Amici di Brugg punta forte su alta definizione e 3D

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Amici di Brugg punta forte su alta definizione e 3D
ISSN 1970-7428
GRIFFIN EDITORE
www.griffineditore.it
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Anno VIII
Ricerca&Sviluppo
Numero 6/2013
Amici di Brugg punta forte
su alta definizione e 3D
Rimini, la tecnologia al servizio della formazione:
così prende forma una nuova esperienza congressuale
Sanità e politica
Dental Market
Fotografia digitale
VIENI A TROVARCI IN FIERA (Amici di Brugg, Rimini, 23-25 maggio)
Padiglione C5 - Stand 16
NICOLA PERRINI
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PRIMA PAGINA
Ricercare la performance
o fornire cure sostenibili?
EDITORIALE
Paolo Pegoraro
[email protected]
La crisi ha investito anche il mondo odontoiatrico. «È il momento di spostarsi
verso un approccio più pratico ed eventualmente più economico» dichiara
Nicola Perrini. Protesi sociale e cure standard diventano le parole chiave
Torna il convegno odontoiatrico più affollato d’Italia. Gli Amici
dal 23 al 25
di Brugg si riuniscono a Rimini in questi giorni (d
maggio) per l’edizione 56 del loro congresso. In contemporanea, proprio in occasione del congresso, esce questo numero di Italian Dental Journal.
Il congresso degli Amici di Brugg quest’anno ha saputo davvero rinnovarsi, almeno dal punto di vista organizzativo, puntando sulle nuove tecnologie: dall’intervento chirurgico in 3D
alla proiezione di immagini in alta definizione si sperimenta
una nuova esperienza congressuale.
Dal punto di vista dei contenuti scientifici, dopo tre anni dedicati principalmente all’estetica, il nuovo presidente dell’associazione, Nicola Perrini, si trova a svolgere il proprio mandato
in una situazione economica molto difficile, che impone agli
odontoiatri una profonda riflessione e un ripensamento della
propria attività professionale. Perrini ce ne ha parlato in una
lunga e schietta intervista che abbiamo realizzato proprio alla
vigilia del congresso.
Dottor Perrini, cosa si propone il cinquantaseiesimo congresso degli Amici di Brugg?
La nostra intenzione, considerando anche il momento
particolare dell’economia del
Paese e del mondo odontoiatrico, è quella di presentare un
congresso che venga più incontro alle esigenze quotidiane dello studio, senza per
questo allontanarsi dall’eccellenza del lavoro: l’eccellenza
va bene, l’estetica va bene, ma
tutto fino a un certo punto.
È giunto il momento di spostarsi verso un approccio più
pratico ed eventualmente più
economico, senza per questo
abbassare il livello delle prestazioni offerte. In questi ultimi anni, in tutti i congressi, si
è parlato quasi sempre di estetica, mentre la protesi sociale
praticamente è scomparsa,
quando invece nei nostri studi osserviamo come la sua richiesta stia notevolmente aumentando.
Non si intravede una ripresa
nei prossimi anni, sarà molto
difficile ed estremamente lenta. Oggi, sia nella richiesta di
prestazioni, che nel consumo
di materiale, che nella spesa
siamo in una fase di contrazione, di riduzione drammatica. D’altra parte sarebbe assurdo che solo il comparto
odontoiatrico tirasse rispetto
a tutti gli altri; ha effettivamente resistito fino allo scorso anno per poi entrare in crisi notevole quest’anno.
Quindi il vostro interlocutore principale è il dentista generico?
Sì, è a questa figura che essen-
zialmente ci indirizziamo,
non al superspecialista.
È una figura che non è cambiata negli anni. Il dentista generico, eccettuate alcune
branche dell’odontostomatologia quali ad esempio l’ortodonzia o la chirurgia più
complessa, svolge un po’ tutte
le branche, dall’endodonzia,
alla parodontologia alla protesica fissa e mobile. Ha una
preparazione di base per venire incontro in toto ai desideri
del paziente. Da questo punto
di vista, il suo lavoro è oggi
praticamente uguale a quello
di venti o trent’anni fa.
Quello che disgraziatamente
è cambiata in questi ultimi
tempi è la richiesta, che è meno sofisticata, più economica
ed efficiente.
In secondo luogo è cambiato
il numero delle prestazioni:
siamo passati nel giro di un
paio di decenni da 15.000
dentisti a 60.000. Il rapporto
tra popolazione e dentisti è di
circa uno a mille e i più giovani hanno enormi difficoltà a
inserirsi. Anzi, non si inseriscono proprio: stiamo creando una classe di disoccupati
in odontoiatria. Assistiamo a
odontoiatri laureati che si offrono agli studi per eseguire
prestazioni di igiene orale, come igienisti dentali.
Come deve essere affrontata
questa difficoltà?
Non si tratta di un problema
di tecniche o di applicazioni,
ma è essenzialmente politico,
perché fino a che non si ridurranno i 900 studenti che
ogni anno si iscrivono in una
delle 35 università italiane – si
> Nicola Perrini,
presidente Amici di Brugg
tratta di un record mondiale
– le cose non potranno migliorare.
È necessario che il numero di
ammessi alle facoltà di odontoiatria sia più ristretto, almeno per un certo numero di
anni. Basti pensare alla mia
regione, la Toscana, che è già
satura di dentisti e dove ogni
anno escono dalle università
più di cento dentisti.
Quindi, nella situazione in cui
versa l’odontoiatria, a modo
di vedere mio e della società
che rappresento, non è più
tanto importante puntare all’eccellenza e alla modellazione michelangiolesca, ma è
importante rivolgersi, soprattutto ai giovani, in termini
pratici. Cerchiamo di metterli
nelle condizioni di poter almeno fare qualcosa visto che,
proprio per l’enorme pletora
di iscritti, la preparazione con
cui escono i ragazzi dall’università non è assolutamente
sufficiente per affrontare la
professione.
L’associazione Amici di
Brugg ha avviato un’iniziativa specifica per i giovani, di
cosa si tratta?
Abbiamo un progetto giovani, lanciato quest’anno a
Santa Margherita Ligure.
Stiamo creando, intorno alle
figure presenti da anni nella
nostra associazione, un grup-
IL CAMBIO DI PROSPETTIVA
NEI CONTENUTI DEL CONGRESSO
«Non possiamo passare bruscamente da trattazioni di argomenti di altissimo livello alla protesi sociale, ma dobbiamo andare in quella direzione», ci dice il presidente degli
Amici di Brugg Nicola Perrini.
Il corso precongressuale, che riguarda le componenti estetiche e funzionali in protesi fissa, è emblematico di questo
approccio: la componente estetica e quella funzionale sono abbinate. Non si parla più di estetica fine a se stessa,
ma di estetica funzionale: «possiamo chiamarla mimetizzazione del lavoro – spiega Perrini –, funzionale alle esigenze
della masticazione e alle esigenze economiche del paziente. Il tutto è applicato alla protesica, che è una delle branche privilegiate dal dentista generico; quella da cui tradizionalmente arriva il maggior utile ed era considerata un po’ il
cavallo di battaglia del dentista».
Un altro esempio del cambio di prospettiva è costituito da
una relazione di anatomia in rapporto alla chirurgia: quali
sono le strutture presenti nella zona in cui il dentista opera,
ciò che il dentista deve sapere nel momento in cui effettua
un atto chirurgico «e che spesso non sa – puntualizza il
presidente degli Amici di Brugg – come dimostra il contenzioso legale che sta aumentando, soprattutto a carico dell’implantologia». Già questo rappresenta una sterzata dall’ambito delle considerazioni di estetica. Un’altra relazione
tratta la detersione del canale radicolare con un sistema
particolare: anche in questo caso si tratta di una tecnica
piuttosto economica e alla portata del dentista generico.
R. T.
Rilasciare le tensioni
fa bene alla clinica
Maggio per i dentisti italiani è il mese di Rimini e del
suo storico congresso. Anche quest’anno Amici di
Brugg apre la bella stagione con l’appuntamento più
tradizionale per gli odontoiatri, anzi per tutto il team.
Una consuetudine fortunata e imperdibile: per chi ha
una certa abitudine a frequentare il congresso riminese inevitabilmente scattano meccanismi mnestici – un
neurologo parlerebbe di memoria limbica, la più antica
ed emozionale – fatti di odori (il mare, la spiaggia di
mattina, le fragranze dei primi solari), di sapori (la cucina romagnola, di terra e di mare) e di suoni (le risate
e il suono aperto della bella parlata locale, così come
le musiche stordenti la sera, il vociare allegro nelle trattorie, e poi la mattina i più quieti trilli delle biciclette dirette al mare).
In un clima del genere, dedicare la giornata all’aggiornamento professionale – che poi a Rimini è quello vero e di base – diventa un compito per nulla gravoso. E
quanti giovani ogni anno: studenti ancora o freschi di
laurea, affollano a migliaia i saloni della fiera per poi riversarsi al congresso per imparare.
I giovani: non se ne è mai parlato tanto come in questi
anni di crisi. Esiste davvero un conflitto tra generazioni? I giovani troveranno un lavoro soddisfacente o saranno costretti ad anni ed anni di “sala d’attesa” prima
che i colleghi più anziani, in molti casi a loro volta in difficoltà, cedano le armi per ritirarsi in pensione?
Occorre dire che recenti indagini riportano come tra
una decina d’anni sia previsto il progressivo pensionamento di un numero molto importante di odontoiatri, in
particolare laureati in medicina e chirurgia, specialisti
e non, per arrivare a quello che può definirsi un anno
di svolta, il 2025, in cui addirittura è previsto il dimezzamento del numero dei dentisti in Italia. Ma siccome
la crisi è oggi, ed è oggi e non domani che occorre
mangiare, forse dovremo offrire ai più giovani parole
che non siano soltanto di speranza o di magra consolazione. Senza colpevolizzarli troppo se si danno da fare nei centri low cost: che c’è di male?, e tutto sommato perfino se cedono alla tentazione di laurearsi all’estero per dribblare il numero chiuso. Sul quale ho sempre nutrito qualche dubbio: la selezione la dovrebbero
fare non i quiz d’ingresso ma esami seri e indigesti, come si usava un tempo.
È il corso di studi che seleziona, e deve farlo senza
pietà non tanto per un malinteso spirito protezionistico
nei confronti degli iscritti all’ordine, quanto piuttosto
per il paziente. Il quale di questi tempi è l’anello fragile
della catena: si cura meno d’un tempo e quindi fa meno prevenzione (con un certo cinismo si potrebbe dire
che “investe” sull’odontoiatra che lo curerà domani), è
frastornato da proposte di viaggi all’estero-vacanze-ecure-comprese, dalle allettanti profferte dei centri discount (che a volte non sono neppure malaccio in
realtà), dalle minacciose prospettive di disastri orobuccali qualora scelga di curarsi in altri lidi. E poi l’odontoiatria pubblica che un giorno sembra risorgere e
l’altro no, e le terapie che si fanno più sofisticate ma più
complesse, man mano che il conto corrente alza più in
alto il suo lamento accorato.
Che dire quindi ai neolaureati? Sono certamente l’ultimo a poter avanzare proposte o profilare soluzioni.
Lascio all’Andi le indagini sul futuro occupazionale e
confido nella stoffa dei giovani: in questo dissento un
poco da quello che dice l’amico Andrea Russo, storico presidente Aiso, il quale dichiara (nell’intervista di
pag. 10) che le esigenze degli studenti sono le stesse
di un tempo: io credo che siano invece più elevate e
forse, a causa dell’ansia, più impellenti e precise. E allora consiglio agli studenti di tirare un respiro profondo
e di venire a Rimini, abbandonando i patemi e la crisi
e abbracciando piuttosto il sole, la spiaggia e l’aggiornamento sicuro di Amici di Brugg.
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DENTAL PRESS
po di giovani che cerchiamo
di rendere di volta in volta più
numeroso, soprattutto motivandoli scientificamente e
dando loro uno spazio per
presentare piccole relazioni
nell’ambito delle nostre manifestazioni. Cerchiamo in
questo modo di creare un ricambio anche nella società.
Il progetto è iniziato bene,
anche se è ancora troppo
presto per poterne valutare i
risultati.
Dal punto di vista clinico, al
di fuori dei settori di punta,
ci sono novità?
In questo momento ce ne sono poche, sono tutte rivisitazioni di cose che utilizziamo
già da diversi anni. Più che altro si tratta di puntualizzazioni. Qualche novità la possiamo trovare a livello radiologico, con i nuovi sistemi per la
radiologia a basso dosaggio.
L’odontoiatria specialistica si
è arricchita negli ultimi anni
di nuove tecnologie, sofisticate ma costose: qual è stato il
loro impatto sull’attività del
dentista generico?
Nel piccolo studio monoprofessionale, che rappresenta i
quattro quinti di quelli esistenti in Italia, di tutte queste
tecnologie che vengono presentate ai congressi non ne è
entrata
neanche
una.
Nessuno, per esempio, può
permettersi una tac per implantologia. Le più economiche si aggirano intorno ai cinquanta, sessantamila euro, fino ad arrivare a duecentocinquantamila. Ne consegue che
questo tipo di analisi è alla
portata solo di grosse strutture o di professionisti molto
affermati da anni.
Dei progressi molto belli, di
cui ci riempiamo la bocca, al
dentista generico non viene
nulla. Per potersi servire di
queste attrezzature è costretto
a rivolgersi o a istituti radiologici o a centri specializzati,
quindi sottoponendo il paziente a ulteriori costi.
Come si riflettono le difficoltà economiche su quella
formazione continua che dovrebbe caratterizzare l’attività di qualunque professionista?
La criticità della situazione
attuale si traduce anche in
una caduta delle richieste di
aggiornamento, non perché
il dentista non voglia aggiornarsi, ma perché non ha la
possibilità materiale di permettersi i corsi di formazione. Spostarsi in un’altra
città, pernottare due o tre
notti e pagare il costo di un
congresso: il dentista che lavora poco è costretto a tagliare anche sul proprio aggiornamento. Questo è il
problema di base. Tanti congressi e decine di corsi vengono annunciati e poi annullati per mancanza di
iscrizioni. La realtà è dunque un po’ diversa da come
potrebbe apparire.
Come ne risente il rapporto
tra dentista e paziente?
Anche l’approccio del paziente verso il dentista è
cambiato. Abbiamo pazienti
fidelizzati da anni a cui è
possibile offrire un trattamento di qualità. Ma oggi si
sta creando una nuova tipologia di pazienti: sempre più
spesso c’è chi gira anche una
decina di studi per trovare
quello dove a parità di prestazioni (ma non si parla di
qualità della prestazione)
viene fatto un preventivo
minore.
Questo è il genere di pazienti che alimenta il turismo
odontoiatrico o addirittura
finisce nelle mani degli abusivi.
Non dimentichiamo che, secondo certe inchieste, in
Italia esistono ancora circa
15.000 abusivi e il problema
non appare di prossima soluzione.
Se un capomastro si mette a
fare l’ingegnere e progetta
un palazzo che poi crolla,
viene arrestato; se invece
l’impiegato delle poste si
mette a fare il dentista e viene scoperto, prende una
multa di poche migliaia di
euro, gli viene chiuso lo studio, che poi riapre qualche
metro più in là come se non
fosse successo nulla.
Il prestanomismo sta lentamente calando, perché va
contro non tanto alle leggi
dello stato quanto alle norme dell’ordine dei medici e
quindi comporta una sospensione. Ma purtroppo
esiste proprio una carenza
legislativa rispetto all’abuso
della professione odontoiatrica. Sembra che non importi a nessuno, altrimenti si
sarebbe provveduto… È
strano che non si corra ai ripari per risolvere una situazione che la stessa Andi denuncia da decenni.
In questi ultimi anni sono
entrati sul mercato italiano
competitor multinazionali e
centri odontoiatrici aperti
in franchising. Qual è l’impatto sull’attività del dentista generico?
Sono centri in fortissima
espansione. È il mercato che
detta le regole ed è praticamente impossibile porre un
freno; sono studi legalmente
costituiti in cui lavorano
odontoiatri regolarmente
laureati. Molti dei ragazzi
che non trovano un’occupazione decente si rivolgono
proprio a questi centri per
ottenere un impiego. Ma se
si considera che si tratta di
giovani con poca esperienza
e scarsa manualità, si può capire qual è il prodotto finito...
E poi ci sono casi ancora più
gravi: non di rado capita di
sentire che uno di questi
centri viene chiuso; per
esempio è recente una chiusura disposta perché un igienista svolgeva la pratica
odontoiatrica.
Un altro fenomeno – terrificante per la classe medica –
sono gli studi che acquistano
pagine intere sulle riviste per
proporre sconti del 50% su
ipotetiche tariffe nazionali,
che in realtà non esistono. Le
associazioni nazionali reagiscono ma non hanno alcun
potere di interferire con le
scelte economiche del singolo dentista. L’Andi può fare
un richiamo, che però il dentista generalmente ignora.
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Cosa può fare il dentista generico per non essere schiacciato da questa situazione?
L’unica possibilità è aumentare il livello di qualità della sua
attività quotidiana, ma questo
significa fare un investimento
sulla professione e oggi è abbastanza complesso, per le ragioni di cui abbiamo parlato.
Anche chi organizza congressi
deve tenere conto della realtà;
puntare a ottenere un’ampia
partecipazione è importante
ma non sufficiente.
A volte, all’uscita della sala il
commento è: «sì, cose bellissime, ma al di là delle nostre
possibilità…». In questi casi,
anche un congresso può essere fonte di grande frustrazione.
“Tutto ciò che non è alla portata di tutti non è scienza”, si
diceva una volta. Oggi assistiamo invece a una spaccatura molto netta tra la gran parte dei dentisti e i cosiddetti
opinion leader – e anche tra
questi bisogna distinguere chi
lo è davvero e chi è sponsorizzato dalle aziende, perché il
commercio è l’anima di tutto
al giorno d’oggi e questo è un
grave problema. Questi due
gruppi si suddividono la
clientela. I pazienti benestanti
si rivolgono ai superspecialisti, i poco abbienti hanno un
altro canale, che è ormai saturo. Quindi la grande maggioranza dei cittadini si trova di
fronte a una situazione diversificata e sceglie su una scala di
professionisti che, dal dentista
generico affidabile e preparato, scende fino agli abusivi.
Il dentista generico deve puntare sul radicamento sul territorio e su una qualità che sia
accessibile e non necessariamente di livello eccelso.
Prendiamo l’esempio di una
otturazione estetica, ci sono
colleghi che per farla impiegano due ore; un dentista normale non ha la tecnica e neppure le due ore: è sulla base
della propria clientela che
mette in atto le proprie terapie.
È a questo dentista che si rivolge la nostra associazione.
Quindi l’impronta che cercherò di dare, a partire da
questo congresso e nell’attività del prossimo triennio, è
nel segno di un’odontoiatria
economicamente sostenibile,
semplice ma corretta perché
rispettosa dei principi biologici. Nessuno disconosce l’importanza dell’estetica, ma non
bisogna diventarne schiavi.
Già i nostri fondatori Augusto
Biaggi e Luigi Castagnola ripetevano sempre che il nostro
congresso si deve differenziare da tutti gli altri perché chi
vi partecipa, quando torna in
studio il lunedì successivo, deve essere in grado di applicare
buona parte di quel che è stato presentato.
Renato Torlaschi
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DENTAL PRESS
Italian Network of Dental Research
per la ricerca scientifica e tecnologica
La clinica odontoiatrica universitaria diretta da Roberto Weinstein presso l’Irccs Galeazzi di Milano
è il motore di una rete di collaborazione con altre realtà di ricerca impegnate nella cosiddetta medicina
traslazionale. Questa «rete» di laboratori può essere utilizzata dall’industria per studiare nuovi prodotti
Una delle grandi difficoltà dei
ricercatori italiani, sia di provenienza biomedica che
scientifica o umanistica, è
quella di uscire dai laboratori
universitari per far fruttare le
loro idee con brevetti, spinoff e progetti di collaborazione con il mondo imprenditoriale. Eppure sembra evidente
che il contatto tra il mondo
accademico e quello del business contribuisca in modo rilevante a generare anche nuove idee e progetti di ricerca,
più vicini alle esigenze del
mercato e quindi con maggiori probabilità di sopravvivenza. Basti pensare a quanto
succede oltreoceano: l’investimento di 300 miliardi in ricerca e sviluppo da parte delle imprese americane nel
2012 rappresenta il 2% del
prodotto interno lordo degli
Stati Uniti. Molti economisti
ritengono che un paese raggiunge un optimum nella capacità di innovare se investe
almeno il 3% della ricchezza
prodotta in R&S se questo 3%
è rappresentato da almeno il
2% di investimenti in sviluppo tecnologico delle imprese
e da almeno l’1% di investimenti in ricerca scientifica da
parte dello stato. L’industria
americana ha raggiunto, dunque, questo obiettivo considerato desiderabile. E la performance è tanto più significativa se si tiene conto che le imprese americane finanziano
direttamente la maggior parte
della spesa in R&S: su 303 miliardi di dollari spesi, infatti,
ben 270 risultano di fonte
propria e solo 33 miliardi di
origine pubblica.
L’università ha come mission
quella di produrre didattica e
ricerca: ma la ricerca scientifica è indispensabile sia come
palestra dove sviluppare ed
esercitare la capacità di adottare sempre nuove soluzioni
basate su un nuovo sapere,
sull'innovazione, sulla cultura durante la formazione, sia
come sorgente di idee, metodi e concetti per il progresso
della società. Alle università
spetta perciò non solo l'insegnamento delle conoscenze
già raggiunte, dello stato dell'arte insomma, ma anche del
metodo per affrontare le sfide
e i problemi del futuro.
Oggi la ricerca, da sempre un
investimento di medio e lungo periodo, ha assunto anche
una funzione di breve perio-
do: i risultati ricadono sul
mercato e la ricerca diventa
non solo un investimento
pubblico, ma un servizio che i
privati possono acquistare. In
altre parole l’università può
avere dall’industria, in parallelo e in direzione opposta,
input di sperimentazione, verifica e controllo sui quali
prestare l’opera dei giovani ricercatori: molto spesso, infatti, le aziende che producono
materiali hanno bisogno di
test e sperimentazioni che i
centri universitari sono in
grado di produrre e organizzare.
È possibile che aziende e laboratori di ricerca universitari
sviluppino insieme progetti di
ricerca clinica per ottimizzare
alcune metodiche, dal punto
di vista biologico, dei tempi,
della semplificazione delle
procedure cliniche e anche
dei costi economici da sostenere. I laboratori imparano a
confrontarsi con i reparti di
ricerca e sviluppo delle aziende facendo un po’ come se le
istituzioni universitarie fossero, per alcuni aspetti, degli
outsourcing.
La medicina traslazionale
e l’Italian Network
of Dental Research
Stanno nascendo in Italia alcune realtà universitarie d’eccellenza che iniziano a offrire
un'ampia gamma di servizi di
ricerca analitica, consulenza e
test a supporto delle industrie
farmaceutiche e biotecnologiche che sviluppano e producono nuovi farmaci, dispositivi medicali e prodotti
per la salute. Questo accade
anche in area odontostomatologica, in realtà specifiche
di alto livello dove è possibile
contare sulle conoscenze tecniche adeguate, su test affidabili, sui migliori strumenti
per soddisfare i più severi requisiti scientifici e tecnici e
sulla disponibilità di professionisti ricercatori che conoscono molto bene i materiali
e la tecnica, in molti casi il
prodotto che verrà commercializzato.
Proprio su questo tema abbiamo incontrato il professor
Roberto Weinstein, direttore
del Servizio di odontostomatologia dell’Istituto ortopedico
Galeazzi di Milano. Già presidente del corso di laurea in
odontoiatria e protesi dentaria
e direttore del Centro interuniversitario di medicina e
bioingegneria, il professor
Weinstein annuncia oggi a
Italian Dental Journal la nascita dell’Italian Network of
Dental Research.
«Un sogno si sta realizzando,
ed è quello di costruire e organizzare una rete di laboratori
di ricerca che noi coordiniamo
– soprattutto Massimo del
Fabbro che ne è il responsabile – per poter fare ricerca da
offrire all’industria italiana in
qualsiasi ambito dell’odontostomatologia» ci ha detto il
professor Weinstein.
«Penso che ci siano tantissime
aziende del settore dentale italiano che non hanno dimensioni tali da avere un reparto di
ricerca e sviluppo al loro interno, per cui si trovano spesso
nella condizione di dover andare ad appaltare a laboratori
esterni la verifica per esempio
della crescita di batteri su una
> Roberto Weinstein, direttore
del Servizio di odontostomatologia
dell’Irccs Istituto Ortopedico
Galeazzi di Milano
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DENTAL PRESS
BEATRICE LORENZIN
AL MINISTERO DELLA SALUTE
Beatrice Lorenzin, romana, classe 1971, esponente del Pdl,
è il ministro della Salute del governo guidato da Enrico Letta.
Per il mondo odontoiatrico non è un volto nuovo: lo scorso
febbraio Beatrice Lorenzin è stata una delle poche figure
della politica a rispondere all’invito del Tavolo del Dentale
– organismo che riunisce le principali sigle sindacali in rappresentanza dell’intera filiera del settore odontoiatrico –
che aveva organizzato un incontro presso l’Hotel
Nazionale di Roma, che non a caso si affaccia su Piazza
Montecitorio, sede del Parlamento.
In quell’occasione il neo ministro aveva dimostrato di conoscere le peculiarità e le criticità del settore odontoiatrico.
«Il problema principale della vostra categoria è che venite
considerati e trattati dall'opinione pubblica non come medici ma come professionisti» aveva dichiarato Beatrice
Lorenzin, secondo la quale il primo passo da fare sarebbe
stato quello di «riportare tutto all'interno della sfera medica» nonostante la forte resistenza culturale che va nel senso opposto. Cure dentali come atto medico, quindi.
Il neo ministro della Salute, sul fronte degli interventi realizzabili nel breve periodo, aveva individuato con sicurezza la
strada da percorrere: «Credo che il sistema della deducibilità sia il migliore. Il vantaggio è per tutti: voi incentivate
l'offerta, lo stato fa emergere il "nero"» aveva spiegato
Beatrice Lorenzin, aggiungendo poi che sarebbe stato necessario rivedere il meccanismo degli studi di settore.
«In quell’occasione – ricorda Pierluigi Delogu, presidente
Aio – in alcuni momenti Lorenzin parlò con singolare competenza, discutendo con Aio e con il resto della filiera del
dentale da una parte il ruolo chiave della prevenzione nella salute orale e dall’altra la possibilità che, a certe condizioni e limitatamente a certe fasce meno abbienti, anche
gli interventi di prevenzione che effettuiamo nei nostri studi possano essere presi in carico dal Servizio sanitario
pubblico. Eravamo coscienti allora di trovarci di fronte a un
interlocutore preparato e siamo compiaciuti oggi di aver
“portato fortuna” a Lorenzin».
Soddisfazione per l’incarico a Beatrice Lorenzin arriva anche da Gianfranco Prada, presidente Andi: «Una scelta
che saprà garantire quelle risposte che i cittadini e gli operatori del settore odontoiatrico stanno aspettando – ha
commentato –. Durante l’incontro a Roma – ricorda Prada
– ho particolarmente apprezzato la sua visione dell’odontoiatria come branca della medicina da sostenere per la tutela della salute generale dell’individuo e la consapevolezza che questa debba passare dalla prevenzione e dal sostengo degli operatori che da sempre la garantiscono con
competenza. Come presidente Andi ho immediatamente
comunicato al neo ministro la piena disponibilità ad intraprendere un percorso di dialogo condiviso e continuo in
merito a qualsiasi tematica riguardante il mondo odontoiatrico» ha dichiarato Prada.
A. P.
superficie, piuttosto che la sperimentazione del grado di flessione di un certo strumento e
così via».
Prosegue Weinstein: «Queste
aziende ovviamente devono
andare a reperire in tutto il
territorio nazionale le risorse
per soddisfare queste specifiche necessità. Noi oggi abbiamo costruito una rete che è
fatta dalla fondazione Filarete
di Milano, dal dipartimento
di medicina veterinaria, da
tutti i laboratori del Galeazzi
e ultimamente dalla nostra
acquisizione più importante,
che è l’Istituto sperimentale
Lazzaro Spallanzani di
Rivolta D’Adda (vedi box,
ndr). L’Istituto possiede tutta
la parte di chirurgia sperimentale nella quale si può fare morfologia, genetica molecolare, microbiologia, tutto
quanto sta intorno alle problematiche biologiche e biotecnologiche che possono interessarci. In aggiunta a queste risorse esterne abbiamo
ovviamente la nostra struttura universitaria».
Weinstein estende il discorso
alla cosiddetta medicina traslazionale, che ha come
obiettivo la trasformazione
dei risultati ottenuti dalla ricerca di base in applicazioni
cliniche (from bench to bed,
dal laboratorio al letto del paziente). La stessa Rita Levi
Montalcini sosteneva il valore della interdisciplinarietà
delle scienze e della medicina
traslazionale per arrivare alla
scoperta di nuove cure e passare così in tempo reale dal
campo della ricerca di base a
quello della ricerca applicata,
con ricadute immediate in
campo clinico: un pensiero
che il Nobel ha sempre trasmesso ai giovani ricercatori.
«Quello che oggi passa sotto il
termine di medicina traslazionale – vale a dire l’osservazione
clinica, il trasferimento in laboratorio, lo sviluppo dell’idea
e la realizzazione tecnica del
prodotto prodotto – è quello
che si chiama from bench to bed
e viceversa – ci dice infatti il
professore. Intorno alla Clinica
odontoiatrica che ha la sua sede presso l’Irccs Galeazzi di
Milano ci sono dei poli di ricerca con i quali abbiamo
stretto delle forti collaborazioni e avviato dei protocolli comuni. Con i fondi che riceviamo dalle aziende e dalla
Comunità europea sviluppiamo le ricerche che interessano
a noi; poi, se le aziende ci offrono la possibilità di fare ricerche
su alcuni prodotti, abbiamo la
possibilità a 360° di mettere a
punto e sviluppare qualsiasi tipo di analisi o di sperimentazione. Questo è il concetto di
rete che abbiamo messo in piedi: i fondi che se ne ricavano
non vengono utilizzati per acquistare apparecchiature bensì
per pagare i ricercatori: inutile
immobilizzare risorse economiche investendo in macchine
e attrezzature, meglio andare a
reperirle laddove ci sono già e
sono sempre aggiornate, utilizzando il meglio che può offrire
il mercato».
L’attività del Network è già
partita.
