UN`INDAGINE IN PIGIAMA
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UN`INDAGINE IN PIGIAMA
Dalle Cronache dell’Ispettore Capo Du Pre UN’INDAGINE IN PIGIAMA Ingresso Passage de l’Argue – Lione 1 Storia Originale di Marcello Salvi Ogni riferimento a fatti o persone realmente esistenti è puramente casuale. Ogni singolo luogo descritto in questa storia e che si trovi al di fuori dello Chateau Perrache esiste realmente così come descritto. Tutte le foto sono state scattate da me personalmente tra il Luglio del 2003 ed il Marzo del 2009. Copyright Marcello Salvi 2009 ISBN 978-1-4092-7834-4 2 I Aveva vinto, era questo il succo del discorso, c’erano voluti quasi 37 anni, ma aveva vinto lui, la voce roca dell’altoparlante della Stazione era come una Sentenza, “Lyon Part Dieu”. Lione, da cui era stato cacciato con una promozione a Parigi come foglio di via e nella quale ora tornava con un invito Ufficiale, con un nome sul cartellone, con una macchina ad aspettarlo, con cerimonie ufficiali pronte per lui. Quella che scese dal TGV fermo al Voie D della Gare Part Dieu di Lione, attesa da un Assessore del Comune e da un drappello di fotografi, sebbene invecchiata, forse imbolsita, sicuramente non appassita, era la famigerata, temuta, ostacolata Banda Du Pre. Il Capo indiscusso, l’Ispettore Capo Emile Armand Du Pre, incubo dei delinquenti e dei suoi Superiori, l’Ispettore Victor Chevreuil, Vice di Du Pre, ex galeotto prima, efficientissimo investigatore poi, il Vice Ispettore Janine Gossec, sbattuta a dirigere il traffico perché troppo zelante e riciclata da Du Pre come segugio infaticabile ed infine Emmanuelle Justine Foquet Dammartin de Brive-la-Gaillarde, amante dell’Ispettore Capo Du Pre da quando era ancora minorenne, sotto inchiesta da più di trenta anni per svariati omicidi, senza che mai una sola prova risultasse risolutiva, forse proprio grazie alla protezione di Du Pre, bellissima, oltre ogni ragionevole dubbio, questo si, e nonostante il tempo passato ben pochi uomini riuscivano a restarle indifferenti. L’Ispettore Capo Du Pre, l’unico Poliziotto ad avere ricevuto pubblici encomi solenni da ben cinque Presidenti della Repubblica Francese, Grand Maître della Legion d’Onore ed Ufficiale dell’ Ordre des Arts et des Lettres, scese dal treno come un Re che tornando a casa dopo lungo esilio getta lo sguardo intorno cercando di scorgere, annusare, interpretare i cambiamenti. 3 II E Lione era cambiata in trenta anni, ora era moderna, efficiente, evoluta, metropolitane che viaggiavano da sole, tram che correvano silenziosi su binari quasi invisibili e palazzi alti e luccicanti che le davano tanto l’aria da Down Town Nordamericana, ma lui sapeva che passato il fiume, il lento, placido, immenso Rodano, tutto era rimasto come prima, la Vecchia Lione non si cambiava, nella Vecchia Lione ogni pietra era un simbolo, da St Jean alla Fourviere, da St Just alla Croix Rousse, la Capitale delle Tre Gallie non mutava se stessa, si levava solamente un po’ di polvere di quando in quando. La Renault Grand Espace che li aspettava fuori della Stazione si mosse silenziosamente nel traffico rado di quel Sabato mattina, attraversò il Rodano sul Pont Wilson, con Du Pre che gettò lo sguardo a destra, in alto, verso la collina della Croix-Rousse, poi scivolarono lungo i Quais del Rodano fino a Place Carnot e poi al di là della futuristica Stazione di Perrache, che Du Pre etichettò come uno sfregio sul volto di Lione, proprio come la Piramide di vetro del Louvre a Parigi. Dall’altra parte del grigio e lineare edificio in cemento armato il Cours de Verdun, con i suoi vecchi magazzini ed i palazzi noveau, un contrasto troppo forte da digerire per il delicato equilibrio visivo dell’Ispettore Capo. La stanza che gli assegnarono allo Chateau Perrache, come da sua richiesta ai piani alti, aveva le finestre a Nord e si vedevano le guglie di St Jean, la Fourviere e i tetti rossi della Croix-Rousse. 4 III Ore 13, appuntamento nella Hall, Du Pre, puntuale come al solito era già sul marciapiede del Cours de Verdun a caricare la sua pipa, con il suo trench beige addosso pigiava il tabacco nella pipa che faceva sprofondare nella sacca che aveva tirato fuori dalla tasca, Gossec uscì dall’Hotel poco dopo, scarpe da ginnastica, jeans, maglione chiaro e giaccone scuro, una macchina fotografica digitale in mano, “Non sono mai stata a Lione”, si giustificò. Victor uscì qualche minuto dopo, scarpe lucide, un cappotto blu che era una via di mezzo tra un loden ed un treinche, con il bavero alzato, un cappello alla Al Capone in testa ed un sigaro in mano pronto per essere acceso. Attesero. Sapevano che li avrebbe fatti attendere. La pipa di Du Pre emetteva volute di fumo blu ed il sigaro di Victor era già consumato per un terzo quando finalmente Emy uscì dalla porta dell’Albergo. Sembrava uscita da una rivista di moda, come sua abitudine, le scarpe con i tacchi alti, il cappotto di cachemire chiaro allacciato con la cinta, i suoi occhiali da sole ed i capelli che le fluivano castani sulle spalle. “Per prendere la Metro dobbiamo fare il tunnel di Perrache”, disse Du Pre scrollando la pipa dalla cenere e ficcandosela in tasca senza curarsi se fosse ancora accesa o meno, “La Metro ?” ribatté subito Emy, “Prendiamo un taxi !”, “Per due fermate ?” Rispose Du Pre avviandosi ed immediatamente seguito da Victor e Gossec. Emy sbuffando si accodò. Gossec si divertì molto ad osservare Emy che cercava di non cadere salendo e scendendo dalle scale mobili sui suoi tacchi a spillo. La luce la rividero alla Place de Bellecour, l’enorme campo da tennis nel centro di Lione, per via della terra rossa di cui era ricoperta. Du Pre immediatamente si diresse verso il Bistrot all’angolo delle Rue de la Republique, aveva voglia di sedersi di nuovo ad uno di quei tavoli, Victor e Gossec lo seguirono in 5 silenzio, Emy si fermò poco prima di entrare, “Ma dobbiamo mangiare in questa bettola ?”, Gossec rise, Victor entrò senza dire nulla, Du Pre, che teneva la porta aperta, scrollò la testa e si infilò all’interno. Anche questa volta Emy li seguì sbuffando. Il tavolo a cui si sedettero con le loro baguette ripiene di insalata, mozzarella e maionese era sull’angolo di una rientranza, lungo un muro addobbato a lungo divano, con sedie sul lato opposto, tutti iniziarono a mangiare con gusto, solamente Emy si rigirò per le mani la baguette non resistendo a dire, “Proprio non capisco questa vostra passione per queste …”, si guardò intorno, “… taverne !”, addentò il panino, “Ma insomma, con tanti bei ristoranti, accidenti siamo a Lione, la capitale gastronomica della Francia e mangiamo …”, osservò il suo panino, “… come degli operai della banlieu parigina !”, “Una volta mangiavi gli avanzi di MacDonald senza fare tante storie”, lanciò nel mucchio Du Pre senza guardarla, “Sono passati trenta anni”, ribatté Emy, “Ed a quel tempo da questa città ti cacciarono !”. Victor e Gossec risero divertiti dalla scaramuccia. 