Leggi l`ultimo numero - Parrocchia San Nicola Vescovo in Dergano

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Leggi l`ultimo numero - Parrocchia San Nicola Vescovo in Dergano
N.
71
Maggio-Giugno 2016
PERI ODICO DELLA PARR OCCHI A DI SA N NICOLA VE SCO VO IN DER GA NO
La discesa dello Spirito sugli apostoli
Parrocchia di San Nicola Vescovo in Dergano
via Livigno 21, 20158 Milano,
tel. 026884282, fax 02680621
www.dergano.org; [email protected].
Sacerdoti
Don Mario Garavaglia, parroco, tel. 026884282.
Don Giorgio Brianza, vicario parrocchiale,
cell. 3386703292
Don Stefano Conti, coadiutore,
cell. 3407621384
Uno sguardo
in Dergano
periodico della
Parrocchia
di San Nicola
Vescovo in Dergano
N.71
maggio-Giugno 2016
Direttore responsabile:
Gerolamo Castiglioni
Redazione:
Arcangelo Berra
Claudio Brusati
Raffaella Galliani
Elena Orioles
Marco Porzio
Luigi Tardini
Direzione e Redazione:
via Livigno 21,
20158 Milano
Stampa:
Ingraf
via Monte San Genesio 7,
20158 Milano
Editore:
Parrocchia
di San Nicola
Vescovo in Dergano
via Livigno 21,
20158 Milano
Registrazione:
Tribunale di Milano
n. 37
del 25 Gennaio 2010
Orari delle Sante Messe:
Domenica e festività
8.00; 10.00; 11.15; 18.00
Sabato e prefestivi
8.30; 18.00
Giorni feriali
8.30; 18.30
Per far celebrare le Sante Messe con intenzioni
particolari, si prega di rivolgersi in Segreteria.
Segreteria parrocchiale:
tel. 026884282; fax 02680621
Orari
da lunedì a giovedì 9.10 - 11.15 / 15.30 - 18.15
venerdì
15.30 - 18.15
Sommario
Aprire il cuore alla speranza
Lo Spirito Santo dona la pienezza della vita
Viaggio del papa a Lesbo
Andemm al Domm
Cristiani ad Aleppo
Venuti a Roma per incontrare il papa
Prima confessione
Catechismo, incontrarsi nel gioco
Mettere mano alle opere di misericordia
Sopportare pazientemente le persone moleste
Lorella: Gesù c’era nel mistero del dolore
Sulla tomba di un testimone della fede
Gli auguri dal Brasile
Le suore martiri dello Yemen
Oratorio estivo
Libri
In ricordo di don Antonio Carretta
Anagrafe parrocchiale
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Editoriale
Aprire
il cuore alla
speranza
I
l mese di maggio, dedicato a
Maria, è nella nostra tradizione
il mese che apre il cuore alla
speranza, spalancandoci a un
immaginario di gioia e bellezza. La
luminosità delle giornate, lo
splendore della natura in fiore, gli
avvenimenti stessi legati a questo mese,
come la Prima Comunione dei nostri
ragazzi o la Festa della mamma, ci
portano da sempre a pre-sentire nel cuore
un esito buono della vita.
Ma è ancora possibile oggi tutto questo
mentre la realtà intorno a noi ci parla
spesso di disperazione e scetticismo, di
morte, di fatica del vivere, di incapacità a
comprendersi e convivere, di indecisione
anche nel pensare al governo di una
città?
Sembra che una grande stanchezza
riempia la vita del mondo e dei singoli
individui, una stanchezza che non
permette di alzare lo sguardo e aprire il
cuore a una speranza certa.
Abbiamo da poco celebrato la festa
dell’Ascensione.Nella narrazione della
storia di Cristo l’evangelista Luca ha
inserito un’osservazione che continuo a
trovare sorprendente. Infatti Luca nel suo
Vangelo dice che i discepoli erano pieni
di grande gioia quando dal Monte degli
Ulivi, dopo l’ascesa al Cielo di Gesù,
scesero verso Gerusalemme. Secondo la
nostra normale psicologia qui c’è davvero
qualcosa che non va: l’Ascensione del
Signore al cielo era l’ultima apparizione
del Risorto; i discepoli sapevano che non
l’avrebbero più rivisto in questo mondo.
La paura dei discepoli di essere
abbandonati avrebbe potuto essere
cresciuta, tanto più all’idea del compito
smisurato che si prospettava loro: uscire
verso l’ignoto e rendere testimonianza a
Gesù davanti a un mondo che li vedeva
solo come gente di poco conto venuta
dalla Giudea.Ma la loro gioia nasceva da
una certezza: la certezza che Gesù era il
vivente e che avrebbe accompagnato la
loro vita per sempre, seppur in un modo
misteriosamente diverso.
Essi non “conoscevano” più solo
fisicamente Gesù e il Suo messaggio non
raggiungeva più le loro orecchie solo
tramite la Sua voce, bensì Egli viveva
dentro di loro: il Suo corpo e le Sue
parole alimentavano la loro esistenza.
Questo è precisamente ciò che accade
oggi anche a noi, ed è questa la ragione
della nostra possibile gioia e speranza.
La chiesetta che intravedete nella foto è
piccolissima, sovrastata com’è dalla
grandezza delle montagne circostanti (le
Odle). Eppure nella sua piccolezza è segno
di quella presenza che da secoli non viene
meno e dona speranza a tutti.
È anche un po’ l’immagine della nostra
vita: soffocati da tante domande e
problemi, eppure resi certi da una
Presenza, da un’amicizia fedele per
sempre. Una presenza costituita
fisicamente da uomini e donne che sono
un popolo nuovo perché uniti nel Suo
nome, e per i quali quindi la vita è
diventata una continua sorpresa, un
dono, da accogliere e abbracciare.
Possa essere questo tempo così
significativo della riscoperta del volto di
Colui che ha cura della nostra vita e che,
rispondendo alla domanda di amore che
ci portiamo nel cuore, ci rassicura
definitivamente.
Don Mario
3
Santa Liturgia
Lo Spirito Santo dona
la pienezza della vita della Chiesa
Cinquanta giorni dopo la Pasqua lo Spirito discende visibilmente
sugli apostoli. Nel periodo la Chiesa celebra due altre festività
D
opo la Pasqua gli Apostoli, delusi
pur avendo visto Gesù Cristo risorto,
sono tornati a casa, sul lago, a fare i
pescatori. Vicino a Cafarnao ci sono alcuni
gradini di pietra che scendono nell’acqua:
il lago forma una piccola baia, un porticciolo naturale dove, dice la tradizione del
luogo, Pietro e i suoi soci tenevano ancorate le barche da pesca.
Nel pellegrinaggio in Terra Santa nel 1993,
don Bruno De-Biasio disse, guardando le
piccole onde che si infrangevano su quei
gradini: “Gesù non ha voluto abbandonare
la loro vita alla quale gli apostoli erano ritornati dopo la Passione e la Resurrezione.
Infatti, loro erano ritornati a fare il pescatore, a casa loro, sul loro lago, come alla
fine di un’illusione. E Gesù si è inserito tra
loro, ha preso lo spunto da questa quotidianità e dal rapporto esistente tra loro per inserire un altro motivo del loro stare
insieme: il costituirsi della Chiesa. Cristo,
di fatto, ha costituito qui la sua Chiesa dicendo chi doveva guidare tutti, definendo
il pastore universale delle pecore, scegliendo, confermando la scelta di Pietro.
Non ha fatto una incoronazione clamorosa,
ma gli ha chiesto se lo amava: Gesù ha cioè
voluto soltanto l’adesione a sé, cancellando
il suo peccato, ignorando il suo peccato, e
basta”.
Rimasti di nuovo senza Gesù, che era
asceso in cielo, gli Apostoli sono tornati a
Gerusalemme e hanno ripreso a vivere in
quella stanza al pioano di sopra dove avevano consumato l’Ultima Cena e qui, come
raccontano gli Atti degli apostoli, “tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera”. Passano altri dieci giorni
dall’Ascensione, e “mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti
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insieme nello stesso luogo”: gli undici Apostoli, che sono elencati per nome, e i primi
tre sono Pietro, Giovanni e Giacomo, le “colonne” della comunità; insieme con loro
sono menzionate “alcune donne”, “Maria,
la madre di Gesù” e i “fratelli di lui”, ormai
integrati in questa nuova famiglia, basata
non più su vincoli di sangue, ma sulla fede
in Cristo. Questi uomini e donne rappresentano un “nuovo Israele” come allude
chiaramente il numero totale delle persone
che era di “circa centoventi”, come ha detto
Benedetto XVI nell’omelia della Pentecoste
del 2008.
Su questa comunità che si trovava riunita
nel Cenacolo “venne all’improvviso da cielo
un fragore, quasi un vento che si abbatte
impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro come lingue di fuoco
che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro”: è
la discesa dello Spirito
Santo, promessa da Gesù,
che si manifesta così a noi
poveri uomini che abbiamo
bisogno di segni visibili per
rinfrancarci.
Il vento e il fuoco sono i
segni della Nuova Alleanza,
come lo furono alla stipulazione dell’Antica Alleanza
sul Sinai. Come racconta il
libro dell’Esodo, quell’antico
patto fu accompagnato da
una terrificante manifestazione di potenza da parte
del Signore: “Il monte Sinai
era tutto fumante, perché
su di esso era sceso il Signore nel fuoco e il
suo fumo saliva come il fumo di una fornace: tutto il monte tremava molto”.