Dice ancora Weinstein: «Ci sono dei nostri ricercatori che sono fisicamente presso lo
Spallanzani dall’inizio di aprile
e studiano le interazioni che gli
impianti hanno nei confronti
dei tessuti circostanti e degli
organismi. Stiamo programmando una serie di azioni nei
confronti delle aziende dell’area odontoiatrica, per farci conoscere meglio e per evidenziare i vantaggi della rete e delle possibili interazioni. Stiamo
mettendo in piedi ora un laboratorio di analisi di tutti i
software radiologici, analisi
delle tomografie computerizzate che stanno prendendo
piede. Insomma siamo pronti
e cominciamo a pubblicare anche su argomenti molto complessi. Siamo partiti dalla pubblicazione di case report, poi di
studi longitudinali a doppio
cieco; abbiamo pubblicato stu-
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di di metanalisi, che sono il
primo gradino della piramide
dell’evidenza scientifica ma
sempre all’interno di studi clinici. Per portare questo gruppo
a competere con i grandi gruppi internazionali il salto di qualità è quello di entrare nell’ambito degli studi biologici, che ci
servono per approfondire le
nostre conoscenze e rappresentano la base della medicina
traslazionale. Il nostro vuole
essere il primo centro di odontoiatria traslazionale, è questo
è il significato di questa operazione. Massimo del Fabbro,
che dirige tutta la ricerca, è un
biologo che ha fatto il dottorato di ricerca in fisiologia e il
suo gruppo di lavoro è costituito da cinque biotecnologi.
Sono proprio i biotecnologi le
professionalità più adatte a collaborare all’interno di questa
struttura».
Grazie a quest’iniziativa l’università di Milano si conferma
come elemento integrante della filiera della produzione in
un’ottica di nuova strutturazione nel suo territorio, parte
integrante del motore economico della società e quindi valutata come investimento realmente produttivo, un Ateneo
non più fonte di spesa bensì
centrale nella vita della comunità nella quale è presente: l’obiettivo è quello di contribuire
a ridare competitività, attrattività culturale e di investimenti,
benessere sociale e crescita al
Paese. Un’operazione indispensabile perché, per dirla
con le parole di Weinstein, «il
progresso scientifico è un indicatore di democrazia».
Paolo Pegoraro
LA FONDAZIONE FILARETE
L’ISTITUTO LAZZARO SPALLANZANI
Al fine di sfruttare le straordinarie risorse intellettuali e finanziarie presenti in Lombardia, l'Università di Milano,
Fondazione Cariplo, Banca Intesa Sanpaolo e la Camera di
Commercio di Milano si sono unite per dare vita a
Fondazione Filarete, la cui missione è creare, ospitare e favorire iniziative imprenditoriali hi-tech nel settore delle biotecnologie e della medicina. Fondazione Filarete gestisce un
Acceleratore di Impresa, strategicamente posizionato nella
zona sud di Milano in prossimità e stretta connessione con
università, facoltà di medicina, istituzioni di ricerca pubbliche
e private leader nella ricerca biotecnologica e medica.
Fondazione Filarete ospita e supporta un insieme di piattaforme tecnologiche e aziende che forniscono servizi di
supporto scientifico, tecnologico, finanziario e di gestione.
Attraverso questa sinergia Fondazione Filarete valuta, assiste e accelera nuove iniziative imprenditoriali nei settori della biotecnologia, della medicina, dei materiali avanzati.
Il centro nevralgico di Fondazione Filarete sono le nove piattaforme tecnologiche gestite da gruppi di ricerca d'avanguardia dell'Università di Milano. Creando una rete strettamente interconnessa di competenze scientifiche complementari, le piattaforme tecnologiche forniscono il substrato
ottimale per la traslazione della ricerca di base in innovazione. Le piattaforme forniscono servizi per sviluppare, testare
e valutare la fattibilità applicativa di soluzioni tecnologiche
nel campo delle scienze della vita, sotto la direzione di un
team scientifico che garantirà sinergie con programmi di ricerca accademica di livello internazionale e promuove collaborazioni e alleanze strategiche con le imprese.
L’Istituto Lazzaro Spallanzani nasce nel 1935 come
centro di ricerca per la fecondazione artificiale degli
animali. Nel 1999 l'Istituto viene riconosciuto come ente di rilevante interesse pubblico nel campo della ricerca sulla riproduzione e selezione animale e afferisce
stabilmente al Consiglio della ricerca e sperimentazione agricola.
Le finalità principali dell'Istituto Sperimentale Italiano
"Lazzaro Spallanzani" sono ancor oggi di ricerca scientifica e di sperimentazione nel campo della riproduzione e selezione animale, specialmente incentrata nelle
tecniche di embriologia sperimentale, nella citofluorimetra a flusso, nella genetica molecolare (con particolare riferimento alla Real Time PCR) e nella criobiologia,
ma anche nel campo della tipizzazione e caratterizzazione genetica di specie diverse e della tracciabilità
degli alimenti di origine animale.
L'Istituto è titolare di contratti di ricerca finanziati dal
MiPaf, dal Miur, dall'Unione Europea e dalle Regioni su
tecniche di riproduzione animale e di genetica, finalizzata all'applicazione nei programmi di selezione.
Oggi l’Istituto Spallanzani si avvale della collaborazione
di università e centri di ricerca italiani e stranieri per lo
sviluppo delle attività di servizio e di ricerca simili a quelle di cui ci ha parlato il professor Roberto Weinstein e riguardanti l’Italian Network of Dental Research afferente al
Servizio universitario di odontostomatologia del Galeazzi.
Attualmente presso l'Istituto operano oltre 60 persone fra
ricercatori, tecnici, borsisti italiani e stranieri.
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DENTAL PRESS
Aprire ai giovani
per rilanciare la professione
La ricetta di Aio per rilanciare la professione mette al centro
dell’attenzione la prevenzione e il ruolo dei giovani. Per i neolaureati
si pensa a «corsie preferenziali» di ingresso negli studi privati
Pierluigi Delogu,
presidente Aio
>
Ben entrino nell’odontoiatria le società di professionisti introdotte dal decreto sviluppo ma non devono scimmiottare gli attuali
centri low cost, dove non è del tutto automatico che nascano
rapporti di cura davvero benefici per il paziente, e dove non è
così sicuro sia tutelata la crescita professionale del dentista. È il
messaggio dell’Associazione italiana odontoiatri a un mese dal
congresso politico del 13 giugno di Alghero.
Aio, che da tempo indaga sulle nuove condizioni di lavoro in
odontoiatria, nel Lazio ha messo in rete un questionario
(www.aioroma.it) dove si censiscono i dentisti dei centri multi
professionali e se ne valutano le condizioni di lavoro. Pierluigi
Delogu, presidente nazionale Aio, parla di un modello alternativo di “responsabilità sociale” e di sviluppo sostenibile per lo studio dentistico del futuro. Una strada ristretta, che passa dal ri-
spetto del codice deontologico e dell’articolo 32 della
Costituzione (diritto di cura per tutti e libertà di scelta del luogo).
«Alcuni aspetti dello studio monoprofessionale attuale sembrano superati per un eccesso di oneri fiscali e organizzativi», ammette Delogu. «I giovani sono chiamati a ridisegnare con noi la
professione. È una nuova generazione brillante, abituata a lottare. Per questi colleghi ci sono poco più di 800 posti all’anno nei
corsi universitari. Ogni anno se ne laureano 800, e stentano a inserirsi in un contesto pletorico (in Italia c’è un dentista ogni 1.000
abitanti e non ogni 2.000 come suggerirebbe l’Organizzazione
mondiale della sanità, ndr). Ma c’è di peggio: da quest’anno
rientreranno i loro coetanei dai corsi di studi frequentati in atenei
di Spagna e Romania, paesi dove – a differenza del nostro – il
numero chiuso all’ingresso del corso di laurea non c’è».
Presidente Delogu, la situazione è sempre più difficile. Ma
anche per i pazienti…
Esatto. In questo periodo difficile per tutti, Aio ha deciso di
impostare la sua formazione
sulla prevenzione e come formatori sceglie i giovani.
L’odontoiatra risolve problemi
di salute, e non deve affrontare
solo interventi che richiedono
tecniche e materiali costosi e
danno ritorni economici immediati ed evidenti, come l’implantologia, ma anche l’“altro”
che ci chiede il paziente: evitare
le patologie orali. Un bene che
non si vede ma pesa negli anni
e produce qualità di vita, e in
ultima analisi risparmi.
Ho trovato entusiasmo nei
giovani che a Fiumicino hanno
affrontato con noi la formazione sulle Linee guida di prevenzione da poco emanate dal ministero della Salute; saranno
loro gli animatori dell’aggiornamento che Aio darà nel resto
dell’anno in sede locale. Le loro energie non vanno disperse;
penso che i neolaureati vadano
coinvolti come collaboratori e
noi associati Aio dovremmo
creare corsie preferenziali per
loro nei nostri studi, anche al
perché non se la sente di offrire a un paziente che magari è
un suo amico un impianto clone di cui non si fida.
Però che cosa propone Aio di
veramente diverso, nuovo?
Direi un’odontoiatria etica, sostenibile, al passo con i tempi
di crisi. Evitare di far concorrenza al low cost con le loro
stesse armi, la pubblicità per
strada, gli “effetti speciali”, ma
costruire anche con le istituzioni un modello differente di
organizzazione dello studio,
disegnato dai professionisti.
fine di evitarne il reclutamento
nei centri low cost.
Questi centri però stanno risolvendo i problemi dentali di
molta gente con pochi soldi.
Cosa ne pensa?
Però in genere non danno un
dentista di fiducia, che segue i
pazienti nel tempo, e ciò crea
minori premesse di qualità,
manca la continuità tra gli interventi successivi. E poi, siamo sicuri che fanno risparmiare? Alcune riviste di consumatori hanno evidenziato che la
rx o l’ablazione del tartaro offerte gratis, dopo il primo contatto vengono recuperate conteggiando un nugolo di piccole
prestazioni di contorno e successive che un professionista di
fiducia non mette a carico del
suo paziente. Alla fine si spende anche di più.
Per non parlare dei materiali
utilizzati. Quando uno studio
odontoiatrico ha un nome e
un cognome, vuol dire che un
professionista si fa garante dei
prodotti che acquista con annessi test e letteratura sulla loro efficacia. È vero, propone
l’impianto di prima fascia, ma
PREVENZIONE AL CENTRO
DEL CONGRESSO AIO DI ALGHERO
Sarà la prevenzione il tema al centro del congresso
dell’Associazione italiana odontoiatri in programma ad
Alghero dal 13 al 15 giugno dal titolo “La salute dei denti fa
sorridere il tuo cuore”.
Il congresso si prefigge di mettere a fuoco come gestire la
prevenzione delle patologie dentali, orali e/o correlate a un
cattivo stato di salute orale, di divulgare le linee guida ministeriali, di esplorare aspetti come l’utilizzo della terapia del
dolore in odontoiatria. La chiave di lettura: si indaga il nesso
tra patologie orali e malattie sistemiche puntando l’attenzione
sulla prevenzione e sulle corrette abitudini alimentari, di igiene e di eliminazione dei fattori di rischio.
Le società di professionisti disegnate dal dl sviluppo sono la
risposta?
Dall’analisi dei modelli gestionali dello studio viene fuori
che l’odontoiatria quando è disegnata dal professionista offre
maggiore compatibilità tra
qualità della prestazione e sopravvivenza del dentista.
Bisogna rendere più accessibile
la qualità. La società di professionisti potrebbe offrire più risparmi e chance di competitività. Ma come far capire che la
categoria è attenta alla sostenibilità delle spese del paziente
quanto alla sua salute? A nostro avviso, non basta lo sforzo
fatto qualche anno fa a livello
nazionale da ministero, Andi e
Medici Cattolici con l’introduzione delle tariffe sociali, ribassate, per alcune prestazioni, essendo su base volontaria.
Almeno sulla prevenzione –
cioè visita, ablazione del tartaro, sigillatura dei solchi e fluoro profilassi –Aio propone un
intervento del servizio sanitario nazionale che copra il costo
di tali prestazioni per i redditi
più bassi, quelle stesse persone
che oggi dal dentista non ci
vanno e domani ritroveremo
nei nostri studi disperate, con
grossi problemi, o più probabilmente perderemo. Le prestazioni in questione sono già
coperte dai livelli essenziali di
assistenza della sanità pubblica. Aio ha proposto un voucher, un contributo; una copertura integrale sarebbe meglio di un concorso spese.
Misurando i ritorni nel tempo
credo avremmo risultati sorprendenti.
Qual è la situazione dei giovani neolaureati?
Da quest’anno in poi i neolaureati si confronteranno con i
laureati di ritorno dalle facoltà
romene, spagnole, portoghesi
che sono numericamente una
volta e mezza in più, hanno
lauree riconosciute nei paesi
dell’Unione Europea, vengono
da facoltà competitive. Il fenomeno è così grave che, attraverso l’analisi generale del sistema formativo, ci stiamo
convincendo sia preferibile, al
numero chiuso, che pure
l’Unione Europea ha recentemente ammesso negli stati
membri, una selezione per merito e – perché no – per aumento delle tasse d’iscrizione,
fatta eccezione per i più meritevoli, e soprattutto una selezione dei corsi di laurea italiani. Alcune novità, come l’estensione delle scuole di specializzazione, vanno nella direzione da noi indicata: chi tanto
spende per maturare una professionalità specialistica poi
per impostazione non va a farsi pagare 15 euro lordi all’ora.
Ma per favorire l’inserimento
di neolaureati di valore la rete
odontoiatrica del servizio pubblico non basta, ci vuole il coraggio di una categoria intera e
dei nostri associati.
M. M.
PREVENZIONE: VALUTARE
DAL DENTISTA IL RISCHIO
DI ICTUS E INFARTO
Anche dal dentista i pazienti potranno ricevere una carta da compilare che quantifica il rischio di ammalarsi di
cuore o di diabete, o di un ictus, rischio oggi valutato
negli studi dei medici di famiglia.
La “Carta per migliorare la salute” è stata presentata al
recente congresso di Potsdam della Fédération Dentaire
Internationale (Fdi), associazione mondiale degli odontoiatri (1,5 milioni di iscritti e 140 nazioni aderenti) guidata dal portoghese Orlando Monteiro da Silva. Ma ha un
cuore italiano, anzi italo-tedesco. L’ha ideata, incrociando le statistiche sulla compresenza paradentosi-diabete
e paradentosi-cardiopatie, un pool di odontoiatri di caratura internazionale guidato dal dottor G e r h a r d
Seeberger , già presidente dell’Associazione italiana
odontoiatri (Aio).
«È un questionario che ci consente di monitorare nel paziente la presenza di patologie che possono essere concause di affezioni odontoiatriche o possono a loro volta
esserne peggiorate per via dei fattori infiammatori rilasciati, ad esempio, da placca e gengiviti – spiega
Seeberger –. Con una semplice schedina è possibile
conoscere età, sesso, misure del paziente, indice di
massa corporea ed eventuali scostamenti dai parametri
normali. E ci è possibile condividere con i nostri utenti e
i loro medici curanti i valori di fattori di rischio come obesità, pressione arteriosa, glicemia, colesterolo, oltre che
lo stato delle patologie odontoiatriche».
La scheda, che ogni dentista terrà come cartella clinica
informatizzata da aggiornare nel tempo, sarà distribuita
su carta in Italia – primo paese a diffonderla – già da
maggio; se ne occuperanno per ora gli oltre 7.000 dentisti associati ad Aio. L’obiettivo è condividerla tra 50-60
mila dentisti sparsi sul territorio, «affinché siano al corrente di importanti co-morbilità che oggi hanno le competenze per scoprire, segnalare, valutare e – per la loro
parte di competenza – prendere in cura» dice
Seeberger. Sul retro, il mini-questionario va nel dettaglio
degli stili di vita, valutando con domande a triplice risposta eventuali punti deboli del paziente (poco sport, fumo, alcol, dieta erronea) e chiedendogli, come si fa già
in alcune sperimentazioni di medicina generale (Chronic
related groups in Lombardia), un piano per migliorarsi
entro un tempo-target.
«La carta di Seeberger, che è anche presidente uscente dell’Ero, organizzazione regionale europea dell’Fdi, è
insieme alle linee guida ministeriali sulla prevenzione
una delle gambe su cui poggia il programma di comunicazione Aio con i pazienti di quest’anno. Solo facendo
prevenzione a tutto tondo i pazienti odontoiatrici hanno
la garanzia di curarsi meglio» dice il presidente Aio
Pierluigi Delogu che presenterà la carta ufficialmente
per il suo sindacato al congresso di Alghero (11-15 giugno).
Seeberger apre a una futura collaborazione con i medici di famiglia. «La salute è obiettivo di tutti, medici e
dentisti, e spero in tempi brevi svilupperemo un rapporto che dimostrerà in primis la responsabilità della categoria. Lo vuole il nostro paziente».
M. M.
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DENTAL PRESS
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DENTAL PRESS
Le basi cliniche
dell’implantologia
Per la Corte europea
numero chiuso è legittimo
Presentando il Compendio di implantologia base, Andrea Russo,
past president dell’associazione degli studenti di odontoiatria, conferma
come sia cambiato davvero poco negli atenei negli ultimi dieci anni
La Corte europea dei diritti dell’uomo ha di fatto riconosciuto
la legalità del numero chiuso previsto dalle università italiane
per poter accedere ai corsi di laurea in odontoiatria
Il Compendio di implantologia base, edito da Griffin, è un’opera innovativa, nata dal contributo di autorevoli opinion
leader che hanno collaborato con l’intento di raccogliere in
un unico progetto editoriale – con gli attributi della sintesi,
della chiarezza e dell’aggiornamento – le nozioni più attuali, complete ed esaustive sull’implantologia, espresse nella
maniera più semplice e chiara.
Il libro si propone come uno strumento utile, particolarmente indicato per coloro che si avviano alla pratica dell’implantologia, per gli studenti, per i neofiti e per quanti vogliono trovare in un unico testo informazioni pratiche e d’immediato utilizzo clinico, che spesso sono disperse e frammen-
tate nella letteratura scientifica.
Anche coloro che, pur eseguendo l’implantologia da anni,
desiderano revisionare il proprio protocollo chirurgico alla
luce delle più moderne ricerche scientifiche, trovano nelle
188 pagine del Compendio di implantologia base una serie
di validi suggerimenti per incrementare le possibilità di successo dei propri interventi implantari. Le informazioni e le
spiegazioni cliniche sono corredate da fotografie a colori e
disegni esemplificativi.
Italian Dental Journal ha intervistato Andrea Russo , che in
qualità di curatore del progetto ci ha illustrato i contenuti
dell’opera.
>
Dottor Russo, lei è stato presidente dell’Associazione
italiana studenti di odontoiatria (Aiso) tra il 2006 e il
2007. Cosa è cambiato da
quel periodo a oggi nella vita universitaria degli studenti di odontoiatria?
Credo che non sia cambiato
molto da allora.
Le esigenze degli studenti sono sempre le stesse: valorizzare la parte clinica oltre a
quella teorica, già ben eseguita negli atenei. La parte di
pratica clinica, salvo rare eccezioni, che si svolge nelle
sedi universitarie italiane,
non sempre è sufficiente a
garantire una preparazione
adeguata ad affrontare il
mondo della professione con
serenità.
Dottor Russo, può darci
qualche indicazione sui contenuti dell’opera?
L'opera racchiude tutte le
informazioni necessarie per
approcciare l'implantologia
in modo chiaro e veloce.
Dopo una breve presentazione storica molto interessante
del Professor Panzoni, circa
l'evoluzione nel tempo del
ripristino della dentatura
mancante, si passa poi a
un'analisi della biologia, dell'istologia e della radiologia.
Si giunge così alla parte più
"clinica" del compendio, dove si affronta l'argomento
dell'implantologia: selezione
del paziente, materiali utilizzati, forme e dimensioni implantari e loro utilizzo. E ancora, connessioni protesiche,
componenti protesiche e loro utilizzo, casi clinici sem-
Andrea Russo
plici e complessi, implantologia tradizionale e a carico
immediato, implantologia
computer assistita. Questi gli
interessanti contenuti presenti nell'opera.
Quali sono gli obiettivi del
Compendio? A chi si rivolge?
L'obiettivo è certamente
quello di fornire al lettore
uno strumento utile per affrontare i primi passi nell'implantologia, ma anche
per i più esperti per avere a
portata di mano un'opera
che racchiuda tutte le informazioni necessarie ad affrontare l'implantologia con
una buona conoscenza della
stessa.
Si rivolge dunque al neofita
o allo studente che inizia a
coltivare la passione per
l'implantologia e ai professionisti che amano avere le
informazioni necessarie e
importanti in un solo volume.
Quali sono i passi necessari
da compiere per iniziare a
praticare l'implantologia?
Sicuramente studiare, conoscere bene l'anatomia dei
mascellari e dei tessuti che li
circondano. Ci vuole poi una
buona pratica chirurgica di
base: la difficoltà non è tanto
l'inserimento impiantare, inteso come atto fisico, bensì la
programmazione e la gestione dei tessuti duri e molli
che faranno parte del sistema implanto-protesico.
Rachele Villa
LE BASI DELL’IMPLANTOLOGIA DENTALE E
LE PIÙ ATTUALI TECNICHE CHIRURGICHE ILLUSTRATE DA UN PANEL DI ESPERTI
Autori vari
188 pagine a colori
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Il numero chiuso che limita
l’accesso alle università non
costituisce una violazione al
diritto allo studio. Lo afferma
una sentenza della Corte europea dei diritti umani di
Strasburgo emessa lo scorso 2
aprile, che rappresenta una
vittoria importante dell’Andi,
della Commissione albo
odontoiatri nazionale e del
Collegio dei docenti di odontoiatria.
La controversia era scaturita
dall’iniziativa di una studentessa siciliana, Claudia
Tarantino, che in tre occasioni consecutive, nel 2007,
2008 e 2009, aveva affrontato gli esami di ammissione
per accedere alla facoltà di
medicina dell’università di
Palermo. Avendo fallito le
prove, la ragazza palermitana aveva depositato per due
volte
un
ricorso
al
Presidente della Repubblica
italiana.
Si erano poi accodate alla richiesta altre sette persone,
nate tra il 1966 e il 1988, che
hanno lavorato per diversi
anni o tuttora lavorano come
odontotecnici o igienisti
dentali. Nonostante la loro
esperienza professionale, il
tentativo di sei di loro di accedere al corso di laurea in
odontoiatria fallì. Un po’ diversa la storia di un settimo
ricorrente, che aveva superato la prova di accesso nell’anno accademico 1999/2000; a
causa di gravi problemi familiari non aveva potuto sostenere esami per otto anni consecutivi e, come previsto dai
regolamenti universitari, sia
l’iscrizione al corso di laurea
che gli esami già superati
persero validità.
Secondo gli studenti, i criteri vincolanti usati dal ministero per determinare il numero degli studenti che potevano essere ammessi ai diversi corsi di laurea di ogni
ateneo erano incompatibili
con una serie di norme europee, tra cui l’articolo del
Trattato che istituisce la
Comunità economica europea, la Direttiva 2005/36/CE
relativa al riconoscimento
delle qualifiche professionali, l’articolo 15 della Carta
dei diritti fondamentali
dell'Unione europea e l’articolo del Trattato sull'Unione
europea che si riferisce al
principio di uguaglianza. La
studentessa palermitana ri-
teneva inoltre illegittima la
decisione dello Stato italiano di imporre le stesse limitazioni agli atenei privati e
lamentava l’inadeguatezza
dei test di accesso.
Tuttavia, la Corte di giustizia
europea ha respinto le richieste, ribadendo in questo
modo la legittimità del numero programmato per l’accesso al corso di laurea in
odontoiatria e protesi dentale.
Il Codacons, che aveva sostenuto il ricorso, ha dichiarato
che la sentenza è frutto di una
cantonata: «il fatto che secondo i giudici il numero chiuso
non sia incompatibile con la
Convenzione europea dei diritti umani non significa che i
test d’ingresso rispettino la
normativa italiana, a cominciare dalla Costituzione». E
chi è contrario al numero
chiuso ricorda il pronunciamento dell’Antitrust; nel
2009 era presieduto da
Antonio Catricalà, che dichiarava: «l’artificiosa predeterminazione del numero dei
potenziali professionisti determina, dal punto di vista
economico, un ingiustificato
irrigidimento dell’offerta di
prestazioni odontoiatriche,
con l’effetto di restringere artificiosamente il numero dei
potenziali professionisti e innalzare il prezzo delle relative
prestazioni».
Al contrario l’Associazione
nazionale dei dentisti italiani
(Andi) ha accolto la decisione della Cge con particolare
soddisfazione e l’ha definita
“storica”. La speranza del sindacato è che in questo modo
si ponga fine ai tanti ricorsi
che ogni anno vengono presentati dagli studenti che non
riescono a superare i test di
ammissione e cercano di
iscriversi ugualmente ai corsi
di laurea, appellandosi alla
magistratura.
«È bene ricordare – precisa
l’Andi – che il corso di laurea in odontoiatria e protesi
dentaria prevede una formazione non solo teorica ma
principalmente pratica e
questo necessita di strutture
formative universitarie attrezzate e proporzionali al
numero di studenti iscritti,
per garantire un percorso
formativo adeguato. Quindi
il determinare a priori il numero di iscritti che quel determinato ateneo potrà for-
mare è un vantaggio non solo per gli studenti stessi, che
in questo modo ricevono
una preparazione di qualità,
ma anche per i cittadini che
avranno la garanzia di trovare poi dentisti preparati».
Insomma, il numero programmato non è finalizzato
alla limitazione dell’accesso
alla professione di odontoiatra o di medico ma alla possibilità di garantire che il
numero di studenti ammessi
ai corsi di laurea sia idoneo
alle capacità formative dell’ateneo.
La principale associazione di
odontoiatri del nostro Paese
collega questa vicenda a
un’altra battaglia giudiziaria
vinta, in nome della tutela
della salute della popolazione, quella contro l’Università
portoghese
Ferdinando
Pessoa che avrebbe voluto
aprire una succursale del proprio corso di laurea in odon-
toiatria in Italia, facendo così
saltare il numero programmato italiano.
Sono molte le università private straniere che tentano di
aprire succursali nei diversi
Paesi europei, seguendo
spesso interessi commerciali.
È vero che il numero chiuso
costringe molti studenti italiani a recarsi all’estero per
laurearsi in odontoiatria,
evitando i selettivi test di
ammissione ai nostri atenei
e scegliendo percorsi più facili. Se questo è reso possibile dalle norme che regolamentano la libera circolazione in Europa, l’Andi ritiene
che la mercificazione della
formazione porti con sé il
rischio che vengano legittimati all’esercizio della professione di odontoiatra soggetti con una preparazione
non garantita.
Renato Torlaschi
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FOCUS ON
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Turismo odontoiatrico
tra stereotipi e realtà
Mettere in dubbio a priori professionalità, competenza ed etica dei colleghi
stranieri non porta a nulla. Resta comunque l’impossibilità per chi si cura
all’estero di ricevere gli indispensabili controlli che seguono qualsiasi terapia
Decine di testimonianze di
pazienti immancabilmente
soddisfatti; fotografie di
volti sorridenti e rassicuranti. Prendiamo www.dentistiinalbania.com. Su un sito internet ben curato si
può leggere: «questo progetto vuole indicarci una soluzione che coniuga risparmio
e qualità, partendo dalle
piccole cose, come un sorriso»... Vi si propongono un
soggiorno gratis per due
persone, tariffe estremamente vantaggiose, una garanzia fino a cinque anni e
la massima trasparenza e sicurezza per il paziente.
È solo un esempio tra tanti.
Il turismo odontoiatrico
non è un fenomeno nuovo.
Dall’Ungheria all’India, dal
Sud Africa alla Croazia, i pazienti spostano le proprie
attenzioni di volta in volta
ai Paesi che offrono i prezzi
migliori. Hanno iniziato gli
americani, forse più spregiudicati nel considerare
l’offerta di cure odontoiatriche proposta lontano da casa e supportati da agenzie
specializzate in grado di assisterli nel corso del viaggio.
Problemi di salute e il tentativo di risolverli con quello
che appare, dopo tutto, come una vacanza: se queste
erano le motivazioni originali che spingevano pazienti
del Midwest ad attraversare
mezzo mondo per farsi curare da dentisti sconosciuti,
ora le motivazioni sono soprattutto economiche.
Gli italiani, abituati a un
elevato livello di cure odontoiatriche, affezionati e rassicurati dal dentista di famiglia, sono rimasti finora relativamente immuni dal tu-
rismo odontoiatrico.
Un sondaggio dello scorso
maggio, condotto dall’istituto di ricerca Ispo di
Renato Mannheimer per
conto di Andi, ha mostrato
una sostanziale diffidenza
degli italiani nei confronti
del turismo odontoiatrico:
appena il 4% dei cittadini si
è rivolto all’estero per effettuare cure dentistiche; inoltre, una metà di questi si è
poi pentita e non ripeterebbe l’esperienza. Il restante
96% non l’ha mai fatto e, in
particolare, l’81% degli italiani è decisamente contrario, mentre il 15%, pur non
avendolo mai fatto, è disposto a prendere in considerazione questa possibilità.
Dati per certi versi inattesi e
sorprendenti, ma a cambiare le cose potrebbe essere la
crisi.
CASO DI MALPRACTICE
TUTTA L’EVIDENZA DI UNA
Anche di fronte a errori gravi
e macroscopici, denunciare
l’operato degli altri stranamente
può avere l’effetto di far sentire
inadeguato il paziente
(“ho sbagliato dottore”)
Il mio grande maestro diceva sempre: «non criticare la
camminata di chi ti precede se prima non hai indossato
le sue scarpe». Poco tempo dopo avrei scoperto che si
trattava di un noto aforisma Indiano conosciuto da tutti e
non da me.
Da quando ho appreso tale proverbio, mi sono sforzato
di applicarlo non solo per tutta la mia vita professionale,
ma ho predicato il verbo nei confronti di chi, con estrema leggerezza, aveva il “vizietto” di giudicare il lavoro altrui, cercando sempre l’albero senza vedere la foresta e,
spesso, davanti all’ignaro paziente.
Chiarito questo, non posso difendere l’indifendibile: di-
FRECCE ROSSE A DESTRA:
1) rammollimento smalto dentinale intorno al perno
2) analoga area di radiotrasparenza circostante al perno
3) strumento separato nella radice mesiale
4) mancanza di riempimento nel terzo medio e apicale
5) sovra strumentazione con over-stripping
6) difetto di chiusura protesica
7) estrusione di materiale radiopaco nel parodonto
13
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Nicola Perrini, presidente
dell’associazione Amici di
Brugg, non ha pregiudizi:
«non è detto che tutti quelli
che operano al di fuori dei
nostri confini siano dei ciarlatani, ci sono anche professionisti che conoscono il
proprio lavoro e, operando
in una situazione economica diversa, possono venire
incontro alle esigenze di risparmio del paziente».
