UN`INDAGINE IN PIGIAMA

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UN`INDAGINE IN PIGIAMA
Dalle Cronache dell’Ispettore Capo Du Pre
UN’INDAGINE IN PIGIAMA
Ingresso Passage de l’Argue – Lione
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Storia Originale di Marcello Salvi
Ogni riferimento a fatti o persone realmente esistenti è
puramente casuale.
Ogni singolo luogo descritto in questa storia e che si trovi al di
fuori dello Chateau Perrache esiste realmente così come descritto.
Tutte le foto sono state scattate da me personalmente tra il Luglio
del 2003 ed il Marzo del 2009.
Copyright Marcello Salvi 2009
ISBN 978-1-4092-7834-4
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I
Aveva vinto, era questo il succo del discorso, c’erano voluti quasi
37 anni, ma aveva vinto lui, la voce roca dell’altoparlante della
Stazione era come una Sentenza, “Lyon Part Dieu”. Lione, da cui
era stato cacciato con una promozione a Parigi come foglio di via
e nella quale ora tornava con un invito Ufficiale, con un nome sul
cartellone, con una macchina ad aspettarlo, con cerimonie ufficiali
pronte per lui. Quella che scese dal TGV fermo al Voie D della
Gare Part Dieu di Lione, attesa da un Assessore del Comune e da
un drappello di fotografi, sebbene invecchiata, forse imbolsita,
sicuramente non appassita, era la famigerata, temuta, ostacolata
Banda Du Pre. Il Capo indiscusso, l’Ispettore Capo Emile
Armand Du Pre, incubo dei delinquenti e dei suoi Superiori,
l’Ispettore Victor Chevreuil, Vice di Du Pre, ex galeotto prima,
efficientissimo investigatore poi, il Vice Ispettore Janine Gossec,
sbattuta a dirigere il traffico perché troppo zelante e riciclata da
Du Pre come segugio infaticabile ed infine Emmanuelle Justine
Foquet Dammartin de Brive-la-Gaillarde, amante dell’Ispettore
Capo Du Pre da quando era ancora minorenne, sotto inchiesta da
più di trenta anni per svariati omicidi, senza che mai una sola
prova risultasse risolutiva, forse proprio grazie alla protezione di
Du Pre, bellissima, oltre ogni ragionevole dubbio, questo si, e
nonostante il tempo passato ben pochi uomini riuscivano a
restarle indifferenti. L’Ispettore Capo Du Pre, l’unico Poliziotto
ad avere ricevuto pubblici encomi solenni da ben cinque
Presidenti della Repubblica Francese, Grand Maître della Legion
d’Onore ed Ufficiale dell’ Ordre des Arts et des Lettres, scese dal
treno come un Re che tornando a casa dopo lungo esilio getta lo
sguardo intorno cercando di scorgere, annusare, interpretare i
cambiamenti.
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II
E Lione era cambiata in trenta anni, ora era moderna, efficiente,
evoluta, metropolitane che viaggiavano da sole, tram che
correvano silenziosi su binari quasi invisibili e palazzi alti e
luccicanti che le davano tanto l’aria da Down Town
Nordamericana, ma lui sapeva che passato il fiume, il lento,
placido, immenso Rodano, tutto era rimasto come prima, la
Vecchia Lione non si cambiava, nella Vecchia Lione ogni pietra
era un simbolo, da St Jean alla Fourviere, da St Just alla Croix
Rousse, la Capitale delle Tre Gallie non mutava se stessa, si levava
solamente un po’ di polvere di quando in quando.
La Renault Grand Espace che li aspettava fuori della Stazione si
mosse silenziosamente nel traffico rado di quel Sabato mattina,
attraversò il Rodano sul Pont Wilson, con Du Pre che gettò lo
sguardo a destra, in alto, verso la collina della Croix-Rousse, poi
scivolarono lungo i Quais del Rodano fino a Place Carnot e poi al
di là della futuristica Stazione di Perrache, che Du Pre etichettò
come uno sfregio sul volto di Lione, proprio come la Piramide di
vetro del Louvre a Parigi. Dall’altra parte del grigio e lineare
edificio in cemento armato il Cours de Verdun, con i suoi vecchi
magazzini ed i palazzi noveau, un contrasto troppo forte da
digerire per il delicato equilibrio visivo dell’Ispettore Capo. La
stanza che gli assegnarono allo Chateau Perrache, come da sua
richiesta ai piani alti, aveva le finestre a Nord e si vedevano le
guglie di St Jean, la Fourviere e i tetti rossi della Croix-Rousse.
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III
Ore 13, appuntamento nella Hall, Du Pre, puntuale come al solito
era già sul marciapiede del Cours de Verdun a caricare la sua pipa,
con il suo trench beige addosso pigiava il tabacco nella pipa che
faceva sprofondare nella sacca che aveva tirato fuori dalla tasca,
Gossec uscì dall’Hotel poco dopo, scarpe da ginnastica, jeans,
maglione chiaro e giaccone scuro, una macchina fotografica
digitale in mano, “Non sono mai stata a Lione”, si giustificò.
Victor uscì qualche minuto dopo, scarpe lucide, un cappotto blu
che era una via di mezzo tra un loden ed un treinche, con il
bavero alzato, un cappello alla Al Capone in testa ed un sigaro in
mano pronto per essere acceso. Attesero. Sapevano che li
avrebbe fatti attendere. La pipa di Du Pre emetteva volute di
fumo blu ed il sigaro di Victor era già consumato per un terzo
quando finalmente Emy uscì dalla porta dell’Albergo. Sembrava
uscita da una rivista di moda, come sua abitudine, le scarpe con i
tacchi alti, il cappotto di cachemire chiaro allacciato con la cinta, i
suoi occhiali da sole ed i capelli che le fluivano castani sulle spalle.
“Per prendere la Metro dobbiamo fare il tunnel di Perrache”,
disse Du Pre scrollando la pipa dalla cenere e ficcandosela in
tasca senza curarsi se fosse ancora accesa o meno, “La Metro ?”
ribatté subito Emy, “Prendiamo un taxi !”, “Per due fermate ?”
Rispose Du Pre avviandosi ed immediatamente seguito da Victor
e Gossec. Emy sbuffando si accodò.
Gossec si divertì molto ad osservare Emy che cercava di non
cadere salendo e scendendo dalle scale mobili sui suoi tacchi a
spillo. La luce la rividero alla Place de Bellecour, l’enorme campo
da tennis nel centro di Lione, per via della terra rossa di cui era
ricoperta. Du Pre immediatamente si diresse verso il Bistrot
all’angolo delle Rue de la Republique, aveva voglia di sedersi di
nuovo ad uno di quei tavoli, Victor e Gossec lo seguirono in
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silenzio, Emy si fermò poco prima di entrare, “Ma dobbiamo
mangiare in questa bettola ?”, Gossec rise, Victor entrò senza dire
nulla, Du Pre, che teneva la porta aperta, scrollò la testa e si infilò
all’interno. Anche questa volta Emy li seguì sbuffando. Il tavolo a
cui si sedettero con le loro baguette ripiene di insalata, mozzarella
e maionese era sull’angolo di una rientranza, lungo un muro
addobbato a lungo divano, con sedie sul lato opposto, tutti
iniziarono a mangiare con gusto, solamente Emy si rigirò per le
mani la baguette non resistendo a dire, “Proprio non capisco
questa vostra passione per queste …”, si guardò intorno, “…
taverne !”, addentò il panino, “Ma insomma, con tanti bei
ristoranti, accidenti siamo a Lione, la capitale gastronomica della
Francia e mangiamo …”, osservò il suo panino, “… come degli
operai della banlieu parigina !”, “Una volta mangiavi gli avanzi di
MacDonald senza fare tante storie”, lanciò nel mucchio Du Pre
senza guardarla, “Sono passati trenta anni”, ribatté Emy, “Ed a
quel tempo da questa città ti cacciarono !”. Victor e Gossec risero
divertiti dalla scaramuccia.
