Il tempo delle cicogne - Premio H. C. Andersen

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Il tempo delle cicogne - Premio H. C. Andersen
 Donatella Bindi Mondaini / fiaba vincitrice sezione ADULTI Il tempo delle cicogne
-Chissà – disse la vecchia Nara guardando dubbiosa in su – se verranno
anche quest’anno.
- Chissà – rispose il marito senza smettere di rastrellare le foglie secche
rimaste dall’inverno.
-Chissà – ripeté.
Perché ormai da alcuni anni, a primavera, arrivavano le cicogne.
A memoria sua e di tutti gli altri vecchi del paese non si erano mai viste le
cicogne; la prima volta non sapevano neppure che animali fossero quegli
uccelli grandi dal becco lungo planati sui tetti delle loro case. Poi quacuno si
ricordò di una cartolina che gli avevamo mandato per la nascita di un
bambino.
-­‐ Cicogne! Ecco cosa sono! – aveva esclamato tra l’ammirazione e incredulità
generale.
Erano proprio cicogne. In quei giorni erano venuti perfino i giornalisti a
chiedere e a fare fotografie; poi la curiosità era diminuita e la vita aveva
ripreso a scorrere tranquilla in quel paesino abbarbicato alla montagna.
Nara e Gino erano sempre soli nella loro casa un po’ sbrecciata, che
confinava con un irto bosco di castagni; anche se avevano avuto figli e nipoti
e pronipoti; ma tutti ormai abitavano lontano e di rado si ricordavano di
andarli a trovare.
Di inverno i due vecchi sedevano accanto al camino a ricordare i giorni così
lontani che sembrava impossibile averli vissuti veramente: quando i bambini
si rotolavano sul pavimento di legno, mentre un vecchio cane, ormai morto, si
univa ai loro giochi con assalti, fughe e latrati e tutta la casa riecheggiava di
grida e risate che pareva dovessero durare per sempre; invece adesso
l’unico suono erano le loro rade parole, lo scoppiettare improvviso del fuoco e
il rintocco della pendola al muro.
A primavera Gino si rianimava; c’erano tante cose da fare lì fuori, rastrellare,
concimare, sistemare qualche asse logorata dalla pioggia e dal gelo,
cambiare un infisso, controllare il tetto; sua moglie frugava con gli occhi l’erba
rinverdita per scoprire ciuffi di radicchio, crescione, esili foglie di menta e
profumata nipitella; guardava i bocci dei tromboncini gialli lungo il fossato, di
giorno in giorno li seguiva con trepidazione finché offrivano le loro corolle
luminose al sole e al vento.
Allora venivano le cicogne; arrivavano a coppie e per giorni e giorni
risistemavano il grande nido accoccolato sul comignolo della loro casa; poi la
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femmina covava assorta fin quando dallo strillare di quattro o cinque becchi
spalancati si capiva che erano nati i piccoli.
Quell’anno ritardavano; il sole riprendeva a lungo, in quei giorni sembrava
non volesse tramontare mai, ma le cicogne ancora non si erano viste.
Quando arriveranno?- continuava a ripetere Nara, con il collo che le faceva
male a furia di guardare in alto.
Finalmente eccole danzare lievi intorno alla casa; poi la femmina distese le
lunghe zampe sul tetto e con un rapido frullo d’ali depositò dentro al nido
qualcosa che teneva stretto nel becco; lo fece dolcemente, con cautela.
La vecchia osservava attenta; le pareva, non le pareva… poi non ebbe più
dubbi.
Gino, Gino – chiamò eccitata – devi salire sul tetto! La cicogna ha portato…
Non riusciva a dirlo, tanto era assurdo.
Che cosa? – chiese lui spuntando da dietro un cespuglio.
Un bambino – rispose allora dubbiosa – come quella cartolina, ti ricordi?
Gino si pulì lentamente le mani sul grembiule.
Nara – disse esitante – sai bene che non è possibile.
Lo so. Eppure…
Eppure.
Il vecchio appoggiò la scala al tetto e si arrampicò a guardare.