Una diversa struttura dei
costi di questi studi permette infatti ai dentisti stranieri
di alcuni Paesi di essere
estremamente competitivi
sulle tariffe delle prestazioni
da offrire su un mercato
globalizzato, ormai anche
sul fronte delle cure mediche.
Tutto bene dunque? Non
proprio: «il problema – continua il dottor Perrini – è
che qualsiasi lavoro necessi-
FOCUS ON
ta di controlli successivi: il
cosiddetto tagliando che va
effettuato periodicamente;
un intervento isolato, senza
i controlli e la manutenzione è destinato a fallire».
Se non fallisce prima, perché è stato fatto male... «Ho
visto alcuni lavori fatti all’estero, ad esempio in
Slovenia, realizzati in modo
abbastanza corretto; altri,
nelle stesse zone, che erano
invece terrificanti: da smontare e ricominciare da capo,
quindi con danni notevoli a
carico dei pazienti. Ma il
guaio è che il paziente dispone difficilmente di strumenti per conoscere in anticipo l’affidabilità dell’odontoiatra che opera all’estero».
Renato Torlaschi
IN ODONTOIATRIA:
RADIOGRAFIA ENDORALE
ciamo che da una località qualsiasi mi è arrivata questa
radiografia appartenente a un paziente qualsiasi che
esprime le terapie di un collega qualsiasi.
quattro su quattro ”,
Mi è venuto in mente l’aforisma “q
esprimendo così il semplice concetto d’insuccesso totale, paragonandolo ai giocatori incalliti alla ricerca del famoso 13 al totocalcio che invece riescono a fare zero.
La cosa che più mi disturba, di là da ogni concetto di
amore per la professione (e per l’endodonzia) è l’aver
costruito la casa dopo averne minate le fondamenta.
Questo aspetto meramente merceologico è difficilmente
difendibile ed è esattamente quello che mi ha spinto a
propagandare questa radiografia come monito per ciò
che tutti noi (ad esclusione dell’esecutore o forse neppure lui) non vorremmo mai vedere.
Anche questa volta sono riuscito a non fare commenti
davanti al paziente, sarebbe servito solo a farlo sentire
inadeguato . Ciò che mi interessa molto di più è risanare,
nel modo più conservativo possibile, quel quadrante tanto compromesso.
Dott. Aldo Crespi
8) riassorbimento della cresta ossea interprossimale
9) mancanza di riempimento nel terzo medio e apicale
10) mancanza di riempimento apicale
11) perforazione del pavimento camerale con estrusione
12) scelta inadeguata nel posizionamento del perno
13) mancanza di riempimento nel terzo medio e apicale
14) iniziale ispessimento del legamento parodontale
CRISI ECONOMICA: MENO CURE PRIVATE, IN DIFFICOLTÀ IL SSN
Come riportato dall’Ansa e dai maggiori quotidiani italiani, i
professori universitari dal congresso del Collegio dei docenti
di odontoiatria hanno lanciato un allarme sulla tendenza degli
italiani a rimandare o addirittura rinunciare alle cure dentistiche. L’allarme rosso riguarda i bambini: una famiglia su tre ormai non porta più i figli dal dentista a causa delle difficoltà
economiche legate alla crisi. Secondo i dati a disposizione
dei docenti universitari, nel 2012 le richieste di apparecchi per
correggere i denti sono crollate del 40% e circa due milioni di
bimbi rischiano danni ai denti. Le stime parlano di circa 5 milioni di bambini fra i 5 e i 14 anni che avrebbero bisogno di un
apparecchio ortodontico.
Nel nostro Paese, dove il 90-95% dell'assistenza odontoiatrica è privata, i genitori portano i bambini dal dentista per la prima visita, ma poi sempre di più rinunciano alle cure perché
non sono in grado di sostenerne i costi. Si rivolgono allora al
servizio pubblico: è così che le prestazioni e le visite in regime di Servizio sanitario nazionale sono aumentate del 20%.
Gli odontoiatri nei centri pubblici però sono solo 3.500, appena 140 gli igienisti dentali, per più di 4 milioni di prestazioni
ambulatoriali erogate ogni anno nei 367 ambulatori delle strutture universitarie e delle Asl, nei 146 centri attrezzati in struttu-
re ospedaliere e nei 224 ambulatori dei Distretti Socio Sanitari.
«I riuniti nel Ssn sono meno di 2.800 e l'alto costo delle prestazioni odontoiatriche rispetto ad altre branche della medicina rende problematico offrire un servizio pubblico adeguato»
ha spiegato Antonella Polimeni, presidente del Collegio dei
docenti di odontoiatria, denunciando come le strutture siano
ormai al collasso. «Peraltro – osserva Polimeni – nonostante i
Livelli essenziali di assistenza prevedano in teoria cure dentistiche in età evolutiva e un'assistenza a tutti i cittadini in condizione di particolare vulnerabilità sociale ed economica, nelle diverse Regioni si hanno modalità e criteri di assistenza
molto variegati».
La proposta dei professori universitari, delle associazioni di
categoria e delle imprese del settore è quella di consentire
alle famiglie di detrarre dalle imposte le spese dentistiche e
di offrire benefici fiscali agli studi che investono in innovazioni tecnologiche. Gli effetti positivi si vedrebbero anche
nella lotta all’evasione fiscale e all’abusivismo. Si pensa anche sia possibile contrastare il turismo odontoiatrico e mantenere all’interno del Paese quel miliardo di euro che, secondo recenti stime, finisce dall'Italia nelle casse dei dentisti stranieri.
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DENTAL PRESS
Sbiancamento: trattamento
estetico, non terapia medica
Recepita la normativa europea sullo sbiancamento dentale. La legge italiana
lascia però margini di interpretazione che modificherebbero in modo
importante l’applicabilità pratica: prodotti cosmetici o dispositivi medici?
Il decreto ministeriale del 5
novembre 2012, pubblicato
sulla Gazzetta Ufficiale del 26
gennaio 2013 (nr. 22), contiene il regolamento attuativo della direttiva del
Consiglio 2011/84/UE del 20
settembre 2011, che modifica
la direttiva 76/768/CEE relativa ai prodotti cosmetici.
Tale normativa disciplina anche l’utilizzo dei prodotti cosmetici sbiancanti per uso
odontoiatrico.
Esaminiamola punto per
punto.
Dal 31 ottobre dello scorso
anno i prodotti cosmetici
non conformi alle disposizioni del decreto non possono essere immessi sul mercato e non possono essere
venduti al consumatore finale dell’Unione Europea.
Per essere considerati sicuri,
gli sbiancanti cosmetici “free
use”, inclusi collutori e dentifrici liberamente acquista-
bili dal consumatore, non
dovranno superare lo 0,1%
di concentrazione di perossido di idrogeno (punto 2
della direttiva UE).
Sbiancanti cosmetici con
concentrazioni dallo 0,1%
fino e non oltre il 6% di perossido di idrogeno o altri
composti o miscele che liberano perossido di idrogeno a
concentrazione equivalente,
fra cui il perossido di carbamide dal 10 al 15/16%, sono
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La Direttiva europea sui cosmetici (e gli sbiancanti
per l’Europa possono essere solo dei cosmetici)
impone che gli sbiancamenti professionali
possano essere eseguiti con concentrazioni di
perossido d’idrogeno non superiori al 6%.
in Italia gli sbiancanti sono però registrati come
dispositivi medici, e come tali utilizzabili a
concentrazioni più alte.
Ma la domanda è: perchè sono stati certificati come
dispositivi medici se la fiinalità dello sbiancamento
è puramente cosmetica?
considerati sicuri se vengono rispettate due condizioni: viene effettuata da parte
dell’odontoiatra un’accurata
valutazione diagnostica di
salute e di idoneità del paziente al trattamento, per
escludere che esistano fattori di rischio o patologie orali; ci si assicura che l’esposizione a questi prodotti sia limitata in termini di frequenza e di durata di ogni
applicazione.
La dottoressa Viviana Cortesi
Ardizzone, igienista dentale, è
docente all’Università di Milano
>
fatti, necessita dalle 8 alle 10
ore al giorno, al 16% dalle 4
alle 6 ore e infine un perossido di idrogeno al 6% dalle
3 alle 4 ore).
La nuova normativa prevede
anche che per completare il
ciclo di utilizzo e raggiungere lo sbiancamento desiderato il prodotto deve essere
fornito al paziente mediamente per 8/10 giorni o più,
a seconda del grado di discromia, e che egli venga
monitorato per tutto il trattamento dal “dental practitioner”.
Infine il trattamento sbiancante con questi prodotti
cosmetici non può essere
fatto su pazienti di età inferiore a 18 anni.
Queste disposizioni tutelano
la sicurezza del consumatore, limitandone finalmente il
libero e incontrollato utilizzo che spesso portava ad
abuso o uso improprio degli
agenti sbiancanti. Non si
può che condividerla!
La vendita di tali prodotti
con concentrazione compresa tra lo 0,1 % e il 6% – che
vanno chiaramente indicate
sulle confezioni –, deve essere limitata ai “dental practitioners”. Questo per garantire che non siano più direttamente accessibili al consumatore (vendite via internet) e per escluderne la distribuzione ad altre categorie professionali come farmacisti ed estetisti (punto 4
della direttiva).
Il ruolo dell’igienista
La Direttiva però non fornisce una definizione “stricto
sensu” del termine “dental
pratictioners”, ma rimanda
alla direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento della
loro qualifica professionale,
che ne contempla «l’abilità di
incrementare e perseguire attività di prevenzione, diagnosi e trattamento delle anomalie (quindi è inclusa la discromia) e le malattie di denti,
bocca, guance, tessuti», da cui
si evince che il profilo dell’igienista dentale rientri a tutto
campo in questa categoria.
Conseguentemente, fatto
salvo che per procedere necessita sempre dell’indicazione dell’odontoiatra, si sarebbe potuto ritenere che
anche l’igienista, in quanto
“dental practitioner”, possa
acquistare gli sbiancanti cosmetici. Purtroppo nel decreto di recepimento in
Italia il termine “dental
practitioners” è stato tradotto con "dentista", limitativo
rispetto al testo originale
della direttiva europea.
Secondo la normativa europea per ciascun ciclo di utilizzo di questi prodotti, la
prima utilizzazione deve avvenire in studio ed è riservata ai dentisti, oppure può essere affidata ad altri operatori, ma sotto la sua diretta
supervisione, se si garantisce
un livello di sicurezza equivalente. Si può dunque ritenere autorizzato a tutto
campo anche l’igienista, in
quanto lo sbiancamento
rientra nelle prestazioni da
esercitare su indicazione
dell’odontoiatra, contemplate nello stesso profilo
professionale dell’igienista
(DM n.137/99).
Resta da stabilire la durata
di questa prima applicazione in studio, dato per scontato che non si può ragionevolmente rispettare il tempo
dettato dalla concentrazione
del prodotto (un perossido
di carbammide al 10%, in-
Cosa è cambiato?
Le nuove regole possono solo essere condivise con soddisfazione e applicate con estrema facilità. Appare evidente
che l’abolizione del fai-da-te
costituisca un’ulteriore grande opportunità per lo studio
odontoiatrico, a cui dovranno ricorrere obbligatoriamente i pazienti desiderosi di
sbiancare i loro denti.
Dal punto di vista del risultato la limitazione delle concentrazioni di perossido al
6% non rappresenta un ostacolo alle procedure domiciliari e al raggiungimento degli obiettivi: i risultati dello
sbiancamento sono comunque molto soddisfacenti e comunque sovrapponibili a
quelli ottenibili con le precedenti concentrazioni più alte:
semplicemente la bassa concentrazione richiede di incrementare non il tempo di posa
di ogni singola applicazione
ma, al bisogno, il numero
delle applicazioni.
Scompaiono dal mercato gli
sbiancanti domiciliari al
20/21% di perossido di carbamide (in quanto sviluppa
perossido di idrogeno al 7%
circa), al 45% e perossido di
idrogeno al 7,5%, 9,5% e
14% in quanto non conformi alla normativa. In proposito le aziende distributrici e
produttrici si sono già alli-
neate, limitando le concentrazioni dei prodotti sbiancanti conformemente alle
disposizioni.
Ma nella pratica clinica quali sono le ripercussioni della
normativa sugli sbiancamenti professionali?
Odontoiatri e igienisti fino
al 31 ottobre 2012 potevano
scegliere se ricorrere allo
sbiancamento domiciliare o
allo sbiancamento professionale alla poltrona, muovendosi a ragion veduta e liberamente tra i prodotti
sbiancanti classificati come
dispositivi medici, senza limitazione di concentrazione
di perossido di idrogeno,
che era disponibile in un
ampio range compreso tra il
25% e il 40%, o ricorrendo
al perossido di carbammide
al 45%.
Se dobbiamo attenerci alla
direttiva recepita sin qui descritta, che prevede l’utilizzo
di sbiancanti cosmetici con
concentrazione massima di
perossido di idrogeno al 6%,
ciò non sarà più possibile.
In realtà i sostenitori degli
sbiancanti ad alta concentrazione affermano che questi prodotti, classificati come
dispositivi medici, sono disciplinati da un’altra direttiva: la 93/42/CEE del 14 giugno 1993. Nulla a che vedere, quindi, con la normativa
sui cosmetici.
I dispositivi medici, per poter
riportare la marcatura CE, a
differenza dei cosmetici, devono rispondere a requisiti
“essenziali” per garantire l’efficacia, la sicurezza e la salute
del paziente, degli utilizzatori
e di eventuali terzi. I dispositivi medici sono raggruppati
in funzione della loro complessità e del potenziale rischio per il paziente in quattro classi. L’appartenenza di
un prodotto a una classe superiore è garanzia di maggior
documentazione tecnica del
prodotto. La maggior parte
degli sbiancanti rientra nella
classe IIa ed è di tipo invasivo,
in quanto penetra attraverso
un orifizio del corpo, con durata temporanea, e svolge l’unica funzione di rimuovere le
discromie dentali.
Se vogliamo riferirci a questa direttiva 93/42 che attualmente disciplina i prodotti sbiancanti come dispositivi medici, continueremo
a sbiancare professionalmente “alla poltrona” i nostri pazienti con concentrazioni di perossido di idrogeno fino al 40%, con o senza
attivazione. Ma – e qui sta il
punto del contendere –,
l’art.1 di questa direttiva definisce che il dispositivo medico ha una finalità d’uso
sugli essere umani per diagnosi, prevenzione, monitoraggio, cura o riduzione della malattia. Viene da chiedersi come possano essere
DENTAL PRESS
stati registrati come tali da
un ente certificatore, in
quanto lo sbiancamento di
per sè non è un trattamento
terapeutico, ma cosmetico,
estetico e che deve pertanto
essere disciplinato dalla direttiva recentemente modificata 76/78/CEE, perfettamente allineata con la posizione della Commissione
europea, per la quale i prodotti per lo sbiancamento
dei denti sono sempre stati
considerati prodotti cosmetici regolamentati dalla direttiva 76/768/EU.
Qual è l’attuale posizione
delle aziende produttrici e
distributrici dei prodotti
sbiancanti?
Come detto sopra, si sono allineate alla attuale direttiva
sugli sbiancanti cosmetici,
ma pare che abbiano deciso
di mantenere la netta distinzione tra cosmetici e dispositivi medici sulla base di indi-
cazioni d’uso non esclusivamente estetiche, ma anche terapeutiche, forse appellandosi al fatto che alcune discromie (da fluorosi o da tetraciclina, per fare un esempio)
sono un esito di patologie.
Si può anche aggiungere che
oggi sempre più spesso gli
sbiancamenti vengono inseriti come trattamento in un
piano globale di riabilitazione protesica del cavo orale
che, oltre alla funzione
(ponti, ponti su impianti,
protesi parziali, faccette),
mira al miglioramento dell’estetica generale.
Cosa cambia quindi in tema
di sbiancamento professionale?
Se dobbiamo attenerci alla
direttiva recepita in Italia
con il decreto ministeriale
del 5 novembre 2012 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale
del 26 gennaio 2013, anche
gli sbiancamenti professio-
nali ad alta concentrazione
cesseranno di esistere.
Si rientra quindi nella logica
descritta dello sbiancamento con prima applicazione
professionale in studio, perché no, anche di 4 spot da
15 minuti con o senza attivazione e successivo proseguimento domiciliare. I risultati sono comunque eccellenti e assolutamente sovrapponibili a quelli fino ad
ora ottenibili con le tradizionali elevate concentrazioni. Sono solo più lenti
ma, a onor del vero, anche
più economici e forse più
appetibili per i pazienti.
Quali sono invece i punti di
criticità di questa metodica?
Sicuramente la rinuncia ai
trattamenti veloci in studio
per i pazienti che “vogliono
tutto e subito”, con perdita
di una fetta di mercato; c’è
poi l’impossibilità di sbiancare pazienti con recessioni
gengivali e va messa in conto anche la rinuncia al trattamento da parte dei pazienti che non tollerano le
mascherine, o che non offrono garanzie di compliance domiciliare.
A questo punto restiamo in
attesa di conoscere quale sia
in merito la posizione ufficiale delle associazioni professionali, a cui si riconoscono l’autorità e la competenza di un parere definitivo
per redimire dubbi, incertezze e interpretazioni soggettive.
Infine, non è da escludere che
la Commissione Europea
possa intervenire in proposito
e decidere di varare procedure contro gli Stati membri che
non applicano la direttiva
76/768/CEE e di essere più severa riguardo all’applicazione
della direttiva 2011/84/EU.
Viviana Cortesi Ardizzone
17
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FOCUS ON
Web, consulti online, email:
attenzione alla deontologia
Le linee guida della Fnomceo regolamentano la correttezza deontologica
dei messaggi pubblicati e sottolineano la necessità di garantire trasparenza
e correttezza dei contenuti diffusi su internet dalla classe medica
La diffusione su larga scala
dei nuovi media sta rapidamente cambiando il modo di
comunicare, anche in ambito
sanitario, e il web è diventato
sempre più un luogo di interazione fra pubblico ed
esperti e, come tale, deve fornire contenuti appropriati. Il
compito di vigilare sull’aspetto deontologico in rete,
sia che si tratti di siti web sia
che si parli di posta elettronica, spetta alla Federazione
nazionale degli ordini dei
medici chirurghi e degli
odontoiatri (Fnomceo).
Il boom dei siti web
in ambito sanitario
Nell’ultimo decennio il web
ha acquisito un ruolo fondamentale nel panorama informativo mondiale, offrendo
libero accesso a costo zero a
una vastissima quantità di
dati, con la conseguente possibilità di confrontare tra loro le diverse fonti in tempo
reale. Restringendo il campo
all’informazione in ambito
sanitario, si è assistito a un
vero e proprio boom che ha
visto la nascita di moltissimi
siti web, gestiti da strutture
sanitarie o da singoli medici,
che si presentano come utili
strumenti di informazione
per aiutare il paziente a
orientarsi tra le varie specializzazioni e prestazioni erogate o per fornire elementi di
approfondimento in materia
sanitaria, con un livello di accuratezza tuttavia molto
spesso limitato.
Se da un lato questa mole di
dati può rappresentare uno
strumento conoscitivo di
grande utilità che l’utente
può gestire in completa autonomia, dall’altro il rischio è
che il paziente di ritrovi sommerso da queste notizie e
possa deviare dalle terapie
corrette.
«Il tema della correttezza
deontologica del messaggio
pubblicato – spiega Giuseppe
Renzo, presidente della
Commissione albo odontoiatri nazionale (Cao) – è particolarmente delicato in quanto, da una recente ricerca internazionale resa pubblica
dalla London School of
Economics risulta che in
Italia l’81% dei navigatori acquisisce informazioni sanita-
MEDICO E PAZIENTE
NELLA NUOVA SANITÀ
Gli intervistati nel corso dell’indagine condotta dal Censis e
dal Forum per la Ricerca biomedica, pubblicati nell’ottobre
2012 nel rapporto dal titolo “Quale futuro per il rapporto medico-paziente nella nuova sanità?”, alla domanda che li interrogava in merito alle ragioni che li spingono all’utilizzo dei
nuovi media in campo sanitario, hanno dichiarato di fare ricorso a internet principalmente per i seguenti motivi: per cercare informazioni che li possano aiutare a capire meglio le
indicazioni del medico (66,6%), per verificare la diagnosi del
medico (51,9%), per discutere con il medico dei risultati delle sue ricerche su internet (33%), per prenotare una prestazione o ottenere un servizio amministrativo online (19,3%),
per ricevere attraverso i social network informazioni utili sulla salute, senza averle cercate (14,2%), per comunicare con
il medico di medicina generale via e-mail (12,4%).
Questa trasformazione in senso digitale dei servizi sanitari,
di cui il paziente è artefice e promotore, è responsabile della creazione di nuovi tipi di comunicazione e di un diverso
rapporto tra medico e paziente. Nella pratica quotidiana in
effetti un’e-mail può ormai sostituire una telefonata e risulta
un mezzo molto utile, per esempio, per fornire ai proprio pazienti indirizzi o numeri di telefono delle strutture sanitarie alle quali si consiglia di rivolgersi, o per fornire consigli e istruzioni su come assumere farmaci. Inoltre, a differenza delle
conversazioni telefoniche, i messaggi di posta elettronica
sono documentazione vera e propria che può essere stampata e inserita nella cartella sanitaria, consentendo così una
migliore gestione dell’assistenza al proprio paziente.
più evoluti e scenografici non
sempre consentano la miglior
accessibilità, ragion per cui è
bene affidarsi a realtà che abbiano esperienza nello sviluppo di siti web in ambito
sanitario» ha suggerito il presidente Cao.
>
Giuseppe Renzo, presidente Cao
rie su internet e che, in una
media oscillante tra il 4 e il
10%, ricorre alla rete per l’autodiagnosi. È facile comprendere le preoccupazioni che
possono derivare da simili
comportamenti per la tutela
della salute, anche in relazione alla difficoltà di individuare in modo incontrovertibile
la serietà scientifica degli innumerevoli siti che si occupano di problematiche sanitarie. A questo proposito, la
Fnomceo ha prodotto una revisione del codice deontologico che, nell’allegato relativo
alla pubblicità dell’informazione sanitaria, contiene delle
linee guida inerenti le appli-
cazioni degli artt. 55-56-57
del codice di deontologia medica. In caso di utilizzo di
strumenti web – sottolinea
Renzo – è raccomandata la
conformità dell’informazione ai principi dell’HONCode
(www.hon.ch), ossia ai criteri
di qualità dell’informazione
sanitaria in rete (vedi box a
pagina 18, ndr). Inoltre, la
Fnomceo ritiene utile ricordare l’importanza dell’accessibilità per i siti web (legge
Stanca), al fine di consentire a
tutte le tipologie di pazienti la
fruizione dei siti di medici e
odontoiatri. È opportuno
sottolineare come gli strumenti di programmazione
Linee guida
per i medici sul web
Per l’apertura di un sito web
non è richiesta alcuna preventiva autorizzazione o nulla osta da parte dell’ordine di
appartenenza, che tuttavia si
riserva di svolgere controlli
per verificare il contenuto del
messaggio diffuso, come
chiarisce Giuseppe Renzo: «Il
professionista dovrà comunicare all’ordine provinciale
di iscrizione (in caso di strutture sanitarie tale onere compete al direttore sanitario) di
aver messo in rete il sito, dichiarando la conformità
deontologica alle linea guida.
Particolare attenzione deve
essere dedicata alla produzione dei contenuti e alla loro conformità con i principi
ispirati dal codice deontologico e alle linee guida – continua Renzo –. Nella produzione di contenuti è inteso
che non è ammessa la pub-
blicità ingannevole né la
pubblicazione di notizie che
rivestano carattere di pubblicità personale surrettizia o
che siano lesive della dignità
e del decoro della categoria.
Inoltre il sito non può ospitare spazi pubblicitari né link
riferibili ad attività pubblicitaria di aziende farmaceutiche o tecnologiche operanti
in campo sanitario e non è
ammessa la pubblicizzazione
o la vendita di prodotti o servizi; è invece consentito
diffondere messaggi informativi contenenti le tariffe
delle prestazioni erogate».
Il sito può contenere pagine
dedicate all’educazione sanitaria, anche corredate di immagini in relazione alla specifica professionalità del medico o dell’odontoiatra, e
possono essere presenti link
a siti di informazione medica
o scientifica. Inoltre, il sito
può prevedere una zona riservata per informative destinate unicamente ai professionisti, a cui è possibile accedere tramite password.
Il medico può pubblicare il
proprio curriculum professionale, corredato da eventuali titoli di specializzazione, di libera docenza, master
universitari, dottorati di ri-
<< <<
FOCUS ON
cerca, titoli accademici ed
eventuali altri titoli, che devono essere tutti verificabili.
A tal fine è obbligatorio indicare le autorità che li hanno
rilasciati e/o i soggetti presso
i quali ottenerne conferma.
Anche le esperienze lavorative possono essere oggetto di
pubblicazione: l’iter professionale, così come quello formativo, deve tuttavia essere
obiettivo e verificabile.
Per offrire agli utenti informazioni pratiche ed esaustive
relative all’attività professionale, il sito può contenere indicazione sugli orari di accesso allo studio, sulle modalità di prenotazione delle visite o informazioni relative
all’eventuale presenza di personale ausiliario.
In considerazione dell’importanza del rapporto clinico diretto, le linee guida degli ordini sconsigliano ai
medici di fornire ai pazienti
tramite il sito web informazioni che possano esporre a
critiche o a errori, quando
non si è a conoscenza della
situazione clinico-anamnestica di chi scrive.
È naturalmente possibile, per
i medici o gli odontoiatri,
partecipare via internet a forum di discussione su argomenti sanitari che si svolgano fra i medici. Se invece il
forum è libero (accessibile da
chiunque), il medico che vi
partecipa in qualità di relatore deve pretendere che il soggetto che ospita il forum abbia cura di avvertire l’utenza
che la consulenza telematica
non sostituisce la tradizionale visita medica.
La diffusione dell’e-mail
Una delle applicazioni che
ha contribuito maggiormente alla diffusione di internet è la posta elettronica,
strumento che consente di
comunicare rapidamente in
forma privata e a costi ridotti. «L’e-mail è un efficace
strumento di comunicazione – prosegue Giuseppe
Renzo – specialmente per
quanto concerne gli aspetti
organizzativi, forse meno efficace per aspetti di anamnesi e cura; come tale, deve essere utilizzato con cautela
quando ci sono informazioni e diagnosi, in quanto essendo uno strumento di comunicazione asincrono non
può tenere conto dello momento emotivo ed emozionale del soggetto che riceve
la comunicazione. Nel caso
l’e-mail contenga informazioni sanitarie, la gestione,
l’archiviazione, la sicurezza
e il backup devono prevedere aderenza alla normativa
sulla privacy, in quanto si
tratta di dati sanitari sensibili».
La facilità con cui i pazienti/utenti possono reperire indirizzi di posta elettronica di
specialisti di qualsiasi disciplina e la mole delle informazioni disponibili in rete
sono fattori che hanno influenzato nel corso degli ultimi anni il panorama della
comunicazione in sanità, che
si è evoluto con grande velocità. Ne sono derivate una serie di trasformazioni che sono inevitabilmente destinate
a modificare il modo in cui i
cittadini si rivolgono ai servizi sanitari.
La posta elettronica
nel rapporto medico-paziente
Anche in questo ambito, l’utilizzo della posta elettronica
per motivi clinici è regolamentato dalle linee guida
pubblicate dalla Fnomceo:
«Partendo dal presupposto
che nulla sostituisce il rapporto diretto con il paziente,
la possibilità di visita, cura e
la relazione interpersonale,
l’utilizzo della posta elettronica nei rapporti con i pazienti è consentito – chiarisce
Renzo – purché vengano rispettati tutti i criteri di riservatezza dei dati e dei pazienti
cui si riferiscono e in particolare alle seguenti condizioni:
ogni messaggio deve contenere l’avvertimento che la visita medica rappresenta il solo strumento diagnostico per
un efficace trattamento terapeutico e che i consigli forniti via e-mail vanno intesi come meri suggerimenti di
comportamento; va altresì
riportato che trattasi di corrispondenza aperta; inoltre è
rigorosamente vietato inviare messaggi contenenti dati
sanitari di un paziente a un
altro paziente o a terzi o
diffondere l’indirizzo di posta elettronica dei pazienti, in
particolare per usi pubblicitari o per piani di marketing.
Qualora il medico predisponga un elenco di pazienti
suddivisi per patologia, può
inviare messaggi agli appartenenti alla lista, evitando
che ciascun destinatario possa visualizzare dati relativi
agli altri appartenenti alla
stessa lista».
Il presidente Cao ci aiuta a
far luce anche sul corretto
utilizzo dei dati dei pazienti
in caso di consulto ad altro
specialista. «L’utilizzo della
posta elettronica nei rapporti
fra colleghi ai fini di consulto
è consentito purché non venga fornito il nominativo del
paziente interessato, né il suo
indirizzo, né altra informazione che lo renda riconoscibile, se non per quanto strettamente necessario per le finalità diagnostiche e terapeutiche – afferma Renzo –.
La disponibilità di sistemi di
posta elettronica sicurizzati
equiparati alla corrispondenza chiusa, può consentire la
trasmissione di dati sensibili
per quanto previsto dalla
normativa sulla tutela dei dati personali. Infine il medico
deve tutelare in maniera adeguata l’accesso alla propria
casella e-mail, in quanto contiene dati sensibili alla privacy, e pertanto avere una
corretta gestione della sicurezza sotto tutti gli aspetti».
L’inosservanza da parte di un
medico di quanto previsto
dalle linee guida della
Fnomceo nell’utilizzo del
web e della posta elettronica,
conclude Giuseppe Renzo
«può comportare l’intervento anche disciplinare dell’ordine che, ai sensi della normativa di legge vigente, è
chiamato a valutare la veridicità e la trasparenza di qualsiasi messaggio, anche trasmesso con mezzi elettronici.
Non si tratta di creare ostacoli all’utilizzo delle nuove
tecnologie, ma di porre estrema attenzione affinché venga
tutelato il cittadino e paziente che spesso, a causa di un’evidente “asimmetria informativa”, non è in grado di valutare le informazioni di carattere tecnico-scientifico in
campo medico».
Rachele Villa
18
GLI 8 PRINCIPI DELL’HONCODE
La certificazione HONcode è un attestato di qualità rilasciato a livello mondiale dalla Health On The Net Foundation,
un’organizzazione non governativa operante dal 1995, nota
per aver elaborato le prime linee guida per la redazione e la
pubblicazione di informazioni mediche online.
