Impatto ambientale nella produzione e uso del bitume stradale

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Impatto ambientale nella produzione e uso del bitume stradale
Impatto ambientale nella produzione
e uso del bitume stradale
Environmental impact of road bitumen use and production
A cura del SITEB
Riassunto
Nell’articolo, tratto dallo studio Bitume & Asfalto. Stato dell’arte in rapporto all’esposizione professionale e all’impatto
ambientale, prodotto per il SITEB, dal Prof. Marco Scarsella dell’Università di Roma “La Sapienza”, vengono analizzate tutte le possibili vie di dispersione nell’ambiente dei principali inquinanti che interessano il bitume stradale.
Il contribuito alle emissioni fornito dal bitume appare relativamente basso, sempre che, ovviamente, vi sia una corretta gestione di tale materiale, soprattutto relativamente alla sua temperatura di stoccaggio e di miscelazione durante la preparazione del conglomerato.
Summary
The aim of this article, taken from the study Bitume & Asfalto. Stato dell’arte in rapporto all’esposizione professionale e all’impatto ambientale, carried out for SITEB by Prof. Marco Scarsella of the University of Rome “La Sapienza”, is to evaluate all possible environmental impacts of the main polluting agents related to the use of bitumen, in
order to assess the connected risks for the environment and workers health .
The contribution of the bitumen to the environmental impact is quite low and its use is safe, providing that the good
practices are respected during production and laying of the asphalt mixture.
1. Il rilascio di inquinanti
Mentre numerosissimi sono gli studi epidemiologici e le ricerche di laboratorio attualmente disponibili in letteratura relativamente all’esposizione professionale al bitume,
e in particolare ai suoi fumi, relativamente pochi sono i lavori scientifici e le indagini riguardanti il rischio di impatto ambientale e di esposizione non professionale connessi con il rilascio di inquinanti da durante l’uso del bitume.
Gli inquinanti generalmente considerati sono quelli tipicamente monitorati per le attività industriali:
® Polveri sottili (PM, dall’inglese Particulate Matter).
Vengono distinte in PM10 e PM2,5. Con PM10 (polveri
inalabili) viene definito il particolato formato da particelle inferiori a 10 µm, di cui le polveri sottili PM2,5
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(polveri toraciche) rappresentano le particelle con diametro inferiore a 2,5 µm. Tale
distinzione riflette la
differente capacità
del particolato di
raggiungere le diverse parti dell’apparato respiratorio
in funzione delle
sue dimensioni: le
particelle di diametro compreso
tra 10 µm e 2,5 µm
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IMPATTO AMBIENTALE NELLA PRODUZIONE E USO DEL BITUME STRADALE
sono in grado di penetrare nell’apparato respiratorio dalle cavità nasali fino ai bronchioli, mentre quelle di diametro inferiore a 2,5 µm possono penetrare
più profondamente nei polmoni fino agli alveoli.
® Composti organici volatili (VOC). Secondo la Direttiva Europea 2004/42/CE (21 Aprile 2004) vengono definiti Composti Organici Volatili quei composti organici che presentano un punto di ebollizione inferiore o uguale a 250 °C alla pressione standard di 101,3
kPa. Una definizione alternativa, spesso utilizzata nelle normative internazionali (ad esempio Direttiva EC
1999/13/EC) definisce i VOC come quei composti organici che presentano a 293,15 K (20°C) una tensione di vapore maggiore o uguale a 0,01 kPa. I VOC
comprendono numerose classi di sostanze organiche
dalle caratteristiche chimico-fisiche differenti, generalmente liquide a temperatura ambiente e caratterizzate da un punto di ebollizione compreso tra circa 50 e 250 °C alla pressione di 1 atm. Il termine “volatile” indica la tendenza di tali sostanze chimiche ad
evaporare a temperatura ambiente. I composti che
rientrano in questa categoria sono più di 300. Tra i
più noti sono gli idrocarburi alifatici (dal n-esano al
n-esadecano, metilesani, ecc.), i terpeni, gli idrocarburi aromatici (benzene e derivati: toluene, xileni, stirene), gli idrocarburi alogenati (cloroformio, diclorometano, clorobenzeni, ecc.), gli alcoli (etanolo, propanolo, butanolo e derivati), gli esteri, i chetoni, e le
aldeidi (tra cui la formaldeide).