6 IV La cosa che più di ogni altra aveva creato problemi a Du Pre nella sua carriera era la sua ricchezza, l’Ispettore Capo Du Pre era schifosamente ricco, ma non lo era nato, lo era divenuto all’improvviso, nel corso di un’inchiesta, un’eredità tanto ingente quanto dubbia, arrivata da un clouchard che non era un clouchard, proprio mentre scopriva i retroscena della famosa rapina alla Banca di Normandia di trenta anni prima, coincidenza che fece sempre pensare al Capo della Polizia Bertrand che Du Pre avesse trovato il bottino e se lo fosse intascato, anche perché tra un inseguimento ed una sparatoria, alla fine, tutti i protagonisti di quel furto finirono ammazzati prima di poter essere interrogati, uno proprio da Du Pre, anzi da Emy con una Derringer due colpi, ma questa era una storia troppo complessa da spiegare al Capo. La parte vera era che Du Pre aveva effettivamente trovato il bottino, ma non lo aveva mai toccato, i quintali di lingotti d’oro non furono mai spostati da quel vagone della Metro, nascosto in un tunnel non segnato sulle mappe della RATP. 7 V La Rue de la Republique, che va dalla Place de Bellecoeur alla Place des Terreaux è gli Champs Elysees di Lione, le boutique migliori, le griffe più alla moda, ogni negozio, insegna, luce grida lusso e carte di credito con plafond generosi. All’altezza del Passage de l’Argue Emy era già entrata ed uscita da decine di negozi, Victor era ormai oberato di buste e la stessa Emy si muoveva trascinandosi dietro enormi e costose confezioni. Du Pre guardò l’orologio, “Ancora sei ore alla conferenza, saranno lunghe”, tirò fuori la pipa che aveva messo in tasca prima di salire in Metropolitana e la riaccese. Sulla Place de la Bourse Emy prese un taxi, lo riempi delle sue carabattole e tornò in albergo, Du Pre, Victor e Gossec proseguirono la passeggiata, fino alla Place dell’Hotel de Ville ed oltre, Du Pre li guidò per vicoli e stradine finché non sbucarono su una Piazza dove spiccava il cartello della Metro, la fermata Croix Paquet, la funicolare che portava alla Croix-Rousse, una sola fermata ed appena furono sulla Piazza principale del Quartiere sulla collina Du Pre partì come un razzo, ma invece di andare verso il grande slargo, la via principale, le luci dei negozi andò dalla parte opposta, giù per un vicolo fino ad una piazza lastricata in mattoni chiari, moderna, anonima. Victor e Gossec lo seguivano in silenzio. Imboccò un’altra stradina insignificante, uscite di garage e magazzini, un’altra e si lanciò giù per una scala tanto sdrucciolevole quanto sporca, ma molto larga. Alla base una piazza rettangolare, spoglia, piena di alberi magri e dalle foglie grigie, al centro della Piazza un vicolo che partiva verso chissà dove, su un angolo un bar, di quelli di quartiere di periferia, due vecchietti e due balordi seduti ai tavolini, sull’altro angolo un fruttivendolo, sul lato opposto della stradina la pensilina del bus numero 6. Du Pre superò tutto questo, si chinò a bere alla fontanella che si trovava subito dietro la fermata del bus e continuò fino all’angolo Sud della Place Colbert, dritto 8 verso una panchina in ferro, che dava su una veduta di Lione, sulla quale si sedette. Victor e Gossec in piedi alla sue spalle gettarono lo sguardo a quel panorama. Le uniche cose che si vedevano erano muri, muri gialli, di povere case, panni stesi e sopra questa muraglia svettava la guglia dell’Ago di Lione, il Grattacielo della Part Dieu, con il suo color ruggine e la sua forma a proiettile minacciosamente puntato contro il cielo. Passò un’ora prima che il tabacco della pipa dell’Ispettore finisse, allora si alzò e senza dire una parola, sempre seguito da Victor e Gossec, proseguì verso l’angolo opposto della Piazza rispetto a dove erano entrati, si gettò per la stradina in discesa che correva lungo il muraglione, due svolte, due attraversamenti e si trovarono come per magia nuovamente nella Piazza dove c’era la fermata Croix Paquet, l’Ispettore si infilò sottoterra e loro lo seguirono. Venti minuti dopo uscivano sotto i lampioni nel Cours de Verdun e rientravano nella Hall dell’Albergo. 9 VI Meno due ore alla Conferenza, Du Pre aveva il tempo di riposarsi dalla lunga passeggiata e di dare una ripassata agli appunti che si era segnato sul block notes, ma appena entrò in camera fu aggredito. Emy avvolta in un accappatoio bianco gli urlò “Finalmente !”, lo afferrò per un braccio e lo trascinò al centro della stanza dove sembrava fosse esploso un grande magazzino, buste, confezioni, scatole di scarpe, tutto era sparso su sedie, poltrone, letto, “Devi prepararti per la conferenza”, Du Pre la fissò, si tolse il treinch, “Sono già pronto, devo solamente …”, “NON SE NE PARLA PROPRIO !”, Du Pre rimase basito dal tono, “Non andrai alla conferenza vestito come il Tenente Colombo !”, afferrò l’impermeabile e lo gettò in un angolo, “Tu sei l’Ispettore Capo Emile Armand Du Pre !”, Du Pre la fissò, “Sei il mito vivente della Polizia Francese, sei l’Eliot Ness dell’Era Moderna”, lo fissò, “Levati questa robaccia di dosso e vatti a fare una doccia, al resto penso io”, impossibilitato a fare altro ubbidì. Con un asciugamano legato in vita uscì dalla cabina, dove potenti getti erano riusciti a praticargli un idromassaggio verticale ed immediatamente si trovò davanti Emy, armata di asciugamano, lo fece sedere su uno sgabello e dopo avergli tamponato la faccia con una pezza calda lo insaponò e gli fece la barba, era la prima volta nella sua vita che qualcun altro gli faceva la barba. Finito che ebbe gli passò una mano sulla faccia, “Perfetto !”, lo prese alle spalle ed inizio a massaggiarli le guance con le mani unte di qualcosa di freddo e profumato, finché sia le mani che le guance non divennero perfettamente asciutte. In camera trovò schierato sul letto un vestito grigio forgia che non ricordava di avere, Emy notò lo sguardo stranito. “L’ho comprato oggi !”, Du Pre lo indossò, gli calzava a pennello, come le scarpe nere ed indubbiamente eleganti, la camicia blu scuro, si guardò allo 10 specchio proprio mentre Emy lo girava, gli tirava su il collo della camicia per mettergli la cravatta bordeaux e fargli il nodo, gli infilò a tradimento la giacca e prese da un piccolo astuccio un bottone rosso che gli sistemo nell’occhiello del bavero. “La Legion d’Onore non lo mai indossata”, “E’ ora !”, gli rispose Emy. Sparì, tornò con un pettine, lo pettinò con accuratezza, infine tirò su dal letto un lungo cappotto blu scuro e quando lo ebbe sistemato sull’Ispettore con piena soddisfazione lo fissò per alcuni istanti, “Adesso sembri una cosa seria !”, Du Pre concordava, ma si sentiva a disagio, con una pelle non sua, per finire Emy aprì una piccola scatolina dalla quale tirò fuori una costosa pipa di marca italiana nuova di zecca e la fece sparire nella tasca destra dal cappotto insieme ad una busta nuova del tabacco preferito di Du Pre, nella sinistra lasciò invece cadere un costosissimo accendino dorato, un curapipe di evidente pregio venne invece ficcato nel taschino all’altezza del petto, “Gli accessori contano !”, si girò senza attendere commenti, “Ora vai pure nella Hall a fumarti la pipa, io sarò pronta in dieci minuti, lanciò l’accappatoio sul letto e vestita solamente di un paio di ciabatte sparì in bagno. Nella Hall tirò fuori dalla tasca la pipa e se la rigirò tra le mani, era molto bella, ma esulava dal suo concetto di pipa, a lui piaceva fumarle, lo aiutavano a meditare, ma spendere 300 euro per una pipa era fuori dai suoi schemi mentali, così come spenderne 600 per un accendino, quello che tirò fuori dall’altra tasca e che aprendolo fece il suo tipico clang metallico, tuttavia, snobbare quei regali avrebbe voluto dire offendere Emy, quindi coscienziosamente prese la busta del tabacco ed