pro loco - Unpli Napoli

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pro loco - Unpli Napoli
unplinapoli.it
Rivista di Cultura, Turismo e Spettacolo
Somma Vesuviana
I giapponesi e i misteri della
“Villa Augustea”
Liternum
Prosegue la campagna di scavi
Quarto
La “fescina” abbandonata
Nola
Il villaggio preistorico
Pozzuoli
L’Assunta a mare
Sommario
8
Unplinapoli.iT
periodico di informazione, Turismo,
Cultura, Spettacolo, Tempo libero e Sport
anno 1 - numero 1
dicembre 2008 - gennaio 2009
Direttore Editoriale
antonio altiero
EDiToRialE
3
il SERViZio CiVilE
4
Direttore Responsabile
armando De Rosa
Condirettore Responsabile
Fabrizio Borgogna
Vicedirettore
luigi De Martino
art Director
Tommaso Di nardo
Coordinatrice di Redazione
angela Fabozzi
Redazione
Massimo Montisano, Tobia iodice,
Ciro Maresca, Domenico Savino,
Federico lomasti, Giuseppe
Santangelo, antonella Di Falco
Collaborano
i presidenti delle pro loco della provincia di napoli
Segreteria:
alessandra Fiengo, Teresa De Rosa,
Brunella Marziani, Marialuisa
pianese, anna Maria porcelli,
Rossella Capone, Tommaso De Rosa,
Fulvio attanasio, antonio Rossi
Redazione
Via Vittorio Emanuele, 173 - procida
80079 (na)
Tel/Fax 081/ 506.22.72
e.mail: [email protected]
Editore
associazione Unpli napoli - sede
legale Corso avezzana, 26 - Torre
del Greco - 80059 - na
Grafica, realizzazione
e distribuzione
in proprio
armando De Rosa
Ri-scopriamo napoli e la sua
provincia.
le pro loco “al servizio civile”
a cura dell’Unpli napoli
11
RUBRiCHE
16 i Comuni e i prodotti tipici della
provincia di napoli
35 Emigranti tra ieri e oggi.
Un convegno
organizzato dalla pro loco di napoli
40 la canzone napoletana
di Mimmo liguoro
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SERViZi
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Somma Vesuviana: i giapponesi e i
misteri della “Villa augustea”
liternum: prosegue la campagna
di scavi per il parco archeologico
e il museo
Striano: in fumo la più grande
necropoli preistorica della valle
del Sarno
Quarto: la fescina
nola: il villaggio preistorico
pozzuoli: l’assunta a mare e il
convento di San Gennaro
procida: a Vivara resti archeologici
dell’età del bronzo
Villaricca: un santo a Villaricca
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Stampa
aura Graph Srl via Selva piccola, 25
- Giugliano - na
autorizzazione del Tribunale di
napoli
n° 56 del 12-6-2007
in copertina
la statua di Dioniso completamente ricostruita e restaurata
nel 2004. (per gentile concessione della Missione archeologica
Giapponese).
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editoriale
armando de rosa
Ri- Eccoci.
Dopo circa un anno dalla prima
uscita, con il numero zero, definito il piano editoriale, ci presentiamo di nuovo ai nostri lettori con la
stessa veste grafica. E’nostro vivo
desiderio condurre, una costruttiva sinergia fra tutte le pro-loco al
precipuo scopo di tentare la valorizzazione dei tanti piccoli tesori di
arte, di storia, di cultura, spesso
trascurati per il disinteresse generale ma anche per obiettive difficoltà di varia natura, prime fra
tutte quelle finanziarie.
in tale ottica intendiamo sollecitare tutti gli interessati, enti e persone, a fornire indicazioni, idee,
proposte e, perché no?, critiche
costruttive che costituiranno prezioso contributo al nostro lavoro.
il magazine Unplinapoli.iT uscirà periodicamente ogni tre mesi
con servizi sui siti archeologici,
presenti in ogni paese della provincia di napoli, tutti interessanti,
alcuni di valore inestimabile, molti
sconosciuti ai più, tanti abbandonati, per i quali ci impegniamo a
profondere tutti i nostri sforzi perché sia posto rimedio a questo
che è certamente un danno per la
nostra terra.
Riteniamo che questo impegno è
proprio delle proloco, perciò
abbiamo insistito molto con i presidenti delle stesse affinché ci
dessero una mano.
in tutti gli incontri ci siamo scambiati idee e ci siamo motivati reciprocamente
per raggiungere
questo scopo. oggi l’idea è patrimonio di tutti gli operatori delle
proloco della provincia di napoli e
siamo sicuri che ci caratterizzere-
mo e ci affermeremo come vere e
proprio sentinelle a presidio di
queste ricchezze che il mondo
intero ci invidia.
la villa di augusto a Somma
Vesuviana, la “fescina” monumento funebre a Quarto, il villaggio paleolitico a
nola, il sito
liternum a Giugliano, l’antica
Striano e tant’altro. per ogni
paese, nei prossimi numeri, scriveremo delle peculiarità dei loro
luoghi.
Un ampio servizio in questo
numero è dedicato al servizio civile. oggi in 25 sedi di proloco della
provincia di napoli tre giovani, per
lo più laureati fanno questa interessante esperienza che la legge
64|2001 ha permesso. Molti di
questi giovani, restano legati alle
proloco ed appassionatisi, continuano anche dopo a collaborare
con le stesse.
il bene immateriale più prestigioso per napoli è certamente la
musica e la canzone napoletana.
oggi una legge nazionale stabilisce una serie di interventi a sostegno di tale bene. in questo numero, è presente un breve saggio
sulla canzone napoletana, con
una firma prestigiosa, quella di
Mimmo liguro, già direttore del
tg3 nazionale.
Tutto ciò per continuare e rafforzare quello che da sette anni la
proloco di Villaricca porta avanti
con il premio Villaricca Sergio
Bruni. la canzone napoletana
nelle scuole.
il premio è giunto alla sesta edizione e tutto iniziò nel 2001 quando la proloco di Villaricca organizzò una manifestazione per omag-
giare l’illustre concittadino Sergio
Bruni che compiva 80 anni. in
occasione della mostra allestita
per l’evento, grande fu la meraviglia di scoprire quanto il Maestro
era conosciuto in tutto il mondo e
quanto aveva contribuito a far
conoscere la canzone napoletana
in tutto il mondo. l’iniziativa fu
apprezzata e valorizzata dai
media.
Feroce fu la critica del giornale il
Mattino agli amministratori della
città di napoli del tempo. il titolo
di un articolo di questo giornale a
firma del giornalista Federico
Vacalebre a sei colonne titolava: “
E napoli dimentica la sua Voce
solo Villaricca celebra gli ottant’anni di Sergio Bruni”. Con quella
iniziativa e da allora grazie alla
proloco di Villaricca tanto si è
fatto e si sta facendo per la
Canzone napoletana.
Con un po’ di presunzione, possiamo dire che oggi a napoli due
cose serie e di valore si fanno per
la Canzone napoletana: il premio
Villaricca Sergio Bruni la Canzone
napoletana nelle scuole e le iniziative dell’ archivio sonoro della
Rai che ha già catalogato circa
40.000 brani di canzone napoletane di cui circa 800 interpretate
dal “Cantore di Villaricca” che
Eduardo De Filippo definì la Voce
di napoli.
non abbiamo la pretesa di cambiare il mondo, ma vogliamo continuare a dare la sveglia.
“Scetete napule chiu nu dormire”.
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Ri-scopriamo napoli e la
sua provincia
le pro loco al “Servizio Civile”
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il progetto “Ri-scopriamo napoli e
quanto si possa oggi temere.
del Greco, Villaricca.
la sua provincia” intende promuo-
il contesto territoriale e settoriale
ai presidenti delle pro loco coin-
vere, con il coinvolgimento di Enti,
entro il quale si realizza il proget-
volte nel progetto sono state rivol-
associazioni e operatori Turistici
to è costituito dai comuni della
te due semplici domande. in que-
locali, la conoscenza e la fruizione
provincia di napoli dove sono
sto numero ne riportiamo solo
dei beni culturali, artistici e pae-
situate
alcune, proponendoci di pubblica-
le
pro
loco
aderenti
saggistici del territorio da parte
all’Unpli – Unione nazionale pro
re le altre nei prossimi numeri
degli abitanti e dei visitatori, turi-
loco d’italia, da ritenersi omoge-
della rivista.
sti e studiosi. in particolare, il pro-
nei per storia, cultura, tradizioni e
getto vuole educare i giovani
quadro socio-economico.
le domande
volontari alla Cittadinanza
1-parliamo del progetto
attiva, inserirli in campa-
“Riscopriamo insieme la
gne di sensibilizzazione e
provincia”, che impegna
in iniziative di educazione
21 pro loco a copertura
allo sviluppo su temi quali
dell’intera
la tutela dei diritti, il supe-
napoli. il contesto territo-
provincia
di
ramento di problematiche
riale e settoriale entro il
generatrici di ingiustizia e
quale si realizza il proget-
disagio sociale e sviluppa-
to è costituito dai Comuni
re il senso civico dell’ap-
della provincia di napoli in
partenenza e della parteci-
cui le pro loco aderenti
pazione attiva alla vita
all’Unpli si battono da anni
pubblica, sia essa sociale,
per far emergere le reali
culturale,
peculiarità locali. Quale è
economica
e
politica.
alle sedi locali delle pro loco, si
il reale vantaggio che può appor-
Siamo fortemente convinti che il
aggiunge la sede del Comitato
tare un tale progetto alle pro loco
ruolo delle generazioni “più vec-
provinciale di napoli, sita in Torre
ed ai singoli territori? in altre
chie” debba essere quello di forni-
del Greco, struttura capofila di
parole è questa la strada da intra-
re occasioni alle più giovani per
coordinamento territoriale per il
prendere per fare sì che le pro
confrontarsi e sperimentare attivi-
progetto di servizio civile.
loco diventino veramente le refe-
tà che possano portare alla realiz-
i comuni interessanti e le pro loco
renti dei loro territori per tutto
zazione di una salda “etica della
coinvolte sono: agerola, arzano,
quanto riguarda il turismo, la sto-
responsabilità” e costruire legami
Camposano,
ria e la cultura di un luogo?
sociali ed umani con la propria
Castello di Cisterna, Cicciano,
Casamicciola,
gente e il proprio territorio e, di
Cimitile, Giugliano in Campania –
2-la vostra presenza sul territorio
converso, far si che le generazioni
zona
costituisce punto di riferimento
centro,
Giugliano
in
“più vecchie”, ricevano stimoli,
Campania –
zona del litorale
per l’Ente locale? Vi è sinergia con
idee e opzioni sul futuro e sul
Domitio, Grumo nevano, palma
il Comune o le altre istituzioni
mondo in modo da essere più
Campania, poggiomarino, procida,
impegnate nella promozione del
sereni sulle opportunità di un
Quarto, Santa Maria la Carità,
territorio? la collaborazione in
Saviano,
cosa si concretizza?
domani
forse non migliore, ma
sicuramente
non
peggiore
di
Somma
Vesuviana,
Striano, Torre annunziata, Torre
pro loco di procida
Fabrizio Borgogna
presidente pro loco procida
il progetto di servizio civile “Riscopriamo napoli e la sua provincia” è stato una manna dal cielo
per le associazioni che ci onoriamo
di rappresentare. avere dei volontari, preparati e motivati, che partecipano con entusiasmo al raggiungimento dei numerosi fini statutari delle pro loco, è un valore
aggiunto che ha permesso di farci
fare quel famoso salto di qualità a
cui tanto aspiravamo. al servizio
civile ho sempre creduto sin dalla
sua istituzione, che, guardacaso,
coincide con l’anno di fondazione
della “mia” pro loco. E fui proprio
io a suggerire al presidente Mario
perrotti le opportunità offerte dalle
legge istitutiva del servizio civile,
che lui ha saputo cogliere al volo e
sviluppare su scala nazionale raggiungendo risultati che altre organizzazioni nazionali ci invidiano. i
nostri volontari sono impegnati
nella ricerca e lo studio delle tradizioni locali, nell’infopoint, nella
redazione di materiale promoinformativo, nell’organizzazione di
eventi: tutte attività che gli permettono di acquisire competenze
e professionalità da spendere in
futuro impiego lavorativo.
Sull'isola di procida, la pro loco è
diventata un punto di riferimento
per vari enti ed associazioni locali,
soprattutto nella promozione delle
varie iniziative organizzate. Ma
ancor di più, la pro loco è referente di numerosi enti sovracomunali
in progetti di marketing territoriale (Fam-Trip, press tour) che ha
visto lo staff dell'associazione
assistere ed accompagnare in giro
per l'isola giornalisti e tour operator di tutto il mondo. in più la pro
loco assiste troupe cinematografiche, testate giornalistiche di settore ed ogni altro ente che si prefigge di realizzare iniziative nell'interesse dell'isola e della sua collettività.
pro loco di Torre
annunziata
Dal 1986 la pro loco di Torre
annunziata gestisce un ufficio di
informazione e di accoglienza turistica (i.a.T.). abbiamo chiesto al
presidente dell'Ente, un'opinione
riguardo i lavori di ristrutturazione
della strada e qualche informazione in più sulla pro loco.
D: presidente, la pro loco di Torre
annunziata ha il servizio civile?
R: Si, la pro loco ha tre giovani
che svolgono il servizio civile dalle
nove alle tredici di tutti i giorni
esclusi i festivi. i ragazzi partecipano allo svolgimento di un progetto approvato a livello nazionale.
D: Sono quindi effettivamente utili
questi giovani alla città?
R: Sono sicuramente utili, in
quanto a disposizione dei turisti e
di tutti coloro che hanno bisogno
dell'aiuto della pro loco. alla
nostra sede giungono diverse
richieste di informazioni, che sono
regolarmente e puntualmente
soddisfatte dai ragazzi della
protezione Civile. Tenga presente
che la pro loco ha sede a pochi
metri dagli scavi di oplonti e quindi rappresenta un punto di riferimento importante per i visitatori.
D: Cosa pensa dei lavori di ristrutturazione di Via Sepolcri?
R: E' stato fatto un bel lavoro ma
bisognerebbe preoccuparsi di
un'area di parcheggio, che allo
stato attuale manca; mi farebbe
piacere comunque avere una sede
che fosse meno umida e anche
ristrutturata poiché, come lei
vede, la parete esterna è completamente coperta dai graffiti ed
all'interno è piena di macchie di
umido. Sarebbe auspicabile che
l'amministrazione comunale si
adoperasse a renderne migliore la
vivibilità visto che i locali sono di
sua proprietà. non esiste al
momento un altro ufficio utile per
coloro che vengono a visitare la
nostra città.
D: lei
pensa
che
i
giovani
della
Ciro Maresca
protepresidente pro loco Torre
annunziata
zione
civile
potrebbero anche essere incaricati
altrove per altre mansioni?
R: Mi auguro che ciò non accadrà
poiché perderemmo
un valido
aiuto. Finalmente qualcosa sembra cominciare a cambiare a Torre
annunziata e noi ci auguriamo che
possa aumentare il flusso turistico, così da poter svolgere a pieno
il nostro ruolo. per tale impegno
non vogliamo essere ringraziati
perché lo abbiamo scelto e lo svolgiamo con disinteressata passione
ma, al contempo non vorremmo
essere ignorati.
(intervista di Sara Formisano)
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luigi De Martino
presidente pro loco
litorale Domitio
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pro loco litorale
Domitio
Riscoprire la provincia di
napoli, con esclusione di quei
posti come Capri, ischia e
Sorrento, famosi in tutto il
mondo, ha una valenza ancora
maggiore. infatti, far conoscere i tantissimi tesori che esistono intorno alla città di napoli è
forse più faticoso ma certamente ha un valore enorme.
pensiamo ai siti archeologici
cosiddetti
“minori”
come
liternum a lago patria dove
attualmente sono in corso
lavori finanziati dal Comune di
Giugliano per espandere l’area
visitabile. la pro loco litorale
Domitio di Giugliano da dieci
anni promuove in italia e all’estero la costiera giuglianese ed
ha sviluppato da nove anni, tra
le altre attività, un progetto
“adottaliternum” patrocinato
perfino dall’attuale Capo della
polizia dr. Manganelli quando
era Questore di napoli, con il
quale abbiamo favorito la
conoscenza del sito ai ragazzi
delle scuole di Giugliano e dintorni ma anche ai tanti turisti
visitatori. Ma la funzione delle
pro loco che hanno in corso la
realizzazione del progetto, è
quella di rendere “attrattore
turistico e culturale” tutto ciò
che per vari motivi, molti
anche
comprensibili,
non
riesce ad entrare nel circuito
della promozione turistica. E’
un compito arduo che le pro
loco, tra cui quella che ho l’onore di presiedere, svolgono
con fondi risibili, ma con l’instancabile entusiasmo del
volontariato. Ecco perché le
pro loco meritano il diritto a
candidarsi quali Uffici di “front
line” per il turismo. in ogni
Comune ci sarebbero “info
point” per i turisti, operanti
quotidianamente e con un
bagaglio di esperienza e competenza.
la pro loco litorale Domitio di
Giugliano opera in un territorio
che costituisce la zona costiera
della Città che, come molti
sanno, è il Comune più vasto
d’italia con 92 km\q. l’E.p.T.
ha riconosciuto undici anni fa
la pro loco, motivandone l’istituzione proprio per la vastità
del territorio. la pro loco ha
cercato di dare un “taglio” più
turistico alla propria opera,
promuovendo oltre ai prodotti
locali ed ai siti, la Riviera e le
innumerevoli strutture alber-
ghiere, della ristorazione e del
tempo libero e ha per prima
aggiunto il termine di “Flegreo
Domitio” al litorale, per
“agganciare” la promozione dei
già famosi Campi Flegrei alla
trascurata costiera domitiana.
oggi il termine litorale Flegreo
Domitio è usato comunemente
anche nella stesura dei provvedimenti legislativi. il Comune
di Giugliano ha risentito di un
repentino sviluppo abitativo
della zona costiera ed ha realizzato in ritardo alcune infrastrutture primarie e secondarie. possiamo affermare, che le
battaglie della pro loco, hanno
contribuito a sensibilizzare le
varie amministrazioni che
hanno guidato il Comune e
continua a farlo anche oggi. la
collaborazione con il Comune si
concretizza con diversi incarichi anche di promozione sociale e si spera che il legame operativo si rafforzi nel tempo per
una sinergia nello sviluppo
turistico e culturale del territorio che farà bene a Giugliano e
a tutti i suoi abitanti.
pro loco Villaricca
i giovani
armando De Rosa
presidente pro loco
Villaricca
miazione, le cui ultime due edizio-
Contattare
le
pro-loco;
2)
che pre-
ni
s t a n o
l’auditorium della Rai di napoli.
le peculiarità territoriali e le mani-
servizio
Un lavoro immane, difficile da rac-
festazioni di maggiore interesse;
presso la pro-loco di Villaricca,
contare, ma gratificante quando i
3) lavorare alla grafica e all’impa-
lavorano
ininterrottamente
si
sono
svolte
presso
Richiedere loro articoli riguardanti
al
risultati sono quelli ottenuti dalla
ginazione; 4) curare la segreteria
“premio Villaricca Sergio Bruni la
pro-loco di Villaricca, che collabo-
e la catalogazione del materiale.
canzone napoletana nelle scuole”.
ra per questo evento in totale
l’impegno dei volontari comincia
il lavoro dei volontari si sostanzia
sinergia
con un’introduzione alle attività
con
l’amministrazione
in varie attività. Volendo elencare
comunale ed i dirigenti dei vari
svolte dalla pro-loco; da subito
alcune di esse potremmo così rias-
uffici.
loro divengono protagonisti dei
sumere:1) Contattare e coinvolge-
all’organizzazione
re le scuole medie di secondo
segue un impegno di notevole
all’affascinante mondo pro-loco e
grado della provincia di napoli; 2)
importanza, non trascurabile per
continuando a prestare la loro
illustrare ai docenti referenti le
la nostra pro-loco. Si tratta della
opera nel tempo.
del
premio
finalità del premio; 3) Curare l’in-
rivista Unplinapoli.iT.
tera organizzazione; 4) Convocare
per la realizzazione del magazine
la giuria del premio che seleziona i
delle pro-loco della provincia di
vincitori delle quattro sezioni; 5)
napoli, l’impegno dei volontari si
organizzare la cerimonia di pre-
concretizza
in
varie
fasi:
vari
progetti
appassionandosi
1)
pro loco Giugliano
Sicuramente questo progetto ci
rizzare verso la pro loco chi chie-
nella chiesa
farà sentire meno soli. Con la con-
de notizie su Giugliano. la nostra
d
sapevolezza che in tanti lavoriamo
pro loco è stata costituita nel
purgatorio
l
e
Mimmo Savino
presidente pro loco
Giugliano
per la riuscita di un progetto che
1974 e da allora portiamo avanti
e che oggi
potrà, se portato avanti con tena-
con spirito di sacrificio un lavoro di
al di là di essere custodite nella
cia ed impegno, dare a tutti buoni
riscoperta del territorio.
sede del Comando Vigili, sono in
frutti. al territorio per la riscoper-
proprio per non perdere la memo-
condizioni
indescrivibili.