Gli elementi del vento e del fuoco li ritroviamo nella Pentecoste del Nuovo Testamento, ma senza risonanze di paura. In
particolare, il fuoco prende forma di lingue
che si posano su ciascuno dei discepoli, i
quali “furono tutti pieni di Spirito Santo”
e per effetto di tale effusione “cominciarono a parlare in altre lingue”. Si tratta di
un vero e proprio “battesimo” di fuoco
della comunità, una sorta di nuova creazione, come ha detto Benedetto XVI nell’omelia citata. A Pentecoste la Chiesa viene
costituita non da una volontà umana, ma
dalla forza dello Spirito di Dio. E subito appare come questo Spirito dia vita a una comunità che è al tempo stesso una e
universale, superando così la maledizione
di Babele: gli apostoli parlavano le diverse
lingue e i giudei accorsi in folla davanti al
Cenacolo al grande fragore si meravigliavano di comprendere quelle parole ciascuno nella propria lingua.
Nasce così la Chiesa che sant’Agostino
chiama “Societas Spiritus”, società dello
Spirito. “Ma già prima di lui, - ha ricordato
il papa emerito Benedetto XVI, - sant’Ireneo
aveva formulato una verità che mi piace
qui ricordare: ‘Dov’è la Chiesa, là c’è lo Spi-
Edicola dell’Ascensione sul Monte degli Ulivi
rito di Dio, e dov’è lo Spirito di Dio, là c’è
la Chiesa ed ogni grazia, e lo Spirito è la verità; allontanarsi dalla Chiesa è rifiutare lo
Spirito’ e perciò ‘escludersi dalla vita’”. A
partire dall’evento di Pentecoste si manifesta pienamente questo connubio tra lo Spirito di Cristo e il mistico Corpo di Lui, cioè
la Chiesa.
Dopo la Pentecoste gli Apostoli presero coraggio e partirono per diffondere il Vangelo a tutte le creature in ogni luogo della
Terra: la testimonianza e la missione rimangono il compito dei cristiani di tutti i
tempi e quindi anche il nostro.
Dopo la Pentecoste la liturgia ambrosiana
prende un ritmo di quotidianità con le domeniche dopo la Pentecoste in un percorso
di educazione alla santità accompgnato
dalla Parol e dall’Eucaristia.
In questo periodo si celebrano due grandi
feste: la nscita di san Giovanni Battista e
l’Assunzione della Beata Vergine Maria.
La prima si ricollega alla nascita di Gesù
Bambino: durante l’Annunciazione l’angelo Gabriele dice a maria che la sua parente Elisabetta era incinta di sei mesi,
nonostante la sua tarda età “perché nulla
è impossibile a Dio”. La seconda festa richiama il fatto che l’umano entra nell’eternità.
Arcangelo Berra
5
Chiesa
Viaggio del
papa a Lesbo:
destarci
dal sonno
dell’indifferenza
Sabato 16 aprile 2016 papa Francesco ha fatto un breve pellegrinaggio nell’isola greca di Lesbo per incontrare i molti migranti ivi arrivati dalla costa turca, in fuga soprattutto dalla
Siria, dalla guerra, e soprattutto dalle persecuzioni cui sono sottoposte le popolazioni cristiane. Con lui, a incontrare queste
persone, c’erano il pariarca ecumenico di Costentinopoli Bartolomeo e l’arcivescovo ortodosso di Atene Ieronymos.
Hanno sottoscritto un documento comune in cui invocano la
pace, ma soprattutto ugnuno di loro ha fatto una toccante preghiera che qui sotto riportiamo.
Preghiera del Santo Padre papa Francesco
D
io di misericordia, Ti preghiamo
per tutti gli uomini, le donne e i
bambini, che sono morti dopo aver
lasciato le loro terre in cerca di una vita
migliore.
Benché molte delle loro tombe non abbiano nome, da Te ognuno è conosciuto,
amato e prediletto.
Che mai siano da noi dimenticati, ma
che possiamo onorare il loro sacrificio
con le opere più che con le parole.
Ti affidiamo tutti coloro che hanno compiuto questo viaggio, sopportando
paura, incertezza e umiliazione, al fine
di raggiungere un luogo di sicurezza e di
speranza.
Come Tu non hai abbandonato il tuo Figlio quando fu condotto in un luogo sicuro da Maria e Giuseppe, così ora sii
vicino a questi tuoi figli e figlie attraverso la nostra tenerezza e protezione.
Fa’ che, prendendoci cura di loro, possiamo promuovere un mondo dove nes-
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suno sia costretto a lasciare la propria
casa e dove tutti possano vivere in libertà, dignità e pace.
Dio di misericordia e Padre di tutti, destaci dal sonno dell’indifferenza, apri i
nostri occhi alle loro sofferenze e liberaci dall’insensibilità, frutto del benessere mondano e del ripiegamento su se
stessi.
Ispira tutti noi, nazioni, comunità e singoli individui, a riconoscere che quanti
raggiungono le nostre coste sono nostri
fratelli e sorelle.
Aiutaci a condividere con loro le benedizioni che abbiamo ricevuto dalle tue
mani e riconoscere che insieme, come
un’unica famiglia umana, siamo tutti
migranti, viaggiatori di speranza verso
di Te, che sei la nostra vera casa, là dove
ogni lacrima sarà tersa, dove saremo
nella pace, al sicuro nel tuo abbraccio.
Preghiera
dell’arcivescovo
di Atene,
Ieronymos
O
Dio di ogni spirito e carne,
che hai schiacciato la morte,
distruggendo il potere del
diavolo e donando vita al tuo
mondo, concedi, o Signore, alle
anime dei tuoi servitori che hanno
lasciato questa vita, il riposo in un luogo
di luce, in un luogo di verdi pascoli, in un
luogo di ristoro, dove il dolore, la tristezza
e il pianto sono stati cacciati.
BPerdona, Dio buono e amorevole, ogni
peccato da loro commesso in pensieri,
parole o opere, dato che non c’è uomo
che possa vivere senza peccare, poiché
Tu solo sei senza peccato: la Tua virtù e
la Tua legge sono verità.
Perché Tu sei la Risurrezione, la Vita e il
Riposo dei tuoi servitori, o Cristo nostro
Dio; e a Te eleviamo la Gloria, come
anche al Tuo Padre Eterno e al Tuo Santissimo Spirito, buono e creatore di vita,
adesso e per sempre, nei secoli dei secoli.
Amen
Preghiera del del patriarca ecumenico
di Costantinopoli Bartolomeo
S
ignore di misericordia, di compassione e di ogni consolazione, Ti preghiamo per i nostri fratelli in
circostanze difficili e ci rivolgiamo alla
tua bontà: nutri i bambini; istruisci i giovani; rafforza gli anziani, dai coraggio ai
pavidi; riunisci chi è separato; naviga con
quanti navigano; viaggia con quanti viaggiano; difendi le vedove; proteggi gli orfani; libera i prigionieri; guarisci i malati.
Ricorda, o Dio, chi è nelle miniere, in esilio, in ardue fatiche e quanti vivono ogni
sorta di afflizione, bisogno o sofferenza;
e tutti coloro che implorano la tua amorevole gentilezza; coloro che ci amano e
coloro che ci odiano; ed effondi su tutti
la tua grande misericordia, accogliendo
le loro richieste di salvezza.
E ancora preghiamo, Signore della vita e
della morte, concedi l’eterno riposo alle
anime dei tuoi servitori defunti che
hanno perso la vita nel loro esodo da regioni lacerate dalla guerra e nel loro
viaggio verso luoghi di sicurezza, pace e
prosperità.
Tu infatti, Signore, sei ausilio di chi non
ha aiuto, speranza di chi non ha speranza, salvatore di tutti gli afflitti, porto
del navigatore e medico dei malati. Sii
tutto per tutti, Tu che conosci ogni persona, le sue richieste, la sua famiglia, e i
suoi bisogni. Libera, o Signore, questa
isola e ogni città e paese da fame, piaghe,
terremoto, inondazioni, incendi, spada,
invasione di nemici stranieri e guerra civile. Amen
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Diocesi
Andemm al Domm,
una scuola libera ci aiuta a crescere
La tradizionale marcia
degli alunni delle
scuole cattoliche ha percorso le vie della città e
ha raggiunto il Duomo
dove li attendeva l’arcivescovo Angelo Scola
S
i è svolta il 9 aprile
2016 la 34° edizione
della marcia “Andemm
al Domm” (Andiamo in
Duomo) dal titolo “Una
scuola libera ci aiuta a crescere”, alla
quale hanno partecipato genitori, insegnanti alunni delle scuole cattoliche
della diocesi di Milano.
Partecipare a questo gesto, organizzato
e sostenuto dalla curia di Milano, dalle
associazioni genitori e dalle associazioni
delle scuole, significa ribadire a livello
pubblico l’importanza delle scuole paritarie per l’intero sistema scolastico italiano.
In esse, infatti, è messa in atto una reale
collaborazione della scuola e della famiglia nel difficile ed impegnativo compito dell’educazione e dell’istruzione
delle nuove generazioni, vera risorsa per
un Paese che voglia crescere. Con questo
gesto, guidato dal cardinale Angelo
Scola, al quale abbiamo partecipato
anche noi come scuole della Fondazione
A. Mandelli e A Rodari, si è voluto
anche riaffermare l’importanza di una
effettiva uguaglianza che veda le
scuole paritarie equiparate, anche dal
punto di vista economico, alle scuole
statali in un sistema scolastico che sia
davvero e finalmente integrato. L’incontro tra famiglia e scuola cattolica infatti
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vede insieme due grandi libertà: di
scelta della famiglia e di istruzione
della scuola. I vincoli di natura economica che ancora oggi limitano queste
due libertà sono il segno di un’immaturità della classe politica nel riconoscere
da dove viene il bene per il nostro Paese
e del permanere di un pensiero piegato
da ideologie falsamente liberali. Come
infatti ha ricordato monsignor Angelo
Scola, “è’ intollerabile che per un pregiudizio risorgimentale, in cui la scuola
doveva essere unica e statale, oggi si
continui a togliere alla famiglia il diritto di scelta in campo educativo” soprattuttoin considerazione del fatto che
”la libertà di educare è l’esperienza più
elevata della libertà” e che “ senza educazione non c’è una società viva”.