iniziò a caricarsi la pipa, proprio mentre Gossec usciva dall’ascensore. Un vestito da sera lungo, spalle scoperte coperte da una stola, scarpe di vernice con alti tacchi, guardò l’Ispettore e rise, “Anche lei vittima di Emy ?”, fece una piroetta, “Mentre eravamo fuori è entrata nella mia camera, mi ha portato via la valigia e mi ha lasciato 11 questi vestiti con un biglietto, <vestiti da donna, almeno per una volta>”, “Non sta niente male !”, “Neppure lei Capo”, risero tutti e due proprio mentre Victor scendeva dalle scale, lui odiava gli ascensori, vestito Anni ’40, con uno dei suoi cappelli d’epoca, il sigaro in mano, il cappotto con il bavero alzato, osservò i suoi colleghi, “Vedo che Madame è riuscita a darvi una ripulita”, si toccò la tesa del cappello e sfilò loro davanti tirando fuori dalla tasca l’accendino mentre imboccava la porta d’uscita dall’Hotel, i due risero di nuovo e lo seguirono, ma prima Du Pre si fermò alla Reception, “Ci può chiamare un taxi ?”, si fermò, tornò indietro, “Anzi no, ne faccia venire due, tra mezzora, grazie”, ed uscì. 12 VII I due taxi li depositarono esattamente davanti il grande palazzo che avrebbe ospitato la conferenza, esattamente in quel momento Du Pre maledì se stesso per avere accettato, in un impeto di vanità, di prendere parte a quell’assurdità. Furono accolti con tutti gli onori, il responsabile dell’evento li accompagnò in Sala e tra gli applausi Du Pre andò a sedersi a tavolo predisposto su una specie di palco, mentre Emy, Gossec e Victor si accomodavano in prima fila. L’oratore parlò per dieci minuti, ringraziò Du Pre ed i suoi collaboratori per essere intervenuti al festival del Poliziesco, parlò dell’importanza di una figura carismatica come quella dell’Ispettore, della sua capacità di risolvere ogni caso, anche i più complessi, poi, come da programma, lasciò liberi gli intervenuti di fare domande a Du Pre. E le domande fioccarono, l’Ispettore stentava a credere che tante persone lo avessero seguito così attentamente nel corso degli anni. Fecero domande sul caso del cadavere nel Metrò, sul caso di Mademoiselle Alphand, sul caso della Chiazza di Sangue e dell’Omicidio della Croix-Rousse, ma la domanda che infiammò la serata e la trasformò in un evento assoluto, con grande sollucchero degli organizzatori, fu la domanda che una giovane studentessa di criminologia porse a bruciapelo, senza rendersi conto di ciò che avrebbe scatenato. 13 VIII “Cosa si prova ad uccidere qualcuno ?”, la sala ristette in religioso silenzio, “Non ho mai ucciso nessuno”, rispose sicuro Du Pre, un brusio si sollevò improvviso, la studentessa, stupefatta, incalzò, “Ma lei, nel caso del Clouchard del Passage Vendome, sparò ad rapinatore nel Tunnel del Canal St. Martin, uccidendolo”, “In 42 anni di servizio non ho mai portato con me alcuna arma”, il brusio si fece più intenso e la studentessa proseguì, “Ma il rapporto”, lesse su un foglio che aveva tirato fuori dalla tasca, “dice chiaramente che lei sparò, con una Derringer due colpi, pistola fuori ordinanza”, Du Pre soppesò un attimo la risposta, poi lanciò come una fucilata, “Quel rapporto è falso !”, “Scherza ?”; chiesa stupefatta la studentessa, “E’ una copia originale avuta dall’Archivio della Polizia”, “Lo so, è autentico, ma è falso, l’ho scritto io, saprò se quel che ho scritto è vero oppure falso”, il brusio divenne un vociare intenso, “Ma allora chi ha sparato al rapinatore nel Tunnel”, “Madame Foquet!”, così Emy voleva essere chiamata in situazioni ufficiali, rispose prontamente l’Ispettore; la studentessa rimase con la bocca aperta, “Ma … mi scusi, visto che si tratta di un più che palese caso di legittima difesa quale motivo c’era di compilare un rapporto falso, addossandosi una sanzione disciplinare per uso di arma fuori ordinanza ?”, “Lei come avrebbe spiegato al suo Capo, che già non vedeva l’ora di trovare una scusa per darle addosso, che durante un inseguimento mentre lei era disarmata, contrariamente a quanto disposto dal regolamento, si era invece portata dietro il suo amante, armato, benché privo di porto d’armi e che era stato lui a sparare per difenderla ?”, la studentessa rimase basita, con il foglio del rapporto in mano, “Madame Foquet, ha sempre avuto l’abitudine di tenere quell’arma nella borsetta e dopo quell’occasione feci in modo di farle avere un regolare porto d’armi”, “L’ha anche adesso ?”, si sentì da una 14 voce in fondo alla Sala. Come rispondendo ad un comando Emy, per l’occasione vestita come Crudelia Demon, si alzò, aprì la borsetta e depositò la piccola Derringer sul tavolo davanti a Du Pre, il quale la alzò, la mostrò alla sala, “Derringer, con due erre, non fate confusione con le Deringer, due colpi a canne sovrapposte, due grilletti, uno per canna, calcio in madreperla e ceselli in argento, letale entro i cinque metri”, la restituì ad Emy che la rimise nella borsetta e tornò a sedersi soddisfatta. La studentessa, ancora incredula di avere scoperto un retroscena così succoso proseguì, “Ci sono altre … imprecisioni nei suoi rapporti?”, “Moltissime ! Non è assolutamente possibile in oltre quarantanni non violare le regole di quando in quando per motivi di servizio, soprattutto quando alcune regole sono scritte da dei burocrati che mai in vita loro hanno messo piede sulle strade”, “Ma non le sembra sovversivo dire che è necessario violare le regole per far rispettare le regole”, Du Pre sorrise, “Lei sa che esiste una circolare interna che vieta, durante gli inseguimenti su strada, di violare i limiti di velocità ?”, un ohh di stupore percorse la Sala, “Lei come pensa che una macchina della polizia possa inseguire dei malviventi limitandosi a passare con il rosso a sirena accesa ? Lei pensa che dei rapinatori in fuga rispettino i limiti di velocità ? E’ una norma assicurativa, serve a coprire le spalle all’assicurazione in caso di incidente, tutto qui”, “Ma allora è vero”, provò a chiedere un ragazzo dalla parte opposta della sala, “Che durante l’inseguimento nel caso del Cadavere del Metro usciste dal Periferique a 200 orari e proseguiste l’inseguimento su Avenue du Maine ai 240 ?”, “Si è vero, ma guidava Madame Foquet, io non sarei mai in grado di tenere su strada una macchina a quella velocità”, la sala rise. Poi arrivò una domanda che per Du Pre fu una liberazione. “Perché abbandonò la Prefettura di Lione per quella di Parigi dopo avere risolto l’Omicidio della Croix-Rousse ed essere stato promosso da Agente Scelto a Vice Ispettore ?”, “Non scelsi di 15 andarmene, fui cacciato”, il ragazzo che aveva fatto la domanda stava per ribattere, Du Pre lo fermò con una mano, “Promovetaur ut Amoveatur, che sia promosso affinché sia rimosso, questo avvenne”, la sala rimase in silenzio assoluto, “Avevo fatto troppo bene il mio dovere, c’era un colpevole con il coltello insanguinato ancora in mano, che non faceva nulla per difendersi ed accettava l’imputazione come fosse veramente colpevole, ma qualcosa non quadrava, non tornava, indagai, come ogni poliziotto dovrebbe fare, i riscontri sono la cosa più importante, feci delle scoperte, trovai il vero colpevole, andai a rovinare la festa nelle sale dei notabili dell’epoca, scoprii la verità, ma non era quello che si voleva”, osservò le facce stralunate della platea, “avevo fatto troppo bene il mio dovere, non potevano punirmi, quindi mi promossero, perché venissi mandato via da Lione”, prese un attimo di pausa, “Esattamente quello che successe all’allora Agente Janine Gossec, prima che la prendessi nella mia squadra, quando scrisse la verità in un rapporto, nonostante i suoi superiori l’avessero invitata a tacere quel piccolo particolare, fu promossa ad un grado superiore, ma che nella sostanza voleva dire passare dalla squadra investigativa a dirigere il traffico. La burocrazia è una brutta bestia”. 