Sono
ta dei tesori del proprio patrimonio
ria di tutti gli scritti su Giugliano in
necessari 12 mila euro per ogni
storico e culturale e alle pro loco
questo momento stiamo lavoran-
restauro e proprio in questi giorni
alle quali verrà riconosciuto il
do alla informatizzazione di tutti i
mi è giunta notizia che il Sindaco
ruolo culturale che hanno sempre
libri scritti dai nostri concittadini.
si impegnerà in prima persona per
svolto.
a lavoro concluso tutti potranno
restaurare
leggerli ciccando il sito della pro
Mercurio, mentre per i quadri di
la
tela
di
Carlo
la sinergia non esiste assoluta-
loco.
nicola
mente anche se l’ufficio cultura del
Dopo il restauro dell’antifonario,
ancora cercare qualche sponsor.
Comune non è in grado di fornire
stiamo raccogliendo fondi per
tutte le notizie storiche.
restaurare tre importanti tele della
non c’è il pensiero naturale di indi-
fine del 1700 che erano accolte
Cacciapuoti
bisognerà
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i giapponesi e i misteri
della “Villa augustea”
di Somma Vesuviana
di franco mosca
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Ha meno di quattro anni ma già
ha fatto migliaia e migliaia di chilometri. E di sguardi estasiati ne
ha intercettati addirittura milioni
e milioni. Stiamo parlando del
Dioniso di Somma Vesuviana. Da
quando è stato portato alla luce
tra il 2003 e il 2004 ne ha visto
già tante. Dalla sua terribile
distruzione avvenuta nel 472: una
lava di fango e detriti lo buttò giù
dal piedistallo alto tre metri dal
pavimento. la rovinosa caduta ed
il suo trascinamento lo spezzarono
irrimediabilmente in decine di
pezzi. la testa da una parte, il
busto da un'altra, poi una spalla,
le braccia più in là e le gambe disperse chissà ancora dove.
Un primo scavo nel 1935 già recupera qualcosa: l’avambraccio, la
spalla destra e qualche scheggia.
nel 2003 poi la grande svolta. per
mano giapponese vengono alla
luce i resti più significativi sparsi
un po’ su tutto il pavimento della
cosiddetta Villa augustea, dieci
metri circa di profondità dall’attuale piano di campagna. per la
verità si cercava qualcosa che
avesse a che fare con ottaviano
augusto ma la scena alla fine l’ha
rubata lui. E che scena!
a gennaio 2005, appena dopo il
restauro (un vero miracolo per la
perfezione e la velocità eseguito
da Giancarlo napoli), subito una
mostra a Somma Vesuviana.
l’aula Consiliare smise la veste di
sede delle interminabili discussioni
notturne sul futuro e sul presente
della cittadina vesuviana
per
vestire i panni solenni dell’onore al
passato di questa terra misteriosa
ed affascinante. Davanti alla sta-
la statua di Dioniso complecompletamente ricostruita e
restaurata nel 2004. (per
gentile concessione della
Missione archeologica
Giapponese)
tua del Dioniso e della meno nota
“peplofora”, più piccola ma altrettanto bella, tra lo stupore di
esperti e non, transitano migliaia e
migliaia di visitatori incantati.
il Dioniso di Somma (160 cm
circa), di impostazione ellenisticoromana, è raffigurato con corona
d’edera. Ha le spalle coperte dalla
“nebris”, un corto mantello ricavato dalla pelle di un capretto. il
corpo si appoggia sulla gamba
destra, poggiata ad un tronco d’albero. la gamba sinistra è portata
in avanti in modo da far assumere
al corpo un inarcamento del fianco destro. il braccio destro è disteso lungo il fianco. Con il braccio
sinistro il dio regge un cucciolo di
pantera. E questa è una vera novità: sembra che questo Dioniso sia
l’unico trovato finora ad avere la
pantera in braccio. Di solito l’animale che lo accompagna è raffigurato ai suoi piedi.
l’altra statua, alta 110cm, è statua trovata “murata” dal fango
indurito nella sua nicchia e rappresenta una donna vestita di
peplo. il volto dai tratti regolari è
incorniciato da una pettinatura
con ciocche tirate all’indietro, racchiusa da una cuffia annodata
sulla fronte. Mancano le mani e gli
eventuali attributi per identificarne il personaggio raffigurato. la
statua era sicuramente dipinta
perché il mantello conserva ancora tracce di colore glicine nelle
pieghe.
Entrambe le statue, databili agli
inizi del i. secolo d. C., sono
state realizzate con diversi blocchi
di marmo lavorati a parte e successivamente assemblati secondo
le tecniche utilizzate allora in
Campania. Si pensa specificatamente alle botteghe artigiane flegree che operavano su committenza imperiale ed alle quali risalgono sicuramente anche le sculture del ninfeo imperiale di punta
Epitaffio a Baia.
la mostra dal titolo “il ritorno di
Dioniso” fu un grande successo.
Uno degli eventi più importanti
capitati a Somma negli ultimi cinquant’anni. Bastò un manifesto e
qualche luce per richiamare nei
dieci giorni di gennaio 2005 grande attenzione sullo scavo di Starza
della Regina, su Somma, ma
soprattutto sul Monte Somma e i
suoi abitanti, le sue bellezze e le
sue distruzioni.
panoramica dall’elicottero
del sito archeologico di
Starza della Regina con lo
sfondo del Monte Somma
(2003). (per gentile conces sione della Missione
archeologica Giapponese).
Già c’era però il biglietto aereo per
Tokyo. i Giapponesi stupirono tutti
con una notizia incredibile. il
Governo italiano, su suggerimento
del prof Masanori aoyagi, direttore
della Missione archeologica italiana, aveva deciso di portare le statue alla grande Expo mondiale di
nagoya (due milioni di abitanti;
quarta città del Giappone; la zona
industriale più famosa al mondo:
per intenderci la città della
Toyota). E’ stato l’evento mondiale più importante per il Giappone
con la presenza di circa 15 milioni di visitatori in sei mesi di apertura (25 marzo - 25 settembre
2005).
Un vero trionfo per il nostro
Dioniso! Chi avrebbe mai potuto
immaginare qualche anno prima
quando timidamente e forse senza
entusiasmo i giapponesi di Somma
cominciarono in località Starza la
grande avventura scientifica, economica e mediatica che si sarebbe
di lì a poco registrata.
alla stessa Expo l’italia e la sua
cultura millenaria dunque erano
rappresentate da due grandi
opere. Mazara del Vallo inviò il
famoso Satiro danzante (bronzo
del iV-iii secolo a. C. rinvenuto in
mare nel 1998) in bella mostra nel
settore espositivo italiano ed il
nostro Dioniso invece a rappresentare i padroni di casa qualche
centinaio di metri più in là. pare
che i Giapponesi abbiano molto
gradito la presenza della particolare coppia. Hanno infatti un’ attrazione per gli antichi richiami “dionisiaci”. E quale tema poteva
avere l’ Expo giapponese più tecnologica mai vista al mondo?: “la
Saggezza della
natura”!
Ma non è finita qui. il 6 luglio
scorso si è chiusa una grande
mostra sull’influenza dell’arte
greca in italia al palazzo Te di
Mantova. oltre cento pezzi di arte
antica provenienti da i maggiori
siti e musei sparsi per il mondo
sotto il titolo “la forza del bello”.
nella seconda sezione: la Grecia
conquista Roma, sotto il titolo
“sensualità degli dei, gioia di vivere:
afrodite
e
Dioniso” ritroviamo
ancora una piacevola
sorpresa:
il
Dioniso
“sommagiapponese”.
(in
catalogo: “Statua di
Dioniso Giovane inizio i secolo d. C. ;
da
Somma
Vesuviana – Marmo;
altezza 152 cm –
Somma Vesuviana
(napoli);
Deposito
Soprintendenza ai
Beni archeologici di
napoli e Caserta.”)
oltre tre mesi di
visite (inaugurazione il 29 marzo 2008)
in una città che
“produce”
cultura
365 giorni all’anno.
Sede prestigiosa ed
ancora più prestigioso l’occasione per
presentare ai mantovani ed all’italia
intera questo gioiello
restituito dalla campagna
sommese.
Grandi cose nasconde
questo
sito.
Esempi ne sono le
grandi opere di architettura riportati in luce. pilastri quadrigemini,
mosaici per centinaia di metri quadri, absidi decorati, figure di nereidi, colonne e capitelli corinzi,
archi, volte, frontoni ecc. ecc.
tutto sigillato a quasi quindici
metri dal suolo di campagna
attuale. E dire che prima dell’arrivo dei giapponesi si credeva che il
tutto fosse stato distrutto nel 79
d. C. come pompei ed Ercolano.
invece la sorpresa nella sorpresa
è stato constatare che l’eruzione è
stata quella meno famosa
ma
altrettanto devastante del 472
d.C. e detta di “pollena”. il sito è
coperto dai flussi vulcanici (cenere, lapilli, fango, massi) per uno
spessore di circa 10 metri. Questo
particolare apre scenari inimmagi-
il prof. Masanori aoiagy
durante la campagna di
scavi 2004 mentre sovrinsovrintende al trasporto del busto
della statua di Dioniso appeappena venuto alla luce. (per
gentile concessione della
Missione archeologica
Giapponese)
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non ha prodotto
qui le stesse devastazioni della costa
avvenute
da
Ercolano a Stabia.
Forse i sopravvissuti della tragedia
di
Ercolano
(Somma confina
con Ercolano a
sud-ovest)
son
venuti ad abitare
qui… E questo è
solo uno dei tanti
misteri.
Ma
ottaviano
augusto cosa c’entra? Gli storici antichi dicono che è
morto da queste
parti
(apud
nolam). il territorio del Comune di
ottaviano (confinante orientale di
Somma) conserverebbe il toponimo
la prima statua (donna con
“ottaviano”
proprio
(2003)
rinvenuta
peplo)
ancora al suo posto ma
per le terre appar“sigillata” dal fango indurito
tenute agli ottavi.
subito prima del suo recuperecupeperò è successo il
ro. (per gentile concessione
della Missione archeologica 14 d. C.
Se la
Giapponese).
“villa” di Starza di
Somma è stata
nabili fino a qualche anno fa.
distrutta
nel
472
d. C. quando è
probabilmente la vita di queste
stata
costruita?
Esisteva
già nel 14
popolazioni al di qua del Monte
d.
C.?
E’
questa
la
villa
dell’imSomma è continuata senza le
interruzioni del
dopo
79. peratore?
probabilmente l’eruzione pliniana a parte la sontuosità e la grandio-
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sità dei pochi ambienti scavati
(2.000 metri circa a fronte di
20.000 metri ipotizzati) tracce
della presenza imperiale non si
sono registrate. Gli archeologi si
sa non azzardano mai supposizioni pericolose. Ma i Sommesi
continuano a indicare il sito come
la Villa di augusto. Del resto è
facile comprenderli. a 100 metri
dal sito archeologico “internazionale” sorge la Starza della Regina
(Giovanna). nella storia è un
luogo importante quello. E come
può quella villa appartenere a
gente modesta. E se la modesta
“starza” (100 stanze) ha visto il
chiacchierato
matrimonio
di
Giovanna iV di napoli e suo nipote Re Ferrantino d’aragona, la villa
con i pilastri quadrigemini e la statua di Dioniso come minimo era
proprietà dell’ imperatore.
Dove è morto augusto? poco interessa alla popolazione. E’ più
argomento da accademia che da
marciapiedi. infatti è più appagante, sicuramente beneaugurante,
parlare del culto di Bacco con i
suoi riti “dionisiaci” che qui probabilmente dovevano svolgersi. Fra
l’altro che dire delle storie scurrili
e irripetibili legate alle vicende
dell’inconsolabile Regina Giovanna
(a pochi passi nel suo “privato”
palazzo reale,
di “Starza della
Regina”)?
liternum
prosegue la campagna di scavi
per la costruzione del
parco archeologico e del Museo
di angela fabozzi
in una modesta villa, attendendo
ai lavori agricoli trascorse gli ultimi
anni della sua vita publio Cornelio
Scipione l’africano, vincitore di
annibale, che si ritirò nell’ameno
“liternino” disgustato dalle accuse
di peculato fatte circolare da
Marco porcio Catone e dal processo che i suoi nemici avevano
intentato contro di lui per farlo
“scomparire dalla scena politica. il
grande
condottiero
romano
Scipione l’africano morì nel 183
a.C. a liternum e qui fu sepolto.
l’area di liternum è densa di storia e archeologia, ma per troppo
tempo è stata avvolta nel torpore,
che fa calare anche sulle cose più
uniche, un pesante drappo di indifferenza.
Fortunatamente da qualche mese,
grazie all’interessamento dell’amministrazione di Giugliano in condivisione con la Soprintendenza ai
Beni archeologici, è partita una
campagna di scavi finalizzata alla
valorizzazione di tutta l’area ed
alla costruzione del “parco e del
museo archeologico di liternum”.
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Tomba di Scipione l’africano
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la colonia romana
di liternum
alla luce
dei recenti scavi
a cura della dott.ssa patrizia
gargiulo
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nel territorio a nord di Cuma,
già frequentato in età preistorica e preromana da popolazioni
indigene e di stirpe osco-sabellica, liternum fu fondata nel 194
a.C., insieme a puteoli e
Volturnum, come colonia marittima presso la sponda sinistra
del lago patria (la literna palus,
citata nelle fonti letterarie, dove
sfociava l’antico Clanis) ed assegnata a 300 veterani della
seconda guerra punica, probabilmente appartenenti all’esercito di p. Cornelio Scipione
l’africano, che vi si rifugiò esule
in una villa fortificata e, secondo
la tradizione, vi fu sepolto.
al periodo della deduzione coloniare risalgono lo schema urbanistico e l’impianto originario del
Foro, riportato in luce nel 1932,
con i resti del Capitolium, della
Basilica e del Teatro. la città
ebbe il periodo di massimo sviluppo edilizio ed economico in
epoca augustea e soprattutto
tra la fine del i ed il ii secolo
d.C., dopo essere stata collegata con i centri della costa flegrea
grazie alla via Domitiana, che
attraversava l’area forense.
Un progressivo abbandono,
dovuto anche all’impaludamento della zona, portò ad una rapida decadenza della città a partire dalla tarda età imperiale.
Esterni alla cinta muraria sono
l’anfiteatro e l’area necropoli
con sepolture soprattutto di
epoca
imperiale,
entrambi
oggetto di recenti indagini.
Sempre nel corso di nuove campagne di scavo sistematiche
sono stati esplorati settori dei
quartieri abitativi e tratti della
viabilità urbana, nonché, lungo
la sponda sinistra del lago, un
sacello circondato da un’area
porticata, costruita su ambienti
pertinenti ad un complesso termale e ad un quartiere artigianale, con resti di una fornace e
di impianti da riferire forse alla
produzione ceramica e ad una
locale lavorazione del vetro. Gli
interessanti materiali rinvenuti
saranno esposti nel futuro
Museo inserito nel progetto di
istituzione del parco archeologico e di recupero dell’area del
Foro.
Striano
in fumo la più grande necropoli
preistorica della valle del sarno
a cura della pro loco di striano
la Valle del Sarno, in Campania,
costituisce un’estesa pianura fluviale formata da depositi vulcanici
sedimentari,
delimitata
ad
occidente dal complesso vulcanico
del Somma Vesuvio e ad oriente
dalla catena dei monti lattari. il
fiume Sarno, che dà il nome alla
piana, l’attraversa dividendola in
due settori: quello occidentale che
ricade nella provincia di napoli e
quello orientale che ricade nella
provincia di Salerno.
i tempi caratterizzati dalla tragica
eruzione del 79 d.C., che interessò
pompei ed i paesi limitrofi, segnano
un periodo di tristezza per l’intera
Valle: fu forte il rammarico di vedere scomparire la testimonianza storica di secoli di storia!
Quella di Striano è indubbiamente
la più grande necropoli di tutta la
Valle del Sarno nell’età del ferro,
prima del sorgere delle città di
pompei, nocera e Sarno. Essa
copre un arco cronologico che va
dall’età del ferro (seconda metà del
iX sec. a.C. ) all’orientalizzante
Recente (640-570 a.C.) fino all’inizio del periodo arcaico.
Dalle testimonianze pervenute sino
a noi, si rileva la cultura contadina
della nostra Valle e le centinaia di
tombe finora affiorate lasciano
intendere
l’usanz a
d
i
inumare
il defunto
supino nella nuda terra, circondato
dai propri averi, ossia ciottoli e corredo e con la testa sempre collocata a SE.
anticamente, c’era la dicerìa che
Striano fosse stata atterrata cinque
volte e che esso fosse il paese delle
Salvatore palomba non scrive mai un
verso a caso. in quasi cinquant'anni ha
scritto poche poesie, scavate nel silenzio, modulate su alcune parole essenziali: miracolo, vico, mare, preta,
mistero. alcuni suoi versi, diventati
canzoni, sono entrati a far parte del
patrimonio culturale e sentimentale
della città. "nu cielo piccerillo" coniuga
il bilancio esistenziale dell'autore con
una personale visione della sua città,
napoli. la lingua è il dialetto materno,
un napoletano asciugato dalla retorica,
da cui emergono una forza espressiva
e una saggezza quasi "antica", che
interroga quel misterioso impasto di
dolore e speranza che è la vita.
streghe, le quali
profferivano
magie in grandi “caccavèlle” e per
questo i nostri antenati chiamavano
Striano: “Stregano”.
Successivamente, con l’inurbazione
del centro abitato di Striano, furono
ritrovati insieme alle ossa dei
defunti, anche moltissimi reperti
archeologici come anfore, cuspidi
di lance, anelli, pesi da telaio, fibule, orecchini, i quali venivano presi
e conservati nelle dimore di chi li
trovava.
Questo ha provocato la dispersione
di gran parte del patrimonio storico
strianese, per cui invitiamo gli abitanti di Striano a collaborare con la
Sovrintendenza
agli
Scavi
archeologici di pompei e consentire
in maniera corretta e legale lo scavo
del restante patrimonio, che non
può continuare ad andare disperso!!!
(adamo Claudia, Dardo Maria
Vittoria, palmigiano Beatrice Volontarie del Servizio Civile
nazionale presso la pro loco di
Striano)
l’autore
Salvatore palomba (napoli, 1933) ha
cominciato a scrivere versi da giovanissimo e ha firmato, specialmente in coppia con Sergio Bruni, canzoni di successo, fra cui l’ormai classica Carmela. le
sue poesie, apparse su giornali e riviste, sono state raccolte in parole overe
(1975) e Chisto è nu filo d’erba e chillo
è ‘o mare (1992). Ha pubblicato inoltre:
napoli, parole e poesie (1998), la canzone napoletana (2001), la poesia
napoletana (2003), Sergio Bruni. Una
voce senza tempo (2004).
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la “fescina” di
Quarto
la struttura più antica è il
monumentale mausoleo a
cuspide piramidale, volgarvolgarmente noto come "Fescina",
con la recinzione ad esso perpertinente.
il Comune di Quarto
il Comune di Quarto seppur ubicato in una zona periferica dei
Campi Flegrei, rivestì un importante ruolo nell'antichità: lungo le
sue pendici è stato, infatti, possibile riconoscere varie tracce di
insediamenti preistorici, e certo
in età greca essa dovette avere
un suo ruolo precipuo in relazione alla vicina Cuma. le maggiori
testimonianze
monumentali,
comunque, risalgono all'età
romana, quando la zona, con l'apertura della via Campana, vide
crescere la sua importanza economica. il modello insediativo e
di utilizzo del territorio sembra
riconducibile, più che a quello di
un vero e proprio centro abitato,
con un unico nucleo principale, a
una serie di strutture abitative
rurali - ville rustiche - disposte
lungo i vari diverticoli della Via
Campana e a mezza costa lungo
le pendici della conca.
Ecco come è ridotta la “fescina”
di angela fabozzi
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Fa male vedere in che stato è
ridotto uno dei luoghi più suggestivi dell'area di Quarto: la necropoli che ospita il caratteristico
Mausoleo a cuspide piramidale. il
filmato testimonia come oggi il
degrado e la sporcizia siano i veri
padroni della necropoli di via
Brindisi portata parzialmente alla
luce nel corso degli anni settanta e
ottanta; prima di allora era visibile solo il livello superiore del mausoleo a cuspide, utilizzato come
deposito di attrezzi agricoli. oggi
sono i rovi a ricoprire tutto lo spazio in cui si trova il Mausoleo. il
cancello d’ingresso è spalancato
ma l’accesso è ostruito dalle carcasse di ingombranti ed a meno di
brutte sorprese è da folli avventu-
rarsi. Un palo dell’illuminazione si
erge nello spazio della necropoli,
ma la speranza è che almeno resti
spento. per evitare di illuminare
una vergogna!
E’ impossibile accedere
alla necropoli di via
Brindisi. il varco del can cello è ostruito da carcarcasse di frigoriferi e pol trone dimesse.
la Fescina
notizie storiche
Delimitata da una bassa recinzione
realizzata in opera reticolata, ne
fanno parte della necropoli di via
Brindisi tre mausolei funerari con
basamento quadrangolare e vano
ipogeo, un triclinio all'aperto, alcuni
vani di servizio e due recinti minori.
la struttura più antica è il monumentale mausoleo a cuspide piramidale, volgarmente noto come
"Fescina", con la recinzione ad esso
pertinente. attraverso un varco alle
spalle del monumento è possibile
accedere al recinto, originariamente chiuso, in cui si rinvennero tracce di incinerazioni, urne, anfore con
resti di inumati e tombe a cappuccina che documentano la continuità
d'uso della necropoli fino ad
epoca tarda. nell'antichità tali
spazi recintati erano detti
ustrinae
perché destinati
soprattutto alla cremazione
dei defunti. la camera superiore presenta un ingresso ad
arco, visibile non appena si
giunge nella zona archeologica: esso è posto a circa 1
metro di altezza dall'attuale
piano di campagna e, dal
momento che non esiste traccia di una rampa di accesso, si
deve ipotizzare in antico l'utilizzo di scale mobili in legno.
