Tribunale di Firenze - Sezione penale

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Tribunale di Firenze - Sezione penale
Tribunale di Firenze - Sezione penale - Sentenza 2 febbraio 2016 n. 241
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Giudice per le indagini preliminari, Dr.ssa Erminia Bagnoli, in data 2 febbraio 2016 ha
pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente
SENTENZA
ex art. 442 c.p.p.
nei confronti di:
1) Sa.Va., assente, n. Borgo San Lorenzo il 23.4.57, ivi elettivamente domiciliato in Piazza (...),
difeso di fiducia dall'avv. An.Pa. del foro di Firenze
Imputato
A) del reato di cui agli artt. 81 cpv. e 314 c.p. perché, in qualità di titolare dell'attività ricettiva
denominata "(...)" e, quindi, di soggetto deputato alla riscossione dell'imposta di soggiorno ai
sensi dell'art. 6, regolamento approvato con delibera di Consiglio dell'Unione Montana dei
Comuni del Mugello n. 14 del 22.5.12, e quindi di incaricato di pubblico sevizio, avendo
materialmente riscosso detta imposta dai propri ospiti, ometteva, in esecuzione di un
medesimo disegno criminoso, di versare le somme incassate per un importo di Euro 300 nel
2012, di Euro 837 nel 2013 e di Euro 724,50 nel 2015.
MOTIVAZIONE IN FATTO E IN DIRITTO
All'esito delle indagini preliminari, il P.M. esercitava l'azione penale nei confronti di Sa.Va.,
imputato del delitto in epigrafe rubricato.
All'udienza del 3 giugno 2015, assente l'imputato, il procuratore speciale dell'imputato
chiedeva ed otteneva la definizione del giudizio mediante rito abbreviato subordinato
all'acquisizione di documentazione, di cui, tuttavia, non era in possesso; chiedeva,
conseguentemente, un rinvio per la discussione, rinvio che veniva accordato. All'udienza del
24.11.15, acquisita la documentazione prodotta dalla difesa, terminata la discussione, il P.M.
chiedeva di svolgere una replica, ma il giudice, stante il particolare carico dell'udienza e la
necessità di effettuare una camera di consiglio nei confronti di imputato detenuto, rinviava il
processo all'udienza del 2.2.2016, allorquando, rinunciato il P.M. alla replica, riteneva il
processo in decisione sulle conclusioni delle parti già assunte alla precedente udienza. Ad
avviso del giudice, il complesso delle risultanze processuali induce ad affermare in maniera
inequivocabile la penale responsabilità dell'imputato in ordine al reato ascrittogli.
In data 7.7.2014 personale della Polizia Municipale di Borgo San Lorenzo eseguiva un
sopralluogo presso la struttura alberghiera denominata "(...)", di cui risulta titolare l'odierno
imputato, Sa.Va. Oltre ad una serie di illeciti di natura amministrativa, venivano accertati, con
l'ausilio di personale della locale Guardia di Finanza, l'avvenuta trattenuta della tassa di
soggiorno da parte del titolare Sa.Va. ed il mancato versamento della suddetta tassa all'Unione
dei Comuni del Mugello, come previsto dal Regolamento per l'istituzione dell'imposta di
soggiorno nell'Unione Montana dei Comuni del Mugello n. 14 del 22.5.2012. Più precisamente,
il controllo evidenziava che il Sa. aveva versato per l'anno 2012 solo Euro 175,50 a fronte di
Euro 300 trattenute; per l'anno 2013 nulla aveva versato, nonostante avesse riscosso Euro
837, ed infine, per l'anno 2014, aveva trattenuto Euro 724,50.
Alla stregua di quanto precede, il titolare della struttura alberghiera "(...)" veniva denunciato a
piede libero a norma dell'art. 6 del Regolamento citato, in quanto obbligato alla riscossione
dell'imposta di soggiorno dagli ospiti e poi al versamento della suddetta all'Unione Comuni
del Mugello, e, quindi, perché ritenuto un incaricato di pubblico servizio.
