Intervistatore: Sul tema della città dei bambini, noi abbiamo tenuto

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Intervistatore: Sul tema della città dei bambini, noi abbiamo tenuto
Comune di Rimini - Piano Strategico
Intervista ad Elisa Marchioni
Intervistatore:
Sul tema della città dei bambini, noi abbiamo tenuto un tavolo
aperto con il dott. Fabio Mazzotti, il dirigente dei Servizi
educativi, nell’ambito anche di tavoli bilaterali con i vari
Direttori del Comune.
Elisa Marchioni:
Vi ringrazio per avermi convocato. Io vorrei portare il mio
contributo per la Rimini che pensiamo da adesso ai prossimi
venti anni puntando al concetto di qualità di vita della città,
proponendo alcuni spunti e la filosofia del progetto ‘La città
dei bambini”, che ho conosciuto e apprezzato nel periodo in cui
sono stata Assessore alle politiche scolastiche del Comune.
Vorrei porre al centro del mio intervento, come contributo per
il vostro lavoro, la qualità di vita della città come elemento
fondamentale per tutti i cittadini: la città che vorrei, è un
luogo vivibile dove incontrarsi, uscire, conoscersi. Senza
timori. Le città di adesso sembrano pensate sempre più per
essere il circuito di spostamento per chi da casa va a lavorare
e ritorna. Elementi di contorno alle strade, più che luoghi da
vivere e abitare, in cui costruire il nostro patrimonio di
relazioni… La conseguenza è la solitudine che dilaga, il senso
di
isolamento
che
cresce,
insieme
alla
percezione
di
insicurezza, che è l’idea che l’ambiente che ci circonda non sia
fatto su misura per noi e i nostri bisogni. Non sia fatto per
renderci felici. Non lo dico di Rimini: complessivamente, è una
riflessione sul modo di vivere e abitare tutte le città di oggi.
Quindi, le mie considerazioni non partono da una visione
negativa della nostra città; non da una visione critica o
pessimistica; piuttosto, da tutto ciò che si potrebbe realizzare
per migliorare la nostra vita di tutti i giorni. Io credo che si
troverebbe accordo da parte di tutti i cittadini!
Non è utopia, infatti, pensare alla città di Rimini che si
ripensa come città dei bambini. E’ un progetto molto concreto:
significa ripensare la città che conosciamo ripartendo dalle
persone e, in particolare, dai più piccoli e dai più deboli
perché tutti vi si possano sentire a proprio agio. Significa
ripensare la mobilità e quindi la viabilità; le modalità di
spostamento, l’arredo urbano, la rete di relazioni, l’edilizia:
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proponendo progetti di edilizia partecipata per decidere come
personalizzare una scuola, ripensare un quartiere, far rivivere
una piazza. La città dei bambini pone un nuovo patto al centro
dell’amministrare, chiede una condivisione di responsabilità tra
chi amministra e i cittadini, che assumono un ruolo fondamentale
nel far vivere la città, non più a subirla come troppo spesso
oggi accade (e di nuovo sottolineo che non si tratta di un
fenomeno riminese, ma una riflessione più ampia). Tutto cambia a
partire da questo nuovo modo di intendere la presenza in città:
cambia anche il modo di affrontare anche temi di grande
attualità come sicurezza e integrazione. La sicurezza non è più
solo un tema di controllo della devianza, ma si conquista
insieme,
riappropriandosi
degli
spazi
di
tutti;
anche
l’integrazione è un processo che cambia: ho ascoltato un bambino
in carrozzina che chiedeva dove fossero, nella città, gli altri
bambini come lui; perché l’integrazione nasce dal poter
condividere spazi ed esperienze, e non si fa integrazione se non
ci sono le condizioni minime perché ci si incontri e tutti
possano farlo, tutti possano uscire, tutti siano sicuri di
trovare marciapiedi, gradini, scivoli che li rendano cittadini a
tutti gli effetti. I bimbi in carrozzina non si vedono spesso in
giro: perché è disagevole spostarsi, perché la città non sembra
fatta per loro, che scelgono altro e rinunciano a viverla.
Integrazione è una città accogliente per tutti.
Molte di queste riflessioni sulle città e il modo di viverle,
sono tratte dall’approccio di Francesco Tonucci, ricercatore, e
autore del progetto de La città dei bambini, oltre che di molti
altri testi; è un ricercatore dell’istituto CNR.
Proseguo con un esempio sulla sicurezza, anche se sono tanti i
progetti, tratti dalle ricerche e le proposte di Tonucci, attivi
nel mondo da cui prendere spunto: la mia generazione, solo una
trentina di anni fa’, andava a scuola da sola e giocava in
strada. Ora pare un azzardo anche solo pensare di concedere
questa autonomia ai bambini. Una città che permetta di nuovo ai
bimbi di andare a scuola da soli al mattino, una città capace di
essere a misura di bambino, è sicura per tutti. Vuol dire che ci
sono le garanzie complessive perché anche una persona in
carrozzina o un anziano si trovi a proprio agio, che ha il
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‘ritmo’ in cui ciascuno senta di avere una dimensione su misura
per sé.
Il concetto di partenza, nell’approccio di Tonucci, è ribaltare
la pericolosità insita nella città moderna: non è vero quindi
che le città sono diventate insicure e quindi noi non possiamo
più viverle; piuttosto è vero il contrario, noi abbiamo smesso
di abitare le città e per questo le città sono diventate
insicure.
Ci sono solo due alternative: rassegnarsi a vivere sulla
difensiva accettando passivamente che le città non siano più per
noi,
oppure,
riconquistare
la
città.