Si tratta di un colombario a
pianta quadrangolare esternamente cilindrico, con volta
a botte e dotato di cinque nicchie, molto danneggiato dall'utilizzo prolungato da parte
dei contadini del luogo. Questo
ambiente è più piccolo rispetto al
vano ipogeo posto al di sotto di
esso, sia per dimensioni che per il
numero di nicchie ricavate nelle
pareti, tutte con tracce d'intonaco,
due a pianta quadrangolare nelle
pareti laterali, ed una a pianta
semicircolare nella parete di fondo.
la copertura del mausoleo è una
cuspide piramidale a pianta esagonale, con due camere di alleggerimento, la cui tipologia non trova
facili riscontri in ambito flegreo e
campano, ma è diffusa invece in
ambito microasiatico e alessandrino. il prototipo architettonico è rappresentato dal celebre mausoleo
d'alicarnasso del iV sec. a. C. (alto
basamento rettangolare sormontato da una peristasi coronata da
piramide a gradini), che influenzò
numerosi monumenti minori in
epoche successive; la ripresa di tale
modello nel monumento di Quarto
sembra rientrare in un attardamento di tale tradizione. Questo fenomeno ben si colloca nel quadro dei
frequenti scambi di natura commerciale e culturale fra puteoli divenuta il grande porto di Roma
nella prima età imperiale e nel cui
ambito territoriale rientrava la
piana di Quarto - e il mondo orientale. Sul retro del monumento, una
scala moderna conduce all'ingresso
del dromos, un corridoio coperto a
volta, attraverso il quale si accedeva al vano sotterraneo situato
all'interno del basamento quadrangolare. il dromos, nella sua forma
attuale, è il risultato di tre interventi costruttivi, come si evince da un
esame della superficie esterna della
sua copertura, separata in tre parti
di differente tecnica edilizia.
inizialmente esso era coperto da
pareti cui si appoggiano tre letti con
pulvini per i pasti rituali; due feritoie illuminano il vano dall'alto.
l'ambiente è purtroppo soggetto a
frequenti allagamenti durante la
stagione invernale. Sul retro del
mausoleo, lungo questo ipotetico
asse viario, sulla sinistra, si incontrano altri due spazi recintati, privi
di un varco di accesso, destinati
probabilmente anch'essi a funzioni
funerarie (agri religiosi). appena
oltre, è possibile accedere al grande recinto (maceria), che ingloba
tutto il complesso, attraverso una
soglia di pietra lavica con chiare
tracce di tardi rimaneggiamenti che
hanno comportato anche un innalzamento del livello di calpestio.
Giunti all'interno, sulla sinistra, realizzato in uno spazio di risulta, si
incontra un piccolo ambiente intonacato a pianta trapezoidale,
pavimentato in cocciopesto,
oggi quasi del tutto privo dell'originaria copertura (sono
visibili sul fondo tracce dell'imposta di una volta).
procedendo si giunge di fronte
a un triclinio all'aperto, costituito da una mensa centrale di
forma rettangolare e da tre
letti a sezione trapezoidale su
tre lati, sistemato a ridosso
del recinto e destinato ai banchetti funebri. È noto infatti
che negli anniversari della
morte o nelle celebrazioni
commemorative dei defunti
come il dies violae (22 marzo)
e il dies rosae (21 maggio) si
consumavano pasti funebri
pianta della necropoli rituali in appositi triclini,
costruiti negli spazi antistanti
il sepolcro, o all'interno del
una piccola volta a botte solo nella monumento stesso, oppure su banparte adiacente al basamento. coni e sedili di muratura eretti
Successivamente, anche un primo lungo le facciate. Dal solaio (non è
tratto del dromos venne dotato di ricostruibile l'assetto originario del
copertura a volta, contemporanea piano superiore) si scendeva nel
alla realizzazione del recinto del vano ipogeo attraverso una scala a
mausoleo e non interamente con- doppia rampa, ora inagibile a causa
servata poiché tagliata all'altezza di un crollo. l'ambiente, a pianta
dell'arco; in base a questo partico- quadrangolare e con volta a botte,
lare, si deve supporre un cammina- presenta su tre pareti 15 nicchie
mento più lungo dell'attuale, che distribuite variamente su uno o due
probabilmente doveva correre al di ordini; un'altra nicchia è ricavata
sotto di un asse viario situato in sulla volta di costruzione della
quest'area, sebbene non ancora scala. l'illuminazione era garantita
individuato con certezza. infine, da due feritoie che si aprivano su
anche la zona intermedia venne pareti adiacenti.
ricoperta in opera cementizia di Di fronte e con orientamento opposommaria esecuzione. attraverso sto, il mausoleo "n" presenta un
una piccola rampa di scale ed un basamento a pianta rettangolare, al
ingresso ad arco si accede all'ipo- cui lato lungo si appoggia la scala
geo vero e proprio, un ambiente che conduceva al livello superiore.
quadrangolare con volta a botte,
interamente intonacato, con 11 nicchie a pianta semicircolare sulle
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i Comuni e i prodotti tipici
della provincia di napoli
in questo numero
afragola
agerola
anacapri
arzano
Bacoli
Boscoreale
a cura di unpli napoli
l’obiettivo perseguito dalle
proloco è quello di valorizzare,
il patrimonio artistico-culturale, riscoprire e soprattutto diffondere le peculiarità del
territorio.
per raggiungere tale scopo le
pro-loco
provvedono
alla
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il kaki
riproduzione di materiale cartaceo ed organizzano manifestazioni
ed
eventi.
in questo numero del magazine la pubblicazione di alcuni
servizi (schede) riguardanti i
92 paesi della provincia di
napoli e i prodotti tipici che
sono la vera ricchezza
dei
luoghi.
la pera
pennata
nei prossimi numeri continueremo con altri servizi, sugli
altri comuni, con l’impegno di
rappresentarli tutti.
l’albicocca
vesuviana
aFRaGola
ETiMoloGia
l’etimologia del toponimo è controversa, con molta probabilità il
nome deriva dalla parola Fragola,
più precisamente dalla modifica,
avvenuta nel tempo, di la Fragola
in l'afragola. Si racconta che il
luogo si chiamasse città delle
Fragole. Secondo un'altra ipotesi,
il nome deriva da a-fragore, per il
rumore (fragore) proveniente da
una cascata ormai scomparsa.
SToRia
la storia di afragola è stata ricostruita alla luce di scavi archeologici condotti sul territorio che
hanno smentito l'ipotesi della fondazione della città ad opera dei
normanni (tra il iX e il Xii secolo), dimostrando origini più antiche. nell'ultimo ventennio, sono
state ritrovate tombe appartenenti a necropoli sannitiche che gli
studiosi hanno potuto datare
intorno al iV-iii secolo a.C.. altro
importante ritrovamento è quello
di un'ara augustea, in epoca
romana, risalente al i d.C. sulla
quale era incisa la scritta aUG.
SaCR. la città ha avuto origine da
più antichi agglomerati di case
rustiche, abitate da contadini dediti alla coltura dei campi; in seguito
vennero ad aggiungersi anche i
profughi delle città di atella ed
acerra che,
contribuirono ad
incrementare questi piccoli villaggi
situati nel territorio afragolese. Tali
insediamenti ebbero anche un
nome, tra i più importanti ricordiamo: arcopinto e Cantariello.
E' proprio da questi piccoli villaggi
che nascerà afragola, che nel 1131
viene menzionato, per la prima
volta in un documento, con
il nome di afraore.
in epoca ducale, cioè prima della
conquista normanna, si conosce
ben
poco
dell'organizzazione
amministrativa di tali villaggi.
Molto probabilmente alcuni fecero
capo ad organismi centrali del
ducato, mentre altri furono retti da
un magister militum che soprintendeva un territorio abbastanza
ampio. in seguito, con la venuta
dei normanni e l'unificazione del
regno, la pianura napoletana raggiunse una condizione di prosperità e tranquillità. Questa condizione
favorì lo sviluppo di vari casali che
furono considerati parte integrante
della capitale, così come i suoi abitanti.
Fin dal 1278, ai tempi di re Carlo i,
si possono riscontrare vestigia di
feudalità, alcuni documenti, infatti,
fanno riferimento ad un certo
paolo Scotto e a un certo pandolfo
Gennaro che possedevano entrambi un feudo nel casale di afragola.
non tutta la città fu però feudale,
durante il periodo angioino, infatti,gli abitanti dei casali si organizzarono in Universitas, aggregazioni di piccoli proprietari terrieri e di
contadini del casale che, per tutelare i propri interessi, organizzavano una specie di amministrazione
locale per risolvere giuridicamente
le controversie con il potere feudale e per raccogliere fondi da utilizzare in opere di utilità collettiva.
Con il passare del tempo le dispute fra feudatari ed Universitas si
fecero sempre più aspre, al punto
che l'imperatore Carlo V, nel 1536,
accordò a quest'ultima la possibilità di riscattarsi dal potere feudale
versando la somma corrispondente al valore del feudo. la fine del
potere feudale, non si tradusse in
piena autonomia amministrativa;
la corona napoletana, infatti, si
riservò la prerogativa di nominare
un regio governatore per l'amministrazione generale del casale. nel
1639 il Viceré di napoli, duca di
Medina, per incrementare le entrate necessarie a finanziare la
Guerra dei Trent'anni, dispose che
i casali di napoli, quelli di nola e
molte altre proprietà del Regio
Demanio fossero vendute. Molte
furono le opposizioni legali dei vari
casali, ma queste furono ignorate.
l'insoddisfazione generale esplose
pochi anni dopo nel 1647 in modo
violento, con la rivolta di
Masaniello. Un altro vigoroso grido
di rivolta fu rappresentato dall'eroica esperienza della Repubblica
partenopea, sorta nel gennaio
1799, dopo la fuga di Ferdinando
iV di Borbone in Sicilia. afragola
tentò invano di resistere con le
sole sue forze all'offensiva della
Seconda coalizione e l'isolamento
in cui si ritrovò costrinse la città
alla resa nel giugno dello stesso
anno;
quindi
il
"mezzogiorno"(circa XViii- XiX
secolo)
fu
nuovamente
dei
Borboni. in seguito la storia di
afragola segue parallelamente le
sorti del Regno di napoli. Dopo i
moti carbonari e le guerre d'indipendenza, il colpo definitivo ai
Borboni fu inferto dalla famosa
spedizione dei Mille (1860).
Questa si concluse con l'incontro a
Teano (26 ottobre 1860) tra re
Vittorio Emanuele ii e Giuseppe
Garibaldi che consegnò nelle mani
del re il Mezzogiorno d'italia da lui
liberato. Così il 17 Marzo 1861 il
parlamento subalpino proclamò
Vittorio Emanuele ii "re d'italia
per grazia di Dio e volontà della
nazione" suggellando così l'unità
d'italia.
Durante il fascismo come ogni cittadina anche afragola fu governata da un podestà. il dottor luigi
Ciaramella. Questi, nonostante
fosse stato lasciato indisturbato
alla guida dell'amministrazione
afragolese, non abusò mai della
sua alta carica, e anzi promosse
numerose opere di ristrutturazione
pubblica.
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EDiFiCi REliGioSi E CiVili
il territorio di afragola presenta
una moltitudine di chiese: la
Basilica minore pontificia: fu eretta in stile barocco a partire dal
1613 con annesso convento dei
"Frati minori riformati" dell'ordine
francescano. inizialmente dedicata
all'immacolata Concezione e quindi a san Francesco, fu infine dedicata a sant’antonio di padova.
Essa conserva al proprio interno il
"Crocifisso del frate Umile da
petralia" e una statua in legno di
sant'antonio da padova risalenti al
Xii secolo. nella sacrestia è conservato un dipinto di agostino
Beltrano con "apparizione del
Bambino Gesù a sant'antonio"
(1630).
parrocchiale di San Giorgio: risalente al XiV secolo fondata dalla
regina Giovanna i ma rifatta in
forma settecentesca.
Santuario di Sant’ antonio di
padova: Meta di pellegrinaggi, è
stato fondato nel 1633 e possiede
una biblioteca ricca di 12mila
volumi.
il Castello: documentato sin dal
1495, fu probabilmente costruito
nel 1380 dalla famiglia che deteneva in quel momento il feudo di
afragola (Capace-Bozzuto).
Secondo la tradizione fu residenza
della regina Giovanna i d’angiò. Si
presentava in origine come un
vasto quadrilatero protetto da
quattro torri e circondato da un
fossato, più tardi riempito.
la Chiesa del Rosario, situata nell’omonimo quartiere, è tra le più
interessanti di afragola dal punto
di vista artistico. Edificata dai padri
Domenicani, presenti sul territorio
fin dal 1583. alla semplicità della
facciata si contrappone il ricco
interno barocco, con cornici, stucchi e marmi policromi. l’edificio è a
croce latina, con abside piatta, ed
è completato da un chiostro. la
navata centrale è affiancata su ciascun lato da cinque cappelle. al
centro del soffitto un affresco raffigura San Domenico ai piedi della
Vergine, opera di Domenico
Cozzolino.
FESTE ED EVEnTi
Festa di sant'antonio di padova (13
giugno): sebbene il santo non sia il
patrono di afragola (che è invece
ufficialmente san Gennaro) viene
considerato dagli afragolesi il vero
protettore della città. Secondo la
tradizione nei giorni precedenti dei
carretti giravano casa per casa per
raccogliere le offerte in natura per
la festa, che venivano infine vendute all'asta. la tradizione della
raccolta delle offerte continua tuttora, ma vengono raccolte solo
offerte in denaro. la statua del
santo, ospitata nella basilica di
Sant'antonio, viene quindi trasportata sul sagrato durante la notte
precedente e vengono celebrate
messe per tutta la giornata. Si
svolgono quindi le processioni che
interessano tutto il territorio
comunale.
incendio del campanile: secondo
un'antica tradizione ripristinata
negli
anni
1990
il
giorno
dell'assunzione si svolge un grandioso spettacolo pirotecnico che ha
come fulcro il campanile della basilica di Sant'antonio.
Festa di San Marco evangelista,
patrono del quartiere "Casavico"
(meglio noto nella dizione dialettale Casuobbeche), che si tiene il 25
aprile Festa dei Fujenti, legata al
culto della "Madonna dell'arco",
venerata nell'omonimo santuario
del comune di Sant'anastasia e
che fu introdotta nel XiX secolo.
il kaki
nome geografico abbinato: Kaki
Regione: Campania
provincia/e: napoli, Caserta e
Salerno.
Città: zone flegrea, acerrana e
vesuviana (provincia di napoli), la
zona maddalonese-cancellese (provincia di Caserta) e la zona nocerino-paganese (provincia di Salerno).
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Storia: l’introduzione del loto in
italia avvenne già durante l’epoca
romana (plinio), ma la sua coltivazione ha avuto inizio proprio in
Campania nei primi anni del ‘900.
atti di archivio e fonti di letteratura
tecnica attendibili testimoniano di
impianti specializzati realizzati in
provincia di Salerno. l’espansione
della domanda mercantile e il clima
temperato-caldo della Campania
hanno fatto di questa regione, già a
napoletano”.
Descrizione sintetica del prodotto:
Frutti medi, di forma leggermente
appiattita con buccia di colore giallo arancio alla maturazione di raccolta, rosso – arancio fino a rosso,
alla maturazione fisiologica.
partire degli anni ‘20, il primo bacino di produzione di questa specie a
livello europeo. in particolare, la
provincia di napoli ha detenuto per
lunghi decenni il primato produttivo
nazionale e sui mercati italiani il
prodotto era soprattutto conosciuto
come cachi o in dialetto “cachìss
Descrizione delle metodiche di lavorazione: il prodotto fecondato (vainiglia) è una specificità tutta campana che alimenta un mercato
regionale in continua espansione.
la richiesta di riconoscimento della
Denominazione di origine protetta
al Kaki napoletano ai sensi del Reg.
CEE 2081/92, è all’esame del
Ministero delle politiche agricole e
Forestali.
aGERola
ETiMoloGia
Sembra che il nome derivi dal latino ager (campo) a cui veniva
aggiunto il suffisso -ula.
Un'altra ipotesi vuole che derivi
dal termine “area” (spiazzo, terrazza): questa supposizione trova
riscontro nella presenza ad
agerola di diversi campi "a terrazze".
SToRia
le origini storiche di agerola risalgono all'epoca pre-romana. nota
già ai tempi di Galeno (medico
greco ellenista del ii
secolo d.C) che vantò
nel suo trattato “De
metodo memendi” la
bontà e le qualità terapeutiche del latte che
in questa località si
produceva.
per la sua vicinanza
con amalfi fu possedimento della Repubblica
amalfitana di cui condivise splendore e
decadenza. la sua storia ha subito periodi di
varie
dominazioni:
svevo-normanna (tra il
iX ed il
Xii sec.),
angioina (Xiii sec.),
aragonese (XV sec.) e
borbonica (XViii).
nel settecento agerola visse un
periodo assai prospero, durante il
quale si verificò una riduzione
delle tasse, un miglioramento
delle condizioni economiche, attestato anche dalla crescita esponenziale del numero dei suoi abitanti e dal forte calo del fenomeno
del brigantaggio.
la condivisione delle idee ispiratrici la Rivoluzione Francese da parte
dei nobili agerolesi residenti a
napoli determinò l'adesione di
agerola alla costituzione democratica della repubblica partenopea.
in quella circostanza venne piantato nello spiazzo antistante la
chiesa Madonna di loreto, un
tiglio, simbolo di libertà, che da
allora è stato sempre ripiantato.
nel 1854 il Generale paolo Martino
avitabile ottenne la scissione di
agerola dalla provincia di Salerno
(principato Citeriore) per aggregarla a quella di napoli. la città
venne, allora, separata dal territorio di amalfi con il quale aveva
condiviso secoli di storia rimanendovi unicamente legata per la giurisdizione religiosa comune. Con la
costruzione della strada di collegamento
con
la
vicina
Castellammare di Stabia, agerola
si è resa uno dei comuni più
attrattivi della provincia napoletana, sia sotto il profilo turistico che
quello economico per le sue diver-
se attività presenti sul territorio.
Riscoprire alcune peculiarità di
agerola, ricca di verde, d'aria pulita, rappresenta occasione di distensione, ma anche di contatto
autentico con una natura che va
sempre più amata e più rispettata.
Questo luogo, rappresenta il punto
ideale per ammirare, dalle sue
balconate naturali, le bellezze
della costiera amalfitana.
Balconate stupende: Castello
lauritano, punta San lazzaro,
punta Belvedere, parco Corona,
paipo. proprio per quella sua
caratteristica di oasi immersa nel
verde, ad agerola venivano a riposarsi Francesco Crispi, Benedetto
Croce, il musicista Cilea e
Salvatore Di Giacomo, che compose la famosa canzone "luna
d'agerola". Roberto Bracco scrisse
in questi luoghi il suo capolavoro
"il piccolo Santo" ispirato a personaggi e ambienti locali.
EDiFiCi REliGioSi E CiVili
numerose sono le chiese presenti
sul territorio di agerola.
Tra queste vi è la Chiesa di tutti i
Santi.
Tale Chiesa rappresenta il fulcro di
una tradizione
popolare molto
viva nel paese che trova il suo
culmine nella processione che si
snoda per le strade di Bomerano il
12 settembre di ogni anno.
l'esistenza di questo culto legato
alla Vergine, risale
al 1490, ed è testimoniato dal frammento dell'affresco
relativo
alla
Madonna
delle
Grazie, oggi collocato sulla parete
destra
della
Chiesa, ed è attribuibile ad un pittore tardo-gotico. ai
primi dell'ottocento si fa risalire un
rifacimento della
chiesa, come si
rileva dalla scritta
sul dipinto al centro del soffitto
della navata, datata 1805, che raffigura una
Madonna del Rosario tra San
Domenico e Santa Rosa: l'opera è
interessante soprattutto in quanto
vi sono raffigurati i membri della
Congrega del Rosario, ancora oggi
attiva.
Fra gli edifici religiosi è da ricordare la parrocchiale dell’annunziata,
a San lazzaro, in stile barocco.
l’interno è suddiviso in tre navate,
di cui quella centrale è a botte
ribassata.
a Bomerano si trova la piccola
Chiesa di San lorenzo, che risale
al XVi secolo. l’interno è a unica
navata con volta a botte, mentre
l’abside ha una pianta rettangolare.
la parrocchiale di San Matteo
apostolo, recentemente restaurata. Risale al 1580 ed è stata ricostruita su una chiesa preesistente.
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l’interno è a tre navate con absidi
alle estremità. il soffitto della chiesa ricorda, nell’impianto e nelle
decorazioni, quello della Cattedrale
di amalfi.
a pianillo, sulla strada statale, si
trova la parrocchia di San pietro la
cui facciata è in stile barocco.
l’interno è a tre navate con volta a
crociera nelle navatelle. il campanile è a cinque ordini e termina con
una cupola in maioliche.
la parrocchiale di Santa Maria la
Manna, situata in località Santa
Maria, risalente al secolo XV, custodisce al suo interno una statuetta
che la leggenda vuole sia stata trasportata dal levante.
FESTE ED EVEnTi
Significative sono le "Sagre" in
occasione di alcune festività particolarmente sentite. Sagra della
Caponata in occasione della festa
della Madonna delle Grazie, nel
mese di luglio.