Costituisce circostanza pacifica ed incontroversa che l'imputato, titolare della struttura
alberghiera di cui si discute, ha omesso di versare all'Unione Montana dei Comuni del Mugello
l'imposta di soggiorno istituita dal Regolamento dell'Unione n. 14 del 22.5.2012, che pure
aveva regolarmente riscosso dai propri clienti nel corso degli anni 2012, 2013 e 2014.
Il fatto che l'imputato nel corso dell'anno 2015 abbia provveduto a corrispondere all'Unione
Montana dei Comuni del Mugello l'ammontare delle somme dovute, o meglio, il capitale e gli
interessi, ma non anche le sanzioni, non è circostanza idonea ad incidere sulla struttura del
reato; di essa se ne dovrà tenere conto solo se si sarà positivamente risolto lo snodo della
vicenda processuale in oggetto, nel senso di riconoscere al Sa. la qualifica di incaricato di
pubblico servizio, pacificamente esclusa quella di pubblico ufficiale, requisito imprescindibile
per la configurazione del reato in parola.
Nel caso di specie deve anzitutto escludersi l'operatività del principio di specialità di cui
all'art. 9, L. n. 689/81 e successive modifiche: detto articolo, infatti, statuisce che "quando uno
stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione che prevede una
sanzione amministrativa...si applica la disposizione speciale". Nonostante il Regolamento per
l'Istituzione dell'imposta di soggiorno nell'Unione Montana dei Comuni del Mugello contempli
all'art. 9 le sanzioni amministrative irrogabili per violazioni al citato regolamento, è agevole
osservare che, trattandosi di una disposizione regionale, trova spazio il principio contenuto
nel comma 2 dell'art. 9 della legge n. 689/81, secondo cui "quando uno stesso fatto è punito da
una disposizione penale e da una disposizione regionale... che preveda una sanzione
amministrativa, si applica in ogni caso la disposizione penale...". Sgombrato il campo
dall'operatività del principio di specialità, escluso dalla natura regionale della disposizione
che prevede una sanzione amministrativa, resta da valutare l'attribuibilità all'imputato della
qualifica da cui dipende la configurabilità del reato di cui ci si occupa.
A norma dell'art. 358 c.p., per incaricato di pubblico servizio deve intendersi colui che, a
qualunque titolo, presta un pubblico servizio, laddove per pubblico servizio deve intendersi
un'attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla
mancanza dei poteri tipici di quest'ultima, e con esclusione dello svolgimento di semplici
mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale.
Orbene, l'attività di riscossione dell'imposta costituisce senza dubbio un'attività
amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi, di guisa che
l'incasso ed il successivo versamento della stessa non si esauriscono di certo in attività
meramente materiale, implicando, quantomeno, un'attività di attestazione del verificarsi del
presupposto dell'imposta, di concreto esercizio della pretesa di pagamento ed ancora
dell'attestazione dell'avvenuto versamento (e dunque riscossione) o non versamento (e
dunque non riscossione) della medesima. In tal senso, e dunque per la configurabilità del
reato di peculato, sembra essersi orientata la giurisprudenza di legittimità della Suprema
Corte in relazione a casi analoghi a quello per cui si procede: così, ad esempio, la Sezione VI,
con la sentenza n. 20132 dell'11.3.15, ha riconosciuto la sussistenza del peculato nei confronti
del notaio che si appropria di somme ricevute dai clienti per il pagamento dell'imposta di
registro riguardante atti di compravendita immobiliare da lui rogati. Ed ancora, la dottrina ha
chiarito come l'albergatore debba essere considerato, riguardo alla riscossione dell'imposta di
soggiorno, un agente della riscossione e non un sostituto d'imposta né un responsabile
d'imposta. Da quanto precede deriva che in caso di mancato versamento dell'imposta riscossa,
egli debba rispondere di peculato. In tema sembra pertinente il principio espresso dalla
sentenza del 5.12.96 della VI Sezione della Cassazione, secondo cui "Il rapporto di imposta ha
natura pubblica, sia nella fase dell'imposizione sia in quella della riscossione; la natura
pubblicistica del rapporto di imposta non muta anche quando la esazione del tributo viene
dall'ente impositore delegata al privato, il quale, in virtù della funzione attribuitagli, acquista
la qualità di pubblico ufficiale; pertanto il denaro che viene in possesso dell'esattore o di un
suo incaricato nell'assolvimento della funzione pubblica della riscossione dei tributi
costituisce, fin dal momento dell'esazione, pecunia pubblica né detta qualifica viene meno per
la obbligazione di quantità, cui l'esattore stesso è tenuto verso l'ente impositore ...".