I siti web certificati possono esporre il bollino HONcode e dichiarare che l’informazione sanitaria presente sul sito in questione rispetta le seguenti regole etiche stabilite dalla Hon.
1. Ogni informazione medica fornita e ospitata dal sito sarà
scritta unicamente da esperti dell'area medica e da professionisti qualificati, a meno che un'esplicita dichiarazione non
precisi che qualche informazione provenga da persone o organizzazioni non mediche.
2. Le informazioni diffuse dal sito sono destinate a incoraggiare, e non a sostituire, le relazioni esistenti tra paziente e
medico.
3. Le informazioni personali riguardanti i pazienti e i visitatori di un sito medico, compresa l'identità, sono confidenziali.
Il responsabile del sito s'impegna sull'onore a rispettare le
condizioni legali di confidenzialità delle informazioni mediche in rispetto delle leggi del paese dove il server e i mirrorsite sono situati.
4. La provenienza delle informazioni diffuse devono essere
accompagnate da referenze esplicite e, se possibile, da link
verso questi dati. La data dell'ultimo aggiornamento deve
apparire chiaramente sulla pagina (ad esempio in basso a
ogni pagina).
5. Ogni affermazione relativa al beneficio o ai miglioramenti
indotti da un trattamento, da un prodotto o da un servizio
commerciale, sarà supportata da prove adeguate e ponderate secondo il precedente Principio 4.
6. Gli ideatori del sito si sforzeranno di fornire informazioni
nella maniera più chiara possibile e forniranno un indirizzo al
quale gli utilizzatori possono chiedere ulteriori dettagli o supporto. Questo indirizzo e-mail deve essere chiaramente visibile sulle pagine del sito.
7. Il patrocinio del sito deve essere chiaramente identificato
compresa l’identità delle organizzazioni commerciali e noncommerciali che contribuiscono al finanziamento, ai servizi o
al materiale del sito.
8. Se la pubblicità è una fonte di sovvenzione del sito deve
essere chiaramente indicato. I responsabili del sito forniranno una breve descrizione dell'accordo pubblicitario adottato. Ogni apporto promozionale ed eventuale materiale pubblicitario sarà presentato all'utente in modo chiaro per differenziarlo dal materiale originale prodotto dall'istituzione che
gestisce il sito.
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FOCUS ON
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Il colore e la luce
nello studio odontoiatrico
Libero professionista con studio in Milano, Francesco Frova
dal 1988 si occupa di progettazione tecnica specializzata per
ambienti medici
In fase di progettazione sono importanti le scelte sulle sorgenti luminose
e sui colori degli ambienti. L’obiettivo è rendere più efficiente l’ambiente
lavorativo per gli operatori e più gradevole e accogliente per i pazienti
>
Nella progettazione di uno
studio uno degli argomenti
frequentemente trascurati è
quello relativo alla luce.
Troppo spesso infatti viene
sottovalutato che l’impatto
visivo delle luci e dei colori
all’interno di un ambiente
determinano l’impressione
complessiva che il paziente
percepisce dello studio stesso: questi due fattori devono
quindi essere progettati alla
perfezione per non inficiare
l’effetto finale.
Nel momento in cui ci si accinge a progettare le funzioni e l’illuminazione dello
studio, è una buona regola
caratterizzare le varie aree in
maniera differente, per accentuare la diversità degli
ambienti in relazione alla
funzione che dovranno svolgere.
Il sistema di illuminazione
d’ambiente della parte d’accoglienza (sala d’attesa e reception) potrà essere pertanto caratterizzato da
un’atmosfera rilassante, costruita anche con degli accorgimenti scenografici per
personalizzare gli ambienti
(sfondati di luce a soffitto,
lame di luce alle pareti, inserimento di lampadari di design).
Per l’area clinica potrà invece essere più idonea l’adozione di lampade più tecniche, in grado di garantire i
valori di intensità luminosa
e di colore della luce (tem-
Il livello di illuminazione
La quantità di luce rappresenta un altro fattore molto
importante nella scelta dell’illuminazione di un ambiente. Esistono infatti moltissime lampade, sicuramente belle e di forte impatto
estetico, ma che, alla luce dei
fatti, si rivelano spesso dei
meravigliosi oggetti luminosi che non fanno sufficiente
luce. È quindi importante
farsi consigliare da un esperto per scegliere il corpo illuminante che corrisponda all’effetto luminoso che si
vuole ottenere, confrontando le curve fotometriche e le
caratteristiche della sorgente
luminosa prima di operare
una scelta.
Nella sala operativa, ad
esempio, l’intensità della luce nella zona della poltrona
dovrebbe essere di cica 800
lux, mentre il resto della
stanza non dovrebbe essere
lasciato in penombra. Se così si facesse (area perimetrale in penombra), si otterrebbe un effetto sicuramente
scenografico, ma si obbligherebbero gli occhi a frequentissimi cambi di contesto, facendo dilatare e restringere la pupilla troppo
spesso, con un conseguente
affaticamento precoce. È invece consigliabile inserire
dei dimmer o sdoppiare
l’accensione nei locali ove vi
sono tanti corpi illuminanti
(ad esempio la stessa sala
operativa o i corridoi): nei
momenti della giornata in
cui non è necessaria l’illuminazione artificiale totale,
possono essere accese solo
metà lampade, per poi passare all’accensione della totalità nelle ore più buie della
giornata.
peratura cromatica) richiesti dalle norme di legge.
Nei restanti ambienti, invece, si potranno utilizzare
delle luci tecniche per i corridoi, la sterilizzazione e il
locale ritocchi; delle lampade più di arredo per le scrivanie degli uffici privati,
eventualmente con un doppio fascio luminoso, uno
verso l’alto per la luce ambientale, uno verso il basso
per la luce operativa da
scrittura, fino a sbizzarrirsi
nei bagni, passando dalle
classiche applique a soluzioni più scenografiche se si
preferisce creare ambientazioni più “di moda”.
Le sorgenti luminose
Esistono in commercio differenti tipologie di sorgenti
luminose: proviamo ad analizzare i principali pregi e difetti dei tre modelli maggiormente utilizzati oggi.
Le lampade alogene sono
delle lampadine simili alle
vecchie lampadine a incandescenza, la cui caratteristica principale è quella di avere una forte resa luminosa,
associata a un colore gradevole e caldo della luce emessa. Il difetto di queste sorgenti luminose è però quello
di scaldare molto e di consumare molta corrente in rapporto al flusso luminoso reso.
Le lampade a fluorescenza,
quali ad esempio i neon, sono caratterizzate da un basso consumo, scaldano poco
e sono quindi facilmente
utilizzabili in ambienti nei
quali i fattori consumo elettrico e calore devono essere
contenuti. Per contro, le
lampade a fluorescenza sono
soggette a un calo della potenza luminosa col passare
del tempo: tale diminuzione
può arrivare anche al 20% in
un solo anno.
Da qualche tempo sono entrate in commercio le lampade a led, che hanno in breve rivoluzionato il mercato
dell’illuminazione. Si tratta
di lampade la cui sorgente
luminosa è costituita da una
serie di diodi ad altissima resa, le cui principali caratteristiche sono quelle di non
scaldare e di consumare pochissimo. Inoltre la durata
della lampada è enormemente maggiore rispetto alle
sorgenti luminose sopracitate, con il conseguente risparmio anche sui costi di manutenzione. Gli ultimi modelli,
ormai paragonabili alle lampade alogene a fluorescenza
per quanto riguarda il colore
della luce, ne stanno soppiantando in modo sempre
maggiore l’utilizzo.
Il colore della luce
Abbiamo accennato prima
al colore della luce, che costituisce uno degli elementi
fondamentali da tenere in
considerazione quando si
scelgono le lampade per uno
studio odontoiatrico. La luce, come si sa, è formata da
un insieme di radiazioni lu-
minose il cui spettro visibile
passa dai colori più caldi a
quelli più freddi; la sorgente
luminosa, a seconda del
flusso che emette, influisce
pertanto sulla percezione
dei colori degli oggetti da
parte del nostro occhio.
Questa cromaticità condiziona pertanto la percezione
psicologica degli ambienti,
influendo sulla sensazione
di benessere e comfort che
l’ambiente stesso ci trasmette, facendo optare, per i locali di attesa e ricevimento,
per l’impiego di lampade
dalla tonalità più calda al fine di ottenere un effetto rilassante.
Al contrario nelle sale operative, al fine di non alterare
la percezione dei colori rispetto alla luce naturale, si
sarà obbligati a scegliere delle lampade il cui spettro di
emissione sia il più vicino
possibile a quello della luce
esterna, corrispondente a
5400
gradi
Kelvin.
Diversamente, la scelta di un
provvisorio potrebbe rivelarsi disastrosa appena usciti
dallo studio.
Luci accessorie
La luce, oltre ad illuminare,
svolge anche una funzione
di guida e di sicurezza all’interno degli ambienti dello
studio: se lungo i percorsi,
ad esempio, vi sono dei gradini, è bene evidenziarli con
dei segnapasso o con delle
strisce di led.
Non bisogna inoltre tralasciare le luci d’emergenza,
obbligatorie per legge nelle
aree frequentate dai pazienti.
Molti modelli di corpi illuminanti contemplano anche
la versione con emergenza
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incorporata. Tale scelta consente di non affiancare al
corpo illuminante prescelto
un secondo oggetto tecnico,
mantenendo quindi un’uniformità e un’omogeneità
visiva. Altri modelli invece
non sono creati anche con la
versione in emergenza (o
quest’ultima è sovente eccessivamente costosa): in questo
caso bisogna quindi installare ulteriori corpi illuminanti,
del tipo in emergenza; fortunatamente esistono ora in
commercio modelli discreti e
facilmente “mimetizzabili”, e
non più solo le lampade invadenti tipo uscita di sicurezza da cinema.
La segnaletica d’emergenza
può essere a sua volta illuminata: in commercio vi sono diverse tipologie e marche, anche con linee moderne e di design.
Progettare il colore
L’atmosfera degli ambienti
viene creata, oltre che con
l’impiego delle luci, anche
con il colore: da quello delle
pareti, a quello dei pavimenti, degli arredi, degli imbottiti, dei marchi e di tutti gli
altri accessori che contribuiscono a creare l’immagine
coordinata dello studio.
Per quanto riguarda le pare-
ti delle sale operative, è
sconsigliabile utilizzare colori troppo differenti dal
bianco, onde evitare interferenze con la percezione del
colore dei denti (discorso
che si ricollega alla temperatura di colore delle lampade
affrontato in precedenza).
In tutti gli altri ambienti, invece, ci si può sbizzarrire come si vuole, a seconda degli
effetti visivi che si vogliono
ottenere: ad esempio, in un
corridoio molto lungo si potranno dipingere una parete
ed il soffitto con un colore
deciso, differente dall’altra
parete e dal pavimento, ottenendo in questo modo l’effetto di alterare la percezione degli spazi e di smorzare
l’effettiva lunghezza reale
del locale. In sala d’attesa si
può caratterizzare una parete con un colore definito, lasciando le altre più neutre,
per creare effetti di maggior
ampiezza e profondità, o anche semplicemente per movimentare l’ambiente.
Per quanto riguarda il colore
dei pavimenti, si può optare
per una differenziazione tra
la zona extraclinica e quella
clinica, anche usando sempre la stessa tipologia di pavimento: non è necessario
cambiare materiale, ma è
consigliabile cambiare il co-
FOCUS ON
lore tra le due aree, per segnare uno stacco tra le due
zone (una più accogliente ed
una più clinica-asettica).
Analogamente è una buona
regola quella di differenziare
il colore della pavimentazione tra la sala d’attesa o il cor-
ridoio e il bagno, anche in
questo caso per distinguere
visivamente le funzioni e il
concetto di non frammistione dei livelli di igiene e pulizia tra ambienti differenti.
Il colore degli arredi (mobili
e imbottiti) contribuisce a
caratterizzare notevolmente
gli ambienti dello studio: ad
esempio, si può scegliere un
unico colore, tutto uguale,
per gli elementi all’interno
dell’area clinica (la selleria
dei riuniti, gli sgabellini
operativi, le ante dei mobili
odontoiatrici) e un colore
diverso per gli imbottiti delle sedute in sala d’attesa e
per le poltroncine dei pazienti e degli operatori negli
uffici per i pagamenti, in
amministrazione ecc.
Si può scegliere se puntare
sull’uniformità, caratterizzando lo studio con un colore “aziendale” coordinato,
che può riprendere quello
dominante del marchio/logo
per riprodursi poi sul colore
dei camici, della selleria dei
riuniti, dei frontali dei mobiletti odontoiatrici, dell’orologio appeso alle pareti,
ecc. Oppure si può puntare
su un effetto più movimentato, caratterizzando ogni
sala operativa con un colore
differente, lasciando per
esempio tutto l’involucro
neutro, bianco (mobili bianchi) e lasciando scoppi di
colore sui riuniti, ognuno di
colore diverso, abbinato al
colore delle porte.
Infine una raccomandazione: non esagerare con troppi
colori diversi in un ambiente. Una vecchia regola, ma
sempre attuale, suggerisce di
usare in uno stesso locale
non più di tre colori, al fine
di non creare caos visivo eccessivo.
Francesco Frova
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FOCUS ON
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La gestione del colore
in fotografia digitale
Il bilanciamento del colore è decisivo nella buona riuscita di una fotografia
professionale. Ogni dispositivo ha una “resa” particolare del colore e la
bravura dell’operatore sarà quella di calibrare al meglio lo spazio colore
La gestione del colore è un’attività decisamente complicata
ed è ancora oggi una materia
misteriosa anche per molti
fotografi professionisti.
Per introdurre l’argomento
vorrei rivolgere la vostra attenzione al passato, sulle ormai superate ma meravigliose
pellicole fotografiche. Chi come me che da più di trent’anni si occupa di fotografia professionale sa molto bene che
ogni pellicola aveva una sua
particolare caratteristica: per
esempio le pellicole Fuji avevano un eccezionale risultato
cromatico e/o dominante sul
colore verde, mentre le pellicole Kodak riportavano fantastici colori caldi quali gialli
e marroni. Oggi ogni apparecchio fotografico digitale riproduce i colori alla sua maniera, quindi se il sensore della mia fotocamera ha una determinata dominante, così è e
così rimane visto che, per
adesso, è impossibile sostituire il sensore di una fotocamera con un altro (salvo attrezzature eccezionali). Uno scanner può produrre un rosso
leggermente più saturo di un
altro; allo stesso modo una
stampante può mostrare un
blu più profondo di un’altra,
un monitor può avere colori
più brillanti di altri o un contrasto maggiore di altri o ancora peggio un bilanciamento
diverso del colore, come spesso accade. Un’immagine
scansionata potrà dare colori
diversi dall’originale quando
andremo a visionarla su di un
monitor.
Insomma il risultato cromatico di un’immagine ha nume-
rose varianti, quindi sarà una
vera impresa riuscire a riportare i colori naturali. Dopo
questa premessa catastrofica
dobbiamo però affermare che
si può fare molto sulle proprietà del colore caratteristico
degli apparecchi utilizzati, intervenendo su quello che viene definito come “profilo colore”. La professionalità di un
fotografo, ieri stabilita dalla
scelta del materiale sensibile
più idoneo per ottenere risultati migliori in uno specifico
lavoro, si esprime oggi con la
corretta regolazione e scelta
della calibrazione e del profilo
della fotocamera e degli altri
strumenti hardware. I profili
standard delle fotocamere digitali sono di due tipi: Adobe
RGB e sRGB, definito quest’ultimo come “small RGB”,
quindi un profilo colore ridotto se confrontato col maggiore e più ampio RGB, che
non sarà in grado inoltre di
riprodurre alcune tonalità di
giallo, verde e ciano così bene
come l’Adobe RGB. Qual è il
migliore?
Per riuscire a rispondere a
questa domanda dobbiamo
comprendere un altro concetto della gestione del colore, il
cosiddetto “spazio colore”.
Semplicemente lo “spazio colore” è la gamma di colori che
un apparecchio, in questo caso un monitor, è in grado di
trasmettere ed è rappresentato da un diagramma con la
forma di un ferro di cavallo e
un piccolo triangolo all’interno. Il triangolo all’interno
mostra la gamma dei colori
che quello stesso monitor sarà
in grado di trasmettere. La di-
mensione dello spazio colore
di un apparecchio è anche
chiamata “Gamut”. I profili
colore prendono in considerazione le differenze di misurazione fra gli spazi colore di
diversi apparecchi nel momento in cui applicano le loro
correzioni. Ciò significa che
se la fotocamera cattura
un’immagine che contiene il
rosso più saturo dello spazio
colore RGB, questo rosso può
apparire meno saturo al momento della visualizzazione
su un monitor che ha un
Gamut di risposta meno elevato sul colore rosso. Ma il
problema maggiore si presenta quando si devono trasferire
delle immagini dalla fotocamera al monitor e dal monitor alla stampante. Ciascun
supporto riproduce i colori
dell’immagine originale in
modo diverso a causa della
peculiarità dei propri spazi
colore. Applicazioni come
Photoshop hanno un proprio
spazio colore su cui lavorare,
definito anche “spazio colore
teorico”, che consente alle applicazioni di disporre di un
consistente spazio di lavoro
per le immagini da ritoccare e
modificare. Come già detto i
due spazi di colore più usati
sono sRGB e Adobe RGB e
sono usati dai fotografi professionisti durante il flusso di
lavoro digitale per mantenere
> Giorgio Perini, fotografo professionista, è un esperto di fotografia clinica in ambito odontoiatrico e odontotecnico
la consistenza del colore teorico. Usando gli spazi colore
di lavoro tutti i nostri supporti digitali (fotocamera, monitor, scanner e stampante)
suonano la stessa sinfonia, ma
non necessariamente con lo
stesso ritmo. Per riordinare ed
abbinare sinfonia e ritmo ab-
biamo una sola possibilità:
creare il profilo per ogni singolo apparecchio digitale,
quindi calibrare e creare il
profilo alla fotocamera, creare
un’idonea calibratura al nostro monitor e, qualora vi sia
la necessità di produrre stampe, creare e profilare anche la
stampante.
Per complicarvi ulteriormente l’argomento vorrei farvi conoscere un altro spazio colore, denominato Pro Photo
RGB, usato quasi esclusivamente in ambito professionale. Pro Photo RGB è uno spazio colore significativamente
più grande di sRGB e di
Adobe RGB ed è stato progettato per comprendere l’intera
gamma di materiali fotografici, rendendolo perfetto per la
riproduzione delle immagini
su stampanti fotografiche a
getto di inchiostro e su stampanti digitali a sottrazione di
colore. Pro Photo RGB è particolarmente adatto a chi lavora con immagini a 16 bit e
quindi a chi fotografa in modalità RAW.
Questo complesso argomento
e anche molti altri elementi
che fanno parte della fotografia digitale, vengono sempre
esposti e ampiamente illustrati nei miei corsi base e
master di fotografia professionale e comunicazione digitale dedicati esclusivamente
agli specifici ambiti dell’odontoiatria e dell’odontotecnica e presentati, insieme a
molte altre news su tecniche e
nuove attrezzature, sul mio sito web: www.giorgioperini.eu
Giorgio Perini
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FOCUS ON
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Regole di smaltimento
per i rifiuti sanitari
Nel caso in cui occorra smaltire
il complesso contenitore-contenuto, il rifiuto viene classificato e smaltito come rifiuto
speciale.
La normativa è poco conosciuta dagli odontoiatri e le sue prescrizioni
vengono trascurate. Oltre che per evitare le sanzioni, queste norme vanno
seguite con scrupolosità per garantire la sicurezza di pazienti e operatori
Dove devono essere conservati
i contenitori dei rifiuti in attesa
dello smaltimento?
Il deposito temporaneo dei
contenitori di rifiuti sanitari,
effettuato in uno spazio dedicato e accessibile solo al personale autorizzato, deve prevedere condizioni di mantenimento
tali da non causare danni ai
contenitori che comportino rischi per la salute degli operatori (vedi box a lato, ndr).
Per i rifiuti a rischio infettivo il
Dpr 254/2003 stabilisce una
durata massima di stoccaggio
di 5 giorni dal momento della
chiusura del contenitore quando i volumi stoccati superano
nel complesso i 200 litri.
Tuttavia, nel rispetto dei requisiti di igiene e sicurezza e sotto
la responsabilità del produttore, tale termine è esteso a 30
giorni per quantitativi inferiori
a 200 litri.
Un evento negativo associato
alla conservazione troppo prolungata dei rifiuti contenenti
materiali organici putrescibili è
il rischio di produzione di cattivi odori e di richiamo di insetti. Pertanto anche le condizioni microclimatiche ambientali potranno influenzare il periodo di deposito temporaneo.
Relativamente ai rifiuti sanitari
pericolosi non a rischio infettivo, tipo amalgama di mercurio
o liquidi radiografici esausti, il
deposito temporaneo può essere di un anno (Dpr 254/2003).
L’attività odontoiatrica produce rifiuti di diverso tipo e alcuni di
questi sono pericolosi per le persone e per l’ambiente; le normative esistono ma forse non sono conosciute da tutti.
Italian Dental Journal ha intervistato sul tema Luigi Checchi,
ordinario di parodontologia e implantologia presso l’università
di Bologna, dove presiede il corso di laurea in igiene dentale.
Il professor Checchi ha avuto modo di occuparsi anche di rifiuti odontoiatrici. «Data la complessità della materia e del
quadro normativo – in continua evoluzione – che la regolamenta, reputo non ci sia adeguata e sufficiente preparazione
al riguardo, nonostante i continui aggiornamenti effettuati dagli odontoiatri» sottolinea l’esperto.
Professor Checchi, che tipo di
rifiuti si producono negli studi
odontoiatrici?
Sono nella maggioranza dei casi inquadrabili tra i pericolosi a
rischio infettivo, cioè rifiuti
contaminati da sangue e fluidi
biologici (denti, siringhe, lame
di bisturi, frese, garze, cotone,
guanti, mascherine chirurgiche, film plastici di copertura
del riunito, salviette monouso).
Vi sono però anche rifiuti pericolosi a rischio chimico, come
farmaci scaduti, amalgama di
mercurio, disinfettanti esausti
o scaduti e, nonostante sia sempre più diffusa la digitalizzazione delle immagini radiografiche, i liquidi per lo sviluppo e il
fissaggio delle radiografie.
Quali sono i principali accorgimenti che devono essere presi
dai componenti dello staff
odontoiatrico?
Per la prevenzione dei danni al-
>
la salute derivanti dalla manipolazione dei rifiuti è fondamentale fornire a tutti i componenti dello staff le informazioni complete relative alle modalità di raccolta e di conferimento dei rifiuti prodotti.
Questi dovranno essere raccolti e depositati negli appositi
contenitori dei rifiuti speciali e
mantenuti in deposito temporaneo sino al conferimento all’azienda autorizzata alla loro
raccolta.
A tal proposito è utile ricordare
il decreto del ministero della
Sanità dell’8 settembre 1990:
“norme di protezione dal contagio professionale da Hiv nelle
strutture assistenziali pubbliche e private”. L’articolo 2 così
recita: «l’eliminazione degli
aghi e degli altri oggetti taglienti utilizzati nei confronti di
qualsiasi paziente deve avvenire
con cautele idonee a evitare
punture e tagli accidentali. In
particolare gli aghi, le lame di
bisturi e gli altri strumenti acuminati o taglienti monouso
non debbono essere rimossi
dalle siringhe o da altri supporti né in alcun modo manipolati o incappucciati, ma riposti,
per eliminazione, in appositi
Luigi Checchi
contenitori resistenti alla puntura». I presidi riutilizzabili devono, dopo l’uso, essere immediatamente immersi in un disinfettante chimico di riconosciuta efficacia all’Hiv, prima
delle operazioni di smontaggio
o pulizia, da effettuare come
preparazione per la sterilizzazione.
Che fare di bottiglie e flaconi
vuoti?
L’attività odontoiatrica produce, come rifiuti, varie tipologie
di contenitori come taniche,
bottiglie, flaconi che possono
aver contenuto sostanze pericolose. In caso contrario, una
volta eventualmente ridotto di
volume, possono essere ridotti
nei normali cassonetti per la
raccolta differenziata.
Qualora contaminato da sostanze contaminati è buona
norma procedere a un accurato lavaggio così da non costituire pericolo per gli operatori, quindi smaltito nei cassonetti predisposti per il riciclaggio. Il liquido di lavaggio viene
poi gestito in relazione alla sua
specifica tipologia di appartenenza.
CLASSIFICAZIONE E PERCORSO
DEI RIFIUTI SANITARI
Il D.lgs. 152/2006 classifica i rifiuti in base alla loro origine (urbani e speciali) e alle caratteristiche di pericolosità (pericolosi e
non pericolosi). I rifiuti che provengono dalle attività sanitarie,
compresa quella odontoiatrica, per la loro eterogeneità composizionale e di origine, sono inclusi tra i rifiuti speciali.
I rifiuti speciali, al fine di raggrupparli per analoghe tipologie di
rischio (chimico-fisico) e per gestire in modo facilitato la raccolta e lo smaltimento finale, sono distinti in cinque tipologie: non
pericolosi, assimilati agli urbani, pericolosi non a rischio infettivo
(rischio chimico-fisico), pericolosi a rischio infettivo, che richiedono particolari modalità di smaltimento.
Come si identificano
I rifiuti sono identificati da un codice identificativo a sei cifre (Cer:
Codice europeo rifiuti) che viene assegnato a ogni tipologia di
rifiuto in base alla composizione e al processo di provenienza, il
cui elenco è allegato alla parte quarta del D.lgs. 152/06.
Ciascuna coppia di numeri identifica la classe, ossia il settore di
attività da cui deriva il rifiuto; la sottoclasse, ovvero il processo
produttivo di provenienza; la categoria, che è il nome del rifiuto.
L’elenco dei codici identificativi è articolato in venti classi, ognuna delle quali raggruppa rifiuti che derivano da uno stesso ciclo
produttivo. Il codice Cer che inizia con 18 è identificativo dei rifiuti prodotti dal settore sanitario e veterinario. I codici Cer appartenenti a un rifiuto pericoloso riportano un asterisco “*” dopo le
sei cifre identificative. La classificazione del rifiuto e l’attribuzione del codice Cer spettano al produttore del rifiuto, vale a dire al
titolare dello studio dentistico, congruità comunque verificata
anche dalla ditta incaricata dello smaltimento.
Come devono essere trasportati?
Durante il trasporto verso lo
smaltimento finale i rifiuti
speciali devono essere accompagnati da un Formulario di
identificazione rifiuti (Fir), redatto in quattro esemplari, datato e firmato dall’odontoiatra
titolare (produttore/detentore
dei rifiuti) e controfirmato dal
trasportatore al momento del
ritiro presso lo studio odontoiatrico. Una copia di questo
documento rimane in possesso dell’odontoiatra; le altre tre
copie saranno datate e controfirmate dal destinatario all’arrivo presso l’impianto di termodistruzione. Queste tre copie vengono così assegnate:
una al destinatario stesso e due
al trasportatore che provvederà a trasmetterne una all’odontoiatra, a testimonianza
dell’avvenuto smaltimento
presso il centro autorizzato. Se
entro 90 giorni dalla data di
conferimento dei rifiuti al trasportatore l’odontoiatra non
riceve la copia firmata dal destinatario deve segnalare il
non rispetto della procedura
alla Provincia competente.
Sul formulario devono risultare i seguenti dati: nome e
indirizzo del produttore e del
detentore (titolare dello studio odontoiatrico), tipologia,
quantità (Kg o litri) del rifiuto smaltito, impianto di
smaltimento, data e percorso
seguito dal trasportatore, nome e indirizzo del destinatario. L’odontoiatra deve conservare per almeno cinque
anni la prima e la quarta copia del formulario in suo
possesso.
Quando i rifiuti arrivano al centro di smaltimento
«La materia dei rifiuti è complessa e comporta anche molti
adempimenti per i produttori di rifiuti con possibilità di sanzioni sia amministrative che penali anche di entità rilevanti».
Le parole sono di quelle di Dino Bolognini, un esperto di Lasi
srl, ditta toscana che da anni si occupa di microraccolta,
raccolta e trasporto, smaltimento, intermediazione commerciale, stoccaggio, analisi e classificazione dei rifiuti.
Ma le norme vengono generalmente rispettate? «La normativa di riferimento per i rifiuti in Italia – ricorda Bolognini – è il
Decreto legislativo 152/2006, mentre per i rifiuti sanitari la
normativa specifica è il Decreto del Presidente della
Repubblica 254/2003, con le successive modifiche e integrazioni. Le due normative sono abbastanza conosciute anche se sicuramente non in maniera approfondita, generalmente per quanto riguarda la nostra zona di attività le norme
sullo smaltimento dei rifiuti sanitari in genere sono rispettate
nel 90% circa dei casi».
Il dottor Bolognini ci spiega cosa succede quando il dentista
conferisce i rifiuti nell’apposito centro: «al produttore che consegna i propri rifiuti a una ditta autorizzata al trasporto e alla
gestione dei rifiuti viene consegnata una copia del formulario.
Il rifiuto deve essere consegnato al destinatario, che può essere un impianto di stoccaggio o un impianto di trattamento/incenerimento dei rifiuti stessi. L'impianto, quando riceve i rifiuti,
appone nel formulario la data, l'ora della consegna e il peso
del rifiuto conferimento, inoltre è tenuto a firmare il formulario
stesso quale presa in carico del rifiuto. Una copia del formulario così compilato anche dal destinatario viene restituita al produttore entro 90 giorni da parte del trasportatore. Il destinatario effettuerà infine le operazioni di trattamento/smaltimento per
le quali è autorizzato».
FOCUS ON
Quali conseguenze potrebbero esserci qualora i rifiuti
non fossero smaltiti in modo
corretto?
Per le eventuali violazioni
della normativa riguardante
la gestione e lo smaltimento
dei rifiuti sono previste sanzioni amministrative (di tipo
pecuniario) e penali, graduate a seconda della gravità della violazione.
La problematica è estremamente complessa e necessiterebbe di un discorso ampio e approfondito. È di poche settimane fa, ad esempio, una sentenza della
Corte di Cassazione (Sent. n.
2340/2013) che assimilerebbe gli scarichi dei dentisti a
quelli industriali sul presupposto che in essi siano presenti sostanze estranee alla
vita domestica quali farmaci
e anestetici.
Renato Torlaschi
CONSIGLI PER ALLESTIRE
I CONTENITORI DEI RIFIUTI
I contenitori per la raccolta dei rifiuti a rischio infettivo devono essere collocati nelle immediate vicinanze dell’operatore, in una posizione comoda per l’eliminazione del rifiuto e tale da non ostacolare l’attività dello staff.