Sagra dei prodotti tipici FioRDiFESTa, a pianillo in occasione dei
festeggiamenti per Sant'antonio
abate protettore di agerola, nel
mese di agosto. E’ una vera e propria sagra dei sapori e delle tipicità
locali, destinata ad esprimere la
vocazione produttiva, turistica e
culturale del territorio della zona
dei lattari.
alle
degustazioni si uniscono,
durante i giorni della Sagra,
momenti culturali, di spettacolo,
che parlano di un paese consapevole delle proprie potenzialità e fermamente intenzionato ad esprimerle e comunicarle.
la festa, il cui centro propulsore è
la contrada pianillo, intende essere
in momento forte di aggregazione
per tutte le frazioni di agerola, a
significare che le peculiarità del territorio, pur nella loro irripetibile unicità, sono parte indivisibile di un
tutto che esprime una storia degna
di essere raccontata e valorizzata
nell'ottica della costruzione di un
futuro ricco di nuove prospettive.
Sagra della salsiccia a Santa Maria,
in occasione della ricorrenza della
festa dell'assunzione nel mese di
agosto.
Sagra del peperone a San lazzaro
in occasione dei festeggiamenti di
San Gregorio, nel mese di agosto.
Sagra del fagiolo nella ricorrenza
dei festeggiamenti della Madonna
di tutti i Santi a Bomerano, nel
mese di settembre.
Sagra della trippa a Bomerano in
occasione dei festeggiamenti di San
Matteo, nel mese di settembre.
Sagra delle castagne nella ricorrenza di San Francesco di assisi a
Madonna di loreto, nel mese di
ottobre.
il pane tipico agerolese, unito ai
pomodori e alle verdure che conservano il sapore proveniente dalla
coltivazione in terreni ancora salvaguardati dall'inquinamento selvaggio, accompagna degnamente i
formaggi e i salumi di questo territorio che, oltre a costituire una ricchezza gastronomica, sono una ricchezza per l'imprenditoria locale.
la pera pennata
nome geografico abbinato: pera
pennata
Regione: Campania
provincia/e: napoli
Città: Monti lattari
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Storia: Descrizione sintetica prodotto: pera di colore verde scuro,
di forma rotondeggiante simile a
quella della annurca, di sapore
pastoso e dolce.
Questa varietà di pera è ricca di
zuccheri naturali e semplici, specialmente di fruttosio, ma ideale
per la dieta poiché l’apporto calorico è di circa 100 cal. E’ consigliata anche ai diabetici o a chi vuole
limitare l’apporto di calorie senza
rinunciare al sapore dolce del frutto. E’ inoltre ricca di fibra, elemento che aiuta il funzionamento
dell’apparato digerente, riduce il
rischio di cancro, abbassa il livel-
lo di colesterolo nel sangue.
Contiene potassio e la vitamina C,
antiossidante che regola il metabolismo cellulare e la ricostruzione
dei tessuti, previene i danni da
radicali liberi, mantiene la pelle
giovane e levigata ed aumenta le
difese immunitarie contro le più
comuni infezioni. la pera pennata
ha un impiego molto versatile,
viene infatti utilizzata per marmellate, torte, dessert e distillati.
Descrizione delle metodiche di col-
tivazione: la pianta è tradizionalmente coltivata in frutteti misti
nella zona di agerola sui Monti
lattari, in provincia di napoli. il
frutto si coglie manualmente tra
agosto e settembre.
la pera pennata cresce su alberi
altissimi che raggiungono anche
20 metri e per coglierla occorrono
delle scale lunghe con le quali si
può arrivare sino ai tetti delle
case; è per questo motivo che
viene chiamata “pennata”, che in
dialetto napoletano significa tetto.
il frutto è un ecotipo locale, oggi a
rischio estinzione, la sua diffusione è infatti limitata all’area di produzione e raramente viene portata
al di fuori del mercato locale. Un
tempo rientrava nella costituzione
degli orti-frutteti a conduzione
familiare.
anaCapRi
ETiMoloGia
Capri è un isola costituita prevalentemente da roccia calcarea.
Geologicamente è una continuazione della penisola Sorrentina,
all’estremità della quale punta
Campanella dista pochissimo.
il nome deriva da un toponimo
paleoitalico, poi mantenuto in
forme diverse dai Greci ( Kaprìae,
Kapria,
Kaprea)
i
romani
(Capreae, Caprae), con il significato di isola delle capre selvatiche.
Gli studi più recenti hanno motivato, infatti, l’inattendibilità delle
vecchie ipotesi: Kapros = cinghiale; Kaprea =
isola
delle
aspre pietre;
Kaprium
=
isola dei due
villaggi.
l’isola di Capri
consta di due
altopiani: uno
a
ovest
anacapri,
di
forma
quadrangolare, culminante col monte
Solaro, e l’altro a Est meno elevato dove si eleva il monte Tiberio.
attualmente l’isola è divisa in due
comuni: Capri e anacapri.
il nome anacapri ha origine dal
termine greco ano (sopra) e da
Capri, proprio per indicare la posizione del luogo, elevata rispetto a
Capri. anacapri, ovvero Capri di
sopra, così come l'avevano
soprannominata i greci, è uno
splendido borgo, che oggi costituisce un comune a sé stante.
le prime scoperte risalenti all’epoca romana portarono alla luce
resti umani e animali risalenti
all’età della pietra, come tramandatoci dallo storico Svetonio (75140 d.c.) i racconti di Svetonio
vennero confermati dai lavori di
scavo del 1905- 1906 quando vennero alla luce ossa di mammiferi
estinti come il Mammut e l’Ursus
Spelaeus.
SToRia
l’epoca Greca: le origini della
comunità di Capri possono essere
individuate con maggiore certezza
nel Vii-Vi secolo a. C., quando i
Cumani, che all’epoca controllavano tutta la vita politica e marittima del Golfo di napoli, fondarono una loro colonia sull’ isola,
costruendo il loro villaggio in parte
al riparo delle mura megalitiche e
in parte presso la spiaggia di
Marina Grande. Dal V secolo a.C.
fu possedimento di neapolis.
Già in epoca greca a Capri vi erano
due cittadine in seguito ridotte ad
una sola. Una delle due cittadine
era probabilmente collocata dove
sorge l'odierna Capri. Ciò è confermato dalla presenza di resti delle
mura di fortificazione, costruite
con grandi massi di calcare nella
parte inferiore e da blocchi squadrati nella parte superiore; questi
chiudevano l'antico abitato (V-iV
sec. a.C.). Sembra, inoltre, che la
prima cittadina fosse anch'essa il
risultato di due nuclei: uno, in
alto, tra il monte San Michele e il
Castiglione e l'altro in prossimità
del porto.
per quanto riguarda la seconda
cittadina, tante ipotesi sono state
avanzate, ma la più attendibile è
quella che la riconduce ad
anacapri in base anche all'esistenza della Scala Fenicia che la collegava al porto. Fu così che l'isola di
Capri ebbe un abitato alla marina
(Capri)
e
uno
sul
monte
(anacapri), come le isole greche
dell'Egeo. a differenza di Capri che
aveva due marine d'approdo (la
Grande e la piccola), anacapri ne
era priva e dovette cercare un collegamento con la marina dell'altra
cittadina attraverso un sentiero
rupestre che diede origine alla
Scala Fenicia che, scavata in parte
nella roccia, congiungendo il porto
ad anacapri. Da rilevare che, nonostante la sua denominazione,
non può essere stata realizzata dai
fenici, ma fu opera dei coloni
greci.
l’epoca Romana: Gaio Giulio
Cesare ottaviano augusto, il
primo imperatore romano, la visitò nel 29 a. C. e secondo la tradizione, avendo avuto un ottimo
presagio dal rinverdire di un leccio
secco, la ottenne, in cambio della
più fertile e vasta isola di ischia,
dalla città di napoli che la dominava dal 328 a.C. Tiberio, il suo successore, la scelse come residenza
stabile nel 26 o
27 d.C. in un
volontario esilio da dove
continuava a
governare
l’impero.
S e c o n d o
Tacito, dodici
furono le ville
t i b e r i n e
dell‟isola, ma
oggi le uniche attestate sono: la
Jovis ubicata sulla collina della
cappella di Santa Maria del
Soccorso; quella sul pianoro
Damecuta presso anacapri; e una
terza sulla spianata del palazzo a
Mare con i cosiddetti Bagni di
Tiberio.
l’epoca Medievale: Con la fine dell'epoca imperiale, Capri ritornò a
far parte dello stato napoletano e
iniziò a diventare il centro di scorrerie e di saccheggi da parte di
pirati, ben motivati dalla posizione
dell'isola sulla rotta fra agropoli ed
il Garigliano.
nell'866 passa sotto il dominio di
amalfi,
quando
l'imperatore
ludovico ii, la donò agli amalfitani per i servigi offertigli nella lotta
contro i saraceni nella liberazione
del vescovo di napoli attanasio. la
dipendenza di Capri da amalfi, che
aveva rapporti frequenti con
l'oriente, è particolarmente evidente nell'arte e nell'architettura,
nelle quali furono introdotti, sui
saldi stilemi classici, moduli bizantini ed islamici (come l'impiego
delle volte estradossate).
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nel X secolo l’isola fu presa dal
principe longobardo Guaimario iV,
quindi passò sotto Roberto il
Guiscardo. al tempo di Ruggiero ii
tentò inutilmente di ribellarsi al
dominio normanno; nel 1191 fu
degli Svevi, nel 1230 ebbe il primo
grande feudatario nel conte Eliseo
arcucci; nel 1284 il principe di
Salerno fece ricostruire le mura
del centro di Capri contro gli
aragonesi.
l’epoca tra gli angioini e gli
aragonesi. nel ‘300 Con gli
angioini, Capri ebbe il suo primo
signore
nel
conte
Giacomo
arcucci, segretario della regina
Giovanna i d’angiò, che la elargì di
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molti privilegi e tra il 1371 e il
1374 vi fondò la grandiosa certosa
di San Giacomo nella valle fra il
Castiglione e il Monte Tuoro, su un
territorio donato dalla regina.
Sull'isola continuavano a configurarsi due realtà urbane, opposte
l'una all'altra come due isole.
il dominio spagnolo. il 24 ottobre
1496 Federico i di napoli, nipote
di alfonso V d’aragona che nel
1442 aveva fatto il suo ingresso
trionfale a napoli, stabilì la parità
tra Capri ed anacapri, riconoscendo a questa le stesse franchigie ed
immunità dell'altra, separandone
le amministrazioni e le rendite.
Durante l'impero di Carlo V e del il
governo del suo viceré Don pietro
di Toledo le continue scorrerie dei
pirati degenerarono nel 1535
quando l’ammiraglio di Solimano
Khair er-Din, detto Barbarossa,
distrusse il castello di anacapri, ai
resti del quale rimase poi legato il
suo nome; in seguito, nell’agosto
1553, il corsaro Dragut saccheggiò
e bruciò la Certosa di Capri. il
pericolo di incursioni come queste
portò Carlo V ad autorizzare gli
abitanti a girare armati, e nuove
torri vennero costruite a difesa
dell'isola, accanto a quelle già esistenti del Castiglione e di Torre
Materita.
Solo la conquista da parte della
Francia degli stati barbareschi nel
1830 pose fine alla pirateria.
Fra i regnanti della dinastia borbonica, Carlo iii ed il figlio
Ferdinando iV furono quelli che
mostrarono più interesse per l'isola. in un periodo di grande fervore
per le scoperte archeologiche, si
iniziarono sull'isola i primi scavi
archeologici a quegli anni risale il
dissotterramento di Villa Jovis.
Dopo la caduta della Repubblica
partenopea (1799) ed una breve
occupazione francese, Capri cadde
nelle
mani
degli
inglesi.
Comandati dal Colonnello Hudson
lowe, le truppe inglesi fortificarono l'isola tanto che fu coniata per
essa la definizione di piccola
Gibilterra. non furono però in
grado di opporsi alla brillante operazione
militare
voluta
da
Gioacchino Murat a seguito della
quale, nel 1808, i Francesi riconquistarono Capri. a partire già
dalla fine del XViii secolo, l'sola
era intanto diventata una delle
mete del Grand Tour, il percorso
tra i luoghi di maggiore interesse
storico ed artistico di viaggiatori
inglesi, tedeschi e francesi. nel
1826 due stranieri, Kopisch e
Fries, accompagnati dal pescatore
caprese angelo Ferraro, scoprirono la Grotta azzurra, in realtà già
conosciuta ed ammirata dagli
imperatori augusto e Tiberio.
anacapri ebbe il suo periodo di
massimo splendore fra ottocento
e novecento, quando divenne un
ambìto "buen retiro" per artisti di
tutta Europa, che qui venivano a
trascorrere delle felici vacanze e a
trovare ispirazione.
Con la graduale trasformazione
dell'economia isolana da agricola e
marinara in turistica, avvenuta tra
il XiX e XX secolo, Capri si è poco
a poco dotata di una serie di servizi e di infrastrutture fondamentali per una moderna ed efficiente
stazione turistica di fama internazionale. l'isola, infatti, con decreto governativo fu dichiarata
Stazione di Cura, Soggiorno e
Turismo sia per le moderne ed
efficienti strutture di accoglienza e
soggiorno che per la salubrità del
clima e per la mitezza della temperatura.
EDiFiCi REliGioSi E CiVili
Castello Barbarossa – anacapri
Sulle rupi a nord est di anacapri,
su uno dei picchi minori del massiccio del Monte Solaro, si ergono
i ruderi del Castello Barbarossa,
dal soprannome dato al feroce
corsaro turco Khair-ad-din che lo
espugnò nel 1535. il Castello
Barbarossa si trova a circa 412
metri sul livello del mare. i pareri
sul periodo della sua costruzione
sono discordi, la realizzazione si
data tra il X e Xii secolo.
Da via orlandi si può vedere molto
bene la cinta muraria di fortificazione, delimitata da due torri,
costruita sul lato rivolto verso il
paese che più facilmente veniva
attaccato.
il lato rivolto verso Capri aveva
come difesa naturale lo strapiombo sottostante. Restano oggi una
piccola cappella e due piccoli vani
con un piccolo campanile a vela.
il Castello di Barbarossa fa parte
del complesso di Villa San Michele,
attualmente proprietà del consolato svedese, dal 1956 vi risiede una
stazione ornitologica per l'osservazione e l'inanellamento degli
uccelli migratori.
Villa imperiale di Damecuta. E'
ubicata ad anacapri ed è una delle
dodici ville fatte erigere da Tiberio
a Capri nel i sec. d.C. Ben riconoscibili i ruderi, portati alla luce
negli scavi tra il 1937 ed il 1948.
nel medioevo, all'estremità est
della loggia è stata costruita una
torre cilindrica a salvaguardia
delle incursioni piratesche dell'epoca .
Villa San Michele. Costruita dallo
svedese medico - scrittore axel
Munthe sulle
rovine di un'
antica residenza romana; è
una costruzione maestosa,
di
grande
libertà stilistica.
Mette
assieme reperti archeologici
di epoca romana trovati a
Capri.
Chiesa di San
Michele. Si trova ad anacapri la
chiesa di San Michele codesta risale al 1719. Costruita in stile barocco da un proggetto di Domenico
antonio Vaccaro a pianta ottagonale inscritta in una croce greca, è
ricca di stucchi. Conserva l'importante pavimento maiolicato realizzato su disegno di Francesco
Solimena, uno sfavillante tappeto
di maioliche, raffigurante il
"paradiso terrestre". l'opera, della
seconda metà del XVii sec., è del
famoso maiolicaro abruzzese
leonardo Chiaiese.
Su via orlandi si trova la Casa
Rossa , fatta costruire dopo il
1876 a ridosso dell’adiacente torre
difensiva del sec. XVi. Si impone
per i colori accesi e per la bizzarra architettura voluta da generale
statunitense Jhon Clay Mac Kowen
che la fece costruire e la decorò
con reperti di scavo e sculture di
epoca romana altomedievale.
Secondo alcuni studiosi l’artefice
del progetto fu un capomastro del
luogo, ideatore di quell’intrico di
scalette e piccoli ambienti ricchi di
marmi e piastrelle maiolicate.
Villa orlandi nasce dalla trasformazione di un ‘casino di campagna’ del ‘700 attuata dalla famiglia
orlandi e completata da Edwin
Cerio degli anni ’30 del XX sec.
Villa orlandi attualmente ospita il
Centro internazionale per la
Cultura Scientifica.
BEni paESaGGiSTiCi
la Grotta azzurra è una delle
maggiori attrattive dell’isola, nota
in tutto il mondo per la colorazione intensamente azzurra del suo
interno e lo splendore bianco
argenteo che assumono gli ogget-
ti immersi nelle sue acque. E’
un’antica
cavità
carsica.
l'ambiente interno appare tutto di
colore azzurro, la volta, definita
Duomo azzurro, ha un'altezza
media di 7 metri arrivando a 14
nella parte più interna; la cavità
d'erosione è lunga circa 60 metri e
larga al massimo 25. la grotta
continua con la Galleria dei
pilastri, tre rami comunicanti tra
loro che confluiscono nella Sala
dei nomi, chiamata così per le
numerose firme dei visitatori
apposte sulle pareti, e il passaggio
della Corrosione, fino all'estremo
punto accessibile, la Sala della
Corrosione. la colorazione azzurra
della Grotta azzurra è dovuta al
fatto che la luce del giorno entra
attraverso una finestra sottomarina che si apre esattamente sotto il
varco d'ingresso, subendo in tal
modo una filtrazione da parte dell'acqua, che assorbe il rosso e
lascia passare l'azzurro.
FESTE E TRaDiZioni
processione di San Costanzo
la Festa in onore di San Costanzo,
il Santo protettore di tutta l'isola
di Capri, si celebra il 14 maggio di
ogni anno.
processione S. antonio di padova.
il Santo protettore di anacapri, la
festa è celebrata il 13 giugno di
ogni anno.
Settembrata anacaprese. prima
settimana di settembre. la
Settembrata anacaprese, organizzata ogni anno dal Comune di
anacapri, è una gara tra le quattro
antiche contrade del paese: le
Boffe, la porta, le Stalle e la
pietra.
Santa
Maria
del
Soccorso
(Tiberio). la
festa di Santa
Maria
del
Soccorso
si
celebra,
la
sera del 7 settembre, nella
chiesetta ubicata
negli
scavi di Villa
Jovis,
nella
l o c a l i t à
Tiberio, che è
illuminata
a
festa. la mattina dell'8 settembre è celebrata la
messa in onore della Vergine. lo
stesso giorno, nella valletta antistante il sito archeologico, ha
luogo la piedigrotta Tiberiana, con
concerti e degustazioni di prodotti
gastronomici locali. Un tempo, la
Festa di Santa Maria del Soccorso
era per le coppie fidanzate che si
recavano sulla montagna per confermare il loro giuramento d'amore, col buon auspicio di sposarsi
entro l'anno e, dopo il rito religioso, facevano baldoria tutta la
notte nella valle in onore della
Vergine.
Santa Maria Della libera la Festa
di Santa Maria della libera si celebra la domenica successiva all'8
settembre, per non farla coincidere con i festeggiamenti di Tiberio.
la devozione alla Madonna della
libera è antica e si pensa venisse
invocata dal popolo per salvare i
familiari fatti prigionieri, per liberarli. la statua della Madonna è
custodita nella Chiesa omonima a
Marina Grande e proprio nel borgo
marinaro si svolgono i festeggiamenti: le strade vengono addobbate con luci colorate e nel pomeriggio ha luogo la processione. la
sera è organizzato un concerto e a
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mezzanotte è sempre previsto uno
spettacolo con fuochi d'artificio.
Festa di Capodanno e la Tarantella
la sera dei giorni 1 e 6 gennaio
nelle due piazze principali di Capri
ed anacapri sono organizzate le
gare tra i gruppi folkloristici dell'isola. i ballerini, i musicisti ed i
cantanti dei gruppi indossano i
costumi tradizionali: per le donne
consiste in una gonna rossa,
ampia e lunga, con bordi con
nastri colorati, un grembiule bianco, una camicia bianca ed un succinto corpetto nero. i capelli sono
raccolti sotto un fazzoletto dipinto
e ai piedi scarpe di corda.
l'abbigliamento maschile è costituito da pantaloni neri alla zuava,
una fusciacca rossa in vita, una
camicia bianca, un berretto di lana
e scarpe di corda. i gruppi portano nelle piazze la musica antica
napoletana e ballano la Tarantella,
un ballo antico e tipico di tutto il
sud italia.
la Tarantella. la Tarantella é un
ballo popolare antichissimo diffuso
nel sud italia e tramandato di
generazione in generazione. il
tema principale della performance
è la passione fra uomo e donna,
che viene rappresentata con musica, balli e canti. le origini della
Tarantella si perdono nell'antichità: c'è chi addirittura sostiene, con
una tesi romantica, che le Grazie
abbiano insegnato questa danza
alle donne di Capri per dare loro
un mezzo per esaltare la bellezza
e competere con l'ammaliante
canto delle Sirene. altri ritrovano
nell'erotismo della danza il culto
del dio Dioniso dell'antica Grecia,
molto diffuso in tutta la Magna
Grecia, e rivedono nella danza frenetica delle donne le antiche baccanti. Gli strumenti usati dai musicisti sono anch'essi tipici: il putipù,
il triccheballacche, lo scetavaiasse
ed il siscariello.
l’albicocca vesuviana
nome geografico abbinato: albicocca.
Regione: Campania
provincia/e: napoli
Città: Boscoreale, Boscotrecase,
Cercola, Ercolano, Massa di
Somma,
ottaviano,
pollena
Trocchia, portici, S. anastasia, S.
giorgio a Cremano, S. Sebastiano
al
Vesuvio,
S.
