Leggi l`ultimo numero - Parrocchia San Nicola Vescovo in Dergano
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N. 71 Maggio-Giugno 2016 PERI ODICO DELLA PARR OCCHI A DI SA N NICOLA VE SCO VO IN DER GA NO La discesa dello Spirito sugli apostoli Parrocchia di San Nicola Vescovo in Dergano via Livigno 21, 20158 Milano, tel. 026884282, fax 02680621 www.dergano.org; [email protected]. Sacerdoti Don Mario Garavaglia, parroco, tel. 026884282. Don Giorgio Brianza, vicario parrocchiale, cell. 3386703292 Don Stefano Conti, coadiutore, cell. 3407621384 Uno sguardo in Dergano periodico della Parrocchia di San Nicola Vescovo in Dergano N.71 maggio-Giugno 2016 Direttore responsabile: Gerolamo Castiglioni Redazione: Arcangelo Berra Claudio Brusati Raffaella Galliani Elena Orioles Marco Porzio Luigi Tardini Direzione e Redazione: via Livigno 21, 20158 Milano Stampa: Ingraf via Monte San Genesio 7, 20158 Milano Editore: Parrocchia di San Nicola Vescovo in Dergano via Livigno 21, 20158 Milano Registrazione: Tribunale di Milano n. 37 del 25 Gennaio 2010 Orari delle Sante Messe: Domenica e festività 8.00; 10.00; 11.15; 18.00 Sabato e prefestivi 8.30; 18.00 Giorni feriali 8.30; 18.30 Per far celebrare le Sante Messe con intenzioni particolari, si prega di rivolgersi in Segreteria. Segreteria parrocchiale: tel. 026884282; fax 02680621 Orari da lunedì a giovedì 9.10 - 11.15 / 15.30 - 18.15 venerdì 15.30 - 18.15 Sommario Aprire il cuore alla speranza Lo Spirito Santo dona la pienezza della vita Viaggio del papa a Lesbo Andemm al Domm Cristiani ad Aleppo Venuti a Roma per incontrare il papa Prima confessione Catechismo, incontrarsi nel gioco Mettere mano alle opere di misericordia Sopportare pazientemente le persone moleste Lorella: Gesù c’era nel mistero del dolore Sulla tomba di un testimone della fede Gli auguri dal Brasile Le suore martiri dello Yemen Oratorio estivo Libri In ricordo di don Antonio Carretta Anagrafe parrocchiale 3 4 6 8 10 12 14 15 16 18 19 21 22 23 24 27 28 31 Editoriale Aprire il cuore alla speranza I l mese di maggio, dedicato a Maria, è nella nostra tradizione il mese che apre il cuore alla speranza, spalancandoci a un immaginario di gioia e bellezza. La luminosità delle giornate, lo splendore della natura in fiore, gli avvenimenti stessi legati a questo mese, come la Prima Comunione dei nostri ragazzi o la Festa della mamma, ci portano da sempre a pre-sentire nel cuore un esito buono della vita. Ma è ancora possibile oggi tutto questo mentre la realtà intorno a noi ci parla spesso di disperazione e scetticismo, di morte, di fatica del vivere, di incapacità a comprendersi e convivere, di indecisione anche nel pensare al governo di una città? Sembra che una grande stanchezza riempia la vita del mondo e dei singoli individui, una stanchezza che non permette di alzare lo sguardo e aprire il cuore a una speranza certa. Abbiamo da poco celebrato la festa dell’Ascensione.Nella narrazione della storia di Cristo l’evangelista Luca ha inserito un’osservazione che continuo a trovare sorprendente. Infatti Luca nel suo Vangelo dice che i discepoli erano pieni di grande gioia quando dal Monte degli Ulivi, dopo l’ascesa al Cielo di Gesù, scesero verso Gerusalemme. Secondo la nostra normale psicologia qui c’è davvero qualcosa che non va: l’Ascensione del Signore al cielo era l’ultima apparizione del Risorto; i discepoli sapevano che non l’avrebbero più rivisto in questo mondo. La paura dei discepoli di essere abbandonati avrebbe potuto essere cresciuta, tanto più all’idea del compito smisurato che si prospettava loro: uscire verso l’ignoto e rendere testimonianza a Gesù davanti a un mondo che li vedeva solo come gente di poco conto venuta dalla Giudea.Ma la loro gioia nasceva da una certezza: la certezza che Gesù era il vivente e che avrebbe accompagnato la loro vita per sempre, seppur in un modo misteriosamente diverso. Essi non “conoscevano” più solo fisicamente Gesù e il Suo messaggio non raggiungeva più le loro orecchie solo tramite la Sua voce, bensì Egli viveva dentro di loro: il Suo corpo e le Sue parole alimentavano la loro esistenza. Questo è precisamente ciò che accade oggi anche a noi, ed è questa la ragione della nostra possibile gioia e speranza. La chiesetta che intravedete nella foto è piccolissima, sovrastata com’è dalla grandezza delle montagne circostanti (le Odle). Eppure nella sua piccolezza è segno di quella presenza che da secoli non viene meno e dona speranza a tutti. È anche un po’ l’immagine della nostra vita: soffocati da tante domande e problemi, eppure resi certi da una Presenza, da un’amicizia fedele per sempre. Una presenza costituita fisicamente da uomini e donne che sono un popolo nuovo perché uniti nel Suo nome, e per i quali quindi la vita è diventata una continua sorpresa, un dono, da accogliere e abbracciare. Possa essere questo tempo così significativo della riscoperta del volto di Colui che ha cura della nostra vita e che, rispondendo alla domanda di amore che ci portiamo nel cuore, ci rassicura definitivamente. Don Mario 3 Santa Liturgia Lo Spirito Santo dona la pienezza della vita della Chiesa Cinquanta giorni dopo la Pasqua lo Spirito discende visibilmente sugli apostoli. Nel periodo la Chiesa celebra due altre festività D opo la Pasqua gli Apostoli, delusi pur avendo visto Gesù Cristo risorto, sono tornati a casa, sul lago, a fare i pescatori. Vicino a Cafarnao ci sono alcuni gradini di pietra che scendono nell’acqua: il lago forma una piccola baia, un porticciolo naturale dove, dice la tradizione del luogo, Pietro e i suoi soci tenevano ancorate le barche da pesca. Nel pellegrinaggio in Terra Santa nel 1993, don Bruno De-Biasio disse, guardando le piccole onde che si infrangevano su quei gradini: “Gesù non ha voluto abbandonare la loro vita alla quale gli apostoli erano ritornati dopo la Passione e la Resurrezione. Infatti, loro erano ritornati a fare il pescatore, a casa loro, sul loro lago, come alla fine di un’illusione. E Gesù si è inserito tra loro, ha preso lo spunto da questa quotidianità e dal rapporto esistente tra loro per inserire un altro motivo del loro stare insieme: il costituirsi della Chiesa. Cristo, di fatto, ha costituito qui la sua Chiesa dicendo chi doveva guidare tutti, definendo il pastore universale delle pecore, scegliendo, confermando la scelta di Pietro. Non ha fatto una incoronazione clamorosa, ma gli ha chiesto se lo amava: Gesù ha cioè voluto soltanto l’adesione a sé, cancellando il suo peccato, ignorando il suo peccato, e basta”. Rimasti di nuovo senza Gesù, che era asceso in cielo, gli Apostoli sono tornati a Gerusalemme e hanno ripreso a vivere in quella stanza al pioano di sopra dove avevano consumato l’Ultima Cena e qui, come raccontano gli Atti degli apostoli, “tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera”. Passano altri dieci giorni dall’Ascensione, e “mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti 4 insieme nello stesso luogo”: gli undici Apostoli, che sono elencati per nome, e i primi tre sono Pietro, Giovanni e Giacomo, le “colonne” della comunità; insieme con loro sono menzionate “alcune donne”, “Maria, la madre di Gesù” e i “fratelli di lui”, ormai integrati in questa nuova famiglia, basata non più su vincoli di sangue, ma sulla fede in Cristo. Questi uomini e donne rappresentano un “nuovo Israele” come allude chiaramente il numero totale delle persone che era di “circa centoventi”, come ha detto Benedetto XVI nell’omelia della Pentecoste del 2008. Su questa comunità che si trovava riunita nel Cenacolo “venne all’improvviso da cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro come lingue di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro”: è la discesa dello Spirito Santo, promessa da Gesù, che si manifesta così a noi poveri uomini che abbiamo bisogno di segni visibili per rinfrancarci. Il vento e il fuoco sono i segni della Nuova Alleanza, come lo furono alla stipulazione dell’Antica Alleanza sul Sinai. Come racconta il libro dell’Esodo, quell’antico patto fu accompagnato da una terrificante manifestazione di potenza da parte del Signore: “Il monte Sinai era tutto fumante, perché su di esso era sceso il Signore nel fuoco e il suo fumo saliva come il fumo di una fornace: tutto il monte tremava molto”. Gli elementi del vento e del fuoco li ritroviamo nella Pentecoste del Nuovo Testamento, ma senza risonanze di paura. In particolare, il fuoco prende forma di lingue che si posano su ciascuno dei discepoli, i quali “furono tutti pieni di Spirito Santo” e per effetto di tale effusione “cominciarono a parlare in altre lingue”. Si tratta di un vero e proprio “battesimo” di