Questi contenitori devono essere facilmente identificabili in base al colore, di norma giallo, tali da renderli distinguibili dal contenitore per la raccolta dei rifiuti solidi urbani.
La loro forma e volume devono consentire di contenere qualsiasi rifiuto prodotto nello
studio odontoiatrico.
Ogni contenitore deve riportare un’etichetta di pericolo riportante il pittogramma relativo ai materiali infettanti, posizionata in modo da essere facilmente visibile e leggibile
e anche un’etichetta su cui scrivere la data di chiusura del contenitore e il nome dello
studio odontoiatrico produttore del rifiuto.
I sacchi di plastica “gialli”, all’interno dei relativi contenitori rigidi di cartone o di materiale plastico, non devono essere riempiti completamente per consentirne la chiusura
senza dover comprimere il contenuto ed evitare qualsiasi rischio di infortunio.
Stessa precauzione deve essere riservata anche per i contenitori rigidi dei taglienti e pungenti. A questo proposito è importante assemblare correttamente le due parti che di norma costituiscono i contenitori rigidi dei taglienti al fine di evitare l’apertura accidentale del
contenitore durante l’uso con il rischio di pungersi o di tagliarsi con strumenti capaci di
inoculare in profondità materiali biologici potenzialmente infetti.
Prof. Luigi Checchi
DENTALevidence
Review della letteratura internazionale
EVIDENCE BASED MEDICINE
Conflitti d’interesse e trial clinici:
quanto sono attendibili i risultati?
A Ben Goldacre, medico inglese, epidemiologo, opinionista del Guardian e autore di
bestseller, avevamo già dedicato questa rubrica qualche
anno fa, in occasione dell’edizione italiana del suo primo
libro “La cattiva scienza”
(Bruno Mondadori Editore),
in cui parlando di pediluvi disintossicanti, medicina omeopatica, naturopatia e altre simili amenità (la cattiva scienza appunto), spiegava al lettore come riconoscere la buona
scienza, quella dei trial randomizzati, della Cochrane
Collaboration e della evidence
based medicine.
Ed è dalla evidence based
medicine che l’autore riparte
nel suo nuovo lavoro “Effetti
collaterali. Come le case farmaceutiche ingannano medici e pazienti” (Mondadori).
Goldacre questa volta si concentra sulla difficoltà di esercitare una pratica medica veramente evidence based a
causa delle distorsioni e falsificazioni dei dati che le case
farmaceutiche mettono in atto per aumentare le prescrizioni dei loro prodotti.
Connivenza tra controllati
e controllori
Nonostante il tono talvolta
possa suonare apocalittico
(l’incipit dell’edizione inglese
è “medicine is broken”), la denuncia di Ben Goldacre è molto rigorosa, si basa su fatti tutti più o meno facilmente verificabili e ha come obiettivi non
solo le case farmaceutiche, ma
anche (o soprattutto) le agenzie americane ed europee che
regolamentano i farmaci e che,
per lassismo o connivenza,
troppo spesso abdicano al
ruolo di controllori per divenire invece complici.
Qualche “trucco”
per i trial clinici
Siamo subito avvertiti dall’autore che l’industria farmaceutica non è ingenua, come invece alcuni dei casi un po’ cialtroneschi descritti nel libro
precedente. Anzi, da un punto
di vista formale gli studi clini-
ci condotti per conto dalle
aziende sono generalmente
migliori rispetto a quelli indipendenti. E infatti le tecniche
adottate per far apparire un
farmaco migliore di quanto sia
veramente sono (un po’) più
sottili. Ecco quindi che per testare una nuova molecola la si
confronta con un placebo invece che con il farmaco normalmente usato, dimostrando
così che questa è meglio di
niente, mentre al paziente e al
medico servirebbe sapere se è
più efficace delle cure già note.
Oppure il confronto viene fatto sì con trattamenti correnti,
ma a dosi troppo basse, così da
esaltare gli effetti del nuovo
farmaco, o troppo alte, per ridurne gli effetti indesiderati. O
ancora si interrompono gli
studi nel momento in cui i risultati prodotti sono più favorevoli e gli effetti indesiderati
minori, mentre altre volte li si
allunga oltre il necessario per
far sì che il farmaco venga registrato con l’indicazione di
una terapia più lunga (e quindi più redditizia).
In letteratura solo
i risultati positivi
Ma è un altro il problema che
nel libro viene indicato come il
più grave, quello che più degli
altri rende impossibile una
corretta valutazione dell’efficacia dei farmaci: il problema
dei dati mancanti, quelli cioè
relativi a studi portati a termine, ma mai resi pubblici. Quasi
il 50%, secondo una revisione
sistematica del britannico
National Institute for Health
Research.
In parte la colpa è degli accademici e delle riviste scientifiche, entrambi poco propensi a
pubblicare studi con risultati
negativi, ma è l’industria che
porta le responsabilità maggiori. Sono infatti le case farmaceutiche a condurre la
grande maggioranza dei trial
clinici, ovvero degli studi che
servono per testare l’efficacia
delle nuove medicine, e a decidere quali rendere pubblici e
quali no.
Scopriamo allora che solo la
metà degli studi sugli antide-
pressivi sono stati divulgati e
più precisamente, dei 38 studi
con risultati positivi, solo uno
non è stato pubblicato, mentre
dei 36 che non avevano mostrato benefici significativi, solo tre sono stati messi a disposizione della comunità scientifica: una selezione tutt’altro
che casuale e che priva medici
e pazienti di strumenti importanti per decidere.
Un po’ come è successo all’autore, che si è sentito ingannato quando, avendo prescritto
a una paziente un antidepressivo dopo aver letto uno studio che ne dimostrava l’efficacia nei confronti del placebo, e altri tre in cui risultava
non peggiore dei farmaci della stessa categoria, ha scoperto che erano stati condotti altri sei studi, mai pubblicati, in
cui il farmaco non si era dimostrato migliore del placebo, ed esistevano dati su un
numero molto grande di pazienti che mostravano che
quel farmaco era peggio degli
altri antidepressivi.
Un caso di occultamento
dei dati dei trial
L’occultamento dei dati ha ricadute sul singolo paziente,
ma anche sui sistemi sanitari.
È il caso del Tamiflu, farmaco
antivirale per il quale paesi di
tutto il mondo hanno speso
milioni di euri e dollari per
prepararsi a una eventuale
pandemia di influenza aviaria.
Ebbene, nonostante un gruppo di lavoro della Cochrane
Collaboration abbia chiesto da
anni i dati relativi a studi condotti sul farmaco più di dieci
anni fa, e nonostante la Roche,
azienda produttrice del farmaco, avesse promesso nel 2009
pieno accesso ai dati, questi
non sono ancora stati resi
pubblici (se volte saperne di
più visitate la pagina
www.bmj.com/tamiflu).
Ma se il farmaco è efficace come sostiene la casa produttrice, perché nascondere le prove
di tale efficacia?
Con queste premesse non ci
può sorprendere che, tra gli
studi pubblicati sulle riviste
accademiche, quelli finanziati
dall’industria abbiano una
maggiore probabilità, rispetto
a quelli indipendenti, di mostrare risultati positivi.
Sono ormai numerose le analisi come quella pubblicata nel
2010 dagli Annals of Internal
Medicine che, analizzando tutti i trial riguardanti cinque
principali classi di farmaci
(antidepressivi, farmaci per il
colesterolo, antipsocitici, inibitori della pompa protonica e
vasodilatatori) ha mostrato
che l’85% degli studi sostenuti
dall’industria presentavano risultati positivi, contro il 50%
di quelli finanziati da agenzie
governative. Una differenza
tutt’altro che piccola. E non
causale, come ci conferma una
revisione sistematica che senza
troppi giri di parole concludeva che «i risultati sono chiari:
la sponsorizzazione da parte
dell’industria farmaceutica è
fortemente associata a risultati
che favoriscono gli interessi
dello sponsor».
Dubbi anche sulla ricerca
in ambito odontoiatrico
Il problema non è limitato ai
farmaci e interessa tutta la ricerca medica. Compresa
quella odontoiatrica, come ha
dimostrato una ricerca francese pubblicata sulla rivista
PlosOne che, analizzando 41
studi sul trattamento implantare, ha mostrato che nella ri-
> Ben Goldacre (foto in basso)
ha 38 anni, è medico e scrittore.
Il suo primo libro “La cattiva
scienza” è stato un successo internazionale tradotto in 25 paesi
cerca odontoiatrica la dichiarazione di conflitto d’interessi
è più l’eccezione che la norma, dal momento che due
terzi degli studi non riferivano la fonte di finanziamento.
Una forte criticità è emersa
anche riguardo all’indicatore
primario dello studio: la sopravvivenza degli impianti.
Gli autori dell’inchiesta hanno scoperto che anche in questo campo la presenza del fi-
nanziamento da parte dell’industria è capace di determinare una performance migliore,
dal momento che l’indice di
fallimento annuale degli impianti inseriti in studi sponsorizzati dalle aziende risultava
minore di quasi un terzo rispetto a quello raggiunto negli
studi indipendenti.
Giovanni Lodi
Università di Milano
Oltre a denunciare il problema dei dati mancanti, Ben Goldacre propone una soluzione e insieme alla
rivista BMJ e a importanti organizzazioni come la Cochrane Collaboration e il Centre for Evidence Based
Medicine, ha lanciato una campagna per la registrazione di tutti i trial clinici e la pubblicazione di tutti
i risultati (per saperne di più e aderire alla petizione, consultate il sito www.alltrials.net)
>
Review della letteratura internazionale
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DENTALevidence
30
31
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DENTALevidence
Review della letteratura internazionale
CONSERVATIVA
PATOLOGIA ORALE
Scale guida nella scelta del colore
Quando l’aiuto diventa fuorviante
Tè e caffè proteggono il cavo orale
Nuove evidenze da uno studio francese
La scelta e resa del colore
dentale (color matching) in
odontoiatria estetica rimane
uno degli aspetti più difficili
da affrontare per l’odontoiatra, punto sostanziale per il
successo clinico dei restauri
in composito nei settori anteriori.
La letteratura scientifica è da
tempo unanime nel sostenere come non vi sia un accordo reale tra le scale guida
proposte in commercio, designate a identificare il colore di un dato materiale composito, e il materiale corrispondente impiegato sul pa-
ziente. Senza contare la
difformità riscontrabile tra
le diverse scale guida fornite
da differenti produttori. Tra
l’altro queste disuguaglianze
nella resa del colore sarebbero al di sopra della soglia
percettibile
dall’occhio
umano, calcolata tramite
studi di fisica ottica.
Nel tempo sono stati sviluppati metodi e strumentazioni ausiliari alla valutazione
del colore dentale, ad esempio colorimetri e spettrofotometri intra-orali, in grado
di identificare un determinato colore in modo univo-
co e oggettivo. Questi strumenti analizzano lo spettro
luminoso riflesso da un oggetto e ne calcolano le coordinate colorimetriche. È altresì possibile confrontare il
colore di due superfici differenti. Sebbene superino le
variabili soggettive legate all’operatore, non sono esenti
da limitazioni, quali difficoltà nella misurazione per
influenza delle condizioni
del campione (spessore, lucidatura superficiale, grado
di polimerizzazione), caratteristiche dello strumento
(tipologia di fonte lumino-
sa, geometria di misurazione
impiegata), ulteriori proprietà ottiche dell’oggetto
(opalescenza, fluorescenza)
e, non ultimo, la morfologia
di superficie, non essendo le
superfici dentali completamente piatte.
Accanto alla difficoltà di una
corretta analisi del colore,
esistono problematiche intrinseche alle scale guida che
le rendono, di fatto, carenti
nel loro impiego clinico.
Una criticità che non va certo trascurata.
La gamma di colori e la loro
distribuzione nelle shade
tabs sono significativamente
differenti da quelli degli elementi dentali naturali e la
disposizione nello spazio colorimetrico non è idealmente logica. Inoltre, le scale
vengono generalmente prodotte con materiale differente da quello composito,usato
sul paziente, implicando un
divario percepibile tra colore proposto dalle scale e
quello corrispondente dei
materiali in commercio.
Il primo passo per migliorare il color matching parte
proprio da qui, secondo una
recente revisione pubblicata
sulla rivista internazionale
Dental Materials. È auspicabile arrivare a identificare in
modo unanime, con un’unica e univoca codifica, i colori dei materiali in commercio, i cui riferimenti dovrebbero risiedere, in modo affidabile, riproducibile e attendibile nella corrispondente
scala guida.
Le scale dovrebbero poi far
fronte a un aspetto ancora
non pienamente considerato: la resa di gradazioni,
molto lievi, di bianco e traslucenza dei denti naturali,
nell’obiettivo finale di una
completa armonizzazione
del materiale composito con
il tessuto fisiologico.
Ad oggi viene raccomandato
di polimerizzare una piccola
quantità di composito prima della procedure restaurative per selezionare una
desiderata sfumatura, ma
questo metodo risulta troppo empirico e dispendioso,
soprattutto in termini di
tempo.
Un metodo affidabile per
migliorare l’accuratezza del
color matching deve ancora
essere sviluppato. Rimane
invece la necessità di ottenere scale che siano in grado di
accordarsi correttamente
con i materiali impiegati sui
pazienti, al di là della marca,
e che seguano una distribuzione logica, in termini di
tinta, valore e luminosità.
Elena Varoni
Lee YK, Yu B, Lee SH, Cho
MS, Lee CY, Lim HN. Shade
compatibility of esthetic restorative materials-A review.
Dent Mater 2010 Dec;
26(12):1119-26.
Buone notizie per gli Italiani,
da sempre amanti e tra i primi consumatori di caffè, nonostante la crisi, arrivano dallo studio caso-controllo Icare
(investigation of occupational
and environmental causes of
respiratory cancers) condotto
in Francia con il fine di indagare il ruolo di stili di vita,
ambiente e occupazione nello
sviluppo di tumori del polmone e delle vie aero-digestive superiori. Un gruppo di ricercatori francese, sfruttando
questo serbatoio di dati, si è
posto l’obiettivo di esaminare
il rischio di ammalarsi di carcinoma squamocellulare orale in rapporto all’assunzione
di caffè e tè.
Vennero identificati 689 casi e
3481 controlli, intervistati
tramite questionari e domande “faccia a faccia”. La maggior parte dei casi e dei controlli era bevitore di caffè,
mentre solo il 22% dei casi e il
38% dei controlli era bevitore
di tè.
Il rischio di cancro orale diminuiva con il consumo di
caffè, con associazione statisticamente significativa solo
per un consumo di 2-4 tazze
al giorno, una durata di consumo variabile tra i 20-40 an-
ni e un consumo cumulativo
tra le 62-186 tazze per anno
(Odds Ratios di circa 0.5).
Riguardo il consumo di tè, i
bevitori abituali mostravano
un rischio significativamente
ridotti rispetto i non bevitori
(Odds Ratios di 0.7). In particolare, bevendo più di due
tazze al giorno, il rischio si abbassava di ben tre volte. Non
solo. L’effetto protettivo si
esplicava, in modo statisticamente significativo, anche nei
soggetti fumatori e/o bevitori
di alcolici e, inoltre, l’azione
“congiunta” delle due bevande pareva moltiplicativa.
Il razionale alla base di questi
riscontri risiede nell’effetto
locale e/o sistemico dei polifenoli, ormai famosi in nutrizione, i quali posseggono attività antiossidante, antimutagenica e antitumorale, dimostrate con studi in vitro e in
vivo. Nel caffè, infatti, i responsabili sono stati identificati nei due composti, cafestolo e kahweolo, mentre nel
tè nelle ben conosciute catechine, soprattutto presenti nel
tè verde.
Questa ricerca, la prima a dimostrare una relazione inversa tra carcinoma orale e durata/assunzione media giorna-
ORTODONZIA
Modelli innovativi
per l’ortodonzia
La network analysis è il frutto di uno sviluppo recente
della scienza della complessità, che permette una migliore comprensione delle
proprietà dei processi biologici complessi, che si caratterizzano per l’interrelazione, il coordinamento e la regolazione adattativa di un
gran numero di componenti.
Tre fisici (P. Auconi, G.
Caldarelli, A. Scala) e due
odontoiatri (G. Ierardo, A.
Polimeni) dell’Università
“La Sapienza” di Roma hanno applicato la network
analysis all’ortodonzia per
individuare e visualizzare
l’interconnessione tra dati
clinici, radiografici e funzionali relativi al sistema orofacciale. «Il nostro modello
– spiegano gli autori – pur
catturando solo una parte di
queste interazioni, permette
di formulare ipotesi predittive riguardo agli effetti terapeutici, alla robustezza e
smissione di informazioni e
permette ai ricercatori di prevedere che approcci terapeutici simultanei che puntano a
fattori diversi hanno la probabilità di interagire influenzando
profondamente
morfologia, struttura e funzione orofacciale.
La struttura delle reti corrispondenti alle malocclusioni
di classe II evidenzia un piccolo numero di fattori che
potrebbero rappresentare
punti critici per un approccio terapeutico selettivo ed
efficace: l’ipotonicità della
muscolatura orofacciale, il
morso crociato laterale, la
difficoltà di fonazione, la
spinta linguale.
Si tratta solo di esempi del
modo con cui i network ortodontici possono rappresentare il sistema orofacciale
con schemi intuitivi; il loro
studio potrebbe aiutare a
elaborare un piano di trattamento, evidenziando le conseguenze sulle altre compo-
alla stabilità del sistema».
Il campione utilizzato per
elaborare il modello è stato
costituito da 104 ragazzi dai 7
ai 13 anni in fase di dentizione mista che in precedenza
non avevano ricevuto trattamenti ortodontici. I soggetti
sono stati suddivisi in base alla classe scheletrica e le loro
caratteristiche cliniche, radiografiche e funzionali sono
stati rappresentate come nodi
e collegamenti di una rete.
L’analisi ha mostrato che le
malocclusioni di classe II e III
(secondo la definizione di
Angle) sono caratterizzate da
proprietà chiaramente distintive quando vengono rappresentate in forma di network.
Le reti relative alle malocclusioni di tipo III contengono
un maggior numero complessivo di connessioni e una
minor distanza tra i nodi e
mostrano quindi architetture
più compatte rispetto a quelle di classe II. Questo implica
una maggior facilità di tra-
nenti e sull’intero sistema.
Un punto di forza di queste
reti informative è la possibilità di integrare i dati clinici
con quelli radiografici e funzionali fornendo una migliore comprensione di eziologia, occorrenza e progressione di una malocclusione.
La struttura fornisce informazioni sulla forza delle interazioni tra le diverse variabili ortodontiche e del modo
in cui, agendo su un fattore,
si possono influenzare gli altri: ne potrebbe derivare un
trattamento più breve o più
efficace.
Giampiero Pilat
Auconi P, Caldarelli G, Scala A,
Ierardo G, Polimeni A. A
network approach to orthodontic diagnosis. Orthod
Craniofac Res 2011;14:189-197.
liera/consumo cumulativo di
tè e caffè, non è tuttavia esente da limitazioni. È possibile
un bias di selezione legato ai
casi non inclusi perché il paziente era deceduto, troppo
malato per rispondere o si era
rifiutato di partecipare. Il
consumo delle due bevande,
poi, era “auto” riportato e,
quindi, non è possibile identificare con certezza, attendibilità e veridicità delle risposte
e, inoltre, non tutti i soggetti
avevano compilato i dettagli
relativi al consumo di tè e
caffè. In ultimo, un dato non
raccolto, ma che potrebbe
rappresentare un fattore di
confondimento residuo, è
l’infezione da papilloma virus
umano (Hpv), che potrebbe
aver influenzato il rischio, in
particolare nei tumori alla base della lingua e al palato molle. Escludendo però nell’analisi questi due siti le associazioni si modificavano solo
marginalmente, suggerendo
come l’infezione da Hpv non
fosse in realtà un forte aspetto
confondente.
Elena Varoni
Radoï L, Paget-Bailly S, Menvielle
G, Cyr D, Schmaus A, Carton M,
Guida F, Cénée S, Sanchez M,
Guizard AV, Velten M, Stücker I,
Luce D. Tea and coffee consumption and risk of oral cavity cancer: results of a large populationbased case-control study, the
ICARE study. Cancer Epidemiol
2013 Feb 27.
Review della letteratura internazionale
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DENTALevidence
32
CONTROLLO E GESTIONE DEL SANGUINAMENTO
NEGLI INTERVENTI DI CHIRURGIA ORALE
Prof. Paolo Brunamonti Binello
Docente di protesi all’Università
degli Studi di Genova
Dirigente medico presso
la struttura complessa
di odontostomatologia
dell'Ospedale Galliera di Genova
Prof. Mauro Labanca
Prof. a C. di anatomia umana
Università degli Studi di Brescia
Indirizzo per corrispondenza:
[email protected]
La chirurgia orale è branca
specialistica dell'odontostomatologia, cruenta per definizione, nella quale le complicanze emorragiche – con
le settiche – sono tra le più
temute e frequenti, spesso in
grado di ritardare se non di
impedire l'esito della riabilitazione (1, 2).
In determinate situazioni
cliniche, infatti, anche la banale avulsione di un elemento dentario può indurre un
sanguinamento difficilmente gestibile e potenzialmente
pericoloso per il paziente (2,
3). Nei casi più importanti,
poi, tale complicanza – oltre
a interferire in modo significativo con i processi di restitutio ad integrum – può determinare gravi conseguenze
di carattere generale (4).
In letteratura, tuttavia, sono
segnalate in prevalenza
emorragie contenute con
prognosi favorevole e sono
considerate estremamente
rare le deplezioni volemiche
massive (superiori ai 2 litri),
tali da determinare shock
ipovolemico (4).
Classificazioni
Eziopatogeneticamente le
differenti cause di sanguinamento possono essere distinte in traumatiche, iatrogene e sistemiche.
Tra le cause iatrogene, oltre
alle varianti indotte da trattamenti farmacologici anticoagulanti, riconosciamo
>
proprio quelle pre e postoperatorie, cioè correlate ad
atto chirurgico.
Per quanto riguarda il sanguinamento riconducibile a
cause sistemiche, invece,
dalla letteratura si evincono
frequenti emorragie secondarie a turbe coagulative,
ovvero a ipertensione arteriosa sistemica senza adeguato compenso farmacologico (1, 2).
Sulla base di un criterio classificativo anatomo-patologico, inoltre, riconosciamo
differenti tipologie di sanguinamento: arterioso, venoso, capillare, misto.
In base al tipo di evoluzione
fisiopatologica possiamo invece parlare di emorragia
acuta oppure cronica per
stillicidio.
Valutare le indicazioni
al trattamento chirurgico
La prevenzione, attuata attraverso un'accurata anamnesi e uno scrupoloso esame
obiettivo locale e sistemico,
gioca un ruolo determinante
al fine di confermare la candidabilità del paziente a un
approccio di tipo chirurgico
(1-3).
Lo screening coagulativo di
laboratorio, poi, soprattutto
se abbinato a un corretto
imaging diagnostico, è di insostituibile aiuto nel determinare la possibilità di eventuali complicanze e in particolare di tipo emorragico.
Fig. 1: sanguinamento dell’arteria oro-antrale
Ad esempio, in presenza di
uno status caratterizzato da
parametri francamente alterati dell'esame emocromocitometrico, dell'INR (rapporto internazionale normalizzato), del PT (tempo di
trombina), del PTT (tempo
di protrombina) e della conta piastrinica (fisiologicamente si hanno piastrine in
numero di 200.000-500.000
per mm3) è opportuno prediligere il trattamento
cruento esclusivamente in
ambiente protetto, quale la
Day Surgery (se con piastrine non inferiori a 90.000 per
mm3), se non, addirittura, in
regime di ricovero ospedaliero tradizionale (se con
conta piastrinica inferiore a
60.000 per mm3) (5).
Tecniche e soluzioni
per l’emostasi
Preventivamente definita la
candidabilità del paziente
alla chirurgia, per limitare al
massimo il rischio di sanguinamento intra e postoperatorio è opportuno
adottare correttamente le
tecniche e i presidi disponibili, al fine di realizzare
un'adeguata emostasi intra e
post-operatoria (3).
L'emostasi intra-chirurgica,
in particolare, si avvale di
metodiche tradizionali e
consolidate in letteratura
quali:
la compressione diretta o
indiretta dei vasi;
la legatura diretta o indiretta dei vasi;
l’elettrocoagulazione;
le suture;
l’utilizzo di presidi chirurgici definiti “agenti emostatici locali assorbibili”.
Nell’ambito della legatura
diretta o indiretta del vaso è
importante ricordare quando questa scelta operatoria
risulti a volte unica e insostituibile in caso di sanguinamento arterioso di un vaso di medio calibro (quale
ad esempio l’arteria oro-antrale e l’arteria sub-mentale). È pertanto opportuno
che non solo l’odontoiatra
ma anche il suo team siano
adeguatamente preparati a
questa evenienza e anche alla sua gestione, tenendo
pronto e a disposizione un
Klemer diritto per l’eventuale clampaggio del vaso e
un adeguato filo di sutura
per la sua legatura. In questa
situazione risulterà fondamentale il ruolo dell’assistente, che dovrà essere stata
educata a questa circostanza
ed essere in grado di gestire
nell’apertura e chiusura la
pinza emostatica.
Nell’ambito invece degli
emostatici per uso topico
abbiamo a disposizione due
fondamentali categorie di
emostatici locali assorbibili:
quelli di origine animale
(equina, bovina e suina) e
quelli di origine vegetale (6,
7). Nel box della pagina a
fianco sono elencati gli
> Fig. 2: Tabotamp standard preparato per posizionamento all’interno di
un alveolo postestrattivo
> Prof. Luigi F. Rodella
Professore associato di anatomia
umana
Università degli Studi di Brescia
emostatici commercialmente più noti.
Gli emostatici di origine
animale sono a base di collagene (struttura fibrillare a
tripla elica, o collagene depolimerizzato). Gli emostatici di origine vegetale, invece, consistono prevalentemente in polisaccaridi, ovvero derivati dalla cellulosa.
Tra questi quello più noto è
Tabotamp, utilizzato da oltre
cinquant'anni in chirurgia
generale e in altre branche
specialistiche (neurochirurgia, ortopedia, otorinolaringoiatria, urologia, maxillofacciale).
Focus su un emostatico
di origine vegetale
Tabotamp, nelle sue quattro
differenti versioni attualmente disponibili (snow,
standard, nu-kit e fibrillare),
è ottenuto mediante un processo di rigenerazione della
cellulosa con biossido di
azoto. Per l’utilizzo in ambito odontoiatrico, la scelta sicuramente più appropriata è
per la tipologia standard, le
cui caratteristiche (anche di
confezionamento) lo rendono maggiormente adatto per
questo tipo di chirurgia.
L'azione emostatica di questo presidio si esplica attraverso l'agevolazione meccanica del processo di aggregazione piastrinica e la vasocostrizione indotta da un abbassamento del pH tissutale
locale. Entrando in contatto
col sangue, infatti, le fibre di
cellulosa formano una matrice adesiva di colore rosso
scuro (per ossidazione dell'emoglobina), cui aderiscono le piastrine e il fibrinogeno: durante l'adesione le
piastrine liberano sostanze
attive nel promuovere l'emostasi (5-idrossi-triptamina, trombossano-A2 e numerose citochine) (6, 7).
Oltre alla rapida formazione
del tappo di fibrina, il contatto tra sangue e cellulosa
ossidata produce acido cellulosico, che determina un
drastico abbassamento del
pH locale (<4,4) e una significativa conseguente vasocostrizione (6, 7).
Il pH acido, inoltre, determina una spiccata azione battericida locale: numerosi tra i
batteri principalmente responsabili dell’infezione del
coagulo (Klebsiella pneumoniae, Staphylococcus aureus
ecc.), infatti, divengono inattivi o non sopravvivono in
ambiente acido (pH<5,0)
(8).
L’utilizzo di questo prodotto
nella sua formulazione standard come “membrana” stabilizzatrice del coagulo e
dell’eventuale innesto di
materiale, attualmente in
corso di valutazione da parte di un gruppo di studio
che coinvolge gli autori, potrebbe vedere l’applicazione
di Tabotamp in un contesto
totalmente nuovo, in cui si
Fig. 3: perfetto controllo dell’emostasi in paziente in terapia scoagulante dopo posizionamento di Tabotamp nei difetti postestrattivi
>
<<
I vantaggi degli emostatici
di origine vegetale
Quindi, oltre che per un basilare apporto della letteratura,
la quale evidenzia come non
sussistano significative differenze in rigenerazione ossea
guidata tra l'impiego di biomateriali eterologhi di origine animale e l'utilizzo di biomateriali di origine sintetica
(9-14), gli autori privilegiano
un'emostasi intra-chirurgica
mediante agenti emostatici
locali assorbibili di origine
vegetale e in particolare mediante quelli a base di cellulosa ossidata come Tabotamp,
anche per le seguenti ragioni:
facilità d'uso (flessibilità e
malleabilità);
adattabilità a un'ampia
gamma di procedure chirurgiche;
semplificazione esecutiva
dell'atto chirurgico;
rapido e completo riassorbimento (entro 7-14
giorni);
azione antibatterica locale;
reazione infiammatoria
locale pressoché assente;
possibilità di conservazione prolungata a temperatura ambiente;
annullamento del rischio di
infezioni crociate (tipo la
Creutzfeldt-Jakob e la Bovine
Spongiform Encephalopathy);
assenza di implicazione di
tipo etico, culturale e religioso.
Aspetto quest'ultimo tutt'altro che secondario e da non
sottovalutare nell'epoca attuale, caratterizzata da forti
flussi di migrazione con
conseguente ampia convivenza multietnica e multireligiosa (7). Infatti, l’utilizzo
>
DENTALevidence
Review della letteratura internazionale
potrebbero unire i suoi benefici a quelli offerti da una
membrana tradizionale, ancorché privo di permeabilità
selettiva. L’emostasi, la stabilizzazione del coagulo, un
accettabile effetto tenda, la
capacità battericida sarebbero infatti prerogative di
grande utilità e che meritano sicuramente un importante approfondimento clinico.
>
>
33
di materiali di origine suina
o bovina potrebbe risultare
non solo inaccettabile ma
anche fonte di grave conflittualità con individui appartenenti a confessioni religiose (indiani e musulmani ad
esempio) che non consentano alcun tipo di contatto
con alcune specie animali.
Prospettive future:
i nuovi anticoagulanti
Va evidenziato che gli emostatici topici di origine vegetale possono essere abbinati
intraoperatoriamente a una
emostasi realizzata mediante
l'applicazione di concentrati
piastrinici, al fine di amplificare l'emostasi intrachirurgica (10). I principali concentrati piastrinici infatti
sono già da tempo utilizzati
in differenti branche specialistiche chirurgiche principalmente a fini rigenerativi,
ma anche al fine di perfezionare l'emostasi e stabilizzare
la guarigione (10).