Giuseppe
Vesuviano, Somma Vesuviana,
Terzigno,
Trecase,
Torre
annunziata, Torre del Greco.
Sinonimi: crisommole (in dialetto
locale).
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Storia: Tracce della coltivazione
delle albicocche nella regione sono
presenti già nel iV secolo, ma è
nel 1500 che si fanno più precise
quando Gian Battista Della porta,
illustre scienziato napoletano dell’epoca, nel trattato “Suae Villae
pomarium” le divide in due grandi
gruppi:
1.bericocche, più comuni, di forma
rotonda e polpa bianca e molle,
aderente al nocciolo;
2.crisomele, di pezzatura variabile
con pasta non aderente al nocciolo, molto più pregiate per sapore e
colore.
Da questo antico termine deriverebbe il napoletano “crisommole”,
un vocabolo ancora oggi usato per
indicare le albicocche. la coltivazione di questo prodotto è documentata già dal secolo scorso,
come emerge dal “Breve ragguaglio dell’agricoltura e pastorizia del
Regno di napoli”. la coltivazione si
è estesa, nel tempo, a tutto il territorio dell’area vesuviana, caratterizzata dalla particolare fertilità
dei terreni, che, essendo di natura
vulcanica, sono ricchi di minerali e
in particolare di potassio, elemento abbondante in queste albicocche, che risultano, perciò, particolarmente saporite.
la natura del terreno rappresenta
quindi anche in questo caso uno
dei fattori più importanti nel legame prodotto-ambiente ed è sicuramente quello che maggiormente
influenza le particolari caratteristiche organolettiche al prodotto. Da
ciò emerge quindi anche la restri-
zione territoriale di questi biotipi
alla sola area vesuviana.
Descrizione sintetica prodotto:
Con tale nome si indica un insieme
di oltre quaranta diversi biotipi originari, per la maggior parte, dell’area vesuviana. Ci sono diverse
varietà, sono: leccona, palumella,
S. Castrese, Vitillo, Fracasso,
pelecchiella,
Bocuccia
liscia,
Boccuccia Spinosa. le varietà considerate migliori dal punto di vista
organolettico sono la pellecchiella
e la Boccuccia Spinosa, caratterizzate da ottimo sapore della polpa,
che risulta molto dolce, succosa e
poco acida. la drupa della
pellecchiella è di forma oblungoellittica e di colore giallo aranciato
con sovracolore rosso sfumato,
poco esteso. la drupa della
Boccuccia liscia è invece di forma
ovata, di colore giallo aranciato
con sovracolore rosso punteggiato, di media o scarsa intensità,
poco esteso.
Descrizione delle metodiche di coltivazione: la forma di coltivazione
tradizionale è a vaso libero, con
una densità non superiore a 500
piante. la presenza di altre varietà è consentita per un massimo
del 15% rispetto alla suddetta
densità. la raccolta avviene verso
la metà di maggio.
aRZano
ETiMoloGia
Ci sono diverse ipotesi sull'origine
di tale nome. E' possibile che derivi da un arco antico situato nella
zona, oppure dal latino acer sano
(luogo sano). l' ipotesi più attendibile riguarda la derivazione dall'antico proprietario delle terre, il
signor artius a cui con il tempo si
è aggiunto il suffisso -anus che
indica l'appartenenza.
nei documenti storici di epoca
normanna (iX Xii sec.), angioina
(Xiiisec.), spagnola (XVi sec), il
villaggio di arzano viene costantemente chiamato
arczanum ovvero
arzanum. al nome
del
paese
che
diverra'
arzano
sono stati attribuite varie interpretazioni
inteso
come aersano da
aer
Sania
cio'
luogo di aria sana,
alsano terminante
in ano che secondo un'interpretazione di epoca
romana e' un termine appartenente ad una nobile
casata.
SToRia
la citta' di arzano
ha origini molto
antiche, il suo
nome e' collocabile in eta' etrusca
(meta'del Vii e Vi
sec. a.C.).
le zone a sud di napoli facevano
parte dell'etruria campana tra cui
anche artianum. nella zona detta
Squillace ad arzano nel 1978
durante dei lavori di sbancamento
vennero alla luce una necropoli
formata da tredici tombe con corredi funerari formati da coppe,
anfore, ghirlande dipinte e monete, resti andati poi persi. in epoca
cristiana poi in questi luoghi sorgera' la chiesetta di S. Maria della
Squillace tuttora esistente. Un
altro nucleo urbano sorgera' presso
l'attuale
cimitero
di
Secondigliano sulla via Cassano ai
confini di arzano dove sorgera' la
chiesa di S, Maria la Bruna.
arzano nel 1600 si trasformerà da
villaggio a casale contenendo piu'
di 1500 abitanti.
Da un piccolo centro essenzialmente agricolo, arzano e' divenuta agli inizi degli anni '70, una cittadina popolosa in cui sono presenti molteplici attivita' produttive, l'agricoltura e' quasi del tutto
scomparsa dovuta ad una crescita smisurata dell'attivita' edilizia.
arzano era ed è oggi uno dei cen-
dizione: la bottega del fabbro, del
calzolaio, il forno per il pane e
soprattutto i bassi abitati da famiglie numerose.
tri industriali più importanti della
Campania; infatti negli anni sessanta era soprannominata la
Brianza del Sud a causa delle
numerosissime aziende site nel
suo territorio.
i nuclei abitativi nascono compatti
con una struttura di case a corte
che si dispongono intorno ad un
edificio sacro. nascono luoghi
denominati “in mezzo arzano”,
“casa
piscopo”,
“arzaniello”,
“lavinaio”,
“piazza nova o
Chiazza nova”, ancora esistenti e
delineati nella struttura urbana del
paese, in essa ancora sussistono
esercizi commerciali di antica tra-
FESTE ED EVEnTi
la festività di S. agrippino, patrono della città di arzano, si svolge il
9 novembre.
il culto è legato ad una reliquia del
corpo del Santo, vescovo di napoli
donata dal Cardinale Spinelli al
parroco del tempo Don agnello de
Rosa. la giornata ha inizio con una
solenne celebrazione liturgica e
termina con fuochi e sante processioni.
arzano è nota anche per il
"Festival", una manifestazione
canora che si tiene ogni anno nella
città.
EDiFiCi REliGioSi E CiVili
Tra i monumenti più importanti
ricordiamo: la Chiesa di S.
agrippino (il santo patrono),che
contiene la Cappella del Rosario
costruita nel 1634; Caratteristica
per lo stile barocco, riccamente
rivestita di stucchi ed ornata da
dieci tele sulle pareti e cinque pitture sul soffitto rappresentanti i
quindici
misteri
del Rosario, era
dotata di un coro
ligneo di cui sono
rimasti solo i pannelli perimetrali.
la Villa Comunale
è un naturale
punto di incontro
per i cittadini, che
grazie a questo
parco modernamente attrezzato
possono
incontrarsi per diversi
scopi ricreativi e
culturali. il parco
dispone di attrezzature
per
il
gioco,un pista di
pattinaggio,un
campo di bocce,
una piccola arena
dove poter ospitare feste.
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BaColi
ETiMoloGia
Secondo la tradizione il nome deriva dal termine Bauli, in greco
Boualia o Bualia (stalla); in riferimento alle stalle create da Ercole
per i buoi portati dalla Spagna.
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SToRia
l'area del comune di Bacoli è di
origine vulcanica. appartiene al
sistema dei Campi Flegrei e si è
formata nell'ultima fase eruttiva
chiamata "Terzo periodo Flegreo".
la storia di Bacoli è
legata alla storia
dei Campi Flegrei,
infatti Bacoli ne
entra a far parte
subito
dopo
di
Cuma da parte dei
coloni
greci.
Durante
il
Vi
sec.a.C., infatti, l'area misenate fu
uno dei punti fondamentali
dello
scacchiere difensivo creato dal popolo Cumano a difesa
del Golfo di napoli.
Città termale continuò ad esercitare il
suo richiamo sull'aristocrazia romana almeno fino al
iV sec.d.C.
nell'età augustea
Bacoli diventò addirittura il principale avamposto militare e capitale
elettiva della politica, della cultura
e della mondanità. in seguito alla
caduta dell'impero romano la città
di Bacoli decadde anche a causa di
alcuni fenomeni geologici come il
bradisismo e le erosioni. nei secoli XVii, XViii e XiX la città rinacque e divenne una delle mete preferite dagli europei, grazie a una
colonia di ebrei napoletani che
ridiede vita al borgo basando la
propria economia sulla pesca, il
vino, le cave di
tufo e pozzolana.
EDiFiCi REliGioSi E CiVili
il Sepolcro agrippina: riconosciuto dalla tradizione umanistica
come sepolcro della madre di
nerone, fatta uccidere dal figlio in
una villa sul lago lucrino e sepolta
a “Bauli”; in realtà si tratta dei
resti della cavea di un piccolo
odeon di una villa marittima romana, con altri avanzi del corridoio a
volta che sosteneva la gradinata
inferiore.
le Cento Camerelle: testimoniano
la presenza e la costruzione di
numerose ville nell’età repubblicana. in pratica sono due conserve
d’acqua, su quote diverse, importanti per la vita nella villa. la
cisterna superiore è divisa in quat-
tro navate a tre file di pilastri
mentre quella inferiore è costituita
da una maglia di vani collegati e
tra loro comunicanti.
la piscina Mirabile è situata sul
promontorio che domina il porto di
Miseno, una delle più grandi
cisterne romane dell’età augustea
che sono rimaste quasi perfettamente intatte nei nostri giorni. a
pianta rettangolare e copertura
voltata, è divisa da cinque navate
da quattro file di pilastri cruciformi.
presso Baia, frazione di Bacoli, un
tempo luogo di villeggiatura del
patriziato romano, sorge l’imponente Castello aragonese che si
sviluppa su una superficie di
45.000 mq. e raggiunge l'altezza
di mt. 94 circa sul livello del mare.
Costruito sui resti di un grandioso
complesso residenziale di età
augustea, forse la villa di Cesare,
appare oggi come l'insieme di
sovrapposizioni architettoniche
realizzate nel corso dei secoli. la
costruzione del castello risale al
1490 quando per volere del Re
alfonso ii d’aragona fu avviata
una vasta fortificazione della costa
per difenderla dalle incursioni
saracene. il castello domina l'intero golfo di pozzuoli e rappresentava, insieme alle fortificazioni di
pozzuoli (Rione Terra) e nisida, un
vero e proprio limite invalicabile
per chiunque avesse tentato di
sbarcare lungo quelle
coste.
il Castello di Baia
però non fu solo una
struttura militare, ma
rappresentò anche
luogo di incontri politici e mondani.
E' per volontà del
viceré don pietro
d'aragona, coadiuvato dal segretario del
regno Giulio Cesare
Bonito e dai medici
Vincenzo Crisconio e
Sebastiano Bartoli,
che inizia una vasta
opera di valorizzazione del termalismo
flegreo e di quello
baiano in particolare, riprendendo
quella tradizione già nota in epoca
romana.
il Castello fu anche luogo di pena
e di esecuzione delle più barbare
sentenze di condanna.
Dal 17 Settembre 1993, la
Sovrintendenza archeologica, alla
quale il manufatto veniva affidato,
istituiva il primo nucleo del Museo
archeologico dei Campi Flegrei
con le statue del "Sacello degli
augustali" rinvenute a Miseno e i
"Gessi di Baia".
nell’area di Baia sono inoltre presenti importanti testimonianze
dell’epoca romana che formano il
parco archeologico.
a parte il Tempio di Venere (in
realtà aula termale della prima
metà del ii sec. d.C.) ed il Tempio
di Diana (presumibilmente un’aula
termale più tarda), che sono situati in proprietà private, il resto delle
strutture monumentali romane
di Baia è concentrato all’interno
del parco. nella parte più alta è la
Villa dell’ambulatio (con prima
fase di ii-i sec. a.C. e seconda
fase di i d.C.), un esempio magnificente e ottimamente conservato
di villa tardo-repubblicana, la cui
terrezza principale offre una suggestiva visione dall’alto di Baia. la
restante parte del parco comprende una serie di impianti termali di
diversa epoca e con diverse fasi. a
nord, il settore di Mercurio (del i
sec. a.C. con rimaneggiamenti di
iii d.C.) è dominato dall’impressionante Tempio di
Mercurio (un’enorme
aula termale a cupola,
che non cessa di destare meraviglia con l’atmosfera irreale che
caratterizza l’interno
della struttura, invasa
dall’acqua). il settore
della Sosandra con fasi
dall’età sillana al iii
sec. d.C., era in origine
una villa, dotata in
epoca claudia di teatroninfeo e forse trasformata nel ii d.C. in
impianto termale o in
hospitalia (alloggi) per i
clienti
delle
vicine
terme. il settore di
Venere si trova nella
parte meridionale del
parco, ed è interamente occupato
da edifici termali: le "piccole
Terme", in alto, costruite nella
seconda metà del i a.C. e ristrutturate nel ii d.C., le terme del
livello intermedio (dal ii al iV sec.
d.C) e le terme del livello inferiore
(con fasi principali della prima età
imperiale e di età adrianea), in cui
si trovano le cosiddette stanze di
Venere che conservano una ricca
decorazione in stucco. Stucchi,
mosaici, pitture sono ben conservati in molti vani dei complessi
edilizi del parco. Si è ipotizzato
che tutto il complesso facesse
parte del palatium imperiale di
Baia di cui ci parlano le fonti.
nello specchio di mare di Baia è
possibile vedere i resti di una città
sommersa che dal 2002 è divenuta un’area marina protetta, cono-
sciuta come parco sommerso di
Baia. la particolarità di tale zona è
legata al fenomeno vulcanico del
bradisismo che ha interessato da
sempre l'intera costa nord della
provincia di napoli. Questo fenomeno ha causato movimenti verticali dell'area provocando negli
ultimi 2000 anni l'inabissamento
della linea di costa romana di circa
6/8 metri. intorno al primo secolo
a. C. infatti l'intera zona costiera a
nord di napoli era una fiorentissima stazione climatica. lo straordinario valore di quest’area è dato
sia dal notevole stato di conservazione dei reperti archeologici, oltre
che dal loro valore storico archeologico oggettivo. Mosaici, tracce di
affreschi, sculture, tracciati stradali e colonne, sono sommersi a
circa 5 metri sotto il livello del
mare tra anemoni stelle marine e
branchi di castagnole. inoltre la
presenza di ecosistemi sommersi
di pregio come il fondale a precoralligeno e comunità di fanerogame marine fanno di tali luoghi
ambienti di valore naturalistico
rilevante, riconosciuti come tali sia
dalla legislazione nazionale italiana, sia da quella Comunitaria. il
luogo è straordinariamente suggestivo, e fa di questo tratto dei fondali una piccola atlantide romana.
presso un’isoletta del lago Fusaro,
altra frazione del comune di
Bacoli, è ubicato un suggestivo
casino di caccia borbonico conosciuto come Casina Vanvitellina. a
partire dal 1752 l'area del Fusaro
divenne la riserva di caccia e
pesca dei Borbone, che affidarono
a luigi Vanvitelli le prime opere
per la trasformazione del luogo.
Salito al trono Ferdinando iV gli
interventi furono completati da
Carlo Vanvitelli, figlio di luigi, che
nel 1782 realizzò il Casino Reale di
Caccia sul lago, a breve distanza
dalla riva.
Questo edificio fu adibito alla residenza degli ospiti
illustri,
come
Francesco ii del
Sacro
Romano
impero, che qui
soggiornò nel maggio 1819. all'interno
dell'edificio furono
accolti
anche
Wolfgang amadeus
Mozart, Gioachino
Rossini e, più recentemente,
il
presidente
della
Repubblica
luigi
Einaudi.
Dal punto di vista
architettonico,
la
Casina si inserisce
tra le più raffinate
produzioni settecentesche.
l'edificio
voluto dai Borboni presenta una
pianta assai articolata, composta
da tre corpi ottagonali che si intersecano l'uno alla sommità dell'altro, restringendosi in una sorta di
pagoda, con grandi finestre disposte su due livelli; un lungo pontile
in legno collega inoltre la Casina
alla sponda del lago.
EVEnTi E FESTE
26 luglio - Festa patronale in
onore di Sant'anna.
Sagra delle cozze. Questa sagra
gastronomica si svolge per tre
giorni verso la fine del mese di
luglio, durante la quale si potrà
assaggiare, degustare e acquistare i prodotti del mare e vini D.o.C.
Sagra del Dolce, Festa del Mare
tra luglio e agosto.
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BoSCoREalE
ETiMoloGia
il nome Boscoreale ha origine
dalla presenza di un bosco (foresta di Schifati o Scafati) usato
come riserva di caccia dai Re di
napoli, Carlo i, Carlo ii e Roberto
d'angiò. Tale bosco venne chiamato nemus Regalis, Bosco Reale
appunto.
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SToRia
il territorio adesso occupato dal
Comune di Boscoreale era abitato
già in età preistorica dagli osci
(Viii a.C.) come testimoniato
dalle tombe rinvenute in contrada
Marchesa, appartenenti alla cosiddetta “cultura delle tombe a
fossa”.
in età sannitica e romana (iV
a.C.) invece, furono costruite ville
di produzione sulle pendici collinari intorno a pompei e sulle circostanti alture vesuviane.
Solo all'inizio del iii-iV sec. d.C.,
però, troviamo tracce documentate di abitanti nel luogo: il rinvenimento di necropoli, di lucerne
con il simbolo della croce, di un
edificio con impianto termale, è
prova sicura che la vita del luogo
continuò nei suoi aspetti sociali ed
economici.
nel XiV sec. il territorio viene scelto quale riserva di caccia dei Re di
angioini e prende il nome di
nemus Schyfati (Bosco Reale).
E’ nel Settecento che, con la
costruzione della chiesa parrocchiale dedicata all'immacolata
Concezione, si sviluppa il nuovo
abitato, da cui ha origine l'attuale
tracciato viario a forma di quadrilatero,
composto
da
via
promiscua, via Giovanni Della
Rocca, Via Croce e via Sotto
Tenente Ernesto Cirillo.
Con la venuta dei Francesi,
Boscoreale acquista l'autonomia
comunale grazie alla legge del
1806 di Re Giuseppe .
per tutto l'ottocento l'attività economica va sempre crescendo specie nell'agricoltura e nell'estrazione della pietra vesuviana con la
quale si provvede ad opere pubbliche e private in italia ed all'estero.
il 29 marzo 1928 Boscoreale
perde la sua autonomia comunale,
venendo
aggregata
con
Boscotrecase alla città di Torre
annunziata.
Tale aggregazione, favorita dal
regime fascista, durò solo 18 anni.
Dopo i gravi lutti e le privazioni
subite nel periodo bellico, la cittadina ha ripreso con alacrità il lavoro accostando alla tradizionale
attività agricola una notevole attività industriale e a conduzione con
l'impianto d'attrezzati laboratori
nel campo alimentare, manifatturiero e del terziario.
il terremoto del 23 novembre
1980 ha arrecato al patrimonio
urbanistico di Boscoreale danni
notevoli. per venire incontro ai
senza tetto, con i finanziamenti
dello
Stato,
sono
sorti
in
Boscoreale due nuovi rioni con
alloggi destinati ai terremotati
locali ed a quelli di napoli.
l'aumento demografico dovuto a
questi nuovi insediamenti ha portato Boscoreale, alla soglia del
terzo millennio, ad una popolazione di circa trentamila abitanti.
EDiFiCi REliGioSi E CiVili
Di fondazione benedettina (Xiii
sec.) è la Chiesa. S. Maria Salome
la chiesa è stata oggetto di restauro
tra
gli
anni
1991-92.
l'intervento ha interessato anche
l'interno con consolidamenti strutturali. infine poi tenendo conto
dell'importanza che nel Settecento
aveva lo slargo antistante la chiesa, sede di scambi commerciali.
S. Maria di Montevergine: la cappella intitolata alla Madonna di
Montevergine fu costruita dopo la
catastrofica eruzione vesuviana
del 1631.
Scavi archeologici effettuati tra
l'ottocento ed i principi del
novecento, hanno riportato alla
luce circa trenta ville, alcune delle
quali divenute celebri nel mondo
per
i
loro
ritrovamenti.
la più importante è quella cosiddetta di lucio Cecilio Giocondo,
scavata nel 1894-99 in un suo
fondo di via Settetermini alla
pisanella.
Vi si rinvenne un tesoro di argenterie (128 pezzi tra vasi, posate ed
oggetti) di squisita arte alessandrina, oggi al louvre di parigi. Tale
villa è inoltre fondamentale per lo
studio degli apprestamenti agricoli romani.
altra villa famosa è quella cosiddetta di publius Fannius Synistor,
portata alla luce nel 1899-1902
dal De prisco nel fondo Vona in via
Grotta, nella grande dimora suburbana si rinvennero magnifici
affreschi di ii stile, conservati al
Museo archeologico di napoli, al
Metropolitan Museum di new York,
al louvre di parigi ed in altri musei
esteri. Di questa villa sono celebri
il cubiculum (stanza da letto) ricco
di affreschi con motivi architettonici ed il grande triclinio con affreschi megalografici.
Un’altra villa, scoperta nel 1977, a
seguito di lavori edilizi, fu Villa
Regina, le cui campagne di scavo,
furono dirette da Stefano De Caro
nel 1980. la villa, di piccole
dimensioni (mq 450 circa), era
destinata alla produzione del vino.