16 IX Le domande proseguirono ancora per due ore, Du Pre era evidentemente stanco, l’organizzatore della serata aveva gli occhi fuori dalle orbite dalla contentezza, per giorni sui giornali non si sarebbe fatto altro che parlare delle rivelazioni fatte a quella conferenza. Infine, quando l’orologio stava per allineare le lancette sulla mezzanotte arrivò l’ultima domanda. “Fra tre mesi andrà in pensione crede che un uomo d’azione come lei riuscirà a fare il pensionato ?”, Du Pre si stampò in faccia un sorriso, “Non sono mai stato un uomo d’azione, ho fatto il mio dovere, il lavoro che avevo scelto, ho corso quando c’era da correre, ho saltato quando c’era da saltare, senza entusiasmo, per necessità, il lavoro investigativo si fa soprattutto con la testa, ma quando non si hanno sufficienti uomini a disposizione si fa di necessità virtù e si fa anche il lavoro di altri, se si vuole veramente raggiungere l’obiettivo, come pensionato farò la cosa più banale e scontata in assoluto che uno come me, che per 42 anni ha inseguito malviventi ed assassini potrebbe fare”, una ragazza lo anticipò dalla sala, “Scriverà dei suoi casi ?”, “No”, la gelò l’Ispettore, “Io so scrivere solamente rapporti, farò scrivere a qualcun altro che sappia dargli forma più appetibile di una fredda ricostruzione amministrativa”. Un applauso scrosciò nella Sala e l’Organizzatore si alzò decretando chiusa la riuscitissima conferenza, che poi altro non fu che una lunga intervista collettiva a Du Pre. La folla si alzò, in parte si riversò verso il tavolo dell’Ispettore, una ragazza più svelta delle altre porse una cartolina ed una penna a Du Pre, “Me la firma ?”, l’Ispettore prese la cartolina, la girò, sembrava il Manifesto di un film noir, sfondo nero, la scritta bianca in caratteri strani diceva “La Banda Du Pre” e nell’immagine loro. Lui, nel suo trench, con la pipa in bocca, 17 Emy, in jeans e maglietta aderente, Janine Gossec, in divisa da poliziotta, con la pistola in mano rivolta verso il basso e lo sguardo nel vuoto, Victor, vestito di tutto punto nell’atto di accendere un sigaro, alle loro spalle la sagoma rossa della macchina di Monsieur Savages. L’immagine sebbene fumettizzata partiva da fotografie vere, Du Pre ebbe la sensazione di riuscire a comprendere in quale singolo momento ognuna di quelle immagini era stata scattata anni prima. La firmò e la restituì alla ragazza che la riprese e partì come un razzo verso il resto della Banda per farla firmare anche a loro. Passò mezzora prima che riuscissero a smettere di firmare cartoline e ad abbandonare la sala. Una rapidissima cena nel Ristorante dell’Albergo, che rimase aperto mezzora in più solamente per loro e poi ognuno nella propria camera a riprendersi dalla giornata intensa. 18 X La sveglia con grandi cifre rosse lasciò scattare le una e trenta, Du Pre, nel suo letto, con il telecomando in mano, saltava svogliatamente di canale in canale, non aveva sonno, ma era stanco, di una stanchezza quasi nuova per lui. La porta del bagno si aprì, sulla soglia apparve Emy, sandali rosa, autoreggenti bianchi, vestaglia di seta bianca aperta e null’altro indosso, con la luce della specchiera alle spalle, gli svolazzi della vestaglia si accendevano e sembravano le ali di un angelo. Lo raggiunse, si stese sul letto accanto a lui, gli passo la mano sul volto dandogli un bacio sulla guancia. “Emy, non ho più quarantanni”, per tutta risposta Madame Foquet gli tolse il telecomando dalle mani e dicendo, “Ma io ho ancora quarantanni !”, spense la TV. Nella luce gialla dei lampioni, che si trovavano proprio un metro sotto la finestra della loro stanza, Du Pre fissava il soffitto, cercando di riprendere fiato, le ombre giallastre che su di esse venivano proiettate assumevano a momenti tratti lugubri. “Perché quel giorno, al Bistrot di Rue Caulaincourt cercasti di sedurmi ?”, Emy sollevò la testa senza togliergli il braccio di torno, “Ero scappata di casa, sospettata di omicidio, fare gli occhi dolci all’investigatore mi sembrava la cosa più logica”, “Per anni sono stato oppresso dai sensi di colpa”, “Per avere fatto sparire un coltello ?”, “No, non per quello”, “E per cosa allora ?”, “Dio Santo, tu avevi quindici anni, io trenta”, Emy tornò a posargli la testa sulla spalla, “Tutto qui ?”, “Ogni volta che ci incontravamo in qualche squallido alberghetto della periferia giuravo a me stesso che sarebbe stata l’ultima, poi non riuscivo mai a mantenere la promessa, eri come una droga”, “Sono passati trenta anni dai quei giorni e siamo ancora nello stesso letto, qualcosa dovrà significare”. 19 XI Qualcuno bussava alla porta, con gentilezza ma insistenza, “Mounsier. Mounsier”, una voce urlava sottovoce dietro la porta. Du Pre alzò la testa, si tolse il braccio di Emy dal collo, che grugnì per protesta, e fissò le cifre rosse della sveglia che segnava le due e cinquantatre, fece per alzarsi ma fu bloccato, con una mano Emy lo rimise giù, accese la abat-jour del comodino, si alzò, si infilò la vestaglia sopra nulla, si fermò davanti allo specchio per pettinarsi, sistemò la scollatura perché fosse generosa ed andò alla porta. La aprì appena e mise fuori la testa, riconobbe il Direttore dell’Albergo accompagnato da un altro uomo che indossava la divisa di cameriere ai piani ed uscì sul corridoio, tenendo socchiusa la porta con una mano dietro la schiena, i due uomini, a quella vista, d’istinto, fecero un passo indietro, il Direttore deglutì, “Madame”, bofonchiò, “Avremmo necessità di parlare immediatamente”, sottolineò immediatamente, “con l’Ispettore Du Pre”, “L’Ispettore Capo Du Pre”, Emy sottolineò la parola Capo, “Sta dormendo”, “Me ne rendo conto Madame, ma vede”, deglutì di nuovo, “Abbiamo urgenza”. Emy li fissò, poi disse: “C’è stato un omicidio nell’Hotel e voi volete chiudere il caso in fretta, senza chiamare la Polizia in piena notte per non disturbare i clienti”. I due uomini fecero un altro passo indietro, più che altro un balzo e deglutirono entrambi. Emy chinò il capo e sbuffò. “Vado a chiamarvi l’Ispettore Capo Du Pre”. Du Pre, ormai sveglio, era seduto sul letto in attesa di notizie, Emy lo raggiunse, si sedette ai piedi del letto, “E’ il Direttore dell’Hotel, hanno ammazzato qualcuno e vorrebbe evitare di chiamare la Polizia in piena notte per non fare baccano”, Du Pre si grattò la nuca e si alzò, Emy anche, corse verso la valigia e tirò fuori un fagotto, “EMILE !”, l’Ispettore si girò, Emy gli porse il 20 pigiama e solamente allora si accorse di non avere nulla addosso, mentre lo indossava rapidamente Emy estrasse da una delle tante buste del giorno prima un altro indumento che gli aprì davanti invitandolo ad indossarlo, una giacca da camera, viola e blu, lunga fin sotto le ginocchia, con la cinta e le tasche, mentre la allacciava lo pettinò, prese dal comodino la pipa nuova, l’accendino, la busta di tabacco e li ficcò nelle tasche. “Torna a dormire, mi faranno perdere la notte per