fuoco della comunità, una sorta di nuova creazione, come ha detto Benedetto XVI nell’omelia citata. A Pentecoste la Chiesa viene costituita non da una volontà umana, ma dalla forza dello Spirito di Dio. E subito appare come questo Spirito dia vita a una comunità che è al tempo stesso una e universale, superando così la maledizione di Babele: gli apostoli parlavano le diverse lingue e i giudei accorsi in folla davanti al Cenacolo al grande fragore si meravigliavano di comprendere quelle parole ciascuno nella propria lingua. Nasce così la Chiesa che sant’Agostino chiama “Societas Spiritus”, società dello Spirito. “Ma già prima di lui, - ha ricordato il papa emerito Benedetto XVI, - sant’Ireneo aveva formulato una verità che mi piace qui ricordare: ‘Dov’è la Chiesa, là c’è lo Spi- Edicola dell’Ascensione sul Monte degli Ulivi rito di Dio, e dov’è lo Spirito di Dio, là c’è la Chiesa ed ogni grazia, e lo Spirito è la verità; allontanarsi dalla Chiesa è rifiutare lo Spirito’ e perciò ‘escludersi dalla vita’”. A partire dall’evento di Pentecoste si manifesta pienamente questo connubio tra lo Spirito di Cristo e il mistico Corpo di Lui, cioè la Chiesa. Dopo la Pentecoste gli Apostoli presero coraggio e partirono per diffondere il Vangelo a tutte le creature in ogni luogo della Terra: la testimonianza e la missione rimangono il compito dei cristiani di tutti i tempi e quindi anche il nostro. Dopo la Pentecoste la liturgia ambrosiana prende un ritmo di quotidianità con le domeniche dopo la Pentecoste in un percorso di educazione alla santità accompgnato dalla Parol e dall’Eucaristia. In questo periodo si celebrano due grandi feste: la nscita di san Giovanni Battista e l’Assunzione della Beata Vergine Maria. La prima si ricollega alla nascita di Gesù Bambino: durante l’Annunciazione l’angelo Gabriele dice a maria che la sua parente Elisabetta era incinta di sei mesi, nonostante la sua tarda età “perché nulla è impossibile a Dio”. La seconda festa richiama il fatto che l’umano entra nell’eternità. Arcangelo Berra 5 Chiesa Viaggio del papa a Lesbo: destarci dal sonno dell’indifferenza Sabato 16 aprile 2016 papa Francesco ha fatto un breve pellegrinaggio nell’isola greca di Lesbo per incontrare i molti migranti ivi arrivati dalla costa turca, in fuga soprattutto dalla Siria, dalla guerra, e soprattutto dalle persecuzioni cui sono sottoposte le popolazioni cristiane. Con lui, a incontrare queste persone, c’erano il pariarca ecumenico di Costentinopoli Bartolomeo e l’arcivescovo ortodosso di Atene Ieronymos. Hanno sottoscritto un documento comune in cui invocano la pace, ma soprattutto ugnuno di loro ha fatto una toccante preghiera che qui sotto riportiamo. Preghiera del Santo Padre papa Francesco D io di misericordia, Ti preghiamo per tutti gli uomini, le donne e i bambini, che sono morti dopo aver lasciato le loro terre in cerca di una vita migliore. Benché molte delle loro tombe non abbiano nome, da Te ognuno è conosciuto, amato e prediletto. Che mai siano da noi dimenticati, ma che possiamo onorare il loro sacrificio con le opere più che con le parole. Ti affidiamo tutti coloro che hanno compiuto questo viaggio, sopportando paura, incertezza e umiliazione, al fine di raggiungere un luogo di sicurezza e di speranza. Come Tu non hai abbandonato il tuo Figlio quando fu condotto in un luogo sicuro da Maria e Giuseppe, così ora sii vicino a questi tuoi figli e figlie attraverso la nostra tenerezza e protezione. Fa’ che, prendendoci cura di loro, possiamo promuovere un mondo dove nes- 6 suno sia costretto a lasciare la propria casa e dove tutti possano vivere in libertà, dignità e pace. Dio di misericordia e Padre di tutti, destaci dal sonno dell’indifferenza, apri i nostri occhi alle loro sofferenze e liberaci dall’insensibilità, frutto del benessere mondano e del ripiegamento su se stessi. Ispira tutti noi, nazioni, comunità e singoli individui, a riconoscere che quanti raggiungono le nostre coste sono nostri fratelli e sorelle. Aiutaci a condividere con loro le benedizioni che abbiamo ricevuto dalle tue mani e riconoscere che insieme, come un’unica famiglia umana, siamo tutti migranti, viaggiatori di speranza verso di Te, che sei la nostra vera casa, là dove ogni lacrima sarà tersa, dove saremo nella pace, al sicuro nel tuo abbraccio. Preghiera dell’arcivescovo di Atene, Ieronymos O Dio di ogni spirito e carne, che hai schiacciato la morte, distruggendo il potere del diavolo e donando vita al tuo mondo, concedi, o Signore, alle anime dei tuoi servitori che hanno lasciato questa vita, il riposo in un luogo di luce, in un luogo di verdi pascoli, in un luogo di ristoro, dove il dolore, la tristezza e il pianto sono stati cacciati. BPerdona, Dio buono e amorevole, ogni peccato da loro commesso in pensieri, parole o opere, dato che non c’è uomo che possa vivere senza peccare, poiché Tu solo sei senza peccato: la Tua virtù e la Tua legge sono verità. Perché Tu sei la Risurrezione, la Vita e il Riposo dei tuoi servitori, o Cristo nostro Dio; e a Te eleviamo la Gloria, come anche al Tuo Padre Eterno e al Tuo Santissimo Spirito, buono e creatore di vita, adesso e per sempre, nei secoli dei secoli. Amen Preghiera del del patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo S ignore di misericordia, di compassione e di ogni consolazione, Ti preghiamo per i nostri fratelli in circostanze difficili e ci rivolgiamo alla tua bontà: nutri i bambini; istruisci i giovani; rafforza gli anziani, dai coraggio ai pavidi; riunisci chi è separato; naviga con quanti navigano; viaggia con quanti viaggiano; difendi le vedove; proteggi gli orfani; libera i prigionieri; guarisci i malati. Ricorda, o Dio, chi è nelle miniere, in esilio, in ardue fatiche e quanti vivono ogni sorta di afflizione, bisogno o sofferenza; e tutti coloro che implorano la tua amorevole gentilezza; coloro che ci amano e coloro che ci odiano; ed effondi su tutti la tua grande misericordia, accogliendo le loro richieste di salvezza. E ancora preghiamo, Signore della vita e della morte, concedi l’eterno riposo alle anime dei tuoi servitori defunti che hanno perso la vita nel loro esodo da regioni lacerate dalla guerra e nel loro viaggio verso luoghi di sicurezza, pace e prosperità. Tu infatti, Signore, sei ausilio di chi non ha aiuto, speranza di chi non ha speranza, salvatore di tutti gli afflitti, porto del navigatore e medico dei malati. Sii tutto per tutti, Tu che conosci ogni persona, le sue richieste, la sua famiglia, e i suoi bisogni. Libera, o Signore, questa isola e ogni città e paese da fame, piaghe, terremoto, inondazioni, incendi, spada, invasione di nemici stranieri e guerra civile. Amen 7 Diocesi Andemm al Domm, una scuola libera ci aiuta a crescere La tradizionale marcia degli alunni delle scuole cattoliche ha percorso le vie della città e ha raggiunto il Duomo dove li attendeva l’arcivescovo Angelo Scola S i è svolta il 9 aprile 2016 la 34° edizione della marcia “Andemm al Domm” (Andiamo in Duomo) dal titolo “Una scuola libera ci aiuta a crescere”, alla quale hanno partecipato genitori, insegnanti alunni delle scuole cattoliche della diocesi di Milano. Partecipare a questo gesto, organizzato e sostenuto dalla curia di Milano, dalle associazioni genitori e dalle associazioni delle scuole, significa ribadire a livello pubblico l’importanza delle scuole paritarie per l’intero sistema scolastico italiano. In esse, infatti, è messa in atto una reale collaborazione della scuola e della famiglia nel difficile ed impegnativo compito dell’educazione e dell’istruzione delle nuove generazioni, vera risorsa per un Paese che voglia crescere. Con questo gesto, guidato dal cardinale Angelo Scola, al quale abbiamo partecipato anche noi come scuole della Fondazione A. Mandelli e A Rodari, si è voluto anche riaffermare l’importanza di una effettiva uguaglianza che veda le scuole paritarie equiparate, anche dal punto di vista economico, alle scuole statali in un sistema scolastico che sia davvero e finalmente integrato. L’incontro tra famiglia e scuola cattolica infatti 8 vede insieme due grandi libertà: di scelta della famiglia e di istruzione della scuola. I vincoli di natura economica che ancora oggi limitano queste due libertà sono il segno di un’immaturità della classe politica nel riconoscere da dove viene il bene per il nostro Paese e del permanere di un pensiero piegato da ideologie falsamente liberali. Come infatti ha ricordato monsignor Angelo Scola, “è’ intollerabile che per un pregiudizio risorgimentale, in cui la scuola doveva essere unica e statale, oggi si continui a togliere alla famiglia il diritto di scelta in campo educativo” soprattuttoin