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IV
La cosa che più di ogni altra aveva creato problemi a Du Pre nella
sua carriera era la sua ricchezza, l’Ispettore Capo Du Pre era
schifosamente ricco, ma non lo era nato, lo era divenuto
all’improvviso, nel corso di un’inchiesta, un’eredità tanto ingente
quanto dubbia, arrivata da un clouchard che non era un
clouchard, proprio mentre scopriva i retroscena della famosa
rapina alla Banca di Normandia di trenta anni prima, coincidenza
che fece sempre pensare al Capo della Polizia Bertrand che Du
Pre avesse trovato il bottino e se lo fosse intascato, anche perché
tra un inseguimento ed una sparatoria, alla fine, tutti i protagonisti
di quel furto finirono ammazzati prima di poter essere interrogati,
uno proprio da Du Pre, anzi da Emy con una Derringer due
colpi, ma questa era una storia troppo complessa da spiegare al
Capo. La parte vera era che Du Pre aveva effettivamente trovato
il bottino, ma non lo aveva mai toccato, i quintali di lingotti d’oro
non furono mai spostati da quel vagone della Metro, nascosto in
un tunnel non segnato sulle mappe della RATP.
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V
La Rue de la Republique, che va dalla Place de Bellecoeur alla
Place des Terreaux è gli Champs Elysees di Lione, le boutique
migliori, le griffe più alla moda, ogni negozio, insegna, luce grida
lusso e carte di credito con plafond generosi. All’altezza del
Passage de l’Argue Emy era già entrata ed uscita da decine di
negozi, Victor era ormai oberato di buste e la stessa Emy si
muoveva trascinandosi dietro enormi e costose confezioni. Du
Pre guardò l’orologio, “Ancora sei ore alla conferenza, saranno
lunghe”, tirò fuori la pipa che aveva messo in tasca prima di salire
in Metropolitana e la riaccese. Sulla Place de la Bourse Emy prese
un taxi, lo riempi delle sue carabattole e tornò in albergo, Du Pre,
Victor e Gossec proseguirono la passeggiata, fino alla Place
dell’Hotel de Ville ed oltre, Du Pre li guidò per vicoli e stradine
finché non sbucarono su una Piazza dove spiccava il cartello della
Metro, la fermata Croix Paquet, la funicolare che portava alla
Croix-Rousse, una sola fermata ed appena furono sulla Piazza
principale del Quartiere sulla collina Du Pre partì come un razzo,
ma invece di andare verso il grande slargo, la via principale, le luci
dei negozi andò dalla parte opposta, giù per un vicolo fino ad una
piazza lastricata in mattoni chiari, moderna, anonima. Victor e
Gossec lo seguivano in silenzio. Imboccò un’altra stradina
insignificante, uscite di garage e magazzini, un’altra e si lanciò giù
per una scala tanto sdrucciolevole quanto sporca, ma molto larga.
Alla base una piazza rettangolare, spoglia, piena di alberi magri e
dalle foglie grigie, al centro della Piazza un vicolo che partiva
verso chissà dove, su un angolo un bar, di quelli di quartiere di
periferia, due vecchietti e due balordi seduti ai tavolini, sull’altro
angolo un fruttivendolo, sul lato opposto della stradina la
pensilina del bus numero 6. Du Pre superò tutto questo, si chinò
a bere alla fontanella che si trovava subito dietro la fermata del
bus e continuò fino all’angolo Sud della Place Colbert, dritto
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verso una panchina in ferro, che dava su una veduta di Lione,
sulla quale si sedette. Victor e Gossec in piedi alla sue spalle
gettarono lo sguardo a quel panorama. Le uniche cose che si
vedevano erano muri, muri gialli, di povere case, panni stesi e
sopra questa muraglia svettava la guglia dell’Ago di Lione, il
Grattacielo della Part Dieu, con il suo color ruggine e la sua
forma a proiettile minacciosamente puntato contro il cielo.
Passò un’ora prima che il tabacco della pipa dell’Ispettore finisse,
allora si alzò e senza dire una parola, sempre seguito da Victor e
Gossec, proseguì verso l’angolo opposto della Piazza rispetto a
dove erano entrati, si gettò per la stradina in discesa che correva
lungo il muraglione, due svolte, due attraversamenti e si
trovarono come per magia nuovamente nella Piazza dove c’era la
fermata Croix Paquet, l’Ispettore si infilò sottoterra e loro lo
seguirono. Venti minuti dopo uscivano sotto i lampioni nel Cours
de Verdun e rientravano nella Hall dell’Albergo.
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VI
Meno due ore alla Conferenza, Du Pre aveva il tempo di riposarsi
dalla lunga passeggiata e di dare una ripassata agli appunti che si
era segnato sul block notes, ma appena entrò in camera fu
aggredito. Emy avvolta in un accappatoio bianco gli urlò
“Finalmente !”, lo afferrò per un braccio e lo trascinò al centro
della stanza dove sembrava fosse esploso un grande magazzino,
buste, confezioni, scatole di scarpe, tutto era sparso su sedie,
poltrone, letto, “Devi prepararti per la conferenza”, Du Pre la
fissò, si tolse il treinch, “Sono già pronto, devo solamente …”,
“NON SE NE PARLA PROPRIO !”, Du Pre rimase basito dal
tono, “Non andrai alla conferenza vestito come il Tenente
Colombo !”, afferrò l’impermeabile e lo gettò in un angolo, “Tu
sei l’Ispettore Capo Emile Armand Du Pre !”, Du Pre la fissò,
“Sei il mito vivente della Polizia Francese, sei l’Eliot Ness dell’Era
Moderna”, lo fissò, “Levati questa robaccia di dosso e vatti a fare
una doccia, al resto penso io”, impossibilitato a fare altro ubbidì.
Con un asciugamano legato in vita uscì dalla cabina, dove potenti
getti erano riusciti a praticargli un idromassaggio verticale ed
immediatamente si trovò davanti Emy, armata di asciugamano, lo
fece sedere su uno sgabello e dopo avergli tamponato la faccia
con una pezza calda lo insaponò e gli fece la barba, era la prima
volta nella sua vita che qualcun altro gli faceva la barba. Finito
che ebbe gli passò una mano sulla faccia, “Perfetto !”, lo prese
alle spalle ed inizio a massaggiarli le guance con le mani unte di
qualcosa di freddo e profumato, finché sia le mani che le guance
non divennero perfettamente asciutte. In camera trovò schierato
sul letto un vestito grigio forgia che non ricordava di avere, Emy
notò lo sguardo stranito. “L’ho comprato oggi !”, Du Pre lo
indossò, gli calzava a pennello, come le scarpe nere ed
indubbiamente eleganti, la camicia blu scuro, si guardò allo
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specchio proprio mentre Emy lo girava, gli tirava su il collo della
camicia per mettergli la cravatta bordeaux e fargli il nodo, gli
infilò a tradimento la giacca e prese da un piccolo astuccio un
bottone rosso che gli sistemo nell’occhiello del bavero. “La
Legion d’Onore non lo mai indossata”, “E’ ora !”, gli rispose
Emy. Sparì, tornò con un pettine, lo pettinò con accuratezza,
infine tirò su dal letto un lungo cappotto blu scuro e quando lo
ebbe sistemato sull’Ispettore con piena soddisfazione lo fissò per
alcuni istanti, “Adesso sembri una cosa seria !”, Du Pre
concordava, ma si sentiva a disagio, con una pelle non sua, per
finire Emy aprì una piccola scatolina dalla quale tirò fuori una
costosa pipa di marca italiana nuova di zecca e la fece sparire nella
tasca destra dal cappotto insieme ad una busta nuova del tabacco
preferito di Du Pre, nella sinistra lasciò invece cadere un
costosissimo accendino dorato, un curapipe di evidente pregio
venne invece ficcato nel taschino all’altezza del petto, “Gli
accessori contano !”, si girò senza attendere commenti, “Ora vai
pure nella Hall a fumarti la pipa, io sarò pronta in dieci minuti,
lanciò l’accappatoio sul letto e vestita solamente di un paio di
ciabatte sparì in bagno.