Da ultimo, merita segnalazione la recentissima sentenza n. 50758 depositata in data 28.12.15
dalla Suprema Corte che ha respinto il ricorso di un'amministratrice della ASL che negava di
avere la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio, necessaria far
scattare il reato di peculato. Ed invero, nei confronti dell'assistente amministrativa della ASL
che storna sul suo conto corrente somme dovute ai sanitari, la Cassazione ha affermato il
carattere accertativo e dispositivo dell'attività svolta dalla ricorrente, tale da non poter essere
considerata come mansione d'ordine o prestazione d'opera materiale, senza alcun rilievo per
la natura del rapporto di lavoro (privato) che lega la ricorrente alla ASL, essendo tale
elemento rilevante solo ai fini delle obbligazioni assunte reciprocamente. All'esito delle
osservazioni che precedono, non resta che affermare la natura di pubblico servizio svolto
dall'imputato in qualità di agente deputato alla riscossione delle imposte e la conseguente
configurabilità del delitto di peculato a lui contestato. S'impone, conseguentemente, la
condanna.
Valutate le caratteristiche dell'azione criminosa e la capacità a delinquere dell'imputato,
desumibile dalla condotta accertata e dalla personalità, come risultanti dagli atti, stimasi equa,
ai sensi dell'art. 133 c.p. la pena di anni due di reclusione, come di seguito quantificata: pena
base, anni quattro di reclusione, ridotta ex art. 162 bis ad anni due mesi otto di reclusione,
aumentata per la continuazione ad anni tre di reclusione, ridotta come sopra per il rito.
I motivi che giustificano la concessione delle circostanze attenuanti generiche si rinvengono,
oltre che nell'incensuratezza dell'imputato, anche nel sopravvenuto versamento all'Ente delle
somme dovute (escluse le sanzioni): si è dianzi anticipato che mentre detto elemento è
ininfluente ai fini della configurabilità del reato, ben può essere valutato ai fini della
determinazione della pena per la sua capacità di incidenza sulle circostanze del reato.
Sussiste, inoltre, il vincolo della continuazione fra i plurimi episodi delittuosi, che
costituiscono, all'evidenza, espressione di una medesima risoluzione criminosa.
Stante la incensuratezza, può essere riconosciuto all'imputato il beneficio della sospensione
condizionale della pena.
A norma dell'art. 317 bis c.p., l'imputato deve essere dichiarato interdetto dai pubblici uffici
per la durata di anni cinque.
P.Q.M.
visti gli artt. 442, 533 e 535 c.p.p.
dichiara SA.Va. colpevole del reato continuato ascrittogli e, riconosciute le circostanze
attenuanti generiche, con la diminuente per il rito, lo condanna alla pena di anni due di
reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali. Pena sospesa.
Visto l'art. 317 bis c.p., dichiara l'imputato interdetto dai pubblici uffici per la durata di anni
cinque.
Così deciso in Firenze il 2 febbraio 2016.
Depositata in Cancelleria il 2 febbraio 2016.