Vivere
in
difesa,
spaventati da città sempre più vuote e abbandonate (pensiamo ai
parchi della città, solo dieci-quindici anni fa’: nessuno più li
frequentava, c’era timore ad attraversarli), dove non so chi e
cosa incontrerò, oppure, riappropriarsi delle città.
Ovviamente, le potenzialità a partire da questo punto fermo sono
tante: come concretamente si possa procedere, dipende anche
dalle condizioni della singole città. Noi dobbiamo valutare cosa
sia importante per Rimini, e decidere di conseguenza, dandoci
delle priorità. A me pare che l’identità della città, la
percezione di sicurezza e l’essere su misura per i cittadini
siano elementi fondamentali per una convivenza di una città
coesa, che si sente comunità. Non sempre è così; ma non dobbiamo
neppure rassegnarci al fatto che, anche se i tempi sono cambiati
rispetto al passato, non sia possibile riprendersi ciò che di
positivo e importante ci pare di non avere più a portata di
mano.
Il progetto di ‘riconquista’ delle città si chiama appunto
per Tonucci -‘la città dei bambini’, e comincia dal principio di
essere di nuovo protagonisti nelle città di oggi; è un progetto
già attuato con successo in tante città, con spunti e
declinazioni diverse, in base ad esigenze e priorità.
Per fare un esempio, la città più vicina a noi che ha messo in
pratica alcuni degli spunti della “città dei bambini” è Pesaro,
che non è molto distante non solo geograficamente, ma anche come
tessuto sociale.
A Pesaro, l’amministrazione comunale ha messo in opera il
progetto di Tonucci, cominciando dal proporre ai bambini di
andare a scuola da soli. Nel 2000, prima di questo progetto,
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solo il 6% dei bimbi delle elementari andava a scuola da solo.
Adesso, a otto anni dall’inizio del programma, più dell’80% dei
bambini va a scuola da solo a partire dai 6 anni.
Il progetto coinvolge tanti attori: c’è una rete di anziani che
la mattina è in strada per controllare gli incroci pericolosi;
non accompagna i bambini, ma sorveglia che non accada niente,
compreso che non si avvicini nessuno di non gradito e che non si
creino dei pericoli. Sono coinvolti i negozianti, lungo le
strade che portano alle scuole; i ragazzi più grandi sanno di
dover stare attenti, ad esempio, allo stile di guida. E’ una
vera e propria rete di relazioni e comportamenti attenti a chi
ho vicino, che cambia la città e il modo viverla. A Pesaro, in
otto anni in cui i bambini sono tornati a scuola da soli, non è
accaduto un solo incidente, o episodio sgradito. Per i bambini,
è una crescita che garantisce anche lo sviluppo dell’autonomia,
e della fiducia. La fiducia: a sentire raccontare l’esperienza
marchigiana, ho subito posto il problema di come tenere lontani
pedofili e possibili malintenzionati che si avvicinassero ai
bambini; alla mia domanda, Tonucci ha però obiettato che siccome
i casi di abuso accadono per oltre il 90% all’interno delle
famiglie, dovremmo insegnare ai bambini a diffidare innanzitutto
dei propri genitori e parenti stretti. Allora, le alternative
sono: insegnare ai piccoli di non fidarsi di nessuno; o
insegnare loro a fidarsi degli adulti che hanno intorno, dando
strumenti anche per difendersi da chi non merita invece alcuna
fiducia.
Autonomia: c’è una autonomia giusta, rapportata all’età, che dia
a sei anni, a dieci, e a dodici, in modo diverso, con una
gradazione armonica e rispettosa dei bambini, le possibilità
adeguate alle fasi successive, e sempre gli spazi giusti per
crescere.
Il rischio che corriamo è, invece, che i genitori, proprio
cercando di svolgere bene il loro ruolo e per il desiderio –
sacrosanto- di proteggerli, finiscano però per non lasciare
alcuno spazio di gestione autonoma degli spostamenti ai bambini,
li trasportino da casa a scuola e viceversa, da casa allo sport
e viceversa. A volte, con una visibile frustrazione nel perdere
tempo facendo da autisti. Ai bambini, il messaggio che arriva è
comunque di sfiducia: “Tu non sei in grado di farlo. Mi tocca
accompagnarti perché il mondo non è sicuro, e tu non sei in
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grado di affrontarlo”. Tutto ciò, fino alla soglia dei fatidici
14 anni, quando finalmente viene consegnata la chiave del
motorino. A quel punto, tanta libertà è finalmente conquistata…
ma tutta in una volta e senza un percorso di progressiva
autonomia, tanto che spesso tutta questa autonomia è difficile
da gestire perché non c’è stato alcun ‘allenamento’ a saperla
maneggiare con cautela…
Tornando al concetto di partenza: io penso che a Rimini farebbe
bene sviluppare un progetto ampio di città a misura delle
esigenze di tutti a partire dai bambini, che ripensi il modo di
vivere la città, e stabilire ritmi, relazioni, modalità di
abitare lo spazio che abbiamo.
In questo progetto complessivo che, come dicevo prima, è molto
ampio e abbraccia proprio tutta la città e il modo di pensarla e
viverla, modificando mobilità, piano regolatore, edilizia,
relazioni, credo che sarebbe utile un punto propulsore, un
riferimento ‘fisico’, una ‘città dei bambini’ come luogo
visibile di attività e incontro per i bambini e le loro
famiglie. Un luogo di incontro, per giocare e pensare ai bambini
come cittadini di domani. Peraltro, un luogo di socializzazione
importante e di integrazione vera che non abbiamo attualmente:
dicevo prima dei bimbi in carrozzina, ma chi di voi vede bimbi
immigrati svolgere attività pomeridiane? Diventano invisibili
dopo la scuola.