considerazione del fatto che ”la libertà di educare è l’esperienza più elevata della libertà” e che “ senza educazione non c’è una società viva”. Per questo motivo abbiamo partecipato bambini, ragazzi e adulti insieme alla marcia di quest’anno, gesto di festa e di condivisione, nella speranza di essere ascoltati e con la consapevolezza della necessità di iniziative come questa e anche più efficaci di questa per fare sentire la nostra voce e per offrire a tutti la bontà dell’esperienza di conoscenza, di crescita e di educazione che viviamo. Tutto il discorso si è ricollegato al titolo della manifestazione è “Una scuola libera ci aiuta a crescere”. “La libertà di educazione che passa anche dalla scuola, diventi un fattore generativo di libertà effettiva, ovvero di libertà realizzate, di cui ha bisogno il Paese in questo travaglio di epoca che sta contraendo queste libertà, proprio mentre moltiplica le leggi”, ha anche sottolineato il cardinale Scola. “La scuola deve essere libera da condizionamenti e burocrazie e avere come unico obiettivo la cura e la crescita dello studente - ha aggiunto il presidente della Marcia Michele Ricupati -. La scuola tutta, statale e paritaria, sta cambiando e per mettersi al passo coi tempi deve essere sempre più di qualità, diversificata e competitiva”. La Marcia è partita alle ore 9.30 da via Vittor Pisani in zona Stazione Centrale, ha attraversato piazza della Repubblica, Bastioni di Porta Venezia, corso di Porta Venezia, piazza San Babila, corso Vittorio Emanuele ed infine è arrivata in piazza del Duomo. Contemporaneamente è partita alle 10 da piazza Beccaria anche la Mini Marcia dei piccoli che farà un percorso più breve. I partecipanti hanno marciato a ritmo di musica, cantando le canzoni vincitrici del concorso lanciato sul sito della manifestazione www.andemmaldomm.com. L’iniziativa è promossa dall’Arcidiocesi di Milano, dall’Agesc (Asso- ciazione genitori scuole cattoliche), dalla Fidae (Federazione istituti di attività educative), dall’Amism (Associazione milanese scuole materne), dalla Cdo (Compagnia delle Opere), dalla sezione lombarda dell’Age (Associazione italiana genitori) della Lombardia, dalla Faes (Associazione Famiglia Scuola)e dalla Fisiae (Federazione Italiana Sportiva Istituti Attività Educative) della Lombardia. Alunni e insegnanti delle scuole Mandelli e Rodari 9 Cristiani nel mondo Cristiani ad Aleppo, i martiri dei giorni nostri All’Auditorium Giorgio Gaber del grattacielo Pirelli di Milano monsignor Georges Abou Khazen, francescano e vicario apostolico, ha portato la sua testimonianza sulla città siriana contesa tra forze governative, ribelli e Isis. M onsignor Georges Abou Khazen è stato ospite delle nostra parrocchia dopo l’incontro tenuto al grattcielo Pirelli la sera di martedì 26 aprile scorso. Mercoledì mattina ha celebrato la Messa delle 8.30 assieme al parroco don Mario. Ma chi è? Spendiamo qualche parola di presentazione. Monsignor Georges Abou Khazen, francescano, è il vicario apostolico di Aleppo, la città siriana che sta vivendo una situazione drammatica che è valsa ad Aleppo la definizione di “Sarajevo del XXI secolo” e sulla quale monsignor Georges Abou Khazen ha portato la sua testimonianza nell’incontro svoltosi nell’Auditorium Giorgio Gaber di 10 Milano (Palazzo Pirelli, piazza Duca d’Aosta 3). L’incontro, dal titolo “Siria la terra contesa. La speranza che vive ad Aleppo”, è stato promosso dal Centro culturale di Milano col patrocinio dell’arcidiocesi di Milno e del Consiglio regionale della Lombardia, introdotto dal saluto di monsignor Luca Bressan, vicario episcopale, e moderato dal giornalista Giorgio Paolucci. Monsignor Abou Khazen è venuto a Milano (non è la prima volta) a raccontare la tragica situazione della sua città e a chiedere aiuto: “L’Europa sta facendo molto, ma il nostro Paese si sta svuotando delle energie migliori: se ne sono andati 35 mila medici, se ne vanno i giovani, gli studenti universitari. Stiamo perdendo il futuro. Aiutateci a restare nella nostra terra”. Ha parlato della tragedia dei cristiani: prima dell’inizio delle ostilità, la comunità era formata da poco meno di 200 mila membri; negli ultimi mesi si è più che dimezzata, attestandosi intorno alle 90 mila unità, concentrate nelle zone rimaste sotto il controllo delle forze governative; la metà delle 30 chiese attive un tempo sono oggi distrutte o inaccessibili. Ancora agibile e diventata un rifugio per molti fedeli è la parrocchia di San Francesco, malgrado alla fine di ottobre sia stata centrata da una granata sparata dai ribelli, che fortunatamente è esplosa prima di sfondare il tetto, squarciando la cupola, ma ferendo solo sette persone in modo non grave. Ciononostante, i cristiani resistono alle bombe, alle violenze e all’avanzata dell’Isis, con una forza e una disponibilità al martirio incarnate dalla consapevolezza espressa dal vicario: “Se la nostra terra e il Medio Oriente verranno svuotati dalla presenza cristiana, sarà un impoverimento per tutti. Ne sono convinti anche tanti musulmani con i quali stiamo condividendo questa tragedia. Sappiamo per esperienza che Dio vuole il nostro bene e noi ci consegniamo alla sua volontà”. E ancora rilevava in una recente intervista: “Questa guerra la vinceremo con la preghiera, la carità, la solidarietà tra di noi e la misericordia. L’Anno della Misericordia deve servire ai cristiani per ricostruire quelle tessere di convivenza e di amicizia che componevano il ricco mosaico siriano, composto da 23 diversi gruppi etnici e religiosi. La misericordia può essere il collante giusto per riconciliare il Paese”. E nella devastazione spuntano quali piccoli miracoli opere come la mensa organizzata da congregazioni religiose (gesuiti, maristi, suore di Madre Teresa e francescane), sostenuta economicamente anche da benefattori musulmani. Un segno di fraternità che tiene accesa la speranza di poter continuare a vivere insieme. Durante la Messa a Dergano ha portato il saluto delle sua popolazione e alla fine si è intrattenuto nel cortile con i fedeli presenti e qui ha incontrato anche le donne magrebine che collaborano con la Carla nella “boutique”. 11 Anno della Misericordia Venuti a Roma per incontrare il papa Un viaggio quasi inaspettato, con tanto stupore, gioia e fede I l nostro pellegrinaggio di tre giorni a Roma è cominciato alle 5 del mattino di sabato 23 aprile. Siamo partiti (assonnati) in pullman, poi dopo tante ore finalmente siamo approdati a Roma insieme a tantissimi altri gruppi di giovani da tutta Italia e da tutto il mondo; non avevo mai visto Roma così piena di ragazzi, tutti muniti di bandana gialla, crocifisso pendente e striscioni di ogni tipo. Prima tappa: piazza San Pietro. C’era la possibilità di confessarsi e ricevere l’indulgenza: i più fortunati sono riusciti a confessarsi dal Papa stesso! Dopo una bella camminata di circa 6 km c’è stata la festa all’Olimpico, la sera. C’erano tantissimi giovani, è stato divertente ascoltare la musica e fare la ola con tutto lo stadio, soprattutto faceva un certo effetto vedere tutti questi giovani che, come noi, erano venuti a Roma per incontrare il papa, per vivere un’esperienza collettiva di fede così bella. Il 24 c’è stata la messa con il papa. La sua omelia è stata bellissima: ci ha parlato dell’importanza dell’amore, che, come ha detto lui, è la “carta d’identità” del cristiano: bisogna amare concretamente, come fa Gesù con noi. Poi ci ha spronati a non accontentarci di vivacchiare, ma di vivere in pieno la vita seguendo ciò che ci rende veramente felici, non felici per finta, perché “la felicità non ha prezzo e non si commercia; non è un’app che si scarica sul cellulare”. Mentre parlava sono stata attenta tutto il tempo, a differenza di altre volte. Sono stata più di una volta a udienza dal papa, infatti, e capitava che mi distraessi facilmente; questa volta invece il suo discorso mi ha entusiasmato moltissimo, mi ha fatto pensare molto, ha parlato in maniera semplice ma diretta. Come ha detto una mia amica: il 12 suo modo di parlare non poteva non affascinarci. Poi ha fatto il giro della piazza sulla papamobile, e possiamo vantarci di aver occupato la prima fila delle transenne e averlo visto da vicinissimo. Carichi degl’incoraggiamenti del papa, nel pomeriggio abbiamo visitato un po’ Roma, soprattutto i quadri di Caravaggio che ritraevano la crocifissione di Pietro e la conversione di San Paolo. L’ultimo giorno, a parte la Messa di mattina, l’abbiamo passato in pullman per tornare a Milano, ma non è stato noioso. Anzi, mi è piaciuto, perché ero talmente contenta dell’esperienza vissuta che anche nove ore di pullman si