L'abbinamento tra concentrati piastrinici e agenti
emostatici potenzierebbe le
funzioni biologiche individuali sotto i seguenti profili:
aggregazione piastrinica,
produzione di grow factor
(citochine), azione diretta
sulla cascata coagulativa,
prevenzione o riduzione
delle complicanze settiche.
Nel caso, infine, di pazienti
sottoposti a terapia antiaggregante, un valido e ulteriore contributo alla prevenzione del sanguinamento in
chirurgia orale deriverà nel
futuro prossimo dall'immissione sul mercato dei nuovi
anticoagulanti per via orale
(NOACs), in alternativa al
trattamento antiaggregante
tradizionale con warfarin
sodico (6, 10, 11). I NOACs
(dabigatran, rivaroxaban
ecc.), infatti, rappresentano
un nuovo gruppo di molecole che agiscono direttamente sulla cascata coagulativa quali inibitori di trombina (DTI) e fibrinogeno (6,
11, 12). In particolare una
vasta letteratura evidenzia
come l'uso di tali molecole,
Fig. 4: posizionamento di impianti in paziente scoagulato e diabetico
che trovano principale indicazione nella prevenzione
dell'ictus e degli eventi
tromboembolici in genere,
abbia ridotto in modo significativo il tasso di mortalità
per complicanze di tipo
emorragico nei pazienti
scoagulati (6-11).
Per quanto concerne la chirurgia in genere – e quella
orale in particolare – il vantaggio fondamentale di questi nuovi farmaci è costituito
da tre fattori: un’emivita
breve (dalle 7 alle 17 ore, rispetto alle circa 40 ore del
warfarin sodico), l’assenza
di interazioni con sostanze
alimentari e l’assenza di interazioni con altri farmaci.
Perciò, grazie soprattutto alla loro breve emivita, la sospensione del trattamento
con i NOACs a fini chirurgici sarebbe sufficiente da soli
2 giorni prima a soli 2 giorni dopo la chirurgia, a differenza del warfarin, che deve
essere necessariamente sospeso da circa 10 giorni prima a circa 10 giorni dopo
l'intervento, onde scongiurare il probabile rischio di
sanguinamenti difficilmente
controllabili (6-12).
Grazie a questi vantaggi clinici e superate le difficoltà di
carattere economico di immissione sul mercato nazionale da parte dell'Agenzia
italiana del farmaco, i
NOACs sono inevitabilmente destinati a divenire un ausilio insostituibile per la prevenzione e cura dell'ictus e
della fibrillazione atriale
non valvolare e, per l’aspetto
che ci interessa in questo articolo, potranno rappresentare un considerevole vantaggio nella prevenzione del
sanguinamento in tutti gli
ambiti chirurgici, compreso
quello odontostomatologico
(6-13).
Conclusioni
La comprensione delle possibili cause di sanguinamento e la loro corretta gestione
in forma preventiva o terapeutica costituisce un elemento fondamentale e imprescindibile della chirurgia
in generale. Quella odontoiatrica non fa certo eccezione.
È quindi fondamentale conoscere le tecniche emostatiche e tutti i mezzi che si
hanno attualmente a disposizione per un controllo più
completo e sicuro di questa
complicanza, che se ben gestita e controllata può risultare solo fastidiosa, mentre
se trascurata o affrontata
con sufficienza può portare
a situazioni gravi o addirittura letali.
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Journal of Biomedical Science
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EMOSTATICI PER USO TOPICO
I PIÙ NOTI SUL MERCATO
di origine animale
Congress (equino)
Avitene (bovino)
Collatamp (equino)
Antema (equino)
Spongostan (suino)
Gingistat (equino)
Hemocollagene (bovino)
Cutanplast (suino)
di origine vegetale
Tabotamp
Equicel
>
Fig. 5: Tabotamp ritagliato a forma di membrana
> Fig. 6: Tabotamp posizionato a cavaliere dell’area di intervento, con il duplice scopo di migliorare il controllo del sanguinamento e di avere protezione antibatterica
>
Fig. 7: perfetta chiusura del lembo e controllo del sanguinamento
35
<< <<
FOCUS ON
Erosione dei denti
e disturbi alimentari
Dalle condizioni del cavo orale è possibile individuare la presenza di severi
disturbi del comportamento alimentare nei pazienti, come anoressia e bulimia.
In questi casi l’odontoiatra può essere il primo a intercettare il problema
>
Non di rado le condizioni del
cavo orale sono una spia di
condizioni patologiche che
vanno oltre la bocca. In alcuni casi sono proprio le superfici degli elementi dentari a
segnalare al dentista che c’è
qualcosa che non va nel paziente: è il caso dei disturbi
del comportamento alimentare (Dca), ovvero anoressia
(rifiuto di mantenere un peso
corporeo normale e quindi rifiuto del cibo associato a costante timore di aumentare di
peso), bulimia (episodi ricorrenti di ingestione incontrollata di cibo con comportamenti compensatori inappropriati quali ripetute scariche
di vomito per eliminare il cibo appena ingerito), vigoressia (alterato rapporto cibo-vigore del corpo) e ortoressia
(ossessione nei confronti di
un’alimentazione rigorosa),
tutte alterazioni severe del
comportamento con il cibo
che a volte possono portare a
conseguenze estreme.
Come per l’anoressia nervosa,
anche per la bulimia il genere
più colpito risulta essere quello femminile, soprattutto di
giovane età. Rispetto al primo
dei due disturbi, il secondo è
più “nascosto”, in quanto il
soggetto non perde necessariamente peso corporeo e
l’habitus potrebbe sembrare
normale. La paziente bulimica può assumere quantità esagerate di cibo (binge eating)
in un periodo limitato di
tempo, facendo seguito a episodi di vomito autoindotto.
Però come ci spiegano gli
esperti, per essere ritenuti rilevanti, tali episodi di binge
eating devono verificarsi come minimo due volte a settimana, per almeno tre mesi.
Denti erosi dall’acido
«Gli elementi dentali possono
essere una spia del problema
in atto in quanto, soprattutto
nel versante linguale, da dove
passa il vomito per essere rimesso, potranno mostrare segni di erosione acida – spiega
Franco Brenna, docente all’università dell’Insubria –. Gli
acidi, misti ai residui di cibo
presenti nel vomito che transitano nella bocca in senso inverso a quello dell’ingresso
naturale, possono nel tempo
consumare smalto e dentina».
È così che i denti dei giovani
pazienti che soffrono di bulimia nervosa spessissimo appaiono usurati come quelli
delle persone anziane.
«La presenza frequente e protratta nel tempo di acidi all’interno del cavo orale ha importanti conseguenze sia sui
tessuti molli che sui tessuti
duri. In particolare il dente va
incontro ad aumento dell’incidenza di carie ed erosione
chimica della sua superficie –
spiega Lidia Tordiglione, che
ha fatto ricerca sull’argomento per la sua tesi di laurea –.
Lo smalto inizia ad assottigliarsi, assumendo un aspetto
“vetrificato”. Nei denti anteriori l’indebolimento del tessuto può portare a frattura e
ad accorciamento del dente
stesso, e in alcuni casi alla perdita della vitalità».
La dottoressa Tordiglione ha
approfondito in questi anni le
manifestazioni odontoiatriche dei disordini alimentari,
una problematica che, in tanti dei suoi aspetti, è ancora taciuta e disconosciuta. Grazie
al sostegno dell'ospedale di
Varese questa ricerca ha avuto
un seguito ed è stato istituito
un ambulatorio in cui le pazienti con questi disordini alimentari si possono rivolgere
per le problematiche orodentali connesse alla loro
condizione.
La diagnosi è differenziale
Come spiegano i due esperti,
la diagnosi è tutt’altro che
semplice: nelle fasi iniziali i
sintomi sono assenti e le manifestazioni cliniche estremamente lievi e non percepibili
da un occhio non particolarmente esperto. Il tutto complicato notevolmente dall’avere a
che fare con un paziente che,
specialmente nelle fasi iniziali,
non vuole affrontare il problema e fa di tutto per occultarlo.
«L’erosione acida dello smalto
dentale nei disordini alimentari deve essere posta in diagnosi differenziale con le altre
cause di erosione: quelle in cui
l’origine dell’acido è estrinseca
(quando gli acidi arrivano dall’esterno dell’organismo), come accade nell’abuso di bevande acide (cole, energy
drink ecc.) e nei consumatori
di agrumi; e quelle in cui è intrinseca (gli acidi derivano
Franco Brenna
dell’organismo stesso) come
avviene, appunto, nei disordini alimentari e nel reflusso gastroesofageo. Questo può
emergere solamente dopo un
attento colloquio e un’approfondita anamnesi del paziente al fine di poter procedere per esclusione tra le diverse
cause» avvertono Brenna e
Tordiglione.
I denti più colpiti nelle complicanze acide dei disordini
alimentari sono gli incisivi
superiori, specialmente nel
loro versante palatale, e questo può aiutare a distinguere
le manifestazioni da quelle
imputabili ad attrito e ad
abrasione.
Il ruolo dell’odontoiatra
«Quando si trova di fronte a
queste manifestazioni cliniche l’odontoiatra può sospettare che la paziente stia
attraversando un momento
difficile e con lei, o con i genitori, intavolare un discorso
che possa essere d’ausilio alla
sua precaria condizione psico-fisica, indirizzandola all’attenzione degli specialisti
del settore» fa notare Franco
>
Lidia Tordiglione
Brenna, che da sempre è attento ai temi della prevenzione. Il dentista infatti ha il dovere di instaurare un colloquio con il paziente e, quando necessario, indirizzarlo a
cure specialistiche.
In campo strettamente odontoiatrico invece il suo compito è quello di rallentare la
progressione delle manifestazioni e, quando possibile, arrestarle. «Alcuni accorgimenti come evitare di spazzolare i
denti nella mezz’ora successiva al vomito, l’utilizzo di gel e
collutori fluorati e l’applicazione di sostanze che tamponino il pH salivare possono
aiutare nel prevenire il peggioramento della situazione e
migliorare la qualità della vita di questi pazienti» spiega
Tordiglione.
Una volta risolto il grave problema di salute che sta alla base di queste erosioni dentali, si
potrà mettere a punto un piano terapeutico di ripristino
estetico-funzionale grazie alle
tecniche e ai materiali di
odontoiatria adesiva e ricostruttiva.
Andrea Peren
Disturbi alimentari: il “binge eating disorder” e la fame infinita
Circa il 2-5% della popolazione generale soffre di binge eating disorder (Bed), un disturbo caratterizzato dalla presenza
di “abbuffate” non accompagnate però da strategie per compensare l’ingestione di cibo in eccesso. Le persone che manifestano questo disturbo assumono, in un tempo limitato,
quantità di cibo esagerate, con la sensazione di perdere il
controllo dell’atto del mangiare. Queste situazioni si ripetono
anche più volte la settimana anche in momenti in cui non si
ha una sensazione fisica di fame. A differenza della bulimia
non si riscontra il circolo vizioso tra i tentativi di restrizione,
l’abbuffata e i comportamenti eliminativi.
La prevalenza di Bed è più elevata in alcuni gruppi specifici,
come ad esempio per chi afferisce a trattamenti per il controllo del peso. Generalmente le persone che soffrono di disturbo di alimentazione incontrollata hanno problemi di soprappeso e obesità. Spesso la loro storia è caratterizzata da un alto
numero di diete, che non vengono mai portate a termine. Una
dieta eccessivamente ipocalorica può innescare con maggiore facilità l’abbuffata in queste persone.
Il disturbo colpisce maggiormente il sesso femminile, con
un rapporto di 3 a 2. L’insorgenza del comportamento incontrollato avviene con maggior frequenza nella tarda adolescenza mentre la diagnosi di Bed si ritrova più spesso in
soggetti adulti (30-40 anni) che mostrano un quadro anamnestico con disturbi della sfera alimentare intorno ai 20 anni. La sindrome risulta presente in tutte le classi sociali, con
una leggera preponderanza percentuale nel livello socioeconomico più basso.
Sono soprattutto le donne a intraprendere trattamenti medici multidisciplinari, motivate inizialmente dalla preoccupazione per il proprio aspetto fisico che le porta a richiedere
un trattamento dietologico per contenere il problema del sovrappeso.
Aspetti psicologici
I binge eaters sono pazienti che quando riescono a rivolgersi ad
uno specialista si presentano autenticamente preoccupati per
l’aumento ponderale e solitamente motivati a recuperare lo stato di salute. Molti di loro vivono nell’afflizione di non poter controllare l’impulso a mangiare, l’assunzione di cibo avviene in maniera ricorrente nell’arco della giornata, rapidamente e con frequenza diversa a seconda della gravità del disturbo. Dapprima
le abbuffate iniziano in maniera saltuaria e, se il problema si aggrava, aumentano di frequenza. Dal punto di vista psicologico è
come se il cibo in questa fase diventasse una forma di autoterapia per curare una sgradevole attivazione emotiva che trova sollievo nell’atto del mangiare.
Sono stati riconosciuti alcuni fattori di rischio associati allo sviluppo di tale patologia in età pediatrica: in particolare l’inizio precoce di dieting, l’importanza familiare eccessiva data al peso e
alle forme corporee come punti fermi su cui è costruita l’autostima, l’esposizione precoce e duratura ai commenti negativi e alle beffe di compagni e familiari, esperienze traumatiche infantili,
storia di depressione nei genitori. Valutazione di sé negativa,
bassa autostima e senso di inadeguatezza sono stati riconosciuti come fattori di rischio, assieme a impulsività e vulnerabilità
emotiva associata a un deficit della regolazione emozionale.
“Emotional Eating”
La presenza di un deficit nelle abilità di riconoscimento, comprensione e gestione delle emozioni viene indicato come uno
dei possibili motivi per cui coloro che soffrono di Bed ricorrono
al cibo in risposta alle emozioni spiacevoli e valutano le situazioni maggiormente stressanti di quanto non le ritengano gli altri. Sembra proprio che nel Bed il blocco emozionale si manifesti secondo modalità peculiari che coinvolgono la difficoltà a
controllare gli impulsi e la presenza di una “finestra emozionale
stretta”: un’alta soglia di percezione e una bassa soglia di tolleranza delle emozioni. Con questa definizione si fa riferimento al
fatto che i pazienti Bed riescono a percepire le emozioni solo
quando esse raggiungono una certa intensità, ma appena iniziano a percepirle, altrettanto rapidamente non sono più in grado di tollerarle e così reagiscono cercando conforto nel cibo.
La presenza di un’emozione troppo intensa induce all’utilizzo del
cibo come mezzo per bloccarla e non percepire più nulla.
L’abbuffata serve ad allontanare dalla coscienza le emozioni negative focalizzando il soggetto su quelle positive indotte dal cibo. Per queste persone insomma l’emotional eating rappresenta spesso l’unica modalità di risposta alle difficoltà della vita di
tutti i giorni.
Cura e trattamento
Non è sufficiente seguire una dieta: risulta fondamentale intraprendere anche un lavoro di tipo psicologico che aiuti il soggetto ad individuare e comprendere cosa provoca questo comportamento riconoscendo i pensieri e i vissuti emotivi collegati, tra i
quali spesso si riscontrano problemi di scarsa autostima, ansia
e depressione. Risulta, quindi, di fondamentale importanza rivolgersi a professionisti con una formazione specifica per disturbi
del comportamento alimentare.
Ciò che ad oggi risulta essere l’intervento ottimale è una terapia
multidisciplinare che tenga in considerazione sia l’approccio
dietologico che quello psicologico di tipo cognitivo comportamentale. Quest’ultimo, originariamente studiato per la terapia
della bulimia nervosa, è focalizzato sull’interruzione delle abbuffate e sulla risoluzione dei meccanismi che le sostengono.
Roberta Bidone1, Hellas Cena2
1
Psicologa psicoterapeuta, Milano
Specialista in scienza dell’alimentazione, Università di Pavia
2
<< <<
FOCUS ON
36
Sfruttare i vantaggi
dell’anestesia odontoiatrica
Gli interventi sotto anestesia offrono una serie di vantaggi a operatore
e paziente: il primo può concentrarsi sull’elemento dentale o sulla tecnica
operatoria, senza doversi curare delle reazioni del paziente al trattamento
«Lo studio dentistico suscita da tempo immemorabile diffidenza, ansia o persino fobia. Le cause sono in parte contingenti, legate all’interazione tra paziente e ambiente; in parte
vengono da lontano, traggono origine da quell’inconscio collettivo che storicamente si stratifica nel susseguirsi delle generazioni, manifestandosi soggettivamente nelle forme più diverse, irrazionali e incontenibili». Le parole sono di Marco
Ardigò, anestesista con una lunga esperienza in consulenze
anestesiologiche in odontostomatologia, secondo cui all’anestesia nello studio odontoiatrico si ricorre ancora troppo poco,
perché se ne ignorano tutti i benefici che può apportare.
Dottor Ardigò, cominciamo
dai punti fermi dell’anestesia.
Quali sono i casi tipici, nei
quali non ci devono essere
dubbi sull'indicazione all'anestesia?
Le indicazioni si sono modificate ed estese negli ultimi quattro decenni. Ma è in particolare
negli ultimi 12 anni che i campi di applicazione dell’anestesia
in odontoiatria si sono estesi.
Per tre fattori: l’estensione e la
complessità delle procedure
odontoiatriche, l’affinamento
rivoluzionario della farmacologia e della tecnologia anestesiologiche, l’evoluzione culturale e
psicologica dei bisogni e delle
attese del paziente.
In linea generale, le indicazioni
all'intervento dell'anestesista
sono in relazione alla tipologia,
invasività, impegno e durata
della procedura; al tratto psico-emotivo e alle necessità organizzative del paziente; alla
necessità e alle preferenze dell'operatore. Esistono inoltre
contesti clinici che non trovano altra soluzione, se non quella di un trattamento anestetico:
tipicamente tutti i pazienti che
non sono in grado di assicurare un sufficiente grado di collaborazione come i bimbi al di
sotto dei 5/6 anni; i pazienti
psichiatrici affetti da schizofrenia, psicosi paranoide, sindrome bipolare, autismo; i pazienti affetti da sindromi geneticocromosomiche (Down, ecc.).
Quali solo le principali tipologie di trattamenti anestesiologici e come avviene la loro
somministrazione?
La tipologia del trattamento si
divide in quattro grandi categorie: ansiolisi, analgo-sedazione controllata, sedazione
profonda, anestesia generale.
Ognuna di queste viene attuata attraverso la somministrazione esclusivamente endovenosa di più farmaci, la cui asso-
ciazione quali-quantitativa
rappresenta il fulcro della tecnica stessa.
Qual è la procedura tipica del
trattamento dentistico con
anestesia, da quando il paziente arriva in studio a quando
viene dimesso?
Il paziente incontra l'anestesista il giorno stesso della procedura; si raccoglie l'anamnesi, si
esegue una visita semeiologica,
si spiegano al paziente i dettagli di suo interesse. Si fa accomodare in poltrona, si procede
a incannulamento venoso,
monitoraggio multiparametrico, collegamento degli infusori
alla cannula endovenosa, applicazione di naselli per somministrazione O2 e si inizia
l’induzione farmacologica.
Questa porta il paziente alle
condizioni volute in alcuni minuti. Quindi si effettua l'infiltrazione con anestetico locale e
si inizia l'intervento vero e proprio.
Lo stato di sedazione viene
mantenuto attraverso un’infusione continua di farmaci che
permette di prolungare e modificare la profondità e la qualità del trattamento anestesiologico in base alla risposta del
paziente e alle necessità dell'operatore. Alla fine della procedura il paziente viene svegliato.
In pochi minuti riguadagna
piena coscienza e orientamento spazio-temporale. In 10-15
minuti è in grado di deambulare e di attuare autonomamente ogni azione della vita
personale: vestizione, igiene
personale, deambulazione, alimentazione, autonomia domestica. Non può però guidare
un autoveicolo, anche per il divieto prescritto dal codice della
strada dopo assunzione di sostanze sedative.
Durante il trattamento anestesiologico vengono somministrati per via endovenosa e in-
tramuscolare farmaci di tipo
steroideo, antinfiammatorio,
analgesico. Questi trattamenti
adiuvanti consentono, nel periodo post-operativo, un migliore controllo del dolore e
dell'infiammazione, un ridotto
edema mucoso, una migliore
guarigione tissutale, una più
bassa incidenza di complicanze anche infettive. Il paziente
ritorna al proprio domicilio
accompagnato. Da questo momento non ha più bisogno di
assistenza, da parte di personale sanitario e non.
Quali sono i vantaggi per l’operatore?
Il trattamento anestesiologico
apporta diversi vantaggi anche
all'operatore: il paziente è collaborante ma indifferente,
quindi l'odontoiatra può concentrarsi sul dente senza doversi preoccupare di lui, di tutti i suoi bisogni, insofferenze,
fastidi, obiettivi e soggettivi. Il
programma di trattamento
può accorpare in un'unica seduta ciò che normalmente si
effettua in più appuntamenti;
questo a seguito della migliore
tolleranza del paziente a procedure di lunga durata.
Il dentista può trattare anche
quei pazienti che senza assistenza anestesiologica non riuscirebbe a curare: bimbi piccoli, disabili, psicopatici.
Queste possibilità determinano un significativo risparmio
di risorse: tempi, materiali,
procedure, personale; quindi
abbattimento di costi e offerta
di un servizio più efficiente,
moderno, flessibile. Inoltre, avvalersi di queste metodiche
consente di offrire una tipologia di prestazione terapeutica
che ancora oggi si differenzia
dalla maggior parte degli studi
odontoiatrici: per questo può
contribuire a conquistare la
scelta dei pazienti.
Come dovrebbe essere il rapporto tra odontoiatra e anestesista?
Il rapporto tra odontoiatra e
anestesista è improntato a
un’assoluta e continua collaborazione: a cominciare dalle
condizioni cliniche del paziente, alla pianificazione del programma terapeutico, al coordinamento spazio-temporale alla poltrona, al coordinamento
tra fasi procedurali e preparazioni farmacologiche, alle pre-
>
scrizioni terapeutiche postoperative.
Deve esserci sempre un aperto
colloquio a tre parti tra paziente, dentista e anestesista, dal
primo contatto a tutta la fase
post-procedurale, al fine di ottimizzare l'intero atto terapeutico e rispondere adeguatamente alle necessità biologiche
e psicologiche di ogni singolo
paziente.
so porta a una riduzione dei
costi complessivi. Deve conoscere preventivamente le incombenze e le prescrizioni che
dovrà eseguire, così come le
eventuali limitazioni.
È auspicabile che l'anestesista
sia facilmente rintracciabile
per qualsiasi necessità di chiarimento o conforto, anche se
non di natura strettamente
medica.
Cosa è opportuno dire al paziente riguardo all’anestesia?
Deve essere informato preventivamente del significato e delle motivazioni che inducono
alla proposta di un’assistenza
anestesiologica. Devono essere
spiegati in maniera chiara e
completa i vantaggi, le conseguenze, le caratteristiche e gli
eventuali rischi connessi alla
procedura. Il paziente deve capire il motivo di un esborso
addizionale, che peraltro spes-
Dal lato dei pazienti, quanto è
frequente la richiesta di ricevere anestesie in studio?
Il ricorso da parte dei pazienti
a questo moderno approccio
di trattamento odontoiatrico è
ancora estremamente episodico, spesso casuale, affidato all'incontro di qualche odontoiatra illuminato o aggiornato
che si prende la briga di informare e condurre il paziente
verso un approccio di completezza e sicurezza. Il vero moti-
LE PRINCIPALI TECNICHE
ANESTESIOLOGICHE
L'analgo-sedazione controllata è la tecnica di più frequente
applicazione in campo odontoiatrico. Si somministra per via
endovenosa, utilizzando in associazione più farmaci appartenenti a diverse categorie farmacologiche: potenti ansiolitici, ipnoinduttori, anestetici, morfinici. Lo scopo, e il risultato,
è quello di indurre nel paziente una condizione di profonda
liberazione da ansia e tensione emotiva, variabile stato di
sonnolenza, moderato effetto analgesico, con mantenimento della coscienza al fine di poter garantire quel minimo di
collaborazione necessaria all'esecuzione dell'intervento. Le
indicazioni si pongono in tutti quei contesti caratterizzati da:
paziente adulto e intervento di durata prevedibilmente lunga
(oltre un'ora); paziente fobico, ansioso che tollera male persino procedure routinarie e brevi; paziente che preferisce
accorpare in un'unica seduta più appuntamenti; contesti
complessi in cui si dubita di poter controllare soddisfacentemente il dolore procedurale con l'anestetico locale (ascessi,
infezioni, estesi scollamenti).
L’anestesia generale consiste nell’induzione farmacologica
endovenosa di quattro componenti funzionali: soppressione
della coscienza, analgesia profonda, rilasciamento muscolare profondo, protezione neurovegetativa. Queste quattro
componenti producono inevitabilmente l’arresto respiratorio:
per questo viene posizionato un tubo naso-tracheale attraverso il quale si somministra ossigeno e si sostituisce la funzione respiratoria. Il paziente non è cosciente, e quindi nemmeno collaborante. In compenso è totalmente areflessico,
quindi indifferente a qualsiasi manovra e procedura venga
eseguita. Questo garantisce condizioni ottimali di lavoro, soprattutto per procedure complesse, di lunga durata, invasive. Le indicazioni riguardano anche quelle tipologie di pazienti che non sarebbero in grado di garantire una soddisfacente collaborazione (bimbi, psicopatici, disabili).
Marco Ardigò
vo alla base di questa insufficienza informativa e applicativa è di ordine culturale.
Nei paesi avanzati esiste da
tempo la figura dell'anestesista
di studio che con una presenza
plurisettimanale effettua assistenze di vario tipo, adeguando
le metodiche alle esigenze del
singolo paziente. Invece ancora
oggi in Italia queste scelte vengono vissute come qualcosa di
eroico, o rischioso, o esornativo! Non è ancora sufficientemente diffusa la consapevolezza dei benefici che derivano
dall’associazione delle competenze: in termini di comfort e
sicurezza del paziente, efficienza procedurale, risparmio di
risorse, miglioramento del decorso post-operativo, espansione dell'immagine professionale, trattamento di categorie
"difficili", più ampie opportunità operative.
Nel corso della sua attività ha
riscontrato qualche discrepanza tra le evidenze della letteratura scientifica e le convinzioni emerse dalla sua esperienza
clinica?
Il rapporto tra esperienza clinica e letteratura specialistica è
sempre dinamico, così come
deve essere nei contesti caratterizzati da traguardi sempre più
ambiziosi e obiettivi sempre
più ardui e complessi.
L'ambito dell’assistenza anestesiologica in procedure
odontoiatriche è molto peculiare, per vari motivi: è di recente individuazione nosografica, essendo un settore di nicchia e richiedendo specificità
procedurali, farmacologiche,
strumentali e di contesto.
Inoltre si svolge di regola in
ambiti di solvenza, dove il rapporto medico-paziente è improntato a una spiccata personalizzazione del trattamento, a
un’attesa di qualità legittimamente alta, e quindi a una necessaria attenzione alla qualità,
al risultato, al dialogo personale. Tutto questo fa sì che l'esperienza clinica di quei pochissimi specialisti che se ne occupano sia ampiamente più avanzata rispetto alle formule codificate in letteratura. Rimane
una realtà urgente: questo è un
contesto di nicchia, sostanzialmente extraospedaliero, che
attende di conquistare maggiore visibilità accademica.
Renato Torlaschi
<< <<
FOCUS ON
38
Epidemiologia e clinica
della sensibilità dentinale
Ancora orfana di una spiegazione certa delle sue cause, la sensibilità
dentinale è lamentata da 1 paziente su 8. Oltre a intervenire sulle tecniche
di igiene orale, sono al vaglio altre soluzioni. L’ultima è l’ossalato di potassio
Come noto, l’ipersensibilità
dentinale è una condizione
dolorosa cronica dovuta alla
perdita di smalto o di tessuto
che lascia scoperti i tubuli
dentinali causando episodi di
dolore acuto. Universalmente
molto diffusa, tale affezione
necessita di un’analisi approfondita per essere diagnosticata e curata correttamente.
Diverse teorie sono state
proposte nel tempo per spiegare il motivo per cui l’esposizione della dentina possa
associarsi a dolore; dolore
caratterizzato da un esordio
rapido, una breve durata e
una significativa intensità.
«Le pur recenti ricerche in
campo fisiopatologico non
sono state in grado di spiegare definitivamente il fenomeno e ancora oggi la teoria
cosiddetta “idrodinamica”,
formulata lo scorso secolo
dal professor Brännström e
dai suoi collaboratori, risulta la più accreditata – ha
spiegato
il
professor
Antonio Carrassi durante
l’ultimo congresso della
Società italiana di parodontologia –. Alla base di questa
teoria – continua il direttore
dell’unità di odontostomatologia II dell’Università di
Milano – sta la particolare
conformazione strutturale
della dentina, dei suoi tubu-
li e del fluido dentinale che
si ritiene li pervada».
Una ricerca negli Usa
Un gruppo di ricercatori ha
recentemente condotto uno
studio trasversale su 787 pazienti adulti in 37 studi dentistici ubicati in cinque stati
nel nord-ovest degli Stati
Uniti per valutare la diffusione di questo disturbo e
verificare i fattori di rischio
associati (Cunha-Cruz J et
al. The prevalence of dentin
hypersensitivity in general
dental practices in the
northwest United States. J
Am Dent Assoc 2013
Mar;144(3):288-96).
Il fenomeno è stato indagato
attraverso una domanda relativa alla percezione di dolore o sensibilità a denti o
gengive. Successivamente i
dentisti hanno esaminato i
pazienti per assicurarsi che
il dolore non fosse dovuto a
un altro problema, come ad
esempio denti scheggiati o
gengive gonfie. Dei soggetti
visitati, il 12,3% ha manifestato dolore non collegato
ad altri problemi ed è quindi
stata posta diagnosi di sensibilità dentinale.
Dai risultati dello studio pubblicati sul Journal of the
American Dental Association,
la diffusione dell’ipersensibi-
lità sarebbe maggiore tra i
soggetti con un’età compresa
tra i 18 e i 44 anni e minore
tra quelli di età superiore ai
65 anni; secondo gli autori,
questi dati sarebbero da associare al fatto che con il passare degli anni la dentina presente all'interno del dente si
ispessisce, fornendo più di
isolamento.