Penso quindi alla realizzazione a Rimini anche di una struttura,
sull’esempio di ‘Explora’ a Roma, della ‘Città dei bambini’ a
Genova,
che
sia
il
luogo
visibile
dell’elaborazione,
dell’incontro e della progettazione anche del progetto più ampio
per abitare la città di cui ho parlato finora.
Quando ero Assessore ho scelto di visitare alcune esperienze di
questo tipo nel mondo (a spese mie, lo specifico per chiarezza…
orientando le vacanze di famiglia). Ci sono due tipologie di
spazi per bambini, i musei della scienza dei bambini, come ad
esempio il museo di Monaco; oppure luoghi più ludici, come la
città dei bambini di Genova che è nata sul modello della
Villette di Parigi.
Tutti i musei che ho visitato hanno base scientifica, con
accentuazioni più o meno ludiche nell’esposizione e nella
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didattica.
Tra i migliori, porrei l’Exploratorium di San Francisco, che è
meraviglioso: tra le prime esperienze al mondo, nato negli anni
’20, in un ex hangar enorme.
Oltre a Roma e Genova, ho visto New York, Copenaghen,
Stoccolma...
Intervistatore:
Valencia?
Elisa Marchioni:
No, non ho visto quello di Valencia.
Sempre nel periodo in cui sono stata assessore, mi sono chiesta
se e come potrebbe realizzarsi un luogo del genere a Rimini, se
vi fossero le condizioni. Ho attivato allora alcune verifiche.
La prima verifica è stata relativa al fatto che a Rimini ci
fosse il bisogno di un punto di riferimento del genere: cioè, se
avessimo proposto attività e un luogo di incontro, avremmo
incontrato la domanda dei cittadini?
Abbiamo così fatto una prova, una sperimentazione: ospitando una
delle mostre del MUBA (il Museo dei bambini di Milano), da
gennaio al 30 marzo dello scorso anno, del 2008, dentro la Sala
dell’Arengo.
La mostra ospitata è stata ‘Suoni’, una mostra interattiva, dove
i bimbi hanno possibilità di giocare, in 15 postazioni diverse
sperimentando sensazioni diverse in merito ai rumori. Dalle onde
alla musica, dagli strumenti al sonoro dei cartoni animati, alla
sensazione di cosa sia il silenzio come assenza di suono.
Il risultato è stato straordinario, oltre le aspettative: al
mattino, la mostra era aperta gratuitamente per le scuole,
materne ed elementari, ed è andata esaurita in pochissimi giorni
la disponibilità, tanto da spingerci ad aprire anche al lunedì e
al sabato, inizialmente giornate in cui restava chiusa. Al
pomeriggio, aperta dalle 15.30 alle 18.30, la mostra è stata
visitata da una media di 40 bimbi nella settimana, con punte di
400 il sabato e la domenica, tanto da costringerci a organizzare
turni di entrata ed uscita.
Nel librone che è stato messo all’entrata, dove ognuno poteva
firmare lasciando un commento e un segno della presenza essendo
gratis l’ingresso, le richieste che questo diventasse un luogo
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stabile sono state tantissime.
Mi pare che la sperimentazione sia stata un successo oltre
quanto immaginavamo. Io penso allora che funzionerebbe, a
Rimini, un centro come questo, che proponga attività, mostre e
laboratori, perché d’inverno sarebbe un luogo che ora non
abbiamo, per i riminesi, per tutta la Provincia: un luogo di
incontro e di crescita, sapendo anche che molte delle nostre
famiglie hanno mille attività, hanno il nuoto, la musica
eccetera, ma molti non hanno gli strumenti o le risorse per
permettersi attività aggiuntive, educative per i figli. E
l’altro elemento che manca è che non ci sono ambiti perché
genitori e figli possano giocare insieme. D’estate, questo
spazio assume anche una valenza turistica: è un’offerta in più
per le famiglie che vengono in vacanza da noi. Senza entrare in
concorrenza con ciò che già esiste perché non c’è nulla di
simile.
Torno sul tema delle attività genitori e figli: i genitori
spesso si trovano a delegare i figli: alla scuola, alla società
sportiva, o musicale. Ma non trovano spesso occasioni per vivere
insieme momenti di gioco, con l’acqua, la musica, i colori… O le
bolle di sapone come a Copenaghen.
Sia l’esperienza di Genova, per esempio, che quella di San
Francisco, non sono una ludoteca dove tu lasci il bambino e lo
vai a riprendere dopo alcune ore; il bambino può giocare da solo
ma può giocare anche insieme al genitore.
Se posso aggiungere qualcosa su ciò che metterei dentro a questo
spazio, direi che metterei uno spazio espositivo, per mostre
come quella del MUBA; mostra che resti per un periodo e poi
ruoti.
Poi, teatro: noi abbiamo, a Santarcangelo dei Teatri, 40
compagnie, ma non mi risulta che esista un teatro stabile per i
bimbi.
E un ambito di gioco. Per esempio Explora propone sei o sette
ambiti di lavoro e di gioco, c’è il camion dei pompieri su cui
salire, c’è il supermercato dove tu vai a fare la spesa, hanno i
lettori ottici, fai la spesa, i carrellini.
Quindi sono ambiti di gioco imitativo dei grandi; e poi, uno
spazio per i laboratori.
E poi, gli spazi per incontro ed elaborazione del progetto più
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complessivo di cui dicevo prima, che coinvolga la città:
insomma, una città dei bambini fisica che sia un cuore pulsante
di attività e idee nuove per tutta Rimini.