Nella Hall tirò fuori dalla tasca la pipa e se la rigirò tra le mani, era
molto bella, ma esulava dal suo concetto di pipa, a lui piaceva
fumarle, lo aiutavano a meditare, ma spendere 300 euro per una
pipa era fuori dai suoi schemi mentali, così come spenderne 600
per un accendino, quello che tirò fuori dall’altra tasca e che
aprendolo fece il suo tipico clang metallico, tuttavia, snobbare
quei regali avrebbe voluto dire offendere Emy, quindi
coscienziosamente prese la busta del tabacco ed iniziò a caricarsi
la pipa, proprio mentre Gossec usciva dall’ascensore. Un vestito
da sera lungo, spalle scoperte coperte da una stola, scarpe di
vernice con alti tacchi, guardò l’Ispettore e rise, “Anche lei vittima
di Emy ?”, fece una piroetta, “Mentre eravamo fuori è entrata
nella mia camera, mi ha portato via la valigia e mi ha lasciato
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questi vestiti con un biglietto, <vestiti da donna, almeno per una
volta>”, “Non sta niente male !”, “Neppure lei Capo”, risero tutti
e due proprio mentre Victor scendeva dalle scale, lui odiava gli
ascensori, vestito Anni ’40, con uno dei suoi cappelli d’epoca, il
sigaro in mano, il cappotto con il bavero alzato, osservò i suoi
colleghi, “Vedo che Madame è riuscita a darvi una ripulita”, si
toccò la tesa del cappello e sfilò loro davanti tirando fuori dalla
tasca l’accendino mentre imboccava la porta d’uscita dall’Hotel, i
due risero di nuovo e lo seguirono, ma prima Du Pre si fermò alla
Reception, “Ci può chiamare un taxi ?”, si fermò, tornò indietro,
“Anzi no, ne faccia venire due, tra mezzora, grazie”, ed uscì.
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VII
I due taxi li depositarono esattamente davanti il grande palazzo
che avrebbe ospitato la conferenza, esattamente in quel momento
Du Pre maledì se stesso per avere accettato, in un impeto di
vanità, di prendere parte a quell’assurdità. Furono accolti con tutti
gli onori, il responsabile dell’evento li accompagnò in Sala e tra gli
applausi Du Pre andò a sedersi a tavolo predisposto su una specie
di palco, mentre Emy, Gossec e Victor si accomodavano in prima
fila. L’oratore parlò per dieci minuti, ringraziò Du Pre ed i suoi
collaboratori per essere intervenuti al festival del Poliziesco, parlò
dell’importanza di una figura carismatica come quella
dell’Ispettore, della sua capacità di risolvere ogni caso, anche i più
complessi, poi, come da programma, lasciò liberi gli intervenuti di
fare domande a Du Pre. E le domande fioccarono, l’Ispettore
stentava a credere che tante persone lo avessero seguito così
attentamente nel corso degli anni. Fecero domande sul caso del
cadavere nel Metrò, sul caso di Mademoiselle Alphand, sul caso
della Chiazza di Sangue e dell’Omicidio della Croix-Rousse, ma la
domanda che infiammò la serata e la trasformò in un evento
assoluto, con grande sollucchero degli organizzatori, fu la
domanda che una giovane studentessa di criminologia porse a
bruciapelo, senza rendersi conto di ciò che avrebbe scatenato.
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VIII
“Cosa si prova ad uccidere qualcuno ?”, la sala ristette in
religioso silenzio, “Non ho mai ucciso nessuno”, rispose sicuro
Du Pre, un brusio si sollevò improvviso, la studentessa,
stupefatta, incalzò, “Ma lei, nel caso del Clouchard del Passage
Vendome, sparò ad rapinatore nel Tunnel del Canal St. Martin,
uccidendolo”, “In 42 anni di servizio non ho mai portato con me
alcuna arma”, il brusio si fece più intenso e la studentessa
proseguì, “Ma il rapporto”, lesse su un foglio che aveva tirato
fuori dalla tasca, “dice chiaramente che lei sparò, con una
Derringer due colpi, pistola fuori ordinanza”, Du Pre soppesò un
attimo la risposta, poi lanciò come una fucilata, “Quel rapporto è
falso !”, “Scherza ?”; chiesa stupefatta la studentessa, “E’ una
copia originale avuta dall’Archivio della Polizia”, “Lo so, è
autentico, ma è falso, l’ho scritto io, saprò se quel che ho scritto è
vero oppure falso”, il brusio divenne un vociare intenso, “Ma
allora chi ha sparato al rapinatore nel Tunnel”, “Madame
Foquet!”, così Emy voleva essere chiamata in situazioni ufficiali,
rispose prontamente l’Ispettore; la studentessa rimase con la
bocca aperta, “Ma … mi scusi, visto che si tratta di un più che
palese caso di legittima difesa quale motivo c’era di compilare un
rapporto falso, addossandosi una sanzione disciplinare per uso di
arma fuori ordinanza ?”, “Lei come avrebbe spiegato al suo Capo,
che già non vedeva l’ora di trovare una scusa per darle addosso,
che durante un inseguimento mentre lei era disarmata,
contrariamente a quanto disposto dal regolamento, si era invece
portata dietro il suo amante, armato, benché privo di porto d’armi
e che era stato lui a sparare per difenderla ?”, la studentessa
rimase basita, con il foglio del rapporto in mano, “Madame
Foquet, ha sempre avuto l’abitudine di tenere quell’arma nella
borsetta e dopo quell’occasione feci in modo di farle avere un
regolare porto d’armi”, “L’ha anche adesso ?”, si sentì da una
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voce in fondo alla Sala. Come rispondendo ad un comando Emy,
per l’occasione vestita come Crudelia Demon, si alzò, aprì la
borsetta e depositò la piccola Derringer sul tavolo davanti a Du
Pre, il quale la alzò, la mostrò alla sala, “Derringer, con due erre,
non fate confusione con le Deringer, due colpi a canne
sovrapposte, due grilletti, uno per canna, calcio in madreperla e
ceselli in argento, letale entro i cinque metri”, la restituì ad Emy
che la rimise nella borsetta e tornò a sedersi soddisfatta. La
studentessa, ancora incredula di avere scoperto un retroscena così
succoso proseguì, “Ci sono altre … imprecisioni nei suoi
rapporti?”, “Moltissime ! Non è assolutamente possibile in oltre
quarantanni non violare le regole di quando in quando per motivi
di servizio, soprattutto quando alcune regole sono scritte da dei
burocrati che mai in vita loro hanno messo piede sulle strade”,
“Ma non le sembra sovversivo dire che è necessario violare le
regole per far rispettare le regole”, Du Pre sorrise, “Lei sa che
esiste una circolare interna che vieta, durante gli inseguimenti su
strada, di violare i limiti di velocità ?”, un ohh di stupore percorse
la Sala, “Lei come pensa che una macchina della polizia possa
inseguire dei malviventi limitandosi a passare con il rosso a sirena
accesa ? Lei pensa che dei rapinatori in fuga rispettino i limiti di
velocità ? E’ una norma assicurativa, serve a coprire le spalle
all’assicurazione in caso di incidente, tutto qui”, “Ma allora è
vero”, provò a chiedere un ragazzo dalla parte opposta della sala,
“Che durante l’inseguimento nel caso del Cadavere del Metro
usciste dal Periferique a 200 orari e proseguiste l’inseguimento su
Avenue du Maine ai 240 ?”, “Si è vero, ma guidava Madame
Foquet, io non sarei mai in grado di tenere su strada una
macchina a quella velocità”, la sala rise.
Poi arrivò una domanda che per Du Pre fu una liberazione.
“Perché abbandonò la Prefettura di Lione per quella di Parigi
dopo avere risolto l’Omicidio della Croix-Rousse ed essere stato
promosso da Agente Scelto a Vice Ispettore ?”, “Non scelsi di
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andarmene, fui cacciato”, il ragazzo che aveva fatto la domanda
stava per ribattere, Du Pre lo fermò con una mano,
“Promovetaur ut Amoveatur, che sia promosso affinché sia
rimosso, questo avvenne”, la sala rimase in silenzio assoluto,
“Avevo fatto troppo bene il mio dovere, c’era un colpevole con il
coltello insanguinato ancora in mano, che non faceva nulla per
difendersi ed accettava l’imputazione come fosse veramente
colpevole, ma qualcosa non quadrava, non tornava, indagai, come
ogni poliziotto dovrebbe fare, i riscontri sono la cosa più
importante, feci delle scoperte, trovai il vero colpevole, andai a
rovinare la festa nelle sale dei notabili dell’epoca, scoprii la verità,
ma non era quello che si voleva”, osservò le facce stralunate della
platea, “avevo fatto troppo bene il mio dovere, non potevano
punirmi, quindi mi promossero, perché venissi mandato via da
Lione”, prese un attimo di pausa, “Esattamente quello che
successe all’allora Agente Janine Gossec, prima che la prendessi
nella mia squadra, quando scrisse la verità in un rapporto,
nonostante i suoi superiori l’avessero invitata a tacere quel piccolo
particolare, fu promossa ad un grado superiore, ma che nella
sostanza voleva dire passare dalla squadra investigativa a dirigere
il traffico. La burocrazia è una brutta bestia”.
