di Somma Vesuviana presidente: Francesco Mosca Tel: 081.8992631 STRiano pro loco di Striano presidente: Vincenzo Fiore Tel: 081.3380642 TERZiGno pro loco di Terzigno presidente: Giovanni auricchio Tel: 081.8284494 ToRRE annUnZiaTa pro loco di Torre annunziata presidente: Ciro Maresca Tel: 081.8623163 TRECaSE pro loco “Vesuvio” presidente: pietro Di Donna Tel: 081.8618003 TRECaSE pro loco di Trecase presidente: Francesco nonifacio Tel: 081.7416040 ToRRE DEl GRECo pro loco di Torre del Greco presidente: antonio altiero Tel: 081.8474337 TUFino pro loco di Tufino presidente: Filomena Silvano ViCo EQUEnSE pro loco di Vico Equense presidente: augusto Rossano Tel: 081.8798697 VillaRiCCa pro loco di Villaricca presidente: armando De Rosa Tel: 081.5062272 ViSCiano pro loco Visciano presidente: Giuseppe paolo nappi Tel: 081.8299898 u n p l i n a p o l i. it 45