Può funzionare, reggersi economicamente un ambito di questo
tipo? Va studiato ed approfondito meglio; a Genova ad esempio, è
stato realizzato con un finanziamento di partenza pubblico e
privato, ed è gestito attualmente da alcune cooperative sociali,
che
gestiscono
animazioni,
biglietteria,
pulizie…
Non
nascondiamoci che è una struttura costosa da mantenere perché
possa anche crescere continuamente e progettare; ad esempio, il
limite di Genova è che hanno smesso di investire: troppo
costoso. San Francisco ha un team di sette ingegneri che
progettano in continuazione giochi, esperimenti e macchine
nuove; il MUBA di Milano ha un gruppo di ricercatori che
programma e progetta le mostre nuove, che poi vengono affittate
e noleggiate in tutta Italia e con ciò si ripagano. Perché non
pensare ad una struttura simile?
Sono
posti
di
lavoro
altamente
qualificati,
creativi,
innovativi, in continua evoluzione.
La città dei bambini davvero potrebbe diventare il fulcro di una
rete di contatti. Abbiamo a Rimini la sede dell’Università,
presente con corsi di laurea in Scienze della formazione;
abbiamo l’esperienza del Ceis… Cosa è stato l’Antoniano per
Bologna? Un ambito di ricerca. È nato il coro, e con il coro poi
hanno organizzato lo “Zecchino d’oro”, che è diventato anche un
marchio, e un programma televisivo.
Noi abbiamo già un knowhow incredibile: abbiamo Cartoon Club;
abbiamo Santarcangelo dei Teatri; abbiamo tutta una serie di
realtà, appunto, da Fiabilandia, a Mirabilandia, ai parchi,
all’avanguardia nella ricerca e nella accoglienza per le
famiglie con bambini per la nostra vacanza; io credo che si
possa arrivare ad agganciare la presenza dei Network televisivi
che si occupano di bambini anche nella produzione di programmi
televisivi.
E che dire di Federico Fellini? Perché non giocarsi l’immagine
di città di Fellini proponendo a Rimini il corso per i piccoli
registi. Diverse esperienze propongono lo studio televisivo, con
tanto di telecamere e trucco, per sperimentare come si
costruisca e realizzi un telegiornale: è altamente educativo
anche questa attività.
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L’età delle attività: io credo che l’età giusta sia dai
piccolissimi, da due anni, fino ai 12 anni. Poi, cambiano troppo
le esigenze e le necessità.
Sono anche le età in cui ci sono delle fasi in cui i genitori
non sanno cosa proporre ai bambini, e avendo un luogo dove
portarli, dove fargli trascorrere del tempo, fargli imparare
delle
cose,
credo
che
avrebbe
una
risposta
immediata,
territoriale
molto
forte,
ma
anche
turisticamente
molto
efficace. Insomma, in conclusione: la città dei bambini è una
proposta e una risposta: dà spessore a tutto quello che
territorialmente noi abbiamo, migliorando un rapporto di rete
tra realtà che noi già abbiamo sul territorio. Non lo penso come
un ‘buco nero’ che assorba tutte le attività, ma un cuore
pulsante che sia propulsore di idee e progetti per tutta la
provincia e oltre.
Intervistatore:
È chiaro, chiarissimi il modulo e anche la proposta. E io credo
che questi contenuti, per altro nei nostri gruppi di lavoro...
Elisa Marchioni:
Siano già anche venuti fuori.
Intervistatore:
Sono venuti fuori e poi non hanno ancora trovato magari una
forma, un progetto di questo tipo.
Elisa Marchioni:
Dopo aver verificato che ci fosse una richiesta in città che
rendeva la città dei bambini un esperimento possibile, utile, di
cui c’è bisogno, abbiamo anche attivato una ricerca dei
possibili luoghi dove collocarlo.
E’ stata un ricerca non facile.
Un’ipotesi, la più immediata, che abbiamo verificato però senza
successo, è stata quella di usare l’ex palestra del teatro
Galli, in attesa di ricostruzione. Bonificando quell’area si
poteva realizzare un pavimento in legno e una copertura, una
specie di ‘pallone’ protetto e riscaldato, come per le fiere.
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Intervistatore:
Lassù il pavimento adesso è ancora tutto aperto, con lo scavo.
Elisa Marchioni:
Era una sede adatta, centrale, vicina ai parcheggi.
Intervistatore:
Mi viene da dire che è anche troppo piccolo quello spazio.
Elisa Marchioni:
Sarebbe stata una collocazione iniziale. Sono poi due gli altri
luoghi
che
avevamo
valutato:
recuperare
un
reperto
di
archeologia industriale (mi piace molto l’idea di non costruire
strutture nuove, ma recuperare uno spazio non più utilizzato),
un capannone industriale dismesso, molto grande, con del
terreno, comodo perché è vicino all’autostrada.
Intervistatore:
Quello non è pubblico, però.
Elisa Marchioni:
Non è pubblico, andava acquisito.
L’altra ipotesi, la terza, è più complessa. Si tratta di
edificare una struttura sul terreno che dovrebbe essere ceduto
al Comune dall’IPAB Ceccarini di Riccione nell’ambito della
trasformazione in Asp.
E’ uno splendido terreno piano di 50.000 metri quadrati, un
quadrato, sul quale sorge già ora, “La fattoria didattica”
conosciuta dalle scuole. Ma l’ipotesi di costruire ancora non mi
convince.
Intervistatore:
Potrebbe diventare anche la cabina di regia di questo
ragionamento che facevamo all’inizio, cioè che è la città come
spazio di relazione funzionale per i bambini, cioè un
osservatorio che consente di mettere insieme tutti i soggetti
che possano dare un contributo e, nello stesso tempo, un
misurare anche la risposta che la città dà all’utenza piccola.