spiegare che la Polizia la devono chiamare comunque”, afferrò le chiavi della camera dalla scrivania ed aprì la porta. “Dunque Signori …”, esordì prima di essere bruscamente interrotto dal Direttore che con eloquenti segni di faceva capire di abbassare la voce, si girò verso il cameriere, un uomo sui cinquanta, altezza media, corporatura media, il quale partì a razzo, con un mazzo di chiavi in mano, verso una camera in fondo al corridoio nella quale entrarono tutti. Du Pre si guardò intorno ma non vide cadaveri, il Direttore gli fece cenno di sedersi sulla poltrona. “Questa camera è vuota, qui potremo parlare tranquillamente.”, prese fiato, “Al terzo piano, la Signora Mousset è deceduta”, “Chi l’ha trovata ?”, fu la prima domanda, “Amal, la cameriera che è entrata per rifare la stanza”, rispose il cameriere, “Alle due del mattino ?”, “Il fatto è che”, intervenne il Direttore, “Il nostro Hotel è uno di quelli spesso usati dagli artisti che lavorano all’Opera e nei altri Teatri, sa che orari assurdi hanno, lo spettacolo inizia alla nove, finisce a mezzanotte, cenano, vanno a bere qualcosa, difficilmente sono in albergo prima delle sei del mattino, vanno a dormire e si alzano alle tre del pomeriggio, non ci sarebbe mai modo di rassettare le loro stanze, così abbiamo una cameriera che se occorre fa le stanze di notte, i clienti quando escono la sera mettono il cartello verde fuori della porta e chi è di turno sa che quella stanza è da rifare”, “E fuori della stanza della Signora Mousset c’era il cartello verde ?”, “No !”, si affrettò a dire il cameriere, “O meglio, non avrebbe dovuto esserci, 21 probabilmente un mio errore”, “Questa me la spiega !”, disse Du Pre sedendosi finalmente sulla poltrona ed essendo ora più interessato a sapere qualcosa di più ma lo stesso informò, “La Polizia comunque dovete chiamarla”, il Direttore sottovoce, “Ma l’assassino è ancora nell’Hotel ! Non è meglio evitare baccano, ?”, “Ma come fate ad esserne sicuri ?”, “Nessuno è uscito dall’albergo dopo che la Signora Mousset è rientrata, e per uscire bisogna per forza passare davanti alla Reception”, “Non ci sono uscite di sicurezza in questo edificio ?”, “Certo ! Ad ogni piano !”, “E allora …”, venne interrotto dal cameriere, “Tutte le uscite di sicurezza sono chiuse con porte allarmate, basta abbassare la leva per aprire la porta e scatta la sirena antincendio in tutto l’Hotel”, “Uscito da una finestra ?”, “Impossibile ! Le finestre sono fisse, l’unico modo di aprirle è rompere il vetro”, disse subito il Direttore, ed il cameriere aggiunse, “Ed ogni finestra è collegata ad un allarme antifurto, forzandola o rompendo il vetro si interrompe il circuito e scatta l’allarme nella Reception”, “Il sistema è anche collegato alla Centrale di Polizia”, precisò il Direttore. “Bene, quindi l’assassino, ragionevolmente, è ancora in questo edificio”, sbadigliò, “Immagino intenda uscirne come niente fosse”, la sua stessa affermazione lo fece immediatamente riflettere, si assestò meglio sulla poltrona, un click scattò da qualche parte e dalla sua mente uscì la necessità di chiamare la Polizia, fece segno ai due uomini di sedersi anche loro, si rivolse al cameriere, “Come si chiama lei ?”, “Claude, Monsieur, addetto ai piani del turno di notte, da quindici anni”, “Bene Claude, mi spiega questo fatto secondo il quale il cartello verde alla porta della Signora Mousset sarebbe stato un suo errore ?” 22 XII “Io”, iniziò Claude, “Intervengo dopo le due del mattino, anche se prendo servizio a mezzanotte, ma tra la mezzanotte e le due faccio servizio per eventuali pasti in camera, all’una chiudono le cucine ed io mi preparo al servizio vero e proprio”, si fermò un istante per osservare l’Ispettore il quale lo fissava con aria estremamente interessata, “Ha presente quei fogli di servizio che si trovano nella cartellina che in ogni stanza c’è sulla scrivania ? Quelli che descrivono i servizi offerti e le tariffe ? Lucidatura scarpe, servizio lavanderia, quotidiani, colazione in camera ? Io mi occupo di quello. Sulle istruzioni è scritto chiaramente che eventuali scarpe, sacchetti con biancheria da lavare o fogli di comanda devono essere lasciati fuori dalla porta entro le una e trenta del mattino. Alle due inizio il mio giro, parto dal quinto piano con il mio carrello, percorro tutto il corridoio, raccolgo le scarpe, i sacchetti della biancheria, i fogli di comanda. Le scarpe le etichetto con il numero della stanza e le tengo nel carrello, i fogli di comanda li metto nel cassetto apposito del carrello mentre i sacchetti con la biancheria, dopo averli etichettati con il numero della stanza, prima di prendere l’ascensore per passare al piano successivo, li metto nel montacarichi e li mando direttamente in lavanderia, nel seminterrato, quando ho finito il giro passo dalla reception e lascio i fogli con le comande, poi anche io vado nel seminterrato e lucido le scarpe”, riprese fiato, “Alle sei riprendo il giro di ritorno, salgo con le scarpe lucidate, passo dalla reception dove ritiro eventuali quotidiani richiesti dai clienti e che il portiere ha provveduto a farsi consegnare dal giornalaio sulla Piazza, salgo al quinto piano, chiamo il montacarichi su cui trovo i sacchetti di biancheria lavata e stirata di quel piano e consegno, poi passo al piano di sotto e ricomincio fino ad arrivare nuovamente al piano terra. Lascio tutto davanti alle porte”. 23 “Quindi non vede mai i clienti ?”, “No, mai”, “E la storia del cartello verde ?”, “Si, ecco … quando sono passato davanti alla stanza della Signora Mousset ho trovato un paio di scarpe molto strane, blu elettrico, con tacchi altissimi e brillantini sopra ed un sacchetto di biancheria da lavare attaccato alla maniglia, nel prenderlo ho fatto cadere il cartello di stato della camera, quello che se esposto sul rosso vuol dire <do not disturb> e se esposto sul verde vuol dire <please, clean room>, quando sono passato il cartello era girato sulla parte rossa, ma Amal, la cameriera, dice di essere entrata perché il cartello era girato dalla parte verde”, sospirò, “E’ possibile che nella fretta lo abbia rimesso a posto al contrario”, “Lei è sicuro che il cartello era sul rosso quando è passato ?”, “Assolutamente certo”, “La Signora Mousset è una cliente che conoscete ?”, “Perfettamente !”; intervenne il Direttore, “Madame Mousset è un’Ispettrice della Banque de France, viene a Lione almeno dieci volte l’anno, per periodi dai 5 ai 10 giorni e viene sempre nel nostro Hotel, da sette anni”, “Era abitudine della Signora appendere il sacchetto alla maniglia”, “In verità”, preciso Claude, “Era la prima volta in assoluto che usufruiva del servizio e se posso permettermi”, “Si permetta pure”, approvò Du Pre, “Quelle scarpe blu con i brillantini”, fece una pausa, “Non erano proprio da lei, era una donna molto … rigida, ecco”, Du Pre sbadigliò, “Tailleur dai colori freddi, grigi blu, scarpe basse, borsa capiente, carta di credito, acqua naturale, poco trucco e capelli sempre pettinati allo stesso modo”, il Direttore e Claude si guardarono stupiti, “Parigi è piena di donne come quella che ho descritto, noiose”. 