Per questo motivo abbiamo partecipato
bambini, ragazzi e adulti insieme alla
marcia di quest’anno, gesto di festa e di
condivisione, nella speranza di essere
ascoltati e con la consapevolezza della
necessità di iniziative come questa e
anche più efficaci di questa per fare sentire la nostra voce e per offrire a tutti la
bontà dell’esperienza di conoscenza, di
crescita e di educazione che viviamo.
Tutto il discorso si è
ricollegato al titolo
della manifestazione
è “Una scuola libera
ci aiuta a crescere”.
“La libertà di educazione che passa
anche dalla scuola,
diventi un fattore generativo di libertà effettiva, ovvero di
libertà realizzate, di
cui ha bisogno il
Paese in questo travaglio di epoca che sta
contraendo queste libertà, proprio mentre moltiplica le
leggi”, ha anche sottolineato il cardinale
Scola. “La scuola deve essere libera da
condizionamenti e burocrazie e avere
come unico obiettivo la cura e la crescita
dello studente - ha aggiunto il presidente della Marcia Michele Ricupati -. La
scuola tutta, statale e paritaria, sta cambiando e per mettersi al passo coi tempi
deve essere sempre più di qualità, diversificata e competitiva”.
La Marcia è partita alle ore 9.30 da via
Vittor Pisani in zona Stazione Centrale,
ha attraversato piazza della Repubblica,
Bastioni di Porta Venezia,
corso di Porta Venezia,
piazza San Babila, corso Vittorio Emanuele ed infine è
arrivata in piazza del
Duomo. Contemporaneamente è partita alle 10 da
piazza Beccaria anche la
Mini Marcia dei piccoli che
farà un percorso più breve.
I partecipanti hanno marciato a ritmo di musica,
cantando le canzoni vincitrici del concorso lanciato
sul sito della manifestazione
www.andemmaldomm.com. L’iniziativa è
promossa dall’Arcidiocesi
di Milano, dall’Agesc (Asso-
ciazione genitori scuole cattoliche),
dalla Fidae (Federazione istituti di attività educative), dall’Amism (Associazione milanese scuole materne), dalla
Cdo (Compagnia delle Opere), dalla sezione lombarda dell’Age (Associazione
italiana genitori) della Lombardia, dalla
Faes (Associazione Famiglia Scuola)e
dalla Fisiae (Federazione Italiana Sportiva Istituti Attività Educative) della
Lombardia.
Alunni e insegnanti
delle scuole Mandelli e Rodari
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Cristiani nel mondo
Cristiani ad Aleppo,
i martiri dei giorni nostri
All’Auditorium Giorgio Gaber del grattacielo Pirelli di Milano monsignor
Georges Abou Khazen, francescano e vicario apostolico, ha portato la sua
testimonianza sulla città siriana contesa tra forze governative, ribelli e Isis.
M
onsignor Georges Abou Khazen è
stato ospite delle nostra parrocchia
dopo l’incontro tenuto al grattcielo Pirelli la sera di martedì 26 aprile
scorso. Mercoledì mattina ha celebrato la
Messa delle 8.30 assieme al parroco don
Mario.
Ma chi è? Spendiamo qualche parola di
presentazione.
Monsignor Georges Abou Khazen, francescano, è il vicario apostolico di Aleppo, la
città siriana che sta vivendo una situazione
drammatica che è valsa ad Aleppo la definizione di “Sarajevo del XXI secolo” e sulla
quale monsignor Georges Abou Khazen ha
portato la sua testimonianza nell’incontro
svoltosi nell’Auditorium Giorgio Gaber di
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Milano (Palazzo Pirelli, piazza Duca d’Aosta
3). L’incontro, dal titolo “Siria la terra contesa. La speranza che vive ad Aleppo”, è
stato promosso dal Centro culturale di Milano col patrocinio dell’arcidiocesi di Milno
e del Consiglio regionale della Lombardia,
introdotto dal saluto di monsignor Luca
Bressan, vicario episcopale, e moderato dal
giornalista Giorgio Paolucci.
Monsignor Abou Khazen è venuto a Milano
(non è la prima volta) a raccontare la tragica situazione della sua città e a chiedere
aiuto: “L’Europa sta facendo molto, ma il
nostro Paese si sta svuotando delle energie
migliori: se ne sono andati 35 mila medici,
se ne vanno i giovani, gli studenti universitari. Stiamo perdendo il futuro. Aiutateci
a restare nella
nostra terra”.
Ha
parlato
della tragedia
dei cristiani:
prima
dell’inizio delle
ostilità, la comunità era
formata da
poco meno di
200
mila
membri;
negli ultimi
mesi si è più
che dimezzata, attestandosi intorno
alle 90 mila
unità, concentrate nelle
zone rimaste
sotto il controllo delle forze governative; la metà delle
30 chiese attive un tempo sono oggi distrutte o inaccessibili. Ancora agibile e diventata un rifugio per molti fedeli è la
parrocchia di San Francesco, malgrado alla
fine di ottobre sia stata centrata da una granata sparata dai ribelli, che fortunatamente è esplosa prima di sfondare il tetto,
squarciando la cupola, ma ferendo solo
sette persone in modo non grave.
Ciononostante, i cristiani resistono alle
bombe, alle violenze e all’avanzata dell’Isis,
con una forza e una disponibilità al martirio incarnate dalla consapevolezza espressa
dal vicario: “Se la nostra terra e il Medio
Oriente verranno svuotati dalla presenza
cristiana, sarà un impoverimento per tutti.
Ne sono convinti anche tanti musulmani
con i quali stiamo condividendo questa tragedia. Sappiamo per esperienza che Dio
vuole il nostro bene e noi ci consegniamo
alla sua volontà”.
E ancora rilevava in una recente intervista:
“Questa guerra la vinceremo con la preghiera, la carità, la solidarietà tra di noi e
la misericordia. L’Anno della Misericordia
deve servire ai cristiani per ricostruire
quelle tessere di convivenza e di amicizia
che componevano il ricco mosaico siriano,
composto
da 23
diversi
gruppi
etnici
e religiosi.
La misericordia può essere il collante giusto per
riconciliare il Paese”. E nella devastazione
spuntano quali piccoli miracoli opere
come la mensa organizzata da congregazioni religiose (gesuiti, maristi, suore di
Madre Teresa e francescane), sostenuta economicamente anche da benefattori musulmani. Un segno di fraternità che tiene
accesa la speranza di poter continuare a vivere insieme.
Durante la Messa a Dergano ha portato il
saluto delle sua popolazione e alla fine si è
intrattenuto nel cortile con i fedeli presenti
e qui ha incontrato anche le donne magrebine che collaborano con la Carla nella
“boutique”.
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Anno della Misericordia
Venuti a Roma per incontrare
il papa
Un viaggio quasi inaspettato,
con tanto stupore, gioia e fede
I
l nostro pellegrinaggio di tre giorni a
Roma è cominciato alle 5 del mattino di
sabato 23 aprile. Siamo partiti (assonnati) in pullman, poi dopo tante ore finalmente siamo approdati a Roma insieme a
tantissimi altri gruppi di giovani da tutta
Italia e da tutto il mondo; non avevo mai
visto Roma così piena di ragazzi, tutti muniti di bandana gialla, crocifisso pendente
e striscioni di ogni tipo.
Prima tappa: piazza San Pietro. C’era la possibilità di confessarsi e ricevere l’indulgenza: i più fortunati sono riusciti a
confessarsi dal Papa stesso!
Dopo una bella camminata di circa 6 km c’è
stata la festa all’Olimpico, la sera. C’erano
tantissimi giovani, è stato divertente ascoltare la musica e fare la ola con tutto lo stadio, soprattutto faceva un certo effetto
vedere tutti questi giovani che, come noi,
erano venuti a Roma per incontrare il papa,
per vivere un’esperienza collettiva di fede
così bella.
Il 24 c’è stata la messa con il papa. La sua
omelia è stata bellissima: ci ha parlato dell’importanza dell’amore, che, come ha
detto lui, è la “carta d’identità” del cristiano: bisogna amare concretamente,
come fa Gesù con noi. Poi ci ha spronati a
non accontentarci di vivacchiare, ma di vivere in pieno la vita seguendo ciò che ci
rende veramente felici, non felici per finta,
perché “la felicità non ha prezzo e non si
commercia; non è un’app che si scarica sul
cellulare”.
Mentre parlava sono stata attenta tutto il
tempo, a differenza di altre volte. Sono stata
più di una volta a udienza dal papa, infatti,
e capitava che mi distraessi facilmente; questa volta invece il suo discorso mi ha entusiasmato moltissimo, mi ha fatto pensare
molto, ha parlato in maniera semplice ma
diretta. Come ha detto una mia amica: il
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suo modo di parlare non poteva non affascinarci. Poi ha fatto il giro della piazza sulla
papamobile, e possiamo vantarci di aver occupato la prima fila delle transenne e averlo
visto da vicinissimo.
Carichi degl’incoraggiamenti del papa, nel
pomeriggio abbiamo visitato un po’ Roma,
soprattutto i quadri di Caravaggio che ritraevano la crocifissione di Pietro e la conversione di San Paolo.