sono rivelate divertenti. Abbiamo cantato, mangiato, giocato a carte, guardato un film. Eravamo esausti ma contenti. All’inizio, prima di partire, ero titubante: non mi entusiasmava l’idea che avremmo camminato così tanto, non avevo molta voglia di fare fatica. Poi, invece, è stata tutta un’altra cosa, la stanchezza era tanta, ma rispetto a tutto il resto passava in secondo piano. Sono stati tre giorni molto intensi ma ne è assolutamente valsa la pena! Tiziana Mastantuono In vista del Giubileo dei ragazzi che si terrà nelle giornate tra il 23 e il 25 aprile ci sono stati proposti dagli educatori alcuni momenti preparatori a questo gesto. Abbiamo avuto così modo di sperimentare cosa significhi la “carità in azione”. Prima di Natale , infatti, abbiamo preparato un pranzo per gli anziani e alcune persone che altrimenti si sarebbero trovate sole durante quella festività. In seguito abbiamo bussato alle porte di alcuni palazzi del quartiere per raccogliere degli alimenti destinati al Banco Alimentare. Questi momenti ci hanno aiutato ad aderire con maggiore facilità e a prendere coscienza della proposta del Giubileo. Abbiamo però riscontrato che alcuni non potevano venire per una questione economica, quindi, per permettere a tutti di partecipare, abbiamo organizzato una vendita straordinaria di torte e dolci domenica dopo le Messe. Il gesto è cominciato sabato pomeriggio, quando ci siamo trovati nelle cucine dell’oratorio per la loro preparazione insieme al don Stefano e ad alcune mamme. Al di là delle nostre aspettative siamo riusciti a vendere tutto! Questi momenti ci hanno aiutato ad approfon- dire maggiormente i nostri rapporti di amicizia. Abbiamo inoltre compreso che l’aiutare gratuitamente il prossimo ci rende felici. Chiara, Angela e i ragazzi del Gruppo Superiori Mi è piaciuto vendere e fare le torte per due motivi: il primo perché sabato eravamo in tanti e mi sono divertito anche a fare i cartelloni; il secondo perché domenica poi ho visto che tanti le compravano. Mi sono reso conto che nel venderle non facevo un favore solo alle persone che poi le avrebbero mangiate, ma perché pensavo che da lì a pochi giorni sarei andato a Roma e avrei attraversato la Porta Santa. Drio 13 Sacramenti Prima Confessione: essere speciali agli occhi di Dio Un momento atteso con trepidazione dai ragazzi di quarta elementare D opo un periodo di preparazione, terminato con il ritiro del giorno prima, breve ma denso, è finalmente arrivato anche il 28 febbraio, data che i bambini di quarta elementare aspettavano con trepidazione e un po’ di paura: il giorno della loro Prima Confessione. Il gesto è stato semplice: divisi in due turni per aiutare il clima, ogni confessando aveva a fianco un genitore o il padrino o la madrina del Battesimo per sostenerli nella trepida attesa del loro turno. Una breve riflessione iniziale di don Stefano e alcuni di loro hanno spento le candele poste sull’altare segno che il peccato rende buia la nostra vita. Così, accompagnati da canti e letture, i ragazzini a turno salivano sull’altare dove li aspettava uno dei cinque preti. Hanno toccato con mano di essere speciali, uno per uno, agli occhi di Dio. Hanno potuto provare la gioia di essere abbracciati e perdonati nel primo sacramento, dopo il loro Battesimo, al quale si sono avvicinati, attraverso il volto buono e le parole di don Stefano, don Mario, don Giorgio e, per l’occasione, anche di don Nicolò e don Gabriele. Tutti sono tornati al posto sorridenti e, come hanno detto alcuni di loro, più “liberi” e “leggeri” e senza più timore, più consapevoli che la Confessione è una cosa bella che Dio ci regala per essere felici e… perdonati. Hanno riacceso le candele, cantato per ringraziare e tutti di corsa al bar a banchettare con una meritata merenda! Abbiamo raccolto alcune loro semplici parole e addirittura una piccola poesia in rima scritta per l’occasione: 14 “Quando sono salita sull'altare per confessarmi avevo un po’ di paura. Poi, però, il don Stefano con il sorriso mi ha detto che la Confessione è una cosa bellissima, perché Dio mi perdona. Io sono stata davvero felice”. Arianna “Quando andata sull’altare mi sono sentita emozionata e anche nervosa, ma quando sono scesa ero stranamente felice e nuova”. Norma “Mi sono sentito importante perché il prete mi parlava con rispetto”. “Sono salita sull’altare che ero molto emozionata per la confessione e il mio cuore batteva tanto, mi sono inginocchiata e il prete mi ha chiesto il mio nome e ho detto i miei peccati, mi ha fatto dire una preghiera e mi ha regalato una collana con la croce. Alla fine ho sentito che il Signore era vicino a me”. Jeizze “Quando sono sceso dall’altare mi sono sentito come ‘ritornato’ nella famiglia del Signore”. Federico “Quando ho fatto la confessione mi sono sentita ‘depurata’ dai miei peccati ed ero più felice”. Marta “Oh Gesù I peccati, sì, noi li facciamo. L’importante però è che poi ci pentiamo. I nostri peccati sono veri perché svelano di noi molti misteri. Da questi sbagli però noi impariamo perché poi da Te ci confessiamo” Anita Le catechiste di quarta elementare Catechismo: incontrarsi nel gioco Q uest’anno nel catechismo di terza elementare circa una volta al mese la lezione in aula lascia il posto ad un giocone tra le classi. Cosa centra il gioco col catechismo? Viene da chiedersi. Giocare con loro è sempre una sfida, perché bisogna vincere la propria pigrizia, e anche vincere quell’idea che fare catechismo sia spiegare la vita di Gesù, i sacramenti, e che tutto finisca lì.. IDimenticando che ciò che ha preso me tanti anni fa non è stato un discorso, ma l’incontro con persone contente, che mi volevano bene, e che testimoniavano Cristo con la loro vita. Allora giocare coi nostri ragazzi è proprio questo. Significa mettersi in gioco insiemea loro, a volte anche faticosamente dopo una giornata di lavoro. E in questi mesi davvero il gioco si è mostrato uno strumento efficace per comunicare la fede ai ragazzi, mostrandogli un’unità possibile, e per loro impensabile, tra Gesù, e la vita ‘vera’.Ragazzine che mai avevo sentito parlare in classe, che finalmente vedo sorridere, oppure uno di quelli che in classe non si è mai impegnato, uno di quelli che non prendono mai niente sul serio, che si mette con generosità a disposi- zione della squadra a portare tutta una serie di oggetti da una parte all’altra del campo. E non l’ho mai visto così contento!E io con lui! Perché mi accorgo che quando do tutto nel gioco con loro, quando non mi risparmio, torno a casa lieta. E’ proprio vero che il Mistero, se noi diamo il nostro sì a Lui, usa davvero di tutto, anche un semplice gioco, per mostrarsi. a Maria Ragazzi Mettere mano alle opere di Misericordia visita alla comunità Kayros Una serata speciale dei ragazzi della media e andare a incontrare una comunità che accoglie qualcuno venuto da lontano D el nostro percorso di quest’anno “sulle tracce della Misericordia” vi abbiamo già accennato qual-cosa nei numeri precedenti. Abbiamo accettato l’invito di papa Francesco di mettere mano alle o-pere di Misericordia e così un sabato sera di aprile siamo partiti alla volta di Vimodrone e abbiamo incontrato la comunità Kayròs, fondata nel 2000 da don Claudio Burgio per aiutare e sostenere nei loro percorsi ragazzi in difficoltà, segnalati dal Tribunale dei Minori, dai Servizi Sociali o dalle Forze dell’ordine.. Siamo arrivati in tempo per invadere il loro campo da calcio/basket e organizzare un gioco prima dell’ora di cena. Mentre alcuni di loro finivano di cucinare e apparecchiare per noi, altri non hanno mollato palla e canestro così alcuni di noi si 16 sono subito avvicinati ed è stato immediato il “frater-nizzare”. Semplice cena insieme e una breve testimonianza degli ospiti più giovani della comunità. Ci hanno raccontato qualcosa di loro tre ragazzi delle medie: Ajub di 13 anni che ha lasciato la sua famiglia e la sua terra imbarcandosi con uno zio su un barcone, Mustafà che arriva da Torino per ragioni che non vuole ancora raccontare a nessuno e Davide il più piccolo di tre fratelli che pur di rimare insieme mettono sotto sopra una comunità di Napoli. Visi semplici, occhi svegli e fissi su don Claudio che li aiuta a raccontare solo l’indispensabile, rispettando la loro discrezione, per farci capire che “non esistono ragazzi cattivi” ma solo ragazzi feriti e desiderosi di incontrare e, con pa-zienza, imparare un altro linguaggio oltre a quello già conosciuto dell’abbandono, della violenza, della rabbia. Si uniscono al gruppo anche Lami, gigante senegalese che sfiora i 2 metri, idolo dei nostri giocatori di basket, un altro ragazzo di colore che dopo il suo percorso