24 XIII Du Pre guardò l’orologio che si stagliava sulla parete chiara della camera dove erano seduti, segnava le tre e ventitre. “Ho bisogno dei miei collaboratori, per favore li faccia chiamare”, il Direttore fece un cenno con la testa e Claude si alzò immediatamente, “Poi torni qui”, gli gridò dietro Du Pre, “Non abbiamo ancora finito, devo capire a che ora l’assassino intende uscire dall’Hotel”, il Direttore lo fissò stupefatto e lo osservò mentre chiedeva: “Mi porti a vedere il cadavere”. La porta si aprì ed il Direttore fece un passo indietro, con la luce che entrava dal corridoio Du Pre intravide l’interruttore della luce sul muro proprio accanto all’ingresso, “Avete acceso la luce entrando ?”, “Si, sia Amal, che Claude e forse anche io”, “Con buona pace delle eventuali impronte digitali dell’assassino”, in ogni caso tirò fuori dalla tasca la pipa e spinse l’interruttore con il bocchino, entrò. Madame Mousset era riversa sul letto, completamente nuda, con la testa rivolta verso la porta, gli occhi e la bocca spalancati. L’Ispettore guardò bene per terra, poi si avvicinò al letto, senza toccare nulla avvicinò il volto alla morta, la osservò, le girò attorno e la osservò dall’altro lato, poi sembrò annusare l’aria, alzò il viso versò gli aeratori posti sopra l’armadio a muro, si girò intorno e si diresse verso la porta del bagno, osservò il termostato della stanza e sentì una goccia di sudore colargli lungo la tempia. Un ultimo sguardo panoramico per l’intera stanza, spense la luce sempre con il bocchino e chiuse la porta. “Voi avete le doppie chiavi di tutte le stanze, dico bene”, “Esattamente”, “Quindi come sono andate le cose, chi l’ha avvertita ?”, “Claude, mi ha chiamato al telefono, io abito a due strade da qui, mi ha detto che Amal aveva trovato Madame Mousset morta e sono corso, con la doppia chiave abbiamo aperto e visto cosa era successo abbiamo richiuso e siamo subito 25 venuti a chiamarla”, “E Amal dove è ora ?”, “In lavanderia, non voleva rimanere sola e lì sotto c’è sempre qualcuno al lavoro”. Du Pre annuì soddisfatto proprio mentre una stravolta Janine Gossec usciva dall’ascensore con il giaccone sopra il pigiama di flanella rosa e con i piedi dentro due pantofole che sembravano conigli verdi. Le loro stanze erano al quinto piano, quella della Signora Mousset al terzo, Du Pre le andò incontro mentre il Direttore, con tono speranzoso diceva: “Non potrebbe essere morte naturale ?”, “No, ha il collo spezzato, un lavoro veloce e pulito”, si fermò, si girò, ordinò, “Faccia rimettere alla maniglia il cartello dal lato rosso, dica a Claude di lucidare alla perfezione quelle strane scarpe blu ed alla lavanderia di lavare e stirare regolarmente la biancheria della Signora, Claude dovrà fare il solito giro domattina”. 26 XIV Chiusi nella camera messa a disposizione dal Direttore Du Pre, Gossec e Victor tra uno sbadiglio e l’altro cercavano di fare il punto della situazione. Victor avvolto nella sua elegantissima veste da camera bordeaux, sotto cui si intravedeva il pigiama di seta grigia se ne stava stravaccato su una poltrona facendo finta di essere sveglio, Gossec, in piedi, cercava di pettinarsi con le mani davanti allo specchio. Nel frattempo l’Ispettore faceva un riassunto e concludeva: “… dunque abbiamo tra le quattro e le sei ore prima che l’assassino esca tranquillamente da questo albergo e si perda, forse per sempre”, Gossec si voltò a guardarlo stupita, Victor si svegliò di botto. L’orologio segnava le quattro e un minuto. “La questione è ”, ora aveva la loro piena attenzione, “che l’assassino ha fatto alcune cose che mi lasciano dedurre che si sta creando un alibi. Prima di tutto ha messo fuori della porta della Signora della scarpe assurde, impossibili da non notare, e non ricordare”, evidenziò la parola, “il sacchetto della biancheria appeso alla maniglia della porta, anche questo inusuale, il cartello rosso fuori della porta, per garantirsi che nessuno sarebbe entrato per sbaglio e poi”, fece una pausa ad effetto, “ha alzato al massimo il termostato della camera”, si zittì e li scrutò per bene, attese, infine Gossec capì, “Per alterare la scena del crimine e rendere impossibile o quasi stabilire l’ora della morte !”, “Ovviamente”, approvò Du Pre, “Sappiamo con certezza che la Signora è rientrata in Hotel all’una e tredici minuti, il portiere dell’Hotel è stato chiaro, quindi l’ora presunta della morte parte da qui, ma il nostro assassino voleva spostarla in avanti alzando la temperatura della stanza, quindi impedendo al cadavere di livellarsi alla temperatura ambiente impedendo al medico legale di fare quei calcoli standard che gli avrebbero permesso, a corpo 27 non del tutto freddo, di stabilire un ora della morte con una forbice ristretta, ma così no, la temperatura in quella stanza è ben al di sopra di quella ambiente, quindi quando l’assassino spegnerà il riscaldamento, contando di avere ancora almeno ventiquattro ore prima che il cadavere venga scoperto, avrà talmente alterato lo stato delle cose che risulterà praticamente impossibile stabilire un’ora della morta meno che approssimativa e con una forbice di molte ore”, “Ha detto <l’assassino tornerà ?>”, chiese Victor, “Sicuramente, tornerà, ha predisposto tutto, dalla camera manca la chiave, non era sul comodino ne sulla scrivania, evidentemente l’ha portata via con se, ne ha ancora bisogno, ora dobbiamo solamente capire quale è l’ora più adatta per coglierlo sul fatto”, prese la pipa dalla tasca e prese a giocherellarci, “Chiamatemi Claude, il cameriere, deve finire di spiegarmi alcune cose”. 28 XIV “Dunque Claude, mi dica dopo avere finito il giro di raccolta come prosegue la faccenda”, Claude aveva lo sguardo perplesso, seduto davanti all’Ispettore Capo Du Pre in pigiama e vestaglia e tra Victor, con la sua veste da camera e Gossec con il pigiama di flanella. “Ecco”, iniziò, “Finito il giro e lasciati i fogli delle comande alla Reception scendo nel seminterrato, lì c’è un angolo con tutto l’occorrente dove lucido le scarpe, poi le dispongo tutte nel carrello, alle sei passo di nuovo dalla Reception ritiro i giornali e riparto dal quinto piano, appena arrivato chiamo il montacarichi che arriva con la biancheria, la metto nel carrello e lascio ogni cosa al cliente giusto, scendo al quarto piano, richiamo il montacarichi e via così fino al pianterreno”, “Quanto impiega in totale ?”, “Entro le sette devo avere finito perché a quell’ora devo ricominciare il giro per consegnare le colazioni in camera. Ho un foglio con gli orari richiesti, cinque minuti prima vado al piano, e chiamo il montacarichi che arriva con i vassoi pronti, li metto nel carrello e vado a consegnarli”, “Bussa ?”, “Certo che busso ! Non posso certo lasciare i vassoi con le colazioni per terra davanti alla porta !”, “Ottimo !”, Claude proseguì, “Alle otto stacco, passo alla Reception, lascio i fogli delle colazioni firmati dai clienti a cui le ho consegnate e vado finalmente a casa”, “Quanto tempo impiega per ogni piano ?”, “Non più di dieci minuti, cinque piani più il pianterreno invariabilmente tra le sei e le sette, quindi dieci minuti a piano, massimo”, Du Pre si mise la pipa spenta in bocca e ciancicò, “Quindi, al terzo piano, lei si troverebbe tra le sei e venti e le sei e trenta, fa il pianterreno tra le sei e cinquanta e le sette e poi va via”, Claude annuì, gli sembrava corretto. Du Pre rimuginò alcuni minuti poi sentenziò: “Il nostro assassino si presenterà alla Reception alle sei e quarantacinque, questo vuol dire che avrà solamente quindici minuti per fare un sacco di cose”. L’orologio segnava le quattro e quarantacinque. 