La cicogna sembrava in attesa di lui; si scrollò appena e lasciò che si
avvicinasse; dal nido, senza alcun dubbio, provenivano gli strilli di un
neonato.
Gino allungò le mani tremando; non riusciva proprio a capire; aveva sentito
raccontare di gazze ladre che rubavano bambini; e sapeva che anche le volpi
qualche volta l’avevano fatto; ma le cicogne!
Il neonato, una volta preso in braccio, smise di strillare; aveva gli occhi
spalancati e sembrava guardarlo con una specie di sorriso; non aveva mai
visto un piccolino così meraviglioso; neppure i suoi figli erano così belli da
piccoli, o forse allora non aveva tanto tempo per guardarli.
Tenendolo stretto, lo portò giù per la scala traballante e lo mostrò a sua
moglie che lo fissava incantata.
Hai visto? – esclamò trionfante – Era vero!
Lo prese in braccio, lo vezzeggiò con smorfie e sorrisi, lo cullò canterellando
antiche filastrocche.
Che facciamo? – disse Gino, passato lo sbalordimento – sarà di qualcuno;
dovremo cercarlo.
Sì, sì, hai ragione; ma intanto bisogna pure che me ne occupi.
Lo portò dentro casa, lo lavò, lo rivestì con gli abitini che erano stati dei suoi
figli.
Ci vorrebbe un po’ di latte – disse al marito che un po’ preoccupato la
guardava muoversi qua e là per le stanze, tirare fuori dal baule fasce
dimenticate, asciugamani stinti e copertine di lana fatte a mano.
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Allungò il latte della mucca con una romaiolata di acqua, lo fece bollire poi lo
mise dentro una bottiglietta che aveva chiuso con un pezzetto di lino pulito; il
bambino chiuso tra le sue braccia, succhiava vigoroso, gli occhi spalancati a
guardarla.
Lo mise a dormire dentro una grande cesta del pane, resa soffice da due
cuscini di piume.
Andrò dal parroco – disse Gino – lui saprà certamente se è stato rapito un
bambino.
Sì, una buona idea; però ora dorme tranquillo, non lo vorrei svegliare –replicò
Nara – andremo domani.
Ma il giorno dopo c’era qualcosa di importante da fare nel campo.
E poi cosa cambia un giorno in più o uno in meno? – ripeteva lei.
I giorni passavano senza che quasi se ne accorgessero.
Chissà poi da dove viene – Nara rassicurava il marito – magari da lontano;
non sai che le cicogne passano dal mare?
Lo disse qual giornalista che sapeva tutto. Magari viene da quei paesi dove
ce ne sono così tanti di bambini, che uno in più o in meno nessuno se ne
accorge.
Per tutta l’estate la vecchia Nara si beò dei sorrisi del bambino, lo cullò, gli
cantò le stesse ninna-nanne che aveva cantato un tempo ai suoi figli, lo
ascoltò gorgheggiare a gara con i piccoli delle cicogne. La vita adesso non
era più un ricordo.
Non si accorse quasi che le ombre della sera si facevano via via più dense e
più lunghe.
Fra un poco sarà di nuovo inverno – disse Gino; aveva arato il campo e
bruciato le stoppie e adesso l’odore del fumo si mescolava a quello dei funghi
che occhieggiavano sotto le foglie dei castagni.
Nara era seduta sulla panca col bambino in collo, accanto al marito.
Allora – disse – le cicogne stanno per partire.
Infatti giravano in tondo sopra la casa come se volessero salutarli.
Dì ciao alle cicogne! - esclamò festante.
Ma quando lui alzò le piccole mani, sembrò scivolare via, teso verso le
cicogne; il suo corpo si fece bianco e soffice e si ricoprì di piume; Nara cercò
di trattenerlo, ma le sue braccia strinsero l’aria; volteggiava appena sopra di
lei; la chiamava con strida di gioia.
Allora Nara si drizzò in piedi, prese per mano il vecchio marito e sorrise; e a
un tratto volavano lievi tutti e tre insieme nell’aria brumosa, mentre il tetto
della loro casa svaniva lontano.