all’interno della comunità ha deciso di rimanerci come assistente e Massimiliano che si soffia sul braccio per attenuare il bruciore del tatuaggio appena fatto per coprire, ci racconta, i vecchi tattoo fatti in carcere. Ci raccontano della vita in comunità, della convivenza insieme a gruppetti nei loro appartamenti, delle inevitabili liti per sistemare, delle fughe per non fare i compiti o delle cene in cui ognuno propone con orgoglio i piatti della sua terra, di chi si è perso un’altra volta ed ha abbandonato e di chi ci sta. Davanti a loro l’impressione è di spiare per un attimo attraverso uno spiraglio un mondo misterioso e delicato e solo una “forza” tenera e tenace, materna e paterna insieme, può avere il coraggio di entrarci. Finiamo in fretta la testimonianza perché il sabato sera i nostri nuovi tre amici hanno l’uscita al Luna Park con i loro volontari e hanno fretta di andare. Rimaniamo col dolce e i ragazzi più grandi e invadiamo di nuovo il campo e questa volta i gruppi sono tutti misti tra ospitati e ospi-tanti insieme: a un canestro Lami con la sua banda di fedelissimi, un pallone invita a una piccola partita nei pressi dell’altra porta ed in mezzo in cer- chio le nostre pallavoliste giocano con altri ragazzi e provano a dialogare un insolito inglese con Yebass, ragazzo siriano appena arrivato in Italia. Ormai dobbiamo correre verso la metro per non perdere il treno e Yebass corre con noi indicandoci la strada più veloce. Torniamo ai nostri campi con negli occhi e nel cuore i volti di questi ragazzi che in modo inaspettato e semplicissimo ci hanno accolti a fatti sentire a casa. Siamo stati accolti da chi a sua volta è stato accolto e la cui casa è a chilometri e chilometri di distanza… che sia questo l’agire della Misericordia, forza discreta e tenace capace di annullare le distanze e abbracciare teneramente? I ragazzi delle medie del venerdì 17 Opere di misericordia Sopportare pazientemente le persone moleste Una pazienza che diventi passività e rassegnazione è da rigettare. All’opposto la pazienza evangelica è attiva, intelligente e coraggiosa L a sesta opera di misericordia è quella di sopportare pazientemente le persone moleste, cioè i nostri fratelli per i loro difetti. Ad esempio: quella inferma è troppo esigente, non è mai contenta, si lagna continuamente; quell’altra è fastidiosa, trova a ridire su tutto, niente va mai bene per lei; questa ha un carattere sofistico e altero; l’altra usa villanie; quell’altra fa il broncio e non parla; ebbene l’apostolo San Paolo scrive: “Sopportatevi a vicenda con amore”. Questa è forse l’opera di misericordia più attuale, più quotidiana, più universale; ci interpella tutti i giorni, dovunque andiamo, perché ogni giorno siamo a contatto con persone: in famiglia, sul lavoro, per la strada, sull’autobus, al cinema, a scuola, in parrocchia, in chiesa. Qualche volta possiamo scegliere noi le persone con cui intrattenerci, con cui fare un’iniziativa, o una gita o un viaggio; e allora selezioniamo le persone, scegliamo quelle che ci vanno bene, che sono affini al nostro temperamento, alle nostre idee, ai nostri sentimenti. Ma normalmente nella vita non è così: dobbiamo prendere le persone come sono e talvolta sono proprio “moleste”. Del resto anche noi possiamo essere, magari senza volerlo, “persone moleste” per gli altri. Come muoversi? San Paolo scrive: “Portate pazientemente gli uni i pesi degli altri per amore”. Le due parole chiave sono: “pazientemente” e “per amore”. Di fronte al comportamento fastidioso di una persona possiamo ribellarci, brontolare o apertamente di fronte o meno francamente alle spalle; oppure possiamo tacere e sopportare. Ma la sopportazione da sola è povera e può essere anche un comportamento stupido. E’, perciò, la seconda parola “per 18 amore” che dà significato cristiano alla sopportazione, che la rende pienamente accettabile e la trasforma in “opera di misericordia”. Certamente non è facile sopportare pazientemente le persone moleste con amore. In genere è più difficile con le persone vicine, con cui ci si trova a vivere molte ore al giorno, ad esempio con la nonna arteriosclerotica che ripete sempre le stesse cose. O con il collega d’ufficio che tenta di scaricarti addosso il suo lavoro, con la vicina di casa che controlla tutti i passi che fai. Eppure anche quest’opera di misericordia può essere una via di miglioramento e di santità. Oggi però la pazienza ha perso molto fascino: i tempi frettolosi spingono all’impazienza, al non differimento, al “tutto e subito”, al possesso che non lascia spazio all’attesa. L’individualistica affermazione di sé diventa non volontà di attesa e di comprensione dell’altro che troppo rapidamente rischia di diventare molesto o fastidioso, certamente di intralcio. Ecco allora che la pazienza, la quale era un tempo modalità sapiente e umana di abitare il mondo, è ormai posta nel dimenticatoio. Al tempo stesso, occorre realisticamente riconoscere che la pazienza non è sempre una virtù, così come l’impazienza non è affatto sempre una non virtù. Una pazienza che inibisca la capacità umana di dire no di fronte al perpetuarsi di un abuso, di una violenza, di un sopruso, di uno sfruttamento, è una perversione della pazienza che diviene complice dell’ingiustizia e non è né umana né evangelica. La perversione di una virtù diviene costruzione di un inferno: una pazienza che diventi passività e rassegnazione è semplicemente da rigettare. All’opposto la pazienza evangelica è attiva, intelligente e coraggiosa. Occorre ricordare il diritto alla collera che osa dire e gridare “basta!”, come fa Dio nei confronti delle in-giustizie che imperversano nel mondo e di cui si fanno ministri i profeti, come fa Gesù quando grida le sue invettive contro gli uomini “religiosi” (cfr. Mt 23,13-36) o quando scaccia dal tempio i venditori e i compratori e rovescia i tavoli dei cambiavalute (cfr. Mc 11,15). Se l’impazienza può divenire cancellazione dell’alterità e della distanza che ci mantengono in un rapporto corretto con Dio e con gli altri, la pazienza può diventare fatalismo, rifiuto della necessaria decisione che spezza l’inerzia del tempo e può condurre l’uomo a sparire, ad annientarsi, a non assumere la responsabilità di diventare uomo. La pazienza è un’arte che non ha nulla a che fare con il subire passivamente. E invece la paziente ma libera e amorosa sopportazione nei confronti di chi è fastidioso, antipatico, noioso, lento, è in linea con l’amore del nemico (cfr. Mt 5,38-48; Lc 6,2735). E chiede lavoro su di sé per imparare a conoscere e ad amare il nemico che è in noi, ciò che in noi è molesto, ciò che è insopportabile a noi stessi e che Dio, in Cristo, ha sopportato pazientemente amando noi in modo incondizionato. In questo modo la pazienza diventa apertura di futuro per l’altro, conferma di fiducia in lui, lotta insieme a lui e per lui contro la tentazione della disperazione. a cura di don Giorgio Lorella: Gesù Cristo c’era nel mistero del dolore profondo G razie Lorella! Stasera durante la santa Messa delle 18.30 abbiamo ricordato la nostra amatissima amica Lorella La Tocca nove anni dalla sua scomparsa. Lorella, giovane, lasciava il marito Raffaele e le tre figlie Maddalena. Letizia e Maria Teresa, ancora poco più che bambine. La chiesa è stracolma: ci sono il marito, le figlie, la mamma e tanti parenti e amici, ma quello che stupisce è la quantità di giovani, alcuni di loro hanno accompagnato la Messa con bellissimi canti. Qui mi fermo a raccontare che cosa è avvenuto in questi nove anni: un miracolo voluto da Gesù Cristo, allora c’era il misero del dolore profondo, come proseguire un cammino così faticoso, Ma Cristo non toglie la fatica e il dolore, ma accompagna con tenerezza e aiuti di ogni tipo. Raffaele, Maddalena, Letizia e Maria Teresa si sono aggrappati alla compagnia degli amici amici veri, si sono fidati della loro mamma che ha aempre guardato a quell’Unico segno che resiste di fronte a tutto: Cristo. Questa sera ho visto quel trionfo di Bellezza e di gioia vera che fa dire: “Tutto è possibile a Dio”. Io con umiltà devo riconoscere questo ed essere piena di gratitudine per aver partecipato a questa storia. Grazie, Lorella, del Paradiso, hain fatto dei capolavorie hai proseguito la tua vita di sposacon Raffaele in un modo ancora più vero. Marilena Racanati 19 Vita parrocchiale Pellegrinaggi: a Roma e in Terra Santa C’è una proposta particolare nella vita della Chiesa per accompagnare le persone a imparare a mendicare l’amore del Signore facendo far loro un cammino che spesso fa vivere la memoria di luoghi, fatti e avvenimenti significativi della vita di un popolo: si chiama