Robert von Bahr Barthold Kuijken Vittorio Ghielmi Dejan Lazic

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Robert von Bahr Barthold Kuijken Vittorio Ghielmi Dejan Lazic
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Horacio
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Barthold
Kuijken
quadrimestrale anno vii n.23 settembre 2011
PERIODICO DI INFORMAZIONE DISCOGRAFICA
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Sandro Ivo Bartoli, da buon toscano, è un
eccellente conversatore, estroverso e sicuro senza per questo risultare
spocchioso o altero. Uno specchio di questi contrassegni è possibile coglierlo
nei suoi dischi, veri e propri tours de force esecutivi distillati con passione e
presenza. Conosciuto più all’estero che in patria (un classico, diremmo…)
Sando Ivo Bartoli, forte di un’esperienza inglese ventennale, è stato allievo
del grande Shura Cherkassky: ha suonato in tutto il mondo e si è affermato
come uno dei più grandi interpreti di musica italiana del Novecento Storico.
Gli ultimi dischi targati Brilliant sono dedicati a Busoni (la monumentale
Fantasia contrappuntistica seguita dalle Sette Elegie; le Trascrizioni da Liszt) e a
Respighi (la splendida Toccata per pianoforte e orchestra, qui
ENNIO SPERANZA
incisa per la prima volta, e il Concerto misolidio).
DI
Sarn
Ba
IL PIANISTA ‘INGLESE’
La sua formazione musicale, e anche la sua vita, si è
divisa tra Italia e Inghilterra. Come le è accaduto di
finire dal Conservatorio di Firenze alla Royal Academy
of Music?
Diventammo amici all’istante, e per i successivi cinque anni
la frequentazione fu assidua. Per mesi e mesi si rifiutò d’ascoltarmi suonare. Diceva ch’io ero troppo istintivo e che non
avrebbe potuto insegnarmi nulla. Poi, un giorno, proclamò
che mi avrebbe data una lezione. Suonai la Ciaccona, e la lezione durò sei ore. Da lì in avanti, non ci furono più ‘lezioni’,
ma solo alternanze al suo pianoforte: suonava un’ora lui, poi
un’ora io… Ogni tanto, veniva fuori con trovate geniali. «La
tecnica – mi disse un giorno – è come i soldi: devi averli, ma
soprattutto devi sapere come spenderli». Ho imparato più da
quei pomeriggi che da tutta la mia avventura scolastica.
SANDRO IVO BARTOLI: Molto spesso le circostanze che dettano il
nostro futuro sono casuali. A Vecchiano, il paese vicino a Pisa
dove sono nato, incontrai un amico che era emigrato
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in Inghilterra negli anni Sessanta. Mi offrì un passaggio a Londra con la sua automobile sportiva (era una Mercedes
Pagoda), che io accettai di buon grado. In Inghilterra andavo a
studiare agli Yamaha Piano Studios, ad un tiro di schioppo da
Oxford Circus. Si presentò un agente, che mi offrì di fare diversi concerti quella stessa estate. Poi venne fuori un’inseIl ventaglio di composizioni che esegue, pur essendo
ampio, denota una preferenza o una speciale predilegnante russa che praticamente mi impose di iscrivermi alla
zione per la musica italiana del primo Novecento. Cosa
Royal Academy. Dovevo rimanere un paio di settimane, e invel’attrae maggiormente di quel repertorio?
ce il mio soggiorno durò tre mesi. Nel dicembre di quell’anno
vinsi il concorso d’ammissione alla Royal Academy. Tornai in BARTOLI: La freschezza inventiva! In Italia venivamo da duecento
Italia giusto per diplomarmi, poi feci le valigie…
anni di ‘dittatura’ operistica, e non c’era una vera e propria tradizione sinfonica. Dobbiamo a maestri quali Respighi, Malipiero,
In che modo nacque la collaborazione con Shura Casella e altri la rinascita di una attività strumentale. Il bello fu
Cherkassky?
che, mancando a questi compositori il fardello d’una tradizione
BARTOLI: Agli studi Yamaha lavorava un personaggio che pareva romantica, essi furono in grado d’esprimere le loro idee in modo
essere uscito da un libro di Kundera. Si chiamava Jiri libero e fantastico, senza dover pagare il dazio al passato. Nei casi
Koneckny, era un pianista mancato con una cultura musicale migliori, i risultati furono miracolosi: penso agli ultimi due connotevole e parlava fluentemente diverse lingue europee. certi di Respighi, ad A notte alta di Casella, ai concerti di
Solevo passare con lui lunghe ore ad ascoltare incisioni stori- Malipiero, ma anche ai Canti della stagione alta di Pizzetti.
che. Una domenica mattina, era il 13 ottobre 1991, mi chiamò
verso le 10: «devi venire immediatamente alla Royal Festival
La musica di Respighi, Casella, Busoni, Malipiero, Pizzetti
ha bisogno di una riscoperta o in molti casi si potrebbe
Hall: suona Shura Cherkassky». Non sapevo neanche chi fosparlare di ‘scoperta’ vera e propria, visto che per anni è
se, ed a nulla valsero le mie proteste di stanchezza. Alle 15.30
stata snobbata?
ero nel coro della Festival Hall. Cherkassky fece la sua entrata
e attaccò la Ciaccona di Bach-Busoni. Fu una rivelazione, uno BARTOLI: Sono ormai ben pochi coloro i quali conoscono non
di quei momenti che cambiano la vita. Entro la sesta battuta dico l’opera, ma anche solo il pensiero estetico di questi maeero in lacrime: davvero un pianoforte poteva suonare così? stri. Eppure, mi creda, i loro lavori sono validissimi e, sopratAvevo letto in un giornale che Cherkassky viveva in un appar- tutto, offrono possiblità espressive di prim’ordine. Anni fa ci
tamento al White House Hotel, appena sessanta metri dal mio fu una polemica innescata dal grande Aldo Ciccolini, che acalloggio in Albany Street. Mi feci coraggio, e gli scrissi una cusava la stampa italiana d’essere settaria proprio nei conlettera sincera. Tre mesi dopo, il mio telefono squillò: era lui. fronti della Generazione dell’Ottanta. Provai a metterci bocca
Ferruc
Buson
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Liszt –
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Sando I
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anche io, ma cosa vuole… Ero un giovinastro in giro per il
mondo e la mia opinione non interessava a nessuno. Oggi si
nota un rinnovo d’interesse in questo repertorio, con mia
grande soddisfazione.
ragionare con spirito critico, e la musica d’arte non ha un posto ben definito nella cultura sociale. È un grave peccato.
Pensi che quasi sempre, quando suono in Italia, mi sento ripetere dal mio pubblico che dovrei eseguire un repertorio ‘più
orecchiabile’. In Germania, in Francia, e perfino negli Stati
È una mia sensazione o in Inghilterra e in genere nel Uniti d’America ho avuto più comprensione che qui.
mondo anglosassone c’è più attenzione verso questi Comunque, basta dare un’occhiata alla mia discografia: ho innostri compositori?
ciso Malipiero e Casella per la ASV, i concerti di Malipiero per
BARTOLI: Inevitabilmente. In Italia vivamo in una ‘bolla’ cultu- la CPO, i concerti di Respighi e lavori solistici di Busoni per la
ralmente desolante. Il nostro pubblico non è più abituato a Brilliant Classics. Tutte etichette straniere.