29 XVI “L’assassino ha quindici minuti per crearsi un alibi e noi abbiamo meno di due ore per preparare l’accoglienza, quindi animo, muoviamoci”, disse Du Pre rivolgendosi a Victor, “Spero che tu abbia in valigia qualcuno dei tuoi aggeggi infernali”, Victor sorrise. Alle cinque e venti in punto uscivano dalla camera della Signora Mousset e si dirigevano in quella di Gossec dove sulla scrivania due computer portatili accesi restituivano le immagini della camera della Signora Mousset da due angolazioni diverse, vista in quel modo la povera Signora sembrava dormisse dopo essere svenuta ubriaca sul letto. “Bene !”; esclamò Du Pre unendo le mani, “Quel che potevamo fare l’abbiamo fatto, se le nostre intuizioni sono giuste abbiamo un’ora esatta prima che accada qualcosa”, si girò verso Victor, “Sono stati avvertiti tutti di effettuare i regolari servizi come niente fosse ?”, Victor annuì, “Perfetto !”, senza dire altro si allontanò. Entrò in camera di soppiatto, dalle finestre socchiuse si intravedeva un vago chiarore che saliva già all’orizzonte, Emy era sdraiata sul letto, sopra le coperte, dormiva, la vestaglia aperta, il telecomando in mano, Du Pre la osservò per alcuni minuti, poi si sedette sul bordo del letto, le chiuse la vestaglia, le tolse di mano il telecomando e spense la televisione, immediatamente Emy aprì gli occhi. “Come è andata ?”, chiese, “Sta ancora andando”, fu la risposta e riassunse in poche parole i fatti. “Quindi”, ragionò Emy ad alta voce, “Questo tizio ha aspettato che la Signora rientrasse in albergo poi è andato a bussarle, lei lo ha fatto entrare e lui l’ha uccisa ?”, “Esatto, è evidente che si conoscevano, sono sicuro che dietro ci sono questioni di lavoro. I vestiti della Mousset era gettati disordinatamente su una sedia, il che contrasta sia con la 30 personalità della donna che con il resto della stanza, è evidente che le sono stati tolti dopo morta”, “Perché ?”, Du Pre scrollò le spalle, “Per simulare qualcosa di strano, oppure semplicemente per umiliarla e screditarla, per vendetta, i giornali avrebbero usato fiumi di inchiostro per parlare della irreprensibile funzionaria della Banque de France trovata morta e nuda in una camera d’albergo, forse aveva fatto un’ispezione troppo accurata a qualcuno”, Emy si alzò allacciandosi la vestaglia, “E tutta è stata una messinscena ?”, “Sicuramente, l’assassino aveva necessità di crearsi un qualche tipo di alibi, quindi ha messo quelle cose fuori dalla porta, cose strane, come le scarpe blu con i brillantini ed il sacchetto appeso alla maniglia e questo è stato il suo errore”, Emy si voltò, Du Pre proseguì, “Nel prendere il sacchetto il cameriere ha fatto cadere il cartello rosso e lo ha rimesso a posto dal lato verde, così un’ora dopo la cameriera ha scoperto il corpo, se avesse messo il sacchetto per terra il cartello sarebbe rimasto sul rosso e probabilmente nessuno fino a Lunedì mattina avrebbe mai saputo nulla, poi sicuramente qualche appuntamento mancato avrebbe fatto scattare le ricerche, nel frattempo il riscaldamento della camera fissato al massimo avrebbe reso difficilissimo stabilire l’ora della morte con precisione ed il nostro assassino sperava che l’ora potesse risultare successiva alla sua uscita dall’albergo, e sarebbe stato anche possibile, ma doveva assicurarsi che ad influenzare il coroner ci si mettessero anche le testimonianze dei camerieri che attestassero che la Signora era ancora viva quando lui era già uscito dall’albergo”, Emy era ferma in mezzo alla stanza con le mani nelle tasche della vestaglia, Du Pre proseguì, “Il nostro uomo farà delle cose molto rischiose fra poco, ha con se la chiave della camera, segno che vuole tornare e tornerà. Dopo che Claude avrà fatto il giro del piano, costatando che i sacchetti sono ancora fuori dalla stanza, e le scarpe blu erano un elemento chiave da far fissare nella mente del cameriere, l’assassino entrerà nella stanza, ritirerà non facendosi vedere le scarpe ed il sacchetto con la biancheria, cercherà di sistemarla alla 31 meglio nella valigia o nei cassetti, per avvalorare ancora di più l’ipotesi che sia stata la stessa Signora a ritirare il tutto, poi uscirà, dovrà fare molta attenzione, perché questa volta dovrà lasciare le chiavi in camera ed una volta chiusa quella porta non potrà più aprirla, si precipiterà a prendere le sue cose e poi di corsa alla reception per abbandonare l’albergo, ma nel suo piano è fondamentale che si trovi al banco della reception mentre Claude fa il pianterreno, deve essere visto così Claude potrà confermare che ha visto il Signor Tal de Tale uscire dall’albergo prima delle sette quando le scarpe ed il sacchetto erano ancora fuori dalla porta della Signora, ma”, fece una pausa, “La cameriera hai piani potrà confermare, che quando lei passò per il primo giro, alle otto, scarpe e sacchetto non c’erano più, quindi”, altra pausa, “La Signora doveva averli ritirati”, si alzò e camminò per la stanza, “Il coroner sarà influenzato da questa testimonianza e non riuscendo a stabilire un’ora certa della morte potrà fare solamente sue cose, la prima è stabilire un ora della morte successiva alle otto di Domenica mattina, fidandosi del fatto che dalle testimonianze la Signora doveva essere ancora viva a quell’ora, se invece è uno meno superficiale stabilirà un’ora della morte amplissima, che andrà presumibilmente dall’ora in cui la donna e rientrata in albergo fino all’ora di pranzo del giorno dopo, il che sarebbe più corretto scientificamente, ma ci consegnerebbe come sospetti non solamente tutti i clienti presenti in albergo la notte ma anche tutti quelli entrati in albergo la mattina, compreso il personale a cavallo di ben tre turni di servizio, una tale marea di possibili assassini che sarebbe come non averne nessuno”, si sedette sulla poltrona, “E il nostro vero assassino o si troverebbero fuori dal mazzo, nella prima ipotesi, o si troverebbe nel mazzo, ma insieme a tanta altra gente, magari anche di rango presente in Hotel, che il fatto di essere indagato non lo toccherebbe più di tanto e comunque in questo caso trovare delle prove a suo carico sarebbe praticamente impossibile.”, “E’ comunque un piano rischioso”, fece presente Emy, “Basta che qualcosa vada storto, o un 32 cameriere lo veda e tutto va all’aria”, “Indubbiamente è rischioso, ma noi non sappiamo quale è la posta in caso invece tutto fili liscio, sicuramente per il nostro assassino la Signora Mousset viva è un rischio tale che considera il suo piano un rischio minore”, si alzò ed andò in bagno a sciacquarsi la faccia. “E adesso cosa farete ?”, “Aspettiamo”, “Victor ha piazzato due piccole telecamere, Gossec le sta monitorizzando dai PC, non possiamo fare altro che questo, se ho visto giusto”, sbirciò l’orologio sulla parete, “Tra meno di mezzora avremo tutte le nostre risposte”. 