® Idrocarburi policiclici aromatici (IPA). Composti organici la cui struttura principale è costituita da due
o più anelli benzenici condensati. A causa della loro
scarsa volatilità non vengono considerati come facenti parte dei VOC (tranne eventualmente il naftalene), e vengono classificati come composti organici
semi volatili (SVOC).
® Ossidi di azoto (NOx).
® Ossidi di zolfo (SOx).
® Ossido di carbonio (CO).
Come si nota, ad esclusione degli IPA, si tratta di inquinanti
atmosferici la cui fonte di emissione, relativamente al bitume, può essere sostanzialmente identificata con gli impianti di produzione di conglomerato. A conferma di questo non risultano presenti in letteratura studi specifici sulle emissioni di inquinanti atmosferici da manti stradali, se
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si prescinde da quelli relativi al rilascio di particolato generato dalla frizione tra pneumatico e manto stradale.
Più complesso è il discorso relativamente agli IPA.
L’interrogativo centrale, a tal riguardo, è se il bitume
debba essere considerato una sorgente antropogenica
di IPA, seppur di importanza secondaria rispetto a quelle che attualmente vengono riconosciute come sorgenti antropogeniche principali di tali inquinanti, come ad
esempio: la combustione di combustibili fossili e di biomasse, i gas esausti del traffico veicolare, la gassificazione del carbone, le emissioni dei forni a coke, i processi di estrazione dell’alluminio, ecc..
Gli IPA sono composti solidi a temperatura ambiente e
presentano punti di ebollizione e di fusione relativamente elevati; la loro tensione di vapore è generalmente bassa ed inversamente proporzionale al numero di anelli aromatici. Di conseguenza, tra gli idrocarburi policiclici aromatici il naftalene è il più volatile, con
una tensione di vapore pari a 10,9 ×10-5 bar a temperatura ambiente, mentre il benzo[a]pirene è uno dei
meno volatili presentando una tensione di vapore pari
a 8,4x10-12 bar a temperatura ambiente.
Gli IPA presentano bassissima solubilità in acqua e la solubilità diminuisce all’aumentare del peso molecolare.
Al contrario, questi inquinanti sono lipofili e gli alti valori del coefficiente di ripartizione acqua/n-ottanolo (indicato come Kow) suggeriscono una capacità di bioaccumulazione di tali composti nei tessuti lipidici degli organismi (v. Tab. 1).
Come microinquinanti organici ambientali gli IPA si riscontrano nell’aria sia in forma gassosa che nel particolato.
Gli IPA contenenti due o tre anelli aromatici permangono principalmente in forma gassosa quando vengono immessi nell’atmosfera e di solito, nel giro di 24 ore
vengono degradati attraverso una sequenza di reazioni radicaliche che hanno inizio con la addizione di un
radicale ossidrile OH·.
Gli IPA con 4 o più anelli, al contrario, tendono a venire adsorbiti su particelle di particolato, per la maggior
parte di diametro compreso tra 0,1 e 3 µm.
Gli IPA adsorbiti sulle particelle raggiungono quindi il
suolo o i bacini acquiferi attraverso “dry deposition”
(precipitazione gravitazionale, diffusione) o “wet deposition” (neve, nebbia, pioggia), mentre gli IPA presenti in atmosfera in fase gassosa, nella zona di inter-
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faccia aria/acqua si ripartiscono tra le due fasi secondo
il coefficiente di trasferimento aria/acqua.
Data la loro scarsa solubilità in acqua, gli IPA si trovano, nell’ambiente acquatico, fondamentalmente nei sedimenti.
Questo aspetto ha una duplice natura: se da un alto gli IPA
vengono immobilizzati, dall’altro il loro accumulo costituisce una riserva che, tramite un continuo e lento rilascio, determina la presenza di IPA nelle acque, anche se in concentrazioni molto basse, consentendone così il trasporto e
la distribuzione uniforme. Nell’acqua potabile, il livello rappresentativo degli IPA ammonta a pochi µg/l.