Elisa Marchioni:
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Intervista ad Elisa Marchioni
La città dà poche risposte, ma non solo la città di Rimini; è
che le esigenze sono cambiate e cresciute, le famiglie chiedono
tanto e sono abituate ad avere molti strumenti in più che negli
anni passati, e se c’è qualcosa in cui le famiglie non smettono
di ‘investire’ è proprio sui propri figli. Io penso però a
questo spazio –e mi scuso, perché mi rendo conto di essere stata
un po’ ripetitiva- come occasione di incontro educativo, non di
ennesima forma di eccesso di aspettative da ricchi (mi scuso per
la semplificazione). Lo dico anche in base alla mia esperienza
di mamma, io porto mio figlio all’asilo, lo vado a prendere, lo
porto a nuoto, lo vado a riprendere e poi sta un po’ con me; e a
volte non sai bene che cosa fargli fare, siamo io e lui, ci sono
giorni in cui magari mi invento un gioco, ma la tentazione di
lasciar fare alla televisione è in agguato…
Pensa ad avere a disposizione un ambito dove giocare con
l’acqua, coi colori… senza dover rifare il salotto tutte le
settimane!
Quasi tutti i musei che ho visitato hanno uno spazio di giochi
d’acqua, impensabili nelle case di ciascuno di noi… dal sistema
di chiuse a dighe e cascate da governare. Ovviamente, riuscendo
sempre a bagnarsi il più possibile…
Secondo intervistatore:
Ho visto a Lisbona un giardino proprio, c’è un effetto di gioco
nell’acqua, era un parco pubblico dove c’erano dentro tutte le
attrezzature, le chiuse e via dicendo, e tu potevi girare la
manovella.
Intervistatore:
Non è una novità perché se pensi, ad esempio, ai giardini di
Hebron in Austria, erano fatti con questo scopo, erano giardini
pensati nel Settecento con questi giochi d’acqua e spruzzi. Fai
una certa mossa e ti viene fuori lo spruzzo, quindi anche
l’elemento di interazione ludica.
Elisa Marchioni:
Quella di fare delle cose insieme è un’esigenza fortissima che
io ho colto, di avere dei luoghi per fare delle cose insieme.
Perché noi di spazi-bambino dove i genitori possono stare con i
bambini ne abbiamo in tutto credo un paio in tutta la Provincia.
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Intervista ad Elisa Marchioni
E se c’è anche il genitore che ha problemi di tempo per cui deve
lavorare e deve lasciare il figlio da qualche parte, però c’è
anche il genitore che magari si libera un pomeriggio per stare
con il proprio figlio.
A Copenaghen c’è una realizzazione interessante, e anche poco
costosa: è una stanza enorme dove si fanno le bolle di sapone di
tutte le forme e le dimensioni, e diventa una sala magica,
colorata, da favola.
Prima parlavamo del teatro: sempre a Copenaghen, c’è un
palco
da teatro, affiancato da uno stand dove sono appesi tanti
costumi per i travestimenti.
Chi vuole si traveste e recita ciò che decide: inventa, adatta,
riscrive e contamina le favole…
Più pragmatici, i francesi de la Villette di Parigi partono da
un mini cantiere, con tanto di gru, carriole, caschetti, mattoni
di gomma piuma, e si lavora come in un quartiere edile. C’è
anche a Genova (che ha acquistato il brevetto per 200 milioni).
A me pare un po’ caro…
Intervistatore:
Anche perché se noi facciamo quel cantiere edile, dopo...
Elisa Marchioni:
Insomma, scusate, sono stata lunghissima. E’ che è un discorso
che mi appassiona profondamente.
Intervistatore:
Questa è un’idea molto precisa, un progetto che ha una sua
definizione molto chiara rispetto a questo problema. Abbinato al
tema più generale, invece, che è quello del riutilizzo, del
riappropriarsi, proprio, della città.
Elisa Marchioni:
Io credo profondamente che sia giusto e sano per la città.
Intervistatore:
Credo che le cose non siano in contrapposizione, anzi. Credo che
adesso questa seconda questione pone uno dei problemi che
abbiamo un po’ in tutto il processo del Piano, che è quello
della ridefinizione proprio della governance. Se tu dici: “Io
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Intervista ad Elisa Marchioni
voglio una città vista da un metro di altezza.” Cioè, come
faccio? Chi tiene in mano le fila? È il Comune? Sono le
associazioni del volontariato?
Elisa Marchioni:
A chi tocca, certo, chi fa cosa. Credo che una sana miscela di
pubblico e privato, di coinvolgimento e corresponsabilità sia la
risposta. Una governance condivisa per la città. Anche con i
bambini! Sapete che Walter Veltroni, da sindaco di Roma, aveva
coinvolto un gruppo di bambini, un “consiglio” di consulenti con
capacità operative, che lo sollecitassero davvero.
Intervistatore:
A chi tocca. Tutti insieme? Un luogo dove però ci si confronta
sempre con personaggi come Tonucci, o come il pensiero anche più
avanzato a livello europeo sulla città a misura di bambino,
occorrerà un luogo dove questo pensiero viene elaborato e
strutturato e tradotto in progetti che abbiano sia una visione
strategica perché inquadrano un tema dello sviluppo, ma hanno
anche poi un riflesso sull’azione quotidiana di governo.
Perché quando tu vai a progettare una strada hai un luogo che ti
dà anche suggerimenti sul come devi fare quella strada per fare
in modo che sia attraversabile dai bambini, i bambini possono
percorrerla.