artoli
ndroIvo
PIANOFORTE
a
Ferruccio
Busoni
FANTASIA
CONTRAPPUNTISTICA
SETTE ELEGIE
Brilliant Classics 94223 – 1 CD
3
Novità
Sando Ivo Bartoli
Brilliant Classics 94200 – 1 CD
Liszt – Busoni
TRASCRIZIONI
.grandi studi da
paganini
.rapsodia
ungherese
.mefisto valzer
.fantasia e fuga
Sando Ivo Bartoli
C’è chi definisce la revisione, la parafrasi o la trascrizione per diverso am-
volta, da Ferruccio Busoni, che nella sua opera sapiente, ne rivide il testo
bito strumentale ‘musica al quadrato’, dato che il testo originale è sotto-
alla luce di una ricerca sullo strumento, che interessò senz’altro il tessuto
posto alla elevazione che, nell’alterazione, spesso ne potenzia in qualche
musicale, ma anche la tecnica fino alla meccanica, e il ‘linguaggio’. Segue la
modo la struttura. Nella maggior parte dei casi le attenzioni che i trascrit-
grandiosa trascrizione pianistica di Busoni (1897) operata sulla gigantesca
tori rivolgono alla pagina originaria, animate dalle migliori intenzioni, sono
Fantasia e fuga «Ad nos ad salutarem undam» (1850) su un tema tratto
accattivanti, e giungono, nei casi più fortunati, a rivelarne persino aspetti
dal Profeta di Meyerbeer, che Liszt compose per organo. Completano il Cd la
sottaciuti. Nel passato quest’attività ebbe indiscutibili riflessi promozio-
Rapsodia ungherese n. 19 e il Mefisto valzer n. 1 «La danza nella locanda
nali. Musica al quadrato; ma nel caso di questo brillante ricco Cd pianistico
del villaggio» trascritto dalle composizioni orchestrali per il Faust di
di ottimo suono, sembra legittimo parlare di musica al cubo, quando i sei
Nikolaus Lenau. Sandro Ivo Bartoli integra con una tastiera eloquente e di
spartiti di mano di Franz Liszt (Études d’exécution transcendante d’après
colori smaltati l’arte dei suoi due grandi mentori.
Paganini, 1838, dedicati all’ingrata Clara Schumann) originati, giusto il titolo, dai Capricci per violino solo di Paganini, sono stati affrontati, a loro
Umberto Padroni
Suono, luglio 2010
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Qual è il brano più difficile tecnicamente ed emotivamente che si è trovato ad affrontare? Ho il sospetto
che sia la Fantasia contrappuntistica di Busoni, ma vorrei che in tal senso mi dicesse qualcosa.
l’impetuoso allegro vivo che chiude il pezzo. È musica immediata, pervasa da quella cantabilità tutta italiana che Respighi
immortalò con nitido chiarore, e scritta con mano sicura ed
esperta. Suonarla è molto divertente, ma mi chiedo quanti raBARTOLI: La Fantasia contrappuntistica è come la Torre di Pisa: gazzini dei conservatori italiani la conoscano…
tutti la conoscono, ma è un po’ troppo fuori mano per il turista
frettoloso che preferisce recarsi a Roma, a Firenze o a Venezia,
Se dovesse scegliere tra la musica italiana del primo
Novecento una composizione pianistica imprescindibile,
così come noi pianisti preferiamo spesso dedicare il mostruoquale indicherebbe? E perché?
so sforzo interpretativo ch’essa richiede ad opere di maggior
presa sul pubblico. Tecnicamente, la Fantasia presenta tutta la BARTOLI: Salvo l’eccezione della Fantasia contrappuntistica, che
gamma di diavolerie che un virtuoso come Busoni poteva sfo- non può definirsi musica italiana se non per il passaporto del
derare. Ma la difficoltà maggiore, secondo me, giace nel signi- suo autore, la scelta è difficile assai. Mi vengono in mente tre
ficato recondito di questa musica visionaria, nell’impasto di cose. Per il pianista virtuoso, a caccia di un pezzo strappa apsonorità esoteriche che Busoni drappeggia attorno all’idea plausi e di sicuro effetto, la Toccata op. 6 di Alfredo Casella mi
originale di Bach. La Fantasia è un viaggio sempre diverso, la si pare proprio la scelta giusta. Figurazioni brillanti, alla
può interpretare in modo ascetico, in modo romantico, con at- Scarlatti, e armonie ardite ne fanno un brano entusiasmante e
teggiamento anche distaccato: e funziona sempre! Ho una par- parecchio idiomatico. La notte dei morti di Malipiero è un poeticolare attrazione per musiche complesse, e le difficoltà ese- ma tragico dalle tinte sgargianti filtrate dal nero, una meravicutive ch’esse si tirano dietro. Tra queste la Fantasia contrap- glia sonora molto rappresentativa del suo autore, mentre la
puntistica occupa senza dubbio il pinnacolo più alto.
Sonata 1942 di Pizzetti è forse l’espressione più nobile di una
cantabilità poetica resa possibile solo dall’assenza di una traCi parla del suo rapporto con lo scrittore Antonio dizione romantica, come dicevo prima.
Tabucchi con il quale ha collaborato? Com’è nato questo
sodalizio?
Anche Antonio Tabucchi è nato a Vecchiano, ed io sono
stato compagno di scuola di suo figlio Michele, oggi affermato
fotografo. Anni fa, dopo un mio concerto, Antonio mi propose
di accompagnarlo a Parigi, al Centre Georges Pompidou, e
suonare musiche italiane a seguito d’una sua conferenza. Mi
limitai a Casella e Malipiero, che piacquero tanto. Più tardi,
curai per lui la parte musicale d’un progetto bellissimo: l’adattamento teatrale de Il Libro dell’Inquietudine di Fernando
Pessoa al Festival d’Avignon. Fu un’esperienza straordinaria.
BARTOLI:
In uno dei suoi ultimi dischi usciti troviamo appunto il Concerto Misolidio e la Toccata per pianoforte e orchestra di Respighi, da lei eseguita in prima
esecuzione moderna nel 1995. Quali sono i caratteri salienti di quest’ultimo brano e come lo considera nell’ambito della produzione respighiana?
4
È una composizione alla quale sono molto legato: con
la Toccata debuttai alla BBC, poi in America, e negli anni ho
avuto modo di frequentare questa musica diverse volte. La
Toccata è un capolavoro, un concerto per pianoforte e orchestra in tutto fuorché il titolo. È l’ultimo lavoro che Respighi
scrisse per pianoforte e orchestra, e probabilmente il migliore. Due movimenti lenti, solenni nell’impianto contrappuntistico e arcaicizzanti nello spirito melodico, si risolvono nel-
BARTOLI:
Lei è anche un appassionato ricercatore: ci sono compositori italiani sconosciuti o poco valutati che meriterebbero un progetto discografico?
BARTOLI: Ce ne sono di sicuro! Io sono convinto che nelle nostre biblioteche giacciano capolavori del passato che dovrebbero essere risuscitati. Ma non c’è bisogno d’andare a scartabellare fra i manoscritti del Seicento: basta fermarsi al secolo
scorso. Mi viene in mente Vittorio Rieti, un compositore abile, che fece uso d’un idioma neoclassico seducente e raffinato.
Emigrato negli Stati Uniti, è mancato nel 1994, alla veneranda
età di 97 anni. E oggi non lo ricorda più nessuno.
Ultima e inevitabile domanda: progetti futuri…
Prima della fine dell’anno ho in programma il primo
volume dell’integrale pianistica di? ajkovskij che inciderò per
la Brilliant Classics, e che vorrei fare nel Teatro dei Differenti
di Barga. Da quando sono tornato in Italia mi sono appassionato ai piccoli teatri storici, un patrimonio architettonico unico al mondo che noi non valorizziamo abbastanza, e quando
posso cerco di riportare la grande musica in questi luoghi incantati. Recentemente, assieme ad un gruppo di amici e colleghi, ho fondato la Accademia d’ Concerti, un’associazione tesa
a promuovere l’eccellenza nella musica classica sfruttando appieno le possibilità offerte dai piccoli teatri storici. Dedicherò
al lavoro dell’Accademia tutta l’estate, poi riprenderò i miei giri concertistici. In autunno andrò in Germania con il Secondo
concerto di Rachmaninov, che eseguirò a Dresda con il mio
amico Michele Carulli e l’Orchestra di Stato della Sassonia, ed
il concerto Malédiction di Liszt, che invece eseguirò, tra l’altro,
a Bad Elster, su un pianoforte appartenuto a Josef Hoffman.