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IX
Le domande proseguirono ancora per due ore, Du Pre era
evidentemente stanco, l’organizzatore della serata aveva gli occhi
fuori dalle orbite dalla contentezza, per giorni sui giornali non si
sarebbe fatto altro che parlare delle rivelazioni fatte a quella
conferenza. Infine, quando l’orologio stava per allineare le
lancette sulla mezzanotte arrivò l’ultima domanda. “Fra tre mesi
andrà in pensione crede che un uomo d’azione come lei riuscirà a
fare il pensionato ?”, Du Pre si stampò in faccia un sorriso, “Non
sono mai stato un uomo d’azione, ho fatto il mio dovere, il lavoro
che avevo scelto, ho corso quando c’era da correre, ho saltato
quando c’era da saltare, senza entusiasmo, per necessità, il lavoro
investigativo si fa soprattutto con la testa, ma quando non si
hanno sufficienti uomini a disposizione si fa di necessità virtù e si
fa anche il lavoro di altri, se si vuole veramente raggiungere
l’obiettivo, come pensionato farò la cosa più banale e scontata in
assoluto che uno come me, che per 42 anni ha inseguito
malviventi ed assassini potrebbe fare”, una ragazza lo anticipò
dalla sala, “Scriverà dei suoi casi ?”, “No”, la gelò l’Ispettore, “Io
so scrivere solamente rapporti, farò scrivere a qualcun altro che
sappia dargli forma più appetibile di una fredda ricostruzione
amministrativa”. Un applauso scrosciò nella Sala e
l’Organizzatore si alzò decretando chiusa la riuscitissima
conferenza, che poi altro non fu che una lunga intervista
collettiva a Du Pre.
La folla si alzò, in parte si riversò verso il tavolo dell’Ispettore,
una ragazza più svelta delle altre porse una cartolina ed una penna
a Du Pre, “Me la firma ?”, l’Ispettore prese la cartolina, la girò,
sembrava il Manifesto di un film noir, sfondo nero, la scritta
bianca in caratteri strani diceva “La Banda Du Pre” e
nell’immagine loro. Lui, nel suo trench, con la pipa in bocca,
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Emy, in jeans e maglietta aderente, Janine Gossec, in divisa da
poliziotta, con la pistola in mano rivolta verso il basso e lo
sguardo nel vuoto, Victor, vestito di tutto punto nell’atto di
accendere un sigaro, alle loro spalle la sagoma rossa della
macchina di Monsieur Savages. L’immagine sebbene fumettizzata
partiva da fotografie vere, Du Pre ebbe la sensazione di riuscire a
comprendere in quale singolo momento ognuna di quelle
immagini era stata scattata anni prima. La firmò e la restituì alla
ragazza che la riprese e partì come un razzo verso il resto della
Banda per farla firmare anche a loro. Passò mezzora prima che
riuscissero a smettere di firmare cartoline e ad abbandonare la
sala. Una rapidissima cena nel Ristorante dell’Albergo, che rimase
aperto mezzora in più solamente per loro e poi ognuno nella
propria camera a riprendersi dalla giornata intensa.
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X
La sveglia con grandi cifre rosse lasciò scattare le una e trenta, Du
Pre, nel suo letto, con il telecomando in mano, saltava
svogliatamente di canale in canale, non aveva sonno, ma era
stanco, di una stanchezza quasi nuova per lui. La porta del bagno
si aprì, sulla soglia apparve Emy, sandali rosa, autoreggenti
bianchi, vestaglia di seta bianca aperta e null’altro indosso, con la
luce della specchiera alle spalle, gli svolazzi della vestaglia si
accendevano e sembravano le ali di un angelo. Lo raggiunse, si
stese sul letto accanto a lui, gli passo la mano sul volto dandogli
un bacio sulla guancia. “Emy, non ho più quarantanni”, per tutta
risposta Madame Foquet gli tolse il telecomando dalle mani e
dicendo, “Ma io ho ancora quarantanni !”, spense la TV.
Nella luce gialla dei lampioni, che si trovavano proprio un metro
sotto la finestra della loro stanza, Du Pre fissava il soffitto,
cercando di riprendere fiato, le ombre giallastre che su di esse
venivano proiettate assumevano a momenti tratti lugubri. “Perché
quel giorno, al Bistrot di Rue Caulaincourt cercasti di sedurmi ?”,
Emy sollevò la testa senza togliergli il braccio di torno, “Ero
scappata di casa, sospettata di omicidio, fare gli occhi dolci
all’investigatore mi sembrava la cosa più logica”, “Per anni sono
stato oppresso dai sensi di colpa”, “Per avere fatto sparire un
coltello ?”, “No, non per quello”, “E per cosa allora ?”, “Dio
Santo, tu avevi quindici anni, io trenta”, Emy tornò a posargli la
testa sulla spalla, “Tutto qui ?”, “Ogni volta che ci incontravamo
in qualche squallido alberghetto della periferia giuravo a me
stesso che sarebbe stata l’ultima, poi non riuscivo mai a
mantenere la promessa, eri come una droga”, “Sono passati trenta
anni dai quei giorni e siamo ancora nello stesso letto, qualcosa
dovrà significare”.
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XI
Qualcuno bussava alla porta, con gentilezza ma insistenza,
“Mounsier. Mounsier”, una voce urlava sottovoce dietro la porta.
Du Pre alzò la testa, si tolse il braccio di Emy dal collo, che
grugnì per protesta, e fissò le cifre rosse della sveglia che segnava
le due e cinquantatre, fece per alzarsi ma fu bloccato, con una
mano Emy lo rimise giù, accese la abat-jour del comodino, si
alzò, si infilò la vestaglia sopra nulla, si fermò davanti allo
specchio per pettinarsi, sistemò la scollatura perché fosse
generosa ed andò alla porta. La aprì appena e mise fuori la testa,
riconobbe il Direttore dell’Albergo accompagnato da un altro
uomo che indossava la divisa di cameriere ai piani ed uscì sul
corridoio, tenendo socchiusa la porta con una mano dietro la
schiena, i due uomini, a quella vista, d’istinto, fecero un passo
indietro, il Direttore deglutì, “Madame”, bofonchiò, “Avremmo
necessità
di
parlare
immediatamente”,
sottolineò
immediatamente, “con l’Ispettore Du Pre”, “L’Ispettore Capo
Du Pre”, Emy sottolineò la parola Capo, “Sta dormendo”, “Me
ne rendo conto Madame, ma vede”, deglutì di nuovo, “Abbiamo
urgenza”. Emy li fissò, poi disse: “C’è stato un omicidio
nell’Hotel e voi volete chiudere il caso in fretta, senza chiamare la
Polizia in piena notte per non disturbare i clienti”. I due uomini
fecero un altro passo indietro, più che altro un balzo e
deglutirono entrambi. Emy chinò il capo e sbuffò. “Vado a
chiamarvi l’Ispettore Capo Du Pre”.
Du Pre, ormai sveglio, era seduto sul letto in attesa di notizie,
Emy lo raggiunse, si sedette ai piedi del letto, “E’ il Direttore
dell’Hotel, hanno ammazzato qualcuno e vorrebbe evitare di
chiamare la Polizia in piena notte per non fare baccano”, Du Pre
si grattò la nuca e si alzò, Emy anche, corse verso la valigia e tirò
fuori un fagotto, “EMILE !”, l’Ispettore si girò, Emy gli porse il
20
pigiama e solamente allora si accorse di non avere nulla addosso,
mentre lo indossava rapidamente Emy estrasse da una delle tante
buste del giorno prima un altro indumento che gli aprì davanti
invitandolo ad indossarlo, una giacca da camera, viola e blu, lunga
fin sotto le ginocchia, con la cinta e le tasche, mentre la allacciava
lo pettinò, prese dal comodino la pipa nuova, l’accendino, la
busta di tabacco e li ficcò nelle tasche. “Torna a dormire, mi
faranno perdere la notte per spiegare che la Polizia la devono
chiamare comunque”, afferrò le chiavi della camera dalla scrivania
ed aprì la porta.