Elisa Marchioni:
Quando progetti le scuole devi pensare anche a questo. Le
esperienze di partecipazione ai progetti di edilizia (decidiamo
insieme come fare la scuola, come colorarla, come renderla
accogliente, e come rendere perfetto per i giochi il giardino, e
utilizzabili le strade e le piazze…)
Sono esperienze già fatte, e con successo, in tante città. Non
sempre è facile, non sempre una democrazia così allargata è
subito facilmente praticabile… però credo ne valga la pena!
Intervistatore:
Quindi il laboratorio più avanzato della città a misura di
bambino assume anche una valenza legata all’immagine della
città, quindi la comunicazione che tu puoi fare della città
innesca un ciclo virtuoso.
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Intervista ad Elisa Marchioni
Se poi questo luogo è rappresentabile anche all’interno di uno
spazio che diventi un attrattore turistico ma anche un luogo del
tempo libero e anche dell’Edutaiment insomma, perché questo è
molto importante, quindi diventa una proposta, secondo me molto
forte. Che non merita di essere periferizzata, secondo me, anzi,
potrebbe trovare adesso anche nella riallocazione dell’uso
funzionale degli spazi anche una collocazione che sia ancora più
evidente. Perché ci sta, cioè noi lavoriamo sull’idea di una
città che investe sulla dimensione relazionale, cioè questo è il
punto alto, il faro della visione.
Elisa Marchioni:
È esattamente così.
Intervistatore:
Dopodiché è chiaro che questa è una declinazione straordinaria
perché tutte le coerenze possibili le ritrovi qui.
Secondo intervistatore:
A proposito di questo aspetto che iniziavamo ad accennare. Oggi,
diciamo, a distanza di un po’ di tempo da quando il processo è
iniziato, possiamo già cominciare a dire che uno degli elementi
che sta prendendo corpo rispetto al lavoro che facciamo è
dedicare la visione futura di Rimini come città fortemente
vocata per le persone e per le relazioni tra le persone. Questo
sia a livello locale tra chi ci vive e ci abita quotidianamente
o temporaneamente come i turisti, ma anche di incontro a livello
internazionale, quindi da qui prendono spunto o comunque trovano
maggiore riconferma anche le scelte strategiche fatte fino ad
oggi, di avere dimensionato la Fiera a livelli quantomeno
nazionali, quindi al di sopra, forse, delle potenzialità e delle
dimensioni del piccolo territorio, ancora più forte la nascita
del Palazzo dei Congressi che si colloca invece proprio, fin dal
momento in cui nasce, come una infrastruttura di titolo
internazionale a tutti gli effetti. Anche qui se uno la dovesse
misurare rispetto alle dimensioni territoriali direbbe: “Ma
perché l’avete fatto così grande?” Invece c’è questo disegno di
avere un piccolo territorio ma con questa forte vocazione
all’apertura internazionale.
Detto questo noi, per arrivare lì, siamo partiti da alcuni
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Intervista ad Elisa Marchioni
elementi che erano, diciamo, gli assi strategici sui quali poi
si è lavorato per definire gli obiettivi, quindi la visione
stessa, che riguardano, uno, il tema dell’accoglienza; non ti
devo dire che cosa significa per Rimini essere un territorio
accogliente non solo per i turisti, ma anche, in questo caso,
per le imprese, anzi un nuovo tipo di imprese.
Di essere un territorio innovativo, e anche qui, non solo
declinato in campo turistico ma anche noi l’abbiamo messo sui
temi della sostenibilità, per cui abbiamo immaginato di lavorare
su
nuovi
modelli
di
mobilità
e
sull’approvvigionamento
dell’energia, lo smaltimento dei rifiuti, il trattamento del
ciclo dell’acqua eccetera, così come invece il recupero di una
valenza internazionale e identità territoriale, che vuol dire
recupero, storia, paesaggio, tipicità in senso generale ma anche
un ruolo da riconquistare, o meglio, da conquistare nell’ambito,
quantomeno, del bacino dell’Adriatico e forse magari ancora di
più, su tutto ciò che riguarda le politiche che hanno a che fare
con l’Est del mondo.
Rispetto a questo, che è l’ambito da cui siamo partiti.
Un’opinione tua invece per esprimere quali sono quelle più
conosciute, quelle più evidenti a te, i punti difficili, cioè
gli elementi più critici con cui il territorio si misura in
questa
volontà
di
creare
invece
un
percorso
strategico
condiviso.
Quindi, quali sono gli elementi critici del nostro territorio e
secondo te, se ne valuti altri, quali sono gli elementi sui
quali puntare lo sviluppo e sui quali fare perno per lo sviluppo
futuro nella creazione di questa nuova visione?
Quindi partiamo dagli aspetti critici e poi dopo vediamo invece
i punti di forza su cui basare il lavoro.
Elisa Marchioni:
Ti dirò gli aspetti critici come sfide a cui lavorare. Io credo
che Rimini debba un po’ lavorare su di sé e la propria identità.
Rimini è molto cresciuta negli ultimi anni, negli ultimi 20
anni, negli ultimi 30 anni.
Ha colmato rapidamente, già dal dopoguerra, il gap che le
derivava
dall’essere
stata
distrutta
per
l’82%
con
i
bombardamenti della Seconda guerra mondiale, ed è cresciuta con
alcune sicurezze: il mare e tanto coraggio. Rimini si è
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Comune di Rimini - Piano Strategico
Intervista ad Elisa Marchioni
ricostruita nel dopoguerra e si è inventata capitale del
turismo. Poi alcune delle sicurezze che ci avevano sorretto sono
andate in crisi.
Con le mucillagini dell’89 ci siamo accorti che anche il mare
poteva non essere una risorsa per sempre. E anche quello che
avevamo considerato essere in qualche modo il nostro ruolo
centrale come capitale del turismo poteva andare in crisi.