pellegrinaggio. La cosa stupefacente dell’esperienza del pellegrinaggio è che si inizia con una domanda dentro il cuore e si ritorna con la certezza che il Signore ci ha ricolmati di doni inaspettati ben più grandi: primo fra tutti la certezza della Sua amicizia. Vorremmo poter fare insieme questa esperienza nel corso dei prossimi mesi. Per questo proponiamo due pellegrinaggi particolarmente significativi e da molti desiderati. Pellegrinaggio a Roma per l’anno santo con la Diocesi di Milano 4 – 6 ottobre 2016 Lo guiderà monsignor Mario Delpini, Vicario generale della Diocesi. Gli ambrosiani vivranno così - in una dimensione comunitaria - il Giubileo della Misericordia e al contempo avranno l'occasione di partecipare all’udienza pubblica che papa Francesco terrà in Piazza San Pietro. Per le iscrizioni al pellegrinaggio vi dovrete rivolgere in segreteria dove troverete il volantino Pellegrinaggio in Terra Santa 2 -7 gennaio 2017 È una occasione straordinaria per ripercorre i passi di Gesù e sostenere le piccole comunità cristiane di Palestina. Il costo sarà attorno a 1200 euro e saremo accompagnati dai padri francescani della Custodia della di terra Santa Informazioni per la necessaria iscrizione in segreteria. Il pellegrinaggio si farà se si raggiungerà il numero di 30 partecipanti. 20 Pellegrinaggio sulla tomba di un testimone della fede D all’11 al 15 aprile sono andati in pellegrinaggio in Sicilia i sacerdoti ambrosiani ordinati tra il 2006 e il 2015. Tra questi c’era il nostro don Stefano. Il pellegrinaggio era guidato dall’arcivescovo, il cardinale Angelo Scola. Il momento centrale è stato Giovedì 14 aprile, giornata dedicata a Monreale, con visita della cattedrale normanna che presenta nell’abside un grande Cristo Pantocratore che domina tutta la navata della chiesa. Altro momento forte del pellegrinaggio dei preti è stata la visita alla tomba di don Pino Puglisi, il sacerdote ucciso per la sua limpida testimonianza al Vangelo, per il quale ha speso tutta la sua vita, e per la passione per la salvezza del suo popolo. La parola che ha conquistato la quarta giornata del pellegrinaggio in Sicilia, che si è imposta con stupore allo scorrere sereno e simpatico del nostro tempo, è stata “bellezza”. Bellezza di un mattino limpido sul mare alle prime ore del giorno, bellezza della vita unica di don Pino Puglisi (ricompresa dalla narrazione teologica di don Massimo Naro, sacerdote e studioso di Caltanissetta), bellezza di un tuffo in un’acqua limpida e gelida per ridere e scherzare con i confratelli, bellezza di un capolavoro dell’arte e della storia: la Cattedrale normanna di Monreale. Cielo e mare di Sicilia fanno da sfondo alla contemplazione e alla meraviglia per questa terra unica per i suoi monumenti e la straordinarietà dei suoi figli. Dalle parole pacate e profonde di don Massimo (fratello del compianto arcivescovo di Monreale Cataldo Naro), abbiamo esplorato la grande spiritualità di don Pino che, “per Grazia”, è cresciuta “continuamente impastata con la storia degli uomini”. Una vita dove continuità e discontinuità sono intrinsecamente intrecciate, tanto da far dire che “il martirio è un momento che non sopraggiunge improvviso”, ma fa parte del gioco, quasi epilogo di un dialogo decisamente sollecitato, anche con chi poi si è reso responsabile della sua morte. 21 Missioni Gli auguri dal Brasile Don Emilio non dimentica mai la parrocchia di Dergano dopo essere stato ospite per più di un anno e dove ha fatto tante amicizie giorno di riposo concesso!). La Messa di Páscoa nella nostra bella chiesa. Un uovo gigante e festa dopo la Messa (tutto esaurito!) Giochi per le strade nel pomeriggio di Pasqua. C ari Amici, la Pasqua è alle spalle e con un po’ di vergogna, dato il ritardo, voglio farvi gli auguri, insieme alla mia gente. Sono state giornate molto intense e, per noi, belle. Vi mando qualche foto sulla nostra Pasqua. è anche grazie al vostro aiuto che posso realizzare ... La Via sacra per le stradine della favela il Venerdì santo, con partenza Abraços. Don Emilio Bellani alle 6 del mattino (a causa del sole caldissimo e del casino che ci sarà per le strade: il Venerdì santo, infatti, è il giorno della sregolatezza, della musica, del vino ... un vero putiferio: per gli schiavi afro era l’unico 22 Missioni Le suore martiri dello Yemen C’ erano cinque missionarie della Carità (le suore di Madre Teresa), getivano una casa di riposo dove servivano con estrema carità gli anziani malati e indigenti e i disabili. Un commando di uomini armati (è in corso una guerra civile da almeno un anno e mezzo tra sciiti e sunniti) ha attaccato la loro sede nella città portuale di Aden, la città più importante dello Yemen, e ne ha ad uccise quattro perché cristiane lo scorso il 4 marzo. Due delle suore uccise erano ruandesi, una era indiana e la quarta veniva del Kenya. Qualche mese prima di morire avevano scritto una lettera alle consorelle in cui spiegavano perché non intedevano lasciare le persone affidate alla loro cura, nonostante la guerriglia e l’odio degli islamici contro di esse. “Insieme viviamo, insieme moriamo con Gesù, Maria e la nostra Madre”. Così scrivevano le quattro suore Missionarie. “Per quell’amore e cuore di madre che avevano - ha spiegato inn una trasmissione di TV2000 una loeo consorella, suor Serena - non potevano abbandonare i loro ospiti che amavano e nei quali si identificavano. Volevano condividere le loro gioie e sofferenze e rimanere con loro fino alla fine”. Continua la lettera: “Ogni volta che i bombardamenti si fanno pesanti noi ci inginocchiamo davanti al Santissimo esposto, implorando Gesù misericordioso di proteggere noi e i nostri poveri e di concedere pace a questa nazione. Non ci stanchiamo di bussare al cuore di Dio confidando che ci sarà una fine a tutto questo. Mentre la guerra continua ci troviamo a calcolare quanto cibo potrà essere sufficiente. I bombardamenti continuano, le sparatorie sono da ogni parte e abbiamo farina solo per oggi”. “Come faremo a sfamare domani i nostri poveri? Con fiducia amorevole - scrivevano le suore - e abbandono totale, noi cinque corriamo verso la nostra casa d’accoglienza, anche quando il bombardamento è pesante. Ci rifugiamo a volte sotto gli alberi pensando che questa è la mano di Dio che ci protegge. E poi corriamo di nuovo velocemente per raggiungere i nostri poveri che ci attendono sereni. Sono molto anziani, alcuni non vedenti, altri con disabilità fisiche o mentali. Subito iniziamo il nostro lavoro pulendo, lavando, cucinando utilizzando gli ultimi sacchi di farina e le ultime bottiglie d'olio proprio come la storia del profeta Elia e della vedova. Dio non può mai essere da meno in generosità fino a quando rimaniamo con lui e i suoi poveri. Quando i bombardamenti sono pesanti ci nascondiamo sotto le scale, tutte e cinque sempre unite. Insieme viviamo, insieme moriamo con Gesù, Maria e la nostra Madre” . 23 Comunità parrocchiale Oratorio: l’oratorio estivo è anzitutto riscoprire, vivendo insieme, il gusto per la vita e le cose belle e semplici che ci fanno felici PARROCCHIA SAN NICOLA IN DERGANO Lunedì 13 giugno – Giovedì 7 luglio ORATORIO FERIALE 2016 GIORNATA TIPO Ore 8.30 Accoglienza e gioco libero Ore 9.15 Chiusura cancelli e preghiera del mattino Gioco organizzato a squadre Ore 12.00 Uscita per chi mangia a casa (l’uscita deve essere autorizzata per iscritto dal genitore) Ore 12.30 Pranzo e chiusura cancelli. Ore 14.00 Apertura cancelli Ore 14.30 Chiusura cancelli e Laboratori/attività Gioco Ore 16.30 Momento finale e merenda Ore 17.00 Apertura cancelli Dalle 17,00 alle 19,00 (chiusura dell’oratorio) non è garantita la vigilanza. 24 QUOTA La quota d’iscrizione per una settimana è di 15 €, comprensiva di merenda giornaliera e materiale. L’iscrizione è scontata a 10 € per il secondo fratello, gratis dal terzo in poi. PRANZO ÈÈ possibile fermarsi a mangiare nei tre giorni in cui non è prevista la piscina o la gita. Il costo per i tre pranzi è di 10 € (non sono previsti sconti per i fratelli). Chi partecipa alla mattina, ma mangia a casa, deve segnalare (sul modulo di iscrizione alla settimana) l’uscita alle 12.00. ISCRIZIONI Le iscrizioni sono da Lunedì 16 maggio a Venerdì 27 maggio presso la Segreteria parrocchiale (Lun-Ven dalle 16.00 alle 18.00). L’iscrizione alle settimane successive, gite e piscina avverranno, in segreteria parrocchiale entro il venerdì della settimana precedente (Lun-Ven dalle ore 16.00 alle ore18.00). Per ragioni organizzative non si accettano iscrizioni la mattina stessa della piscina e della gita. E’ possibile anche iscriversi subito a tutte e tre le settimane. PISCINA Nelle giornate di martedì 14, 21 e 28 giugno si andrà tutto il giorno alla PISCINA “IL GABBIANO” di Limbiate (costo 15 €). Il trasferimento avverrà in pullman. Portare il PRANZO al sacco. I ragazzi di I e II ELEMENTARE possono venire se accompagnati da un adulto indicato al momento dell’iscrizione. Per L’ISCRIZIONE alla piscina, sarà disponibile un modulo con tutte le informazioni relative alla giornata. Per chi non partecipa alla Piscina l’Oratorio è chiuso. In caso di mancata partecipazione la quota non verrà rimborsata. MESSA DEL MERCOLEDÌ Nella mattinata di mercoledì (ore 10.00) sarà celebrata in Chiesa la Messa per tutti i ragazzi dell’oratorio. NOTA BENE: II MEDIA Quest’anno ai ragazzi di II media viene proposto un oratorio estivo a parte per cui sono disponibili sono una quarantina di posti con precedenza a chi ha fatto la Cresima a Dergano. Per l’iscrizione si utilizza un altro modulo. 