Poi, l’anno venturo, ci saranno altre novità discografiche, alcune davvero rare. Ma queste le racconterò la prossima volta. ●
BARTOLI:
SandroIvoBart
PIANOFORTE
Ottorino
Respighi
MUSICA PER
PIANOFORTE E
ORCHESTRA
.concerto in
modo misolidio
.toccata
Sandro Ivo Bartoli
Staatsorchester der
Sächsische
Landesbühnen
Michele Carulli
Brilliant Classics 94055 – 1 CD
Novità
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EDITORE: Jupiter Distribuzione srlwReg. Tribunale di Verbania n. 337 del
25.11.2003
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RIVISTA DI CULTURA MUSICALE E DISCOGRAFICA
DIRETTORE RESPONSABILE: Giovanni Sgaria
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SEGRETERIA DI REDAZIONE: Francesca Sartore e Mauro Pelletti
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PROGETTO GRAFICO: Mirco Milani – [email protected]
STAMPA: Press Grafica srl – Gravellona Toce (VB)
FalzaV
periodico di informazione discografica
quadrimestrale anno vii n.23 settembre 2011
23.11
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Nome ingannatore, Suonar parlante. Quella di
Ghielmi sa essere anche una lingua rapinosa, irresistibile implorazione,
veemente perorazione, furente sfida verbale. Il Cd Bellezza barbarica pare
posseduto da un demone vampiresco. Merito pure della flautista Dorothee
Oberlinger, eccitante e spiritata: un continuo balzare innanzi della frase.
«Grande energia d’attacco alla corda. La ricerca di una vera dolcezza
nascosta nella forza»: le parole che descrivevano il suono di
ENRICO RAGGI
Marais, in questa recente incisione ricevono nuova luce.
DI
LE NUOVE STRADE DELLA VIOLA DA GAMBA
Cos’è quella «bellezza barbarica» di cui parla Telemann
nella sua autobiografia?
V
va, padre proveniente dalla Transilvania. È cresciuto suonando con musicisti gitani e artisti di strada, è un jazzista abilisVITTORIO GHIELMI: È il suggerimento di nuove strade, un’evoca- simo. Conosce la musica di tutta Europa. È la sintesi vivente
zione di mondi lontani e sconosciuti. È lo stupore di trovarsi di svariate culture. Oggi vive in Boemia.
di fronte all’ignoto, uno schiudersi d’inediti territori sonori,
di audaci possibilità. Insoliti panorami dell’anima. La musica
Avete lasciato spazio all’improvvisazione?
tradizionale polacca e quella della regione morava di Haná,
che Telemann poté ascoltare intorno al 1704, durante un sog- GHIELMI: Le fioriture sono l’Abc
giorno in Slesia, gli procurarono un benefico shock. Se cre- della musica antica. Il testo è
diamo alle sue parole, quell’ascolto gli regalò ispirazione e un appunto stenografico che va
una valanga d’idee musicali, suggerimenti destinati a restargli adeguatamente realizzato. Ho
nella memoria per il resto della vita.
improvvisato le cadenze del
Concerto di Graun, e alcuni
Il confine tra Oriente e Occidente attraversa anche le Preludi e Postludi.
6
i
terre di Polonia?
Una sorta di possessione artistica abita tutta
la musica delle terre di confine. Sono brani percorsi dallo
spirito del duende, pieni di eccitazione, fascino, spaesamento.
Musica da finis terrae. È un Oriente da intendersi in senso spirituale: un’alterità, una diversità di modi e di pensiero, prima
che una specifica differenza sonora. Oriente era ciò che mi
stava accanto, rivolto a Est. Non un concetto geografico, ma
un sentimento dell’anima. È indicativo che Telemann, artista
navigato ed esperto uomo di mondo, avverta questo particolare tipo di bellezza.
GHIELMI:
La sonorità è molto presente e luminosa.
Abbiamo usato un diapason piuttosto alto, particolari
accorgimenti organologici che
riguardano tensione delle corde, posizione del ponte e dell’anima e altre interessanti soluzioni tecniche. Il suono risultante può essere pieno e graffiante, oppure dolce e vellutato,
In cosa consiste questo speciale stile?
secondo le intenzioni. Ciò perGHIELMI: Il Concerto per flauto dolce, viola da gamba e archi di mette una grande sfaccettatura espressiva. Il violino ritorna a
Telemann che apre il Cd ne è un esempio sublime. La metafo- essere uno strumento propulsivo, destinato alla danza e al
ra usata dall’autore è quella d’un vestito di taglio italo-france- movimento.
se, ma di stoffa boemo-polacca. Un’irriducibile commistione
Perché ci sono così pochi concerti per viola da gamba?
fra mondo ‘alto’ e ‘basso’. Potremmo utilmente parlare di
slancio, eccitazione, impeto, dolce energia, vivezza di colori, GHIELMI: A causa di imprevedibili incastri cronologici. La viola
articolazioni nette, audacie coloristiche. Un’enorme varietà da gamba appare legata all’Ancien Régime francese e lì la ford’invenzioni.
ma Concerto è arrivata troppo tardi. In Italia il Concerto è invece arrivato troppo presto. A Berlino è stata composta una
Colpiscono piglio, freschezza, tuffi nei turbini richiesti mole impressionante di lavori. Molti di questi concerti berdagli spartiti. Con questo ‘coraggio’, l’intonazione e la linesi presentano passaggi Sturm und Drang. L’orchestra del
gestione dell’insieme sono più difficili da governare?
tempo era formidabile. C’erano virtuosi della taglia di Carl
GHIELMI: Sono richieste doti di spericolato virtuosismo non so- Philipp Emmanuel Bach e di Quantz; il boemo Franz Benda
lo al solista, ma a ogni componente del gruppo. Si tratta d’una era primo violino, e si alternava a Johan Gottlieb Graun; il
tensione assolutamente positiva, che credo possa raggiungere gambista tedesco Ludwig Christian Hesse, al servizio di
Federico II di Prussia dal 1741, fu uno dei più grandi gambisti
anche gli ascoltatori.
mai esistiti. La combinazione di tutti questi fattori ha fatto
Particolarmente intrigante la sonorità del cymbalon.
scoppiare la scintilla. Sono nate così le composizioni più difGHIELMI: Marcel Comendant è una figura unica. Madre molda- ficili del repertorio.
www.vitt
GHIELMI:
Marin
Jacqu
LA FORC
DOUCEU
Vittorio
Luca Pia
BELLEZ
BARBA
CONCER
VIRTUOS
PERIODO
PER VIO
GAMBA E
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.vivald
Vittorio
Il Suona
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a studiare Graun ho dovuto
iniziare da capo, inventandomi una tecnica che non conoscevo. Mi sembrava quasi mi
mancasse un dito.
E Tartini?
È sempre unico. Il suo
personale linguaggio passa dalla meditazione assorta al fuoco
virtuosistico. Compositore
VIOLA DA GAMBA
naïf, puro, quasi ingenuo,
sempre alla ricerca di intervalli perfetti evocanti il terzo
suono. Fa un uso esasperato
dell’ornamentazione e dei trilli, rapidissimi, come nel violinismo di metà Novecento. Il
Si è sgretolata l’immagine di una viola da gamba medi- tempo lento di mezzo del suo Concerto in La maggiore è un retabonda e introspettiva?
citativo incredibile, con una melodia ornata all’inverosimile.
GHIELMI: È un’immagine riduttiva, un po’ datata, che potremmo Un canto di muezzin. Una nota sola, e intorno una pioggia di
etichettare come new age. In realtà il repertorio per viola da asteroidi. Tartini è la nostra porta sull’Oriente, come la Venezia
gamba è sconfinato, perfino maggiore di quello per pianofor- dell’epoca. Berlino era il punto di contatto con i popoli slavi, era
te, come ha scritto uno studioso americano. I brani di Graun il confine orientale, sempre piena di violinisti boemi, la mipresentano difficoltà estreme. È musica inquietante. Una ma- gliore scuola d’archi d’Europa. E poi Telemann, il grande viagniera inedita di considerare lo strumento. Quanto ho iniziato giatore, il Marco Polo della musica.