L’ultimo giorno, a parte la Messa di mattina, l’abbiamo passato in pullman per tornare a Milano, ma non è stato noioso. Anzi,
mi è piaciuto, perché ero talmente contenta
dell’esperienza vissuta che anche nove ore
di pullman si sono rivelate divertenti. Abbiamo cantato, mangiato, giocato a carte,
guardato un film. Eravamo esausti ma contenti.
All’inizio, prima di partire, ero titubante:
non mi entusiasmava l’idea che avremmo
camminato così tanto, non avevo molta voglia di fare fatica. Poi, invece, è stata tutta
un’altra cosa, la stanchezza era tanta, ma rispetto a tutto il resto passava in secondo
piano.
Sono stati tre giorni molto intensi ma ne è
assolutamente valsa la pena!
Tiziana Mastantuono
In vista del Giubileo dei ragazzi che si terrà
nelle giornate tra il 23 e il 25 aprile ci sono
stati proposti dagli educatori alcuni momenti preparatori a questo gesto. Abbiamo
avuto così modo di sperimentare cosa significhi la “carità in azione”. Prima di Natale ,
infatti, abbiamo preparato un pranzo per
gli anziani e alcune persone che altrimenti
si sarebbero trovate sole durante quella festività. In seguito abbiamo bussato alle
porte di alcuni palazzi del quartiere per raccogliere degli alimenti destinati al Banco
Alimentare. Questi momenti ci hanno aiutato ad aderire con maggiore facilità e a
prendere coscienza della proposta del
Giubileo. Abbiamo però riscontrato che
alcuni non potevano venire per una questione economica, quindi, per permettere a tutti di partecipare, abbiamo
organizzato una vendita straordinaria
di torte e dolci domenica dopo le Messe.
Il gesto è cominciato sabato pomeriggio,
quando ci siamo trovati nelle cucine dell’oratorio per la loro preparazione insieme al don Stefano e ad alcune
mamme. Al di là delle nostre aspettative
siamo riusciti a vendere tutto! Questi
momenti ci hanno aiutato ad approfon-
dire maggiormente i nostri rapporti di amicizia. Abbiamo inoltre compreso che l’aiutare gratuitamente il prossimo ci rende
felici.
Chiara, Angela
e i ragazzi del Gruppo Superiori
Mi è piaciuto vendere e fare le torte per due
motivi: il primo perché sabato eravamo in
tanti e mi sono divertito anche a fare i cartelloni; il secondo perché domenica poi ho
visto che tanti le compravano. Mi sono reso
conto che nel venderle non facevo un favore
solo alle persone che poi le avrebbero mangiate, ma perché pensavo che da lì a pochi
giorni sarei andato a Roma e avrei attraversato la Porta Santa.
Drio
13
Sacramenti
Prima Confessione:
essere speciali agli occhi
di Dio
Un momento atteso
con trepidazione dai ragazzi
di quarta elementare
D
opo un periodo di preparazione, terminato con il ritiro del giorno prima,
breve ma denso, è finalmente arrivato anche il 28 febbraio, data che i bambini di quarta elementare aspettavano con
trepidazione e un po’ di paura: il giorno
della loro Prima Confessione.
Il gesto è stato semplice: divisi in due turni
per aiutare il clima, ogni confessando aveva
a fianco un genitore o il padrino o la madrina del Battesimo per sostenerli nella trepida attesa del loro turno. Una breve
riflessione iniziale di don Stefano e alcuni
di loro hanno spento le candele poste sull’altare segno che il peccato rende buia la
nostra vita. Così, accompagnati da canti e
letture, i ragazzini a turno salivano sull’altare dove li aspettava uno dei cinque preti.
Hanno toccato con mano di essere speciali,
uno per uno, agli occhi di Dio. Hanno potuto provare la gioia di essere abbracciati e
perdonati nel primo sacramento, dopo il
loro Battesimo, al quale si sono avvicinati,
attraverso il volto buono e le parole di don
Stefano, don Mario, don Giorgio e, per l’occasione, anche di don Nicolò e don Gabriele.
Tutti sono tornati al posto sorridenti e,
come hanno detto alcuni di loro, più “liberi” e “leggeri” e senza più timore, più consapevoli che la Confessione è una cosa bella
che Dio ci regala per essere felici e… perdonati.
Hanno riacceso le candele, cantato per ringraziare e tutti di corsa al bar a banchettare
con una meritata merenda!
Abbiamo raccolto alcune loro semplici parole e addirittura una piccola poesia in
rima scritta per l’occasione:
14
“Quando sono salita sull'altare per confessarmi avevo un po’ di paura. Poi, però, il
don Stefano con il sorriso mi ha detto che
la Confessione è una cosa bellissima, perché
Dio mi perdona. Io sono stata davvero felice”. Arianna
“Quando andata sull’altare mi sono sentita
emozionata e anche nervosa, ma quando
sono scesa ero stranamente felice e nuova”.
Norma
“Mi sono sentito importante perché il prete
mi parlava con rispetto”.
“Sono salita sull’altare che ero molto emozionata per la confessione e il mio cuore
batteva tanto, mi sono inginocchiata e il
prete mi ha chiesto il mio nome e ho detto
i miei peccati, mi ha fatto dire una preghiera e mi ha regalato una collana con la
croce. Alla fine ho sentito che il Signore era
vicino a me”. Jeizze
“Quando sono sceso dall’altare mi sono sentito come ‘ritornato’ nella famiglia del Signore”. Federico
“Quando ho fatto la confessione mi sono
sentita ‘depurata’ dai miei peccati ed ero
più felice”. Marta
“Oh Gesù
I peccati, sì, noi li facciamo.
L’importante però è che poi ci pentiamo.
I nostri peccati sono veri
perché svelano di noi molti misteri.
Da questi sbagli però noi impariamo
perché poi da Te ci confessiamo”
Anita
Le catechiste di quarta elementare
Catechismo:
incontrarsi nel gioco
Q
uest’anno nel catechismo di terza
elementare circa una volta al mese la
lezione in aula lascia il posto ad un
giocone tra le classi. Cosa centra il gioco col
catechismo? Viene da chiedersi. Giocare
con loro è sempre una sfida, perché bisogna
vincere la propria pigrizia, e anche vincere
quell’idea che fare catechismo sia spiegare
la vita di Gesù, i sacramenti, e che tutto finisca lì..
IDimenticando che ciò che ha preso me
tanti anni fa non è stato un discorso, ma
l’incontro con persone contente, che mi volevano bene, e che testimoniavano Cristo
con la loro vita. Allora giocare coi nostri ragazzi è proprio questo. Significa mettersi in
gioco insiemea loro, a volte anche faticosamente dopo una giornata di lavoro.
E in questi mesi davvero il gioco si è mostrato uno strumento efficace per comunicare la fede ai ragazzi, mostrandogli
un’unità possibile, e per loro impensabile,
tra Gesù, e la vita ‘vera’.Ragazzine che mai
avevo sentito parlare in classe, che finalmente vedo sorridere, oppure uno di quelli
che in classe non si è mai impegnato, uno
di quelli che non prendono mai niente sul
serio, che si mette con generosità a disposi-
zione della squadra a portare tutta una
serie di oggetti da una parte all’altra del
campo.
E non l’ho mai visto così contento!E io con
lui! Perché mi accorgo che quando do tutto
nel gioco con loro, quando non mi risparmio, torno a casa lieta. E’ proprio vero che
il Mistero, se noi diamo il nostro sì a Lui, usa
davvero di tutto, anche un semplice gioco,
per mostrarsi.
a
Maria
Ragazzi
Mettere mano alle opere di Misericordia
visita alla comunità Kayros
Una serata speciale dei ragazzi della media e andare a incontrare
una comunità che accoglie qualcuno venuto da lontano
D
el nostro percorso di quest’anno
“sulle tracce della Misericordia” vi
abbiamo già accennato qual-cosa
nei numeri precedenti. Abbiamo accettato l’invito di papa Francesco di mettere
mano alle o-pere di Misericordia e così un
sabato sera di aprile siamo partiti alla
volta di Vimodrone e abbiamo incontrato
la comunità Kayròs, fondata nel 2000 da
don Claudio Burgio per aiutare e sostenere nei loro percorsi ragazzi in difficoltà,
segnalati dal Tribunale dei Minori, dai
Servizi Sociali o dalle Forze dell’ordine..
Siamo arrivati in tempo per invadere il
loro campo da calcio/basket e organizzare
un gioco prima dell’ora di cena. Mentre
alcuni di loro finivano di cucinare e apparecchiare per noi, altri non hanno mollato palla e canestro così alcuni di noi si
16
sono subito avvicinati ed è stato immediato il “frater-nizzare”. Semplice cena insieme e una breve testimonianza degli
ospiti più giovani della comunità. Ci
hanno raccontato qualcosa di loro tre ragazzi delle medie: Ajub di 13 anni che ha
lasciato la sua famiglia e la sua terra imbarcandosi con uno zio su un barcone,
Mustafà che arriva da Torino per ragioni
che non vuole ancora raccontare a nessuno e Davide il più piccolo di tre fratelli
che pur di rimare insieme mettono sotto
sopra una comunità di Napoli. Visi semplici, occhi svegli e fissi su don Claudio
che li aiuta a raccontare solo l’indispensabile, rispettando la loro discrezione, per
farci capire che “non esistono ragazzi cattivi” ma solo ragazzi feriti e desiderosi di
incontrare e, con pa-zienza, imparare un
altro linguaggio oltre a
quello già conosciuto dell’abbandono,
della violenza,
della rabbia.