25 Comunità parrocchiale GITA Nei giorni di giovedì 16, 23 e 30 giugno si andrà in GITA. Per l’iscrizione alla gita entro il lunedì precedente, verrà dato un modulo con tutte le informazioni relative alla giornata. Per chi non partecipa alla Gita l’Oratorio è chiuso. In caso di mancata partecipazione la quota non verrà rimborsata. USCITE FUORI ORARIO Visto il gran numero di ragazzi presenti sono da evitare le uscite fuori dagli orari stabiliti per l’impossibilità pratica di seguire queste eccezioni. Al pomeriggio i cancelli saranno aperti alle 17.00: evitare di accalcarsi prima dell’orario. CASI ESTREMI… Nel caso qualche ragazzo manifestasse di non condividere il rispetto e le regole dell’oratorio estivo potrebbe essere allontanato temporaneamente previo avviso ai genitori. Pensiero per i genitori C ari genitori, terminato l’anno scolastico e quello di catechismo, non termina il desiderio di condividere con i ragazzi il nostro tempo libero come occasione di compagnia e di educazione. Recentemente sono stato con la Formazione Permanente del clero, in Sicilia e abbiamo visitato la bellissima cattedrale di Monreale. Mi ha colpito un mosaico del ciclo della creazione in cui Dio (che ha il volto e il corpo di Gesù) trascina l’uomo appena creato verso il paradiso terrestre. Mi è sembrata un’immagine bellissima di cosa è la fede: non un aggiunta alla vita ma la possibilità di gustarsi la vita. Dio è colui che ci ha creati perché potessimo vivere da uomini! Quanto spesso invece per noi la vita è solo un peso o una serie di problemi. Quanto spesso si vedono ragazzi svogliati e lamentosi come “anziani”. Per noi l’oratorio estivo è anzitutto riscoprire, vivendo insieme, il gusto per la vita e le cose belle e semplici che ci fanno felici. Quindi giocheremo, mangeremo, faremo 26 attività e ci scopriremo pieni di talenti… Vi aspettiamo. Don Stefano CI PIACE ANDARE DA :) CRI CI PIACE STARE Panificio Pasticceria Caffetteria piazza Dergano 3 20158 Milano Tel. 02603417 Buone letture Libri GIOVANNI MARIA VIAN Giovanni Battista Montini Un uomo come voi testi scelti 1914-1978 MARIETTI Nel Palazzo di Vetro di New York il papa aveva appena cominciato a parlare. Davanti a lui i rappresentanti di mezzo mondo lo seguivano con curiosità e attenzione mentre in francese leggeva un testo lungo e appassionato: “Voi avete davanti un uomo come voi; egli è vostro fratello” disse papa Paolo VI che subito dopo alzando per un momento gli occhi dal testo aggiunse: “Oh! voi sapete chi siamo; e, qualunque sia l’opinione che voi avete sul pontefice di Roma, voi conoscete la nostra missione; siamo portatori d’un messaggio per tutta l’umanità”. In queste parole del discorso alle Nazioni Unite c’è tutto l’uomo e il cristiano divenuto papa, così come l’immagine che più lo rappresenta è quella di una mano che si protende. Ma chi era il pontefice che scelse per sé il nome di san Paolo, la figura più incisiva del Cristianesimo delle origini? Abituato a riflettere su se stesso, Montini scrisse sempre moltissimo, anche da papa: appunti personali, lettere, articoli, discorsi. All’interiorità e alla vicenda esteriore dell’uomo e del cristiano introduce questa scelta di scritti che si estendono con un’impressionante coerenza, anche stilistica, per oltre un sessantennio. Giovanni Battista Montini nacque a Concesio, nei dintorni di Brescia, nel 1897. Papa nel 1963 e prese il nome di Paolo VI. Morì a Castel Gandolfo nel 1978 GERTRUD VON LE FORT La porta del cielo SAN PAOLO Le scoperte scientifiche possono mettere in dubbio le verità di Fede? La scrittrice tedesca Gertrud von Le Fort (1876-1971) affrontò questa tematica nel romanzo breve La porta del cielo, risalente al 1954 ed ora ripubblicato in italiano. Gertrud era figlia di un colonnello prussiano di discendenza ugonotta. Studiò teologia, storia e filosofia a Heidelberg e a Berlino. Nel 1925 si convertì al Cattolicesimo. Provò particolare ammirazione per Edith Stein, che conobbe personalmente, e per Pio XII, che ebbe occasione di incontrare. Pubblicò numerose opere, tra cui spicca L'ultima al patibolo, da cui Georges Bernanos trasse il libretto per i Dialogues des carmélites di Francis Poulenc. In questo romanzo breve von Le Fort, con una forza di evocazione allucinante unita a grande semplicità di stile, affronta il tema del conflitto tra la fede e l’incredulità dell’uomo moderno. Senza la fede, la scienza rischia di essere non un progresso, ma una tragedia, la fonte di infiniti lutti. Non a caso il testo si chiude con la partenza per gli Stati Uniti di uno dei personaggi chiave: un giovane scienziato tedesco, chiamato a compiere studi sullo sviluppo delle armi nucleari... La discendente di un antico casato tedesco si reca nella casa di famiglia, abbandonata, col compito di raccogliere e portare in salvo i più preziosi documenti sulla storia degli avi. Durante il lavoro, si imbatte in un manoscritto seicentesco e un memoriale su un processo simile a quello di Galileo. BENIAMINO DI MARTINO Povertà e ricchezza. esegesi dei testi evangelici EDITRICE DOMENICANA ITALIANA Ultimamente, anche ai vertici della Chiesa, si fa un gran parlare di ”povertà evangelica” proponendo un modèllo, che spesso richiama la “Teologia della liberazione”. Don Beniamino Di Martino, direttore della rivista StoriaLibera e docente di Dottrina sociale della Chiesa all’Istituto Claretianum della Pontificia Università Lateranense, affronta i passi evangelici relativi al tema povertà e della ricchezza, dimostrando come la seconda non sia “un male in sé” e tanto meno la prima sia ”un bene in sé”. Lo studioso approfondisce attentamente in particolare il Vangelo di Luca (che per lo spazio lasciato al tema della povertà è anche detto “il Vangelo dei poveri”) e passa in rassegna le molteplici interpretazioni, comprèse quelle di carattere linguistico. Ma rifiuta queste interpretazioni riduttive per fare un salto qualitativo: l’abbandono della ricchezza è soprattutto il distacco dalla materia, mentre l’esaltazione della povertà riguuarda quella spirituale, non materiale (per la quale sarebbe più adatto il termine miseria o penuria), un male da evitare, non certo un bene da perseguire. “Quella evangelica - conclude l’autore è, quindi, una sorta di nuova realtà della povertà che ha poco (o addirittura nulla) a che fare con lo indigenza. Tra lo povertà spirituale e quella materiale vi è lo stessa differenza tra l’uso virtuoso dei beni e l’assenza patita (e non scelta) del benessere”. 