Io credo che questo sia un tema importante perché la realtà è
davvero molto diversa intorno a noi a livello mondiale. Mi pare
che la Cina sia entrata nel WTO, nel mercato mondiale nel 2001,
e poi, nel giro di due anni, non solo è diventata già la seconda
potenza economica del mondo, e contemporaneamente, è cresciuta
sotto tutti gli aspetti: ad esempio, mentre prima non era
neanche ipotizzata come meta turistica, adesso è tra le prime
dieci mete turistiche desiderate nel mondo. Così la Russia. La
Russia nel 2000 era ventinovesima destinazione turistica per
presenze nel mondo, adesso è sesta o settima.
La globalizzazione è vera, reale, tangibile. Ha cambiato davvero
gli equilibri come li conoscevamo, ha spostato il baricentro del
mondo.
Lo scenario intorno a noi, in dieci anni, è profondamente
cambiato. Rimini deve ripensarsi e un aspetto critico è che non
ci siamo forse accorti subito che questo mutamento richiedeva
anche un atteggiamento di riposizionamento, di ricollocamento
all’interno del mondo.
Il primo aspetto che sottolineo è quindi, sintetizzo, scusate la
semplificazione, che il mondo intorno a noi è cambiato; si sono
affacciate nuove potenze nel mondo, nuovi competitor turistici,
nuove esigenze: e a noi è chiesto di ricollocarci, per sapere
chi siamo all’interno di questo mondo. Anche perché i turisti
che abbiamo di fronte sono persone diverse, con diverse esigenze
e aspettative, da quelle che venivano qui negli anni ’70 e ’80.
Quindi, la prima criticità è quella di mantenere alta, presente,
la voglia di cambiare e mantenersi sempre in gioco anche quando
sei in cima, sei la capitale del Turismo, e si può avere voglia
di sentirsi un po’ appagati.
Dico due titoli in merito: l’identità e la forza passa dalla
Rimini della cultura, che dobbiamo valorizzare per noi e per i
nostri ospiti; è fondamentale far crescere e integrare la sede
universitaria con il tessuto sociale e produttivo per una
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Comune di Rimini - Piano Strategico
Intervista ad Elisa Marchioni
efficacia vera.
Altro tema, la valorizzazione e salvaguardia dell’ambiente;
oltre alla qualità delle acque del mare da tutelare, mi viene da
pensare alla spiaggia: a tutti piace chiusa perché pericolosa,
blindata la sera? Abbiamo conquistato qualcosa o perso qualcosa
così? Ci farei dare una risposta da Tonucci…
La nostra capacità di essere i primi non passa solo dal turismo,
balneare e non; abbiamo un straordinario mondo imprenditoriale,
un tessuto di piccole e piccolissime imprese coraggiose e
creative, che ci portano tra le prime province in Italia per
innovazione (9°provincia per brevetti), e di grandi imprese che
si sono tenacemente inventate leader nel mondo.
Come ha più volte osservato il prof. Zamagni, il tarlo che
rappresenta il rischio e la tentazione è il canto delle sirene
della rendita di posizione o alla rendita come scelta su cui
investire territorialmente. La rendita credo che ci faccia
perdere di vista che siamo arrivati fin qui mantenendo sempre
l’atteggiamento di chi ricominciava da capo ogni estate, di chi
ricominciava da capo sapendo sempre reinventarsi.
Questo credo che sia il secondo nodo su cui insistere.
Poi il terzo nodo su cui lavorare è quello di costruire una
città sempre nuova e sempre presente a se stessa, davanti a
questi cambiamenti. La città è cresciuta, come dice il Vice
Sindaco Melucci, non è preferibile avere una città che, come un
museo sappia solo conservarsi. La città ha saputo crescere.
Questo però ci deve fare anche ragionare e riflettere su che
cosa questa crescita ha comportato, e chiederci che la crescita
che noi vogliamo sia una crescita governabile, sostenibile, che
vada
d’accordo
con
l’ambiente,
che
metta
uno
stop
all’edificazione, che sappia collocare le scuole nei luoghi più
belli della città e che sappia creare una crescita armonica con
l’ambiente, una distribuzione armonica grazie alla mobilità
sostenibile dei flussi di traffico… Tutto quello che dicevamo
all’inizio, per saper conservare e anzi migliorare la qualità
della vita in città, coniugando crescita, vivibilità, e
socialità; valorizzando la coesione, la dimensione di ‘paese’,
di comunità in cui riconoscersi, dove vivere la relazione di
buon vicinato, l’accesso ai diritti e ai servizi.
Questi sono tutti aspetti che, sapendo che la città è tanto
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Comune di Rimini - Piano Strategico
Intervista ad Elisa Marchioni
cresciuta, è tanto cambiata, abbiamo davanti anche una società
molto nuova, sono aspetti che dobbiamo sapere affrontare e che
possiamo governare.
I cambiamenti necessitano strumenti e vanno affrontati, lo
esprimo con un esempio: da Assessore comunale, mi sono trovata a
gestire l’insieme degli edifici scolastici di Rimini: ora ci
appare evidente che sono al limite della saturazione e
necessitano di adeguamento. Abbiamo riscritto il piano dei nidi
per adeguare l’offerta della città agli obiettivi di Lisbona; e
entro il mandato del Sindaco Ravaioli avremmo raggiunto
l’obiettivo dei dare ai riminesi posti nido in linea con le
media europea; l’offerta delle scuole materne è adeguata grazie
alla positiva collaborazione con le materne paritarie, e scuole
elementari e medie nuove servono laddove è cresciuta la città, e
cambiate le esigenze: ora servono spazi per le mense per il
tempo prolungato, le palestre, spazi che non sempre erano
presenti negli scorsi decenni. Ma, oltre questo sintetico
quadro, le scuole sono a mio parere la misura del cambiamento:
il dimensionamento degli edifici era stato pensato tra gli anni
’80 e ’90, quando la prospettiva era quella della crescita zero.