Si uniscono al
gruppo anche
Lami, gigante
senegalese che
sfiora i 2 metri,
idolo dei nostri giocatori di basket, un
altro ragazzo di colore che dopo il suo percorso all’interno della comunità ha deciso
di rimanerci come assistente e Massimiliano che si soffia sul braccio per attenuare il bruciore del tatuaggio appena
fatto per coprire, ci racconta, i vecchi tattoo fatti in carcere. Ci raccontano della
vita in comunità, della convivenza insieme a gruppetti nei loro appartamenti,
delle inevitabili liti per sistemare, delle
fughe per non fare i compiti o delle cene
in cui ognuno propone con orgoglio i
piatti della sua terra, di chi si è perso
un’altra volta ed ha abbandonato e di chi
ci sta.
Davanti a loro l’impressione è di spiare
per un attimo attraverso uno spiraglio un
mondo misterioso e delicato e solo una
“forza” tenera e tenace, materna e paterna insieme, può avere il coraggio di entrarci. Finiamo in fretta la
testimonianza perché il sabato sera i nostri nuovi tre
amici hanno l’uscita al
Luna Park con i loro volontari e hanno fretta di andare. Rimaniamo col dolce e
i ragazzi più grandi e invadiamo di nuovo il campo e
questa volta i gruppi sono
tutti misti tra ospitati e
ospi-tanti insieme: a un canestro Lami con la sua
banda di fedelissimi, un pallone invita a una piccola
partita nei pressi dell’altra
porta ed in mezzo in cer-
chio le nostre pallavoliste giocano con
altri ragazzi e provano a dialogare un insolito inglese con Yebass, ragazzo siriano
appena arrivato in Italia.
Ormai dobbiamo correre verso la metro
per non perdere il treno e Yebass corre
con noi indicandoci la strada più veloce.
Torniamo ai nostri campi con negli occhi
e nel cuore i volti di questi ragazzi che in
modo inaspettato e semplicissimo ci
hanno accolti a fatti sentire a casa. Siamo
stati accolti da chi a sua volta è stato accolto e la cui casa è a chilometri e chilometri di distanza… che sia questo l’agire
della Misericordia, forza discreta e tenace
capace di annullare le distanze e abbracciare teneramente?
I ragazzi delle medie del venerdì
17
Opere di misericordia
Sopportare pazientemente
le persone moleste
Una pazienza che diventi passività e rassegnazione è da rigettare.
All’opposto la pazienza evangelica è attiva, intelligente e coraggiosa
L
a sesta opera di misericordia è quella
di sopportare pazientemente le persone moleste, cioè i nostri fratelli per
i loro difetti. Ad esempio: quella inferma è
troppo esigente, non è mai contenta, si
lagna continuamente; quell’altra è fastidiosa, trova a ridire su tutto, niente va mai
bene per lei; questa ha un carattere sofistico e altero; l’altra usa villanie; quell’altra
fa il broncio e non parla; ebbene l’apostolo
San Paolo scrive: “Sopportatevi a vicenda
con amore”.
Questa è forse l’opera di misericordia più
attuale, più quotidiana, più universale; ci
interpella tutti i giorni, dovunque andiamo, perché ogni giorno siamo a contatto con persone: in famiglia, sul lavoro,
per la strada, sull’autobus, al cinema, a
scuola, in parrocchia, in chiesa. Qualche
volta possiamo scegliere noi le persone con
cui intrattenerci, con cui fare un’iniziativa,
o una gita o un viaggio; e allora selezioniamo le persone, scegliamo quelle che ci
vanno bene, che sono affini al nostro temperamento, alle nostre idee, ai nostri sentimenti. Ma normalmente nella vita non è
così: dobbiamo prendere le persone come
sono e talvolta sono proprio “moleste”. Del
resto anche noi possiamo essere, magari
senza volerlo, “persone moleste” per gli
altri.
Come muoversi? San Paolo scrive: “Portate
pazientemente gli uni i pesi degli altri per
amore”. Le due parole chiave sono: “pazientemente” e “per amore”. Di fronte al comportamento fastidioso di una persona
possiamo ribellarci, brontolare o apertamente di fronte o meno francamente alle
spalle; oppure possiamo tacere e sopportare. Ma la sopportazione da sola è povera
e può essere anche un comportamento stupido. E’, perciò, la seconda parola “per
18
amore” che dà significato cristiano alla sopportazione, che la rende pienamente accettabile e la trasforma in “opera di
misericordia”. Certamente non è facile sopportare pazientemente le persone moleste
con amore. In genere è più difficile con le
persone vicine, con cui ci si trova a vivere
molte ore al giorno, ad esempio con la
nonna arteriosclerotica che ripete sempre
le stesse cose. O con il collega d’ufficio che
tenta di scaricarti addosso il suo lavoro,
con la vicina di casa che controlla tutti i
passi che fai. Eppure anche quest’opera di
misericordia può essere una via di miglioramento e di santità.
Oggi però la pazienza ha perso molto fascino: i tempi frettolosi spingono all’impazienza, al non differimento, al “tutto e
subito”, al possesso che non lascia spazio
all’attesa. L’individualistica affermazione
di sé diventa non volontà di attesa e di
comprensione dell’altro che troppo rapidamente rischia di diventare molesto o fastidioso, certamente di intralcio. Ecco allora
che la pazienza, la quale era un tempo modalità sapiente e umana di abitare il
mondo, è ormai posta nel dimenticatoio.
Al tempo stesso, occorre realisticamente riconoscere che la pazienza non è sempre
una virtù, così come l’impazienza non è affatto sempre una non virtù. Una pazienza
che inibisca la capacità umana di dire no
di fronte al perpetuarsi di un abuso, di una
violenza, di un sopruso, di uno sfruttamento, è una perversione della pazienza
che diviene complice dell’ingiustizia e non
è né umana né evangelica. La perversione
di una virtù diviene costruzione di un inferno: una pazienza che diventi passività e
rassegnazione è semplicemente da rigettare. All’opposto la pazienza evangelica è
attiva, intelligente e coraggiosa.
Occorre ricordare il diritto alla collera che
osa dire e gridare “basta!”, come fa Dio nei
confronti delle in-giustizie che imperversano nel mondo e di cui si fanno ministri i
profeti, come fa Gesù quando grida le sue
invettive contro gli uomini “religiosi” (cfr.
Mt 23,13-36) o quando scaccia dal tempio i
venditori e i compratori e rovescia i tavoli
dei cambiavalute (cfr. Mc 11,15). Se l’impazienza può divenire cancellazione dell’alterità e della distanza che ci mantengono
in un rapporto corretto con Dio e con gli
altri, la pazienza può diventare fatalismo,
rifiuto della necessaria decisione che
spezza l’inerzia del tempo e può condurre
l’uomo a sparire, ad annientarsi, a non assumere la responsabilità di diventare
uomo.
La pazienza è un’arte che non ha nulla a
che fare con il subire passivamente. E invece la paziente ma libera e amorosa sopportazione nei confronti di chi è fastidioso,
antipatico, noioso, lento, è in linea con
l’amore del nemico (cfr. Mt 5,38-48; Lc 6,2735). E chiede lavoro su di sé per imparare a
conoscere e ad amare il nemico che è in
noi, ciò che in noi è molesto, ciò che è insopportabile a noi stessi e che Dio, in Cristo, ha sopportato pazientemente amando
noi in modo incondizionato. In questo
modo la pazienza diventa apertura di futuro per l’altro, conferma di fiducia in lui,
lotta insieme a lui e per lui contro la tentazione della disperazione.
a cura di don Giorgio
Lorella: Gesù Cristo c’era
nel mistero del dolore profondo
G
razie Lorella! Stasera durante la
santa Messa delle
18.30 abbiamo ricordato
la nostra amatissima
amica Lorella La Tocca
nove anni dalla sua
scomparsa.
Lorella, giovane, lasciava
il marito Raffaele e le tre
figlie Maddalena. Letizia
e Maria Teresa, ancora
poco più che bambine.
La chiesa è stracolma: ci
sono il marito, le figlie,
la mamma e tanti parenti e amici, ma
quello che stupisce è la quantità di giovani,
alcuni di loro hanno accompagnato la
Messa con bellissimi canti.
Qui mi fermo a raccontare che cosa è avvenuto in questi nove anni: un miracolo voluto da Gesù Cristo, allora c’era il misero
del dolore profondo, come proseguire un cammino così faticoso, Ma Cristo non toglie la
fatica e il dolore, ma accompagna con tenerezza e aiuti di
ogni tipo. Raffaele, Maddalena,
Letizia e Maria Teresa si sono
aggrappati alla compagnia
degli amici amici veri, si sono fidati della loro mamma che ha
aempre guardato a quell’Unico
segno che resiste di fronte a
tutto: Cristo. Questa sera ho
visto quel trionfo di Bellezza e
di gioia vera che fa dire: “Tutto
è possibile a Dio”. Io con umiltà devo riconoscere questo ed essere piena di gratitudine per aver partecipato a questa storia.
Grazie, Lorella, del Paradiso, hain fatto dei
capolavorie hai proseguito la tua vita di sposacon Raffaele in un modo ancora più vero.
Marilena Racanati
19
Vita parrocchiale
Pellegrinaggi:
a Roma e in Terra Santa
C’è una proposta particolare nella vita della Chiesa per accompagnare le persone a imparare a
mendicare l’amore del Signore facendo far loro un cammino che spesso fa vivere la memoria di
luoghi, fatti e avvenimenti significativi della vita di un popolo: si chiama pellegrinaggio. La cosa
stupefacente dell’esperienza del pellegrinaggio è che si inizia con una domanda dentro il cuore e si
ritorna con la certezza che il Signore ci ha ricolmati di doni inaspettati ben più grandi: primo fra
tutti la certezza della Sua amicizia. Vorremmo poter fare insieme questa esperienza nel corso dei
prossimi mesi.
Per questo proponiamo due pellegrinaggi particolarmente significativi e da molti desiderati.