27 Lutto In ricordo di don Antonio Carretta S i è spento il 26 Marzo 2016 all’età di 84 anni don Antonio Carretta. A Dergano fu assistente dell’oratorio maschile (come si usava allora) e poi rimase in parrocchia come coadiutore. Praticamente passò la sua vita a Dergano. Venne chiamato a fare il parroco, già in età avanzata, nella Parrocchia del Santo curato D’Ars, al Giambellino. Lo ricordo, giovane prete, arrivare nello spazio antistante la porta che era sita nel muro tra la “villetta” e l’edifico dell’oratorio, (ora tutto questo non esiste più) noi giovani adolescenti sbirciavano dalla porta socchiusa per vedere che tipo era, e lui sorridente venire incontro non sapendo che dietro vi eravamo noi. Fu un incontro ilare, come spesso con lui accadeva: stupore e meraviglia di vedere un mugolo di ragazzi assiepati a guardare, e lui che apriva la porta: fece una risata e, come poi imparammo, si aggiustò gli occhiali sul naso. Un ciao ragazzi io son Don Antonio il nuovo assistente, ci disse, lo guardavamo un poco stupiti e un poco riverenti....chissà che tipo sarà. Non aveva il fisico da atleta, era sui generis, un pretino adulto. Come primo incontro ci accontentammo di quello incontro praticamente muto. Lo studiavamo per capire il tipo e fin dove si poteva ”osare” lui capiva e chi spiazzava con quel suo sorriso disarmato e disarmante. Pian piano diventammo amici, poi confidenti. Francesca Nelli Direttore Tecnico 02.365.953.12 24h su 24 FNP Servizi Funebri Via Livigno 18 - Milano 28 Uno dei m o menti d i spicco d a l punto di vista educativo-formativo su la recita del rosario c h e tutte le sere del mese di Don Antonio Carretta è stato a Dergano dal 1955 al al 1987. maggio ci faceva recitare girando intorno al campo di calcio . Appuntamento alle ore 21 1 in oratorio recita e poi un breve spazio per giochi o... confidenze. Pian piano crescemmo e sostituimmo i giochi con discorsi e giudizi. Vi era una bella “campionatura” di gioventù. Un bel gruppo, con interessi diversificati: Così nacque il Centro Giovanile “ Essegi”. Lo sport la faceva da padrone ma anche incontri formativi su tutte le tematiche che possono interessare i giovani. Un bel momento. Poi la crisi generalizzata e la ricerca di nuovi metodi e stimoli. Pronto a ritirarsi se qualche d’uno tirava fuori idee diverse ma possibili o migliori. Sempre fiducioso anche di fronte alle più avverse condizioni (memorabile la sua benedizione impartita al ragazzo morto sui nei giardinetti lungo la murella dell’oratorio e pubblicata dai giornali La fede, la speranza e la carità furono il suo motto. Amava le persone e gioiva di cuore quando gli si portava qualche bella notizia. Di converso ti faceva capire che era addolorato per te e con te quando gli portavi quella cattiva. Condivideva con te, fino in fondo e come poteva. Con don Bruno trovò un accomodamento, non era il tipo da battaglia. Servi umilmente, con quella semplicità umile che genera amicizie e simpatie. Fu vicino al popolo. Nella “sua parrocchia” non ebbe vita facile, era ed è un quartiere difficile. ...ma arrivò alla pensione. Poi la malattia. Molti lo ricordano con affetto e sanno che dal cielo ci guarderà col suo sguardo e, aggiustandosi gli occhiali si rivolgerà al nuovo Capo dicendogli: aiutali. Romolo Bragonzi “S alutami tanto don Giorgio e don Stefano. Ti benedico.” Queste sono state le parole di congedo di don Antonio a conclusione della telefonata che mi ha fatto tre giorni prima della sua morte. Anche in quell’occasione non aveva nascosto la sua difficoltà ad accettare la situazione che viveva da alcuni mesi, soprattutto dopo l’intervento al femore, ma si affidava al Signore in questa sua fatica pregando e chiedendo di accompagnarlo con la preghiera. L’ultima volta che sono stata a trovarlo all’Istituto Radaelli, dopo una lunga conversazione, mi ha chiesto se avevo tempo per fermarmi a pregare con lui e insieme abbiamo recitato il Rosario. La preghiera era un punto fermo al quale mi ha sempre richiamato durante tutti questi anni, particolarmente nei momenti per me più difficili, quando sapeva ascoltare, suggerire, incoraggiare . È stato in tutti questi anni una guida sicura alla quale rivolgersi; è stato lui ad inserirmi nella vita della nostra parrocchia quando, agli inizi del mio cammino di insegnante, mi ha coinvolto come catechista. Ha sempre accompagnato il gruppo che si era formato con grande disponibilità, guidandoci nel nostro impegno con i bambini, ma con attenzione anche alle nostre storie personali, favorendo fra noi la nascita di Don Antonio benedice la salma di un giovane morto di droga nei giardinetti accanto all’oratorio un’amicizia che da decenni dura anche con chi non vive più a Dergano. Era molto attento agli ammalati e mi ha insegnato come accostarmi a loro all’inizio del mio impegno di ministro straordinario dell’Eucaristia. Entrando in chiesa era facilissimo trovarlo nel suo confessionale, disponibile per chiunque volesse parlargli. I rapporti nati durante la sua presenza fra noi sono durati negli anni; veniva sempre con gioia a Dergano e ultimamente mi ripeteva il suo dispiacere per non aver potuto venire ad ottobre per festeggiare i 60 anni di sacerdozio avendo subito l’operazione al cuore proprio in quei giorni. In questi mesi molte persone mi chiedevano sue notizie e quando glielo riferivo mi diceva quanto il legame con queste persone e le visite che gli facevamo lo aiutassero in questo momento di sofferenza ed il segno di questo legame nel tempo l’ho sentito nella presenza di molti derganesi al suo funerale. Donata Bizzarri 29 Lutto Avrei tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi Ultima lettera scritta da don Antonio ai suoi parrocchiani prima di Pasqua E ccoci nella Settimana santa che ci introduce nella Pasqua di Risurrezione! Anche io avrei tanto desiderato di mangiare questa Pasqua con voi… Il Signore invece in questi ultimi 6 mesi aveva altri progetti su di me e mi ha chiamato ad affrontare un duplice intervento chirurgico, nel mese di Ottobre al cuore, con la sostituzione della valvola aortica (e relativa riabilitazione all'Ospedale San Luca) e poi in Gennaio; causa la rottura del femore destro all’Ospedale Humanitas e la riabilitazione presso l’Istituto Redaelli di Via D’Alviano, riabilitazione molto lunga! Molti mi chiedono come stia vivendo questa particolare (e lunga) esperienza di sofferenza... Non mi torna facile mettere ordine nei diversi momenti! Mentre ho affrontato con coraggio e serenità l’intervento al cuore, questo secondo momento è stato ed è per me molto difficile! Purtroppo il primo intervento al femore non ha dato esiti del tutto positivi, per cui Venerdì 18 marzo sono stato di nuovo operato all’Humanitas per l’inserimento di una protesi al femore. Potete immaginare come mi trovo ora... dovrò ricominciare di nuovo la riabilitazione, per cui i tempi si allungano! In questo periodo ho potuto fermarmi a pensare sui miei 61 anni di sacerdozio e contemplare non solo quello che il Signore ha fatto per me, con tutti suoi doni e la sua misericordia, ma soprattutto quello che il Signore ha fatto con me nell’ambito delle Parrocchie, della scuola, delle amicizie etc. Ho nel cuore un grande ringraziamento e posso dire con il Cantico di Tobia “Ti ringrazio a voce alta, o Signore”. 30 Il silenzio e la sofferenza di questi giorni mi hanno anche aiutato ad andare oltre e vedere il valore della sofferenza di Gesù per noi e il valore della sofferenza di molti di voi, non subìta, ma offerta per amore. Come dice san Paolo. “Veramente tutto concorre al bene” di coloro che si lasciano guidare dalla sua parola e dai Sacramenti. Voglio ringraziare tutti coloro che hanno pregato per me e mi sono di grande conforto! Un Grazie anche a tutti coloro che sono venuti a trovarmi... Vi confido l'ultima preghiera con Gesù: “Caro Gesù, non capisco niente del Tuo progetto su di me in questo momento, so però che l’unico modo di andare avanti è affidarmi a Te, come faceva il santo Curato d'Ars che ti ha detto Signore ti ringrazio perché mi tieni un po' crocifisso con Te qui in terra!”. Tutto questo mi fa sentire unito a tutti voi e voi uniti a me nella santa Pasqua che stiamo celebrando! Questo scritto vuole essere proprio un saluto carissimo per tutti, proprio per tutti, per questo chiedo a don Renzo di leggerlo durante la Messa in Coena Domini che è il momento più bello e più forte della comunione del Signore con noi e della comunione anche tra di noi, nella comunità cristiana e a tutti gli amici. Don Antonio Giovedì Santo 2016 Vita comunitaria Anagrafe parrocchiale NATI IN CRISTO: Lara Palacios Matteo Nicolo’ Agnello David Andreoli Samuele Di Biase Angelica Escalante Rodriguez Gabriele Lami Rebecca Romanelli Sofia Vigliotti Mattia Cordovilla Leiva Maite’ Sabrina Cordovilla Landaverde Onliy Denisse Garigali Andrea Capozza Anna Marzegalli Tommaso Nigro Gioia Maria Tardini Cecilia Vannucci Maddalena Bonanni Tommaso Paolo Torri Elisabetta UNITI IN MATRIMONIO: Turchetto Simone e Calabrò Deborah RITORNATI ALLA CASA DEL PADRE: Pola Gustavo Forte Ettore Patrizio Michele Cantù Sabina Lazzari Adriana in Bonazzi Rossi Afro La Paglia Isidoro Sabbato Giuseppe Camerani Fausto Alagna Maria Sironi Rosa Aiuto economico CHI VOLESSE CONTRIBUIRE alle spese ordinarie e straordinarie che la Parrocchia sostiene per tutta la comunità, può usare le seguenti forme: - offerta domenicale durante la Santa Messa; - offerta mensile tramite la busta che si trova in chiesa nella prima domenica di ogni mese; - impegno mensile da concordare con il parroco; - offerta tramite Bonifico bancario alla Banca Prossima: Iban IT27A0335901600100000066416, intestato alla Parrocchia di San Nicola, Milano. Le liberalità, effettuate a favore della parrocchia da parte di tutti i soggetti titolari di Reddito d’impresa, consentono di ottenere un beneficio fiscale. Sono infatti riconosciuti oneri deducibili dal reddito d’impresa nel limite del 2% dello stesso. 31