“Dunque Signori …”, esordì prima di essere bruscamente
interrotto dal Direttore che con eloquenti segni di faceva capire di
abbassare la voce, si girò verso il cameriere, un uomo sui
cinquanta, altezza media, corporatura media, il quale partì a razzo,
con un mazzo di chiavi in mano, verso una camera in fondo al
corridoio nella quale entrarono tutti. Du Pre si guardò intorno ma
non vide cadaveri, il Direttore gli fece cenno di sedersi sulla
poltrona. “Questa camera è vuota, qui potremo parlare
tranquillamente.”, prese fiato, “Al terzo piano, la Signora Mousset
è deceduta”, “Chi l’ha trovata ?”, fu la prima domanda, “Amal, la
cameriera che è entrata per rifare la stanza”, rispose il cameriere,
“Alle due del mattino ?”, “Il fatto è che”, intervenne il Direttore,
“Il nostro Hotel è uno di quelli spesso usati dagli artisti che
lavorano all’Opera e nei altri Teatri, sa che orari assurdi hanno, lo
spettacolo inizia alla nove, finisce a mezzanotte, cenano, vanno a
bere qualcosa, difficilmente sono in albergo prima delle sei del
mattino, vanno a dormire e si alzano alle tre del pomeriggio, non
ci sarebbe mai modo di rassettare le loro stanze, così abbiamo
una cameriera che se occorre fa le stanze di notte, i clienti quando
escono la sera mettono il cartello verde fuori della porta e chi è di
turno sa che quella stanza è da rifare”, “E fuori della stanza della
Signora Mousset c’era il cartello verde ?”, “No !”, si affrettò a dire
il cameriere, “O meglio, non avrebbe dovuto esserci,
21
probabilmente un mio errore”, “Questa me la spiega !”, disse Du
Pre sedendosi finalmente sulla poltrona ed essendo ora più
interessato a sapere qualcosa di più ma lo stesso informò, “La
Polizia comunque dovete chiamarla”, il Direttore sottovoce, “Ma
l’assassino è ancora nell’Hotel ! Non è meglio evitare baccano, ?”,
“Ma come fate ad esserne sicuri ?”, “Nessuno è uscito
dall’albergo dopo che la Signora Mousset è rientrata, e per uscire
bisogna per forza passare davanti alla Reception”, “Non ci sono
uscite di sicurezza in questo edificio ?”, “Certo ! Ad ogni piano !”,
“E allora …”, venne interrotto dal cameriere, “Tutte le uscite di
sicurezza sono chiuse con porte allarmate, basta abbassare la leva
per aprire la porta e scatta la sirena antincendio in tutto l’Hotel”,
“Uscito da una finestra ?”, “Impossibile ! Le finestre sono fisse,
l’unico modo di aprirle è rompere il vetro”, disse subito il
Direttore, ed il cameriere aggiunse, “Ed ogni finestra è collegata
ad un allarme antifurto, forzandola o rompendo il vetro si
interrompe il circuito e scatta l’allarme nella Reception”, “Il
sistema è anche collegato alla Centrale di Polizia”, precisò il
Direttore. “Bene, quindi l’assassino, ragionevolmente, è ancora in
questo edificio”, sbadigliò, “Immagino intenda uscirne come
niente fosse”, la sua stessa affermazione lo fece immediatamente
riflettere, si assestò meglio sulla poltrona, un click scattò da
qualche parte e dalla sua mente uscì la necessità di chiamare la
Polizia, fece segno ai due uomini di sedersi anche loro, si rivolse
al cameriere, “Come si chiama lei ?”, “Claude, Monsieur, addetto
ai piani del turno di notte, da quindici anni”, “Bene Claude, mi
spiega questo fatto secondo il quale il cartello verde alla porta
della Signora Mousset sarebbe stato un suo errore ?”
22
XII
“Io”, iniziò Claude, “Intervengo dopo le due del mattino, anche
se prendo servizio a mezzanotte, ma tra la mezzanotte e le due
faccio servizio per eventuali pasti in camera, all’una chiudono le
cucine ed io mi preparo al servizio vero e proprio”, si fermò un
istante per osservare l’Ispettore il quale lo fissava con aria
estremamente interessata, “Ha presente quei fogli di servizio che
si trovano nella cartellina che in ogni stanza c’è sulla scrivania ?
Quelli che descrivono i servizi offerti e le tariffe ? Lucidatura
scarpe, servizio lavanderia, quotidiani, colazione in camera ? Io mi
occupo di quello. Sulle istruzioni è scritto chiaramente che
eventuali scarpe, sacchetti con biancheria da lavare o fogli di
comanda devono essere lasciati fuori dalla porta entro le una e
trenta del mattino. Alle due inizio il mio giro, parto dal quinto
piano con il mio carrello, percorro tutto il corridoio, raccolgo le
scarpe, i sacchetti della biancheria, i fogli di comanda. Le scarpe le
etichetto con il numero della stanza e le tengo nel carrello, i fogli
di comanda li metto nel cassetto apposito del carrello mentre i
sacchetti con la biancheria, dopo averli etichettati con il numero
della stanza, prima di prendere l’ascensore per passare al piano
successivo, li metto nel montacarichi e li mando direttamente in
lavanderia, nel seminterrato, quando ho finito il giro passo dalla
reception e lascio i fogli con le comande, poi anche io vado nel
seminterrato e lucido le scarpe”, riprese fiato, “Alle sei riprendo il
giro di ritorno, salgo con le scarpe lucidate, passo dalla reception
dove ritiro eventuali quotidiani richiesti dai clienti e che il portiere
ha provveduto a farsi consegnare dal giornalaio sulla Piazza, salgo
al quinto piano, chiamo il montacarichi su cui trovo i sacchetti di
biancheria lavata e stirata di quel piano e consegno, poi passo al
piano di sotto e ricomincio fino ad arrivare nuovamente al piano
terra. Lascio tutto davanti alle porte”.
23
“Quindi non vede mai i clienti ?”, “No, mai”, “E la storia del
cartello verde ?”, “Si, ecco … quando sono passato davanti alla
stanza della Signora Mousset ho trovato un paio di scarpe molto
strane, blu elettrico, con tacchi altissimi e brillantini sopra ed un
sacchetto di biancheria da lavare attaccato alla maniglia, nel
prenderlo ho fatto cadere il cartello di stato della camera, quello
che se esposto sul rosso vuol dire <do not disturb> e se esposto
sul verde vuol dire <please, clean room>, quando sono passato il
cartello era girato sulla parte rossa, ma Amal, la cameriera, dice di
essere entrata perché il cartello era girato dalla parte verde”,
sospirò, “E’ possibile che nella fretta lo abbia rimesso a posto al
contrario”, “Lei è sicuro che il cartello era sul rosso quando è
passato ?”, “Assolutamente certo”, “La Signora Mousset è una
cliente che conoscete ?”, “Perfettamente !”; intervenne il
Direttore, “Madame Mousset è un’Ispettrice della Banque de
France, viene a Lione almeno dieci volte l’anno, per periodi dai 5
ai 10 giorni e viene sempre nel nostro Hotel, da sette anni”, “Era
abitudine della Signora appendere il sacchetto alla maniglia”, “In
verità”, preciso Claude, “Era la prima volta in assoluto che
usufruiva del servizio e se posso permettermi”, “Si permetta
pure”, approvò Du Pre, “Quelle scarpe blu con i brillantini”, fece
una pausa, “Non erano proprio da lei, era una donna molto …
rigida, ecco”, Du Pre sbadigliò, “Tailleur dai colori freddi, grigi
blu, scarpe basse, borsa capiente, carta di credito, acqua naturale,
poco trucco e capelli sempre pettinati allo stesso modo”, il
Direttore e Claude si guardarono stupiti, “Parigi è piena di donne
come quella che ho descritto, noiose”.