Pellegrinaggio a Roma per l’anno
santo con la Diocesi di Milano
4 – 6 ottobre 2016
Lo guiderà monsignor Mario Delpini, Vicario generale della Diocesi. Gli ambrosiani vivranno così - in una dimensione
comunitaria - il Giubileo della Misericordia
e al contempo avranno l'occasione di partecipare all’udienza pubblica che papa Francesco terrà in Piazza San Pietro.
Per le iscrizioni al pellegrinaggio vi dovrete
rivolgere in segreteria dove troverete il volantino
Pellegrinaggio in Terra Santa
2 -7 gennaio 2017
È una occasione straordinaria per ripercorre i passi di Gesù e sostenere le piccole
comunità cristiane di Palestina.
Il costo sarà attorno a 1200 euro e saremo
accompagnati dai padri francescani della
Custodia della di terra Santa
Informazioni per la necessaria iscrizione in
segreteria.
Il pellegrinaggio si farà se si raggiungerà il
numero di 30 partecipanti.
20
Pellegrinaggio
sulla tomba
di un testimone
della fede
D
all’11 al 15 aprile sono andati in pellegrinaggio in Sicilia i sacerdoti ambrosiani ordinati tra il 2006 e il 2015.
Tra questi c’era il nostro don Stefano. Il pellegrinaggio era guidato dall’arcivescovo, il
cardinale Angelo Scola. Il momento centrale è stato Giovedì 14 aprile, giornata dedicata a Monreale, con visita della
cattedrale normanna che presenta nell’abside un grande Cristo Pantocratore che domina tutta la navata della chiesa.
Altro momento forte del pellegrinaggio dei
preti è stata la visita alla tomba di don Pino
Puglisi, il sacerdote ucciso per la sua limpida testimonianza al Vangelo, per il quale
ha speso tutta la sua vita, e per la passione
per la salvezza del suo popolo.
La parola che ha conquistato la quarta giornata del pellegrinaggio in Sicilia, che si è
imposta con stupore allo scorrere sereno e
simpatico del nostro tempo, è stata “bellezza”.
Bellezza di un mattino limpido sul mare
alle prime ore del giorno, bellezza della vita
unica di don Pino Puglisi (ricompresa dalla
narrazione teologica di don Massimo Naro,
sacerdote e studioso di Caltanissetta), bellezza di un tuffo in un’acqua limpida e gelida per ridere e scherzare con i confratelli,
bellezza di un capolavoro dell’arte e della
storia: la Cattedrale normanna di Monreale.
Cielo e mare di Sicilia fanno da sfondo alla
contemplazione e alla meraviglia per questa terra unica per i suoi monumenti e la
straordinarietà dei suoi figli.
Dalle parole pacate e profonde di don Massimo (fratello del compianto arcivescovo di
Monreale Cataldo Naro), abbiamo esplorato
la grande spiritualità di don Pino che, “per
Grazia”, è cresciuta “continuamente impastata con la storia degli uomini”. Una vita
dove continuità e discontinuità sono intrinsecamente intrecciate, tanto da far dire che
“il martirio è un momento che non sopraggiunge improvviso”, ma fa parte del gioco,
quasi epilogo di un dialogo decisamente
sollecitato, anche con chi poi si è reso responsabile della sua morte.
21
Missioni
Gli auguri dal Brasile
Don Emilio non dimentica mai la parrocchia di Dergano dopo
essere stato ospite per più di un anno e dove ha fatto tante amicizie
giorno di riposo concesso!).
La Messa di Páscoa nella nostra bella
chiesa.
Un uovo gigante e festa dopo la Messa
(tutto esaurito!)
Giochi per le strade nel pomeriggio di
Pasqua.
C
ari Amici, la Pasqua è alle
spalle e con un po’ di vergogna, dato il ritardo, voglio
farvi gli auguri, insieme alla mia
gente. Sono state giornate molto intense e, per noi, belle.
Vi mando qualche foto sulla nostra
Pasqua. è anche grazie al vostro
aiuto che posso realizzare ...
La Via sacra per le stradine della favela il Venerdì santo, con partenza
Abraços.
Don Emilio Bellani
alle 6 del mattino (a causa del sole caldissimo e del casino che ci sarà per le strade: il
Venerdì santo, infatti, è il giorno della sregolatezza, della musica, del vino ... un vero
putiferio: per gli schiavi afro era l’unico
22
Missioni
Le suore martiri dello Yemen
C’
erano cinque missionarie della
Carità (le suore di Madre Teresa),
getivano una casa di riposo dove
servivano con estrema carità gli anziani
malati e indigenti e i disabili.
Un commando di uomini armati (è in
corso una guerra civile da almeno un
anno e mezzo tra sciiti e sunniti) ha attaccato la loro sede nella città portuale
di Aden, la città più importante dello
Yemen, e ne ha ad uccise quattro perché
cristiane lo scorso il 4 marzo.
Due delle suore uccise erano ruandesi,
una era indiana e la quarta veniva del
Kenya. Qualche mese prima di morire
avevano scritto una lettera alle consorelle in cui spiegavano perché non intedevano lasciare le persone affidate alla
loro cura, nonostante la guerriglia e
l’odio degli islamici contro di esse.
“Insieme viviamo, insieme moriamo con
Gesù, Maria e la nostra Madre”. Così scrivevano le quattro suore Missionarie.
“Per quell’amore e cuore di madre che
avevano - ha spiegato inn una trasmissione di TV2000 una loeo consorella,
suor Serena - non potevano abbandonare i loro ospiti che amavano e nei
quali si identificavano. Volevano condividere le loro gioie e sofferenze e rimanere con loro fino alla fine”.
Continua la lettera: “Ogni volta che i
bombardamenti si fanno pesanti noi ci
inginocchiamo davanti al Santissimo
esposto, implorando Gesù misericordioso di proteggere noi e i nostri poveri
e di concedere pace a questa nazione.
Non ci stanchiamo di bussare al cuore di
Dio confidando che ci sarà una fine a
tutto questo. Mentre la guerra continua
ci troviamo a calcolare quanto cibo
potrà essere sufficiente. I bombardamenti continuano, le sparatorie sono da
ogni parte e abbiamo farina solo per
oggi”.
“Come faremo a sfamare domani i nostri poveri? Con fiducia amorevole - scrivevano le suore - e abbandono totale, noi
cinque corriamo verso la nostra casa
d’accoglienza, anche quando il bombardamento è pesante. Ci rifugiamo a volte
sotto gli alberi pensando che questa è la
mano di Dio che ci protegge. E poi corriamo di nuovo velocemente per raggiungere i nostri poveri che ci
attendono sereni. Sono molto anziani,
alcuni non vedenti, altri con disabilità
fisiche o mentali. Subito iniziamo il nostro lavoro pulendo, lavando, cucinando
utilizzando gli ultimi sacchi di farina e
le ultime bottiglie d'olio proprio come
la storia del profeta Elia e della vedova.
Dio non può mai essere da meno in generosità fino a quando rimaniamo con
lui e i suoi poveri. Quando i bombardamenti sono pesanti ci nascondiamo
sotto le scale, tutte e cinque sempre
unite. Insieme viviamo, insieme moriamo con Gesù, Maria e la nostra
Madre” .
23
Comunità parrocchiale
Oratorio:
l’oratorio estivo
è anzitutto
riscoprire, vivendo
insieme, il gusto per la vita
e le cose belle e semplici
che ci fanno felici
PARROCCHIA SAN NICOLA IN DERGANO
Lunedì 13 giugno – Giovedì 7 luglio
ORATORIO FERIALE 2016
GIORNATA TIPO
Ore 8.30
Accoglienza e gioco libero
Ore 9.15
Chiusura cancelli e preghiera del mattino
Gioco organizzato a squadre
Ore 12.00
Uscita per chi mangia a casa (l’uscita deve essere autorizzata
per iscritto dal genitore)
Ore 12.30
Pranzo e chiusura cancelli.
Ore 14.00
Apertura cancelli
Ore 14.30
Chiusura cancelli e Laboratori/attività
Gioco
Ore 16.30
Momento finale e merenda
Ore 17.00
Apertura cancelli
Dalle 17,00 alle 19,00 (chiusura dell’oratorio) non è garantita la vigilanza.
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QUOTA
La quota d’iscrizione per
una settimana è di 15 €,
comprensiva di merenda
giornaliera e materiale.
L’iscrizione è scontata a
10 € per il secondo fratello, gratis dal terzo in
poi.
PRANZO
ÈÈ possibile fermarsi a
mangiare nei tre giorni
in cui non è prevista la
piscina o la gita. Il costo
per i tre pranzi è di 10 €
(non sono previsti sconti
per i fratelli).
Chi partecipa alla mattina, ma mangia a casa,
deve segnalare (sul modulo di iscrizione alla settimana) l’uscita alle 12.00.
ISCRIZIONI
Le iscrizioni sono da Lunedì 16 maggio a Venerdì 27 maggio presso la Segreteria parrocchiale (Lun-Ven dalle 16.00 alle 18.00).
L’iscrizione alle settimane successive, gite e piscina avverranno, in segreteria parrocchiale entro il venerdì della settimana precedente (Lun-Ven dalle ore 16.00 alle
ore18.00).
Per ragioni organizzative non si accettano iscrizioni la mattina stessa della piscina
e della gita.
E’ possibile anche iscriversi subito a tutte e tre le settimane.
PISCINA
Nelle giornate di martedì 14, 21 e 28 giugno si andrà tutto il giorno alla PISCINA
“IL GABBIANO” di Limbiate (costo 15 €).
Il trasferimento avverrà in pullman.
Portare il PRANZO al sacco.
I ragazzi di I e II ELEMENTARE possono venire se accompagnati da un adulto indicato al momento dell’iscrizione.