33 XVII Alle sei e quindici ognuno era al suo posto. Victor e Gossec davanti ai computer a controllare le telecamere, cellulari accesi, Du Pre nell’Ufficio del Direttore a girarsi la pipa tra le mani, il Direttore nel seminterrato con due uomini del servizio di sicurezza pronto ad intervenire, il portiere nella Hall con le orecchie e gli occhi vispi. Emy si levava la vestaglia e si infilava nella vasca da bagno colma di acqua calda emettendo un voluttuoso sospiro. Alle sei e venti precise la porta dell’ascensore del terzo piano si aprì e Claude uscì con il suo carrello, fece il giro come suo solito, partendo dal lato ad est, proseguendo su quello ad ovest e tornando infine all’ascensore. Le scarpe il sacchetto di Madame Mousset furono gli ultimi di quel piano, li lasciò davanti alla porta e sparì per fare il piano successivo. Passarono due minuti. Un uomo scese le scale con circospezione, si voltò a destra ed a sinistra, si diresse rapido verso la camera della Signora, aprì con la chiave, afferrò scarpe e sacchetto, entrò e si richiuse la porta alle spalle. Victor e Gossec lo videro sui monitor dei loro PC. Gossec lo vedeva dalla telecamera posta sull’armadio, Victor da quella posta sullo stipite della finestra, entrambi lo videro entrare. Si chiuse la porta alle spalle, aveva l’aria preoccupata, rimase fermo dieci secondi poi partì come un razzo, infilò le scarpe alla meno peggio nella valigia, aprì il sacchetto e sistemo la biancheria in parte nello scomparto interno della stessa valigia, in parte dentro i cassetti dell’armadio, accese la televisione a volume decisamente alto ed aprì la doccia, tirò fuori dalla borsa della 34 Signora un PC, lo accese, pigiò sui tasti per diversi minuti, infine lo lasciò aperto sulla scrivania, chiuse la doccia, levò il volume della televisione ed armeggiò con il telecomando. Si guardò intorno una volta, due volte, tre volte, sembrò sospirare, un’occhiata all’orologio che aveva al polso, gettò le chiavi della camera sul comodino e si sfilò un guanto dalla mano sinistra, che per la prima volta Victor e Gossec notavano, guanto da chirurgo, quasi dello stesso colore della pelle, difficile notarli su uno schermo piccolo come il loro, ora però notavano che alla mano destra lo aveva ancora. Un’ultima occhiata in giro, si assicurò di avere in mano il cartello rosso, aprì la porta, uscì, la richiuse con attenzione. Victor compose un numero sul cellulare, Du Pre rispose e sentì solamente “Fatto !”, si alzò, uscì dall’Ufficio dell’Ispettore e si dispose sull’angolo del corridoio che dava dietro il banco della Reception. Da lì poteva vedere l’ascensore e vide la luce accendersi ed i numeri crescere, l’ascensore si fermò al quarto piano, pochi istanti e ripartì, i numeri presero a decrescere ed alle sei e quarantatre esatte le porte si aprirono al pianterreno. Ne uscì un uomo ben vestito, sui cinquanta, una ventiquattrore in una mano con sopra appoggiato un soprabito, ed un piccolo trolley nell’altra, senza esitazioni si diresse dal portiere e mise sul banco le chiavi della sua camera, in quel momento Claude passò lì davanti recandosi dal lato destro del pianterreno a quello sinistro con il suo carrello delle consegne, l’uomo si girò e lo salutò sfacciatamente, Claude ricambiò. Firmò la ricevuta della carta di credito e quando fece per abbassarsi e riprendere da terra la sua ventiquattrore Du Pre uscì allo scoperto alle spalle del portiere, mani nelle tasche della vestaglia e pipa spenta in bocca. 35 XVIII “Buongiorno”, l’uomo lo fissò stupefatto, forse lo aveva riconosciuto, forse aveva già capito, “Andiamo di fretta ?”, “Ho un volo tra poco più di un’ora, giusto il tempo di arrivare all’Aeroporto e fare l’imbarco”, in quell’istante Gossec, trafelata nel suo pigiama rosa con ciabatte verdi saltò gli ultimi due gradini delle scale, aggirò l’uomo ed una volta arrivata dietro il bancone infilò una chiavetta USB nel computer dell’albergo, smanettò pochi secondi, Du Pre osservò, girò lo schermo a favore dell’uomo che vide se stesso nella camera della Signora Mousset mentre svuotava il sacchetto della biancheria nei cassetti, si voltò verso l’uscita, “Sconsigliabile”, disse Du Pre mostrando di avere in mano il telecomando per far scattare la serratura elettrica dell’unica porta di accesso ed entrata all’Albergo, “Neanche con una buona rincorsa riuscirebbe a rompere quei vetri, sa sono di quelli con la pellicola all’interno tra due strati di vetro, rimbalzerebbe facendosi anche parecchio male”. Si guardarono lui e l’assassino, in quel momento apparvero davanti alla porta d’ingresso il Direttore con i due uomini della sicurezza. Du Pre sfilò la penna USB dal computer e la restituì a Gossec, lasciò nelle mani del portiere il telecomando della porta e concluse con “Chiamate la Polizia adesso”, si girò e se ne andò verso l’ascensore. Erano le sette e venti, la temperatura nella stanza era decisamente elevata, Du Pre chiuse la porta alle sue spalle, Emy nel suo accappatoio bianco era davanti allo specchio ad asciugarsi i capelli, tirò su le imposte ed osservò, oltre la bruttura grigia della Stazione Perrache, le lame di Sole che rimbalzavano sui tetti della città. “A che ora è il treno ?”, chiese, “Alle 15.20”, rispose Emy dal bagno, “Abbiamo tempo”. 36 XIX La funicolare che da Vieux Lyon sale alla Fourviere partì con un balzo deciso, pochi metri ed uscì sulla strada dalla facciata del palazzo, attraversò la via, piegò appena a destra e sparì nella galleria, solamente pochi minuti e si fermò, le porte si aprirono, grandi scaloni e pochi turisti, l’uscita sulla strada era molto scenografica, esattamente davanti ai cancelli della Basilica, tutti e quattro attraversarono il sagrato e, seguendo l’Ispettore, scesero i gradini della Cripta, un ambiente moderatamente luminoso, con le pareti ricoperte di placche di marmo con scritte frasi e date. Andò diritto verso il centro e si sedette su un banco, Emy accanto a lui, Victor e Gossec dopo un passaggio lungo le pareti imboccarono le scale che portavano alla Chiesa Superiore. “Un buon risultato”, disse Emy, “Sono entrata in Chiesa e mi sono seduta, ancora non sono stata incenerita da un fulmine, quindi forse ho speranze”, Du Pre sorrise, “Allora, chi era l’assassino ?”, “Non ne ho la minima idea e non mi interessa”, si alzò, “Ho fatto il mio dovere, l’ho preso, ora spetta alla Magistratura capire perché, ammesso che abbia importanza”, “Non sei curioso ?”, “No”, la risposta fu secca, si girò e cammino fino ad una della nicchie sulla parte sinistra dell’altare, anche questa piena di targhe di marmo. Emy lo raggiunse. Du Pre sfiorò con le mani una targa, era piccola, rettangolare, c’era scritto in lettere rosse semplicemente, “Reconnaissance d’un soldat 19141918”. “Mio nonno”, sussurrò Du Pre. 37 XX Il TGV proveniente da Marsiglia e diretto a Parigi fermava solamente cinque minuti a Lione così i convenevoli con l’Assessore e gli accompagnatori si svolsero già all’annuncio dell’ingresso del treno in Stazione e quando il lungo ed affusolato convoglio a due piani si arrestò loro erano già pronti con i bagagli in mano, sistemarsi a bordo su semplice ed il treno ripartì che erano già seduti nel salottino a quattro posti di prima classe ed immediatamente arrivò il cameriere per sentire se volevano mangiare. Alla fermata, unica sulla via di Parigi, di Le Creusot, Du Pre dormiva con la testa appoggiata al vetro del finestrino, Victor dormiva con il cappello a larghe falde calato sul volto, Gossec dormiva con la testa appoggiata sullo schienale del sedile, Emy estrasse dalla borsetta la piccola Derringer due colpi, la aprì, prese da una tasca interna della borsetta un piccolo proiettile e lo sistemò nella canna superiore in sostituzione di quello sparato, lucidò il calcio in madreperla con un fazzoletto di panno e rimise tutto ordinatamente nella borsetta. 38 Lione 28/29 Marzo 2009 39