Sulla base di quanto esposto, le potenziali vie di dispersione nell’ambiente degli IPA e degli altri inquinanti riportati che interessano il bitume (e che verranno di
seguito singolarmente analizzate) sono le seguenti:
® emissioni atmosferiche dagli impianti di produzione
del conglomerato ad alte temperature (hot mix);
® emissioni atmosferiche dai manti stradali per evaporazione e/o sublimazione;
® rilascio di IPA dalle pavimentazioni stradali attraverso percolazione delle acque atmosferiche (leaching);
® rilascio di particolato generato dalla frizione tra
pneumatico e manto stradale.
2. Emissioni atmosferiche dagli impianti di produzione del conglomerato ad
alta temperatura (hot mix asphalt)
Con il termine “hot mix asphalt” (HMA) si definisce la
miscela, prodotta a circa 150-160 °C, di materiale litico
e bitume in quantità appropriate alla specifica applicazione in campo stradale. L’HMA si distingue dal “warm
mix asphalt”, nella preparazione del quale l’uso di speciali tecniche e di opportuni additivi permette di ridurre la temperatura di produzione a valori compresi tra
100 e 140 °C. Gli impianti per la produzione di HMA posso essere stazionari o mobili; sulla base del processo di
mescolamento possono essere distinti in continui (drum
mix plants) e discontinui (batch mix plants). Negli impianti continui un tamburo essiccante provvede sia all’essiccamento dell’aggregato che al suo mescolamento con il bitume, mentre negli impianti discontinui
l’aggregato viene prima essiccato e quindi trasferito in
un miscelatore dove viene mescolato con il bitume. In
entrambi i casi l’HMA prodotto viene stoccato in un silo per il successivo carico su automezzi e trasporto sui
siti di applicazione.
In Europa, nel 2007 sono stati prodotti
Tab.1 Parametri chimico-fisici di interesse per la valutazione dell’impatto ambientale
complessivamente circa 343 milioni di
degli IPA
tonnellate di HMA, di cui 35,1 milioni in
Tensione di vapore Solubilità in acqua
logKow
Italia. Sempre nel 2007, erano presenti
(Pa, 25°C)
(millimoli/L)
(25°C)
in Italia 650 impianti stazionari e 10 im-1
pianti mobili.
Naftalene
10.9
2,4x10
-4
-4
Nonostante il crescente interesse legaAntracene
7,5x10
3,7x10
4,54
-2
-3
to all’impatto ambientale delle attività
Fenantrene
1,8x10
7,2x10
4,57
-1
-2
industriali, non molti sono gli studi reAcenaftene
5,96x10
2,9x10
3,92
lativi alle emissioni degli impianti di proAcenaftilene
-2
-2
duzione di HMA; il più completo ed
Fluorene
8,86x10
1,2x10
4,18
-1
-3
esaustivo resta certamente il rapporto
Fluorantene
2,54x10
1,3x10
-7
-5
Crisene
5,7x10
1,3x10
5,86
dell’EPA (U.S. Environmental Protection
-4
-4
Pirene
8,86x10
7,2x10
5,18
Agency) pubblicato nel 2000.
-6
-5
Benzo[a]antracene
7,3x10
1,3x10
5,91
In tale rapporto relativo agli USA, sulla
-7
-5
Benzo[a]pirene
8,4x10
1,5x10
6,04
base di circa 400 documenti relativi alle
-10
-6
Dibenzo[a,h]antracene
3,7x10
1,8x10
6,75
emissioni di impianti di produzione di
Benzo[e]pirene
HMA, vengono stimate le emissione anBenzo[k]fluorantene
nuali per tipici impianti continui con
Benzo[b]fluorantene
una produzione pari a 200.000 tonnelIndeno[1,2,3cd]pirene
6,584
late annue e impianti continui con una
-8
-5
Benzo[g,h,i]perilene
6x10
2x10
produzione pari a 100.000 tonnellate
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IMPATTO AMBIENTALE NELLA PRODUZIONE E USO DEL BITUME STRADALE
annue. Vengono inoltre valutati i singoli contributi all’essiccamento e precedenti il mescolamento con il bitule emissioni totali, considerando sia le sorgenti mobili
me, cioè nelle fasi di vaglio e di eventuale frantumazio(i gas di scarico dei motori diesel degli autoveicoli che
ne del materiale litico e nel trasferimento al miscelatore.