La ricerca americana ha poi
registrato una prevalenza
della condizione dolorosa
nei pazienti di sesso femminile, in quelli con recessione
gengivale e in quelli che si
erano sottoposti a trattamenti sbiancanti domiciliari. L’ipersensibilità non ri-
>
sulterebbe invece associata a
evidenti traumi occlusali, lesioni cervicali non cariose o
comportamenti di igiene
orale troppo aggressivi.
La diffusione del disturbo
«È difficile generalizzare, ma
probabilmente tra i pazienti
che si recano dal dentista 1
su 8 soffre di denti sensibili»
ha affermato Joana CunhaCruz, ricercatrice presso l’università di Washington e
principale autrice dell’indagine. «Tuttavia i partecipanti allo studio erano prevalentemente bianchi, quasi
l’82%, ed è possibile che la
sensibilità dentinale sia più
o meno comune in altri
gruppi razziali» ha precisato
l’autrice. Come riporta il
professor Carrassi, secondo
altri esperti, fatta salva la relativa scarsità dei dati epidemiologici disponibili, l’ipersensibilità dentinale sarebbe
particolarmente frequente e
si ritiene che possa interessare almeno il 25% della popolazione generale.
Prevenzione e terapia
Per cercare di prevenire fenomeni di sensibilità, gli autori dello studio americano
raccomandano di bere acqua
subito dopo aver assunto ci-
Antonio Carrassi
bi o bevande acide, come
frutta, succo di arancia, vino
o caffè e di evitare di spazzolare i denti nei primi 10-15
minuti. Un aiuto può essere
rappresentato anche da dentifrici specifici per denti sensibili e, se questi non sono
sufficienti, si può far ricorso
a trattamenti più invasivi.
«Il trattamento dell’ipersensibilità dentinale si basa su
misure diverse – puntualizza
Antonio Carrassi, che è intervenuto anche al recente
congresso nazionale del collegio dei docenti di odontoiatria con la relazione
“L'ipersensibilità dentinale:
dalla fisiopatologia alla clinica”–. Esse possono essere
sia di tipo preventivo, legate
a correzioni dietetiche e delle tecniche di igiene orale,
sia di tipo clinico-operativo.
Le procedure operative hanno come fondamentale
obiettivo la normalizzazione
della pervietà dei tubuli
dentinali; a tal fine possono
essere utilizzate metodiche
di odontoiatria conservativa, di chirurgia parodontale
e di terapia topica a base di
principi attivi. Tra i vari
principi attivi utilizzati, l’ossalato di potassio sembrerebbe in grado di fornire ottimi risultati».
Rachele Villa
RICERCA & TECNOLOGIA
Blanx White Shock, dentifricio fotosensibile per lo sbiancamento dentale
Norberto Roveri è professore ordinario di chimica generale e inorganica presso il dipartimento di chimica “G. Ciamician” dell’università di Bologna e direttore del Laboratory of Environmental and
Biological Structural Chemistry.
L'attività di ricerca del professor Roveri – che è un esperto dei processi di biomineralizzazione ossea e dentale – verte principalmente sulla
progettazione, sintesi, caratterizzazione chimico-fisica e della reattività di biomateriali inorganici ed inorganici-polimerici aventi funzionalità e potenzialità innovative, per applicazioni in ambito ortopedico, odontoiatrico, chirurgico maxillofacciale e cardiovascolare.
>
Dalla ricerca Coswell nasce l’innovativa formula di Blanx
White Shock, la prima linea di prodotti di sbiancamento
dentale a base di ActiluX, un innovativo principio attivo fotosensibile dall’azione sbiancante. Attivato dalla luce, distrugge tutte le molecole che causano l’ingiallimento dei
denti.
A condurre le ricerche che hanno portato alla creazione
della formulazione, oggi coperta da due brevetti, è stato il
professor Norberto Roveri , direttore del Laboratory of
Environmental and Biological Structural Chemistry presso il
dipartimento di chimica “G. Ciamician” dell’università di
Bologna.
ActiluX, costituito da clusters di idrossiapatite biomimetica
funzionalizzata con ossidi inorganici fotocatalitici, è l’ingrediente principale della formula di Blanx White Shock. Come
tutti i materiali fotocatalitici, i cristalli di ActiluX si attivano
per azione della luce e agiscono proporzionalmente alla
quantità di luce che ricevono, producendo delle cariche
positive e negative che reagiscono a contatto con l'ossigeno e l'acqua presente nell'ambiente orale circostante.
Questo processo provoca la formazione di specie radicaliche che, rompendo le molecole organiche responsabili di
sporco e ingiallimento, sbiancano i denti senza danneggia-
re lo smalto, composto invece da materiale inorganico.
Grazie all’azione naturale della luce, ActiluX rimuove le
macchie già esistenti e impedisce che se ne creino altre;
forma una barriera protettiva sulla superficie dei denti;
sbianca le superfici ceramiche e polimeriche di protesi
dentarie e capsule; si deposita sulla superficie dentale e
continua la sua azione nell’arco della giornata: grazie alla
luce, continua a sbiancare anche dopo il lavaggio con lo
spazzolino. Blanx White
Shock produce anche un effetto superidrofilico, che lo
rende affine e capace di attrarre l'acqua. Le particelle
d'acqua presenti nell'atmosfera si distribuiscono quindi sulla superficie del dente,
idratando le gengive.
Blanx White Shock, se usato
ogni giorno in sostituzione
al normale dentifricio, rappresenta un’alternativa alle
tecniche di sbiancamento
professionale.
41
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EDUCATION & MEETING NEWS
Asio per un nuovo
concetto di ortodonzia
Dal 1994 l’associazione si batte per rendere le scuole di specializzazione
in ortodonzia un passaggio obbligato per poter esercitare questa disciplina.
Da questa visione deriva una netta distinzione tra dentista e ortodontista
A pochi mesi dalla decima edizione del congresso nazionale
organizzato dall’Accademia italiana di ortodonzia e
dall’Associazione specialisti italiani di ortodonzia, che ha ribadito l’importanza delle moderne tecnologie digitali per la pratica odontoiatrica attuale e futura, Italian Dental Journal ha intervistato Alessandro Mario Greco, presidente Asio, che ha
voluto ribadire l’identità professionale ben distinta dello specialista in ortodonzia: «È fondamentale far conoscere al cittadino e agli operatori sanitari la differenza tra dentista e ortodonzista, figura alla quale si affida la diagnosi, la prevenzione
e il trattamento delle irregolarità dentali e facciali e che trova
in Asio un’associazione sindacale in cui riconoscersi».
Infine, Alessandro Mario Greco ci ha dato un’anticipazione sui
temi del prossimo congresso, che si svolgerà a Bologna il 4 e
5 ottobre, che focalizzeranno l’attenzione sulla gestione della
professione per chi presta consulenze presso vari studi.
Dottor Greco, qual è il take
home message del congresso
nazionale che si è svolto in
marzo a Roma?
Il congresso nazionale AidorAsio di marzo ha avuto come
tema lo sviluppo delle apparecchiature ortodontiche negli
ultimi anni, dall’iniziale utilizzo dei primi brackets negli anni ‘50 ai sistemi “invisibili” e
customizzati che sembrano
anticipare il futuro.
Il messaggio che i 350 partecipanti hanno potuto portare a
casa è certamente legato al
cambiamento che sta interessando il modo di concepire
l’ortodonzia. Nel corso di questi anni la nostra professione è
andata incontro a una progressiva digitalizzazione: le foto, le radiografie, i modelli, oggi la digitalizzazione interessa
le impronte e domani probabilmente interesserà non solo
la fase diagnostica, ma anche
tutta la programmazione terapeutica. Oggigiorno la tecnologia entra prepotentemente
nel mondo ortodontico, offrendo la possibilità di prevedere e visualizzare gli effetti del
trattamento ortodontico in
3D, cambiando l’approccio
dell’ortodontista, meno concentrato sul lavoro svolto alla
poltrona davanti al paziente,
cercando di muovere i denti e
immaginare la loro posizione
spaziale nel corso dei mesi, ma
più impegnato davanti allo
schermo di un computer per
determinare la diagnosi e soprattutto per decidere la programmazione terapeutica sulla base di un set-up virtuale attendibile e completo.
Questo è il principale take home message del congresso:
dobbiamo prepararci a cambiare approccio impostando
ogni singolo aspetto del trattamento dal primo giorno, applicando uno schema di cura
proattiva e non reattiva, che
vuole dire maggiore pianificazione, minor numero di errori, minor tempo di cura e minor spesa per il paziente.
Come è cambiata l’associazione nell’ultimo anno e quali sono i progetti futuri?
L’Asio cambia presidente ogni
anno e ogni anno mostra un
atteggiamento influenzato
dalla personalità di chi la guida, mantenendo un minimo
comun denominatore, che è la
mission dell’Asio: creare
un’associazione sindacale nel
quale riconoscersi e dalla quale ricevere supporto legale, fiscale, assicurativo, culturale e
promuovere la figura dello
specialista in ortodonzia.
L’Italia è uno dei pochi paesi
della Comunità europea in
cui per esercitare l’ortodonzia non è necessario, per legge, aver completato una scuola di specializzazione, ma basta semplicemente la laurea
in odontoiatria. L’ortodonzia
è una disciplina complessa
che si occupa dell’osservazione e della modificazione della
crescita del complesso cranio-facciale, della sua funzione e del suo sviluppo, della
risoluzione delle malocclusioni dentali e scheletriche da
un privilegiato punto di vista
funzionale; non è semplicemente una disciplina nata per
raddrizzare denti storti e
svolgere una funzione cosmetica. Questa è la motivazione
per cui l’ulteriore corso di ultra formazione come la specializzazione in ortodonzia
diventa una necessità per poter approcciare e gestire la vasta gamma di problematiche
che interessano i pazienti,
adulti e bambini.
Asio ha da sempre perseguito
questo obiettivo e continuerà
in questa direzione cercando
di motivare le professionalità
più vicine come pediatri, otorini e logopedisti a far conoscere la differenza tra dentista
e ortodontista, ma comunicando anche con il cittadino
comune attraverso campagne
pubblicitarie sul web e sulla
stampa.
>
I nostri prossimi passi sono
orientati a offrire supporto a
chi ha uno studio di ortodonzia, ma anche ai giovani che
offrono consulenza senza avere uno studio proprio, a stringere collaborazioni e scambi
con le associazioni di pediatri
e di logopedisti, a usare il web
per fare in modo che, in caso
di problematiche ortodontiche, il referente sia lo specialista in ortodonzia.
Quali saranno le finalità del
prossimo congresso AsioAidor in programma in ottobre?
Il nostro prossimo incontro a
Bologna il 4 e 5 ottobre sarà
incentrato sugli incontri sindacali con giornate dedicate
alla gestione della professione
per chi presta consulenze
presso diversi studi, come la
maggior parte dei giovani
specialisti in ortodonzia.
Dalla gestione fiscale agli accordi tra studio e consulente,
dalla responsabilità legale agli
obblighi di legge per chi ha
un’attività in movimento,
dalla gestione della privacy
alle coperture assicurative.
La gestione a 360 gradi della
professione verrà analizzata
da esperti in management e
in medicina legale, come il
dottor Gabriele Vassura e il
Alessandro Mario Greco
dottor Roberto Manca.
Un’occasione unica per offrire risposte a molte domande
che i giovani e adulti specialisti in ortodonzia si trovano
quotidianamente a dover affrontare, senza la certezza
della risposta; un servizio utile che indubbiamente richiamerà un ampio numero di
colleghi.
Una parte preliminare del
congresso sarà invece dedicata all’approfondimento culturale attraverso un argomento dibattuto e difficile da
trattare per tutti gli specialisti
in ortodonzia come l’articolazione temporo-mandibolare e i suoi rapporti con l’occlusione. Grazie alla partecipazione del dottor Mario
Molina, massimo esperto sull’argomento Atm, e al dottor
Redento Peretta, attuale presidente dell’Italian Board of
Orthodontics, avremo la possibilità di comprendere meglio come il trattamento ortodontico può influenzare le
problematiche dell’articolazione temporo-mandibolare.
Speriamo vivamente l’evento
possa avere un alto numero di
partecipanti per l’elevato livello di informazioni utili e per
l’aggiornamento culturale di
notevole spessore.
Rachele Villa
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EDUCATION & MEETING NEWS
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Premium Day Sweden & Martina
La dodicesima edizione del Premium Day, approfondimento
scientifico in implantologia organizzato dall’azienda Sweden &
Martina, si terrà all’interno del Palazzo della Ragione di Padova
dal 6 all’8 giugno.
I lavori inizieranno nella giornata di giovedì 6 giugno con il corso precongressuale affidato al professor Niklaus P. Lang e al dottor Ignazio Loi, protagonisti rispettivamente delle relazioni dal
titolo “Treatment strategies for the mutilated dentition” (con traduzione simultanea) e “Rapporto tra contorno protesico e tessuti gengivali”, che occuperanno l’intera giornata.
Nelle due giornate successive il salone del Palazzo della Ragione
sarà teatro del programma scientifico per odontoiatri. Sul palco
allestito all’ombra del gigantesco cavallo ligneo, copia rinascimentale di quello del monumento al Gattamelata di Donatello,
>
Niklaus P. Lang
>
Ignazio Loi
si alterneranno alcuni tra i più grandi esponenti del mondo
odontoiatrico internazionale, che offriranno un crescendo di interventi di approfondimento e confronto suddivisi in cinque sessioni: “Cosa abbiamo imparato in 30 anni di chirurgia implantare” e “di protesi su impianti”, “Protesi. Nuovi orizzonti della protesi su impianti”, “Rigenerazione tissutale. Gestione dei tessuti
duri e molli” e infine “Le chiavi del successo implantoprotesico”.
Parallelamente, in altre sale del palazzo, saranno allestite le sessioni specifiche per odontotecnici, per igienisti dentali e per assistenti di studio.
Durante le giornate congressuali sarà possibile visitare tutte le sale del Palazzo della Ragione e il Museo del Rinascimento. Come
già nelle precedenti edizioni del congresso Premium Day, anche
quest’anno sarà allestita una grande festa di gala presso il parco
dell’azienda, con musica dal vivo e open-bar, che rappresenterà
tra l’altro l’occasione per concludere i festeggiamenti per il 40°
anniversario di Sweden & Martina.
L’edizione spagnola del Premium Day
Intanto Sweden & Martina Mediterranea – base spagnola della
casa madre italiana – comunica di aver organizzato per il 7, 8 e 9
novembre di quest’anno l’atteso remake del congresso tenutosi
nel 2011, annunciando così la seconda edizione del Premium
Day in Spagna.
Sede dell’evento sarà ancora il centro congressi Eurobuilding
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IN QUESTI GIORNI A RIMINI
Dentsply Dental Forum
>
Ugo ovani
>
Mariano Sanz
4 di Madrid, che ospiterà un cospicuo gruppo di eccellenti relatori già a partire dalla giornata dei corsi precongressuali.
Giovedì 7 novembre saranno infatti ben quattro i corsi teorico-pratici di approfondimento tenuti dai relatori Juan Faus
(corso di chirurgia con utilizzo delle suture), Marco Csonka
(corso molto atteso sulle tecniche di applicazione del rivoluzionario apparecchio Magnetic Mallet), Giuseppe Iaria (corso
sull’utilizzo dei laser), Giorgio Carusi (approfondimento della tecnica Mise).
Il congresso scientifico, presieduto anche in questa seconda edizione dal professor Mariano Sanz Alonso, decano della prestigiosa Università Complutense di Madrid, e dal professor Ugo
Covani, da sempre referente scientifico di Sweden & Martina,
prevede la presenza di relatori delle più importanti università
spagnole – quali lo stesso Sanz ma anche i professori Juan
Manuel Aragoneses, Juan Carlos De Vicente, Maximino
Gonzalez, José Maroto, Miguel Penarrocha, Guillermo Pradies,
Eugenio Velasco – e moltissimi illustri nomi dell’odontoiatria
spagnola, tra i quali spiccano Fernando Bustillo, Calvo de Mora
e José Manuel Vásquez Moreno.
Gli argomenti trattati verteranno su estetica in implantologia,
carico immediato, protesi su impianti con tecnologia Cad-Cam,
oltre a una rassegna delle collaudate o nuovissime tecnologie abbracciate e proposte dall’azienda: il dispositivo Magnetic Mallet,
la chirurgia guidata, la chirurgia piezoelettrica, il laser in chirurgia. Relatore italiano di eccellenza sarà il dottor Ignazio Loi, che
presenterà la sua tecnica Bopt (Biologically Oriented
Preparation Technique) per la preparazione a finire del moncone naturale: questa tecnica, documentata dalla sua lunga esperienza clinica, consente l’adattamento delle mucose ai profili
protesici determinati dalle corone e ha dimostrato di garantire la
stabilità dei tessuti a medio e lungo termine.
Per informazioni
Sweden & Martina spa
Rossella Tosello - [email protected]
Tel. 049.9124300 - Fax 049.9124290
www.sweden-martina.com
I corsi monotematici
degli Amici di Brugg
Dopo il successo riscontrato lo scorso anno, prosegue la programmazione dei “corsi dedicati” degli Amici di Brugg, nati
dalle richieste di approfondimento pervenute dai frequentatori del corso di alta formazione.
Ciascun corso teorico-pratico è una “full immersion” di due
giorni su una tematica specifica, con circa 16 ore di lezione.
Riservati a odontoiatri e odontotecnici, questi incontri hanno
caratteristiche essenzialmente pratiche. Specifiche strutture,
atte all’esecuzione delle singole fasi di lavoro, saranno a completa disposizione dei partecipanti nelle varie sedi in cui verranno svolti i corsi. L’organizzazione, interamente garantita
dagli Amici di Brugg, non mancherà di coniugare le attività di
carattere scientifico-applicativo a momenti d’incontro conviviale, nell’atmosfera di amicizia che contraddistingue tutte le
iniziative dell’Associazione fin dalla sua nascita.
I prossimi corsi in programma (con date e sedi ancora da definire) sono “Il digitale in odontoiatria: fotografia, Cad-Cam,
Smile Design”, “La programmazione della protesi estetica” e
“Occlusione nella pratica quotidiana. Preparazioni protesiche,
registrazioni endoextra orali, esecuzione di casi reali”.
Programmi completi, sedi e date vengono aggiornati sul sito
www.amicidibrugg.it
Venerdì 24 maggio, concluse le sessioni del congresso degli
Amici di Brugg di Rimini, si può continuare il percorso di aggiornamento scientifico e professionale spostandosi dalla Fiera
al Grand Hotel di Rimini per il Dentsply Dental Forum.
Tra le 18 e le 20 si terranno tre sessioni simultanee (endoconservativa, prevenzione e protesi) con la partecipazione di
relatori di rilievo nazionale e internazionale.
La sessione endo-conservativa si rivolge agli odontoiatri che
desiderano conoscere i protocolli operativi Dentsply per le
procedure endodontiche e di restauro post-endodontico. Ne
parleranno Vittorio Franco, Simone Grandini, Antonio
Cerutti e Camillo D’Arcangelo.
La sessione prevenzione, condotta da Antonia Abbinante,
Marisa Roncati Parma Benfenati e Annamaria Genovesi, è
aperta a odontoiatri e igienisti e si occuperà di esplorare i
più innovativi protocolli di trattamento della malattia parodontale non chirurgica, tra cui l’utilizzo della terapia laser e
le procedure di controllo dell’ipersensibilità dentinale.
La sessione protesi si rivolge a odontotecnici e odontoiatri protesisti interessati ad approfondire la conoscenza dei materiali
innovativi che le moderne tecnologie mettono a disposizione
del laboratorio e dello studio. In questo caso i relatori saranno
gli odontotecnici Lanfranco Santocchi e Massimiliano
Petrullo, Griselda M. Guidoni e Giovanni Ceccato.
Alle conferenze, come ormai da
tradizione, seguirà un Dinner
Party offerto da Dentsply presso
il Coconuts, uno dei locali più
trendy della riviera romagnola.
L’evento è a numero chiuso con
partecipazione gratuita.
L’iscrizione è obbligatoria e può essere fatta direttamente alla fiera degli Amici di Brugg presso lo stand Dentsply (padiglione A7, corsia 2-3, stand 72-91).
ANAGRAFE PUBBLICAZIONI
SCIENTIFICHE: AL VIA
CONSULTAZIONI ONLINE
Sono aperte online le consultazioni pubbliche per individuare i
criteri che identificano il carattere scientifico delle pubblicazioni e degli altri prodotti di ricerca. L'iniziativa del Consiglio universitario nazionale (Cun), in collaborazione con l'Agenzia
nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur) durerà tre mesi e dovrà acquisire indicazioni e
osservazioni di quanti, per le loro competenze professionali e
le loro esperienze scientifiche, intendano dare il loro contributo; in particolare: docenti e ricercatori anche a contratto, assegnisti di ricerca degli atenei, degli istituti speciali, delle
scuole superiori e degli istituti di alta formazione dottorale, ricercatori degli enti pubblici nazionali, regionali e locali di ricerca scientifica e degli enti privati di ricerca scientifica, dottorandi e dottori di ricerca, editori attivi nel settore dell'editoria accademica e professionale.
La consultazione darà la possibilità di inviare proposte, osservazioni, idee sui diversi profili che attengono al tema della
scientificità. «Le esamineremo considerando anche l’area
scientifica di riferimento di chi contribuisce, così da poter pesare le osservazioni e non solo contarle – ha spiegato la professoressa Carla Barbati, vicepresidente del Cun –. Daremo
conto, in forma aggregata, e dunque nel rispetto dell’anonimato, dei contributi che perverranno. Di tutti. Sia di quelli che accoglieremo sia di quelli che non accoglieremo. In questo modo, potremo rappresentare alla stessa comunità scientifica, all’editoria accademica oltre che ai decisori politici quali siano le
opinioni espresse dagli attori della ricerca. Queste osservazioni, in sostanza, saranno patrimonio di tutti, non solo del Cun».
Collegandosi ai siti www.cun.it e www.miur.it è possibile consultare le istruzioni dettagliate e poi accedere e compilare il
questionario sui criteri generali per definire la scientificità di
una pubblicazione e sui requisiti minimi che qualificano le
principali tipologie di pubblicazioni scientifiche. Obiettivo di
questa raccolta è l'istituzione dell'Anagrafe nazionale nominativa dei professori e dei ricercatori e delle pubblicazioni
scientifiche (ANPRePS).
EDUCATION & MEETING NEWS
Dental Daunia
“Dental Daunia” è il convegno gratuito organizzato
per sabato 8 giugno a
Manfredonia (Foggia) dal
dipartimento
regionale
Andi Puglia.
Presso il Regio Hotel
Manfredi per tutto il giorno
i partecipanti assisteranno
a relazioni su argomenti
che toccano un po’ tutti i
> Giuseppe Fanelli
campi dell’odontoiatria.
«Il tema portante dell’evento sarà l’aspetto interdisciplinare dell’odontoiatria» conferma Giuseppe Fanelli, segretario culturale regionale, che ci
ha presentato i contenuti del convegno.
Il primo tema sarà il buon mantenimento dei tessuti duri e
molli intorno ai denti e intorno agli impianti come una
delle condizioni che il clinico deve contemplare nella stesura del suo piano di trattamento. Si parlerà poi di ortodonzia, che svolge un ruolo di supporto importante nei
trattamenti dei casi parodontali. «Verranno proposti dei
protocolli di intervento che permetteranno di risolvere
questi problemi terapeutici con un alto grado di successo –
ci ha anticipato Fanelli –. Questi aspetti clinici interessano
tutte le branche odontoiatriche e in particolare la parodon-
tologia, ma non si può non considerare l’implantologia
con i suoi ritrovati tecnologici forieri di soluzioni cliniche
accattivanti, finalizzati a mantenere la salute dei tessuti perimplantari. Tutti questi punti di vista verranno trattati dai
relatori, mantenendo il concetto di interdisciplinarietà.
Una menzione particolare merita la relazione sui bisfosfonati, argomento di particolare attualità. Conoscere le varie
componenti chimiche della molecola dei bisfosfonati, e come queste possono interferire o interagire nelle fasi di guarigione tissutale, è una di quelle informazioni da “portare
a casa”, per farne buon uso già dal giorno successivo all’evento culturale» ha sottolineato il segretario culturale.
Il convegno è stato pensato come un aggiornamento per l’attività clinica quotidiana e ospiterà interventi di relatori di alto
livello, provenienti sia dall’università che dalla libera professione. «Mantenere alta la qualità della nostra attività clinica
equivale a sostenere le nostre posizioni sul mercato odontoiatrico, senza dover scendere a compromessi mercificanti la professione» ha concluso Giuseppe Fanelli.
Per informazioni
Meeting Planner srl
Tel. 080.9905360
[email protected]
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EDUCATION & MEETING NEWS
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DENTAL MARKET
I redazionali presentati in queste pagine rapprentano una libera scelta della Redazione di Italian Dental Journal tra i comunicati pervenuti
Congresso internazionale di terapia implantare Biomet 3i
A Verona, all’interno del Palazzo della Gran Guardia, dal 19
al 21 settembre si terrà il Congresso internazionale di terapia implantare organizzato da Biomet 3i e giunto già alla sua
sedicesima edizione. Il tema scelto quest’anno è quello
dell’“Integrazione tra innovazione tecnologica, eccellenza
clinica e accessibilità sociale alla terapia implantare” con l’obiettivo di mostrare come l’innovazione tecnologica continui oggi a garantire l’eccellenza clinica del trattamento implantare rendendola allo stesso tempo accessibile ad ampie
fasce sociali e applicabile in svariate indicazioni. «Nel corso
di soli tre decenni tutto è cambiato sul fronte implantare –
osservano gli organizzatori del congresso –. Le morfologie e
le superfici implantari sono cambiate per migliorare e accelerare l’osteointegrazione. L’interfaccia dei pilastri è stata
completamente modificata per facilitare il restauro protesico. Sono state sviluppate nuove tecniche e tecnologie rigenerative per aumentare i tessuti duri e i tessuti molli. L’era digitale ci ha permesso di pianificare la chirurgia anticipandone virtualmente il risultato finale e di guidare l’atto chirurgico con precisione e accuratezza. Trasformando totalmente
la terapia implantare, scienza e tecnologia l’hanno anche resa socialmente molto più accessibile».
Sono cinque le sessioni scientifiche previste, che sono state affidate a relatori di fama internazionale come Daniel Baumer,
Myron Nevins, Tiziano Testori, Harold Baumgarten, Xavier
Rodriguez e a odontoiatri della scuola italiana: Federico
nata di sabato 21 settembre, i partecipanti potranno scegliere tra quattro corsi monotematici su argomenti di chirurgia
e implantologia.
Questa edizione del congresso di Verona intende anche rendere omaggio al dottor Giampaolo Vincenzi, scomparso lo
scorso anno, per ricordare il suo prezioso contributo alla
diffusione della terapia implantare. «Vincenzi sarà ricordato come il grande maestro che misurava il proprio successo
da quello dei propri allievi e colleghi, l’amico schietto e pieno di vita che non si fermava mai, il professionista gioviale
e generoso, sempre pronto e disponibile ad aiutare tutti»
spiegano i suoi ex colleghi che fanno parte del comitato
scientifico del congresso.
Igiene Orale
Conservativa
FLUOR PROTECTOR S
ALL-BOND UNIVERSAL
Per informazioni
Angela Negri
Tel. 0444.913410
[email protected]
Gualini, Mario Aimetti, Tiziano Tealdo, Daniele Cardaropoli,
Vittorio Ferri, Gioacchino Cannizzaro, Francesco Amato e altri nomi di rilievo.
Accanto alle sessioni congressuali sono previsti una serie di
workshop su nuove tecniche e nuovi prodotti e, nella gior-
Anatomia e chirurgia avanzata
all’Università di Parigi
È un appuntamento dal successo ormai consolidato nel tempo
quello con i corsi teorico-pratici con dissezioni anatomiche organizzati presso l’Université “R. Descartes” di Parigi, in cui relatori italiani guideranno i partecipanti dall’anatomia del cavo
orale alle tecniche di chirurgia avanzata in odontoiatria.
Per andare incontro alle necessità di tutti i chirurghi interessati,
nel secondo semestre del 2013 sono previsti ben due eventi formativi, con relatori di altissimo livello e uno staff di docenti di
provata esperienza, che offrono l’opportunità unica di approfondire la conoscenza dell’anatomia del cavo orale attraverso i preparati umani.
Il numero chiuso di partecipanti e il contatto diretto con i relatori sono tra i punti di forza di questi progetti educativi, che permettono di acquisire una rigorosa preparazione teorica, di apprendere utili suggerimenti sui moderni approcci terapeutici e
migliorare la proprie conoscenze pratiche per eseguire con maggiore sicurezza le più comuni tecniche di chirurgia avanzata.
Il primo appuntamento è dal 24 al 26 ottobre con il corso dal titolo “Dissezioni su cadavere e tecniche avanzate”, tenuto dai
professori Tiziano Testori, Pascal Valentini e Jean F. Gaudy.
Nella parte teorica del corso verranno trattati l’imaging diagnostico correlato all'anatomia clinica e le procedure chirurgiche di
rialzo del seno mascellare. La parte pratica permetterà invece a
ogni partecipante di eseguire la completa dissezione e identificazione delle strutture anatomiche mandibolari e mascellari.
Inoltre, ci sarà la possibilità di eseguire interventi utilizzando la
chirurgia piezoelettrica.
Il secondo corso si terrà dal 21 al 23 novembre e sarà tenuto dai
professori Matteo Chiapasco, Pascal Valentini e Jean F. Gaudy
sul tema “Tecniche chirurgiche preimplantari con dissezioni su
cadavere”. Durante il corso sarà cura dei docenti mostrare le
strutture anatomiche a rischio per ciascun settore di intervento e
insegnare come identificarle e proteggerle, presentando le tecniche chirurgiche step-by-step per ottimizzare il risultato e minimizzare le complicanze. «Verrà inoltre discussa la scelta tra le varie tecniche e i vari materiali, evidenziandone vantaggi e limiti»
sottolineano i docenti.
Per informazioni
Nicola Maino
Tel. 0445.376266
L’innovativa tecnologia di
Fluor Protector S nasce dall’esperienza ultradecennale
di Ivoclar Vivadent nello sviluppo e nella produzione di
lacche dentali nonché dalla
stretta collaborazione dell’azienda con i dentisti e i loro
team.
Fluor Protector S è stato studiato per offrire una protezione professionale mirata contro ipersensibilità, carie ed
erosione dentale. Il sistema
di lacca, grazie al fluoro in soluzione omogenea, consente
l’immediata disponibilità di
questo componente. La lacca
copre direttamente ed efficacemente lo smalto dentale e
rilascia il fluoro molto rapidamente. Si crea inoltre un de-
posito a rilascio di calcio e
fluoro per un’azione protettiva prolungata nel tempo.