Non è tanto lontano, ma si pensava davvero di andare incontro ad
una società che aveva già trovato il proprio assetto, che
avrebbe potuto migliorare ma avrebbe visto una crescita numerica
molto contenuta, tanto che le scuole, appunto, erano progettate
per essere e rimanere.
Non è stato così; mi sembra lapalissiano osservarlo. Ci sono
stati
i
grandi
cambiamenti,
il
grande
impatto
dell’immigrazione...
La nostra provincia è molto accogliente, è risultata ai vertici
delle
classifiche
italiane
per
gli
ottimi
risultati
dell’integrazione di chi arriva da lontano. Lo è perché davvero
c’è una possibilità di integrazione vera, lavoro per chi intende
farlo regolarmente. Ma restano nodi importanti: la casa per
molti è un problema aperto per i costi che comporta. Penso al
centro storico: ci sono progetti per tutelarlo e farlo vivere,
ed è un aspetto molto importante per non abbandonarlo.
Anche se sono molti i bambini immigrati che vanno regolarmente a
scuola e non si segnalano episodi di intolleranza, dobbiamo
essere onesti e ammettere che non tutto è fatto e non tutto è
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Comune di Rimini - Piano Strategico
Intervista ad Elisa Marchioni
facile.
Torno al discorso iniziale, della città dei bambini come
progetto
di
integrazione
vera.
Dobbiamo
sentirci
la
responsabilità di governare i cambiamenti che stiamo vivendo,
perché se la vera sicurezza passa dall’inclusione: l’esclusione
rende una parte della popolazione marginale, rende le persone,
che non hanno nulla da perdere, dei macigni sociali. E’ grave
per la loro dignità: nessuno si deve sentire abbandonato,
soprannumerario, inutile. E’ grave per la società, per la quale
invece che divenire risorse, si cristallizzano come problemi.
Invece è statisticamente provato che i contributi per i poveri
vanno praticamente per anni alle stesse persone, da che ne
traiamo che non riusciamo a far uscire dalla povertà le fasce
più deboli della città. Dobbiamo modificare questo, creando un
meccanismo che aiuti le persone a superare momenti difficili e a
ricominciare, per sé e per la società.
Secondo intervistatore:
I punti di forza un po’ li hai già detti. Se dovessi immaginare
questa Rimini del futuro proiettata appunto ai prossimi 15, 20
anni,
dove
fino
ad
oggi
sappiamo
che
la
valenza,
la
riconoscibilità, quel ruolo a cui tu accennavi, ce lo siamo
conquistato con il turismo, nel modo in cui l’abbiamo fatto nei
decenni passati, cioè con quello siamo diventati, negli ultimi
decenni, anche un posto riconosciuto e riconoscibile nelle
dinamiche internazionale. Se dovessimo immaginare, con questi
cambiamenti che sono alle porte, per i prossimi 20 anni, lo so
che è una domanda troppo aperta, ma la faccio così per rito,
qual è il luogo o il posizionamento che daresti al nostro
territorio in proiezione futura? Cioè, una città che buca nella
comunicazione, nella capacità di accogliere eccetera, per quali
elementi?
Elisa Marchioni:
La Rimini dei prossimi venti anni, è la Rimini che diventa città
dei bambini! Dove si è realizzato a livello urbanistico, della
mobilità, dell’arredo urbano e delle relazioni che ne derivano,
tutto ciò di cui abbiamo parlato prima.
E’ lì il nostro futuro possibile e sostenibile.
Già
abbiamo fatto passi importanti: il recupero della rocca
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Comune di Rimini - Piano Strategico
Intervista ad Elisa Marchioni
malatestiana, e ora l’arrivo del fossato, il restauro del Duomo,
la valorizzazione dell’Arco d’Augusto.
La Rimini che vedo fra vent’anni è una città leader mondiale per
il turismo balneare e per il settore fieristico e congressuale,
ha spiaggia, mare pulito e verde, ha valorizzato il rapporto con
l’entroterra, integrando offerta turistica e opportunità per chi
vi risiede, è all’avanguardia negli spostamenti alternativi
all’automobile, ha aeroporto, metropolitana e ferrovia connessi
per spostamenti rapidi, ha le strade non intasate, ha
valorizzato i propri spazi verdi, organizzato spazi di incontri,
relazione e integrazione perché la solitudine e l’isolamento non
siano pericoli. Fa tesoro delle risorse di volontariato e
dell’associazionismo diffuso. Non è utopia: si può fare.
E sai cosa ha imparato Rimini fra vent’anni? Ha imparato a fare
squadra.
Perché anche questo è uno dei limiti della nostra città. Rimini
ha personalità straordinarie, però ogni giorno devi ricominciare
per riconquistarti questo spazio in città, perché Rimini non dà
mai niente per scontato. Questo ci rende più dinamici, ci fa
sempre ricominciare daccapo, ma ci rende anche più deboli. La
prima sfida da vincere per Rimini, se la devo sintetizzare in
uno slogan, è sapere fare squadra, sentirsi orgogliosa di quanto
raggiunto e stimolata a cambiare ancora e crescere sempre con
coraggio trasformando antagonismi e punti di vista particolari
in
altrettanti
punti
di
forza
convergenti.
Discutendo,
scegliendo le priorità per portare poi avanti un lavoro comune,
insieme, coesi, compatti, decisi, una volta trovata la sintesi.
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