operano nel sito di produzione), sia le diverse sezioni
Dall’analisi di quanto trattenuto dai sistemi preposti aldell’impianto: in particolare la sezione essiccamento del
la captazione delle polveri e presenti in tali tipologie di
materiale lapideo e mescolamento, la sezione di stocimpianto risulta la presenza, oltre che di polveri aggrecaggio dell’HMA e del bitume utilizzato per produrlo,
gate, di tracce di VOC e di un aerosol creato dalla connonché le operazioni di carico e scarico dell’HMA al e
densazione di vapori organici provenienti principaldal silo di stoccaggio.
mente dalla sezione di mescolamento. QuantitativaNel rapporto in oggetto le emissioni di inquinanti assomente tali emissioni sotto forma di aerosol dipendeciate agli impianti di produzione di HMA includono olranno, ovviamente, dalla temperatura a cui il processo
tre agli inquinanti riportati (polveri sottili PM10, VOC,
di mescolamento viene realizzato.
NOx, SO2, CO, IPA) anche i metalli pesanti (hazardous air
In Tab. 2 vengono riportati i valori stimati per le emispollutant metals) la cui concentrazione totale nelle emissioni totali degli inquinanti in oggetto (esclusi gli IPA)
sioni (total metal HAP) è definita come la somma delle
di due tipici impianti continui e discontinui.
concentrazioni di antimonio, arsenico,
Tab.2 Emissioni totali per tipici impianti discontinui e continui
berillio, cadmio, cromo, cobalto, manganese, mercurio, nichel, piombo e selenio,
impianti discontinui
impianti continui
misurate secondo la procedura prescritgas naturale
gasolio
gas naturale
gasolio
ta dalla U.S. Environmental Protection
PM10 (g/ton HMA)
48,5
48,5
70,3
70,3
Agency, EPA Method 29 (40 CFR, ProtecVOC (g/ton HMA)
6,8
6,8
22,7
22,7
tion of Environment, Ch. I [7-1-05 EdiNOx (g/ton HMA)
13,2
56,3
13,2
27,2
tion], Part 60, Appendix A-8). Dai dati riSO2 (g/ton HMA)
2,2
39,9
1,6
5,0
portati, all’interno degli impianti di proCO (g/ton HMA)
185,9
185,9
63,5
63,5
duzione di HMA la sorgente di emissioMetalli (mg/ton HMA)
6,4
6,4
36,5
43,0
ni più significativa appare la sezione di
essiccamento del materiale lapideo. Le
emissioni di tale sezione comprendono i prodotti di comPer quanto specificatamente riguarda gli IPA, dalle stibustione completa (NOx, SO2, CO2 e acqua) e incompleme riportate per gli impianti USA emergono le seguenti
ta (VOC, CO, SVOC) del combustibile utilizzato per il rievidenze:
® le emissioni totali di IPA risultano estremamente difscaldamento (che dipenderanno, quindi, dal tipo di comferenti per le due tipologie di impianto. I valori norbustibile, se gasolio o gas naturale) e polveri sottili PM10
sostanzialmente provenienti dal materiale litico.
malizzati risultano pari rispettivamente a circa 58,5
In particolare nel caso degli impianti continui, dalla semg IPA/tonnellata di HMA per gli impianti discontizione di essiccamento e mescolamento le emissioni non
nui e compresi tra 112,5 e 427,5 mg IPA/tonnellata di
imputabili alla combustione possono comprendere picHMA per gli impianti continui.