24
XIII
Du Pre guardò l’orologio che si stagliava sulla parete chiara della
camera dove erano seduti, segnava le tre e ventitre. “Ho bisogno
dei miei collaboratori, per favore li faccia chiamare”, il Direttore
fece un cenno con la testa e Claude si alzò immediatamente, “Poi
torni qui”, gli gridò dietro Du Pre, “Non abbiamo ancora finito,
devo capire a che ora l’assassino intende uscire dall’Hotel”, il
Direttore lo fissò stupefatto e lo osservò mentre chiedeva: “Mi
porti a vedere il cadavere”.
La porta si aprì ed il Direttore fece un passo indietro, con la luce
che entrava dal corridoio Du Pre intravide l’interruttore della luce
sul muro proprio accanto all’ingresso, “Avete acceso la luce
entrando ?”, “Si, sia Amal, che Claude e forse anche io”, “Con
buona pace delle eventuali impronte digitali dell’assassino”, in
ogni caso tirò fuori dalla tasca la pipa e spinse l’interruttore con il
bocchino, entrò. Madame Mousset era riversa sul letto,
completamente nuda, con la testa rivolta verso la porta, gli occhi
e la bocca spalancati. L’Ispettore guardò bene per terra, poi si
avvicinò al letto, senza toccare nulla avvicinò il volto alla morta, la
osservò, le girò attorno e la osservò dall’altro lato, poi sembrò
annusare l’aria, alzò il viso versò gli aeratori posti sopra l’armadio
a muro, si girò intorno e si diresse verso la porta del bagno,
osservò il termostato della stanza e sentì una goccia di sudore
colargli lungo la tempia. Un ultimo sguardo panoramico per
l’intera stanza, spense la luce sempre con il bocchino e chiuse la
porta. “Voi avete le doppie chiavi di tutte le stanze, dico bene”,
“Esattamente”, “Quindi come sono andate le cose, chi l’ha
avvertita ?”, “Claude, mi ha chiamato al telefono, io abito a due
strade da qui, mi ha detto che Amal aveva trovato Madame
Mousset morta e sono corso, con la doppia chiave abbiamo
aperto e visto cosa era successo abbiamo richiuso e siamo subito
25
venuti a chiamarla”, “E Amal dove è ora ?”, “In lavanderia, non
voleva rimanere sola e lì sotto c’è sempre qualcuno al lavoro”. Du
Pre annuì soddisfatto proprio mentre una stravolta Janine Gossec
usciva dall’ascensore con il giaccone sopra il pigiama di flanella
rosa e con i piedi dentro due pantofole che sembravano conigli
verdi. Le loro stanze erano al quinto piano, quella della Signora
Mousset al terzo, Du Pre le andò incontro mentre il Direttore,
con tono speranzoso diceva: “Non potrebbe essere morte
naturale ?”, “No, ha il collo spezzato, un lavoro veloce e pulito”,
si fermò, si girò, ordinò, “Faccia rimettere alla maniglia il cartello
dal lato rosso, dica a Claude di lucidare alla perfezione quelle
strane scarpe blu ed alla lavanderia di lavare e stirare regolarmente
la biancheria della Signora, Claude dovrà fare il solito giro
domattina”.
26
XIV
Chiusi nella camera messa a disposizione dal Direttore Du Pre,
Gossec e Victor tra uno sbadiglio e l’altro cercavano di fare il
punto della situazione. Victor avvolto nella sua elegantissima
veste da camera bordeaux, sotto cui si intravedeva il pigiama di
seta grigia se ne stava stravaccato su una poltrona facendo finta di
essere sveglio, Gossec, in piedi, cercava di pettinarsi con le mani
davanti allo specchio. Nel frattempo l’Ispettore faceva un
riassunto e concludeva: “… dunque abbiamo tra le quattro e le sei
ore prima che l’assassino esca tranquillamente da questo albergo e
si perda, forse per sempre”, Gossec si voltò a guardarlo stupita,
Victor si svegliò di botto. L’orologio segnava le quattro e un
minuto.
“La questione è ”, ora aveva la loro piena attenzione, “che
l’assassino ha fatto alcune cose che mi lasciano dedurre che si sta
creando un alibi. Prima di tutto ha messo fuori della porta della
Signora della scarpe assurde, impossibili da non notare, e non
ricordare”, evidenziò la parola, “il sacchetto della biancheria
appeso alla maniglia della porta, anche questo inusuale, il cartello
rosso fuori della porta, per garantirsi che nessuno sarebbe entrato
per sbaglio e poi”, fece una pausa ad effetto, “ha alzato al
massimo il termostato della camera”, si zittì e li scrutò per bene,
attese, infine Gossec capì, “Per alterare la scena del crimine e
rendere impossibile o quasi stabilire l’ora della morte !”,
“Ovviamente”, approvò Du Pre, “Sappiamo con certezza che la
Signora è rientrata in Hotel all’una e tredici minuti, il portiere
dell’Hotel è stato chiaro, quindi l’ora presunta della morte parte
da qui, ma il nostro assassino voleva spostarla in avanti alzando la
temperatura della stanza, quindi impedendo al cadavere di
livellarsi alla temperatura ambiente impedendo al medico legale di
fare quei calcoli standard che gli avrebbero permesso, a corpo
27
non del tutto freddo, di stabilire un ora della morte con una
forbice ristretta, ma così no, la temperatura in quella stanza è ben
al di sopra di quella ambiente, quindi quando l’assassino spegnerà
il riscaldamento, contando di avere ancora almeno ventiquattro
ore prima che il cadavere venga scoperto, avrà talmente alterato
lo stato delle cose che risulterà praticamente impossibile stabilire
un’ora della morta meno che approssimativa e con una forbice di
molte ore”, “Ha detto <l’assassino tornerà ?>”, chiese Victor,
“Sicuramente, tornerà, ha predisposto tutto, dalla camera manca
la chiave, non era sul comodino ne sulla scrivania, evidentemente
l’ha portata via con se, ne ha ancora bisogno, ora dobbiamo
solamente capire quale è l’ora più adatta per coglierlo sul fatto”,
prese la pipa dalla tasca e prese a giocherellarci, “Chiamatemi
Claude, il cameriere, deve finire di spiegarmi alcune cose”.
28
XIV
“Dunque Claude, mi dica dopo avere finito il giro di raccolta
come prosegue la faccenda”, Claude aveva lo sguardo perplesso,
seduto davanti all’Ispettore Capo Du Pre in pigiama e vestaglia e
tra Victor, con la sua veste da camera e Gossec con il pigiama di
flanella. “Ecco”, iniziò, “Finito il giro e lasciati i fogli delle
comande alla Reception scendo nel seminterrato, lì c’è un angolo
con tutto l’occorrente dove lucido le scarpe, poi le dispongo tutte
nel carrello, alle sei passo di nuovo dalla Reception ritiro i giornali
e riparto dal quinto piano, appena arrivato chiamo il montacarichi
che arriva con la biancheria, la metto nel carrello e lascio ogni
cosa al cliente giusto, scendo al quarto piano, richiamo il
montacarichi e via così fino al pianterreno”, “Quanto impiega in
totale ?”, “Entro le sette devo avere finito perché a quell’ora devo
ricominciare il giro per consegnare le colazioni in camera. Ho un
foglio con gli orari richiesti, cinque minuti prima vado al piano, e
chiamo il montacarichi che arriva con i vassoi pronti, li metto nel
carrello e vado a consegnarli”, “Bussa ?”, “Certo che busso ! Non
posso certo lasciare i vassoi con le colazioni per terra davanti alla
porta !”, “Ottimo !”, Claude proseguì, “Alle otto stacco, passo alla
Reception, lascio i fogli delle colazioni firmati dai clienti a cui le
ho consegnate e vado finalmente a casa”, “Quanto tempo
impiega per ogni piano ?”, “Non più di dieci minuti, cinque piani
più il pianterreno invariabilmente tra le sei e le sette, quindi dieci
minuti a piano, massimo”, Du Pre si mise la pipa spenta in bocca
e ciancicò, “Quindi, al terzo piano, lei si troverebbe tra le sei e
venti e le sei e trenta, fa il pianterreno tra le sei e cinquanta e le
sette e poi va via”, Claude annuì, gli sembrava corretto. Du Pre
rimuginò alcuni minuti poi sentenziò: “Il nostro assassino si
presenterà alla Reception alle sei e quarantacinque, questo vuol
dire che avrà solamente quindici minuti per fare un sacco di
cose”. L’orologio segnava le quattro e quarantacinque.