●
GHIELMI:
V
ittorio
Ghielmi
7
www.vittorioghielmi.com
Passacaille PAS 957 – 1 CD
Marin Marais –
Jacques Gallot
LA FORCE E LA
DOUCEUR
Vittorio Ghielmi
Luca Pianca
La Force et la Douceur titola questo bellissimo disco dedicato al composi-
ci si mette all’ascolto. E l’effetto è notevole. Oltre all’impressionante pe-
tore Marin Marais, sommo maestro di viola da gamba. Sembrano elementi in
rizia tecnica del musicista milanese, accompagnato con altrettanta soli-
antitesi la forza e la dolcezza. Non lo sono. Piuttosto, sono da leggere
dità e condivisione d’intenti espressivi dal liutista Luca Pianca (interprete
come «un ossimoro fortemente barocco», suggeriscono le acute note del
raffinato di pagine di Jacques Gallot: nicchia prelibata del Cd), ciò che
booklet redatte dal violista Vittorio Ghielmi, ardito interprete del Cd.
emerge è un mondo altro. Una retorica assai poco condiscendente ai più
Come dire una «dolcissima violenza» o una «robustissima tenerezza»,
facili gusti d’oggi in materia d’antico, e una ‘durezza’ la cui forza poetica
continua il preparato musicista ricordando come i dipinti, il teatro e la
giunge lancinante, acuminata, ferma. In brani sublimi come il celebre
poesia del tempo siano pregni di quell’ossimoro. Bene, eccellente approc-
Tombeau po’ Mr. de S.te Colombe (vero maestro d’iniziazione di Marais), ma
cio, peraltro supportato da un'interessante serie di osservazioni tecniche
anche nei pezzi di carattere: mai sentiti così mordenti.
dedotte da un noto pamphlet di Hubert Le Blanc che a oggi è la più importante testimonianza dell’epoca sullo stile esecutivo di Marais. Incuriositi
BELLEZZA
BARBARICA
CONCERTI
VIRTUOSISTICI DEL
PERIODO BAROCCO
PER VIOLA DA
GAMBA E ORCHESTRA
.telemann, graun
.vivaldi, tartini
Vittorio Ghielmi
Il Suonar Parlante
Passacaille PAS 972 – 1 CD
Novità
Nicoletta Sguben
Amadeus, novembre 2009
Falstaff 23 2011_7
21-09-2011
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Enciclopedica memoria storica del tango,
‘filosofo’ errante tra Montevideo e Buenos Aires, poeta-ciclista urbano che
pedala avvolto nel mantello della notte, storico e orientalista, innamorato di
architettura e della moglie pittrice Lulù, concorrente ai Grammy 1997 e al
Nobel per la Letteratura del 2004, fondatore e presidente di club e
accademie, facitore di spettacoli teatrali e dischi: l’uruguagio Horacio Ferrer
nella vita non si è fatto mancare nulla e molto promette ancora per gli anni a
venire. Lo abbiamo incontrato qualche ora prima di un’esibizione torinese
che lo ha visto chiudere un giro d’Italia concertistico in compagnia
dell’Absolute Tango Quartet, ensemble di solisti dell’Orquesta Típica Alfredo
Marcucci. Personaggio dal fascino dirompente, in strada e sulla scena si
rimane colpiti dal suo portamento signorile, quasi dannunziano. Giacche e
camicie dal taglio impeccabile e il fiore all’occhiello a illuminarne la figura
sono proposti però in versione ironica, sdrammatizzati dal
PIERCARLO POGGIO
calore umano che Ferrer emana all’istante.
DI
TANGO MATTO
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Quando nasce il suo legame con l’Italia?
Sono stato in Italia una prima volta
con il maestro Piazzolla a Roma, negli anni Settanta, per presentare il repertorio che avevamo composto insieme; in seguito a Napoli, ove tenni anche la conferenza Tango. Arte y misterio, mi invitò per uno spettacolo l’amico e grande ballerino
Miguel Angel Zotto. Più recente è il passaggio a Torino, al
Piccolo Regio, con il recital El poeta y la música del 2007. Sono
stato inoltre ricevuto in varie città, da Genova a Monfalcone,
in occasione di festival dedicati alla poesia. In realtà la mia
passione per l’Italia è di lunga data e risale ai miei studi giovanili di architettura. E poi mio padre, uno storico, custodiva
nella sua biblioteca innumerevoli testi relativi alle vicende
italiane, per me di grande interesse. In questo momento mi
ritengo fortunato di poter presentare al pubblico italiano in
un sol colpo un dvd, il libro Loca ella y loco yo e il disco Tango y
Gotan. Come si usa dire dalle mie parti, «sono felice come un
cane con due code!».
HORACIO FERRER:
La forma in cui si esprime in scena è particolare, un insieme di canto e recitativo…
FERRER: Io non faccio distinzione tra il testo di una poesia e
quello di una canzone, nella mia esperienza nascono sovente
dalla stessa materia. Ho sempre cercato una simbiosi tra parola e musica, muovendomi in una via di mezzo tra il canto e la
recitazione. La prima volta mi è capitato con Piazzolla, ma è
stata mia madre a insegnarmi a declamare, è stato un processo naturale. Tanto ho appreso anche da Aníbal Troilo, un musicista che recitava molto bene, figura fondamentale del tango, maestro, amico e mentore che disponeva di una voce tenorile notevole: sapeva sia cantare sia recitare in modo particolare. Parimenti ho ascoltato e mi sono immerso nelle opere
Foto: ©Alberto
Ramella
dei poeti cittadini, gli ‘uomini della notte’ che
si esprimevano in lunfardo, che io ho sempre
considerato non un idioma o un gergo, quanto
piuttosto un’‘attitudine’ di quella particolare
umanità che popola le notti di certi barrios di
Buenos Aires. Tra i poeti della mia gioventù apprezzavo in particolare Amleto Bergiati, un
poeta nato a Parma nel 1910, dotato di una voce
portentosa. Questo è l’humus in cui mi sono
formato come poeta e declamatore. Per contro
non ho mai pensato di diventare un cantante
nel senso pieno del termine, anche se mi piace
decorare di cantato il testo. E poi, credo di disporre di un buon orecchio, visto che ho lavorato con i migliori musicisti! In fin dei conti il
recitato e il canto sono parenti stretti, basti
pensare a quanto viene richiesto ai cantanti lirici. Nella mia opera María de Buenos Aires le
parti sono continuamente alternate, e una stessa canzone può presentarsi metà recitata e metà
cantata.
o
H
Horaci
POETA D
Alfredo
Orquest
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Da dove le deriva l’ispirazione?
Sono nato e cresciuto nella poesia, ne sono stato letteralmente imbevuto, ho vissuto in mezzo a poeti e musicisti.
Così ho capito che la dimensione poetica è illusione, sogno,
entusiasmo, ma nasce dalla vita concreta e quotidiana, la materia di partenza è la medesima, al di là delle metafore che ne
possono derivare. La poesia, e la musica, le ritroviamo nell’aria che ci circonda, non si originano dal foglio o dal pentagramma. Entrambe sono legate a un particolare momento,
escono dallo spirito in modo arbitrario, insperato, sorprendente, senza una reale predeterminazione e, nella stessa e
inaspettata maniera, possono raggiungere il pubblico. Ne è un
esempio María de Buenos Aires che pur avendo un libretto esoterico e misterioso è divenuta una tra le opere argentine di
maggior successo, non solo in patria: è incredibile! Quel che è
certo è che non potrei vivere senza la poesia e nemmeno privo
di quelle tematiche che ruotano attorno al mondo del tango: la
donna, la notte, la nostalgia della gioventù oppure della terra
perduta, dell’esilio. La ragione per cui mi appassiona scrivere
per i musicisti è che la canzone ha un effetto immediato, quasi
istantaneo sulla gente, permette di arrivare al loro cuore rapidamente. Un libro di poesie invece impiega molto tempo a essere apprezzato: occorre pubblicarlo, farlo conoscere, venderlo…, è un processo lungo.
FERRER:
scriminante per me è il talento: il tango può essere jazz,
sinfonico, elettronico o quant’altro, non è un problema di stile, la differenza la fa la bravura del musicista implicato. Sono
invece perplesso verso chi, come Juan Carlos Caceres, va a ricercare la ‘negritudine’ del tango, le sue supposte radici africane, secondo una prospettiva che semmai può valere per la
milonga. A me pare una forzatura più teorica che reale, perché
il tango ha origini urbane specifiche, è una creazione originale in assoluto, e come il valzer non deve niente a nessuno.