® Per entrambe le tipologie di impianto il contributo
cole quantità di VOC e di IPA provenienti dal bitume e,
maggiore alle emissioni di IPA è imputabile alla senel caso venga utilizzato asfalto riciclato, principalzione di essiccamento del materiale lapideo e di memente dai residui organici in esso contenuti. In tali imscolamento (circa l’84 % per gli impianti discontinui
pianti la sezione di essiccamento del materiale lapideo
e dal 74 al 92 % circa per gli impianti continui).
e mescolamento con il bitume costituisce la sorgente
® Le operazioni di carico e scarico dell’HMA al e dal serdella quasi totalità delle emissioni di PM10, che risultano di scarsissima rilevanza nelle sezioni successive.
batoio di stoccaggio, valutate per gli impianti contiNegli impianti discontinui, al contrario, vi è un contribunui, contribuiscono dal 19,6 al 5,2 % circa alle emisto alle emissioni totali di PM10 nelle sezioni successive alsioni di IPA totali.
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® Il contributo dovuto allo stoccaggio del bitume è pari a circa 0,9 % per gli impianti discontinui e variabile da 0,2 a 0,06 % circa per gli impianti continui.
La variabilità dei valori relativi alle emissioni di IPA degli
impianti continui sono correlate al combustibile (gas naturale o olio combustibile, rispettivamente per i valori più
bassi e più alti riportati) utilizzato per il riscaldamento
della sezione di essiccamento del materiale lapideo e di
mescolamento; ovviamente, in funzione del tipo di combustibile utilizzato in tale sezione varierà, di conseguenza, il peso percentuale delle altre fonti di emissione.
Tale dipendenza dal combustibile utilizzato non si riscontra, invece, nel caso degli impianti discontinui, in
cui i valori di emissione di IPA stimati per tale sezione
dell’impianto sono i medesimi sia utilizzando gas naturale che olio combustibile.
A parità di combustibile utilizzato, quindi, dalle stime
riportate si evince che le emissioni di IPA da un impianto discontinuo a gas naturale sono pari al 52% delle
emissioni di IPA di un corrispondente impianto continuo a gas naturale. Nel caso di utilizzazione di olio combustibile le emissioni stimate di IPA di un impianto discontinuo saranno pari a circa il 14% delle emissioni di
IPA di un analogo impianto continuo.
Nell’ambito dei fattori di emissione sviluppati dall’EPA
e aggiornati nel 2004 per gli impianti di produzione di
HMA, per gli IPA totali (rappresentati in questo caso dalla sommatoria dei 16 idrocarburi policiclici aromatici
considerati inquinanti prioritari dall’EPA: 16 EPA PAH),
vengono riportati i seguenti valori:
Fattori di emissioni più elevati, pari a 139 mg IPA/ton HMA,
sono riportati come valori medi per 6 impianti discontinui
in uno studio svolto a Taiwan da Lee et al. Il medesimo studio riporta anche i valori (con alte deviazioni standard relative) di concentrazione totale degli IPA nelle emissioni al
camino delle singole sezioni dell’impianto, pari rispettivamente a 354 µg/Nm3 per la sezione di mescolamento, 107
µg/Nm3 per la sezione di carico e 83,7 µg/Nm3 per la sezione di preriscaldamento. Gli autori suggeriscono che la
maggior parte degli IPA siano originati dal combustibile
utilizzato (olio combustibile).I soli dati disponibili relativi
a un campionamento non in-situ sembrano quelli di uno
studio volto a determinare la composizione organica di
particolato atmosferico campionato presso la Bab-Ezzouar
University (Algeri), a circa 200 metri da un non meglio identificato “grande impianto per la produzione di asfalto”. In
questo lavoro vengono riportate concentrazioni di IPA e
nitroderivati comprese tra 44 e 100 µg/m3. Pur non escludendo il contributo di emissioni biogeniche, gli autori considerano l’impianto in oggetto come la più probabile fonte di emissione di tali inquinanti.
È evidente, anche in questo caso, la dipendenza delle
emissioni di IPA dal combustibile utilizzato nell’impianto
e la notevole differenza del livello di emissioni, a parità
di combustibile utilizzato, tra le due tipologie di impianto. I fattori di emissione sono perfettamente in linea con
i valori stimati per la sezione di essiccamento del materiale lapideo e di mescolamento già riportati.