29
XVI
“L’assassino ha quindici minuti per crearsi un alibi e noi abbiamo
meno di due ore per preparare l’accoglienza, quindi animo,
muoviamoci”, disse Du Pre rivolgendosi a Victor, “Spero che tu
abbia in valigia qualcuno dei tuoi aggeggi infernali”, Victor
sorrise. Alle cinque e venti in punto uscivano dalla camera della
Signora Mousset e si dirigevano in quella di Gossec dove sulla
scrivania due computer portatili accesi restituivano le immagini
della camera della Signora Mousset da due angolazioni diverse,
vista in quel modo la povera Signora sembrava dormisse dopo
essere svenuta ubriaca sul letto. “Bene !”; esclamò Du Pre unendo
le mani, “Quel che potevamo fare l’abbiamo fatto, se le nostre
intuizioni sono giuste abbiamo un’ora esatta prima che accada
qualcosa”, si girò verso Victor, “Sono stati avvertiti tutti di
effettuare i regolari servizi come niente fosse ?”, Victor annuì,
“Perfetto !”, senza dire altro si allontanò.
Entrò in camera di soppiatto, dalle finestre socchiuse si
intravedeva un vago chiarore che saliva già all’orizzonte, Emy era
sdraiata sul letto, sopra le coperte, dormiva, la vestaglia aperta, il
telecomando in mano, Du Pre la osservò per alcuni minuti, poi si
sedette sul bordo del letto, le chiuse la vestaglia, le tolse di mano
il telecomando e spense la televisione, immediatamente Emy aprì
gli occhi.
“Come è andata ?”, chiese, “Sta ancora andando”, fu la risposta e
riassunse in poche parole i fatti. “Quindi”, ragionò Emy ad alta
voce, “Questo tizio ha aspettato che la Signora rientrasse in
albergo poi è andato a bussarle, lei lo ha fatto entrare e lui l’ha
uccisa ?”, “Esatto, è evidente che si conoscevano, sono sicuro che
dietro ci sono questioni di lavoro. I vestiti della Mousset era
gettati disordinatamente su una sedia, il che contrasta sia con la
30
personalità della donna che con il resto della stanza, è evidente
che le sono stati tolti dopo morta”, “Perché ?”, Du Pre scrollò le
spalle, “Per simulare qualcosa di strano, oppure semplicemente
per umiliarla e screditarla, per vendetta, i giornali avrebbero usato
fiumi di inchiostro per parlare della irreprensibile funzionaria
della Banque de France trovata morta e nuda in una camera
d’albergo, forse aveva fatto un’ispezione troppo accurata a
qualcuno”, Emy si alzò allacciandosi la vestaglia, “E tutta è stata
una messinscena ?”, “Sicuramente, l’assassino aveva necessità di
crearsi un qualche tipo di alibi, quindi ha messo quelle cose fuori
dalla porta, cose strane, come le scarpe blu con i brillantini ed il
sacchetto appeso alla maniglia e questo è stato il suo errore”,
Emy si voltò, Du Pre proseguì, “Nel prendere il sacchetto il
cameriere ha fatto cadere il cartello rosso e lo ha rimesso a posto
dal lato verde, così un’ora dopo la cameriera ha scoperto il corpo,
se avesse messo il sacchetto per terra il cartello sarebbe rimasto
sul rosso e probabilmente nessuno fino a Lunedì mattina avrebbe
mai saputo nulla, poi sicuramente qualche appuntamento
mancato avrebbe fatto scattare le ricerche, nel frattempo il
riscaldamento della camera fissato al massimo avrebbe reso
difficilissimo stabilire l’ora della morte con precisione ed il nostro
assassino sperava che l’ora potesse risultare successiva alla sua
uscita dall’albergo, e sarebbe stato anche possibile, ma doveva
assicurarsi che ad influenzare il coroner ci si mettessero anche le
testimonianze dei camerieri che attestassero che la Signora era
ancora viva quando lui era già uscito dall’albergo”, Emy era ferma
in mezzo alla stanza con le mani nelle tasche della vestaglia, Du
Pre proseguì, “Il nostro uomo farà delle cose molto rischiose fra
poco, ha con se la chiave della camera, segno che vuole tornare e
tornerà. Dopo che Claude avrà fatto il giro del piano, costatando
che i sacchetti sono ancora fuori dalla stanza, e le scarpe blu
erano un elemento chiave da far fissare nella mente del cameriere,
l’assassino entrerà nella stanza, ritirerà non facendosi vedere le
scarpe ed il sacchetto con la biancheria, cercherà di sistemarla alla
31
meglio nella valigia o nei cassetti, per avvalorare ancora di più
l’ipotesi che sia stata la stessa Signora a ritirare il tutto, poi uscirà,
dovrà fare molta attenzione, perché questa volta dovrà lasciare le
chiavi in camera ed una volta chiusa quella porta non potrà più
aprirla, si precipiterà a prendere le sue cose e poi di corsa alla
reception per abbandonare l’albergo, ma nel suo piano è
fondamentale che si trovi al banco della reception mentre Claude
fa il pianterreno, deve essere visto così Claude potrà confermare
che ha visto il Signor Tal de Tale uscire dall’albergo prima delle
sette quando le scarpe ed il sacchetto erano ancora fuori dalla
porta della Signora, ma”, fece una pausa, “La cameriera hai piani
potrà confermare, che quando lei passò per il primo giro, alle
otto, scarpe e sacchetto non c’erano più, quindi”, altra pausa, “La
Signora doveva averli ritirati”, si alzò e camminò per la stanza, “Il
coroner sarà influenzato da questa testimonianza e non riuscendo
a stabilire un’ora certa della morte potrà fare solamente sue cose,
la prima è stabilire un ora della morte successiva alle otto di
Domenica mattina, fidandosi del fatto che dalle testimonianze la
Signora doveva essere ancora viva a quell’ora, se invece è uno
meno superficiale stabilirà un’ora della morte amplissima, che
andrà presumibilmente dall’ora in cui la donna e rientrata in
albergo fino all’ora di pranzo del giorno dopo, il che sarebbe più
corretto scientificamente, ma ci consegnerebbe come sospetti
non solamente tutti i clienti presenti in albergo la notte ma anche
tutti quelli entrati in albergo la mattina, compreso il personale a
cavallo di ben tre turni di servizio, una tale marea di possibili
assassini che sarebbe come non averne nessuno”, si sedette sulla
poltrona, “E il nostro vero assassino o si troverebbero fuori dal
mazzo, nella prima ipotesi, o si troverebbe nel mazzo, ma insieme
a tanta altra gente, magari anche di rango presente in Hotel, che il
fatto di essere indagato non lo toccherebbe più di tanto e
comunque in questo caso trovare delle prove a suo carico sarebbe
praticamente impossibile.”, “E’ comunque un piano rischioso”,
fece presente Emy, “Basta che qualcosa vada storto, o un
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cameriere lo veda e tutto va all’aria”, “Indubbiamente è rischioso,
ma noi non sappiamo quale è la posta in caso invece tutto fili
liscio, sicuramente per il nostro assassino la Signora Mousset viva
è un rischio tale che considera il suo piano un rischio minore”, si
alzò ed andò in bagno a sciacquarsi la faccia.
“E adesso cosa farete ?”, “Aspettiamo”, “Victor ha piazzato due
piccole telecamere, Gossec le sta monitorizzando dai PC, non
possiamo fare altro che questo, se ho visto giusto”, sbirciò
l’orologio sulla parete, “Tra meno di mezzora avremo tutte le
nostre risposte”.
33
XVII
Alle sei e quindici ognuno era al suo posto. Victor e Gossec
davanti ai computer a controllare le telecamere, cellulari accesi,
Du Pre nell’Ufficio del Direttore a girarsi la pipa tra le mani, il
Direttore nel seminterrato con due uomini del servizio di
sicurezza pronto ad intervenire, il portiere nella Hall con le
orecchie e gli occhi vispi. Emy si levava la vestaglia e si infilava
nella vasca da bagno colma di acqua calda emettendo un
voluttuoso sospiro.