Qual è lo stato di salute del tango?
Il tango è stato dichiarato patrimonio mondiale dell’umanità, il che è importante, ma io amo definirlo «un entusiasta moribondo», perché quando la sua fine pare vicina
sorprende tutti e rinasce a nuova vita. Il vero problema è la
colonizzazione americana che negli anni ha cambiato completamente lo scenario della musica mondiale, relegando all’angolo la musica latina, sia essa italiana, francese, cubana o
brasiliana. In Argentina la televisione e la radio sono occupate dal rock e dal pop che saturano ogni spazio e regnano sovrani. Non me la prendo con il genere, ma con il fatto che la
musica anglosassone in Sud America si risolve a essere
esclusivamente commerciale, banale, priva di ispirazione.
Persino i partiti politici utilizzano il rock quale veicolo per
avvicinare i giovani. Nonostante ciò posso affermare che la
Che giudizio dà degli artisti che oggi tendono a proporre riserva del tango è immensa e la gente, pur nel silenzio dei
una differente immagine del tango?
mezzi di informazione, continua con passione a mantenerlo
FERRER: Sono il presidente dell’Accademia Nazionale del vivo. Qualche mese fa le istituzioni di Buenos Aires hanno
Tango, ma ciò non mi impedisce di acorganizzato un festival che ha visto quarantacettarlo sotto ogni forma. L’unica dimila persone ballare il tango nell’Avenida de
Mayo. Uno spettacolo straordinario che non
ha avuto eco sui giornali, neppure una riga di
cronaca. Stampa, radio e tv, semplicemente,
non ci considerano. Quando nel 1997 insieme con Gidon Kremer siamo stati in
9
corsa per il Grammy, nella sezione
‘opera’, con María de Buenos Aires, nessuno ne
ha fatto cenno. Figuriamoci cosa avviene con i
giovani autori di oggi, impossibilitati a divulgare le loro opere a causa dell’invadenza statunitense. Il tango non ha un problema di sopravvivenza: in tutta Europa sono in aumento
le scuole e i luoghi deputati alla sua conoscenza, sono i nostri media e governi a non
rendersene conto. Questa mancanza di apprezzamento per quell’enorme patrimonio di
cultura e umanità che è il tango mi procura
delusione, tristezza e rabbia, cui si unisce
l’impotenza di non poter cambiare in fretta la
situazione. Siamo come i cristiani nelle catacombe, ma l’arte e l’invenzione non sono destinate a perire e continueranno a rappresentare una speranza per molti.
●
FERRER:
oracio
H
Ferrer
www.sam-produzioni.it
Horacio Ferrer
POETA DEL TANGO
Alfredo Marcucci
Orquesta Típica
SAM 001 – 1 DVD
Novità
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L’intervista che segue è stata realizzata il 23 febbraio 2004 a
Torino alla fine delle prove del concerto che Barthold Kuijken ha poi diretto
al Conservatorio di Torino con l’Academia Montis Regalis eseguendo il
Concerto in re maggiore KV 314 e l’Andante in do maggiore KV 315 di
Mozart. A distanza di sette anni questa conversazione mantiene intatto tutto
il suo valore e la riportiamo nella sua versione originale, senza
UGO PIOVANO
modifiche o correzioni al bellissimo italiano del maestro.
DI
SUONARE PER DILETTO
Maestro lei fa parte di una famiglia di musicisti celebri.
Come si è avvicinato al flauto?
Uno per uno. Ha cominciato Wieland che è il
più anziano dei tre [31 agosto 1938, ndr]. Fra i musicisti ci sono ancora altri tre fratelli. Wieland ha cominciato, poi
Sigiswald [16 febbraio 1944 mentre Barthold è nato l’8 marzo
1949, ndr] e a un certo punto anche io da piccolo e abbiamo
fatto tanta musica da camera, come si dice in tedesco
Hausmusik, che nel nord Europa è ancora molto diffusa.
Abbiamo cominciato che io suonavo ancora il flauto diritto,
suonando tutto quello che si trovava… E poi uno dopo l’altro,
abbiamo capito che si poteva fare qualcosa di buono insieme.
BARTHOLD KUIJKEN:
studiato musica contemporanea… E ne ho poi fatta tanta fino
agli anni Settanta. Ad esempio Le marteau sains maitre di
Boulez. Anche oggi non l’ho completamente abbandonato…
Abbiamo inciso Debussy qualche anno fa: la sonata per flauto,
viola e arpa e Syrinx [CD Arcana A 303, inciso nel 1999, ndr].
Questi sono pezzi che suono con grande piacere. Li ho suonati
con un flauto Bonneville d’inizio Novecento. Per me è evidente che non li avrei mai fatti con un flauto Brannen, con tutto il
rispetto per il flauto Brannen, ma è un’altra cosa. Ho trovato
un bel flauto Bonneville che a me piace molto ed è perfetto
per quelle musiche… [sorride]
E con Bruggen cosa ha studiato all’Aya?
Però la vostra non era una famiglia di musicisti.
Wieland ha cominciato subito con la viola da gamba?
No. Siamo stati noi, i figli, i primi. Wieland ha cominciato col pianoforte poi verso i sedici
10
anni è passato al violoncello. Allo stesso tempo a casa abbiamo fatto tanta musica antica soprattutto rinascimentale, così, senza energia filosofica o filologica, solo perché ci
piaceva. Poi più tardi Wieland ha trovato una bella viola da
gamba da un antiquario e l’ha potuta comprare. Così ha cominciato a studiarla tutto solo. All’epoca, la seconda metà degli anni Cinquanta, non c’era nessuno che insegnasse la viola
da gamba in Belgio. Poi ha cominciato a suonare a Bruxelles
con un gruppo specializzato nella musica antica, con il clavicembalo [l’Alarius Ensemble, a partire dal 1959, ndr].
Poi è arrivato Sigiswald, che era anche lui interessato alla musica antica, con la viola da gamba anche se aveva sempre suonato il violino fin da piccolo. Entrambi avevano studiato al
Conservatorio di Bruges e Bruxelles: Wieland il violoncello e
Sigiswald il violino. Sigiswald si è documentato sul violino barocco leggendo i trattati. Ha visto che c’erano tante cose diverse nello strumento e nel modo di tenerlo. Lui ha avuto il coraggio di andare a fondo nei problemi collegati e ci si è dedicato.
Il flauto diritto e non il flauto traverso. Ho trovato il
primo flauto traverso ad una chiave quando avevo 18 anni.
KUIJKEN:
KUIJKEN:
Il famoso Rottenburgh. è vero che lo ha trovato in un
mercatino?
Barthold
u
No. Questa è un’altra storia. Il primo flauto lo ho avuto
da un medico che me lo ha quasi regalato. Non era un buono
strumento ma all’epoca non lo sapevo… Poco dopo però un
amico mi ha trovato un bellissimo strumento, il Rottenburgh,
praticamente nel mercato delle pulci di Brussels e me lo ha
venduto a buon prezzo. E così ho cominciato da solo a studiare. Un po’ come per Wieland e per Sigiswald, non c’erano professori per studiare questi strumenti antichi e allora ho dovuto fare da solo, non c’era altra possibilità. Ho studiato a fondo
tutti i trattati, l’iconografia.
KUIJKEN:
K
Del resto Frans Vester era un grande esperto di musica
antica…
KUIJKEN: Sì, lui era un grandissimo esperto, ma io avevo già cominciato prima di andare da lui. Mi ricordo che ho letto per la
prima volta il trattato di Quantz quando avevo 14 anni…
Quindi era proprio nel suo D.N.A. di fare musica antica…
E lei come si è avvicinato alla musica antica?
Il mio cammino è stato in un certo senso guidato da
loro. Ho cominciato da piccolo con il flauto diritto. E poi al
Conservatorio di Bruges, dove noi stavamo, è chiaro il flauto
diritto non era insegnato e allora ho fatto il flauto ‘normale’,
quello traverso e ho sempre studiato quello. Poi sono andato
al Conservatorio a Brussels e infine ho fatto un anno al
Conservatorio Reale dell’Aya con Frans Vester.
KUIJKEN:
Sempre col flauto moderno. Ma suona ancora il flauto
moderno o lo ha abbandonato?