4. Rilascio di IPA dalle pavimentazioni
stradali attraverso percolazione delle acque meteoriche (leaching)
3. Emissioni atmosferiche dai manti stradali per evaporazione e/o sublimazione
Non sono attualmente disponibili dati relativi alla emissione di inquinanti atmosferici dai manti stradali per
semplice evaporazione, né relativi alla potenziale sublimazione a temperatura ambiente di IPA dal bitume
presente nei manti stradali. In particolaTab.3 Fattori di emissione di IPA per tipici impianti discontinui e continui
re quest’ultimo fenomeno appare comunque improbabile, alla luce delle caimpianti discontinui
impianti continui
ratteristiche chimico-fisiche di questi
gas naturale
gasolio
gas naturale
gasolio
composti, della matrice complessa in cui
Fattore di emissione
49,5
49,5
85,5
396
essi sono contenuti e dell’intervallo di
(mg IPA/ton HMA)
temperatura considerato.
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Nell’ultimo decennio sono stati pubblicati svariati studi
relativi al potenziale rilascio di IPA dai manti stradali per
dilavamento e percolazione delle acque meteoriche, e
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IMPATTO AMBIENTALE NELLA PRODUZIONE E USO DEL BITUME STRADALE
alla eventuale conseguente contaminazione da IPA delle acque superficiali.
In tali studi le concentrazioni di IPA riscontrate nel percolato sono risultate inferiori ai limiti previsti per le acque
superficiali dalle normative di molte nazioni europee e
notevolmente al di sotto dei limiti stabiliti dall’Unione Europea per l’acqua potabile (0,01 µg/l per il benzo[a]pirene
e 0,1µg/l per la somma di benzo[b]fluorantene, benzo[k]fluorantene, benzo[g,h,i]perilene e indeno[1,2,3cd]pirene).
Più specificatamente, per quanto riguarda il potenziale rilascio di IPA per dilavamento delle pavimentazioni
stradali, le analisi eseguite in alcuni studi su campioni
di acque di percolazione da manti stradali non permettono di distinguere tra gli inquinanti eventualmente rilasciati dal bitume e quelli invece provenienti dai gas
esausti del traffico veicolare e dalle microparticelle di
pneumatico generate dal contatto tra battistrada e pavimentazione stradale, che saranno oggetto di analisi
nel successivo paragrafo.
Per una valutazione specifica del potenziale rilascio di
IPA dal bitume presente nel manto stradale sono stati
quindi svolti studi di laboratorio su campioni di bitume,
consistenti in prove di percolazione e successiva analisi
del percolato secondo procedure standardizzate.
Nel loro studio del 2001, Brandt & DeGroot attraverso
test di rilascio in condizioni statiche (Static Migration
Test, Dutch Norm NEN 7345) e in condizioni dinamiche
(185CEN/TC292, European Centre for Normalisation,
1999) hanno valutato il potenziale rilascio di IPA in nove bitumi differenti.
I risultati mostrano il raggiungimento di condizioni stazionarie in 4-9 giorni, con la presenza nelle soluzioni ottenute, prevalentemente di naftalene (da 0,9 a 371 µg/l)
e fenantrene (da 2,9 a 182 µg/l). Tali livelli, ben al di sotto dei limiti europei per le acque di superficie, non sono stati considerati tali da costituire un fattore di rischio
per gli ambienti acquatici.
Nel 2002 Kriech et al hanno pubblicato uno studio di laboratorio condotto su 10 campioni di bitume (6 da pavimentazioni stradali e 4 usati nella impermeabilizzazione
dei tetti) utilizzando il metodo US EPA SW846-1311 (Toxic Characteristic Leachability Procedure, TCLP), analizzando nei percolati ottenuti la presenza dei 29 principali IPA (mediante analisi GC/MS, US EPA SW846-8270B).
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I risultati ottenuti mostrano assenza di tutti gli IPA ricercati (valori al di sotto della soglia di rilevamento) per
i percolati ottenuti dai 4 campioni di bitume per uso
nella impermeabilizzazione dei tetti, mentre nei percolati di 2 dei 6 bitumi da pavimentazioni stradali risultavano presenti quantità rilevabili di naftalene e fenantrene, inferiori comunque al limite previsto per le
acque potabili negli USA (0,15 µg/l).