Per L’ISCRIZIONE alla piscina, sarà disponibile un modulo con tutte le informazioni
relative alla giornata.
Per chi non partecipa alla Piscina l’Oratorio è chiuso.
In caso di mancata partecipazione la quota non verrà rimborsata.
MESSA DEL MERCOLEDÌ
Nella mattinata di mercoledì (ore 10.00) sarà celebrata in Chiesa la Messa per tutti
i ragazzi dell’oratorio.
NOTA BENE: II MEDIA
Quest’anno ai ragazzi di II media viene proposto un oratorio estivo a parte
per cui sono disponibili sono una quarantina di posti con precedenza a chi ha
fatto la Cresima a Dergano.
Per l’iscrizione si utilizza un altro modulo.
25
Comunità parrocchiale
GITA
Nei giorni di giovedì 16, 23 e 30 giugno si andrà in GITA.
Per l’iscrizione alla gita entro il lunedì precedente, verrà dato un modulo con tutte
le informazioni relative alla giornata.
Per chi non partecipa alla Gita l’Oratorio è chiuso.
In caso di mancata partecipazione la quota non verrà rimborsata.
USCITE FUORI ORARIO
Visto il gran numero di ragazzi presenti sono da evitare le uscite fuori dagli orari
stabiliti per l’impossibilità pratica di seguire queste eccezioni.
Al pomeriggio i cancelli saranno aperti alle 17.00: evitare di accalcarsi prima dell’orario.
CASI ESTREMI…
Nel caso qualche ragazzo manifestasse di non condividere il rispetto e le regole
dell’oratorio estivo potrebbe essere allontanato temporaneamente previo avviso ai
genitori.
Pensiero
per i genitori
C
ari genitori, terminato
l’anno scolastico e quello di
catechismo, non termina il
desiderio di condividere con i ragazzi il nostro tempo libero come
occasione di compagnia e di educazione.
Recentemente sono stato con la
Formazione Permanente del clero,
in Sicilia e abbiamo visitato la bellissima cattedrale di Monreale. Mi
ha colpito un mosaico del ciclo della creazione in cui Dio (che ha il volto e il corpo
di Gesù) trascina l’uomo appena creato
verso il paradiso terrestre. Mi è sembrata
un’immagine bellissima di cosa è la fede:
non un aggiunta alla vita ma la possibilità
di gustarsi la vita.
Dio è colui che ci ha creati perché potessimo vivere da uomini!
Quanto spesso invece per noi la vita è solo
un peso o una serie di problemi. Quanto
spesso si vedono ragazzi svogliati e lamentosi come “anziani”.
Per noi l’oratorio estivo è anzitutto riscoprire, vivendo insieme, il gusto per la vita
e le cose belle e semplici che ci fanno felici.
Quindi giocheremo, mangeremo, faremo
26
attività e ci scopriremo pieni di talenti…
Vi aspettiamo.
Don Stefano
CI PIACE ANDARE
DA :) CRI
CI PIACE STARE
Panificio
Pasticceria
Caffetteria
piazza Dergano 3
20158 Milano
Tel. 02603417
Buone letture
Libri
GIOVANNI MARIA
VIAN
Giovanni Battista
Montini
Un uomo come voi
testi scelti 1914-1978
MARIETTI
Nel Palazzo di Vetro di New
York il papa aveva appena
cominciato a parlare. Davanti
a lui i rappresentanti di
mezzo mondo lo seguivano
con curiosità e attenzione
mentre in francese leggeva un
testo lungo e appassionato:
“Voi avete davanti un uomo
come voi; egli è vostro
fratello” disse papa Paolo VI
che subito dopo alzando per
un momento gli occhi dal
testo aggiunse: “Oh! voi
sapete chi siamo; e,
qualunque sia l’opinione che
voi avete sul pontefice di
Roma, voi conoscete la nostra
missione; siamo portatori
d’un messaggio per tutta
l’umanità”. In queste parole
del discorso alle Nazioni
Unite c’è tutto l’uomo e il
cristiano divenuto papa, così
come l’immagine che più lo
rappresenta è quella di una
mano che si protende.
Ma chi era il pontefice che
scelse per sé il nome di san
Paolo, la figura più incisiva
del Cristianesimo delle
origini? Abituato a riflettere
su se stesso, Montini scrisse
sempre moltissimo, anche da
papa: appunti personali,
lettere, articoli, discorsi.
All’interiorità e alla vicenda
esteriore dell’uomo e del
cristiano introduce questa
scelta di scritti che si
estendono con
un’impressionante coerenza,
anche stilistica, per oltre un
sessantennio.
Giovanni Battista Montini
nacque a Concesio, nei
dintorni di Brescia, nel 1897.
Papa nel 1963 e prese il nome
di Paolo VI. Morì a Castel
Gandolfo nel 1978
GERTRUD VON
LE FORT
La porta del cielo
SAN PAOLO
Le scoperte
scientifiche
possono mettere
in dubbio le verità di Fede? La
scrittrice tedesca Gertrud von
Le Fort (1876-1971) affrontò
questa tematica nel romanzo
breve La porta del cielo, risalente
al 1954 ed ora ripubblicato in
italiano. Gertrud era figlia di
un colonnello prussiano di
discendenza ugonotta. Studiò
teologia, storia e filosofia a
Heidelberg e a Berlino. Nel
1925 si convertì al
Cattolicesimo. Provò
particolare ammirazione per
Edith Stein, che conobbe
personalmente, e per Pio XII,
che ebbe occasione di
incontrare. Pubblicò numerose
opere, tra cui spicca L'ultima al
patibolo, da cui Georges
Bernanos trasse il libretto per i
Dialogues des carmélites di
Francis Poulenc. In questo
romanzo breve von Le Fort,
con una forza di evocazione
allucinante unita a grande
semplicità di stile, affronta il
tema del conflitto tra la fede e
l’incredulità dell’uomo
moderno. Senza la fede, la
scienza rischia di essere non
un progresso, ma una tragedia,
la fonte di infiniti lutti. Non a
caso il testo si chiude con la
partenza per gli Stati Uniti di
uno dei personaggi chiave: un
giovane scienziato tedesco,
chiamato a compiere studi
sullo sviluppo delle armi
nucleari... La discendente di un
antico casato tedesco si reca
nella casa di famiglia,
abbandonata, col compito di
raccogliere e portare in salvo i
più preziosi documenti sulla
storia degli avi. Durante il
lavoro, si imbatte in un
manoscritto seicentesco e un
memoriale su un processo
simile a quello di Galileo.
BENIAMINO
DI MARTINO
Povertà e ricchezza.
esegesi dei testi
evangelici
EDITRICE
DOMENICANA
ITALIANA
Ultimamente, anche ai vertici
della Chiesa, si fa un gran
parlare di ”povertà evangelica”
proponendo un modèllo, che
spesso richiama la “Teologia
della liberazione”. Don
Beniamino Di Martino,
direttore della rivista
StoriaLibera e docente di
Dottrina sociale della Chiesa
all’Istituto Claretianum della
Pontificia Università
Lateranense, affronta i passi
evangelici relativi al tema
povertà e della ricchezza,
dimostrando come la seconda
non sia “un male in sé” e tanto
meno la prima sia ”un bene in
sé”. Lo studioso approfondisce
attentamente in particolare il
Vangelo di Luca (che per lo
spazio lasciato al tema della
povertà è anche detto “il
Vangelo dei poveri”) e passa in
rassegna le molteplici
interpretazioni, comprèse
quelle di carattere linguistico.
Ma rifiuta queste
interpretazioni riduttive per
fare un salto qualitativo:
l’abbandono della ricchezza è
soprattutto il distacco dalla
materia, mentre l’esaltazione
della povertà riguuarda quella
spirituale, non materiale (per
la quale sarebbe più adatto il
termine miseria o penuria), un
male da evitare, non certo un
bene da perseguire. “Quella
evangelica - conclude l’autore è, quindi, una sorta di nuova
realtà della povertà che ha
poco (o addirittura nulla) a che
fare con lo indigenza. Tra lo
povertà spirituale e quella
materiale vi è lo stessa
differenza tra l’uso virtuoso
dei beni e l’assenza patita (e
non scelta) del benessere”.
27
Lutto
In ricordo di don Antonio Carretta
S
i è spento il 26 Marzo 2016 all’età di
84 anni don Antonio Carretta. A Dergano fu assistente dell’oratorio maschile (come si usava allora) e poi rimase in
parrocchia come coadiutore. Praticamente
passò la sua vita a Dergano. Venne chiamato a fare il parroco, già in età avanzata,
nella Parrocchia del Santo curato D’Ars, al
Giambellino.
Lo ricordo, giovane prete, arrivare nello
spazio antistante la porta che era sita nel
muro tra la “villetta” e l’edifico dell’oratorio, (ora tutto questo non esiste più) noi
giovani adolescenti sbirciavano dalla
porta socchiusa per vedere che tipo era, e
lui sorridente venire incontro non sapendo che dietro vi eravamo noi. Fu un
incontro ilare, come spesso con lui accadeva: stupore e meraviglia di vedere un
mugolo di ragazzi assiepati a guardare, e
lui che apriva la porta: fece una risata e,
come poi imparammo, si aggiustò gli occhiali sul naso. Un ciao ragazzi io son Don
Antonio il nuovo assistente, ci disse, lo
guardavamo un poco stupiti e un poco riverenti....chissà che tipo sarà. Non aveva
il fisico da atleta, era sui generis, un pretino adulto. Come primo incontro ci accontentammo di quello incontro
praticamente muto.
Lo studiavamo per capire il tipo e fin dove
si poteva ”osare” lui capiva e chi spiazzava con quel suo sorriso disarmato e disarmante. Pian piano diventammo amici,
poi confidenti.