Sì, però allo stesso tempo ho trovato che anche il flauto il moderno è un bellissimo strumento. Flauto antico e flauto moderno sono due strumenti diversi e ognuno ha il suo lavoro: è come per un artigiano che deve usare un martello e lo
sceglie in base al tipo di lavoro, non può impiegare sempre lo
stesso martello…
L’ARTE D
BARTHO
Quindi, in pratica, lei è stato un autodidatta per la musica antica…
Anton
KUIJKEN:
Sì. Per me il cammino è stato più lungo però più interessante, perché fai tutti gli sbagli ma li fai per te stesso. [ride]
KUIJKEN: Sempre col flauto moderno e per la maggior parte ho Però alla fine io e miei fratelli abbiamo avuto dei risultati molto
KUIJKEN:
CONCER
TRAVERS
Barthol
La Peti
Sigiswa
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buoni. E la cosa bella è che ogni fratello ha fatto uno strumento
diverso così ognuno ha avuto il suo campo di studio e insieme ci
siamo completati a vicenda. Certo ognuno ha la sua personalità
ma abbiamo trovato anche che avevamo molte cose in comune e
abbiamo potuto fare un gran cammino insieme.
A proposito del repertorio, lei come affronta una partitura?
to quel pezzo, a quello che ha pensato e a quello che non ha
mai pensato. Occorre un grande lavoro di documentazione. Io
lo vedo proprio come un dovere che ho nei confronti del compositore, il miglior modo per rispettare il suo lavoro!
Ovviamente a questo punto sceglie anche lo strumento
in funzione del brano.
KUIJKEN: La affronto con occhi aperti e con domande… Sempre KUIJKEN: Chiaro. Scelgo lo strumento il più possibile vicino alcome se la vedessi per la prima volta e mi chiedo sempre che l’epoca e al luogo della composizione. Ovviamente non è semcosa il compositore ha voluto dire con quel brano, cosa ha pre possibile farlo sempre esattamente ma comunque il più
sentito al suo interno quando lo ha scritto.
possibile. Bisogna anche essere pratici. Quando fai un concerto fra Hotteterre e Carl Philipp Emanuel Bach ovviamente
Quindi si documenta al riguardo…
devi fare dei compromessi oppure hai bisogno di troppi struKUIJKEN: È chiaro. È assolutamente necessario documentarsi menti diversi. Questo vale soprattutto per il clavicembalo…
sul brano. Bisogna partire dai manoscritti originali e dalle
prime edizioni. Per me è impossibile studiare un pezzo con
Col flauto è più semplice…
una revisione moderna, anche se fatta dal più grande flautista KUIJKEN: Vero. Ad esempio quando faccio un concerto per flaudel mondo. Con tutto il rispetto per tutti ma a me non importa to solo, e ne ho fatti tanti, posso usare tranquillamente cinque
tanto quello che qualcun altro ha pensato ma di più quello che o sei strumenti diversi. In questo caso allora è possibile usare
il compositore ha pensato.
il flauto giusto per ogni pezzo senza problemi. Però non è una
questione di quantità di strumenti… Per me è importante far
Quindi bisogna andare al testo originale, alla fonte…
capire che il pezzo si rende meglio se si utilizza lo strumento
KUIJKEN: Al testo originale, alla fonte ma anche a tutto quello più appropriato.
che è intorno, alle abitudini del compositore, a come ha scrit-
In un’intervista a Falaut Patrick Gallois ha dichiarato
che quando ha provato ad usare in concerto il flauto
traversiere e quello moderno non notava la differenza.
Veniva sempre la stessa cosa e quindi lo strumento non
conta. Cosa ne pensa?
KUIJKEN: Peccato per lui direi, se pensa che venga fuori la stessa
cosa. Io non lo credo assolutamente. Ogni strumento ha un suo
carattere, una sua voce che io non vorrei proprio dimenticare.
Foto: ©Gooik
Dany Neirynck
Quindi ha una bella collezione di flauti…
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Ne ho qualcuno, ma non sono un collezionista. Per me uno strumento deve servire per essere suonato e
non per essere messo nell’armadio…
KUIJKEN:
ld
uijken
A conclusione di questa conversazione, quale consiglio
si sentirebbe di dare a un giovane che vuole avvicinarsi
alla musica antica?
K
TRAVERSIERE
KUIJKEN: Di fare sempre la musica che ama. Non farne solo un
lavoro, direi… Se si è fortunati può diventarlo ma deve restare sempre una cosa che piace. Da fare con amore, come un
‘dilettante, inteso nel senso buono della parola. Suonare per
diletto, per il piacere di farlo…
●
Accent ACC 24203 – 1 CD
L’ARTE DI
BARTHOLD KUIJKEN
Antonio Vivaldi
CONCERTI PER
TRAVERSIERE
Barthold Kuijlen
La Petite Bande
Sigiswald Kuijken
Accent ACC 24241 – 1 SACD
Novità
Falaut, ottobre-dicembre 2010_Per gentile concessione
Falstaff 23 2011_7
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Nato a Zagabria nel 1977, il pianista e compositore Dejan
Lazić si è messo in luce con importanti incisioni discografiche, tra cui spiccano
il Secondo Concerto di Rachmaninov e una personale riscrittura per pianoforte
e orchestra del Concerto per violino op. 77 di Brahms. Nello scorso mese di giugno
Lazićè stato ospite del Festival pianistico di Brescia e Bergamo accanto alla Budapest
Festival Orchestra diretta da Iván Fischer per eseguire il Concerto n. 2 di Liszt in
occasione del bicentenario. Il 19 settembre, con la stessa compagine sinfonica, il
pianista croato è stato di scena a Milano nell'ambito del festival
MARCO BIZZARINI
MiTo in un nuovo appuntamento lisztiano dedicato a Totentanz.
DI
PIANISMO UNIVERSALE
Nell’incisione del Quarto Concerto di Beethoven lei esegue cadenze di sua composizione e in un’intervista ha
dichiarato di avere una grande passione per il jazz.
Esiste un collegamento diretto fra i due fatti? L’arte
dell’improvvisazione al pianoforte può tornare d’attualità anche nel campo della musica classica?
«Concert Symphonique». All’epoca si trattava di una soluzione
originale: la forma a mosaico rende questa composizione davvero interessante e ogni volta ispira un approccio interpretativo nuovo. Le parti intime e cameristiche sono in meraviglioso contrasto rispetto a quelle possenti ed energiche, si può
dire che coronino in modo nobile ed elevato la natura di queDEJAN LAZIĆ: Certamente! E non si tratta solo di un dono natura- sto originalissimo pezzo.
le, penso che si dovrebbe studiare seriamente l’improvvisazione, capire come funziona e poi sostenerla con la propria
Pensa che il bicentenario della nascita di Liszt stia riveimmaginazione, creatività, ispirazione. Io improvviso spesso
lando nuovi aspetti del grande compositore ungherese?
le cadenze per i Concerti di Haydn, Mozart e Beethoven sa- LAZIĆ: Penso che sia molto positivo celebrare un compositore
pendo che questi compositori non solo facevano lo stesso, ma come Liszt. Eseguire in modo intensivo le sue opere rivela
esortavano anche altri esecutori a farlo. Comporre o molti dettagli in più rispetto a quanto crediamo di sapere. È
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improvvisare una cadenza non solo consente di pre- anche importante il fatto che si tengano masterclass, confeservare freschezza e vitalità nei pezzi del repertorio standard, renze ed eventi in tutto il mondo che si occupano non solama rispecchia al meglio i pensieri e i sentimenti dell’esecuto- mente del Liszt compositore e virtuoso della tastiera, ma anre su una determinata composizione, senza contare che molte che delle sue passioni, predilezioni e realizzazzioni in altri
cadenze non furono neppure scritte dai compositori, in parte campi e come essere umano. Approfondire il lascito di un
proprio per questa ragione.
grande artista è sempre affascinante ed io sono orgoglioso di
poter dare il mio contributo a questo bicentenario.
Lei spazia dai classici ai moderni, ma in quale repertorio
si sente più a suo agio?