Già in precedenza lo stesso autore, utilizzando il medesimo metodo US EPA SW846-1311, aveva condotto
uno studio su campioni di HMA. Nei percolati, ad eccezione del naftalene (250 ÷ 310 µg/l), tutti gli altri IPA risultavano al di sotto del limite di rilevamento, compreso tra 194 µg/l per IPA contenenti due anelli aromatici
e 20 µg/l per gli IPA con un numero superiore di anelli
aromatici (da 3 a 6).
In un lavoro più recente è stato analizzato il rilascio di
IPA da quattro campioni di HMA mediante test in condizioni statiche (Static Migration Test, Dutch Norm NEN
7345) e test in colonna (rapporto corrispondente liquido/solido pari a 100 l/Kg).
I risultati forniscono evidenze che il rilascio di IPA è controllato dalla diffusione. Il modello elaborato su tali dati indica che in 25 anni soltanto una minima parte degli IPA contenuti nell’HMA viene rilasciato (da 0,004 a
1,1% per cinque tra i principali IPA), corrispondente a
0,5 mg/m2 di superficie asfaltata a contatto con l’acqua.
Sulla base dei dati e delle analisi riportate gli autori ritengono molto improbabile che il rilascio di IPA dal
manto stradale fornisca un contributo sostanziale ai livelli di tali inquinanti presenti nei terreni circostanti.
Per quanto infine riguarda l’asfalto riciclato, Brantley &
Townsend riportano prove di percolazione standard
(batch e in colonna) eseguite su campioni prelevati in
impianti della Florida.
Nei percolati ottenuti tutti i 16 IPA inquinanti prioritari sono risultati al di sotto del limite di rilevamento, compreso tra 0,25 e 5 µg/l.
Norin & Stromvall riportano dati di percolazione in colonna su campioni di asfalto riciclato immagazzinato,
indicando una concentrazione degli IPA a più alto peso molecolare maggiore nei percolati da campioni provenienti da stoccaggi prolungati. Gli autori sottolineano la presenza di inquinanti provenienti dai gas
esausti del traffico veicolare e dalle microparticelle di
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pneumatico generate dal contatto tra battistrada e pavimentazione stradale come cofattori di rilascio oltre
al bitume. Sempre relativamente all’asfalto riciclato,
Legret et al riportano nel loro studio i risultati ottenuti su campioni di asfalto riciclato sottoposti a test
statici e su colonna. Il confronto con quanto ottenuto
su asfalti “nuovi” con le medesime tecniche indica un
contenuto di IPA superiore nei percolati relativi ai campioni di asfalto riciclato. In tutti i casi, comunque, il rilascio viene giudicato complessivamente moderato e
al di sotto dei limiti di rilevamento per la maggior parte dei singoli IPA.
5. Rilascio di particolato generato dalla frizione tra pneumatico e manto
stradale
Negli ultimi anni molti lavori hanno preso in considerazione le emissioni di particelle ultrafini generate dal
traffico veicolare (road dust) e il loro contenuto in inquinanti, tra i quali gli IPA. Generalmente in tali articoli tra le molteplici potenziali cause di tali emissioni è
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sempre riportato anche il rilascio di particolato proveniente dall’usura del manto stradale.
In tutti tali studi viene comunque messa in rilievo la difficoltà di quantificare gli apporti delle differenti sorgenti che contribuiscono alla concentrazione totale di
IPA misurata, che principalmente vengono identificate
nei gas esausti dei motori diesel, nelle particelle di pneumatico generate dal contatto tra battistrada e pavimentazione stradale, negli oli lubrificanti o nelle particelle generate dall’usura del manto stradale. Per la determinazione dell’origine degli IPA riscontrati viene in
genere utilizzata la loro composizione e i rapporti relativi in cui alcuni di essi sono presenti, che costituiscono nell’insieme un profilo rapportabile a ciascuna sorgente di tale inquinamento. Gli IPA, però, si biodegradano e fotodegradano facilmente nell’ambiente e la degradabilità di ciascun composto è piuttosto differente.
Di conseguenza i profili di IPA utilizzati per la determinazione della loro origine potrebbero non mantenersi
stabili in differenti condizioni ambientali.