Tale attività era sotto la protezione
del dio Dioniso, ricordato da un
bustino marmoreo nel larario della
villa e raffigurato su una parete
dipinta del torcularium.
nelle adiacenze dell'area archeologica di Villa Regina sorge
l'antiquarium, inaugurato nel
marzo del 1991. Una delle due
sale ospita reperti provenienti dall'area vesuviana che consentono
di ricostruire l'ambiente e l'economia di età romana, prima che l'eruzione del Vesuvio del 79 d.C.
distruggesse i centri di pompei,
Ercolano, oplontis e le ville di
Stabiae; l'altra ospita
i principali rinvenimenti
archeologici
del
territorio
di
Boscoreale, dove in
età romana esistevano numerose ville
signorili e di produzione.
in
Via
luisa
Sanfelice, infine, si
affaccia il palazzo De
prisco,
di
chiaro
gusto neoclassico.
proprietario
del
palazzo, a fine '800
fu l'on. Vincenzo de
prisco. nel 1898,
come si evince dall'incisione sul fermo
portale, lo riadattò al
suo gusto.
il palazzo, oggi vincolato e dichiarato
M o n u m e n t o
nazionale, rappresenta per la città di
Boscoreale ciò che
resta dell'enorme ricchezza
rinvenuta
nelle ville della pisanella e di
Fannio Sinistore, purtroppo ammirate da pochi osservatori di fine
ottocento.
EVEnTi E FESTE
Tra le feste che si svolgono sul territorio cittadino vi è la festa della
Madonna del Carmine, il 16 luglio,
che è anche la festa della santa
patrona.
altra festa religiosa ed importante
è la Festa di Santa Maria Salòme,
che si svolge il secondo fine settimana di luglio, presso la chiesetta
di Santa Maria Salòme, ubicata
nell'omonima piazzetta.
la festa, ha una forte valenza simbolica
per
gli
abitanti
di
Boscoreale, in quanto la chiesa
costituisce il centro ideale attorno
al quale sorse, nel corso del XVii
secolo, il primo nucleo urbano
della cittadina. Del culto abbiamo
notizie fin dal 1323.Da un documento del 1820 si apprende che
durante la festa si svolgeva la processione e vi era una fiera di cin-
processione che inizia nel pomeriggio e si conclude a sera inoltrata. i festeggiamenti vengono conclusi da uno spettacolo di fuochi
pirotecnici.
Durante la festa viene
organizzata la Sagra
delle "Zandraglie". Si
tratta di un dolce semplice tipico della cultura
gastronomica contadina
locale. il dolce è un
impasto di farina uova e
latte fritto e ricoperto di
miele. Tutti ne acquistano
e li portano nelle loro
case.
infine, ad ottobre, si
svolge la festa del vino.
Tale
manifestazione,
organizzata dal 1993 dall’organizzazione “il vino
2000 anni di storia” in
collaborazione
con
l ' a s s o c i a z i o n e
"Vesuviamo" e il patrocinio
del
Comune
di
Boscoreale, ha come
obiettivo la degustazione
dei vini locali e di quelli
prodotti
nell'area vesuaffreschi rinvenuti nella villa
con- viana come il "lacryma
publius Fannius Synistor e conservati al Metropolitan Museum
Christi" del Vesuvio, il
di new York
"Caprettone"
e
la
"Falanghina", abbinata
que giorni. Sono nate molte leg- alla promozione dei prodotti tipici
gende sulla Santa come quella dif- campani.
fusasi a seguito dell'eruzione luogo prescelto per l'evento è il
vesuviana del 1906. Si narra che centro storico di Boscoreale, chiuuna guardia forestale nei giorni so al traffico e allestito per l'occadell'evento notò una donna vicino sione in modo da coniugare i peralla lava nel bosco a monte della corsi enogastromici classici alle
chiesa.
espressioni dell'artigianato locale.
Richiamata dall'uomo sul pericolo a fare da cornice alla degustazioche incombeva su di lei, ella lo ne del "nettare degli dei", numerassicurò. Ritornando a casa e, per rose ricostruzioni storiche tra cui
caso, entrando nella Chiesa di la visita alle cantine della zona e
Santa Maria Salome, riconobbe un momento dedicato al processo
nella statua della Santa la donna tradizionale dell'imbottigliamento
che aveva incontrato al mattino. Si del vino.
gridò al miracolo e moltissime per- l'ampio spazio dedicato al teatro
sone accorsero ad invocare la da strada e ai concerti di musica
Santa. la festa inizia il secondo classica e folkloristica rende la
venerdì di luglio con una fiera di manifestazione allo stesso tempo
animali ed attrezzi agricoli. il enogastronomica e culturale, fruisabato è dedicato agli eventi bile da un pubblico vasto e non
musicali con esibizione di bande. solo dagli appassionati di vino.
la domenica è caratterizzata dalla
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nola pro loco
“Città d’arte”
Ha soffiato quest'anno le sue prime
trenta candeline: un bel traguardo
per la pro loco di nola da sempre
impegnata nella promozione e valorizzazione del territorio mediante
una serie di appuntamenti di alto
spessore culturale e sociale.
nella foto il duomo di nola
a dx il palazzo comunale
a cuda della pro loco di
nola
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Ha soffiato quest'anno le sue prime
trenta candeline: un bel traguardo
per la pro loco di nola da sempre
impegnata nella promozione e
valorizzazione
del
territorio
mediante una serie di appuntamenti di alto spessore culturale e
sociale.
Manifestazioni importanti e significative dislocate nel corso dell'anno
che hanno ricevuto di volta in volta
consensi positivi da parte di pubblico e critica.
Un'associazione attenta, da anni
presente in città nella sua sede in
corso Tommaso Vitale, concessa in
comodato d'uso a titolo gratuito
dalla Curia Vescovile.
Tante le iniziative svolte sino ad
ora, tante ancora in cantiere in via
di realizzazione. Sulla scia dell'enorme successo ottenuto nel mese
di novembre con la partecipazione
alla tradizionale fiera di San Felice
"nola Expò", alla sagra del “tutero
e
dell'ombrello”ed
al
convegno/presentazione del libro di
luigi
Vecchione
dedicato
a
Vincenzo Spampanato, illustre cittadino nolano, biografo di Giordano
Bruno, nell'80° anniversario della
sua morte, fitto ed interessante è
anche il calendario dei prossimi
mesi.
preparativi già in fermento in vista
soprattutto delle festività natalizie.
a tenere a battesimo il ricco
programma di dicembre due
nomi importanti del panorama
partenopeo...Benedetto Casillo e
Gino Rivieccio, rispettivamente in
calendario l'undici ed il diciassette
dicembre prossimi.
Un piccolo assaggio di spettacolo,
in attesa del grande concerto di
natale con l'esposizione di opere
artistiche realizzate da artigiani
locali.
prove tecniche per dare il benvenuto al 2009. Con le attività si parte
nel mese di febbraio, mese dedicato principalmente alla cultura con la
presentazione di due libri scritti da
due "storici "nolani: Guido Del
Giudice e Franco Manganelli.
appuntamento ormai fìsso e consolidato della pro loco è il Carnevale
nolano con l'assegnazione della
"Maschera d'argento" al bambino
con il costume più originale.
appuntamento atteso da tutti in
città per il clima spiccatamente
festivo e folkloristico che si vive in
quei giorni in piazza Duomo e lungo
le strade cittadine.
il mese di marzo sarà il mese dedicato alla "scultura" con la realizzazione di una teca (scelta tra tre
progetti presentati da architetti
locali) che accoglierà le due campane del '600 appartenenti alla exChiesa di S. Giuseppe, attuale sede
della pro loco.
Ma il clou delle manifestazioni si
avrà sicuramente nel mese di giugno, mese tanto caro ai nolani,
protagonista indiscusso di una delle
feste più belle a livello nazionale e
non solo...la Festa dei Gigli.
"Estemporanea di pittura", un
premio giornalistico dal tema "nola
città da scoprire...Viaggio tra le
bellezze della nostra terra" tra le
iniziative in programma.
Una manifestazione quest'ultima
che vedrà impegnati oltre tremila
giovani delle scuole medie inferiori e superiori della città che si
cimenteranno in articolati elaborati sulle tradizioni storico-artistiche
e culturali del nostro territorio; un
modo diverso e costruttivo per
avvicinare i ragazzi allo studio di una
città in continua crescita, ricca di storia.
pro loco e riscoperta degli antichi
sapori...potrebbe essere questo il
filo conduttore della manifestazione organizzata in collaborazione con
la
condotta
locale
dello
Slow
food,
promotrice del
p r e m i o
"Ruperto
da
noia": un "concorso" in cui
saranno assegnati riconoscimenti al migliore
cuoco, produttore agricolo e diplomato alla scuola alberghiera della
Regione Campania.
infine, sempre a giugno, la pro
loco sarà impegnata ad accogliere
con notizie utili, attraverso depliant
informativi e con apposite postazioni strategiche, le migliaia di turisti provenienti come ogni anno da
tutto il mondo per assistere alla
tradizionale ed affascinate ballata
delle macchine da festa.
Tutto pronto anche per il periodo
estivo in cui sono previsti spettacoli soprattutto per anziani e bambini
organizzati nella Villa Comunale.
Un modo simpatico e divertente
per intrattenere coloro che magari
sono impossibilitati, per giuste
cause, a trascorrere l'estate fuori.
insomma, un calendario ricco di
appuntamenti,
attento
alle
esigenze
di
tutte le fasce,
stilato
con
scrupolosità
dal consiglio di
amministrazione ed approvato dall'assemblea dell'associazione.
perché valorizzare il territorio con iniziative utili
che siano da ulteriore sprono per la
salvaguardia e la tutela della città
deve essere l'obiettivo cardine di
ogni singolo Ente.
il Villaggio preistorico
di tullio palo
(estratto da: nola Città Museo Guida Turistica di Tullio palo)
il Villaggio preistorico di nola, la
cosiddetta
pompei
della
preistoria, è uno straordinario
sito archeologico dell'Età del
Bronzo antico, seppellito dall'eruzione del Vesuvio detta delle
pomici di avellino (1860-1680
a.C.). l'eccezionalità, unica al
mondo, del ritrovamento di nola
è dovuta al fatto che le capanne,
sepolte dall’eruzione vulcanica, si
sono conservate attraverso il loro
calco nel fango e nella cenere
che le ha inglobate, sigillando
anche tutte le suppellettili che si
trovavano nelle stesse al momento del disastroso evento. per la
prima volta è stato così possibile
comprendere la forma che avevano queste costruzioni, l'orditura
dei tetti e la carpenteria e quale
organizzazione avessero dato gli
abitanti agli spazi delle abitazioni, nello svolgimento delle attività di ogni giorno. E' una straordinaria fotografia di una laboriosa
comunità preistorica cancellata
dalla
forza
distruttrice
del
Vesuvio.
idolo femminile
(1800 - 1600 a.C.)
Museo Storico-archeologico
(Soprintendenza per i Beni
archeologici di napoli e
Caserta)
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inSEDiaMEnTo
DEl BRonZo
anTiCo: tra il XiX e XVii sec. a.C.,
il vulcano Somma Vesuvio ebbe una
grande eruzione di tipo pliniano,
detta delle “pomici di avellino” per
essersi spinta con le sue ricadute di
pomici e ceneri , principalmente
verso nord-est, in direzione appunto
dell’attuale città di avellino.
l’area ad est del vulcano e in particolare la regione di nola fu colpita
dalla caduta di pomici e di ceneri e
tutti gli insediamenti vennero
distrutti, un po’ come avvenne per
pompei e le città vesuviane devastate, qualche millennio più tardi, dall’eruzione del 79 d.C. in un vasto
raggio di circa 1000 mq., a sei metri
dal piano di campagna, sono state
messe in luce tre grandi capanne a
forma di ferro di cavallo che fanno
parte di un agglomerato certamente
più esteso. orientate tutte in direzione no-SE, le capanne sono al
margine di una zona di recinti nei
quali si sono potuti riconoscere una
vasta aia, alcuni forni, una gabbia in
argilla e legno nella quale erano stipate 9 capre, tutte gravide, e una
serie di spazi chiusi dove erano concentrati gli animali (pecore, mucche,
maiali). Ma ancora più eccezionale
e’ la conservazione delle strutture
abitate che hanno la forma di un
ferro di cavallo con apertura nella
parte rettilinea.
nella
capanna
più
lunga
(mt.15,60x4,60, alt. mt. 4,30/4,50
circa) una stretta apertura metteva
in comunicazione la zona destinata
ad abitazione con quella di forma
absidata, usata come dispensa,
mentre una seconda apertura la col-
legava ad un
vano d’ingresso.
nelle altre due
c a p a n n e
(mt.7,50x4,50,
alt.
mt.
4,30/4,50 e mt.
15,20x9,00, alt.
mt. 5 circa) era
solo un tramezzo
con un’apertura
che metteva in
comunicazione la
zona principale
con la stanza più piccola. E’ li’ che
erano i vasi più grandi usati come
riserva di derrate, mentre la vita si
svolgeva nell’ambiente in cui si trovava il focolare.
più di 200 vasi in buono stato di
conservazione, alcuni dei quali
con il loro contenuto
(mandorle, farina, spighe di grano), sono
stati ritrovati nelle
capanne. la posizione
di
alcuni
oggetti
mostra che l’eruzione
ha sorpreso gli abitanti nel corso delle loro
occupazioni quotidiane: intorno al forno
erano disposti piatti,
tazze, sostegni su
piede alto, mentre una
brocca era ancora
posta all’interno del
forno.
Cippus abellanus: l’unico documento in lingua osca giunto fino a
noi e conservato nel
Seminario Vescovile, è
un blocco monolitico
di pietra comune che
riporta scolpito sulle
due facce, con caratteri che vanno da
destra a sinistra, in
scrittura osca un trattato federale tra nola ed
avella.
il masso ha forma quadrangolare: alto mt.
1,83, largo mt. 0,51,
profondo mt. 0,26; su
una faccia vi sono 32 righe, sull’altra
25. il blocco, scoperto causalmente
nel 1745 da Gian Stefano
Remondini, era sistemato come
soglia ad una porta carraia per cui
risultava usurato dal tempo e dal
passaggio di uomini e carri.
numerosi archeologi hanno studiato
l’iscrizione riportata sul Cippus dandone una propria traduzione e interpetrazione. la più conosciuta è
quella che ne ha dato il Mommsen.
Villa romana di Via Saccaccio:
venne alla luce nel 1978 nel corso
dei lavori per la costruzione del collettore di depurazione del Golfo di
napoli. Gli scavi hanno portato alla
luce un vasto edificio che presenta
varie
fasi
costruttive,
che
per
le
decorazioni
pittoric h e
presenti è da considerare residenza
extraurbana di età imperiale.
Tra il secondo secolo a.C., periodo a
cui forse risale il primitivo nucleo
della villa, ed il primo secolo a.C.,
sono state
individuate almeno
tre
fasi
costruttive; esse
sono riconoscibili in
particolare
nell’ambiente
iV,
dove
si
sovrappongono
tre piani
pavimentali: uno
in cocciop e s t o
ornato
con tessere bianche, un secondo in cocciopesto con
rete di rombi a tessere bianche ed
emblema centrale a mosaico bianco
con tessere nere e rosse, ed un
terzo in mosaico bianco bordato di
nero.
Verso la fine del i secolo d.C. forse
in conseguenza dei danni causati
dall’eruzione del Vesuvio del 79
d.C., che distrusse pompei, Ercolano
e Stabia, si effettuarono restauri e si
apportarono modifiche agli ambienti. la villa continuò ad essere abitata fino al V secolo d.C. come attestano alcuni ritrovamenti di monete
e di ceramiche. i restauri realizzati
nel ii secolo d.C., non mutarono l’o-
riginaria destinazione degli ambienti. Durante la seconda metà del V
secolo d.C. infine in concomitanza
con l’avanzata dei Vandali di
Genserico (455 d.C.) la villa fu gra-
dualmente abbandonata e quindi in
parte coperta dall’eruzione del 472
d.C.
anFiTEaTRo RoMano in Via Mario
De Sena
l’anfiteatro è un edificio tipicamente
romano, che ebbe origine in età
repubblicana in Campania e che
conobbe una rapida diffusione successivamente in tutto l’impero.
la costruzione è a forma ellittica e
l’asse maggiore non supera in genere di molto quello minore: una
forma del tutto rotonda non sarebbe
stata pratica per lo scopo dell’anfiteatro, destinato ai ludi gladiatori e
alle lotte degli animali (venaziones).
il luogo dove sembra che tali giochi
abbiano avuto origine, e dove probabilmente è da ricercarsi anche l’origine dell’edificio ad essi destinato,
è la Campania, dove si svolgevano
già verso la fine del iV secolo a.C. ,
infatti in alcune pitture tombali di
tale periodo compaiono gladiatori. i
giochi gladiatori furono introdotti a
Roma e offerti nel Foro Boario per la
prima volta nel 264 a.C. e ben pre-
sto divennero lo spettacolo preferito
dalla popolazione romana. nel 29
a.C. sorge il primo anfiteatro in pietra e quindi molto dopo quello di
pompei, dove già nell’80 a. C. esisteva un
anfiteatro,
e
quello di
nola che è
dello stesso periodo.
nel mese
di ottobre
del 1997
iniziarono
i lavori di
scavo dell’anfiteatro di nola
ubicato
alle spalle
della c. d.
Muraglia”
(il complesso di
m u r a
tardo-repubblicane. Completamente
sepolto, anche se la sua ubicazione
era riconoscibile per l'innalzamento
delle quote del piano di campagna e
per l’emergenza dell’imboccatura di
un vomitorio e di alcuni brevi tratti
di murature, è stato oggetto di varie
campagne di scavi ma solo nell’ultima campagna è stato possibile portare alla luce un quarto dell’intero
edificio ed è stato possibile determinarne anche le dimensioni che sono
di circa mt. 138 sull’asse maggiore e
mt. 108 sull’asse minore. le strutture presentano varie fasi: la più antica, con cubilia di grande modulo con
allineamento obliquo discontinuo, si
può datare alla metà circa del i
secolo a.C.. l’anfiteatro subì nel
tempo alcune ristrutturazioni: una
prima interessò una parte delle
strutture che furono modificate in
opera reticulata con cubilia di piccolo modulo e allineamento obliquo
continuo e fu rifatto il pavimento e
la volta del corridoio principale.
Una seconda ristrutturazione interessò, tra il ii e iii secolo, il muro
perimetrale rifatto in opera vittata di
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una parte delle strutture che furono
modificate in opera reticulata con
cubilia di piccolo modulo e allineamento obliquo continuo e fu rifatto il
pavimento e la volta del corridoio
principale.
Una seconda ristrutturazione interessò, tra il ii e iii secolo, il muro
perimetrale rifatto in opera vittata di
tufo, la pavimentazione del corridoio
dell’asse maggiore e la realizzazione
di un ambiente esterno a pianta rettangolare con divisioni interne forse
destinato al ricovero degli animali.
l’ima cavea era costituita da tre gradini ed era separata mediante una
balaustra da un corridoio che correva lungo il bordo del parapetto.
l’arena presenta un parapetto alto
mt. 2,60 rivestito con lastre rettangolari di marmo bianco verticali dell’altezza di mt. 2,10, coronato da
lastre orizzontali alte mt. 0,45, la
parte terminale era costituita da
blocchi di calcare a bauletto che probabilmente doveva sostenere una
balaustra metallica.
alla fine del V – inizio Vi secolo d.C.,
l’anfiteatro ormai abbandonato da
tempo, subì spoliazioni divenendo
quasi una cava di materiale da
costruzione, Questa opera di smantellamento continuò anche in epoca
medievale, quando furono scavate
numerose fosse per recuperare elementi dell’edificio da riutilizzare, un
esempio di tale riutilizzo è palazzo
orsini, mentre altri elementi (metope) si ritrovano utilizzati come basamento del palazzo Covone e del
campanile della Cattedrale.
MaUSolEi FUnERaRi di età romana di Via polveriera più conosciute
come “Torricelle”. a. leone nel De
nola così descrive la zona: “Fuori
dell’anfiteatro laterizio poi vi è
anche ora una via ampia per la
quale in via retta si va verso occidente e che porta a napoli. Si ritiene che questa via fosse appartenuta alla città antica, da una parte
perchè sembra che quel luogo sia
stato chiamato sempre porta e
una cappella, che è nelle vicinanze, fu chiamata S. pietro presso la
porta, dall’altra parte perchè lungo
la stessa via si trovano alcune
antichissime tombe. Tali tombe
sono artisticamente costruite, non
però molto elevate sul livello del
suolo. Sono ampie, rotonde, adorne di una cornice e il loro tetto,
venendo fuori da un cerchio, lentamente si va restringendo e termina
a forma di cono con una punta in
mezzo; la struttura è a mattoni e
tanto bene compaginata da sembrare un masso solido.”
Questi monumenti si trovano in
località polveriera (sono più comunemente conosciute come “le
Torricelle”). Di esse quella conservata meglio presenta nel perimetro del
podio circolare ventiquattro nicchie
semicircolari. la costruzione sembra
essere in “opus incertum” con inserzioni in laterizio. Questo particolare
nella costruzione porta a datarla alla
metà del secolo i^ d.C.
TERME GRECo-RoManE, chiesa di
S. Biagio in piazza G. Bruno.
nel 1989, durante i lavori di restauro post terremoto, a seguito del
cedimento del pavimento, al di sotto
della navata della chiesa, vennero
alla luce una serie di strutture murarie che presentano quattro fasi
costruttive, corrispondenti ad un
utilizzo diverso della zona in periodi
successivi.