Fluor Protector S è di gusto
piacevole ed è pertanto indicato nel trattamento di piccoli
pazienti e soggetti sensibili.
L’innovativa confezione in tubo multidose consente di erogare Fluor Protector S nella
quantità desiderata velocemente, senza sprechi e con
massima igiene. Il prodotto si
presenta anche in singole
confezioni monodose.
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Ivoclar Vivadent srl
Tel. 051.6113555
Fax 051.6113565
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Conservativa
RIVA BOND LC
SDI Limited ha annunciato il
lancio di Riva Bond LC, un sistema adesivo di nona generazione, in grado di ridurre
notevolmente lo stress da polimerizzazione causato dalla
contrazione del composito.
Un’adesione priva di stress
insomma, che si traduce in
assenza di sensibilità per il
paziente.
Riva Bond LC è un adesivo
universale fotopolimerizzabile per restauri diretti. Fino ad
ora il clinico ha utilizzato il
composito sapendo che non
è possibile evitare la contrazione da polimerizzazione.
Secondo SDI Limited grazie a
questo composito ora «è possibile ottenere un restauro
duraturo e in assenza di sensibilità, in quanto Riva Bond
LC non causa stress margi-
nale e, inoltre, riesce a compensare la contrazione da polimerizzazione del composito.
Nessun altro adesivo offre
una forza adesiva elevata,
unita alla riduzione significativa dello stress nell’interfaccia».
Grazie alla Stress Reduction
Technology brevettata dall’azienda, Riva Bond LC sfrutta
la tecnologia del riempitivo
vetroso bioattivo ionglass unita a una tecnologia della resina che permette di ridurre lo
stress al minimo su tutte le interfacce di adesione.
Per informazioni:
SDI Limited
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Numero verde: 800.780625
www.sdi.com.au
Nuovo nato di casa Bisco, AllBond Universal raccoglie i frutti di oltre 30 anni di ricerca dell’azienda americana nel campo dei protocolli adesivi per il
settore dentale.
All-Bond Universal presenta
una formulazione monocomponente adatta sia per utilizzo in procedure adesive a
mordenzatura totale sia per
utilizzo in modalità self-etching o in mordenzatura selettiva; in tutte queste procedure i valori di adesione risultano equivalenti. All-Bond
Universal è indicato per tutti i
restauri diretti e indiretti
(spessore <10μ) con significativi valori di adesione a tut-
ti i substrati fungendo anche
da vernice protettiva.
All-Bond Universal contiene il
monomero MDP che aumenta significativamente la durata del sigillo e l’adesione ai
restauri indiretti (zirconia, alumina e metalli) anche senza
l’utilizzo di un primer specifico, creando allo stesso tempo un doppio legame chimico-meccanico dopo la polimerizzazione. Analogamente
agli altri sistemi adesivi
Bisco, anche questo presenta
una formulazione leggermente acida (pH>3) che garantisce una completa compatibilità con compositi e cementi
autopolimerizzabili e duali (in
modalità auto), senza necessitare di un ulteriore attivatore. Terminata la polimerizza-
zione All-Bond Universal diventa altamente idrofobico
per un sigillo resistente nel
tempo e non richiede uno
strato aggiuntivo di resina.
La speciale miscela azeotropica di acqua ed etanolo, brevettata, favorisce una drastica riduzione di acqua dopo l’evaporazione del solvente diminuendo l’attività delle metalloproteinasi (MMP) anche senza
l’utilizzo di una soluzione igienizzante per cavità.
All-Bond Universal si conserva
a temperatura ambiente con la
massima stabilità nel tempo.
Per informazioni:
Sweden & Martina spa
Tel. 049.9124300
www.sweden-martina.com
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DENTAL MARKET
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Endodonzia
TECH BIOSEALER
Isasan presenta al mercato
odontoiatrico internazionale
una gamma di cementi endodontici MTA dalla formulazione particolarmente innovativa: Tech Biosealer.
Questo prodotto nasce da
una
collaborazione
tra
Isasan e alcune università
italiane, che hanno condotto
un’analisi dei cementi MTA
con metodiche chimico-fisi-
che per capire la complessa
cinetica di indurimento e le
variabili in grado di garantire
l’insensibilità all’umidità.
Sulla base di un cemento
Portland (noto come legante
idraulico) modificato sono
state realizzate quattro formulazioni differenti in funzione dell’utilizzo clinico, che
contengono silicati, cloruri di
calcio e fillosilicati brevettati,
con il risultato di tempi di lavorabilità, indurimento, fluidità, espansione e radiopacità differenti. I cementi Tech
Biosealer sono tetrasilicati
che rilasciano idrossido di
calcio già nella prima ora e
per diversi giorni con aumento del pH e con conseguente attività antibatterica.
I cementi Tech Biosealer induriscono anche in presen-
za di fluidi organici (sangue,
plasma e fluidi dentinali) e il
contatto con questi fluidi
porta alla formazione sulla
superficie del cemento di
uno strato di apatite osteosimile definito biocoating su
cui cellule staminali pulpari
possono aderire, crescere e
differenziarsi in osteoblasti,
per dare origine a tessuto
osseo e dentinale. Questo a
conferma della biocompatibilità e bioattività di Tech
Biosealer.
La presenza di fillosilicati
assicura una notevole stabilità dimensionale e adattamento marginale.
La gamma di cementi è composta da: Tech Biosealer
Endo, Tech Biosealer Root
End, Tech Biosealer Apex e
Tech Biosealer Capping.
Tech Biosealer Endo, per otturazioni ortograde, indurisce in canali umidi o bagnati con apici aperti, può essere usato in associazione a
qualsiasi tecnica con guttaperca ed è radiopaco.
Tech Biosealer Root End,
per otturazioni retrograde,
ha un’elevata biocompatibiltà e bioattività, con induri-
mento e adattamento marginale rapidi.
Tech Biosealer Apex, per
apecificazioni, offre un elevato rilascio di idrossido di
calcio e induce la formazione di apatite a livello apicale.
Tech Biosealer Capping, per
incappucciamenti, indurisce
rapidamente in presenza di
sangue e umidità, stimolando la formazione di dentina
secondaria già in 3-4 settimane.
Per informazioni:
Isasan srl
Tel. 02.96754179
Fax 02.96754190
[email protected]
www.isasan.com
Endodonzia
PROTAPER NEXT
Protaper Next è il successore del sistema Dentsply
Maillefer Protaper Universal,
da molti considerato il gold
standard in endodonzia.
Protaper Next è un sistema
versatile e flessibile, in grado di trattare la maggior parte dei canali radicolari con
alcuni vantaggi: una sola sequenza di file per tutti i casi
clinici, conicità variabili per
una tecnica crown-down ottimizzata e diametri di finitura
apicale comunemente approvati. Grazie a queste caratteristiche Protaper Next
risolve i casi clinici più difficili, abbrevia i tempi della sagomatura e garantisce il rispetto dell’anatomia originale del canale radicolare.
La nuova sezione rettangolare eccentrica di Protaper
Next conferisce allo strumento un movimento “swaggering” simile a quello tipicamente ondulatorio del serpente, il quale genera uno
spazio più ampio per la raccolta dei detriti. L’effetto
“swaggering” permette anche un’ottimale tracciatura
del canale.
Il materiale NiTi M-Wire con
cui è prodotto il nuovo stru-
mento ne migliora la flessibilità pur mantenendo l’efficienza di taglio. Questo è
possibile grazie a un avanzato processo di trattamento
termico
esclusivo
di
Dentsply. Il NiTi M-Wire assicura anche una maggior
resistenza al lavoro ciclico,
causa principale della rottura dello strumento.
Gli strumenti sono disponibili in blister presterilizzati da
6 files nelle misure singole
(X1-X2-X3-X4-X5) oppure
assortite (X1-X3), nelle lunghezze 21, 25 e 31 mm.
Il sistema comprende anche
punte di carta, punte di guttapercha
e
otturatori
GuttaCore dedicati, cioè
corrispondenti alla dimensione dei canali preparati
con gli strumenti Protaper
Next.
Per informazioni:
Distributore: Simit Dental srl
www.simitdental.it
L’evoluzione tecnologica
per una professione ecosostenibile
Seguire il progresso è una necessità: l’aggiornamento continuo con
lo stato della tecnica è vitale per qualsiasi azienda.
L’elettronica, come a suo tempo l’elettricità, ha migliorato la vita dell’uomo in generale: molti oggetti utili, aggiornati con l’aiuto dell’elettronica, sono diventati più semplici, più leggeri, più completi e, in
molti casi, meno costosi. Al posto di un relé o di un teleruttore, c’è
un componente elettronico, all’apparenza statico, che ha le stesse
funzioni.
L’elettronica più l’informatica hanno creato l’intelligenza artificiale,
che ha dato luogo a una miriade di programmi e di software gestionali, amministrativi, organizzativi, previsionali e di controllo; nella
pratica quotidiana, l’intelligenza artificiale è qualcosa della quale
non si può più fare a meno.
L’elettronica e l’informatica entrano in tutti i settori del lavoro e della vita.
La meccanica ha sostituito i vecchi torni e le frese con le macchine
a controllo numerico, la precisione di queste ultime è centesimale,
mentre le macchine utensili tradizionali facevano fatica a rispettare
il decimo. La velocità del controllo numerico ha abbattuto i costi di
lavorazione; si può ben dire, senza tema di essere smentiti, che il
controllo numerico ha aumentato la precisione e ha reso più facile
l’intercambiabilità di tanti particolari.
Il progresso nel campo dentale
Se osserviamo la trasformazione della professione dentale degli ultimi anni, notiamo che si sono compiuti passi importanti: cure e prevenzione hanno sconfitto le malattie parodontali, l’implantologia ha
avuto successo, gli impianti consentono ormai ricostruzioni protesiche sempre più rispettose della dentatura residua e più confortevoli per il paziente.
I piani di cura per l’ortodonzia infantile e pre-protesica vengono ormai progettati al computer con software sempre più precisi e completi. Sembra che presto lo scanner e il Cad-Cam potranno sostituire l’impronta e parte delle lavorazioni odontotecniche per la costruzione della protesi. Ovviamente per tali realizzazioni sono state progettate nuove attrezzature odontoiatriche e odontotecniche, e altre
verranno adeguate alle nuove necessità professionali.
Parimenti si è sentita la necessità di migliorare l’aspirazione chirurgica dentale: si è pensato di dare al professionista la possibilità di regolare la potenza di aspirazione, di controllare attraverso il piccolo video dell’aspiratore le cause di eventuali anomalie di funzionamento,
di dotare l’aspiratore di sistemi di auto-protezione per piccoli disturbi ambientali o di alimentazione, onde evitare fastidiosi arresti momentanei. Questo e altro che abbiamo ritenuto utile e che esporremo
di seguito è stato fatto con l’aiuto delle moderne tecnologie.
Le nuove tecnologie: costi e vantaggi
L’aggiornamento alle nuove tecnologie richiede tempi e costi elevati ma offre anche vantaggi d’immagine per l’azienda e vantaggi economici e funzionali che riguardano la gestione degli aspiratori e dei
compressori in studio. Vantaggi, questi ultimi, che certamente non
sfuggono al professionista attento. Ci spieghiamo con qualche
esempio.
• L’uso dell’inverter, abbinato a un programma specifico, offre la
possibilità di regolare la prevalenza di aspirazione che consigliamo:
massima per gli interventi chirurgici, media durante gli interventi di
preparazioni protesiche e minima quando l’uso dell’aspirazione si riduce all’aspira-saliva.
• Il programma regola in automatico la portata, aumentando o diminuendo la velocità di rotazione del gruppo aspirante in relazione alla richiesta.
• Durante gli interventi l’aspiratore potrebbe andare in sovra amperaggio per l’arrivo improvviso di un eccessivo quantitativo di liquido,
o in surriscaldamento per una momentanea ostruzione della ventilazione; in entrambi i casi il software adegua il funzionamento dell’aspiratore all’emergenza, segnala l’anomalia sul video dell’aspiratore, o sul computer (se collegato); terminata l’emergenza l’aspiratore
riprenderà automaticamente il funzionamento normale.
Abbiamo fatto tre esempi, per non dilungaci troppo; invitiamo comunque il lettore che desidera informarsi meglio sulle caratteristiche
della nostra produzione a visitare il nostro sito internet www.cattani.it
L’ecosostenibilità
Non completeremmo il nostro discorso se non accennassimo all’ecosostenibilità, cioè al risparmio di materie prime e al risparmio energetico, risultati che si ottengono soltanto attraverso l’applicazione delle
moderne tecnologie. Ci spieghiamo con l’aiuto di tre nuovi esempi.
Studio con due poltrone
Turbo-Jet 2 modular è un aspiratore a velocità fissa per due poltrone in aspirazione contemporanea, pesa 32 kg.
Micro-Smart è un aspiratore a velocità variabile per due poltrone in
aspirazione contemporanea, pesa 21,5 kg.
Il risparmio di materie prime che si ottiene con Micro-Smart nei confronti di Turbo-Jet 2 modular è di 10,5 kg.
Il risparmio energetico è di circa il 30%*.
Tale risparmio si realizza principalmente quando l’aspiratore è sotto
utilizzato. Il primo aspiratore, a velocità fissa, consuma sempre il
massimo; il secondo, a velocità variabile, consuma il massimo
quando entrambi gli operatori usano l’aspirazione con cannule
grandi, consuma la metà quando un solo operatore usa l’aspirazio-
ne, il consumo si riduce anche con cannule di aspirazione di piccolo diametro. Il consumo dell’aspiratore a velocità variabile dipende
dalla richiesta.
Studio con quattro poltrone
Turbo HP quattro è un aspiratore a velocità fissa per quattro poltrone in aspirazione contemporanea, pesa 58 kg e ha un consumo costante da 8,7 A a 9,5 A = (2,09 kW/h).
Turbo-Smart è un aspiratore a velocità variabile per quattro poltrone
in aspirazione contemporanea, pesa 23 kg e ha un consumo da 5,8
A a 6,20 A = (1,4 kW/h).
Con Turbo-Smart si ha un risparmio di 11 kg di materie prime e un
risparmio di energia elettrica di 0,690 kW/h*.
Ripetiamo il confronto con aspiratori più grandi
Un gruppo aspirante Uni-Jet 1000 a velocità fissa per 32 poltrone in
aspirazione contemporanea pesa 155 kg, con consumo costante di
13,5 kW/h.
Un gruppo aspirante Uni-Jet 500 a velocità variabile per 32 poltrone in aspirazione contemporanea pesa 88 kg, con consumo variabile da 5,7 kW/h a 13,5 kW/h.
Con il gruppo aspirante a velocità variabile si ha un risparmio di materie prime di 67 kg e un risparmio presunto di energia elettrica di
9,6 kW/h*.
Le nuove tecnologie consentono sempre di fare lo stesso lavoro con
motori molto più piccoli e i motori più piccoli consumano meno: c’è
quindi un significativo risparmio di materie prime e di energia elet-
trica. Ovviamente il risparmio aumenta con macchine di dimensioni
maggiori. Inoltre il risparmio di energia riguarda la gestione e si prolunga nel tempo.
Prescindendo comunque dagli interessi economici, ci siamo ormai
resi conto che la domanda umana delle risorse naturali è superiore
all’offerta. È perciò necessario ridurre i consumi. Diversamente, consumando più di quanto la natura riesca a riprodurre, erodiamo
quanto dovremmo lasciare alle future generazioni.
La nostra aspirazione è sempre stata quella di rendere un servizio
alla professione dentale, per la quale lavoriamo ormai da mezzo secolo. Con la produzione in oggetto, sfruttando le moderne tecnologie, siamo andati molto oltre, nella direzione di rendere un servizio
all’umanità e alle generazioni future in particolare.
Se le produzioni in argomento hanno avuto successo, il merito è di
tutti i componenti dell’azienda, che assieme hanno reso possibili la
ricerca e la produzione. Un riconoscimento particolare è dovuto ai
componenti del gruppo di ricerca.
Solo per chiarezza d’informazione, si precisa che l’autore del presente lavoro è estraneo al gruppo ricerca.
Augusto Cattani
*Il risparmio di energia elettrica è stato calcolato con precisione.
L’incertezza, e quindi l’uso dei termini “circa” e “risparmio presunto”,
derivano dalle probabilità di uso delle cannule di piccolo diametro;
pur pensando che il professionista usi per la maggior parte cannule
di piccolo diametro, abbiamo diviso il tempo al 50%.
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DENTAL MARKET
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DENTAL MARKET
Chirurgia
Diagnostica
Illuminazione
Imaging
RAY SET
IHEALTH
IRIS
X-MIND UNITY
Ray Set è un sistema per la
programmazione extraorale
del trattamento protesico
riabilitativo e della chirurgia.
Il protocollo si avvale di un
software dedicato, il Ray Set
Implant 3D, e di un hardwa-
re, il Ray Set Apparatus.
Si inizia con la costruzione
di una dima radiologica razionale per proseguire con
lo sviluppo, sul modello del
paziente, del trattamento
chirurgico virtuale, tramite
l’inserimento preventivo degli analoghi d’impianto, la
costruzione della dima chirurgica e del dispositivo protesico che potrà essere applicato per il carico immediato, nella stessa seduta chirurgica.
Tra i vantaggi del sistema vi
è sicuramente la possibilità
di costruire un dispositivo
diagnostico, la dima radiologica, che consente di valutare tridimensionalmente l’anatomia del supporto osseo.
Lo studio di fattibilità costituisce infatti il primo obiettivo diagnostico, che ci consentirà poi di scegliere la più
opportuna strategia chirurgica per quel determinato progetto protesico.
Grazie a Ray Set sarà poi
possibile procedere con una
simulazione informatica virtuale del trattamento chirurgico in rapporto al progetto
protesico rappresentato dalla ceratura diagnostica dalla
quale origina la stessa dima
radiologica. Lo sviluppo preventivo del progetto chirurgico sul modello con l’inserimento degli analoghi d’impianto e la costruzione della
dima chirurgica completano
la fase della programmazione dell’intervento.
Per informazioni:
Biaggini Medical Devices srl
Tel. 0187.509575
Fax 0187.599076
[email protected]
www.biaggini.it
Gima, azienda italiana che commercializza apparecchi e dispositivi medici, lancia iHealth, una linea
di prodotti tecnologici
per Apple e Android –
tutti wireless Bluetooth – per
rilevare e monitorare i parametri biologici, conservarli
automaticamente in archivio
e condividerli con semplicità
con altri specialisti.
iHealth di fatto trasforma
smartphone e tablet in una
stazione diagnostica avanzata, economica e facile da
usare. A disposizione di medici e pazienti c’è il misuratore di pressione da braccio
e da polso, il glucometro
(che genera grafici personalizzati per il livello di gluco-
sio e insulina) e la bilancia
wi-fi (oltre al peso rileva
body fat, massa muscolare,
massa ossea, massa fibre,
acqua nel corpo, calorie
giornaliere, Bmi e grasso viscerale).
Tutti questi prodotti sono
certificati CE e FDA.
Per informazioni:
Gima spa
Tel 02.9538541
Fax 02.95381167
www.gimaitaly.com
Italian Dental Journal
Anno VIII - numero 6 - maggio 2013
Mensile di attualità, informazione, cultura
Organo Ufficiale Smom onlus - Solidarietà Medico Odontoiatrica nel Mondo
Direttore responsabile
Paolo Pegoraro [email protected]
Redazione
Andrea Peren [email protected]
Rachele Villa [email protected]
Segreteria di redazione e traffico
Maria Camillo [email protected]
Tel. 031.789085 - Fax 031.6853110
Grafica e impaginazione
Marco Redaelli - www.creativastudio.eu
Hanno collaborato in questo numero: Paolo Brunamonti Binello,
Viviana Cortesi Ardizzone, Aldo Crespi, Francesco Frova, Mauro
Labanca, Giovanni Lodi, Giorgio Perini, Giampiero Pilat, Luigi F.
Rodella, Renato Torlaschi, Elena Varoni
PUBBLICITÀ
Direttore commerciale
Giuseppe Roccucci [email protected]
Iris, seconda generazione di
lampada a Led con caratteristiche multifunzionali, combina una tecnologia a luce Led
diretta con una videocamera
ad alta risoluzione (Full HD)
per uso professionale. Lenti
speciali, sviluppate e prodotte da Gcomm, in combinazione con 8 Led bianchi, caldi e
freddi, garantiscono un pattern regolare e una distribuzione uniforme dell’illuminazione.
Iris dispone di un’applicazione per iPad (scaricabile da
App Store) per la completa
gestione Wi-FI di tutte le funzionalità della lampada; ad
esempio: la regolazione della
temperatura colore (4.200 6.000 K), la regolazione dell’intensità luminosa (8.000 35.000 lux) così come la pos-
sibilità di eseguire Zoom In e
Zoom Out (30x ottico). Tutto
questo dal proprio iPad semplicemente scaricando l’applicazione “My Light”.
I particolari dell’intervento o
del trattamento potranno essere seguiti su un Monitor
Full HD.
Infine l’ergonomia di Iris migliora la postura dell’utilizzatore evitando l’affaticamento
vertebrale, a beneficio anche
dell’attenzione e della concentrazione del professionista.
Per informazioni:
G.Comm srl
Tel. 039.6060420
www.gcomm-online.com
[email protected]
www.facebook.com/gcommsrl
Direttore vendite
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Vendite
Sergio Hefti (Agente) [email protected]
Manuela Pavan (Agente) [email protected]
EDITORE: Griffin srl
P.zza Castello 5/E - 22060 Carimate (Co)
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Implantologia
BT-TITE ACTIVE
Testata volontariamente sottoposta a certificazione di tiratura e diffusione in conformità al
REGOLAMENTO CSST
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Periodicità: mensile
Tiratura media: 17.000 Diffusione media: 16.880
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di autodisciplina pubblicitaria. Dichiara altresì di accettare la competenza e le decisioni del Comitato di
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anche in ordine alla loro eventuale pubblicazione.
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(conv. In L.27/02/2004 n.46) art 1 comma 1, DCB Milano Taxe Perçue
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In base alle norme sulla pubblicità l’editore non è tenuto al controllo dei messaggi ospitati negli spazi a
pagamento. Gli inserzionisti rispondono in proprio per quanto contenuto nei testi.
La nuova linea implantare BTTite Active è l'ultima nata in casa BTLock. Oltre a presentare
l'originale e brevettata connessione triangolare che assicura
durata al manufatto e impermeabilità a liquidi e batteri,
questa nuova linea unisce e
perfeziona le due migliori caratteristiche delle linee CV2 e
CV3: la parte terminale del colletto, a taglio di macchina, garantisce un perfetto serraggio
tra impianto e moncone, mentre il design aggressivo della
fixture, caratterizzata da scanalature longitudinali autofilettanti e antirotazionali e la su-
perficie altamente osteointegrante, ottimizza la stabilità primaria, dando vita a un dispositivo preciso e performante,
adatto in caso di osso debole
su mascellare superiore.
La linea Active è disponibile in
quattro diametri (3.30, 3.75,
4.50, e 5.50 mm) e cinque lunghezze (8, 10, 11.5, 13 e 16
mm) più le misure short (5.5
mm e 6.5 mm) per i diametri
3.75, 4.50 e 5.50 mm, per i casi di gravi atrofie ossee. Per
tutti gli impianti è disponibile la
componentistica protesica tradizionale completa di monconi
calcinabili, in titanio, in zirconio, con Ucla in oro e passivi
Mua per la tecnica all on four e
all on six.
Per informazioni:
BTLock International srl
Tel. 0444.492609
Fax 0444.497647
www.btlock.com
[email protected]
deGotzen srl, azienda del
gruppo Acteon e produttrice
dell’ormai apprezzatissimo
radiografico X-Genus, ha sviluppato X-Mind Unity, un
nuovo radiografico intraorale
che si distingue, oltre che per
il design, per le funzionalità
tecnologiche avanzate che
gli consentono di acquisire
immagini nitide e contrastate
grazie a una macchia focale
da 0,4 mm e all’utilizzo di generatori di raggi X di ultima
generazione.
X-Mind Unity è pre-cablato
per consentire l’integrazione
del sensore digitale Sopix.
Sarà così possibile connettere il sensore all’X-Mind Unity
durante l’installazione oppure in un secondo momento.
La modalità Sopix Inside
consente l’integrazione senza alcun cavo visibile: il sensore può essere connesso
all’X-Mind Unity senza sforzi,
senza assistenza tecnica e in
meno di un minuto, in modalità plug&play.
Grazie alla tecnologia Ace, le
immagini sovraesposte vengono eliminate: il sensore
Sopix utilizza solo la quantità
di radiazioni ottimale e necessaria per ottenere un’immagine di qualità. In questo
modo il paziente sarà sottoposto alla sola dose necessaria, valutata sulla base della sua morfologia dentale. La
dose ricevuta dal paziente
dopo ogni singola esposizione appare sul display del timer e, con Sopix Inside, viene inoltre registrata in un apposito file-paziente garantendone la tracciabilità.
Il nuovo X-Mind Unity viene
presentato in esclusiva in
questi giorni durante la
56esima edizione del congresso degli Amici di Brugg
(Rimini, 23-25 maggio). Lo
stand del gruppo Acteon è il
numero 55 del padiglione A7,
corsia 2.
Per informazioni:
Acteon-deGotzen
[email protected]
Tel. 0331.376760
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DENTAL MARKET
Igiene Professionale
Terapia fotodinamica
CLEANJOY
SISTEMA HELBO
CleanJoy è la nuova pasta di
pulizia e lucidatura professionale per trattamenti di profilassi. Questa pasta è indicata per
la rimozione della placca e per
eliminare le macchie estrinseche causate per esempio da
tè, caffè o tabacco. CleanJoy si
può utilizzare anche per la pulizia e lucidatura delle superfici
dei denti e dei restauri nel corso di una seduta di igiene professionale. Inoltre, CleanJoy
può essere utilizzata prima dell’applicazione di gel sbiancante
o dopo la rimozione di dispositivi ortodontici. Prima della cementazione definitiva di restauri indiretti, i residui di cemento
provvisorio possono essere rimossi efficacemente con
CleanJoy.
CleanJoy è disponibile in tre
gradi di pulizia, permettendo
così al dentista di scegliere la
versione più adatta al singolo
caso clinico, in base al grado di
contaminazione
presente.
Grazie al codice colore utilizzato per identificare i tubetti, si
assicura l’applicazione corretta, senza pericolo di confondere i prodotti (colore rosso = pulizia di grado elevato, colore
giallo = pulizia di grado medio,
colore verde = pasta da lucidatura).
CleanJoy contiene 700 ppm di
fluoro e quindi aiuta a remineralizzare e rafforzare il tessuto
duro dentale naturale.
Il prodotto è facile da utilizzare
e può essere applicata con
qualunque coppetta o piccolo
spazzolino disponibile sul mercato. La quantità necessaria di
pasta viene dispensata su un
blocco di miscelazione, prelevata con lo strumento di pulizia
prescelto e applicata sulla superficie dentale da trattare con
una velocità di rotazione corretta e una lieve pressione.
Infine, le aree pulite vengono
sciacquate accuratamente con
acqua e il materiale in eccesso
viene aspirato.
Il trattamento con la pasta di
pulizia rossa o gialla viene
sempre seguito dall’applicazione finale di pasta da lucidatura
per lisciare le superfici pulite ed
evitare che le particelle aderiscano nuovamente. Questa
procedura è raccomandata anche dopo l’utilizzo di dispositivi
di pulizia ad aria.
Per informazioni:
Voco GmbH
www.voco.it
Le infezioni batteriche del cavo
orale rappresentano una delle
maggiori sfide per l’odontoiatria. In particolare le malattie
parodontali sono in forte ascesa e recenti pubblicazioni affermano che queste colpiscono
oltre il 60% della popolazione.
Contro malattie come la parodontite, la perimplantite, l’endodontite, la carie, la pulpite e le
complicanze da guarigione
(per esempio a seguito di interventi chirurgici), oltre ai metodi
tradizionali di trattamento, è
possibile affidarsi alla terapia
fotodinamica antimicrobica.
Questa terapia combatte i batteri patogeni, accelera il processo di guarigione delle malattie e lenisce il dolore. La terapia fotodinamica trova inoltre
50
applicazione nell’implantologia
post-estrattiva e nella chirurgia
ricostruttiva per la decontaminazione dei siti riceventi.
La terapia fotodinamica antimicrobica è facilmente attuabile
in studio con il sistema Helbo di
Bredent Medical.
Molti studi e più di 50 pubblicazioni scientifiche confermano
l'efficacia di questa terapia, che
si basa sulla colorazione della
membrana batterica per mezzo di molecole coloranti fotosensibili con il fotosensibilizzatore HelboBlue.
Le molecole si diffondono nel
biofilm e vengono successivamente attivate dalla luce del laser. Trasferiscono la loro energia all’ossigeno presente a livello locale, producendo in tal
modo ossigeno singoletto altamente aggressivo, che in un
minuto distrugge il 99% dei
batteri presenti nel biofilm.
Per informazioni:
Bredent srl - Tel. 0471.469576
www.helbo.de/it
www.bredent.it
Zero, la nuova collezione
Grande l'interesse per Zero, il gruppo igiene Dental Art divenuto ormai un'icona nel mondo del dentale e non solo.
Con il suo sorprendente design e l’originale concezione
dello spazio, Zero ha rivoluzionato il concetto di igiene, fin
dalla creazione. E da allora non smette più di stupire.
La nuova collezione, appena presentata alla fiera di
Colonia, permette di scegliere tra nuovi colori e decori che
rendono il gruppo igiene ancora più fashion e d'impatto.
Gli originali motivi a forma di curva della collezione
Curves, lo arricchiscono di un effetto piacevole e contemporaneo.
Ma non è tutto. Da oggi Zero strizza l'occhio anche al
mondo dei bambini con quattro nuove grafiche, colorate e
allegre, che vedono protagonisti simpatici animali e personaggi della fantasia. Il risultato è unico: piace agli adulti e fa impazzire i più piccoli.
Zero, però, oltre ad essere un bell'oggetto, è testimonial
della qualità Dental Art, azienda vicentina che da quarant'anni progetta e costruisce mobili e arredi per il settore dentale, unendo design e qualità. La tecnologia touch
integrata, che consente di aprire e chiudere Zero con un
semplice tocco, ne è l'espressione.?L'innovativo sistema
di apertura a quarti e a mezzaluna e la chiusura temporizzata dopo 10 secondi consentono di tenere lontana la polvere e di avere tutto protetto e a portata di mano, assicurando al contempo grande praticità e massima igiene.
Per informazioni:
www.dental-art.it/prodotti/zero