Alle sei e venti precise la porta dell’ascensore del terzo piano si
aprì e Claude uscì con il suo carrello, fece il giro come suo solito,
partendo dal lato ad est, proseguendo su quello ad ovest e
tornando infine all’ascensore. Le scarpe il sacchetto di Madame
Mousset furono gli ultimi di quel piano, li lasciò davanti alla porta
e sparì per fare il piano successivo.
Passarono due minuti. Un uomo scese le scale con circospezione,
si voltò a destra ed a sinistra, si diresse rapido verso la camera
della Signora, aprì con la chiave, afferrò scarpe e sacchetto, entrò
e si richiuse la porta alle spalle.
Victor e Gossec lo videro sui monitor dei loro PC. Gossec lo
vedeva dalla telecamera posta sull’armadio, Victor da quella posta
sullo stipite della finestra, entrambi lo videro entrare.
Si chiuse la porta alle spalle, aveva l’aria preoccupata, rimase
fermo dieci secondi poi partì come un razzo, infilò le scarpe alla
meno peggio nella valigia, aprì il sacchetto e sistemo la biancheria
in parte nello scomparto interno della stessa valigia, in parte
dentro i cassetti dell’armadio, accese la televisione a volume
decisamente alto ed aprì la doccia, tirò fuori dalla borsa della
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Signora un PC, lo accese, pigiò sui tasti per diversi minuti, infine
lo lasciò aperto sulla scrivania, chiuse la doccia, levò il volume
della televisione ed armeggiò con il telecomando. Si guardò
intorno una volta, due volte, tre volte, sembrò sospirare,
un’occhiata all’orologio che aveva al polso, gettò le chiavi della
camera sul comodino e si sfilò un guanto dalla mano sinistra, che
per la prima volta Victor e Gossec notavano, guanto da chirurgo,
quasi dello stesso colore della pelle, difficile notarli su uno
schermo piccolo come il loro, ora però notavano che alla mano
destra lo aveva ancora. Un’ultima occhiata in giro, si assicurò di
avere in mano il cartello rosso, aprì la porta, uscì, la richiuse con
attenzione.
Victor compose un numero sul cellulare, Du Pre rispose e sentì
solamente “Fatto !”, si alzò, uscì dall’Ufficio dell’Ispettore e si
dispose sull’angolo del corridoio che dava dietro il banco della
Reception.
Da lì poteva vedere l’ascensore e vide la luce accendersi ed i
numeri crescere, l’ascensore si fermò al quarto piano, pochi istanti
e ripartì, i numeri presero a decrescere ed alle sei e quarantatre
esatte le porte si aprirono al pianterreno. Ne uscì un uomo ben
vestito, sui cinquanta, una ventiquattrore in una mano con sopra
appoggiato un soprabito, ed un piccolo trolley nell’altra, senza
esitazioni si diresse dal portiere e mise sul banco le chiavi della
sua camera, in quel momento Claude passò lì davanti recandosi
dal lato destro del pianterreno a quello sinistro con il suo carrello
delle consegne, l’uomo si girò e lo salutò sfacciatamente, Claude
ricambiò.
Firmò la ricevuta della carta di credito e quando fece per
abbassarsi e riprendere da terra la sua ventiquattrore Du Pre uscì
allo scoperto alle spalle del portiere, mani nelle tasche della
vestaglia e pipa spenta in bocca.
35
XVIII
“Buongiorno”, l’uomo lo fissò stupefatto, forse lo aveva
riconosciuto, forse aveva già capito, “Andiamo di fretta ?”, “Ho
un volo tra poco più di un’ora, giusto il tempo di arrivare
all’Aeroporto e fare l’imbarco”, in quell’istante Gossec, trafelata
nel suo pigiama rosa con ciabatte verdi saltò gli ultimi due gradini
delle scale, aggirò l’uomo ed una volta arrivata dietro il bancone
infilò una chiavetta USB nel computer dell’albergo, smanettò
pochi secondi, Du Pre osservò, girò lo schermo a favore
dell’uomo che vide se stesso nella camera della Signora Mousset
mentre svuotava il sacchetto della biancheria nei cassetti, si voltò
verso l’uscita, “Sconsigliabile”, disse Du Pre mostrando di avere
in mano il telecomando per far scattare la serratura elettrica
dell’unica porta di accesso ed entrata all’Albergo, “Neanche con
una buona rincorsa riuscirebbe a rompere quei vetri, sa sono di
quelli con la pellicola all’interno tra due strati di vetro,
rimbalzerebbe facendosi anche parecchio male”.
Si guardarono lui e l’assassino, in quel momento apparvero
davanti alla porta d’ingresso il Direttore con i due uomini della
sicurezza. Du Pre sfilò la penna USB dal computer e la restituì a
Gossec, lasciò nelle mani del portiere il telecomando della porta e
concluse con “Chiamate la Polizia adesso”, si girò e se ne andò
verso l’ascensore.
Erano le sette e venti, la temperatura nella stanza era decisamente
elevata, Du Pre chiuse la porta alle sue spalle, Emy nel suo
accappatoio bianco era davanti allo specchio ad asciugarsi i
capelli, tirò su le imposte ed osservò, oltre la bruttura grigia della
Stazione Perrache, le lame di Sole che rimbalzavano sui tetti della
città. “A che ora è il treno ?”, chiese, “Alle 15.20”, rispose Emy
dal bagno, “Abbiamo tempo”.
36
XIX
La funicolare che da Vieux Lyon sale alla Fourviere partì con un
balzo deciso, pochi metri ed uscì sulla strada dalla facciata del
palazzo, attraversò la via, piegò appena a destra e sparì nella
galleria, solamente pochi minuti e si fermò, le porte si aprirono,
grandi scaloni e pochi turisti, l’uscita sulla strada era molto
scenografica, esattamente davanti ai cancelli della Basilica, tutti e
quattro attraversarono il sagrato e, seguendo l’Ispettore, scesero i
gradini della Cripta, un ambiente moderatamente luminoso, con
le pareti ricoperte di placche di marmo con scritte frasi e date.
Andò diritto verso il centro e si sedette su un banco, Emy
accanto a lui, Victor e Gossec dopo un passaggio lungo le pareti
imboccarono le scale che portavano alla Chiesa Superiore.
“Un buon risultato”, disse Emy, “Sono entrata in Chiesa e mi
sono seduta, ancora non sono stata incenerita da un fulmine,
quindi forse ho speranze”, Du Pre sorrise, “Allora, chi era
l’assassino ?”, “Non ne ho la minima idea e non mi interessa”, si
alzò, “Ho fatto il mio dovere, l’ho preso, ora spetta alla
Magistratura capire perché, ammesso che abbia importanza”,
“Non sei curioso ?”, “No”, la risposta fu secca, si girò e cammino
fino ad una della nicchie sulla parte sinistra dell’altare, anche
questa piena di targhe di marmo. Emy lo raggiunse. Du Pre sfiorò
con le mani una targa, era piccola, rettangolare, c’era scritto in
lettere rosse semplicemente, “Reconnaissance d’un soldat 19141918”. “Mio nonno”, sussurrò Du Pre.
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XX
Il TGV proveniente da Marsiglia e diretto a Parigi fermava
solamente cinque minuti a Lione così i convenevoli con
l’Assessore e gli accompagnatori si svolsero già all’annuncio
dell’ingresso del treno in Stazione e quando il lungo ed affusolato
convoglio a due piani si arrestò loro erano già pronti con i bagagli
in mano, sistemarsi a bordo su semplice ed il treno ripartì che
erano già seduti nel salottino a quattro posti di prima classe ed
immediatamente arrivò il cameriere per sentire se volevano
mangiare.
Alla fermata, unica sulla via di Parigi, di Le Creusot, Du Pre
dormiva con la testa appoggiata al vetro del finestrino, Victor
dormiva con il cappello a larghe falde calato sul volto, Gossec
dormiva con la testa appoggiata sullo schienale del sedile, Emy
estrasse dalla borsetta la piccola Derringer due colpi, la aprì, prese
da una tasca interna della borsetta un piccolo proiettile e lo
sistemò nella canna superiore in sostituzione di quello sparato,
lucidò il calcio in madreperla con un fazzoletto di panno e rimise
tutto ordinatamente nella borsetta.
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Lione
28/29 Marzo 2009
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