FaSE 1^ : strutture in calcare ed in
blocchi di tufo di probabile età
repubblicana. Di tale costruzione
restano solo due muri, inglobati
nelle strutture successive.
FaSE 2^ : impianto termale di età
imperiale. in età imperiale nell’area
fu realizzato un impianto termale,
probabilmente pubblico; di tale edificio sono visibili due ambienti, uno
di forma ottagonale con absidi negli
spigoli, da identificare forse con un
“laconicum”, e accanto l’ altro, di
forma circolare o absidato su un
lato, forse un “frigidarium”. la tecnica edilizia impiegata in questo edificio, tipica dell’età imperiale, è caratterizzata da un “opus vittatum”
costituito da fasce di tufelli e mattoni, collegato in alcuni casi a murature in laterizio.
FaSE 3^: domus del iii^ sec. d.C.
l’impianto termale, dalla seconda
metà del iii sec. d.C., fu riutilizzato
ed adattato a nuove funzioni, probabilmente a quelle di una domus di
proprietà di una famiglia di ceto elevato. allora vennero realizzati i pavimenti a mosaico, battuto e signino
conservati in situ. Di particolare
interesse e’ il mosaico databile all’età Severiana (iii sec d.C.) raffigurante un kantharos (vaso) a basso
piede da cui si dipartono dei girali,
motivo frequentemente riprodotto
dalla prima età imperiale fino al Vi
secolo d.C.
FaSE 4^: ipogei Successivamente
alla costruzione della chiesa di
S.Francesco, voluta dalla famiglia
orsini nel XiV sec., in più riprese,
furono realizzati degli ipogei al di
sotto della navata, come era consuetudine, per la sepoltura dei
morti.
in particolare quello più
grande era di forma rettangolare
con nicchie semicircolari nelle quali
erano posti a “scolare” i cadaveri.
Reperti dello stesso periodo sono
stati portati alla luce nel cortile di
palazzo orsini oggi sede del
Tribunale situato di fronte alla chiesa sul lato opposto della piazza.
(estratto da : nola Città Museo –
Guida Turistica di Tullio palo)
“Emigranti tra ieri e oggi”
un convegno
della pro loco di napoli
di martina montisano
i recenti studi storiografici sull’emigrazione italiana all’estero, notevolmente cresciuti
negli ultimi anni hanno affrontato con innegabile competenza, le diverse tematiche di
natura politica, sociale ed economica del nostro movimento
migratorio.
Dalle statistiche effettuate si è
ormai consapevoli che i nostri
connazionali
presenti
nel
mondo, tra oriundi ed emigrati
raggiungono la cifra di almeno
60 milioni.
nel periodo successivo al
secondo conflitto mondiale
migliaia di nostri corregionali,
lasciarono i propri paesi di origine per tentare la fortuna in
america ed in australia.
Molti ebbero uno sviluppo felice, specie quelli che scelsero i
paesi del nord america e
dell’australia, mentre meno
fortuna trovarono invece gran
parte dei nostri emigrati che
scelsero le terre del Sud
america, coinvolti loro malgrado nelle vicissitudini travagliate della storia di quei paese.
purtroppo, questi importanti
contributi per la conoscenza
del fenomeno migratorio italiano, hanno spesso tralasciato
alcuni ambiti di ricerca, come
quello delle professionalità
espresse dai nostri emigranti,
che forse caratterizzano più di
altri fattori la nostra emigrazione.
la storia delle comunità dei
nostri emigranti ci da un senso
di fierezza italiana in quanto da
emarginate
e povere sono
riuscite ad integrarsi diventando cittadini a tutti gli effetti dei
paesi ospitanti e arrivando, in
molti casi, al successo in diversi settori produttivi come l’imprenditoria, lo spettacolo, la
politica, la ricerca, ecc.
il fenomeno migratorio può
sicuramente essere un supporto utile, purchè non prenda il
sopravvento, per la nostra crescita economica e sociale in
conseguenza del contributo
che le nostre comunità presenti su tutto il pianeta, possono dare al mercato “Made in
italy”.
i nostri connazionali e corregionali svolgono, con la loro
presenza e la loro attività un
servizio che torna alla nazione
e, come tali
vanno onorati.
E’ vero che oggi si è acuito un
fenomeno molto rischioso per
il nostro paese : intellettuali
italiani che emigrano alla ricerca di un lavoro, un fenomeno
conosciuto più come “fuga dei
cervelli”.
Così come gli italiani che una
volta, con pochi soldi in tasca,
partirono per le americhe, così
i laureati di oggi emigrano.
Sono ingegneri, ricercatori,
architetti, biologi e molti altri
che fuggono da un paese che
non da loro l’opportunità di
affermarsi come meritano.
i ricercatori italiani fuggono
per le strutture inesistenti,
soprattutto nel campo delle
scienze e delle tecnologie , per
la mancanza dei fondi, per gli
stipendi inadeguati, per un
sistema di selezione che taglia
fuori chi non è raccomandato.
Emigrano e se ne rammaricano, perché l’estero li accoglie e
ne vanta le professionalità
garantendo loro lavori dignitosi
e meritevoli, cosa che il paese
d’origine che li ha formati non
fa.
Ed è per queste ragioni, che il
Consiglio Direttivo e la presidenza dell’associazione pro
loco di napoli, consapevoli del
lavoro certosino dei soci sulle
iniziative che programmeranno
per l’anno 2009 (mostre d’arte, manifestazioni di interessi,
eventi per valorizzare la cultura e la tradizione napoletana,
partecipazione alla settima
Edizione del “premio Villaricca
– Sergio Bruni – la canzone
napoletana nelle scuole”) organizzerà insieme all’Unpli di
napoli un convegno sull’emigrazione “Dal 1880 ai giorni
nostri”.
l’iniziativa che si intende realizzare si muoverà in un
ambiente di concertazione cercando di coinvolgere altre
associazioni, amministrazioni
pubbliche, istituti di ricerca e di
cultura, enti ed istituzioni che
operano nel campo dell’emigrazione, forze economiche e
produttive.
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pozzuoli
l’assunta a mare
e il Convento di San
Gennaro
di angela fabozzi
Continua ad essere la chiesetta
dei marinai, anche con l’ultima
celebrazione in onore di Santa
Barbara, la loro patrona, la chiesa
dell’assunta è stata al centro dei
festeggiamenti. posta ai piedi
della rocca del Rione Terra, tra il
mare aperto e quello che i puteolani chiamano “’o valione”, la
minuscola rada dove le chi coltiva
la passione per il mare approda la
sua
barchetta,
la
chiesa
dell’assunta a Mare si erge a
baluardo di un culto antico. Quelle
pochi metri quadrati hanno un
fascino particolare per tutti i
puteolani dai più anziani ai più
giovani che, come tradizione
vuole, da anni scelgono il piazzale a mare della Chiesa come luogo
dove rifugiarsi quando si fa filone
a scuola.
lo sapevate che ...
l’accademia aeronautica sorge in una cava.
la "Cava Regia", diventata ormai improduttiva, fu
abbandonata nella metà degli anni Cinquanta e, tra
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il 1958 e il 1962, fu costruito il complesso
dell'accademia aeronautica, su progetto dell'ingegnere pasquale amodio, che domina l'intero arco
del golfo di pozzuoli.
la prestigiosa struttura militare si sviluppa su un'area di circa 245.000 metri quadrati, resa quasi pianeggiante col taglio della cima di Monte olibano
ovvero la collina di San Gennaro anche detta della
Solfatara.
l’assunta a mare di
pozzuoli
la chiesa dell’assunta, sorge in
uno dei luoghi più caratteristici di
pozzuoli: la “darsena del borgo
marinaro. l’assunta ai piedi del
Rione Terra, con il molo e le vicine
banchine del porto e le barche
ormeggiate nella darsena, costituisce un unicum di particolare
suggestione, efficacemente tramandatoci anche da pittori e disegnatori del passato, e il cui fascino
non viene scalfito neanche
dalle moderne costruzioni.
più che per l’arte, ha nella
storia di pozzuoli un ruolo
particolare, nella cultura e
nelle tradizioni popolari
essendo la chiesa dei pescatori del borgo marinaro.
l’edificio fu costruito nel
“1621” e dedicato alla
“purificazione di Maria”, ad
opera
della
omonima
Confraternita; per la sua
posizione la chiesa era chiamata “purificazione a mare”.
la devozione dei pescatori
per la Madonna assunta, qui
venerata, ha fatto si che nel
tempo fosse più conosciuta
con
quest’altro
nome.
Stando alle cronache, pare
che non abbia avuto vita
molto facile, in quanto, sorgendo molto vicina al mare,
ha subito sistematicamente
l’invasione delle mareggiate,
per cui, per gran parte dell’inverno
diventava inaccessibile e più volte
fu danneggiata.
proprio per questo motivo, i confratelli decisero di costruire una
nuova chiesa in un luogo più sicuro. Su un suolo donato dal
Municipio di pozzuoli (lungo l’attuale via G. Marconi) edificarono
un nuovo tempio, dedicato sempre
alla purificazione di Maria e i cui
lavori furono ultimati nel 1743. la
Confraternita le amministrava
entrambe, e i confratelli si riunivano in estate nella chiesa della darsena e in inverno nella nuova.
Sorsero dei dissidi fra i confratelli
e i marinai
che curavano la
purificazione a mare, i quali accusavano i primi di disinteressarsi di
questa chiesa.
le divergenze durarono per lungo
tempo e sempre con maggiore
vigore fino a diventare insanabili
e, terminarono soltanto nel 1876
per l’intervento del vescovo
Gennaro De Vivo (1876 -1893), il
quale sancì la definitiva separazio-
ne dei due luoghi di culto.
a ricordo del comune passato, il
presule decise, inoltre, che i rappresentanti della purificazione a
mare avrebbero partecipato alla
festa della purificazione di Maria, il
2 febbraio, e quelli della nuova
chiesa avrebbero preso parte alla
festività dell’assunta, il 15 agosto.
il 4 dicembre 1872, una mareggiata più violenta delle altre, che
provocò molti danni anche alla
città, distrusse la chiesa che fu
ricostruita a spese dei pescatori
nel 1876. Quella che oggi si vede
è appunto la costruzione del 1876
edificata in posizione più arretrata
rispetto alla precedente, per
tenerla il più possibile lontano dal
mare. la costruzione si presenta
all’esterno molto sobria ed ha
poco di artistico, identica essenzialità si riscontra anche all’interno, un ambiente ad una navata
con volta a botte.
l’altare maggiore del 1890 è
sovrastato da una tela dello stesso
periodo, di autore ignoto, che raffigura la presentazione di
Gesù al tempio. Questa tela
era molto rovinata ed è stata
da qualche anno restaurata.
oltre al maggiore, vi si trovano solamente altri due
altarini datati al 1895; quello a sinistra dell’ingresso
dedicato al Sacro Cuore di
Gesù, mentre l’altare a
destra è ben più importante,
in quanto è dedicato alla
Madonna assunta. in una
nicchia sopra l’altare è sistemata, infatti, una statua
dell’assunta in legno e stoffa, del XiX secolo.
alla venerazione dell’assunta
sono legati gli annuali
festeggiamenti del 15 agosto. Questa festa, oltre che
dalla processione religiosa
che si snoda tra i vicoli del
borgo, è caratterizzata dal
tradizionale momento laico
del pennone; una versione
marinara dell’albero della cuccagna.
il pennone consiste, infatti, di un
lungo palo di legno sistemato obliquamente sulla banchina e sporgente verso il mare. i partecipanti
alla gara, camminando sul palo
insaponato, tentano di afferrare
delle bandierine poste in cima a
questo. Tale festa è l’unica sopravvissuta, delle tradizioni popolari di
pozzuoli. il nome deriva con tutta
probabilità dall’albero maestro
delle imbarcazioni a vela, che nel
dialetto puteolano è detto pennone.
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il convento di San Gennaro
e il Belvedere
d i a n g e l a f a b o zz
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38
Vicino alla Solfatara, ove nel
305, Gennaro, Vescovo di
Benevento, subì il martirio,
sorse, tra la fine del Vi e l'inizio del Vii secolo, una basilica
in suo onore. Molto verosimilmente, di essa è rimasto soltanto l'altare, noto alla pietà
popolare come la pietra sulla quale sarebbe stato decapitato il
Santo.
l'eruzione
della Solfatara, avvenuta nel 1198, provocò la sua rovina e fu
più volte restaurata in
seguito ai ricorrenti
sismi,
specialmente
quelli che precedettero la tremenda eruzione con la formazione
del
Monte
nuovo
(1538). Fu ricostruita
in forme più ampie nel
1584, a spese del
Comune di napoli, su
progetto dell'architetto Benvenuto tortelli,
come
ha
scritto
Raffaele Giamminelli (
ozzuoli, luoghi, Storie
e
personaggi,
2,
pozzuoli 1998, pp.,
111 - 112), e su una
porzione di suolo di
proprietà dei canonici
della cattedrale di pozzuoli.
nello stesso tempo, accanto
alla chiesa, fu edificato il convento
dei
Frati
Minori
Cappuccini i quali fin d'allora
l'occupano ed officiano il sacro
edificio con cura e zelo. in un
resoconto - Relatio ad Sacra
limina - sulla diocesi di
pozzuoli, inviato al papa nel
1589 dal vescovo leonardo
Vairo (1587 - 1603), si legge:
" ... la grande et universale
devotione delli signori napolitani hanno edificato un nobile
et bello monastero de' padri
Capuccini sotto la invocatione
di detto santo Gianuario, dove
officiano con tanta devotione
et essemblarità di vita, che
piamente si crede che per l'orationi di detti padri sia cessati li terremoti ch'erano tanto
grandi et assidui che facevano
cascare le case, et davano
gran spavento a gli habitanti,
et da cinque anni in qua che fu
edificato detto monastero non
se n'è sentito altro gratia al
Signore..."
(D.ambrasi,
a.
D'ambrosio, la Diocesi e i
Vescovi di pozzuoli, napoli
1990, p.90). la chiesa di San
Gennaro, dopo il 1584 sia pure
gradatamente,
diventò
un
famoso luogo di culto del
Santo e Vescovo
martire e meta di
continui e devoti
pellegrinaggi, specialmente
da
napoli, sì da meritare il titolo di santuario; per tanto,
tra il 1701 e il
1708, su progetto
dell'architetto
F e r d i n a n d o
Sanfelice
fu
ampliato e reso più
decoroso. Ma un
incendio, scoppiato
nella notte tra il 21
e
22
febbraio
1860, lo semidis t r u s s e .
Restaurato
in
breve tempo, su
disegno dell'architetto
ignazio
Rispoli e a spese
del
comune
di
napoli e dei fedeli
puteolani,
nel
1926 fu arricchito di marmi e
pitture di luigi Tammaro. l'11
febbraio 1945 il vescovo di
pozzuoli
alfonso
Castaldo
(1934 - 1966) elevò il santuario a parrocchia, intitolandola
a San Gennaro vescovo e martire e Santi Festo e Desiderio
martiri,
affidandone
la
cura
vivacizzato con le vetrate isto-
aulitto (1997).
delle anime agli stessi Frati
riate
ad
l'area presbiterale, coperta da
Minori
unica navata, coperta da volta
una pseudo cupola decorata,
Cappuccini.
parroco
fu
il
padre
primo
di
Maria
Russo,
è
Carmelo
a botte unghiata, separata dal
insieme ai pennacchi, da luigi
Giugliano (1910 - 1975). Una
presbiterio con un grande arco
Tammaro, è arricchita dal poli-
lapide marmorea - posta sulla
trionfale.
l'ingresso
cromo altare marmoreo, siste-
facciata
trova posto il coro dei Frati
mato secondo le norme liturgi-
che è la sede delle opere par-
Minori Cappuccini.
che del Concilio Vaticano ii
rocchiali - ne ricorda le bene-
nella cappella a destra dedica-
(962-1965) e sovrastato dalla
merenze
dell'attiguo
con
edificio
queste
Sopra
parole,
ta a san Gennaro, sono custo-
grande tela, dipinta nel 1678
affiancate ad un basso rilievo
diti l'altare paleocristiano con
da pietro Gaudioso, rappresen-
raffigurante il suo volto:
la fenestella confessionis, pro-
tante la decapitazione di San
a p. CaRMElo GiU-
Gennaro.
Gliano
pella dedicata a San
/
Cino/i°
CappUC-
paRRoCo/
apoSTolo
Francesco
inSTan-
ubicata
CaBilE/ E UoMo Di
GRanDi
nella
d'assisi,
di
quella
ViRTU'/
cap-
fronte
di
Gennaro,
è
a
San
stata
di
non DiSSE Mai Di
recente
no allE/ MolTiSSi-
sotto
ME aniME aFFiDa-
scultura di legno poli-
TE/
Mini-
cromo
paSToRalE/
morto,
al
SUo
STERo
la
CoMUniTa'
50°
DElla/
nEl
collocata,
l'altare,
del
una
Cristo
attribuita
ad
un ignoto del secolo
paR-
XV.
nella
lunetta
di
RoCCHia RiCoRDa/
sinistra è raffigurato
GRaZiE
San Francesco, dipin-
SiGnoRE/
11-2-1945
1995.
il
11-2-
to da Salvatore Volpe,
santuario,
-
in quella di destra, il
danneggiato
negli
beato Geremia (frate
anni 1983 - 84 dalle scosse
veniente dall'antica basilica, e
telluriche causate dal bradisi-
il busto marmoreo del Santo,
giornò nell' attiguo convento),
smo fu aperto al culto il 7 apri-
risalente
di antonio isabettini (1992).
le
del
1990,
dopo
ai
primi
anni
del
minore
cappuccino
che
sog-
radicali
secolo XiV. Sovrasta l'altare
Di
opere di restauro, progettate e
una tela di ignoto napoletano
anche
dirette
lucio
del Seicento raffigurante San
aulitto (1974), posta presso
dall'architetto
Gennaro in estasi. all'esterno
l'ingresso del santuario. nella
Margherita lonardo.
della cappella, sul lato sini-
navatella dopo la cappella di
la facciata, preceduta da un
stro,
l'altorilievo
San Francesco c'è un dipinto
viale
dall'ingegnere
D'oriano
e
alberato,
si
è
notevole
questo
una
Beato
tela
si
di
ammira
Vincenzo
presenta
marmoreo di lorenzo Vaccaro
della Madonna del Sorriso di
semplice e suggestiva con un
che raffigura il martirio di san
Flora
profondo pronao, arricchito da
Gennaro, donato al santuario
autentico
due colonne tuscaniche, le cui
nel 1697 dal cardinale arcive-
ammira sul portone dell'atti-
pareti ospitano numerose epi-
scovo
Giacomo
guo convento, è il campanilet-
grafi che ricordano gli eventi
Cantelmo
(1691
1702).
to con l'orologio rivestito di
più importanti della storia del
attraverso
una
monumento. Sul portale inter-
passa in un ampio locale che
di
napoli
-
porticina,
si
no si ammira un delicato bas-
ospita
sorilievo marmoreo raffiguran-
(1994), sovrastato da un ovale
il
fonte
battesimale
te il volto di Gesù, con la coro-
ligneo
na di spine, databile al XVii
emerge, a bassorilievo, il volto
secolo.
del Cristo risorto, di Vincenzo
l'interno,
di
recente
policromo
dal
quale
Bartolini
(1994).
gioiellino,
che
Un
si
riggiole maiolicate, riccamente
decorate, del Settecento.
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la canzone
napoletana
paquito Del Bosco con Mimmo
liguoro alla Vi edizione del
premio Villaricca - Sergio Bruni,
la canzone napoletana nelle
scuole nell’auditorium della Rai
di napoli di viale Marconi.
di mimmo liguoro
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la canzone napoletana è stata un
fenomeno artistico di lunghissima
durata, originato e poi sostenuto
dall’intrecciarsi di diversi, decisivi
elementi. Ci fu, alla base, un
incontro di straordinaria complessità tra i caratteri di una popolazione, che conservava e accresceva una salda vocazione alla musica e al canto poetico , e la passione di autori (musicisti e poeti) che
nelle radici della cultura popolare
trovavano una attraente fonte di
ispirazione.
Questa fusione di costumi di vita,
suggestioni, ispirazioni, riuscì a
dare larghi orizzonti a una forma
d’arte che via via acquistò un profilo sempre più stabile , pur nelle
tante variazioni tematiche. Così,
una antica vena musicale si trasformò, per propria forza interna,
in un ‘genere’ preciso , che nella
sua carta di identità includeva
molteplici elementi, tenuti insieme
però da un riconoscibile filo conduttore. il canto (con molte
varianti vocali), la musica con la
sua flessibilità, le parole venute
dal passato e reinterpretate da
cantori di strada (i posteggiatori,
per le vie e nelle ‘taverne’) o da
salotto (chiamati a intrattenere gli
ospiti di famiglie in festa): su questa ‘rete’ si posò e poi si sviluppò
nel tempo la grande canzone
napoletana, eseguita in base a
moduli ormai inconfondibili e resa
sempre
più
‘nobile’
dalle
firme di eccellenti poeti e
compositori. Un
cammino luminoso, che dal
‘500
proseguì
fino al ‘900.