Mi considero molto fortunato di poter suonare musica
da Scarlatti a Lutoslawski. Amo troppo la musica per desiderare di specializzarmi in uno stile particolare o per decidere
di andare in un’unica direzione. Dunque è molto difficile per
me stabilire preferenze… Per esempio, dopo un recital solistico con opere per pianoforte di Haydn, mi diletto a eseguire un
Concerto di Rachmaninov con una grande orchestra sinfonica,
dopo di che magari mi dedico al repertorio da camera di Bartók.
Sento che dopo queste esperienze riaffrontare Haydn mi aprirà
nuove porte artistiche, mi ispirerà a fare qualcosa di nuovo con
pezzi già studiati, qualcosa che non avevo mai fatto prima.
LAZIĆ:
DL
Parliamo della collaborazione con il direttore Iván
Fischer. Quando vi siete incontrati per la prima volta e
come si sente quando suona sotto la sua direzione?
Avevo solo nove anni quando ho iniziato a collezionare i
dischi di Iván Fischer con la Budapest Festival Orchestra, una
compagine davvero unica. Fare musica con Fischer è un’esperienza fondamentale, la sua dedizione alle partiture e alla musica come forma d’arte è totale: per me è uno dei più grandi
musicisti e direttori d’orchestra del nostro tempo. Ricordo
molto bene il mio primo concerto sotto la sua direzione al
Lincoln Center di New York nel 2008: dalla prima prova ho
avuto sensazioni indimenticabili, come quella di non essermi
mai avvicinato così tanto allo spirito del compositore eseguito.
LAZIĆ:
Al Festival Pianistico Internazionale di Brescia e
Bergamo, Lei ha eseguito il Secondo Concerto di Liszt,
una pagina che ancor oggi non è molto popolare. Quali
sono i principali pregi di questa composizione?
Lei è nato a Zagabria. Crede che queste origini croate
possano svolgere un ruolo importante nelle sue svariate attività musicali?
Personalmente sono felicissimo di interpretare questo
Concerto, anche se è meno famoso del Primo, o forse proprio
per questo motivo… La sua bellezza consiste in una solida
scrittura sinfonica: sembra quasi una sinfonia con pianoforte,
e da questo punto di vista si avvicina ai modelli di Schumann e
di Brahms. Dopo tutto fu originariamente concepito come
LAZIĆ: Zagabria è una città molto musicale. La stessa Croazia è
un Paese molto musicale. Da noi la musica classica è molto
presente e la mia famiglia è stata per me un meraviglioso sostegno e fonte d’ispirazione. Tuttavia io credo che la musica
sia il più universale dei linguaggi: insomma, solo dopo aver
viaggiato per il mondo e aver suonato in molti paesi stranieri
LAZIĆ:
e
Johan
Brahm
CONCER
PIANOFO
dal con
violino
arr. la
Dejan L
Atlanta
Orchest
Robert
Falstaff 23 2011_7
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DEJAN LAZIĆ su channel classics:
Ludwig van Beethoven
Concerto per pianoforte n. 2
Klassische Philharmonie Bonn,
Heribert Beissel
CCS SA 19703 – 1 SACD
Ludwig van Beethoven
Concerto per pianoforte n. 4
Australian Chamber Orchestra,
Richard Tognetti
CCS SA 30511 – 1 SACD
Sergej Rachmaninov
Concerto per pianoforte n. 2
London Philharmonic Orchestra,
Kirill Petrenko
CCS SA 26308 – 1 SACD
Franz Schubert
Sonata in Si bemolle maggiore, D 960
Momenti musicali, D 780
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Liaisons
Retrospection
Vol. 1: Scarlatti | Bartók
CCS SA 23407 – 1 SACD
Vol. 1: Wolfgang Amadeus Mozart
KV 1-574
CCS 13398 – 1 CD
Vol. 2: Schumann | Brahms
CCS SA 27609 – 1 SACD
Vol. 2: Fryderyk Chopin
CCS 15998 – 1 CD
Vol. 3: C.P.E: Bach | Britten
CCS SA 28511 – 1 SACD
Vol. 3: Maurice Ravel
Musica per pianoforte 1899-1917
CCS SA 17502 – 1 SACD
CCS SA 20705 – 1 SACD
Foto: ©Susie
knoll
PIANOFORTE
ho trovato la mia vera soddisfazione come musicista e come
artista. È un’esperienza incredibile eseguire Schubert in Cina,
Scarlatti in Australia o Britten in Colombia! Ancor più stupefacente il fatto che c’è molto interesse e ammirazione per la
musica classica nei luoghi più remoti del pianeta.
ejan
DLazić
Lei è anche autore di musica per pianoforte. Quali compositori del passato e del presente hanno maggiormente influenzato il suo stile?
Dopo aver visto il film Amadeus di Miloš Forman mi è
subito venuta voglia di comporre, anche se all’epoca avevo solo sette o otto anni; dunque è carino ammettere che proprio
Mozart è stato il primo compositore a influenzarmi… Col
tempo ho poi scoperto molta musica croata, soprattutto la
musica del folclore istriano. Seguendo il modello di Bartók,
ho cercato di integrarla nei miei pezzi. Anche se poi, dal punto di vista stilistico, mi sono avviato su altre strade, riconosco
forti influenze da parte di Britten,Šostakovič e Ligeti.
Attualmente sto completando il mio Concerto per pianoforte
e orchestra, un lavoro che presenta le molte sfaccettature del
mio stile compositivo.
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LAZIĆ:
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Musica, luglio-agosto 2011_Per gentile concessione
www.dejanlazic.com
Channel Classics 29410 – 1 SACD
Johannes
Brahms
CONCERTO PER
PIANOFORTE N. 3
dal concerto per
violino, op. 77
arr. lazić
Dejan Lazić
Atlanta Symphony
Orchestra
Robert Spano
Novità
È un Cd questo che scandalizzerà di certo i benpensanti, che non a torto
sbalorditi perché alla poesia dell’entrata del violino Lazić sostituisce
si chiedono le ragioni di una trascrizione simile e non crederanno ai mo-
una perorazione lisztiana che snatura molto l’impianto lirico del capola-
tivi esposti dal giovane Lazić nelle sue note di accompagnamento. Così
voro brahmsiano. Il seguito è però di alto livello e l’interpretazione del
ha fatto Bach, così ha fatto Beethoven, dice Lazić, che si prende pure
Concerto è davvero interessante anche per l’apporto del direttore e
la briga di scrivere una nuova cadenza adatta al suo strumento. L’idea
dell’orchestra. E non dimentichiamo che si tratta di una registrazione
di Lazić non è peraltro nuovissima: accanto alla versione per pianoforte
dal vivo. Del resto l’opera 77 è forse il più bel concerto per solista e or-
a 4 mani di Robert Keller esiste una versione per pianoforte solo del
chestra mai scritto, e in questo senso risulta godibile anche se venisse
concerto di Brahms, pubblicata da Simrock all’epoca dell’uscita della
trascritto per campanelli e contrabbasso... A parte questo exploit, Lazić
versione originale, nell’adattamento fedele di Paul Klengel. Ma qui la
è pianista da seguire: le tre pagine brahmsiane che completano il cd me-
scrittura pianistica non segue fedelmente come nel caso di Klengel
ritano anch’esse un buon numero di stelline.
quella del violino, bensì reinventa i passaggi originali quasi sempre con
un certo gusto, anche se l’ingresso in ottave del solista lascia un poco
Luca Chierici
Classic Voice, marzo 2010
Falstaff 23 2011_7
21-09-2011
17:22
Pagina 14
Nata quasi per caso nel 1973, l’etichetta svedese BIS è
oggi, per ampiezza del proprio catalogo, la settima casa discografica mondiale.
Un catalogo ricco e variegato, artisti rinomati e una serie di premi conferiti
dalla critica internazionale, hanno fatto di BIS un punto di riferimento per
l’appassionato esigente di musica classica. Il suo fondatore, Robert von Bahr,
ci racconta questa avventura e il suo amore per un compositore nordico,
Sibelius, entrato presto nella sua vita e diventato l’oggetto di
GABRIELE FORMENTI
un importante progetto discografico unico nel suo genere.