In un recente articolo, relativo alla identificazione della natura e della origine delle particelle submicrometriche generate dalla frizione tra pneumatico e manto
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IMPATTO AMBIENTALE NELLA PRODUZIONE E USO DEL BITUME STRADALE
stradale, tale problema viene risolto utilizzando un simulatore (VTI road simulator) in modo da escludere i
fattori di incertezza dovuti alla degradabilità degli IPA
e alla compresenza di differenti sorgenti di particelle
ultrafini. I dati riportati indicano, anche se in modo non
totalmente conclusivo, che le particelle submicrometriche analizzate sono originate dai pneumatici e non dal
bitume presente nella pavimentazione stradale.
Anche se non viene escluso, in nessuno degli articoli disponibili attualmente è riportata evidenza di un chiaro
contributo del manto stradale alla formazione di tali
particelle, provenienti per lo più dai pneumatici e dai
gas di scarico dei motori diesel.
6 Conclusioni
Dall’analisi della letteratura relativa a tutte le possibili
vie di dispersione nell’ambiente dei principali inquinanti
che interessano il bitume nelle varie fasi del suo utilizzo più diffuso e che possono quantificare il rischio di impatto ambientale e di esposizione non professionale correlati a tale materiale, emerge chiaramente una difficoltà intrinseca nella univoca identificazione della sorgente di tali inquinanti.
Se nel caso della valutazione del rilascio di IPA dalle pavimentazioni stradali attraverso percolazione delle acque meteoriche è stato infatti possibile, attraverso prove di laboratorio standardizzate, fornire risposte esaurienti che dimostrano un potenziale di rischio associato al bitume estremamente basso, già più complessa
appare l’identificazione del bitume come sorgente degli IPA rilasciati da campioni di asfalto riciclato, dove
alcuni cofattori di rilascio (principalmente i gas esausti
del traffico veicolare e le particelle ultrafini di pneumatico generate dal contatto tra battistrada e pavimentazione stradale, depositatisi sul manto stradale e
intrappolati nella sua struttura porosa) possono contribuire in modo sostanziale alla concentrazione di IPA
presente nel percolato.
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Il problema è del tutto analogo nel caso delle emissioni di particolato dovuto al traffico veicolare, dove non
è possibile una chiara e univoca identificazione dei differenti contributi alla generazione delle particelle ultrafini e degli inquinanti (gli IPA) in esse contenuti analizzando campioni di particolato prelevate direttamente in situ. In tale ambito particolarmente utili possono
risultare gli studi di laboratorio eseguiti utilizzando dei
simulatori, ancora scarsamente applicati in questo particolare settore di ricerca.
Più complessa è ovviamente la valutazione dell’impatto
ambientale e del rilascio di inquinanti potenzialmente
dannosi per la salute umana associati al bitume utilizzato negli impianti di produzione del conglomerato ad alte temperature (HMA). La complessità di questi impianti, la concomitante presenza di varie fonti di emissione
per i differenti inquinanti (dal combustibile utilizzato, al
materiale litico, al bitume, fino ai gas esausti dei veicoli
preposti al trasporto delle materie prime e del prodotto
finito) e la dipendenza sostanziale delle emissioni dalla
corretta gestione delle diverse sezioni dell’impianto determinano infatti, ancora una volta, una difficile valutazione dei differenti contributi alle emissioni totali. Gli studi e i rapporti tecnici attualmente disponibili, relativi alle emissioni degli impianti di produzione di HMA, risultano comunque piuttosto conclusivi e permettono una
valutazione, attraverso i fattori di emissione sviluppati
dall’EPA, sia delle emissioni totali sia dei contributi alle
emissioni delle differenti sezioni degli impianti. In tale
contesto risulta evidente che le emissioni da tali impianti di inquinanti prodotti da combustione completa o incompleta sono dello stesso ordine di grandezza di quelle di qualsiasi impianto che utilizzi una equivalente quantità di combustibile, mentre le polveri sottili saranno sostanzialmente provenienti dal materiale litico. Il contribuito alle emissioni fornito dal bitume appare relativamente basso, sempre che, ovviamente, vi sia una corretta gestione di tale materiale, soprattutto relativamente
alla sua temperatura di stoccaggio e di miscelazione du■
rante la preparazione del conglomerato.
R A S S E G N A
D E L
B I T U M E
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