E c’era, sotto
questo tracciato
già
artisticamente importante, un filo
rosso che ne disegnava la fisionomia in modo ancor più determinante. la produzione canora a
napoli ebbe sempre rapporti stretti con la storia e le condizioni
sociali della città. Da questo terreno di vita vissuta – nel bene e più
spesso nel male della precarietà –
nascevano i sentimenti e i pensieri, gli amori felici o frustrati, le
passioni senza fine e le rassegnazioni disperate, l’ironia sorridente
o il sarcasmo amaro.
adriana Bruni con il maestro
antonio landolfi
E le donne e gli uomini tra il
Vesuvio, la campagna e il mare
divenivano – nell’ispirazione degli
autori- il paradigma dell’amore e
del dolore universali.
napoli, dunque, riflessa con la sua
personalità collettiva (e i suoi
modi di vivere, gioire, soffrire)
emerge da ogni verso, da ogni
nota delle sue canzoni più vere,
descritta e raccontata dai suoi
poeti e musicisti. non ce ne
sarebbe bisogno, tuttavia, a mò
d’esempio,
citiamo
solo
Di
Giacomo e Bovio, Russo e Murolo,
nicolardi,
Capurro
e
Viviani, il contemporaneo
palomba con Valente,
Falvo,
Gambardella,
Cioffi, Vian e tantissimi
altri. E i cantanti, nelle
diverse stagioni, offrirono
alla canzone voci straordinarie per tecnica e sensibilità.
allora, nei canti di napoli
c’è un altro messaggio,
non dichiarato ma evidente e visibile. in quei
versi, e nelle cadenze
della musica, c’è la lunga
e travagliata storia della città, che
è stata scrigno di esperienze
umane, oltre le connotazioni geografiche. Fare esempi sarebbe
troppo lungo, pochi cenni possono bastare . in ‘napule ca se ne
va ‘ c’è la dolente malinconia di
un’epoca che si chiude. in
‘Munastero ‘e Santa Chiara’ , l’amarezza per tutte le distruzioni
della guerra. in ‘Guapparia’, i
costumi degli antichi guappi e la
loro sotterranea fragilità. in
‘Marechiare’ , la perduta leggerezza degli innamoramenti sotto le
finestre. in ‘E lampadine elettriche ‘, l’entusiasmo per le nuovissime tecnologie . in ‘popolo po’ ,
l’atmosfera orgiastica delle passate piedigrotte . in ‘Dove sta Zazà’,
il ritorno del sorriso dopo i bombardamenti e il dopoguerra. in
‘luna rossa’ e in ‘Scalinatella’, la
delusione per legami che non
durano più. in ‘napule canta’, l’animo canoro e sensibile di un’epoca svanita. in ‘Caravan petrol’ , lo
sberleffo per i moderni imprenditori immaginari. in ‘Carmela’, l’identificazione piena tra napoli e
una donna: l’una e l’altra, di fronte alle offese della storia,sono ‘
rosa, preta e stella ‘ .
Un percorso nel mondo della canzone, dalle origini a oggi, offrirebbe imprevedibili materiali per
ricostruzioni storiche dei periodi
che hanno segnato la vicenda
‘Michelemmà’ - va ben oltre il
ritmo di una simpatica filastrocca.
E’ la triste avventura di una fanciulla rapita dai pirati saraceni e
portata in mezzo al mare, in un
tempo di incursioni e scorrerie.
C’è un’ ulteriore lettura ,in conclusione, per le canzoni, oltre le
forme artistiche e spettacolari.
nelle poesie e nelle note si rispecchiano i momenti storici e gli stati
d’animo conseguenti. Una relazione tra la città e i suoi artisti (di
scrittura, di pentagramma, di
voce, di musica) che non è stata
mai elusa. E che
riguarda un’idea di
napoli manifestata in
pienezza di riflessioni.
Quelle calibrate sul
‘sentire’ e sull’appartenenza, e quelle nate
dalla
disincantata
osservazione
della
realtà.
lo dimostra un singolare
confronto.
Fu
l’archivio sonoro
Raffaele Viviani (l’artidella canzone napoletana
sta che dalla realtà
presso la sede Rai di napoli
cruda di napoli attingeva motivi e storie) a
della città. Una vicenda sempre sanzionare un legame tanto forte
aggrovigliata e incardinata su ine- con la città da considerarla l’unico
sorabili punti fermi: il verticismo posto per poterci morire.
del potere, il privilegio delle classi nella sua canzone intitolata “ ‘o
dominanti. E, dall’altro lato della mare ‘e Margellina”, Viviani,
piramide, le condizioni misere del descrivendo le ‘tirate di rezza’ dei
popolo, o plebe, o sottoproletaria- pescatori, dice che i pesci cadono
to che dir si voglia.
nella rete ‘ mieze stunate ‘
al potere, impersonato in era .potrebbero andarsene ma non lo
medioevale
dall’imperatore fanno. perché da quel pezzo di
Federico ii, si rivolgevano i versi mare non si può fuggire : “ …è ‘o
della composizione nota come meglio pizzo ‘e munno pè murì…”.
‘Canto delle lavandaie del Vomero E fu Salvatore Di Giacomo, il
‘: ‘ tu m’haje prummiso quatto grande poeta considerato da una
muccature…’ (Tu mi hai promes- parte della critica come lontano
so quattro fazzoletti…). il canto dai problemi sociali della città, a
ha un timbro di rivendicazione. scrivere , nella canzone “ ‘a luna
per quattro fazzoletti? Ma bisogna nova“, una esortazione rimasta
intendere – osservano alcuni stu- memorabile: “puozze ‘na vota
diosi – ‘fazzoletti di terra’,aree resuscità,
scetate,
scetate,
coltivabili
per
i
contadini. napule , na’….. “
protesta, si, ma protesta sociale.
anche l’altro antico canto -
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a Vivara resti
archeologici dell’età
del bronzo
a cura della pro loco di procida
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procida è un’isola ricca di fascino e
mistero. È la più piccola delle isole
partenopee, ma non per questo la
meno interessante. anzi. procida è
sole, mare, natura, ma anche cultura, storia, folclore, tradizione. E
pochi sanno che procida può vantare anche degli interessanti scavi
archeologici. l’isola, tramite un
ponte, è collegata a Vivara, un isolotto disabitato di circa 32 ettari,
dove sono stati rinvenuti reperti
risalenti al secondo millennio a.C.
negli anni ’70 gli scavi effettuati
hanno portato alla luce i pavimenti di due abitazioni, costituiti da
terreno biancastro pressato ed
indurito risalente, molto probabilmente, all’età del bronzo. il ritrovamento, successivo, di tazze, ciotole, scodelle, vasi di grandi
dimensioni e di una grande piastra
di terracotta per la cottura dei cibi,
hanno rilevato l'esistenza di un
intenso popolamento databile tra il
XVi e il XV secolo a.C., probabilmente di coloni Micenei o premicenei (cultura appenninica). Tali
ritrovamenti testimoniano un’intensa attività commerciale tra le
Cicladi, Creta, il peloponneso e le
culture del Mediterraneo occidentale. Grazie ad una missione
archeologica
patrocinata
dall’istituto Universitario Suor
orsola Benincasa e dall’ istituto
Universitario orientale di napoli è
stato rilevato un porto-approdo
preistorico, oggi sprofondato nel
cratere dell’isola (golfo di Gènito)
a circa 10 metri di profondità.
all'epoca, il golfo era infatti una
grande distesa di sabbia e ciottoli
totalmente emersa che collegava
la zona di Santa Margherita di
procida con Vivara. Qui sono stati
rinvenute delle strutture che facevano da paravento ad aperture
naturali e scale intagliate nel tufo,
nonché un grosso quantitativo di
frammenti di vasi. Tutto ciò fa
pensare che Vivara costituiva un
nodo di collegamento e di commercio in una "rete" di comunicazioni marittime che collegava le
regioni dell'alto Tirreno, sede di
importanti affioramenti di minerali
metallici (fra i quali il rame), con il
Mediterraneo orientale. Di recente, presso l’istituto Universitario
orientale, per l’importanza dei
reperti ritrovati, sono stati costituiti una serie di laboratori archeologici nei quali vengono studiati e
documentati gli oggetti di volta in
volta messi in luce.
Questo piccolo paradiso, però, abitato sin dall’antichità, tra lo stupore e la curiosità di migliaia di turisti oggi è chiuso. Si, avete capito
bene: è chiuso per l’inagibilità del
ponte. nel 2009, saranno dieci gli
anni da quando è stato sbarrato
l’ingresso sull’isolotto di Vivara,
già oasi di protezione naturale, al
centro dell’a.M.p “Regno di
nettuno”, e dal 2002 anche riserva naturale statale nonché sito di
importanza comunitaria, il cui presidente designato è attualmente
l'imprenditore napoletano Maurizio
Marinella. Quando riaprirà è ancora un grosso punto interrogativo.
Riparato il ponte, a dividere Vivara
ed i tanti visitatori sono subentrati problemi di carattere burocratico. Studiosi, ricercatori, studenti,
docenti universitari, associazioni
ambientaliste e turistiche, semplici cittadini sono anni che sollecitano le istituzioni per porre fine a
questo scandalo italiano. il 2009
sarà la volta buona? Speriamo…
a cura delle volontari in s.c.
Mariella, Marinella, angelica
S. alfonso M. de liguori
Un santo a Villaricca
a cura di brunella marziani
“Sant’alfonso Maria de liguori,
fertile autore di canti e di melodie
religiose, un compositore ancora
poco conosciuto”.
il Tannoia, biografo assai utile,
nelle “memorie” del Santo narra
che lo Stesso dopo essere entrato
nel sacerdozio, a partire dal 1726,
si riuniva con altri ecclesiastici
nella villetta del De alteriis presso
napoli e dopo la parca cena se la
divertivano a cantare dolci inni e
canzoni.
Sempre dal Tannoia apprendiamo
che Don Michele De alteriis, morto
in concetto di Santità nacque a
panecocolo (Villaricca) agli inizi
del 1700.
Si iscrisse come novizio alla
Congregazione dei Cinesi in napoli
dove conobbe alfonso Maria De
liguori il quale lo condusse con lui
nell’iniziare la propria missione ma
contro la volontà del padre. Questi
con la forza e le minacce riuscì a
riprendersi il figlio per riportarselo
a casa contro la volontà de
Sant’alfonso.
Quest’atto di violenza gli costò la
morte del proprio primogenito
dopo appena un paio di mesi tanto
da fargli affermare: “io ho tolto un
figlio a Dio e Dio ha tolto un figlio
a me”. più tardi accettò il sacerdozio di Michele il quale visse da
Santo tanto da morire in concetto
di Santità e da suggerire ad un
autore dell’epoca di scrivere e
pubblicare la sua vita.
(da Vita di Sant’alfonso del padre
Tannoia part. ii pag. 100)
Gaetano Errico
il santo del iii millennio
il Generale Superiore
dell’ordine dei Sacri Cuori,
padre alfonso izzo, in visita
a Villaricca
anche Gaetano Errico, il Santo
napoletano del terzo millennio,
fondatore dell’ordine dei Sacri
Cuori è “presente” a Villaricca.
Determinante l’incontro tra il
Santo e la signora Fiorenza
Majone di Villaricca avvenuto nel
1847, utile a che la stessa
Signora donasse lo stabile per la
fondazione dell’orfanotrofio femminile M.M. S.S. dell’addolorata a
Villaricca. la notizia è riportata in
un articolo del giornale edito in
occasione della manifestazione
per l’avvenuta ristrutturazione
dell’orfanotrofio nel 1954. il 10
dicembre di questo anno,
su invito del presidente
della pro-loco armando
De Rosa, il Generale superiore dei Missionari dei
Sacri Cuori, Salvatore
izzo, si è recato a
Villaricca, insieme al presidente del comitato per la
qualità della vita, Vincenzo
D’onofrio per incontrare
il presidente della proloco,
il
parroco,
Gaetano
Bianco, l’assessore alle
politiche sociali del comune di Villaricca, Enzo
Granata. in tale occasione
si è deciso che giovedì 18
dicembre 2008, l’ora di
adorazione dei parrocchiani della Chiesa S. Maria
Dell’arco
si
terrà
a
Secondigliano, nella casa
del Santo. in quella occasione sarà donato al
museo del Santo Gaetano
Errico l’opuscolo a testimonianza
di
un’altra
buona azione da attribuire
al Santo stesso.
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ElEnCo Unpli
napoli
aCERRa
CaMpoSano
presidente: luigi Raiola
GRaGnano
pro loco di acerra
presidente: Ciano
Montesarchio
Tel. 081.5202816
pro loco Camposano
presidente: aniello Gatta
Tel: o81.8265299
CaSTEllo Di CiSTERna
pro loco di Gragnano
presidente: Ruggiero
Sabato
Tel: 081.8733686
aFRaGola
pro loco di afragola
presidente: Grillo Claudio
Tel. 081.8694697
aGERola
pro loco di agerola
presidente: Claudio Grillo
Tel: 081.8694697
anaCapRi
CaSalnUoVo Di napoli
pro loco di Casalnuovo di
napoli
presidente: Michele
piccolo
Tel: 081.8421362
CaSaMaRCiano
pro loco “Hyria”
presidente: Fausta alfano
Tel: 081.8231614
aRZano
CaSaMiCCiola TERME
pro loco di arzano
presidente: Ciro Mainini
Tel: 081.7312241
pro loco di Casamicciola
Terme
presidente: andrea di
Massa
Tel/Fax: 081.980310
pro loco di Bacoli
presidente: Giorgio
Costigliola
Tel: 081.5234563
BaColi
pro loco di Baia
presidente: Maria
Rodriquez
Fax: 081.8687397
BoSCoREalE
pro loco “Vesevus”
presidente: Ciro Trito
Tel: 081.5372134
BRUSCiano
pro loco di Brusciano
presidente: Sebastiano
piccolo
44
pro loco di Capri
presidente: Ferraro
Tel: 081.8382910
pro loco “apragopoli”
presidente: antonio de
Turris
Tel: 081.8371065
BaColi
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CapRi
CaiVano
pro loco di Caivano
presidente: luigi popolo
CaiVano
pro loco di Caivano
presidente: Sebastiano
paolone
CalViZZano
pro loco di Calvizzano
presidente: Giuseppe
Mazzei
CaSanDRino
pro loco di Casandrino
presidente: Francesco
d’abronzo
Tel: 081.8339732
CaSaVaToRE
pro loco di Casavatore
presidente: Biagio puzone
Tel: 081.5732842
CaSola Di napoli
pro loco di Casola di
napoli
presidente: Maria
Giuseppa abbagnale
Tel: 081.8012457
CaSoRia
pro loco di Casoria
presidente: Donatella
Fatone
Tel: 081.7361205
CaSTEllaMMaRE Di STaBia
pro loco di
Castellammare di Stabia
presidente: antimo
assuntore
CaSTEllaMMaRE Di STaBia
pro loco di
Castellammare di Stabia
pro loco “Castrum”
presidente: arch. andrea
Di Sena
Tel: 081.8038560
CERCola
pro loco di Cercola
presidente: Francesco
Romano
CiCCiano
GRUMo nEVano
pro loco di Grumo
nevano
presidente: Carlo
Capuano
Tel: 081.5055157
iSCHia
pro loco Cicciano
presidente: prof. Barbato
napolitano
Tel: 081.8248887
pro loco d’ ischia
presidente: Davide
Mannini
CiMiTilE
lETTERE
pro loco di Cimitile
presidente: Maurizio
Martiniello
Tel: 081.5123126
pro loco di lettere
presidente: antonio
Ruocco
Tel: 081.8021337
CoMiZiano
MaRiGlianElla
pro loco di Comiziano
presidente: Severino
Restaino
Tel.: 081.8234365
pro loco di Mariglianella
presidente: Giuseppe
Guarnaschelli
ERColano
pro loco “Hercvlanevm”
presidente: Domenico
Cuciniello
Tel: 081.19312044
FRaTTaMaGGioRE
pro loco di
Frattamaggiore
presidente: angelo della
Corte
Tel: 081.8891407
FRaTTaMinoRE
pro loco di Frattaminore
presidente: Carmine
Crispino
Tel: 081.8315110
GiUGliano in CaMpania
pro loco di Giugliano
presidente: pasquale
Domenico Savino
Tel: 081.5065872
GiUGliano in CaMpania
pro loco di litorale
Domitio
presidente: luigi De
Martino
Tel: 081.8391410
MaRano Di napoli
pro loco di Marano di
napoli
presidente: Maria Veccia
Tel. 081.7426319
MaRiGliano
pro loco di Marigliano
presidente: Carolina
Bellonato
Tel: 081.8851913
MaSSa Di SoMMa
pro loco di Massa di
Somma
presidente: Gerardo
Vicedomini
Tel. 081.7719248
MaSSa lUBREnSE
pro loco di Massa
lubrense
presidente: Gaetano
Milone
Tel: 081.5339021
MaSSa lUBREnSESanT’aGaTa SUi DUE
GolFi
pro loco di Sant’agata sui
due Golfi
presidente: Donato
iaccarino
Tel: 081.5330135
METa Di SoRREnTo
pimonte
San ViTaliano
SoRREnTo
pro loco “Terra delle sirene”
presidente: Francesco
Marra
Tel: 081.5321402
poMiGliano D’aRCo
pro loco di San Vitaliano
presidente: antonio
Spiezia
Tel: 081.8441461
pro loco di Sorrento
presidente: Ugo nappi
Tel: 081.8074713
MonTE Di pRoCiDa
pro loco di pomigliano
d’arco
presidente: nicola Foglia
Tel/Fax: 081.8033476
poMpEi
pro loco di Monte di
procida
presidente: Valentino
parascandola
Tel: 081.8681161
pro loco di pompei
presidente: Giuseppe
alfredo Berrito
Tel: 081/8636353
MUGnano Di napoli
poRTiCi
pro loco di Mugnano
presidente: Francesco
Vallefuoco
pro loco di portici
presidente: luigi
Snichelotto
Tel: 081.7754012
napoli
pro loco di napoli
presidente: Massimo
Montisano
nola
pro loco di nola
presidente: luigi
Buonauro
Tel/Fax: 081.5124901
oTTaViano
pro loco di ottaviano
presidente: Salvatore
Visone
Tel: 081.8278278
palMa CaMpania
pro loco di palma
Campania
presidente: antonio
Ferrara
Tel: 081.8246304
piano Di SoRREnTo
pro loco di piano di
Sorrento
presidente: Giovanni
iaccarino
Tel: 081. 8028592
piMonTE
pro loco di pimonte
presidente: Carmine
longobardi
Tel: 081.8792550
poGGioMaRino
pro loco di poggiomarino
presidente: Renato
palmieri
Tel: 081.3381569
pollEna TRoCCHia
associazione pro loco
di pollena Trocchia
presidente: Francesco
poZZUoli
pro loco di pozzuoli
presidente: luigi
loporchio
Tel: 081.5249572
pRoCiDa
pro loco di procida
presidente: Fabrizio
Borgogna
Tel: 081.8968089
QUaRTo
pro loco di Quarto
presidente: Francesco
Baiano
Tel: 081.8762420
QUaliano
pro loco di Qualiano (na)
presidente: luigi
Catuogno
RoCCaRainola
pro loco di Roccarainola
presidente: Domenico
Sirignano
Tel: 081.5119301
San GioRGio a CREMano
pro loco di San Giorgio a
Cremano
presidente: Gennaro
improta
Tel: 081.486793
San GiUSEppE VESUViano
pro loco di San Giuseppe
Vesuviano
presidente: Gennaro
ambrosino
Tel: 081.822178
SanTa MaRia la CaRiTa’
pro loco di Santa Maria
la Carità
presidente. Gianpaolo Di
Ruocco
Tel: 081.8026588
SanT’anaSTaSia
pro loco Sant’anastasia
presidente: Enrico
Cascone
SanT’anTiMo
pro loco di Sant’antimo
presidente: arcangelo
Stanzione
Tel: 081.5059082
San GEnnaRo VESUViano
pro loco di San Gennaro
Vesuviano
presidente: Donato alfani
Tel: 081.8286354
San paolo BElSiTo
pro loco di San paolo
Belsito
presidente: Maria Rosaria
Coda
Tel: 081.5105085
San SEBaSTiano al
VESUVio
pro loco di San
Sebastiano al Vesuvio
presidente: luigi Di Fiore
Tel: 081. 7717917
SaViano
pro loco “il Campanile di
Saviano”
presidente: antonio
Baggiani
Tel: 081.5510432
SanT’anTonio aBaTE
pro loco di Sant’antonio
abate
presidente: Ciro
D’antuono
Tel: 081.8735377
SoMMa VESUViana
pro loco di Somma
Vesuviana
presidente: Francesco
Mosca
Tel: 081.8992631
STRiano
pro loco di Striano
presidente: Vincenzo
Fiore
Tel: 081.3380642
TERZiGno
pro loco di Terzigno
presidente: Giovanni
auricchio
Tel: 081.8284494
ToRRE annUnZiaTa
pro loco di Torre
annunziata
presidente: Ciro Maresca
Tel: 081.8623163
TRECaSE
pro loco “Vesuvio”
presidente: pietro Di
Donna
Tel: 081.8618003
TRECaSE
pro loco di Trecase
presidente: Francesco
nonifacio
Tel: 081.7416040
ToRRE DEl GRECo
pro loco di Torre del
Greco
presidente: antonio
altiero
Tel: 081.8474337
TUFino
pro loco di Tufino
presidente: Filomena
Silvano
ViCo EQUEnSE
pro loco di Vico Equense
presidente: augusto
Rossano
Tel: 081.8798697
VillaRiCCa
pro loco di Villaricca
presidente: armando De
Rosa
Tel: 081.5062272
ViSCiano
pro loco Visciano
presidente: Giuseppe
paolo nappi
Tel: 081.8299898
u
n
p
l
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n
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