DI
UN’ETICHETTA DA ‘BIS’
Può raccontare brevemente la storia della sua etichetta BIS? Come avete cominciato?
Direi che dipende da dove uno vive. I paesi anglosassoni, ad esempio, sono molto colti sulla sua musica. Non si
ROBERT VON BAHR: Ho cominciato quest’avventura nel 1973. Mi ri- può invece dire altrettanto degli altri paesi. Forse è proprio
cordo bene le motivazioni che mi hanno spinto a questo pas- per tale ragione che ho dato vita alla Sibelius Edition.
so, anche perché erano fondamentalmente di carattere privato: ero particolarmente arrabbiato per il fatto che mia moglie,
Questo progetto possiede anche degli innegabili meriti
musicologici. Come avete strutturato i vari volumi della flautista Gunilla von Bahr, non avesse l’opportunità di incil’opera?
dere per nessuna delle etichette svedesi allora esistenti. La
cosa ovviamente riguardava tanti altri musicisti che certa- VON BAHR: È così, e per tali ragioni ci sono state parecchie rimente meritavano un’occasione. Perciò dissi, a me stesso e a flessioni quando il progetto è cominciato. Ad esempio: bisotutti loro: «non siete amareggiati per questa situazione? gnava proporre le opere di Sibelius rispettando un rigoroso
Nessuno ci vuole dare una chance!» A quel punto era divenuta ordine cronologico? Io propendevo per questa idea, tuttavia
chiara quella che per noi era una necessità. Fino a quando ho l’abbandonai in favore di una suddivisione in cofanetti per
potuto fare tutto da me e una volta appropriatomi delle cono- generi musicali: musica per pianoforte, musica da camera,
scenze necessarie, non sono stati necessari grandi musica corale ecc. Questo ha reso più semplice la fruizione
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capitali d’investimento. Tutto è però cambiato quan- della Sibelius Edition, anche ai meno esperti della sua musica
do sono riuscito a convincere la grande Birgit Nilsson, uno dei nonché la possibilità di acquistare, ad esempio, solamente ciò
più grandi soprani al mondo, a registrare per BIS un recital che più poteva interessare. Questo ci ha permesso poi anche
con musiche di Strauss e Sibelius. Questo LP ha avuto una di- di capire che alcuni generi vendevano di più: ad esempio, la
stribuzione e una rilevanza internazionale che ci ha reso con- musica sinfonica innegabilmente è al primo posto delle vensapevoli delle nostre forze, come della necessità per noi di dite, e supera di gran lunga quella pianistica. Continuo a pencrescere come azienda discografica. Oggi siamo la settima più sare che una suddivisione cronologica sarebbe stata migliore
grande etichetta di musica classica al mondo tenendo conto per comprendere appieno le varie fasi di sviluppo dell’arte di
dell’ampiezza del nostro catalogo.
VON BAHR:
Parliamo ora di uno dei vostri progetti discografici più
ambiziosi e importanti: la Sibelius Edition. Com’è nata
l’idea di questo progetto unico nel suo genere?
VON BAHR: Ho sempre avuto un legame forte e speciale con
Sibelius, pur non avendolo mai conosciuto personalmente! Il
mio bisnonno, violista professionista, ebbe la fortuna e l’onore di partecipare a molte prime esecuzioni assolute della sua
musica cameristica. Diventò anche suo buon amico prima, e
successivamente anche il suo primo editore. Era anche un
critico musicale piuttosto temuto che firmava i suoi articoli
con lo pseudonimo di ‘Bis’, da qui ho preso l’idea del nome
della mia etichetta. Suo figlio, violoncellista, suonò pure lui in
alcune prime esecuzioni di Sibelius, mentre sua figlia (poi
mia madre) era ballerina e danzò per Sibelius. Come si può
vedere, il mio rapporto con Sibelius si può dire ‘familiare’ nel
vero senso della parola. Da qui l’idea di dedicargli un progetto
discografico integrale. La sua musica parla al cuore delle persone e c’è poi un qualcosa di profondamente nordico in lui,
che io ritrovo in me stesso.
Quanto è conosciuta e apprezzata la musica di Sibelius oggi?
GLI ARTIGIANI DEL DISCO
O
Falstaff 23 2011_7
21-09-2011
17:22
Pagina 15
La musica antica ha un ruolo importante nel vostro catalogo?
Tutti i generi sono importanti per me e fra questi
certamente la musica antica. Ho passato molto tempo viaggiando in lungo e in largo per la Svezia con un piccolo ensemble vocale eseguendo musica di Palestrina e Machaut a parti
reali. È stato di fondamentale importanza per me e l’allora
leader del gruppo, Dan-Olof Stenlund, ha plasmato il mio gusto musicale. Detto questo, devo dire che la musica antica non
ha quella rilevanza che vorrei avesse nel nostro catalogo.
Forse non sono ancora riuscito a trovare un gruppo che fa
quello che facevamo noi all’epoca.
VON BAHR:
Parliamo ora del futuro del CD: è destinato a sparire in
favore del downloading digitale?
VON BAHR: La mia risposta potrà sembrarle brutale ma, per tutta
una serie di ragioni che non sto a sottolineare ora, spero che il
downloading digitale possa prendere un giorno il sopravvento
sul CD fisico. Prima questo accadrà, meglio sarà per tutta l’industria discografica…
10 titoli dal catalogo BIS che porterebbe su un’isola deserta.
La domanda è intrigante ma al tempo stesso tremendamente difficile… Direi i seguenti titoli:
BIS-SACD-1474, Stravinskij, Sagra della primavera e
Petruška (Andrew Litton, Bergen Philharmonic Orchestra)
BIS-CD-275, Vivaldi, Le Quattro Stagioni (Drottningholm
Baroque Ensemble)
BIS-SACD-258, The Virtuoso Trombone (Christian Lindberg)
BIS-CD-500, Sibelius, Concerto per violino, versione
originale (Leonidas Kavakos)
BIS-CD-1499, Concerti per flauto ((Sharon Bezaly)
BIS-SACD-1573, Beethoven su fortepiano (Ronald Brautigam)
BIS-SACD-1823, Clarinet Encores (Martin Fröst)
BIS-CD-1411, Bach, Cantate profane (Masaaki Suzuki)
BIS-CD-1508, Scarlatti, Sonate per pianoforte
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(Yevgeny Sudbin)
BIS-CD-100, Musica per flauto (Gunilla von Bahr)
VON BAHR:
Foto: ©BIS Records
Sibelius, ma penso che abbiamo fatto la scelta migliore. Ora
abbiamo 13 volumi, ciascuno contenente 5-6 Cd.
Un altro progetto discografico per cui BIS è famosa oggi
è quello che sta portando avanti Masaaki Suzuki con la
registrazione integrale delle cantate bachiane.
È un progetto a cui sono particolarmente legato e ci
tengo a sottolineare che continuerà fino a che Masaaki vorrà.
Non ho scadenze in questo senso, pur essendo il progetto cominciato davvero molti anni fa. La proposta mi fu fatta nel
1994 e la mia immediata reazione è stata: giapponesi che suonano Bach? Blaaah! Ma mi hanno convinto dopo una mia visita in Giappone e dopo aver assistito ad un loro concerto ho accettato il progetto. Il resto è storia. È una delle cose migliori
che abbia mai fatto. Suzuki è un uomo speciale, incredibile!
Non fa semplicemente musica, ma professa la sua fede in una
via tutta musicale. Pensi che per far comprendere meglio il
messaggio bachiano contenuto nelle cantate, traduce tutto il
testo in giapponese per i musicisti! Il risultato di questa assoluta dedizione lo possiamo ascoltare oggi.
VON BAHR:
Può anticiparci qualcuno dei vostri prossimi progetti?
Dopo la Sibelius edition ho alcune cose piuttosto interessanti in cantiere. Proseguiremo il nostro progetto bachiano
con Suzuki con un nuovo volume dedicato alle cantate profane,
avremo poi un progetto con musiche di Mendelssohn per pianoforte, uno con la musica di Sebastian Fagerlund (tutta da scoprire), e molto altro di cui preferisco non accennare ora.
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VON BAHR:
www.bis.se
BIS
Foto: ©Juan Hitters