Francesca Nelli
Direttore Tecnico
02.365.953.12
24h su 24
FNP
Servizi Funebri
Via Livigno 18 - Milano
28
Uno dei
m o menti
d
i
spicco
d a l
punto
di vista
educativo-formativo
su la recita del
rosario
c h e
tutte le
sere del
mese di
Don Antonio Carretta è stato a Dergano
dal 1955 al al 1987.
maggio ci faceva recitare girando intorno
al campo di calcio . Appuntamento alle
ore 21 1 in oratorio recita e poi un breve
spazio per giochi o... confidenze.
Pian piano crescemmo e sostituimmo i
giochi con discorsi e giudizi.
Vi era una bella “campionatura” di gioventù. Un bel gruppo, con interessi diversificati: Così nacque il Centro Giovanile “
Essegi”. Lo sport la faceva da padrone ma
anche incontri formativi su tutte le tematiche che possono interessare i giovani.
Un bel momento. Poi la crisi generalizzata e la ricerca di nuovi metodi e stimoli.
Pronto a ritirarsi se qualche d’uno tirava
fuori idee diverse ma possibili o migliori.
Sempre fiducioso anche di fronte alle più
avverse condizioni (memorabile la sua benedizione impartita al ragazzo morto sui
nei giardinetti lungo la murella dell’oratorio e pubblicata dai giornali La fede, la
speranza e la carità furono il suo motto.
Amava le persone e gioiva di cuore
quando gli si portava qualche bella notizia. Di converso ti faceva capire che era
addolorato per te e con te quando gli portavi quella cattiva. Condivideva con te,
fino in fondo e come poteva.
Con don Bruno trovò un accomodamento,
non era il tipo da battaglia. Servi umilmente, con quella semplicità umile che
genera amicizie e simpatie. Fu vicino al
popolo.
Nella “sua parrocchia” non ebbe vita facile, era ed è un quartiere difficile. ...ma
arrivò alla pensione.
Poi la malattia.
Molti lo ricordano con affetto e sanno che
dal cielo ci guarderà col suo sguardo e, aggiustandosi gli occhiali si rivolgerà al
nuovo Capo dicendogli: aiutali.
Romolo Bragonzi
“S
alutami tanto don Giorgio e don
Stefano. Ti benedico.” Queste
sono state le parole di congedo di
don Antonio a conclusione della telefonata
che mi ha fatto tre giorni prima della sua
morte. Anche in quell’occasione non aveva
nascosto la sua difficoltà ad accettare la situazione che viveva da alcuni mesi, soprattutto dopo l’intervento al femore, ma si
affidava al Signore in questa sua fatica pregando e chiedendo di accompagnarlo con
la preghiera.
L’ultima volta che sono stata a trovarlo all’Istituto Radaelli, dopo una lunga conversazione, mi ha chiesto se avevo tempo per
fermarmi a pregare con lui e insieme abbiamo recitato il Rosario. La preghiera era
un punto fermo al quale mi ha sempre richiamato durante tutti questi anni, particolarmente nei momenti per me più
difficili, quando sapeva ascoltare, suggerire, incoraggiare . È stato in tutti questi
anni una guida sicura alla quale rivolgersi; è stato lui ad inserirmi nella vita
della nostra parrocchia quando, agli inizi
del mio cammino di insegnante, mi ha
coinvolto come catechista. Ha sempre accompagnato il gruppo che si era formato
con grande disponibilità, guidandoci nel
nostro impegno con i bambini, ma con attenzione anche alle nostre storie personali, favorendo fra noi la nascita di
Don Antonio benedice la salma
di un giovane morto di droga
nei giardinetti accanto all’oratorio
un’amicizia che da decenni dura anche
con chi non vive più a Dergano. Era molto
attento agli ammalati e mi ha insegnato
come accostarmi a loro all’inizio del mio
impegno di ministro straordinario dell’Eucaristia.
Entrando in chiesa era facilissimo trovarlo nel suo confessionale, disponibile
per chiunque volesse parlargli. I rapporti
nati durante la sua presenza fra noi sono
durati negli anni; veniva sempre con
gioia a Dergano e ultimamente mi ripeteva il suo dispiacere per non aver potuto
venire ad ottobre per festeggiare i 60 anni
di sacerdozio avendo subito l’operazione
al cuore proprio in quei giorni. In questi
mesi molte persone mi chiedevano sue
notizie e quando glielo riferivo mi diceva
quanto il legame con queste persone e le
visite che gli facevamo lo aiutassero in
questo momento di sofferenza ed il segno
di questo legame nel tempo l’ho sentito
nella presenza di molti derganesi al suo
funerale.
Donata Bizzarri
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Lutto
Avrei tanto desiderato
mangiare questa Pasqua con voi
Ultima lettera scritta
da don Antonio ai suoi
parrocchiani prima di Pasqua
E
ccoci nella Settimana santa che ci introduce nella Pasqua di Risurrezione!
Anche io avrei tanto desiderato di
mangiare questa Pasqua con voi… Il Signore invece in questi ultimi 6 mesi aveva
altri progetti su di me e mi ha chiamato ad
affrontare un duplice intervento chirurgico, nel mese di Ottobre al cuore, con la
sostituzione della valvola aortica (e relativa
riabilitazione all'Ospedale San Luca) e poi
in Gennaio; causa la rottura del femore destro all’Ospedale Humanitas e la riabilitazione presso l’Istituto Redaelli di Via
D’Alviano, riabilitazione molto lunga!
Molti mi chiedono come stia vivendo questa particolare (e lunga) esperienza di sofferenza... Non mi torna facile mettere
ordine nei diversi momenti!
Mentre ho affrontato con coraggio e serenità l’intervento al cuore, questo secondo
momento è stato ed è per me molto difficile!
Purtroppo il primo intervento al femore
non ha dato esiti del tutto positivi, per cui
Venerdì 18 marzo sono stato di nuovo operato all’Humanitas per l’inserimento di
una protesi al femore. Potete immaginare
come mi trovo ora... dovrò ricominciare di
nuovo la riabilitazione, per cui i tempi si
allungano!
In questo periodo ho potuto fermarmi a
pensare sui miei 61 anni di sacerdozio e
contemplare non solo quello che il Signore
ha fatto per me, con tutti suoi doni e la sua
misericordia, ma soprattutto quello che il
Signore ha fatto con me nell’ambito delle
Parrocchie, della scuola, delle amicizie etc.
Ho nel cuore un grande ringraziamento e
posso dire con il Cantico di Tobia “Ti ringrazio a voce alta, o Signore”.
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Il silenzio e la sofferenza di questi giorni mi
hanno anche aiutato ad andare oltre e vedere il valore della sofferenza di Gesù per
noi e il valore della sofferenza di molti di
voi, non subìta, ma offerta per amore.
Come dice san Paolo. “Veramente tutto
concorre al bene” di coloro che si lasciano
guidare dalla sua parola e dai Sacramenti.
Voglio ringraziare tutti coloro che hanno
pregato per me e mi sono di grande conforto! Un Grazie anche a tutti coloro che
sono venuti a trovarmi...
Vi confido l'ultima preghiera con Gesù:
“Caro Gesù, non capisco niente del Tuo progetto su di me in questo momento, so però
che l’unico modo di andare avanti è affidarmi a Te, come faceva il santo Curato
d'Ars che ti ha detto Signore ti ringrazio
perché mi tieni un po' crocifisso con Te qui
in terra!”. Tutto questo mi fa sentire unito
a tutti voi e voi uniti a me nella santa Pasqua che stiamo celebrando!
Questo scritto vuole essere proprio un saluto carissimo per tutti, proprio per tutti,
per questo chiedo a don Renzo di leggerlo
durante la Messa in Coena Domini che è il
momento più bello e più forte della comunione del Signore con noi e della comunione anche tra di noi, nella comunità
cristiana e a tutti gli amici.
Don Antonio
Giovedì Santo 2016
Vita comunitaria
Anagrafe parrocchiale
NATI IN CRISTO:
Lara Palacios Matteo Nicolo’
Agnello David
Andreoli Samuele
Di Biase Angelica
Escalante Rodriguez Gabriele
Lami Rebecca
Romanelli Sofia
Vigliotti Mattia
Cordovilla Leiva Maite’ Sabrina
Cordovilla Landaverde Onliy Denisse
Garigali Andrea
Capozza Anna
Marzegalli Tommaso
Nigro Gioia Maria
Tardini Cecilia
Vannucci Maddalena
Bonanni Tommaso Paolo
Torri Elisabetta
UNITI IN MATRIMONIO:
Turchetto Simone e Calabrò Deborah
RITORNATI ALLA CASA
DEL PADRE:
Pola Gustavo
Forte Ettore
Patrizio Michele
Cantù Sabina
Lazzari Adriana in Bonazzi
Rossi Afro
La Paglia Isidoro
Sabbato Giuseppe
Camerani Fausto
Alagna Maria
Sironi Rosa
Aiuto economico
CHI VOLESSE CONTRIBUIRE alle spese ordinarie
e straordinarie che la Parrocchia sostiene per tutta
la comunità, può usare le seguenti forme:
- offerta domenicale durante la Santa Messa;
- offerta mensile tramite la busta che si trova in
chiesa nella prima domenica di ogni mese;
- impegno mensile da concordare con il parroco;
- offerta tramite Bonifico bancario alla Banca
Prossima: Iban IT27A0335901600100000066416,
intestato alla Parrocchia di San Nicola, Milano.
Le liberalità, effettuate a favore della parrocchia da parte di tutti
i soggetti titolari di Reddito d’impresa, consentono di ottenere
un beneficio fiscale. Sono infatti riconosciuti oneri deducibili dal
reddito d’impresa nel limite del 2% dello stesso.
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